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SETTIMA SERIE

AVVERTENZA
1. -Questo volume, quinto della serie VII, abbraccia il periodo compreso fra il 7 febbraio e il 31 dicembre 1927. Esso inizia con le dimissioni, senza successore, di Chiaramonte Bordona,ro dalla carica di segretario generale agli Esteri, e con l'allontanamento di Romano Avezzana e di Tomasi Della Torretta dalle Ambasciate di Parigi e Londra. La data finale coincide non solo con la fine dell'anno ma anche con l'attenuarsi della tensione itala-francese e con l'avvio, da parte di Mussolini, ad una politica estera più attenta al problema della revisione dei trattati di pace. 2. -Il volume è basato sulla documentazione conservata nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, per i cui singoli fondi valgono le stesse osse·rvazioni fatte nelle Avvertenze dei volumi precedenti della serie, con particolare riferimento a quelle dei due ultimi.

Qui aggiungiamo che alcuni documenti (in particolare appunti di Mussolini relativi a udienze da lui concesse) sono conservati nel fondo della Segreteria Generale; che dallo stesso fondo (pacco 89: Udienze) sono state tratte alcune precisazioni di date; che le Carte Lancellotti, Libro Verde, sono state utilizzate per controllare il testo e relativi annessi del trattato itala-albanese del 22 novembre; e che le stesse Carte Lancellotti, posizione 11-12, sono state utilizzate per controllare sul manoscritto autografo alcuni telegrammi di Mussolini.

Il testo di due documenti -i numeri 174 e 213 -è stato trovato nell'Archivio dell'Ambasciata di Londra, conservato presso l'Archivio Storico del Ministero. Lo stesso Archivio dell'Ambasciata di Londra ha consentito di collazionare il testo di vari telegrammi provenienti da Londra e mal decifrati a Roma. Come di consueto, le parole ed i passi mancanti nei registri dei telegrammi del Ministero sono stati pubblicati fra parentesi quadra.

Un solo documento -il n. 11 -è stato tratto dall'Archivio Centrale dello Stato, Segreteria Particolare del Duce, carteggio riservato.

3. -L'ambasciatore Ugo Sola, al quale va il mio vivo ringr·aziamento, ha consentito la consultazione delle sue carte personali ed ha fornito numerose precisazioni, mettendomi in grado di completare, in molti passi di dubbia lettura, il testo dei telegrammi provenienti da Durazzo. Anche questi passi sono stati pubblicati fra parentesi quadra. 4. -Una piccola parte dei documenti compresi nel presente volume -il carteggio telegrafico fra Roma e Addis Abeba relativo alle prime trattative per gli accordi itala-etiopici del 1928 -era già stata pubblicata da G. VEDOVATO, Gli

accordi itaLa-etiopici deLL'agosto 1928, Firenze, 195·6. I documenti, collazionati sugli originali, sono stati riprodotti da questa prima edizione dell'opera del Vedovato.

Un altro documento -il n. 11 -è edito in F. MARGIOTTA BROGLIO, ItaLia e Santa Sede daUa grande guerra alla conciLiazione. Aspetti poLitici e giuridici, Bari, 1966, pp. 499-500. Per gli ulteriori sviluppi della questione trattata nel documento 11 si rinvia allo stesso volume, pp. 504-510.

5. Nel licenziare il volume alle stampe, desidero ringraziare i Signori Arslan e Kaplan di Libohova, che hanno gentilmente fornito indicazioni relative a personalità albanesi, utili per la compilazione dell'Indice dei nomi. Ringrazio inoltre il prof. Leopoldo Sandri, sovrintendente dell'Archivio Centrale dello Stato, e il dott. Costanzo Casucci, che mi hanno, come di consueto, facilitato le ricerche presso l'Archivio Centrale dello Stato.

Le dottoresse Emma !annetti ed Emma Ghisalberti mi sono state collaboratrici preziose per la compilazione dell'apparato critico.

GIAMPIERO CAROCCI


DOCUMENTI
1
1

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 242/53. Roma, 7 febbraio 1927, ore 1,30.

R. ministro a Belgrado telegrafa quanto segue : ccome nel telegramma in arrivo n. 355/100 Gab.) (1).

Prego rivolgere massima attenzione a questa segnalazione e segmre attitudine Polichroniades. Se queste notizie risultassero fondate bisognerebbe chiaramente parlarne con codesto Governo, giacchè una revisione dell'atteggiamento finora così sereno ed amichevole per noi tenuto nella questione del patto di Tirana toccherebbe al vivo intero complesso di rapporti fra i nostri due paesi.

2

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 786/13. Sofia, 7 febbraio 1927, ore 18 (per. ore 21,40).

Questo presidente del consiglio e questo ministro affari esteri mi hanno ieri intrattenuto circa questione soppressione controllo militare in Bulgaria affermando che avvenuta soppressione controllo in Germania ha dete.rminato in tutto il paese, e specialmente negli ambienti politici e militari bulgari, un senso di ansiosa attesa che si muterebbe certo in profonda amarezza e grav~ scoraggiamento ove analoga misura non venisse presa a favore della Bulgaria la quale ha dato costanti prove lealtà esecuzione trattato di pace. Mantenimento del controllo, oltre che prolungare notevolmente peso finanziario, costituirebbe un colpo per il proprio nazionalismo. Esso inoltre incoraggerebbe, facilitandolo, tenace lavoro opposizioni estremiste che, come è noto, non hanno mai cessato dal loro contributo bolscevizzante presso classi popolari. Posizione dell'attuale Governo che con politica saggia e ferma va gradatamente riportando nel paese ordine lavoro e fiducia verrebbe ad essere seriamente scossa se il controllo militare tolto alla Germania dovesse persistere in Bulgaria, tanto più

che è generale convinzione che mancano totalmente elementi per giustificarlo. Governo bulgaro presenterà in questi giorni a questa commissione interalleata di controllo sua risposta alla nota di osservazioni che commissione presieduta da Foch inviò circa due mesi fa. Questa risposta, secondo quanto mi hanno riferito Liapcef e Burof, sarà completamente esauriente tale da poter determinare con piena sicurezza abolizione controllo. Presidente del consiglio e ministro affari esteri hanno concluso pregandomi vivamente di voler rappresentare quanto precede nella ferma fiducia di attenerne l'approvazione per eventuali istruzioni al nostro delegato colonnello Scanagatta, di volere, in ogni caso... (l) di risposta con spirito largamente sereno e avendo di mira interessi superiori del rafforzamento politico morale del popolo bulgaro nonchè necessità impedirne pericoloso avvilimento che, come è detto sopra, agevolerebbe sicura propaganda sovversiva che è ancora lungi da essere qui domata. Riferendo a V. E. le dichiarazioni dei due ministri bulgari, aggiungo che questo ministro d'Inghilterra mi ha esposto suo parere nettamente favorevole abolizione controllo militare da lui ritenuto oramai del tutto ingiustificato. Permettendomi esprimere identico avvi-so prego V. E. volermi impartire cortesi urgenti sue eventuali norme da comunicare al nostro delegato.

(l) Cfr. serie VII, IV, n. 597.

3

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE FRANCESE A ROMA, BESNARD

[Roma], 7 febbraio 1927.

BESNARD. -Appena tornato da Parigi ho chiesto di vedervi perchè i miei colloqui parigini sono stati molto importanti. Ho visto lungamente Briand il quale è sempre nelle migliori disposizioni di spirito. Altrettanto dicasi di Poincaré e dell'intero Quai d'Orsay ivi compreso Berthelot. L'idea di un patto itala-francese avendo avuto l'approvazione del mio Governo, si è concretata l'idea stessa nel senso di preparare a Parigi lo schema di un patto che sarebbe rimesso al vostro Ambasciatore a Parigi o a voi direttamente per mio tramite. Questo patto al quale collaborerebbe per la parte giuridica il signor Fromageot, dovrebbe avere anche un certo rilievo politico. Rilievo che sarebbe o potrebbe essere opportunamente pubblicato all'atto della firma con un incontro con Briand. Creatasi così un'atmosfera sopressata [sic], si potrebbe affrontare l'unica questione che ci divide, quella Tunisina. Per quanto concerne le vostre possibilità di espansione nel bacino Orientale del Mediterraneo, la Francia non può pre11dere impegni scritti -nemmeno a mezzo di note segrete -ma non vi osteggerebbe in alcun modo.

Indubbiamente perchè questo patto si concluda e dia i frutti desiderati è necessario • remonter » l'opinione pubblica francese che è mal disposta verso l'Italia, soprattutto quando è nell'aria la possibilità di un riavvicinamento coll'Italia. Così ho parlato a lungo con Sarraut -pregandolo di intentare un

11.) Gruppo indecifrato.

processo al Soir -e con Chiappe. Ho anche richiamato l'attenzione di Sarraut sulla pagina italiana della France du Midi et du Sud Ouest, ma egli ha trovato la misura inutile, poichè si stamperebbe in francese la materia italiana e sarebbe, forse, peggio. Così i processi contro i giornali finiscono per degenerare in un processo contro il regime fascista. Per quanto concerne l'Albania, il Quai d'Orsay continua nella sua azione moderatrice su Belgrado. Ogni occasione è buona per certa stampa francese: anche la vostra intervista sulla Neue Freie Presse nella quale è ammessa la possibilità dell'Anschluss, questione che Poincaré risolve in senso assolutamente negativo.

MussoLINI. -Sono lieto di constatare che dopo due anni di conversazioni preliminari, si faccia un serio passo innanzi. Non ho difficoltà a che lo schema del progetto sia steso dal Quai d'Orsay. Fra pochi giorni sarà a Roma il Conte Manzoni. Desidero che la pratica sia iniziata da lui per ragioni evidenti, nelle quali il B.[esnard] ha convenuto pienamente. Passando ad altro ho detto che prima condizione per avviarci a una détente con Belgrado, era la ratifica delle Convenzioni di Nettuno. B. [esnard] ha convenuto. Passando ad altro ancora ho detto che non tenevo minimamente che si facessero in Francia processi originati da articoli contro di me.

IMPRESSIONI

Il patto che il Quai d'Orsay ci propone avrà un valore puramente platonico. Il Governo francese intende di non fare concessioni in Tunisia, nè di darci soddisfazioni anche minime in materia di rifugiati.

4

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A LONDRA, DELLA TORRETTA, A WASHINGTON, DE MARTINO, E A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 248. Roma, 8 febbraio 1927, ore 20.

(Per Costantinopoli). Telegramma di V. E. n. 73 (1).

(Per Londra, Parigi, e Washington). Al R. ambasciatore in Costantinopoli che mi segnalava come l'attitudine italiana in Cina potesse essere interpretata ad Angora come tendente ad ottenere dal Governo inglese riconoscimenti nel vicino Oriente in nostro favore ho risposto come segue:

(Per tutti). R. Governo, essendo d'avviso che non è possibile abbandonare completamente ed incondizionatamente posizione derivante dagli attuali trattati con la Cina, ha aderito per quanto lo riguarda alla tesi britannica consistente nella decisione di difendere i propri interessi in Shanghai se necessario

5 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

anche con la forza. Attitudine delle altre potenze ormai non si differenzia molto da questo punto di vista ed invii di navi vengono effettuati dagli Stati Uniti e dal Giappone. V. E. vorrà se del caso smentire con ogni energia ipotesi che nostra attitudine abbia qualche cosa che vedere con il vicino Oriente.

(l) T. gab. 377/73, del 5 febbraio, ore 21, per. ore 6 del giorno 6, che non si pubblica.

5

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 568/56. Roma, 8 febbraio 1927, ore 24.

Suoi telegrammi 53 e 54.

In pari data faccio pervenire ambasciata britannica una nota verbale nella quale si fa presente come, nella connessione stabilita fra questione espropriazioni e quella del consenso alla commissione finanziaria, Governo ellenico abbia creduto scorgere non solo un impedimento dannoso ad un rapido perfezionamento dell'accordo greco-turco ma anche una tendenza a costituire attraverso commissione finanziaria un mezzo di pressione in questioni che esulano dalle sue attribuzioni specificatamente circoscritte. Ciò stante si esprime avviso che convenga anzitutto eliminare ogni ragione di diffidenza del Governo greco verso nostre intenzioni e chiarire esattamente che non si è inteso stabilire una rigida connessione fra i due argomenti, che commissione finanziaria è e deve rimanere sottratta ad interferenze di questioni che esorbitano dalle sue attribuzioni, che trattazione contemporanea due questioni è giustificata dal legittimo desiderio di ottenere assicurazioni dal Governo ellenico, nello stesso momento in cui gli si consente eseguire suo accordo con la Turchia, che favorevole considerazione sarà accordata agli interessi dei connazionali espropriati. Qualora Governo ellenico si induca darci formale assicurazione che questione espropriazioni verrà sollecitamente soddisfacentemente risolta d'accordo con rappresentanti diplomatici interessati, R. Governo è d'avviso che convenga senza altro accordare autorizzazione commissione finanziaria.

Nota verbale conclude che in questo ordine di idee vengono intanto confermate a V. S. istruzioni continuare mantenersi in contatto con codesto ministro britannico, nella speranza che Governo inglese condividerà punto di vista del R. Governo.

Su tali basi prego V. S. agire secondo ella si propone tenendomi esattamente al corrente.

6

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 830/96. Londra, 9 febbraio 1927, ore 22 (per. ore 2 del 10).

Avverto ad ogni buon fine che non mi è fino ad oggi pervenuta nessuna comunicazione relativamente risposta che il R. Governo, a quanto riferiscono i giornali di qua, avrebbe dato a codesta ambasciata britannica circa Cina.

Precisa conoscenza del pensiero di V. E. su tale questione che appassiona profondamente questa opinione pubblica sarebbe necessaria a questa ambasciata anche perchè in qualche circolo politico si delinea una certa preoccupazione per preteso linguaggio della stampa italiana che proclamerebbe solidarietà italo-inglese con intenzioni aggressive verso Cina. Ora è da tener presente che tutti gli sforzi di questo Governo mirano a chiarire che invio di truppe in estremo oriente è ad esclusivo scopo difesa vita sudditi britannici mettendo continuamente in rilievo ardente desiderio giungere accordo con Governo di Canton e di Pechino mediante larghissime concessioni. In tale circostanza, onde poter agire opportunamente, sarei grato a V. E. farmi pervenire adeguate istruzioni.

7

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 832/60. Atene, 9 febbraio 1927, ore 22,40 (per. ore 5 del 10).

Mi permetto esprimere rispettosamente all'E. V. la migliore riconoscenza per il telegramma direttomi ieri col n. 568/56 (l) circa nota verbale indirizzata a codesta ambasciata britannica sulle espropriazioni. Mentre riferirò a parte quanto alla completa tempestività in tal modo ottenuta nei riguardi della suddetta questione, compio subito il dovere di rilevare come, con una così perfetta ed immediata corresponsione da parte di codesto ministero, la modesta opera di un rappresentante all'estero viene immensamente facilitata anche quando le circostanze sono piuttosto delicate e complesse come quelle attuali.

Nello speciale caso presente la comunicazione fatta col telegramma al quale rispondo ha senza dubbio avuto particolare efficacia politica, in quanto ho potuto valermene per far nuovamente rilevare a questo ministro degli affari esteri (pur senza compromettere in nulla la perfetta correttezza del nostro atteggiamento verso l'Inghilterra) come il Governo italiano non tralasci alcuna occasione per dimostrare coi fatti alla Grecia la sincerità delle sue favorevoli disposizioni, e per trarne argomento onde portare il discorso col signor Michalacopoulos sulla visita che ieri gli aveva fatta Polichroniades qui giunto il mattino da Belgrado (confrontare mio telegramma n. 56 del 7 corrente) (2).

(2J T. gab. 393/56, di cui si pubblica solo il passo seguente: « Mi permetto ... richiamare attenzione dell'E. V. sugli accenni fattimi da questo ministro degli affari esteri e poi anche, in forma meno concreta, da questo mio collega d'Inghilterra (e da me riferiti alle pagine 3, 4 e 7 del mio rapporto n. 573/60 in data 27 gennaio) circa più o meno vaghe aspirazioni greche, per il caso che ella credesse potermi autorizzare a dare al signor Michalacopoulos, ove se ne presentasse la necessità, qualche generico affid'lmento non impe<;nativo nel senso che la Grecia non sarà da noi sacrificata collocandola in una situazione di manifesta inferiorità in confronto della Jugoslavia nella poco probabile eventualità che si do.vesse venire con quest'ultima ad un particolare riesame della questione albanese •.

Nel colloquio cordialissimo che si è protratto per oltre un'ora Michala

copulos è riandato con me a disaminare in dettaglio tutti gli aspetti della situa

zione nel settore sud orientale europeo, e dopo avermi fatta confidenzialmente

la storia delle minacciose pressioni con cui Belgrado aveva cercato di mon

tarlo a schierarsi contro di noi dopo la firma del nostro accordo con l'Albania,

mi ha confermate le più ampie e motivate dichiarazioni secondo cui le buone

relazioni coll'Italia costituiscono, e continueranno a costituire per lui finchè

avrà voce in capitolo, uno dei principalissimi capisaldi della politica di pacifi

cazione e ricostituzione economico-finanziaria che deve assolutamente seguire

la Grecia.

Il mio interlocutore non mi ha nascosto come il signor Polichroniades,

che è qui in normale breve congedo, fosse anche in possesso di un affida

mento ufficioso jugoslavo di essere disposti a Belgrado a procedere ad un bene

volo esame delle eventuali richieste di modifiche o adattamenti che la Grecia

credesse di avanzare perchè la [sistemazione della] nota vertenza per Salonicco

divenisse per lei accettabile, nè come fosse in possesso altresì di un affidamento

ufficioso per un eventuale rinnovo dell'antica alleanza, sempre che le suddette

richieste fossero contenute da parte ellenica in limiti moderati.

Il presente telegramma continua col numero successivo.

(l) Cfr. n. 5.

8

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 407/61. Atene, 9 febbraio 1927, ore 22,40 (per. ore 4, 35 del 10).

Seguito del numero precedente.

Mi ha detto a tale proposito Michalacopoulos, pure insistendo sul carattere strettamente confidenziale delle sue dichiarazioni: l) che nessuno meglio di lui si rendeva conto della ineluttabile necessità per la Grecia di ricercare, anche a costo di qualche notevole sacrificio, una pacificazione nel momento per Salonicco, e che pertanto nessun ministro ellenico potrebbe avere il diritto di respingere aprioristicamente senz'altro approccio che la Serbia già [ha fatto] in questo senso. 2) Che tali sacrifici non dovevano però in nessuna maniera portare pregiudizio alla piena ed assoluta sovranità ellenica su alcuni dei territori riconosciuti alla Grecia dai trattati internazionali tuttora vigenti. 3) Che per quanto concerne la ferrovia di Gevgeli egli intendeva in modo preciso l' ... (l) francese e rifiutava assai probabilmente inoltre l'amministrazione mista grecoserba, chiedendo che questa fosse interamente ellenica e che la nomina dell'arbitro fosse unicamente devoluta alla Lega delle Nazioni. 4) Che se i serbi desiderano rinnovare l'antica alleanza per sistemare favorevolmente la questione di Salonicco egli non vi vedrebbe ostacolo, alla precisa condizione però che al patto si avesse a dare sia nello spirito che nella lettera unica ed esclusiva portata di garanzia balcanica • di garanzia specialmente contro la Bulgaria • (sic). (Stimo anche superfluo richiamare l'attenzione dell'E. V. sulla implicita inver

sione della impostazione del problema che si è venuta determinando: all'epoca delle precedenti trattative per Salonicco erano i greci che invocavano l'alleanza, contro turchi e bulgari; oggi, malgrado le contrarie apparenze, sono i serbi in sostanza che offrendola la richiedono). 5) Che per quanto poteva interessare l'Italia, mai egli avrebbe proceduto ad alcun atto che avesse comunque potuto apparire anche lontanamente rivolto contro di essa e che del resto non si trattava per ora che di semplici approcci da esaminare e discutere. 6) Che, profondamente riconoscente delle amichevoli disposizioni che l'Italia dimostrava alla Grecia, egli mi pregava di esprimere i personali ringraziamenti all'E. V. e sperava di poter contare sul suo cordiale appoggio. Fine delle dichiarazioni confidenziali di Michalacopoulos. Senza dimostrare menomamente imbarazzo o preoccupazione ho detto al ministro degli esteri che prendevo atto con soddisfazione delle sue amichevoli assicurazioni delle quali avrei dato notizia riservatamente a V. E. Ho aggiunto che, dato il carattere eminentemente sereno e pacifico della politica italiana, gli ripetevo come continueremo certo a vedere con piacere una soddisfacente composizione della annosa vertenza per Salonicco ma ho nel contempo trovato modo di ricondurre il mio interlocutore a ribadire egli stesso anche con maggiore fermezza e più larga copia di argomentazioni i concetti relativi alla sovranità greca menzionati specialmente ai punti secondo e terzo delle suesposte dichiarazioni. Se mi capiterà l'occasione propizia avvicinerò anche Polichroniades durante il suo soggiorno in Atene. Comunque continuerò accuratamente a seguire, tenendomi in separati contatti anche coi rappresentanti di Turchia, Romania e Bulgaria i quali hanno nella questione interessi che si possono convenientemente fare giuocare, ciascuno per la sua parte, in concordanza con quelli nostri perfettamente legittimi. Su tutto terrò sempre dettagliatamente informata V. E.

(l) Gruppo indecifrato.

9

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 260/57. Roma, 10 febbraio 1927, ore 3,30.

Decifri Ella stessa.

Mio telegramma n. 242/53 (l) e suo rapporto n. 60 del 27 gennaio (2).

Richiamo tutta la sua maggiore attenzione sopra quanto ha riferito Bodrero a proposito dell'azione che starebbe costà tentando Governo jugoslavo valendosi del signor Polichroniades. Conto sulla S. V. perchè tale azione che ci pone direttamente in causa sia seguita come merita. Voglio augurarmi, nello stesso interesse di codesto paese, che la sensibilità politica del signor Michalacopoulos gli faccia veder chiaro nella manovra jugoslava e non lo faccia esitare fra l'utilità di continuare a veder assicurata al pacifico assestamento e sviluppo della Grecia un'efficiente amicizia italiana e la più che dubbia convenienza di alienarsi questa per isolarsi e solidarizzarsi in una azione di pro

fitto assai aleatorio col Governo di Belgrado, avendone per solo compenso una transazione nella questione di Salonicco ottenuta soltanto sotto l'assillo di opportunità momentanee. Secondo quanto V. S. mi ha riferito delle idee del signor Michalacopoulos a proposito dell'Albania debbo ritenere che egli non si presterà a tale giuoco, molto più che autorizzo V. S. a dirgli eventualmente a mio nome che nessuna conversazione di alcun genere è in corso fra noi e la Jugoslavia a proposito dell'Albania e del patto di Tirana nè è prevedibile che vi sarà, così come stanno le cose. Qualora poi la S. V. lo ritenesse indispensabile a completare l'efficacia della sua azione potrà anche dirgli (ma a solo titolo di opinione sua personale e senza che ciò menomamente possa costituirci un impegno) come Ella ritenga che il R. Governo abbia una esatta e favorevole visione dell'importanza della Grecia e dei suoi interessi nel settore balcanico e come in conseguenza Ella abbia personalmente la convinzione che il fattore ellenico non potrebbe che essere tenuto presente dall'Italia con cordialità e sincerità di intenzioni, qualora l'occasione dovesse presentarsene nelle questioni che interessano la regione balcanica.

Prego V. S. tenermi al corrente.

(l) -Cfr. n. l. (2) -Allude al rapp. 578/60, che non è stato pubblicato, ma cfr. p. 5, nota 2.
10

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. RR. 270/39. Roma, 11 febbraio 1927, ore 3,30.

Suo telegramma n. 13 (1).

Autorizzala prendere accordi con maggiore Scanagatta affinchè questi si adoperi in seno a codesta commissione militare controllo per un favorevole esame della risposta che verrà presentata dal Governo bulgaro e che voglio sperare sarà effettivamente esauriente e soddisfacente in nwdo da evitare possibilità nuove osservazioni. Maggiore Scanagatta dovrà tuttavia agire per ora colla maggiore avvedutezza e riserva in maniera da non dare comunque impressione che questione abolizione controllo militare in Bulgaria sia sollecitata per iniziativa dell'Italia. Stimo superfluo chiarire a V. S. perchè, nella speciale delicatezza dell'attuale momento politico nelle relazioni fra l'Italia ed i vari stati balcanici interessati, la maggiore attenzione e prudenza sia necessaria nel nostro interesse e nell'interesse stesso della Bulgaria. Trovi modo di far ciò opportunamente e confidenzialmente comprendere a Liapceff ed a Buroff dando loro notizia della favorevole considerazione colla quale ho accolto in massima le loro premure, in modo che siano evitate non desiderabili indiscrezioni. Trovi anche modo di accennare loro che sono lieto di constatare come il Governo bulgaro dimostri di rendersi esatto conto dell'assegnamento che può fare sopra l'efficacia del costante interessamento dimostrato dall'Italia alla Bulgaria sempre che sia in giuoco una questione di precipua

importanza per l'efficienza politica ed economica del popolo bulgaro, ma che d'altra parte devo attendermi che, a rendere ancora più stabile e reciprocamente proficuo tale stato di cose, il Governo bulgaro, il quale come V. S. ha avuto più volte occasione di riferire, ha fatto larga parte alla iniziativa di altri stati nella vita di codesto paese, ci offra pratica dimostrazione della considerazione nella quale a sua volta tiene l'amicizia e gli interessi italiani.

(l) Cfr. n. 2.

11

IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, FEDELE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(A C S, Segreteria Particolare del Duce, Carteggio Riservato; ed. in F. MARGIOTTA BROGLIO, pp. 499-500)

L. P.R. Roma, 11 febbraio 1927.

Reputo opportuno d'ora innanzi, ogni volta che il Padre Tacchi Venturi si reca da me o presso il mio Gabinetto, riferirLe i suoi colloqui.

Egli ieri venne da me per parlarmi della questione Bonaiuti. Gli dissi che nello stato presente della nostra legislazione io non avrei alcun mezzo legittimo per impedire al prof. Bonaiuti di risalire sulla cattedra che egli occupa di pieno diritto. Tuttavia come già l'anno passato così quest'anno, il prof. Bonaiuti, lealmente sottomettendosi al desiderio del Governo, consente di non impartire insegnamento nella Università di Roma.

Il padre Tacchi Venturi si mostrò di ciò molto soddisfatto, ed aggiunse una cosa assai grave, che cioè se il Bonaiuti avesse ripreso l'insegnamento, il Papa era risoluto ad emanare un decreto col quale si sarebbe fatto divieto agli studenti cattolici di frequentare l'Università di Roma.

Della gravità dell'atteggiamento della Santa Sede e dei pericoli che esso presenta per l'avvenire, non potendosi a mio avviso consentire che la Santa Sede od il Santo Uffizio diano il placet ai professori universitari, lascio all'E. V. di considerare le eventuali conseguenze.

Il padre Tacchi Venturi aggiunse che la questione si sarebbe dovuta risolvere radicalmente, promulgando cioè una legge la quale facesse divieto ai sacerdoti di insegnare nelle pubbliche scuole di ogni grado senza il permesso dell'Ordinario, cioè del Vescovo dal quale ciascuno di essi dipende. Gli risposi che così si fa effettivamente in Baviera dove peraltro vige un concordato fra lo Stato e la Santa Sede, e che difficilmente si sarebbe potuto fare in Italia senza un vero e proprio regime concordatario. Aggiunsi poi che di un provvedimento di questo genere, che riguarda essenzialmente le relazioni politiche fra lo Stato e la Chiesa, io non avrei alcuna autorità per prendere l'iniziativa la quale spetta unicamente al Capo del Governo, Ministro degli Esteri.

Padre Tacchi Venturi inoltre mi presentò alcune doglianze da parte della Segreteria di Stato relative al Direttore didattico di Caldaro (Alto Adige) il quale per la sua condotta morale e per il dispregio della religione si sarebbe attirato l'odio della popolazione. Gli risposi che avrei chiesto, come già ho fatto, informazioni al Prefetto ed al Provveditore agli Studi e se le informazioni avessero confermato i reclami presentati alla Santa Sede, avrei provveduto.

Infine il padre Tacchi Venturi, sempre in nome della Santa Sede, e più particolarmente della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari mi ha parlato delle condizioni del piccolo Seminario di Gorizia che si vorrebbe parificare giuridicamente agli altri seminari d'Italia.

In realtà il piccolo Seminario di Gorizia è un Istituto privato che accoglie giovani i quali non credo siano, nonostante le affermazioni dell'Arcivescovo di Gorizia, effettivamente destinati alla carriera ecclesiastica. Perciò finora io ho sottoposto quell'Istituto alle norme a cui sono sottoposti tutti gli Istituti privati d'Italia delle quali le principali sono: l'obbligo di assumere insegnanti muniti di diploma universitario o governativo e il diritto d'ispezione da r:-arte dei miei funzionari.

Naturalmente finora non è stato infondato il mio timore che il Seminario piccolo di Gorizia col suo Ginnasio interno, esente dal controllo diretto del Governo, potesse diventare un centro di propaganda slava.

Se il mio timore è vano, io non avrò difficoltà ad aderire alla richiesta dell'Arcivescovo di Gorizia; ma prego l'E. V. che ha maggiori elementi di giudizio, di volermi dire il Suo avviso.

12

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, A WASHINGTON, DE MARTINO, E AL MINISTRO A PECHINO, VARE'

T. 621. Roma, 12 febbraio 1927, ore 2.

(Per Washington, Parigi e Pechino). Il R. ambasciatore in Londra telegrafa quanto segue: (riprodurre telegramma n. 96 di collezione n. 830) (1). Ho risposto al R. ambasciatore quanto segue: (Per Londra). Telegramma di V. E. n. 96.

(Per tutti). Con telespressi nn. 65 e 66 del 9 febbraio corrente è stata trasmessa a V. E. copia della corrispondenza scambiata con questa ambasciata britannica sulle questioni cinesi. V. E. vi troverà conferma che R. Governo non ha alcuna intenzione aggressiva ma è solo mosso dal proposito di tutelare i

!C

propri interessi in Cina. R. Governo ha oltretutto aderito ad una esplicita richiesta del Governo britannico, il quale si trovava in condizione di isolamento forse momentaneo ma certamente incomodo, ed ispirandosi al principio di collaborazione italo-inglese in alcuni dei maggiori problemi della politica mondiale.

(l) Cfr. n. 6.

13

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 12 febbraio 1927.

Il Conte Colli ha riferito che in occasione della sua partenza da Addis Abeba, Degiac Garasellassié, noto amico del nostro Paese, l'ha pregato di esser latore di due sue proposte al R. Governo: l) la stipulazione di un Patto di amicizia fra l'Italia e l'Etiopia; 2) l'invio nelle principali capitali di Europa di un Ministro Plenipotenziario Abissino. In tal caso esprimeva il desiderio suo di essere l'Inviato in tal veste a Roma.

Circa la prima proposta, l'Ufficio (l) rileva che essa dovrebbe partire non da Degiac Garasellassié ma da Ras Tafari. In ogni caso piuttosto che un accordo generico, per evitare anche ripercussioni e polemiche, sarebbe opportuno un accordo con l'Abissinia su questioni correnti con incluse dichiarazioni generiche di amicizia (per esempio concessione della costruzione delle strade fra l'Eritrea ed i paesi etiopici confinanti), e perciò riterrebbe opportuno che tale eventualità fosse esaminata in occasione del viaggio di S.A.R. il Duca degli Abruzzi in Addis Abeba.

Per la seconda, il R. Governo che finora non si è mostrato favorevole allo insediamento di Missioni permanenti abissine nelle principali capitali europee, temendò più danni che vantaggi dall'azione che esse potrebbero esplicare, dopo l'entrata dell'Etiopia nella Società delle Nazioni, non può non considerare come una tale preoccupazione abbia oggi meno ragione di essere.

Perciò l'Ufficio riterrebbe che l'Italia non debba opporsi, nel caso che il Governo Abissino mostri un tal desiderio, ed in tal caso la persona del Degiac Garasellassié sarebbe notamente la più gradita come rappresentante del suo Paese a Roma. Soltanto sarebbe da esaminare se non sia più utile la presenza ad Addis Abeba di un così sincero amico del nostro Paese piuttosto che a Roma ove naturalmente avrebbe molto minore importanza sulle decisioni della Corte Etiopica.

Anche per tale questione sembrerebbe conveniente attendere una richiesta di Ras Tafari che forse potrà esser fatta in occasione del viaggio di S.A.R., e perciò, ove V. E. si degnasse approvare quanto precede, l'Ufficio si permette di rivolgere preghiera di voler firmare l'unito telegramma di risposta al R. Ministro in Addis Abeba (2).

(l) -Si tratta dell'Ufficio V Europa e Levante. (2) -Annotazione marginale: «Il telegramma inviato alla cifra •. Si tratta del t. gab. rr. 278/45, del 14 febbraio, ore 23,30, che fa riferimento solo alla seconda delle due proposte di Garasellassié.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. 648/113. Roma, 13 febraio 1927, ore 23,30.

Corrispondente Budapest giornale La Stampa segnala notizie provenienti da Belgrado di orientamento tedescofilo della politica jugoslava nonchè di ventilato piano alleanza fra Germania Ungheria Jugoslavia. Corrispondenza rileva che si pongono in relazione a tale ipotesi trasferimento Berlino Balugic, presenza Berlino ministro Germania a Belgrado, nonchè missione ufficiosa Nincic Parigi per conoscere eventuale atteggiamento quel Governo.

Prego possibilmente informarmi.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 437l 125. Belgrado, 14 febbraio 1927, ore 22,50 (per. ore 7 del15).

Suo telegramma n. 648/113 (1).

Gli elementi su cui si basa la notizia apparsa su La Stampa da Budapest circa un preteso piano di alleanza fra Germania, Ungheria e Jugoslavia non mi sembrano consistenti: difatti Balugich va a Berlino dietro sua richiesta avendogli questo ministro affari esteri, come V. E. sa, [offerto] Berna o Berlino. Questo ministro di Germania signor Olshausen è anche a Berlino più che altro per ragioni personali desiderando egli lasciare Belgrado a causa della salute di sua moglie e di sua figlia. Egli è rientrato l'altro ieri e mi ha detto di avere potuto vedere Stresemann solo per pochi minuti prima che partisse per San Remo. Ha soggiunto invece di avere avuto un lungo colloquio con Hindenburg, il quale si è interessato molto alla politica balcanica. Credo che Olshausen abbia cercato di mettere in valore la sua opera per il successo avuto colla definizione in favore dell'industria tedesca della questione del grande ponte sul Danubio a Paucevo (vedi mio telegramma n. 43) (2). Nincich è andato, come usava anche negli scorsi anni, con la famiglia a Gstad in Svizzera ed anche se si spingesse sino a Londra (?), la sua posizione politica dopo le sue dimissioni è talmente scossa ed il suo nome talmente screditato che non credo possa aver avuto una speciale missione da questo Governo. Ritengo piuttosto che la Germania persegua alacremente in questo paese opera di penetrazione economica per trovarsi uno sbocco per le sue industrie e per mettere in valore le grandi ricchezze del sottosuolo della Jugoslavia. Non è escluso neppure che la Germania veda anche di buon occhio un riavvicinamento fra la Jugoslavia e l'Ungheria e ciò principalmente nell'intento di riallacciare

1 secolari rapporti culturali ed economici che legano la Croazia all'Ungheria. Ciò facendo essa tenderebbe a mantenere il primato della cultura ed educazione tedesca nelle ex provincie dell'impero austro-ungarico ora incorporate nella Jugoslavia e preparerebbe il terreno per una futura grande Ungheria dai Carpazi all'Adriatico legata al germanesimo. Tale piano comporterebbe quindi la fine della Jugoslavia e non credo che i serbi, i quali mantengono intatta la loro diffidenza mista a timore verso la Germania, si lascerebbero facilmente prendere nel tranello. Resta però indubitato che l'Ungheria tende tenacemente verso l'Adriatico e che la Germania la favorirà con tutto il peso della sua influenza sulle regioni che separano l'Ungheria dal mare. Dal punto di vista nostro sembrami che in un avvenire più o meno remoto il dilemma che ci si presenterà sarà questo: o avere di fronte una Jugoslavia sconnessa, debole per le differenze profonde culturali, religiose e civili che dividono le tre razze, immobilizzate nell'insolubile groviglio bolscevico; o avere di fronte una grande Ungheria sotto le grandi ali del germanesimo.

(l) -Cfr. n. 14. (2) -T 276/43 del 18 gennaio, non pubblicato.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 435/127. Belgrado, 14 febbraio 1927, ore 24 (per. ore 7 del 15).

A proposito richiesta della Bulgaria perchè commissione militare di controllo sia ritirata, mi viene riferito questo ministro affari esteri signor Perich avrebbe in questi ultimi giorni manifestato di essere favorevole alla richiesta Bulgaria e ciò contrariamente alla politica fin qui seguita dalla Jugoslavia verso la Bulgaria specialmente in tale materia. L'ex ministro Lazzaro Markovic ha pubblicato nell'ufficioso Samouprava di ieri un articolo sotto il titolo

• Per la Locarno balcanica » nel quale, dopo avere magnificato i risultati dei trattati di Locarno per la pace nell'Europa occidentale, dice che l'esempio della Germania deve indicare anche agli altri ex nemici la via per riavvicinarsi ai loro vicini ed aggiunge testualmente: • Per la Locarno balcanica pare che la Jugoslavia sia chiamata a prendere seriamente l'iniziativa seguendo l'esempio della Francia e dell'Inghilterra giacchè sembra che al Regno S.H.S. sia stato assegnato il compito di dare ai Balcani quella pace e quel riavvicinamento fra le nazioni che sono per modo di dire suggellati in occidente dalla firma del Trattato di Locarno. Iniziativa deve dunque partire da parte jugoslava basandola in diritto sulla nota risoluzione della Società Nazioni e di fatto su una politica pratica che dimostri ai nostri ex nemici ed ai nostri vicini anche con fatti la nostra amichevole disposizione». Questo incaricato affari di Ungheria mi diceva di avere saputo da Perich che ormai note trattative ungaro-jugoslave potevano essere riprese e mi faceva comprendere che da parte ungherese non si faceva più difficoltà alla ripresa stessa, non solo, ma si mostrava desiderio di affrettarne conclusioni. Ed egli mi sembra si adoperi in tal senso.

Tutto cw, unito a quanto ho riferito circa azione che il signor Polichroniades, ministro di Grecia a Belgrado, si propone svolgere ad Atene per un riavvicinamento greco-jugoslavo (vedere mio telegramma 103) (l) sta a dimostrare che Perich, dopo la caduta di Nincich e l'isolamento determinatosi intorno alla Jugoslavia in seguito al patto di Tirana, ha dato alla politica estera

S.H.S. un'impronta di raccoglimento e di moderazione verso gli stati vicini, cosicchè cominciano a diradarsi molte nubi ed a colmarsi molte trincee che si erano venute formando nel recente passato quando Nincich, forte della amicizia dell'Italia, faceva ad ogni occasione il viso dell'armi ai suoi vicini. Tale nuova politica, che si spinge sino a voler creare una Locarno balcanica, ha uno sbocco evidente e questo non può essere che quello di crearsi delle amicizie e possibilmente delle alleanze con gli stati vicini per poter eventualmente fronteggiare il possibile maggior nemico, l'Italia, che oltre che premerla dal nord assale ora dal sud. Sembrami che posizione dell'Italia nei riguardi della Jugoslavia e dei paesi balcanici sia, specialmente ora, assai delicata per la ripercussione che ha avuto il trattato di Tirana in questa parte d'Europa. Infatti se è vero che la maniera forte assunta dopo il patto stesso verso la Jugoslavia ha dato luogo ad un malessere che in un paese primitivo ed impulsivo come questo avrebbe potuto facilmente degenerare in un colpo di testa, d'altro canto un rallentamento subitaneo della pressione stessa potrebbe ingenerare in questa classe dirigente un convincimento sproporzionato della sua importanza politica e militare, e negli stati vicini, che il patto di Tirana aveva liberato da un incubo, la preoccupazione di essere di nuovo abbandonati alla mercè del più forte.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 283/132. Roma, 16 febbraio 1927, ore 5.

Suo telegramma 150 (2).

Approvo sua risposta ad Ahmed Zogu. Bisogna fargli presente inoltre che se anche nostra legislazione ci permettesse vietare congresso sarebbe più avveduto partito quello di !asciarlo compiere per poterlo controllare e controbattere. Invece vietarlo significh~rebbe spingere fuorusciti ad incontrarsi in territorio jugoslavo ove loro azione sfuggirebbe ad ogni sorveglianza andando ad accrescere quelle possibilità che la Jugoslavia appunto va cercando per minacciare l'attuale assetto delle cose albanesi. Prego aggiungere che in base a questi concetti sono state date disposizioni per seguire i movimenti dei fuorusciti che si recheranno a Trieste e per sorvegliarne convegni cercando di appurarne le conclusioni.

(l) -Cfr. serie VII, IV, n. 598. (2) -Non rinvenuto, ma si riferisce certamente aì!a richiesta di Zogu di vietare un congresso di fuorusciti albanesi, indetto a Trieste.
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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. Ginevra, 17 febbraio 1927.

Come è noto a V. E. il Consiglio della S.D.N., nella sua prossima sessione, dovrà occuparsi di due questioni concernenti i mandati, l'udizione dei firmatari di petizioni ed il rapporto della ultima riunione della Commissione Permanente dei Mandati, tenutasi in ottobre scorso.

Già nelle mie due lettere in data 23 novembre e 3 dicembre 1926 ho esposto alla E. V. il mio punto di vista sulla prima questione, che, insieme all'altra del questionario, ha dato occasione ad una levata di scudi da parte delle potenze mandatarie contro la Commissione Permanente dei Mandati, gelosa custode delle regole del Patto e dei termini dei mandati, ed ho sottolineato lo scivolamento, ora più che mai manifesto, di questo Istituto dei mandati scivolamento costante verso una forma di amministrazione diretta, che le potenze mandatarie secondano con solidale costanza e che il fattore tempo favorisce spontaneamente.

L'animus col quale l'Inghilterra detiene, ad esempio, il Tanganika è reso manifesto nella singolare dichiarazione fatta dal Governatore di quel territorio nel discorso di apertura della prima sessione del Legislative Council recentemente costituito (annessi 4, 5) (l) dichiarazione fatta con ogni solennità in nome del Governo di Londra e che naturalmente è assunta ormai come principio dalla stampa locale (annesso 6) (2).

Mi pregio ora inviare a complemento della documentazione trasmessa con le mie precedenti lettere le risposte delle potenze mandatarie, successivamente pervenute a questo Segretariato, e precisamente quella del Giappone, quella del Belgio ed un'altra lettera con cui il Governo australiano ha voluto precisare il proprio pensiero, già precedentemente espresso nella comunicazione trasmessa con mia lettera del 3 dicembre (annessi l, 2, 3) (1).

Relativamente alla questione che verrà in discussione a marzo e cioè la udizione dei firmatari delle petizioni (l'altra del questionario essendo stata rinviata dal Consiglio alla Commissione stessa dei mandati), l'atteggiamento delle Potenze mandatarie è unanimamente contrario, e, come ho già accennato, non vedo ragioni (3) per opporsi a tale atteggiamento che risponde a direttive organiche di puro diritto costituzionale ed a principi antidemagogici che noi non possiamo che approvare. Non credo pertanto che sia questa la questione che da parte nostra possa dare occasione a dichiarazioni che, accettate o no dagli altri membri del Consiglio, potrebbero sempre aver efficacia di freno, se non di arresto, del movimento di scivolamento ( 4).

(-4) Annotazione di Grandi: « credo che noi dobbiamo fare tutto l'ostruzionismo possibilein nome dei diritti della Soc. delle Nazioni, cioè sul loro terreno •·

Un'altra questione si presterebbe invece ed ottimamente allo scopo. È quella del rapporto della ultima riunione della Commissione Permanente dei mandati e, più precisamente, quella della sovranità, che ho già esposto nella mia lettera del 3 dicembre.

Il Comm. Catastini verrà a Roma nella prossima settimana appunto per parlarne con codesto Ministero. Credo però opportuno attirare fin d'ora l'attenzione dell'E. V. su di un aspetto che la questione ha assunto nell'attuale fase.

Da tutte le risposte delle Potenze mandatarie risulta che chi ha preso un'attitudine più rigida e combattiva contro la Commissione dei mandati, e perciò contro il controllo, sono in prima linea i Dominions, e quindi anche l'Inghilterra ed il Giappone. La Francia ed il Belgio hanno invece un'attitudine prudente e conciliante. Forse per semplice ragione tattica, in quanto essi fanno probabilmente maggior assegnamento sul fattore tempo, che su affermazioni che avrebbero il solo effetto pratico di urtare la Commissione dei mandati di cui capiscono che, per ora almeno, non è possibile fare a meno.

Se si venisse nel Consiglio ad una discussione di principio sulla fondamentale questione della sovranità è da ritenere che l'atteggiamento delle Potenze mandatarie non muterebbe e non verrebbe di conseguenza alterata la loro posizione di fronte al problema. Qualora volessimo intervenire, noi ci troveremmo sicuramente come principali avversari i paesi anglosassoni, più che Francia e Belgio.

È questo un aspetto eminentemente politico la cui portata non è a me di giudicare, ma che in ogni modo è degno di speciale considerazione, per decidere sull'atteggiamento da prendere da parte nostra in tale materia alla prossima riunione del Consiglio.

A titolo di informazione aggiungo che il Segretario Generale desidererebbe evitare ogni discussione (1), che vuoi dir battaglia, su tale delicata ed importante questione perchè egli, secondo quanto ha avuto occasione di dichiarare, la ritiene inopportuna e pericolosa in questo momento di contrasto fra Consiglio e Commissione dei mandati.

Il progetto di rapporto preparato dal Segretariato e già sottoposto al Relatore, propone infatti che il Consiglio non entri nella questione e che le osservazioni della Commissione siano trasmesse alla Potenza Mandataria a semplice titolo di informazione (2).

« Faccio subordinatamente presente al Primo Ministro che io sono di parere contrario a quello di AttoJico. Accodarci supinamente alla politica imperialistica dell'Inghilterra e della Francia, in questo problema, sarebbe a mio avviso, un errore, specie in attesa della partecipazione tedesca alla Commissione dei Mandati, ove i tedeschi si opporranno alla modificazione "giuridica" dell'Istituto del mandato, e cioè alla trasformazione del concetto societ:lria. di "sovranità indiretta, per diritto riflesso", e quindi passibile di revisione, nel concetto di "sovranità pura e semplice".

Noi ci troveremo sul problema dei mandati fatalmente d'accordo colla Germania. Ora, conviene anticipare questa presa di posizione, per non fare ancora una volta la figura d'accodarsi, questa volta, alla Germania.

Si dice dai giuristi che non ci conviene schierarci paladini del mantenimento dell'Istituto del mandato come è stabilito nel Covenant, perchè il giorno che ci sarà dato un mandato noi vedremo la nostra tesi ritorta automaticamente contro di noi,

Sono queste delle preoccupazioni "sub specie aeternitatis ". Intantc. il mandato non l'abbiamo e bisogna anzitutto cercare di averlo, e per averlo bisogna impedire che i mandati

(l) -Non si pubblicano. (2) -Non si pubblica. (3) -Annotazione di Grandi: «io le vedo invece». (l) -Annotazione di Grandi: • perchè è un inglese •. (2) -Si pubblica qui di seguito il seguente appunto di Grandi per Mussolini, privo di data ma relativo alla lettera di Attolico:
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, A LONDRA, DELLA TORRETTA, AI MINISTRI A BELGRADO, BODRERO, AD ATENE, ARLOTTA, E A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. RR. 299. Roma, 18 febbraio 1927, ore l.

(Per Parigi e Londra). Mio telegramma Gabinetto n. 276 (1). (Per Sofia). Mio telegramma n. 270/39. (Per Parigi, Londra, Atene e Sofia). Il R. ministro a Belgrado telegrafa

quanto segue:

(come nel telegramma da Belgrado n. 435/127 Gab.) (2).

(Per Belgrado). Suo telegramma n. 127. (Per tutti meno Sofia). Ho telegrafato a Sofia quanto segue: (Per tutti). Richiamo la sua maggiore attenzione sopra quanto segnai~

Bodrero a proposito del radicale mutamento di direttive che si manifesterebbe nella politica jugoslava verso la Bulgaria. Se tale mutamento è già in atto debbono essere stati constatati costà sintomi ed approcci sui quali prego V. S. indagare e riferire d'urgenza. Sta in fatto che a Belgrado non si fa mistero dello scopo che la Jugoslavia si prefiggerebbe con un riavvicinamento alla Bulgaria. Fra altro, in un articolo del giornale Pravda dell'8 corrente, dal titolo • il Regno S.C.S. e la Bulgaria • che è ~;tato diramato dall'agenzia Avala, si parla nettamente della necessità per la Jugoslavia di chiarire l'atteggiamento della Bulgaria in vista della possibilità di un conflitto coll'Italia.

V. S. conosce come il R. Governo desideri sinceramente e per ogni riguardo un pacifico assetto delle relazioni fra gli stati balcanici, e quindi anche un assetto vantaggioso per la Bulgaria delle sue relazioni colla Jugoslavia, e come avrebbe voluto poter considerare la possibilità nell'interesse generale che cL'l avvenisse colla sua cooperazione efficacemente dech;iva. Ma così invece come verrebbe impostata la manovra jugoslava, una sua riuscita verrebbe a far assumere alla Bulgaria una posizione tale che, mentre le alienerebbe defini

oggi assegnati ad altre Potenze diventino, per verdetto della stessa Società Nazioni, colonie, e quindi non trasferibili, se non in caso di guerra. Impedire insomma che il contratto di locazione diventi contratto di proprietd. Se no verrà meno anche il diritto del locatore cioè della Società Nazioni, di attribuire qualche mandato ad altri Paesi che non siano quelli cui i mandati sono oggi attribuiti.

Aggiungasi il fatto che credo sia ora di prendere posizione in seno alla Commissdone Mandati, invocando proprio quei principi democratici, di difesa dei diritti della Lega, che tutti ci rimproverano non avere mai tutelato. Accettare, insomma, la lotta sul loro terreno.

In seguito si vedrà se questo atteggiamento dell'Italia sarà utile mantenerlo. Per ora è certamente utile farlo.

Se mai sarà l'Inghilterra a pregarci di desistere. Ma perchè farlo gratis, anche prima che ce lo domandino? Si dice ancora: Con questo contegno perderemo la Presidenza della Com. missione dei Mandati. Io credo che questa carica è stata sin'ora una debolezza per l'atteggiamento dell'Italia. A Ginevra io l'ho definita la "morfina presidenziale".

Gli altri si sono presi i mandati e a noi in compenso è stata data la Presidenza della Commissione dei Mandati •.

Annotazione a margine: • Ricevuto da S. E. Grandi aggiungendo che il Capo del Governo ne ha preso visione e lo ha approvato ».• Sulla base di questo appunto, l'ufficio Società delle Nazioni fece un promemoria, datato 5 marzo 1927 e consegnato il giorno successivo a Scialoja.

tivamente l'amicizia e l'appoggio dell'Italia, la legherebbe in una assai pericolosa avventura alla Jugoslavia !asciandola in definitiva balìa di questa. Mi sembra che tutto ciò dovrebbe essere esattamente valutato da codesto Governo, ma se lo giudicasse necessario V. S. potrebbe con tutto il tatto indispensabile richiamarlo opportunatamente alla considerazione di Liapceff e di Buroff. E perchè la S. V. possa farsi una idea esatta delle reali finalità che l'azione jugoslava si propone le comunico con telegramma a parte, per sua personale e riservata notizia, quanto riferisce Arlotta a proposito di analoghe manovre che il Governo di Belgrado sta contemporaneamente tentando ad Atene (1).

Ad ogni modo, siccome è nostro preciso interesse di non essere prevenuti nella questione dell'abolizione del controllo militare dalla Jugoslavia, la quale potrebbe servirsene per premere ai suoi fini sul Governo e sulla opmwne pubblica bulgara millantando il valore di una concessione che non potrebbe ormai invece, allo stato presente della questione, rimanere a lungo insoluta,

V. S. vorrà curare che la nostra azione nella commissione di controllo si esplichi al fine di favorire con la necessaria avvedutezza una sollecita definizione della questione del controllo militare.

Comunico quanto precede per loro opportuna direttiva ai RR. ambasciatori a Parigi e Londra.

(l) -Del 14 febbraio, con cui veniva ritrasmesso il n. 10. (2) -Cfr. n. 16.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. 305/135. Roma, 19 febbraio 1927, ore 20,15.

La nota di risposta al memorandum Coolidge sarà consegnata a Mr. Fletcher lunedì mattina 21 e sarà probabilmente resa di pubblica ragione immediatamente dopo (2). Come V. E. avrà appreso dal comunicato Stefani (3) diramato allo scopo di preparare ambiente risposta italiana declinerà invito Coolidge. Non credo che ci saranno ripercussioni notevoli di ordine politico

-o finanziario. Comunque se si delineasse solita campagna a base di militarismo ed imperialismo V. E. deve controbattere energicamente. Bisogna fare comprendere che ripulsa italiana non è fatta in odio a idee di Coolidge. Bisogna dire che riunione cinque avrebbe condotto a un fiero contrasto franco italiano sulla questione della parità del naviglio minore e questo contrasto avrebbe compromesso i rapporti franco italiani che per quanto siano grandemente migliorati in questi ultimi tempi sono sempre molto delicati. Italia ha voluto servire causa pace evitando superficie nuovi attriti. Se Coolidge insisterà meglio precisando sue intenzioni e se soprattutto Governo americano impegnerassi sostenere tesi parità franco italiana, Governo italiano non avrà difficoltà riesaminare questione.
(l) -Cfr. nn. 7, 8. (2) -Sul carteggio fra Italia e Stati Uniti in merito alla proposta americana di conferenza per la limitazione degli armamenti navali, cfr. Foreign Re!ations of the United States, 1927, l, pp. 1-8, 14-19, 21, 24-25, 30-31, 39. (3) -Del 14 febbraio.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 461/147. Belgrado, 19 febbraio 1927, ore 21,50 (per. ore 24).

Suo telegramma n. 294/126 (1).

Questo incaricato d'affari di Grecia signor Valtis mi ha confermato in via del tutto confidenziale e riservata ciò che io non ho mancato a più riprese di riferire a V. E. in relazione al viaggio di Polichroniades ad Atene e cioè che la Grecia spera di approfittare del momento in cui si trova la Jugoslavia in seguito al patto di Tirana per ottenere: 1°) la rinuncia della Jugoslavia alle convenzioni firmate ad Atene da Pangalos; 2°) un patto di garanzia di lunga durata da registrare alla Società delle Nazioni e che dia alla Grecia una certa sicurezza sul fronte macedone. Ha aggiunto che le trattative al riguardo non potranno essere iniziate prima dell'arrivo del nuovo ministro jugoslavo ad Atene signor Popovich. Avendogli io chiesto che cosa avrebbe dato la Grecia in cambio di quanto essa domandava egli mi ha detto che veramente non lo sapeva, ma non ha escluso che si sarebbe trattato della questione albanese.

Valtis mi ha poi detto che è suo parere, condiviso del resto anche da Polichroniades, che i serbi non sono sinceri e che una volta passata la tempesta insisteranno con più unione [sic] che mai sulla questione di Salonicco. Mi ha citato come prova delle intenzioni poco rassicuranti dei serbi una corrispondenza sull'importante giornale economico ... (2) che riassumo con telegramma stampa a parte. Mi ha pure detto però che questo Governo non è stato mai tanto arrendevole e conciliante come adesso, e che quanto prima saranno ripresi negoziati per il trattato di commercio greco jugoslavo. Quanto sopra corrisponde perfettamente alle dichiarazioni di Michalacopoulos ad Arlotta. Per quello che mi riguarda, ho esposto a questo incaricato d'affari di Grecia tutto lavorio di preparazione bellica che la Jugoslavia sta compiendo adesso ed il poco affidamento che offre l'elemento militare S.H.S. predominante per uno sviluppo pacifico delle relazioni coi suoi vicini. Mi riservo di illustrare meglio tali concetti all'addetto militare greco signor Gialistros, valente ufficiale amico nostro che farà ritorno a Belgrado domani dopo una assenza di parecchi mesi.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 466/145. Belgrado, 19 febbmio 1927, ore 21,50 (per. ore 2,30 del 20).

Suo telegramma n. 299/127 Gabinetto (3). Nel colloquio avuto oggi con Perich, il discorso è venuto a cadere sulla commissione di controllo in Bulgaria. Egli mi ha confermato che la Jugoslavia

6 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

è favorevole che detta commissione sia tolta purchè siano date tutte le garanzie contemplate dai trattati di pace sull'effettivo [disarmo] della Bulgaria. Nel colloquio avuto con diplomatico bulgaro non mi sembra però che le • avances • jugoslave per un accordo fra i due paesi abbiano finora trovato un terreno favorevole in Bulgaria. Fra tutti i vicini della Jugoslavia la Bulgaria è forse unica su cui gli allettamenti concilianti di Perich non avranno presa. Ho ragione credere che il nuovo ministro di Francia a Belgrado signor Dard, proveniente da Sofia._ abbia avuto speciale mandato di adoperarsi per un riavvicinamento

....

bulgaro-jugoslavo. Cercherò di vigilare e di riferire.

(l) -Del 17 febbraio col quale venivano ritrasmessi a Belgrado e Sofia i nn. 7, 8. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Cfr. n. 19.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 462/146. Belgrado, 19 febbraio 1927, ore 22 (per. ore 3 del 20).

Mio telegramma n. 126 riservatissimo (1).

Ho potuto avere in via del tutto confidenziale e riservata copia di un promemoria presentato in data 20 ottobre 1926 da Hory, allora ministro d'Ungheria a Belgrado, al signor Nincich sugli accordi da concludere fra Jugoslavia e Ungheria. Nel mentre mi riservo inviare copia detto promemoria a V. E., informo che gli accordi sono divisi in tre categorie. Prima categoria: questioni regolate da convenzione già conclusa ma non messa in vigore quali il ... (2) del transito sulle ferrovie dei due regni, ecc.; seconda categoria: questioni nelle quali un accordo è già realizzato senza per altro che la relativa convenzione sia stata firmata, quali per esempio le convenzioni sul regime delle acque, di estradizione, ecc.; terza categoria: questioni per le quali le trattative sono ancora in corso quali quella sulle stazioni di frontiera, sui debiti e crediti, ecc. Mi è stato riferito da fonte ineccepibile che in un lungo colloquio avuto ieri fra Perich e questo incaricato d'affari di Ungheria, si è stabilito di riprendere subito le trattative per la definitiva conclusione delle convenzioni predette. Si sarebbe però in particolare modo trattato della questione del transito sulle ferrovie S.H.S. per arrivare a Fiume, questione che in linea di massima è, come ho sopra detto, già regolata da una convenzione per altro non ancora andata in vigore. Su tale argomento l'azione svolta dall'Ungheria in questi ultimi tempi ha avuto come scopo: l 0 di scartare qualsiasi soluzione che non fosse lo sbocco al mare a Fiume e non permettesse di ottenere per il percorso Ungheria Fiume facilitazioni speciali molto maggiori di quelle ottenute con la convenzione predetta. Secondo quanto so da fonte ineccepibile, nel colloquio odierno Perich si sarebbe dimostrato su tale argomento arrendevole, con che gli ungheresi sperano di regolare fra poco l'ardua questione del transito attraverso territorio S.H.S. per arrivare a Fiume. Nel mostrare tanta arrendevolezza verso l'Ungheria Perich segue la linea di condotta da me illustrata a V. E.

col mio telegramma sopra citato. Mi risulta che argomenti principali su cui i due paesi costruirebbero la loro frontiera politica di amicizia da consacrare, come V. E. sa, in uno speciale trattato di amicizia ed arbitrato, sarebbero che Ungheria e la Jugoslavia sono economicamente legate perchè eterogenee. Sbocco al mare deve passare su territorio jugoslavo. Jugoslavia ed Ungheria si completano perchè Ungheria ha un'industria fiorente che può trovare facilmente sbocco in Jugoslavia e questa ha materie prime in abbondanza che servono all'industria ungherese. Questo incaricato d'affari ungherese mi ha detto testualmente: • Il nostro riavvicinamento con la Jugoslavia si è compiuto sotto auspici dell'Italia ed ha avuto principio dal patto di Roma del gennaio 1924. Del resto la Jugoslavia... (l) in seguito trattato di Tirana. Non possiamo fare una politica forte perchè disarmati. Potremmo difenderci da un attacco con la disperazione di chi difende il suolo nativo, ma come potremmo attaccare se non abbiamo armi e non ne possiamo ricevere, circondati come siamo dalla Piccola Intesa e dall'Austria il cui Governo socialista non ci permetterebbe mai di fare transitare armi sul suo territorio? A meno che una grande potenza non ci prendesse sotto la sua diretta protezione •. A ciò non ho creduto rispondere, persuaso come sono che gli ungheresi, pur nutrendo simpatie per l'Italia e salvando la forma, tendono anche essi ad approfittare dello stato di détresse in cui si trova la Jugoslavia in seguito patto di Tirana per avere concessioni. Sarò grato a V. E. se vorrà nelle sue eventuali comunicazioni a Budapest raccomandare che quanto sopra sia tenuto nella massima segretezza.

(l) -Sic, ma il numero è certamente errato. perchè il t. 975/126 si riferisce ad altro argomento. Deve probabilmente leggersi 127 (cfr. n. 16). (2) -Gruppo indecifrato.
24

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 453/60. Budapest, 19 febbraio 1927, ore 20,40 (per. ore 2 deL 20).

Mio telegramma n. 42 (2) e telegramma di V. E. del 20 gennaio scorso

n. 138/24 (3).

Come già informai V. E. qui si ha la migliore volontà di addivenire a conclusione con noi con accordo di indole politica, oltre trattato arbitrato che non offre difficoltà. Indagando riservatamente ho potuto tuttavia rendermi conto che fattori competenti questo ministero degli affari esteri trovarono all'atto pratico non poche difficoltà dal punto di vista tecnico giuridico a concretare formula per trattato amicizia, data situazione estremamente difficile creata all'Ungheria da trattato di pace che ha in certo modo decurtato anche sua piena indipendenza. Nessun trattato del genere già esistente fra due paesi potrebbe servire di base. Il presente telegramma continua.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -T. gab. 340/42 dell'l febbraio: colloquio con Bethlen circa il progettato trattato italo-ungherese. (3) -Cfr. serie VII, IV, n. 584.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 457/61. Budapest, 19 febbraio 1927, ore 20,40 (per. ore 4,05 del 20).

Seguito mio telegramma n. 60.

È caso nuovo un trattato amicizia fra una grande potenza vittoriosa ed un piccolo stato vinto e disarmato che sente d'altra parte di avere rivendicazioni da far valere: stato che oggi non è d'altra parte in grado accordare nessun corrispettivo sensibile all'appoggio dell'Italia. Così ci si rende conto perfettamente che qualche formula irredentistica non sarebbe da noi accolta. Date tali difficoltà credo che al ministero affari esteri si sarebbe in massima di opinione di formulare :proposte precise solo dopo avvenute conversazioni fra

V. E. ed il conte Bethlen che sarà accompagnato dal segretario generale affari esteri. Scambio di idee fra questi fattori competenti tuttavia continueranno. Mercoledì avrò da me a pranzo Bethlen quindi non mi mancherà occasione di conoscere suo pensiero al riguardo.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 1158/140. Costantinopoli, 19 febbraio 1927 (per. H 2 marzo).

Ho lasciato Angora con la certezza della permanenza in quei circoli dirigenti, nello Stato Maggiore e pur anco nell'animo di Tefik Russdi Bei della preoccupazione per la politica italiana. È diminuito il numero di coloro che ritenevano e ritengono, se non imminente, possibile un attacco all'improvviso dell'Italia per occupare regioni dell'Asia Minore, sulle quali si ritiene che da tempo abbia volto le sue mire. Ma resta invariato il sentimento generale che la Turchia ha nell'Italia una vicina, che la sorveglia, pronta a gettarlesi addosso quando l'occasione a ciò favorevole le si presenti.

Recentemente Mustafa Kemal Pascià parlando del patto di Tirana manifestava la propria soddisfazione per il fatto che dalle complicazioni derivatene tra l'Italia e la Jugoslavia la prima era costretta portare tutta la sua attenzione sull'Adriatico e eventualmente tutti suoi sforzi contro la Jugoslavia, il che dava alla Turchia un periodo di tregua e la possibilità di lavorare tranquillamente alla propria ricostruzione.

Quella intima preoccupazione Tefik Russdi Bei cerca nascondere nei suoi discorsi con parole cortesi, fiduciose, nello sviluppo dei buoni rapporti italaturchi, nella sua condotta di governo, ond'evitare ogni ragione di attrito, con il risolvere molte delle questioni che giorno per giorno si presentano fra i due paesi. E da questo punto di vista ciò fa sì che noi siamo in realtà meglio trattati degli altri, con invidia dei nostri amici-concorrenti, i quali ascrivono questo più favorevole trattamento a noi usato dalle autorità di Angora (si noti: parlo di autorità di Angora, per distinguerle da quelle « provinciali •) al rispetto, se dir non si voglia, timore, che V. E. ha saputo destare in questa gente.

Ma la mente di Tefik Russdi Bei non è tale da rimanere passiva di fronte a quella preoccupazione. Sotto la pressione del dovere che a lui incombe di provvedere alla sicurezza del proprio paese di fronte ad una minaccia dall'estero, cercò di ottenere l'anno scorso da noi la firma di un patto di amicizia e di buon vicinato e ciò nel momento in cui la questione di Mossul pesava minacciosa sui rapporti anglo-turchi. Egli vi insistette qualche mese dopo assicurandoci che in quel momento egli era ancora libero di appoggiarsi per la sicurezza delle frontiere mediterranee della Turchia, con un patto, all'Italia e magari alla Grecia, ma che se a quel patto non si addivenisse egli lasciava intravedere che non avrebbe potuto garantire che in un non lontano avvenire la libertà di movimento della Turchia non venisse limitata da accordi simili con la Francia.

Però questi allettamenti del signor Tefik Russdi Bei non furono sinceri che fin a quando durò la fase critica della questione di Mossul, il pericolo di un conflitto armato turco-inglese. Nè si adontò di fronte alla tattica temporeggiatrice da noi presa allo scopo di evitare un • gesto • che doveva rimanere senza alcun corrispettivo e che poca o nessuna rispondenza avrebbe trovato nei rapporti tra la Turchia e l'Italia, inesorabilmente adombrati dal sospetto sulle nostre intenzioni.

Concluso l'accordo per Mossul, con grave sacrifizio dell'amor proprio di Tefik Russdi Bei, con rinunzie dolorosissime da parte del Gazi, della Grande Assemblea Nazionale, del paese ogni ragione di diretto immediato antagonismo di conflitto tra la Gran Bretagna e la Turchia è venuta a mancare. Fra i due paesi è subentrato uno stato d'animo che, con un po' di buona volontà da una parte e dall'altra, potrebbe condurre, come mi osservava Tefik Russdi Bei, ad una reale amicizia. Ed effettivamente a ciò lavora pacatamente il Foreign Office, basta per convincersi di ciò osservare l'attività del Consigliere Knox, Capo dell'Ufficio di collegamento britannico di Angora. Il signor Knox, ex capo dell'Intelligence Service in Persia e nel centro Asiatico si sta lentamente adoperando per far dimenticare ai turchi il passato, per far sparire il rancore lasciato dall'affare di Mossul e per ridare all'Inghilterra nella Turchia quella posizione che vi aveva prima della rivoluzione e della guerra.

Ma un demone sotto le parvenze di Cicerin e degli amici russi continua a mantenere la mente di Tefik Russdi Bei e dei governanti di Angora in inquietudine. Da alcuni mesi l'attenzione del Ministro degli Esteri è ritornata al bacino del Mediterraneo. Dopo aver assicurato, egli ritiene, i confini terrestri con la Russia, la Persia, l'Iraq, la Siria una frontiera rimane esposta alle sorprese: la marittima, il Mediterraneo. La mancanza di una flotta gli fa sentire ancor più questa debolezza. Per pararvi cosa fare? Cosa fare per controbilanciare quella preponderanza marittima della Gran Bretagna, verso la quale, dopo i colloqui di Rapallo, di Livorno, l'Italia sempre più va associandosi?

Come Le ho telegrafato, Tefik Russdi Bei non vede che due ripari: o un patto tra le potenze mediterranee o la coesistenza di due gruppi di potenze, che si bilancino. Di fronte a una collaborazione anglo-italiana, Tefik Russdi Bei vede possibile un patto di amicizia di contro assicurazione franco-turco e forse anco greco. Questa seconda soluzione del resto ha trovato apostoli patrocinatori in Francia negli amici politici dei Franklin-Bouillon, nei Jouvenel e nei Sarraut, cioè nel partito radicalsocialista e uno strumento attivo nell'Ambasciatore turco di Parigi Fethy Bei. Ma il punto di partenza è la paura dell'Italia, aggravata dalla temuta collaborazione anglo-italiana. Vivendo qui, è stato facile vedere il formarsi di quella corrente, da prima piccolo ruscello, contrastato da mille difficoltà e poi ingrossarsi, sempre al di fuori dell'azione di questo Ambasciatore di Francia Signor Daeschner, che anzi a Angora ho sentito definire come • freddo •.

E che l'incubo dell'Italia continui a pesare su questi cervelli mi risulta anche da una recentissima conversazione avuta con Tefik Russdi Bei. Più che conversazione fu al solito un monologo il quale in realtà doveva esser di avvertimento per colui che ascoltava.

Tefik Russdi Bei parlava di Mustafa Kemal Pascià, ne metteva in luce il senso fine politico naturale, la sua chiaroveggenza, l'arte sua dell'attendere. Egli mi ripeteva una frase che [di] solito esce dalla bocca del Gazi: che cioè la vittoria non è cosa che si tenga in un armadio e si possa prenderla quando uno vuole. Troppi elementi concorrono a formarla e quando uno crede aver dalla sua tutti questi elementi basta un nulla per perdere la battaglia.

Il Gazi, dicevami Tefik Russdi Bei, ha veduto sorridergli la vittoria quasi sempre più che per opera sua, per errore dell'avversario. Egli calmo osserva, sorveglia l'avversario, nè la pazienza, nè la forza di resistenza al sacrifizio gli vengono meno. Ma se l'avversario rischiando più di quanto è umanamente concesso o ingolfandosi in un'azione che il Gazi giudica sproporzionata nei mezzi, allora egli gli cade addosso [sic], come i falchi anatolici piombano addosso alle vittime, adocchiate dall'alto, e strappa la vittoria. Cosicchè, Tefik Russdi Bei concludeva, sono i nemici che hanno fatto grande Mustafa Pascià e salvata la nuova Turchia.

Per neutralizzare questa preoccupazione contro l'Italia, cattiva consigliera per la Turchia (la quale avrebbe tutto l'interesse di non aggravare le dissensioni, le concorrenze europee ed in ogni modo nel tenersene discosta) ma per noi anche un elemento sfavorevole allo sviluppo degli scambi e delle relazioni commerciali con questo paese, ho lungamente parlato con Tefik Russdi Bei, e con quelle personalità che mi è stato possibile incontrare a Angora, non tralasciando alcun argomento. Ma troppo profonda è tuttora quella preoccupazione e troppa gente trae profitto dal coltivare la medesima, come pure troppe voci continuano a venire qui da certi salotti e certi caffè romani perchè io possa sperare che le mie parole abbiano un effetto di toccasana.

Cosic.chè a mio avviso altro non resta che continuare dignitosamente per la nostra strada non dando a quella preoccupazione e ai tentativi diplomatici del Signor Tefik Russdi Bei che eventualmente potranno averne origine un peso soverchio. Troppo si fa la corte a questa gente, ciò ho potuto constatare ad Angora. La legittima soddisfazione per la rinascita nazionale oramai è diventata arroganza, che potevasi sperare vedere moderata dai bisogni finanziari!, ma che invece trova nuova esca nelle offerte di denaro che ora pervengono ad Angora da ogni lato.

Il continuare a rimanere riservato osservatore, a lavorare tranquillamente alla difesa dei nostri ben intesi interessi non è svantaggioso, in ogni modo sarà sempre più degno di Roma che non il liguaggio dell'Ammiraglio Bristol, Alto Commissario degli Stati Uniti, il quale ad una soirée, mentre Mustafa Kemal Pascià in un piccolo circolo vantava di aver vinto tutta la coalizione nemica delle potenze occidentali borbottava: • Heureusement, heureusement!! •. È vero, che l'ora era avanzata e che l'effetto dell'alcool era evidente in tutti i presenti, compreso nel Gazi.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 468/151/152/153. Belgrado, 20 febbraio 1927, ore 16 (per. ore 18).

I miei telegrammi nn. 145, 146 e 147 (l) dimostrano che quanto ho riferito col mio telegramma n. 1217 (2) circa la politica remissiva e conciliativa adottata da questo Governo verso i suoi vicini corrisponde a verità, e che Grecia e Ungheria si preparano a raccogliere i frutti di tale politica. V. E. me ne dà conferma con suoi telegrammi nn. 294 (3) e 299 (4). Molto diversa è invece la politica di questa autorità militare. A parte quanto ho riferito circa attività del nuovo ministro delle comunicazioni, generale Milosajevic, che sta svolgendo tutto un programma con evidenti finalità strategiche; a parte quanto ho riferito col mio telegramma n. 34 (5) circa attività di S. M. il re Alessandro; a parte quanto ho riferito col mio telegramma n. 122 (6) su di una specie di mobilitazione occulta; vi sono una quantità di altri fatti di ordine militare che dimostrano come la preparazione dell'esercito S.H.S. sia febbrile. Su questo riferisco con telegramma a parte. E poichè come ho più volte detto, nella grave crisi politica interna che travaglia questo paese, esercito è unica istituzione che rimanga salda al suo posto, dalla contraddizione esistente fra la politica remissiva e conciliante del signor Perich e quella attiva perseguita dallo stato maggiore S.H.S. è facile dedurre che l'opera degli uomini [politici] è asservita a quella dei militari e che la politica personale per quanto sincera di Perich non servirà che a mascherare attività del partito militare che lavora per suo conto. Ciò premesso, sembrami opportuno ricapitolare le ragioni (da me esposte in vari telegrammi e

rapporti) che hanno fissato linea di condotta inderogabile e costante dei circoli dirigenti jugoslavi dopo conclusione del Patto di Tirana.

Ragioni dinastiche. La dinastia dei Karageorgevitch è indissolubilmente legata allo sviluppo della Serbia verso il sud. Qualsiasi scacco essa subisca in Macedonia significherebbe la sua caduta.

Ragioni di sicurezza. Non mi stancherò mai di ripetere che il centro di ,gl1avdtazione dello Stato S.H.S. è verso il sud e non verso il nord. Erra chi [ritiene] che in un eventuale conflitto italo-jugoslavo, il centro della lotta sarà sulle Alpi, fra i boschi e le montagne della Slovenia. Il re Alessandro serbo, il suo stato maggiore serbo, ed il suo esercito inquadrato dai serbi non sentono per il nord le stesse preoccupazioni che per il sud. A conferma di ciò sta il fatto che mentre nel settore delle Alpi sta una divisione e mezza, attorno alla Macedonia, in Macedonia ne [stanno] sette (dico sette). V. E. sa che la Macedonia è il centro strategico della Serbia. Per l'Albania, di là, si può giungere facilmente a Belgrado, come ha detto Pribicevic (vedi mio telegramma per corriere 1075).

Ragioni storiche e sentimentali. A questo proposito mi riferisco ai miei telegrammi n. 89 e n. 799 per corriere.

Ragioni del momento. Ho ripetuto come mai la crisi politica interna sia stata più profonda in questo paese. V. E. ha visto come sia impossibile formare un Governo con maggioranza stabile, anche perchè sempre più demagogica ed elementi disgregatori [sic]; la corruzione dilagante dal centro alla periferia; disordine massimo nelle amministrazioni centrale e locale; disagio morale nelle popolazioni delle regioni dell'ex impero austro-ungarico, le quaJ.i male sopportano di essere sgovernate dai serbi che giudicano meno civili di loro. Crisi economica altrettanto grave della politica determinata da scarso raccolto agricolo, da mancanza assoluta di credito all'estero, ed un bilancio statale fittizio e spese militari che, fra [palesi] ed occulte, assorbono la metà delle entrate.

Erra però chi crede che la gravità della situazione interna possa essere di freno ai circoli dirigenti, e specialmente ai militari dal proposito di correre una avventura, che anzi, più la crisi è profonda e più quelli, imperialisti e balcanici, cercheranno di pescare nel torbido.

Nè si creda che possa far presa nei circoli predetti, per moderarli e condurli ad una più equa visione della realtà, la prospettiva che il mondo civile con alla testa la Lega delle Nazioni possa schierarsi contro di loro. Lo spirito avventuroso ed atavico, l'ignoranza e oltracotanza sono più forti di qualsiasi freno esteriore. Questo popolo è stato per troppi secoli segregato dal mondo civile, e per troppi secoli si è addestrato alla guerriglia ed alle depredazioni per potersi lasciare impressionare da idee umanitarie e civili.

La Jugoslavia, come dissi, si era col Patto di Roma rassicurata e per tre anni si è illusa di potere spadroneggiare nei Balcani forte del fatto che l'Italia non l'avrebbe molestata e che Francia e Piccola Intesa erano per lei.

Ed ha dimenticato il beneficio grande che col porgerle la mano l'Italia le aveva arrecato. V. E. sa come tale incomprensione siasi esplicata.

Tutto ciò premesso mi sembra occorra, data la situazione quale l'ho prospettata, considerare l'eventualità che i serbi possano lasciarsi trascinare a fare un colpo di testa al sud verso l'Albania (magari con una improvvisa marcia su Scutari in collegamento con un movimento rivoluzionario nel Kossovese). A tale proposito e per quel che concerne faccio presente che lo stato maggiore S.H.S. ritiene che la popolazione jugoslava abitante le regioni adiacenti alle Alpi sia tenacemente e atavicamente antitaliana e quindi in caso di conflitto poter contare su di essa e di non avere sorprese alle spalle in quello scacchiere. Mentre nello scacchiere meridionale ritiene che noi incontreremmo difficoltà tali che i sacrifici non compenserebbero l'impresa e che ad ogni modo data l'asprezza del terreno noi non potremmo impiegare i nostri mezzi tecnicamente tanto superiori talchè lo svolgimento della lotta sarebbe molto lungo e, pensano, forse a loro interesse.

(l) -Cfr. nn. 21, 22, 23. (2) -Cfr. n. 16. (3) -Del 17 febbraio, ore 21, con cui venivano ritrasmessi a Belgrado e Sofia i nn. 7 e 8. (4) -Cfr. n. 19. (5) -T. gab. 165/34 del 14 gennaio, che non si pubblica. (6) -T. gab. rr. 434/122 del 14 febbraio, che non si pubblica.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, AL MINISTERO DELLA GUERRA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA (l)

T. GAB. 310. Roma, 21 febbraio 1927, ore 18.

(Per Colonie, Guerra, Londra, Parigi). Mio telegramma n. 239 del 5 corrente (2). (Per Colonie, Guerra, Addis Abeba, Parigi). Ho telegrafato alla R. ambasciata in Londra quanto segue:

(Per tutti). Questa ambasciata d'Inghilterra mi ha fatto pervenire una nota verbale con la quale si chiede se R. Governo conviene di prender parte ad una conferenza fra Inghilterra, Francia, Italia ed Abissinia ove sarebbero trattate le seguenti questioni: l) Immediata applicazione all'Abissinia della convenzione Ginevra per traffico armi; 2) Quali regolamenti abissini sono in vigore e si considera debbano dare attuazione al paragrafo l articolo 28 convenzione Ginevra; quale autorità si debba considerare come Governo abissino secondo articoli 2, 3, ecc.; quali permessi importazione debbano essere riconosciuti; 3) se tali regolamenti mettano in grado Abissinia eseguire articoli da 12 a 18; 4) Quali regolamenti inglesi, francesi ed italiani sono necessari secondo paragrafo 2 articolo 28 per poter rendere effettivi regolamenti abissini; 5) Se Abissinia consideri soddisfacenti tali regolamenti; 6) Quale organismo amministrativo, se del caso, debbasi stabilire per fare funzionare tali regolamenti. A questi punti ambasciata Britannica fa presente potrebbero aggiungersi i seguenti: a) considerazione di una quota fissa delle esigenze di armamento Abis

sinia per un dato periodo in proporzione effettivo forze armate che essa mantiene; b) in qual modo debbansi distribuire ordinazioni fra stati produttori; c) invio istruttori stranieri.

Tale conferenza dovrebbe aver luogo a Ginevra secondo desiderio espresso Governo francese quantunque Governo britannico ritenga preferibile come sede Parigi.

Prego V. E. voler far presente Foreign Office l) che R. Governo ha sempre espresso parere che tale conferenza con Abissinia sia preceduta da una conversazione fra delegati tre potenze in modo da fissare argomenti da trattarsi e presentare possibilmente fronte comune in previsione di sicure esigenze e probabili resistenze da parte Abissinia; 2) che R. Governo esclude recisamente che in detta conferenza possa trattarsi della possibilità di fornire istruttori stranieri all'Abissinia; 3) che R. Governo accetterebbe come sede Parigi perchè in realtà si tratta di persuadere il Governo francese che è il più riluttante nella que~tione ma ritiene in ogni caso non conveniente la sede di Ginevra per le ragioni fatte presenti a V. E. con telegramma cui mi riferisco.

Resto in attesa di conoscere su quanto precede risposta del Foreign Office prima di rispondere alla nota di questa ambasciata britannica.

(l) -II telegramma fu inviato a Londra, Parigi ed Addis Abeba per corriere. (2) -Diretto a Londra, relativo alla questione della importazione di armi, da parte del governo etiopico: ostilità alla proposta francese di discutere la questione a Ginevra anzichè a Parigi, e considerazioni sulla opportunità che l'Etiopia sia ammessa solo in un secondo tempo alla discussione stessa.
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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. P. 363/95. Bucarest, 21 febbraio 1927.

Nel mio precedente rapporto n. 214/52 del 31 gennaio u. s. (l) esaminavo, fra l'altro, l'attuale situazione estera della Romania nel quadro della Piccola Intesa venendo alla conclusione che, se oggi le probabilità di veder uscire la Romania fuori di questo sistema di alleanze sono ancora molto limitate (sopratutto a causa delle possibilità tuttora assai scarse sulla via del ravvicinamento ungaro-romeno e bulgaro-romeno), ciò non esclude che la politica estera romena compia gradatamente una evoluzione in questo senso; e che questa evoluzione possa essere facilitata da sempre più strette relazioni politiche col nostro Paese.

Su questi ultimi punti, di partiçolare interesse per noi nel momento attuale,

ho compiuto in questa ultima settimana una discreta indagine, cercando di cono

scere in argomento il vero pensiero di uomini politici, di pubblicisti ed anche

di uomini d'affari. Ho evitato accuratamente, ciò facendo, di esternare troppo

apertamente i miei dubbi sulla reale consistenza della Piccola Intesa. Giacchè

qui è già anche troppo diffuso il sospetto o il timore che l'Italia lavori a scom

paginarla ed a condurre la Romania sopra una via avventurosa che potrebbe

metterla di fronte, non per volontà nostra ma per forza di cose, ad una situa

zione di pericoloso isolamento. Mi sono quindi limitato a chiedere, a semplice

scopo informativo, le impressioni dei miei interlocutori su alcune manifesta

zioni e notizie che questi giornali hanno messo recentemente in certo rilievo

ed hanno anche fatto oggetto di commenti inspirati a qualche meraviglia e preoccupazione: una intervista data dal Signor Nincich al giornale Matin nella quale egli esprimeva la sua opinione circa l'opportunità di uno stretto ravvicinamento del suo Paese coll'Ungheria e colla Bulgaria: le dichiarazioni del Signor Benes alla Commissione degli Affari Esteri, nelle quali egli, dopo aver ancora una volta presentato come imminente la ripresa dei rapporti colla Russia, parlava di trasformazioni della Piccola Intesa nel senso di renderla più adatta alle nuove situazioni verificatesi nell'Europa Centro-Orientale: i lavori testè iniziati dalle Delegazioni dei Parlamenti di Belgrado e di Praga per un più stretto ravvicinamento economico e culturale fra Jugoslavia e Cecoslovacchia, lavori cui la Romania non prende parte e che si inspirano al concetto della difesa ed unione dell'elemento slavo nell'Europa Centrale e Balcanica.

Senza riferire particolareggiatamente i colloqui da me avuti in argomento, mi limiterò ad esporne sommariamente le conclusioni.

Non si può certamente dire che la Piccola Intesa sia popolare in Romania nel senso che i legami che la stringono ai due Paesi alleati corrispondano ad affinità sentite di tradizioni e di sentimenti. Nè ciò potrebbe essere, visto che la precipua ed istintiva preoccupazione dei romeni è la difesa contro il pericolo dell'accerchiamento slavo. La Piccola Intesa è quindi considerata come una

• combinazione diplomatica • utile, se non anche necessaria; benchè si riconosca che anche come combinazione diplomatica essa non ha avuto sin dall'inizio che scopi limitati e precisamente definiti -la salvaguardia comune contro lo spirito di rivincita e gli irredentismi ungheresi e bulgari. Senonchè, mentre su questa base si era forse sperato che tale sistema di alleanze avrebbe potuto estendersi e svilupparsi sotto l'egida della Francia, si constata oggi che, se mai, gli ohbiettivi comuni dei tre paesi alleati tendono sempre di più a restringersi a quello solo che presiedette alla formazione dell'alleanza. Ed esso avrà una ragione di esistere, e con esso le alleanze cui ha dato e dà vita, finchè la Bulgaria e sopratutto l'Ungheria mostreranno di non accettare il nuovo stato internazionale stabilito dai trattati di pace e di voler legare la loro causa con chiunque tenda a sovvertirlo. Per ciò stesso, i progressi che fanno e potranno ancora fare i tentativi di avvicinamento della Jugoslavia con Ungheria e Bulgaria sono considerati qui come più preoccupanti per la compattezza della Piccola Intesa che, per esempio, la ripresa di rapporti fra Cecoslovacchia e Russia o altre evoluzioni che i due Stati alleati potessero fare nella loro politica verso altri Paesi. Era inteso sin dall'inizio e rimane inteso che, nei loro rapporti colla Russia, ciascuno dei tre Stati alleati dovesse seguire le sue particolari contingenze; mentre il ravvicinamento ungaro-jugoslavo che potrebbe essere prodotto da nuove orientazioni del Governo di Belgrado e, per parte dell'Ungheria, dal concetto tattico di dividere i suoi nemici avvicinandosi a quello che essa stima meno pericoloso e che le è meno odioso, aprirebbe una prima falla nella base stessa della Piccola Intesa.

Le preoccupazioni sui pericoli che la Piccola Intesa potrebbe correre in un avvenire più o meno prossimo sono tuttavia alquanto attenuate dai recenti trattati della Romania colla Francia e coll'Italia. Non è che sfugga ai romeni quanto vi è di platonico nei trattati stessi ed anche negli accordi d'indole politicomilitare che vi possono essere connessi; ma tuttavia essi sono considerati come un pegno di una direttiva politica generale di queste due grandi Potenze favorevole alla Romania e che potrebbe e dovrebbe manifestarsi con aiuti più o meno concreti in determinate eventualità.

Fin qui la sostanza dei miei colloqui di questi ultimi giorni.

Giunti a questo punto, i miei interlocutori non dissero nè io chiesi loro ciò che già ben sapevo: che, per questo stesso motivo, essi deprecano un acutizzarsi del malcelato dissenso italo-francese. Quando mi si parla di tale argomento e, più specialmente, della concorrenza della nostra influenza con quella francese nei riguardi della Romania, io mi guardo bene dal rappresentare la nostra azione come qualche cosa di antitetico a quella della Francia. Dico anzi sempre che c'è posto per tutti: che, sul comune terreno latino, la Romania offre un campo propizio per una collaborazione italo-francese. Il parlare diversamente equivarrebbe ad elevare ostacoli alla nostra azione di penetrazione politica in questo Paese.

Fortunatamente, nel campo economico e commerciale la Francia non è qui per noi un concorrente temibile. A parte le sue considerevoli interessenze in Società petrolifere e in qualche grande impresa bancaria e industriale costituite nell'immediato dopo guerra, la Francia non ha dimostrato, almeno in questi ultimi anni, di voler esplicare un'azione particolarmente attiva in questo campo. E in quell9 più propriamente commerciale essa conta assai poco giacchè, di quasi tutti i generi che costituivano, nell'anteguerra, la parte più importante delle sue esportazioni in Romania (vini, profumerie, sete, ecc.) è vietata l'importazione, cadendo essi nella categoria di generi di lusso. Nel campo commerciale e delle forniture industriali, la Germania tornerà ben presto ad essere, per noi e per tutti, la più temibile concorrente: ma si pensa e si dice qui che colla Germania non sarà difficile a noi di venire, su questo terreno, a pratici accordi e a stabilire reciproche e proficue cointeressenze.

È quindi sul terreno più propriamente e quasi esclusivamente politico che noi ci troviamo qui di fronte alla Francia la quale ha una situazione indubbiamente assai forte. Nel mio rapporto sopra riferito ne ho esposto sommariamente le ragioni, del resto ben note. Ciò non ha per altro impedito che, recentemente, anche la nostra influenza facesse decisivi progressi. Oltre a ragioni di indole più generale (affermazioni di prestigio, di potenza, di lavoro dell'Italia fascista, continuità di Governo, successi di una politica estera ferma e dignitosa) è certo che il Generale Averescu, colla sua direttiva di sincera amicizia per l'Italia, ci ha molto giovato e potrà giovarci ancora. Ma il confronto colla Francia ci nuoce sempre ed oggi più che mai, dopo la conclusione dei due recenti trattati, colla esclusione dal nostro della ratifica dell'accordo che abbiamo firmato a Parigi nell'ottobre 1920.

Nel mio rapporto del 31 gennaio u. s. ho già esposto abbastanza chiaramente la situazione delicata in cui viene a trovarsi il Generale Averescu e con lui il suo Governo di fronte alla mancata e tuttora ritardata ratifica italiana. Ma non ho detto forse abbastanza dello stato generale di spirito che predomina oggi a questo riguardo in questi ambienti politici ed anche in quella massa della popolazione che uniforma le sue opinioni e le sue simpatie alla lettura quotidiana dei giornali. Per quest'ultima non valgono i sottili ragionamenti, la considerazione delle ragioni per cui la ratifica italiana non apporterebbe, sostanzialmente, un'apprezzabile vantaggio alla garanzia del possesso romeno della Bessarabia mentre potrebbe arrecare a noi sensibili danni. Per la massa romena vale solo il fatto che l'Italia non ha ancora ratificato mentre Francia ed Inghilterra l'hanno già fatto da parecchi anni e che quindi per causa dell'Italia lo stato giuridico internazionale della Bessarabia rimane tuttora in sospeso.

Quanto poi agli ambienti politici più elevati, non manca fra essi chi ha compreso che, a parte i nostri sentimenti di amicizia per la Romania, possiamo avere serie ragioni per esitare a fare un tal passo: ma per ciò stesso si giudica ormai di tale nostra attitudine con criterii e preoccupazioni che oltrepassano l'importanza prec_isa della questione. È possibile, si dice, che gli effetti pratici ed immediati della ratifica italiana siano discutibili; ma è certo che i motivi che trattengono tuttora l'Italia dal ratificare l'accordo firmato a Parigi la tratterrebbero ugualmente dal prendere posizione per la Romania nella sola e più temibile eventualità che potrà minacciare la salvaguardia del suo stato politico e territoriale. E, si aggiunge subito, questo dubbio non può invece più sussistere nei riguardi della Francia. Quando poi io insisto nel mettere in rilievo la mancanza di effetti pratici della nostra ratifica, si ritorce l'argomento osservando che questo potrebbe essere fatto da noi valere con altrettanta efficacia a Mosca. E quando osservo che il quadro della politica italiana, che è europea e mondiale, è assai più largo di quello romeno e che, dunque, gli effetti per noi dell'invocata ratifica potrebbero avere vaste e complesse ripercussioni che la assicurazione dell'amicizia romena non potrebbe compensare, mi si risponde che ciò può essere vero; ma che, in tal caso, la Romania dovrebbe da parte sua commisurare i suoi favori, anche in linea economica, a chi le assicura un appoggio politico così incerto: e si ripetono le consuete critiche verso le direttive troppo italofile del Generale Averescu. Si dice: se così stanno veramente le cose, come potrà egli giustificare di aver dato la preferenza all'Italia anzichè alla Francia nelle forniture navali e militari, nelle concessioni petrolifere, nell'inizio dei negoziati per il primo trattato di commercio che la Romania conclude con uno Stato estero nel dopo guerra? E molti deducono da ciò, ancora oggi, la conseguenza che il Generale Averescu deve aver ottenuto da Roma affidamenti tali, anche nei riguardi della ratifica, che gli permettono di attendere con sicura fiducia il pronto adempimento.

Concludendo : per ciò che riguarda la situazione della Romania nella Piccola Intesa, il tempo sta lavorando per un indebolimento progressivo e forse abbastanza rapido di questo sistema di alleanze. Assai più che le disposizioni più o meno buone e passeggiere di uno dei governi alleati, potranno nuocerle la realtà stessa delle cose e l'evoluzione di una parte degli interessi in giuoco. È già possibile prevedere il come, se non il quando, la somma degli interessi divergenti sarà almeno uguale e potrà diventare maggiore di quella degli interessi convergenti. Le manifestazioni ufficiali della politica estera romena, i discorsi del Trono, i discorsi e le interviste del Ministro degli Affari Esteri o delle personalità politiche più in vista, il tono generale di questa stampa continueranno a sfoggiare una fedeltà a tutta prova alla Piccola Intesa, una fiducia irremovibile nella sua consistenza; ma sotto tale superficie questa fiducia sarà in realtà sempre più smossa, al punto da far acquistare alla Romania una maggiore libertà di movimenti almeno nella stessa misura che la vanno acquistando e

ne vanno già usando i suoi alleati. È su questo terreno che la nostra azione può utilmente poggiarsi e svilupparsi, pur trovando sempre un limite di correlazione così nei rapporti franco-romeni come nei rapporti più o meno stretti che noi manterremo colla Russia. Una delle frasi cui qui si è più sensibili è che la frontiera del Nistro (Dniester) è la frontiera di difesa della latinità contro lo slavismo, della civiltà occidentale contro la Russia asiatica.

Per ciò che concerne i rapporti della Romania colla Francia, in relazione a quelli già annodati e che potrebbero vieppiù stringersi fra la Romania e l'Italia, non è dubbio che, finchè la ratifica nostra si farà attendere, noi ci troveremo in uno stato di sempre più marcata inferiorità nella sorda concorrenza coll'influenza francese in Romania. Per poco tempo potremo ancora tentare e riusciremo forse a ricavare, nell'ordine pratico cioè economico, tutti i vantaggi possibili dalle buone disposizioni del Governo del Generale Averescu e dallo stato di sospensione, di attesa che regna negli animi nei nostri riguardi. Ma se questa attesa dovesse ancora prolungarsi oltre uno o al massimo due mesi, io credo che lo stesso governo di Averescu e tanto più quello che gli succedesse a più o meno lunga scadenza si fermerebbe sulla via intrapresa e forse sarebbe anche costretto a rifare, in ciò che interessa i rapporti italo-romeni, un buon tratto di cammino a ritroso. E se ciò non sarebbe certo per giovare alla Romania, io ritengo che anche noi ne avremmo, così in linea politica che economica, sensibili danni.

Con tutte le sue ombre e debolezze, un Paese di diciotto milioni di abitanti, ricchissimo in naturali risorse, dominante le foce del Danubio e cointeressato con noi alla libertà degli stretti e ad arginare una ripresa dell'influenza slava nei Balcani e in Turchia; un Paese, infine, che per la sua stessa posizione geografica è e sarà sempre parte necessaria ed importante dei sistemi politici predominanti nei Balcani e nell'Europa Danubiana è certamente un fattore che a noi interessa di acquisire in modo più permanente alla nostra diretta influenza, sottraendolo per quanto è possibile alle influenze diverse od avverse (1).

(l) Cfr. serie VII, IV, pp. 464-466, nota.

30

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1193/11. Tangeri, 23 febbraio 1927, ore 23,45 (per. o1'e 7 del 24).

Nonostante smentita ufficiale si ha in questi ambienti impressione che dimissioni ministro affari esteri spagnuolo siano dovute disapprovazione indiretta da parte del Governo inglese delle radicali rivendicazioni contenute nel Memorandum su Tangeri presentato dalla Spagna a Parigi se non addirittura a passo testè fatto nello stesso senso dal Governo predetto. Qualora questa impressione venisse confermata dalle informazioni che V. E. avrà nel frattempo

ricevuto dalle RR. ambasciate in Londra, Parigi e Madrid, mi permetterei suggerire che ,sia fatto sentire al Governo spagnuolo, nella misura e nella forma compatibile con gli ottimi rapporti intercorrenti tra Italia e Gran Bretagna, che il R. Governo si astiene per parte sua dall'esercitare su di essa alcuna pressione al riguardo onde la Spagna possa essere per ora confortata ad insistere nell'atteggiamento di ferma resistenza da cui per molti sintomi appare questa volta maggiormente decisa a non dipartirsi. Sostenendo infatti la sua tesi integrale su Tangeri t! allontanandosi sempre più la possibilità di un accordo sulla base della convenzione del 1923, la Spagna rende all'Italia l'inestimabile servizio di ricondurre le discussioni verso una base più larga, il che è tutto nostro interesse di favorire per cercare di riguadagnare nel Marocco qualche cosa di quanto abbiamo perduto in passato ed iniziare anche da questo lato un efficace investimento demografico del nord Africa francese. Se tuttavia la Spagna dovrà capitolare ed accettare per forza ciò che alla Francia e all'Inghilterra piacerà di imporre, la partita sarà chiusa anche per noi e ne risulterà monca la nostra azione futura in questo settore del Mediterraneo.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Vedi pagine 6-9 • (corrispondono alla seconda parte del rapporto, con inizio dall'ultimo capoverso a p. 30).

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IL CONSOLE GENERALE A KLAGENFURT, SPECHEL, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

.R. RR. S.N. Roma, 23 febbraio 1927.

Di seguito ed a complemento delle notizie contenute nel rapporto dell'8 corrente N. 212/5 A/I del Reggente questo R. Consolato Generale, Vice Console Cav. Marini, nonchè del colloquio che ho avuto l'onore di avere con S. E. Bordonaro la sera del 14 corrente e con te il 18, compio il dovere di rimetterti il qui unito promemoria confidenziale in data 18 corrente (1), testè pervenutomi dal Barone Malfatti, ff. di Vice Console, al quale ho affidato il compito di tener contatto -del tutto extra ufficio -con i dirigenti carinziani del

noto movimento.

Se lo Stato Maggiore militare dello • Standebund • ha sede nel Tirolo (provincia sospetta di dirette influenze germaniche), non è infondata l'ipotesi che lo spirito animatore di esso, in quanto il prefato movimento tende in primo luogo al restauro dell'ordine e della legge in Austria (senza immediate mire

• anschlussistiche •, come forse è • sentito • in qualche provincia) abbia tratto origine nella Carinzia, paese il più permeabile e permeato (per ragioni geografiche, etniche, economiche e politiche) dalle correnti dell'Italia Nuova.

Nell'unito promemoria, desunto da una recentissima conversazione del Malfatti con un fiduciario degli • Heimatschutzer •, sono illustrati diversi punti

che mi premeva venissero chiariti da parte degli stessi H.[eimatschutzer] e per i quali avevo dato speciali istruzioni a quel mio valido collaboratore.

In attesa di ricevere, a mia volta, ulteriori istruzioni da codesto R. Ministero, ti sarei grato se volessi prospettare, intanto, alle Superiori Gerarchie la opportunità:

l) che, per mia norma di condotta, mi sia reso noto tempestivamente il reale punto di vista del R. Governo nella questione dell' • Anschluss • (qualora questa urga come una fatalità ineluttabile, previe le debite compensazioni e garanzie all'Italia), specie nella probabile eventualità che la Germania prenda posizione netta e attiva in favore del movimento di cui trattasi, con lo scopo, palese o non, di farlo sboccare poi nell'Unione Austro-Germanica (è da tener presente che a Klagenfurt esistono anche un Consolato di Germania ed un Consolato S.H.S., entrambi di la Categoria);

2) che, pure per mia norma di condotta, mi sia fatto conoscere quale facoltà e quali mezzi mi sarebbero conferiti per chiarire ufficialmente, a tempo debito o sviluppare il punto di vista italiano nel caso di una • marcia su Vienna • e di una preparazione all'c Anschluss •;

3) che, quando sia ritenuto conveniente, il titolare di questo R. Consolato Generale venga personalmente messo in relazione con gli organi militari, centrali o periferici, cui compete la sorveglianza del confine carnico e friulano;

4) che direttive generiche, ma imperative, abbiano a disciplinare la

Stampa italiana più accreditata e diffusa nei paesi austriaci e l'azione dei

c Fasci • in Austria, in rapporto al movimento in parola.

(l) Non si pubblica.

32

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. (P. R.) 1218/64. Roma, 24 febbraio 1927, ore 1,30.

Suo telegramma n. 50 (1).

Ho fatto presente a questo ministro d'Austria penosa impressione che de

sterà nell'opinione pubblica italiana decisione di codesto municipio che non ha

precedenti in nessun altro paese dove si agitano correnti a noi ostili. Non si

meraviglino nè si lagnino poi costì di eventuali giustificate reazioni della

nostra stampa. Ministro d'Austria ha risposto che se ne rendeva conto e che

avrebbe informato suo Governo, ma ha insistito sull'autonomia di decisioni di

codesto municipio socialista, su cui il Governo non è in grado di esercitare

alcuna influenza.

Prego ad ogni modo V. S. intrattenere anche da parte sua opportunamente codesto Governo nell'interesse del mantenimento buoni rapporti italo-au.striaci.

(l) Si riferisce alla decisione del municipio di Vienna di intitolare a Matteotti una piazza.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 503/122. Costantinopoli, 24 febbraio 1927, ore 22

(per. ore 7,30 del 25).

Mio telegramma 112 (1).

In seguito rimostranze fatte personalmente da Taliani a ministro degli affari esteri, questi ha espresso suo sincero rincrescimento per pubblicazione da parte dell'agenzia Anatolia [notizia da] Ginevra. Trattasi telegramma dell'agenzia Havas con cui agenzia Anatolia è legata da accordi e che aveva fatot passi ... (2) (dice ministro). Ministro degli affari esteri è corso ai ripari inspirando a Mahmoudi bey noto articolo apparso nell'Hakimiet (vedi mio telegramma 116). Ora dopo la smentita ministro crede inutile ogni altro suo passo tanto più che quel piccolo gruppo che si occupa in Turchia di politica estera ben sa che relazioni italo-turche sono amichevoli e non si prestano ad equivoci. Ministro degli affari esteri ha aggiunto nutrire somma simpatia per Governo fascista e profonda ammirazione per V. E. solo capace sentire necessità politica di collaborazione italo-turca appena saranno eliminate le minime divergenze ancora esistenti. Confidenzialmente ha detto avere nettamente e sempre respinto insinuazioni contro politica fascista in Oriente a lui spesso pervenute da parte dell'opposizione liberale italiana. Secondo lui prima o poi Turchia sarà la più utile collaboratrice dell'Italia per il mantenimento equilibrio Mediterraneo caposaldo oggi politica kemalista. Concluse che desiderava che queste idee fossero concretate e che già stava preparando viaggio per prossima primavera suo o di Ismet pascià giustificato con cura a Vichy. Era sua intenzione e anche quella del presidente del consiglio di toccare Milano sperando potervi incontrare anche in forma privata V. E. per scambio di idee da lungo tempo desiderato e che sicuramente definirà una volta per tutte nello interesse dei due paesi rapporti tra Turchia e Italia. Questo progetto ha il favore del Gazi il quale mentre segue con ammirazione opera di governo di V. E. desidera intensamente che V. E. possa apprezzare al suo giusto valore lo sforzo immane fatto dalla Turchia in tre ... (2) anni al solo scopo della pace. È veramente degna di considerazione questa spontanea offerta di incontrarsi con

V. E. anche per il momento in cui è presentata mentre da parte francese

7 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

si lavora massimamente per attirare Turchia nella propria orbita sia nei Balcani che nel Mediterraneo. A mio avviso non sarebbe conveniente !asciarla senza risposta, anche se questa non contenesse impegni definitivi.

(l) -T. gab. 487 ;112 del 21 febbraio: notizia giornalistica, proveniente da Ginevra, secondo cui c Inghilterra avrebbe accordato Italia ogni libertà d'azione contro Turchia in compenso cooperazione contro Cina •. (2) -Gruppo indecifrato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 525/135. Londm, 26 febbraio 1927, ore 21,25 (pe1·. ore 3 del 27).

Essendomi intrattenuto al Foreign Office dei negoziati franco-spagnuoli per Tangeri ho constatato esistere qui vivissimo malumore ed irritazione per modo come Governo spagnuolo ha impostato questione. Pur dichiarando di volersi mantenere assolutamente estraneo alle conversazioni di Parigi, Foreign Office non nasconde sua recisa ostilità alle pretese spagnuole di voler comprendere Tangeri nella sua zona marocchina. Foreign Office rimprovera al Governo spagnuolo di avere rinnovato una domanda che era evidente Francia non avrebbe potuto accettare e di avere in tal modo condotto negoziati in un'impasse dalla quale sarà difficile uscire. Foreign Office ritiene che dimissioni Yanguas siano state originate dalle difficoltà della presente situazione della quale ex ministro degli affari esteri sarebbe principale responsabile. Ho avuto chiara impressione che Foreign Office è stato messo al corrente tanto del memorandum spagnuolo quanto delle contro-osservazioni francesi. Foreign Office mi ha poi dichiarato che non soltanto Governo britannico ma anche Governo francese è ora favorevolmente disposto ad accogliere domande di adesione dell'Italia allo statuto di Tangeri.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 350/86. Roma, 27 febbraio 1927, ore 2.

Sono lieto che incidente provocato dalla insulsa pubblicazione dell'agenzia Anatolia sia da considerare liquidato. Quanto mio probabile incontro con ministro esteri turco o presidente del consiglio, nulla in contrario in massima salvo precisare modalità incontro quando viaggio Vichy sarà stato deciso. Comunque voglia comunicare mio compiacimento per questa proposta d'incontro venuta da Angora (1).

(l) Cfr. quanto aveva comunicato Grandi a Berlino. Londra. Mosca e Parigi con t. per corriere 899 del 26 febbraio: « Richiamasi ad ogni buon fine attenzione di V. E. sul comunicato Stefani in data di ieri. relativo alle assurde voci di intese italo-britanniche nei riguardi della Turchia •.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. (P. R.) R. 193/73. Roma, 28 febbraio 1927, ore 21.

Per lei solo.

Motivo per cui ho chiesto notizie ritorno Manoilescu a Roma è che desidero far coincidere firma trattato commercio con annuncio ratifica Bessarabia.

37

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. RR. 360/74. Roma, 28 febbraio 1927, ore 21.

Per lei solo.

Di quanto le ho comunicato col mio odierno telegramma circa ratifica Bessarabia Ella potrà informare segretamente il generale Averescu con l'impegno di mantenere il silenzio anche coi suoi colleghi di Governo, giacchè è evidente che ave la notizia fosse prematuramente conosciuta noi non avremmo nè il modo nè il tempo di preparare diplomaticamente il terreno nei riguardi della Russia allo scopo di cercare di evitare il più possibile le conseguenze che con molta probabilità ne deriveranno tanto nel campo politico quanto in quello economico. Nel richiamare su di ciò la più seria attenzione di Averescu V. E. vorrà aggiungere che oltre all'attenderci naturalmente che le trattative commerciali prendano una piega favorevole (mentre ora invece i nostri delegati si incontrano a considerevoli difficoltà da parte rumena) abbiamo fiducia che il Governo rumeno accoglierà alcune speciali richieste sopratutto di carattere economico che ci sono indispensabili, per garantire i nostri rifornimenti e sulle quali mi riservo farle pervenire ulteriori comunicazioni al più presto possibile.

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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. STRETTAMENTE CONFIDENZIALE. Bucarest, 28 febbraio-l marzo 1927.

Nel mio recente rapporto del 21 febbraio n. 95 (l) dicevo che se la ratifica italiana dell'accordo sulla Bessarabia si facesse ancora attendere • per uno

-o al massimo due mesi • la situazione potrebbe qui subire sensibili mutamenti in nostro sfavore.

In seguito a colloqui che ho avuto tre giorni fa con Mitilineu e oggi stesso col Generale Averescu ho dovuto persuadermi che il termine di tempo da me accennato era troppo lato.

Mitilineu mi disse che aveva veduto il giorno prima il Presidente del Consiglio e che, per quanto questi dimostrasse sempre un'assoluta fiducia nella parola di Mussolini, si mostrava alquanto turbato perchè il ritardo della nostra decisione si prolungava oltre il previsto e temeva di non poter più frenare impazienze e sbandamenti che finora era riuscito, con un vero • tour de force •, a contenere o a reprimere. Il Ministro degli Esteri mi accennò pure vagamente a pressioni di questo Ministro di Francia che, • quasi all'indomani del suo arrivo • (egli è entrato ufficialmente in funzione soltanto quindici giorni fa) avrebbe espresso la sua meraviglia di veder riservate a noi tutte le preferenze del Governo Romeno (ordinazioni industriali, trattato di commercio, ecc.) mentre l'Italia ha sinora negato alla Romania il riconoscimento delle sue attuali frontiere che la Francia, col recente trattato, ha solennemente riconfermato.

Mitilineu mi parlò infine di imbarazzanti domande rivoltegli ultimamente circa l'attesa ratifica dal Signor Duca, ex Ministro degli Affari Esteri e diretto esponente dei dirigenti liberali.

Il Generale Averescu è stato oggi anche più esplicito. Mi disse di avere telegrafato a Lahovary ricordando gli ultimi affidamenti che sarebbero stati dati dal Capo del Governo a Manoilescu nel colloquio di un mese fa in ordine alla prossima ratifica facendone una questione • di giorni, forse di settimane •. Averescu osservava, tra l'arguto e il preoccupato, che quattro settimane fanno un mese ma che S. E. Mussolini non aveva parlato di mesi.

Anche il Generale Averescu mi parlò dell'attitudine alquanto brusca presa con lui dal Signor Clinchant sin dalla prima visita che questi fece al Presidente del Consiglio. Aggiunse di esserne rimasto alquanto urtato e che non era la prima volta, del resto, che egli aveva dovuto constatare come sotto la forma di uomini di mondo i francesi celano spesso, e male, una certa brutalità.

Ho detto all'uno ed all'altro che il Capo del Governo era informato a fondo di tutta la situazione e che avrebbe quindi presa la sua decisione con piena conoscenza di causa: che al punto in cui sono giunte le cose, insistenze troppo ripetute avrebbero, a mio avviso, potuto piuttosto nuocere che giovare ecc. ecc. Tutto questo per prendere tempo; ma è certo che la corda è sempre più tesa e che, a forza di tenderla, potrebbe se non strapparsi cominciare a rallentarsi.

Ho rilevato anche una frase che Mitilineu si è lasciato sfuggire, rispondendo ad un mio accenno al prossimo progettato viaggio di Re Ferdinando in Italia. • Tutto questo, egli mi disse, è collegato insieme..... ».

Ho creduto bene informare V. E. di quanto sopra perchè non sfugga al Primo Ministro alcun elemento di giudizio sulla presente situazione. E sarò grato a V. E. per qualsiasi indizio precursore ed ammonitore che vorrà fornirmi su quella che sarà per essere la decisione e sull'epoca in cui potrà intervenire.

P. S. l marzo. Ricevo stamane i telegrammi Gabinetto Riservatissimi NN. 73 e 74 (1). Mando però ugualmente questa lettera scritta ieri e che potrà sempre riuscire interessante almeno come storia retrospettiva.

Farò oggi stesso, in via segreta e personale, la comunicazione ad Averescu, evitando però di dare alla prossima decisione del Capo del Governo un carattere di obbligata e stretta subordinazione alla conclusione del trattato di commercio ed alla presentazione di nostre ulteriori domande d'indole economica. Con Averescu si può star sicuri che egli farà, tanto più colla sicurezza della ratifica od a ratifica avvenuta, tutto quello che potrà per noi; e appunto per ciò egli si risentirebbe se avessimo l'aria di condizionare troppo, sino all'ultimo momento, la ratifica alla sicurezza di ulteriori concessioni da parte romena.

In uno dei nostri ultimi colloqui egli mi diceva che, poco prima dell'arrivo di questo nuovo Ministro di Francia, l'Incaricato d'Affari era andato a comunicargli essere desiderio del Governo francese di procedere alla ratifica del trattato franco-romeno contemporaneamente alla conclusione di un contratto per fornitura di mitragliatrici francesi che trascina da parecchio tempo. Al che il Generale Averescu, a quanto egli mi disse, avrebbe risposto sconsigliando in modo reciso tale coincidenza che avrebbe potuto rimpicciolire e svalutare il gesto francese.

(l) -Cfr. n. 29.
39

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE SPAGNOLO A ROMA, DELLA VINAZA

[Roma], 2 marzo 1927, ore 19.

VrNAZA. -Vengo per incarico di De Rivera -il quale vi saluta con molta cordialità -a parlarvi dell'andamento delle conversazioni franco-spagnuole di Parigi. Il memorandum spagnuolo chiede l'incorporazione di Tangeri nella zona spagnuola. La Francia risponde che questo è impossibile perchè ciò lederebbe i diritti di sovranità del Sultano. La Francia se moque joLiment del Sultano e della sua sovranità e il suo non è che un pretesto. Quanto a tenere informato il Governo italiano circa lo svolgimento dei negoziati, De Rivera ha chiesto a Parigi, a mezzo di De Quifi.ones, se il Quai d'Orsay aveva nulla in contrario. Ma non si è ottenuta nessuna risposta. Comunque De Rivera m'incarica di dirvi che, anche se la risposta di Parigi fosse negativa, confidenzialmente il Governo spagnuolo terrà informato il Governo italiano dell'andamento dei negoziati. De Rivera m'incarica di domandarvi il vostro avviso.

Gli ho detto che già nell'agosto gli avevo precisato il punto di vista italiano, favorevole, in massima alla tesi spagnuola. Tra una Francia a Tangeri e la Spagna, l'Italia non avrà dubbi circa la scelta. Un aumento dell'influenza francese al Marocco farebbe del Mediterraneo, dalla Siria a Tangeri un mare francese, con una finestra sull'Atlantico. Nemmeno una Tangeri internazio

nalizzata, sarebbe di gradimento del governo italiano, date le difficoltà di varia natura che tale costituzione comporterebbe. Previo accoglimento delle eventuali richieste italiane, l'Italia preferiva a tutte le soluzioni escogitabili, l'incorporazione di Tangeri nella zona spagnuola. È evidente che per avere tempestivamente l'appoggio del governo italiano, bisogna tempestivamente ragguagliarlo sull'andamento dei negoziati e sulle posizioni dei negoziatori.

VrNAZA. -Mi è parso soddisfatto e mi ha dichiarato che avrebbe riferito a Madrid (1).

(l) Cfr. nn. 36, 37.

40

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO BULGARO A ROMA, RADEV

[Roma], 3 marzo 1927, ore 18.

Radeff mi ha detto dopo essersi proclamato lieto di salutarmi alla romana quanto segue:

• Vengo per incarico di Buroff a manifestarvi mio compiacimento per atteggiamento che Governo italiano terrà per commissione intesa militare. In secondo luogo manifesto l'opinione del Buroff che nei rapporti fra serbi e bulgari sia necessario venire a una normalizzazione ».

Il discorso è stato abbastanza confuso e forse un poco reticente. Ho rotto il velo di queste reticenze con seguenti precise dichiarazioni:

• Per quanto concerne controllo miiltare, Italia darà un'altra prova della sua sincera amicizia al popolo bulgaro.

Per quanto concerne rapporti serbo-bulgari, io sono favorevole a una politica di "buon vicinato" fra Sofia e Belgrado e la credo non solo utile ma possibile, anche se un po' difficile dato quella che voi chiamate "intrattabilità" serba.

Buon vicinato sì, ma non oltre. Buon vicinato, nel senso di eliminare volenterosamente tutte quelle minori questioni che possono irritare l'opinione pubblica dei due paesi, ma non oltre, cioè, niente protocolli, niente patti di amicizia od altri •.

Radeff mi ha detto che nessun governo bulgaro avrebbe osato entrare in questo ordine di idee. Qualsiasi gesto o accettazione di patti da parte bulgara che andassero oltre la pratica del « buon vicinato » avrebbe queste conseguenze:

a) un successo alla politica di Belgrado;

b) un periodo di crisi interna bulgara dovuta agli elementi macedoni;

c) mano libera ai serbi per la serbificazione definitiva della Mace

donia bulgara.

La mia opinione nettamente espressa come si conviene tra leali amici, è che non dovete in nessun caso, andare oltre a quelli che potranno essere normali rapporti di buon vicinato.

Radeff mi ha calorosamente ringraziato per questi consigli di saggezza che avrebbe trasmessi a Buroff, ma io ho la convinzione che vi fosse e che egli avesse bisogno di queste mie nette precisazioni, per tagliar corto a qualche manovra -di fonte, probabilmente, francese -tendente a riavvicinare Serbia e Bulgaria (1).

(l) Annotatzione marginale: (< Farne una co1nunicazione per corriere riservatissima a Parigi Londra Madrid Tangeri , .

41

PROMEMORIA DEL MINISTRO ALOISI PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 3 marzo 1927.

Consolidatici politicamente ed economicamente in Albania occorre prendere tutte le misure atte ad impedire che essa possa sfuggire al nostro controllo politico ed economico. Esse sarebbero:

Dal punto economico:

l) Creare una linea di traffico giornaliera che è destinata a incanalare fatalmente tutta la vita albanese verso Bari la quale dovrebbe diventare pertanto oltre che la capitale morale, come gli albanesi amano dire, la effettiva base dell'Albania (2).

2) Creare immediatamente i servizi di aviazione che dovranno collegare Bari e Brindisi con Scutari Durazzo e Valona ed allacciarsi in queste città al servizio aereo albanese (recentemente da noi accaparrato) per proseguire poi sulla Grecia e sulla Bulgaria.

3) Preparare fin d'ora tutto il piano finanziario per lo sfruttamento agricolo della Musacchià.

4) Idem per la pesca sulle coste e laghi albanesi.

5) Idem per il prosciugamento del lago Malik e sfruttamento agricolo della regione di Koritza. Dal punto di vista militare: l) Organizzazione metodica dell'esercito albanese mediante ufficiali e materiale italiano fino a fargli raggiungere la forza di due divisioni (3). 2) Organizzazione della Marina. Dal punto di vista politico:

l) Trattative con i cattolici di Scutari per ricondurli a una attitudine meno intransigente verso il patto di Tirana e Zogu. Ciò è possibile distribuendo meglio e aumentando i sussidi annuali al Clero dati dal R. Governo.

2) Affrettare la conclusione del concordato fra l'Albania e la Santa Sede.

3) Tentativi per la costituzione in Albania della Chiesa Unita di rito orientale. 4) Riavvicinamento degli ortodossi all'Italia. 5) Affinchè la Banca Nazionale d'Albania e la Svea possano effettiva

.mente diventare delle armi efficaci al servizio della politica italiana occorre che la Banca Nazionale d'Albania possa essere in grado nei primi anni di sopportare tutte le perdite finanziarie inerenti e necessarie per imporsi sul mercato. Attualmente la Banca non è bene accetta nè agli ambienti commerciali nè a quelli governativi. Le cause di questo stato di fatto sono molteplici e bisogna affrontarne fin d'ora l'esame per prendere d'urgenza i provvedimenti atti a rendere la nostra politica bancaria in Albania consona alla azione del

R. Governo. Il presidente Zogu domanda che la Svea divenga addirittura una società alle dirette dipendenze del R. Governo. Egli domanderebbe nello stesso tempo che la durata della convenzione del prestito della Svea venisse portata da 40 a 45 anni però con tre anni di moratoria da aggiungersi ai due già avuti; ciò per rendere possibile all'Albania nei primi 5 anni di risollevarsi economicamente.

Per la Banca Nazionale d'Albania Zogu domanda che vengano al più presto sistemati gli ultimi dissidi sorti fra essa ed il Governo albanese.

Il presidente Zogu richiede inoltre a S. E. il Capo del Governo in caso ài una nuova insurrezione sul tipo di quella avvenuta ultimamente nella regione di Dukagini, di avere a disposizione la somma di l milione di franchi oro.

Per portare a compimento tutte queste varie questioni e quelle eventuali avvenire che potranno sorgere occorrerebbe a mio subordinato avviso che il R. Governo pensasse fin d'ora a costituire una specie di fondo albanese sul quale dovrebbero gravare tutte le spese inerenti all'Albania (spese militari, di rivoluzione, aiuti all'erario, paghe militari e sovvenzioni diverse) e poichè senza alcun dubbio Zogu e il Governo albanese ricorreranno al R. Erario in avvenire per i loro bisogni, sarebbe opportuno di pensare fin d'ora ad una nuova operazione finanziaria della quale il Governo albanese dovrebbe beneficiare annualmente secondo i desideri del R. Governo e che dovrebbe ipotecare ad esclusione di altre Potenze al di fuori di noi le ultime sorgenti di ricchezza albanese, quali petroli, le decime ecc.

Proporrei cioè di prevenire fin d'ora i prossimi ed inevitabili bisogni finanziari dell'Albania per poter escludere qualsiasi ipotetico intervento straniero.

Dal punto di vista interbalcanico mi permetto attirare particolarmente l'attenzione dell'E. V. sui seguenti provvedimenti tutti destinati a prevenire un ritorno offensivo della Jugoslavia contro la nostra politica:

l) Associazione in minoranza del capitale greco alla Banca Nazionale d'Albania ed alle concessioni economiche da noi ottenute o che otterremo dal Governo albanese, associando cioè la Grecia sotto la nostra direzione al risollevamento economico dell'Albania.

2) Eventuale associazione del capitale bulgaro sotto le stesse condizioni. 3) Opportune intese colla Bulgaria per i bulgaro-macedoni nel caso che la Jugoslavia proclamasse l'autonomia del Kossovese.

4) Opportune intese col Comitato kossovese in previsione che la Jugoslavia accordi l'autonomia alla regione di Kossovo. 5) Questione kutzovalacca.

(l) -L'appunto fu trasmesso a Piacentini (t. gab. 378 bis/62, 4 marzo. ore 18) con la seguente aggiunta: « V. S. ha ora elementi per accertare se mia supposizione concernente manovra di riavvicinamento serbo-bulgaro è in atto o in progetto e per agire in conseguenza secondo mie direttive esposte molto energicamente al Radeff stesso». (2) -Annotazione marginale di Mussolini: « Parlare con Ciano ». (3) -Annotazione marginale di Mussolini: «Sì».
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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 599/20. Vienna, 3 marzo 1927 (pe1·. iL 6).

Fiduciario di ricco ed energico industriale di mia conoscenza è venuto confidarmi in gran segreto che questi, avendo letto nei giornali viennesi arrivo segretario generale dei fasci all'estero, Di Marzio, desiderava che io facessi conoscere al Di Marzio, che i partiti borghesi si stanno dando qui molto da fare per ordinarsi e combattere efficacemente socialisti nelle prossime elezioni. Desiderava sapere altresì se, dato nostro interesse politico che, in uno stato di confine, socialisti non siano così potenti, partito fascista italiano avrebbe potuto mettere fondi a disposizione questi comitati elettorali borghesi; malgrado Alto Adige, simpatie borghesia austriaca per fascismo sono maggiori non si creda.

Gli ho risposto che avrei comunicato sua conversazione a Di Marzio. Che da mia parte ignoravo di quali fondi disponesse partito fascista, ma che dubitavo che esso, pur considerando con simpatia sforzi borghesia austriaca, volesse, anche potendo, destinarne in qualche misura alla campagna elettorale austriaca. Se un altro stato vuole seguire come che sia esempio Italia nella sua lotta contro socialisti deve, secondo abbiamo fatto noi, trovare in se stesso mezzi di liberazione. Fascismo ha guarito Italia ma non vuole essere medicina da esportazione anche perchè a malati diversi non sempre si convengono stessi rimedi. Inoltre dato e non concesso che partito fascista, potendo avesse voluto accogliere richiesta, non vi sarebbe stata a mio avviso alcuna garanzia che si riuscisse mantenere segreto in un paese come questo ove presto o tardi quasi tutto si viene a sapere: fuori d'Italia, ne sarebbe stato danneggiato il fascismo; entro Austria sua stessa borghesia.

Ho creduto opportuno mantenermi riservato e prudente nella risposta alla persona che mi parlava anche perchè non si può mai sapere dove andranno a finire, per successive ripetizioni, le mie parole: i socialisti si compiacciono affermare per scopi elettorali che fascismo appoggia borghesia austriaca e sarebbero felici di averne qualche prova, sia pure verbale o di ultima mano.

Non ho poi aggiunto al mio interlocutore un'altra ragione del mio freddo accoglimento alla sua proposta, e cioè che, fino a prova contraria, ho poca fiducia nella capacità reattiva della borghesia viennese e che non credo che qualche milione di lire compirebbe il miracolo di mutarla da pecora, non dico in leone, bensì solo in montone.

Ho ripetuto per sommi capi quanto precede al dott. Di Marzio che ha consentito con me nella mia risposta (1).

(l) Annotazione di Guariglia, in data 8 marzo: «È stato risposto ad Auriti convenendo sulle sue considerazioni ».

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI DI AMERICA E DI EUROPA

T. GAB. (P. R.) 198. Roma, 4 marzo 1927, ore 5.

È in atto una nuova ondata antifascista a base naturalmente di menzogne che vengono periodicamente rimbalzate da un centro all'altro. Vale la pena di fare la cronistoria di queste manifestazioni di stampa evidentemente organizzate. La prima ondata ebbe quale oggetto la malattia di Mussolini e le sue probabili conseguenze. Visto che Mussolini gode di perfetta salute la campagna di cui sopra inventò, amplificò ipotetici dissidi interni di partito e di contrasti fra Governo e partito e fra Federzoni e Farinacci. Essendosi manifestata la vanità di questo trucco venne mossa un'altra ondata, quella dell'imperialismo italiano che cerca affannosamente un pretesto per scatenare la guerra. Caduta anche questa menzogna di fronte alle concrete prove pacifiche offerte dall'Italia fu scatenata una quarta offensiva sul «terrore» fascista. Constatato che anche la nota del « terrore » non attaccava l'antifascismo internazionale ha montato la nuova macchina dei dissidi fra esercito e milizia, tra fascismo e corona. Anche questa costruzione di menzogne è destinata a crollare di fronte alla realtà. La realtà è che rapporti tra esercito e milizia sono ovunque di perfetto e fraterno cameratismo, che incidenti fra gli appartenenti a queste forze armate non ve ne furono mai nè a Genova nè altrove, che le relazioni fra fascismo e corona sono eccellenti, nè potrebbe essere diversamente; che il paese da quando Mussolini ha assunto il ministero dell'interno vive in una tranquillità laboriosa e disciplinata unica al mondo. Tutto quanto precede per conoscenza a V. S. (o V. E.) per opportuna norma di linguaggio e per le smentite che si rendessero necessarie.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 580/73. Addis Abeba, 4 marzo 1927, ore 19 (per. ore 3 del 5). Mio telegramma n. 60 (1). Ras Tafari, nel corso di una conversazione con mio collega di Francia, ha detto che sarebbe difficile per il Governo di Etiopia farsi rappresentare in Europa nota riunione questione armi e che egli avrebbe preferito questione fosse trattata qui. A me sembra invece che sarebbe assai più opportuno insistere su primitivo progetto ed evitare discussioni avvengano qui dove sarà assai più difficile raggiungere accordo, mentre in Europa questione può essere discussa nel quadro politica generale. Inoltre, data scarsa intelligenza ministro d'Inghilterra e sua

preoccupazione non urtare Ras Tafari in vista dei negoziati lago Tsana e abituale politica ministro di Francia, è prevedibile che rimarrei solo ad oppormi richieste

\l; T. gab. 481, 60 del 21 febbraio, che non si pubblica,

Abissinia che saranno certamente esagerate, ciò che sarebbe preferibile evitare nel momento attuale per ovvie ragioni. Se Governo di Etiopia, malgrado faccia parte Società Nazioni, non è in grado di farsi rappresentare riunione per discutere questione nella quale è maggiore interessato, tanto peggio per Abissinia. Sarà una dimostrazione di più delle arretrate condizioni di questo paese e della sconvenienza sua partecipazione quel consesso.

Ho insistito vivamente in questo senso col collega d'Inghilterra e ritengo averlo persuaso. Egli mi ha detto che, secondo le sue informazioni, R. Governo sarebbe più favorevole riunione avvenisse Parigi anzichè Ginevra. Ministro d'Inghilterra ritiene che, se riunione non avverrà Addis Abeba, sarebbe opportuno accordarsi per Ginevra dove Governo d'Etiopia è obbligato per una determinata epoca di farsi rappresentare.

Sarei grato a V. E. se mi telegraferà in proposito.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 578/71. Madrid, 4 marzo 1927, ore 5 (per. ore 7,45 del 5).

Ieri sera sono state inviate alla delegazione spagnuola a Parigi le istruzioni in base alle quali essa dovrà redigere la replica della Spagna al memorandum di risposta della Francia. Sembra che le istruzioni stesse rappresentino una ulteriore notevolissima riduzione delle pretese spagnuole. Non è stato possibile a nessuno conoscere anche approssimativamente termini delle istruzioni stesse. Persona autorevole, e che ha quotidiani contatti col presidente, mi assicura le trattative, dopo la risposta francese, hanno attraversato un momento difficilissimo e sono state assai vicine a una rottura. Primo De Rivera ha fatto il possibile nei giorni scorsi per trovare una formula che scongiurasse questo pericolo, preoccupandosi sopratutto delle sue ripercussioni sull'opinione pubblica e sulla politica interna. Le istruzioni sopra menzionate furono ieri inviate a Parigi dopo un lungo colloquio avuto dal presidente con questo ambasciatore d'Inghilterra, colloquio che, a quanto la stessa persona mi assicura, fu sollecitato dallo stesso presidente. Il mio informatore crede di sapere che, qualora non si riesca a trovare un terreno d'intesa tra Spagna e Francia, generale De Rivera si riserva, come ultima ratio, un allargamento della questione nel campo internazionale. Ciò coinciderebbe con l'accenno fatto dal presidente nel nostro colloquio del 26 febbraio e da me riferito nell'ultima parte del mio telegramma n. 63 (1).

Cfr. la seguente minuta di telegramma che reca l'annotazione marginale di Grandi " prematuro »: « (Per Parigi, Londra, Tangeri). II R. incaricato d'affari a Madrid ha telegrafato quanto segue: Riprodurre telegramma gab. n. 578/71 da Madrid. (Per tutti). Telegramma V. S.

n. 71. Prego V. S. spiegare Primo de Rivera che R. Governo avrebbe interesse e desiderio che questione Tangeri non venisse allargata nel campo internazionale ma mantenuta fra le quattro Grandi Potenze che hanno maggiori interessi mediterranei tanto più che un allargamento nel senso accennato primo ministro spagnuolo non lascia prevedere più facile una soluzione nel senso desiderato da codesto Governo , .

(l) T. gab. 529 j63. del 27 febbraio che riferisce in merito a un passo fatto presso il Governo spagnolo, su ordine di Mussolini, perchè anche l'Italia sia messa al corrente, insieme all'Inghilterra, sullo stato delle trattative franco-spagnole per Tangeri.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA

TELESPR. 210280/133. Roma, 4 marzo 1927.

Mi pregio inviare a V. S. copia di una relazione di un nostro informatore, sullo stato d'animo dei profughi albanesi in Italia e sui modi di influire sul loro atteggiamento (1).

Tutti gli sforzi nostri tendendo per ora verso una conciliazione interna albanese, per evitare cause di movimenti sulla frontiera Nord, ritengo che sia degna di esame l'idea dell'informatore di indurre il Signor Ahmed Zogu alla concessione di un'amnistia politica il cui effetto potrebbe essere di fare rientrare in Albania una parte almeno dei fuorusciti che saranno di altrettanto diminuiti nel gravare come minaccia sulla frontiera settentrionale, attraverso le sobillazioni e gli aiuti jugoslavi.

Ella è autorizzata a fare qualche accenno di ciò al Signor Ahmed Zogu per tastare il terreno, riferendomene l'esito.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DESIGNATO DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLIBARONE

L. 865. Roma, 4 marzo 1927.

Nella tua imminente andata a Ginevra, ove, per designazione di S. E. il Capo del Governo, assumerai l'ufficio di Vice-Segretario Generale della S. d. N. sono lieto di comunicarti alcune istruzioni di massima del R. Governo, in base ai quesiti da te formulati.

0 ) È ovvio farti presente la necessità di un tuo diligente e frequente contatto cogli uffici del Ministero per essere sempre informato dell'avviso del

R. Governo sulle questioni in discussione a Ginevra. Il servizio informazioni sulla Società Nazioni farà capo esclusivamente alla tua persona, e tu ne sarai conseguentemente il coordinatore e il responsabile.

2°) Circa le tue relazioni col personale italiano della S. N., e colla colonia italiana di Ginevra, eccoti alcune linee di massima: non credo che un tuo personale e intransigente isolamento dagli elementi tuoi subordinati, contrari al Fascismo, sia utile. Finchè non sarà risolta l'annosa questione del personale italiano alla S. N. bisogna far rendere come si può, ai fini italiani questo amalgama di gente, onde impedire, il più possibile, che facciano il maggior male. Se l'esperimento fallirà, allora si potrà adottare un'altra linea. Per ora insomma, avvicinarli per meglio sorvegliarli. Per quanto riguarda la colonia italiana a

Ginevra bisogna essere più precisi: i funzionari italiani della S. N. tessera ti

fascisti, non debbono assolutamente coprire cariche presso il Fascio locale. Vale, insomma, la regola per i funzionari dello Stato all'Estero, approvata dal Gran Consiglio.

Nello stesso modo il Fascio di Ginevra non deve immischiarsi nelle faccende della Società N azioni.

I Fascisti pensino alla colonia italiana, che ha molto bisogno di loro.

3°) Il R. Governo ti autorizza ad occuparti personalmente dell'affare Rocca per raddrizzarlo, possibilmente.

Resta inteso che se il Rocca saprà e potrà scolparsi delle accuse fattegli, nessuno gli farà del male e sarà trattato alla stregua di tutti i funzionari dello Stato.

A proposito di quanto sopra ho disposto una riunione nel mio Gabinetto fra Te e il dott. Cornelio Di Marzio, per una intesa concorde nei mezzi e nelle finalità da raggiungere.

4<>) Niente viaggio di Thomas in Italia. Il Signor Thomas faccia anzittuto cessare la gazzarra consueta che si verifica in tutte le Conferenze internazionali del lavoro a proposito del riconoscimento dell'organizzazione corporativa italiana.

5<>) Il R. Governo concorda nell'utilità di avere in luogo di due o tre funzionari minori (il Rocca, il Catastini, il Righetti ad es.) negli uffici del Segretario, il posto del Direttore della Sezione giuridica presso la Società Nazioni, sezione che pare verrà tra non molto istituita, e a capo della quale potrebbe bene essere chiamato il comm. Pilotti (1).

(l) Manca.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO, PRIMO DE RIVERA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Traduzione)

L. Madrid, 4 marzo 1927.

La coraggiosa, precisa e chiara risposta data da V. E. al nostro Ambasciatore, Conte de la Vifiaza, in occasione della visita fattaLe per salutarLa in mio nome, ed informarLa del corso dei nostri negoziati con la Francia, relativamente alla questione di Tangeri (2), mi ha vivamente impressionato, accrescendo la mia gra

-o senza l'assenso francese, tale atteggiamento della Spagna ha provocato l'invio di istruzioni nello stesso senso a questo ambasciatore di Francia.

Il Signor Besnard è infatti venuto il mattino del 5 corrente a Palazzo Chigi, ma senza entrare in merito ai negoziati si è limitato a dare informazioni generiche e vaghe, pur dichiarando che il Governo francese ci terrà al corrente dello svolgimento delle trattative •.

titudine ed il mio rispetto verso il Capo del Governo Italiano, che tanta prova

ci dà del Suo affetto e della simpatia con la quale tien dietro allo svolgersi del

nostro lavoro.

Certo è inesplicabile che la Francia pretenda, in nome della ragione e del

diritto, di crearsi in Tangeri una situazione predominante, essendo chiaro il di

ritto della Spagna, per ragioni di ogni ordine, a reclamare come suo quel Paese,

quando si pensi agli importanti sforzi e sacrifici fatti per mantenere l'integrità e

la neutralità della zona annessa alla città di Tangeri.

Ma è meno spiegabile, tuttavia, che la Gran Bretagna non si opponga a que

sta tendenza francese, che, coll'andar del tempo e personalizzando e rafforzando

ogni volta più la Francia la sua posizione a Tangeri, avrà per risultato che l'In

ghilterra si trovi di fronte ad un vicino molesto allogato nel proprio Stretto di

Gibilterra, così importante per la vita britannica.

Pur tenendo conto della cordialità dei rapporti franco-spagnoli e della tem

peranza di linguaggio che la diplomazia esige, sto mantenendo con fermezza il

punto di vista spagnolo, così chiaramente compreso da V. E., oppure, disgiun

temente, quello di un'amministrazione completamente internazionale e neutrale;

cioè estranea, nella sua composizione e funzionamento, a tutti i Paesi diretta

mente od indirettamente interessati allo Stretto, al Marocco ed anche allo stesso

Mediterraneo: ciò che, credo, costituirebbe tale una garanzia da evitare future

complicazioni, e la maggior prova di imparzialità e disinteresse da parte della

Spagna.

Certamente la Francia non accoglierà tale soluzione con la stessa sincerità . con la quale noi la proponiamo, e l'Inghilterra, un po' negligente del suo interesse in tale materia, tampoco si adopererà per indurla a tale accoglimento.

L'ultima soluzione, in definitiva, sarebbe di studiare le proposte che potrebbe

fare la Francia in risposta alle nostre domande: proposte che se sono insignifi

canti e di mero dettaglio, non meriteranno la pena di essere prese in conside

razione. Ma se esse sono essenziali e facilitano la nostra missione in Tangeri e

nel Protettorato, rafforzando la nostra autorità di fronte agli indigeni (che nella

situazione attuale ci creano imbarazzi nel territorio della nostra propria zona)

sarebbe allora il caso di pensare se, come misura provvisoria, non potremmo in

durci a giungere, dopo che siano trascorsi dieci anni, alla denuncia completa

dello Statuto.

Mi affretto a comunicare a V. E., sicuro di farLe cosa grata, che la situazione

interna della Spagna è ogni giorno più ferma, diminuendo il numero degli avver

sari al regime attuale, combattuto soltanto da politicanti professionali, e neppure

con violenza e coraggio, sapendo essi che l'opinione pubblica li ripudia.

Nel campo economico abbiamo avuto un successo molto lusinghiero, con il

consolidamento in Debito ammortizzabile in 50 anni di 5 miliardi di pesetas,

costituenti finora un debito fluttuante a prossime scadenze.

Come è noto a V. E., ho il progetto di costituire un'Assemblea Nazionale

Rappresentativa, da sostituirsi al Parlamento, di così funesti risultati per la

Spagna, e ad essa saranno presentati, a suo tempo, i progetti per una nuova com

posizione organica dello Stato, in molti aspetti coincidente con quella che V. E.

sostiene ed attua. Giacchè, indubbiamente il liberalismo ed il parlamentarismo,

così come l'intendono la generazione attuale, sono incompatibili con ogni prospe

rità del Popolo, desideroso di essere governato con fermezza, equità, ed efficacia; tutte cose contrarie alle conventicole dei gruppi parlamentari, rappresentanti in generale di interessi illegittimi, ed ai compromessi che da tali gruppi erano imposti ai Governi che intendevano vivere di accordo con essi.

Il compito è rude ed il lavoro estenuante: però, per fortuna, Iddio mi dà la forza per sopportarlo, circondato da un Governo di uomini fedeli, intelligenti ed attivi, e di un aiuto straordinario per me.

Non voglio chiudere questa lettera, senza rinnovare a V. E. l'attestato della mia soddisfazione per il Suo atteggiamento di fronte alla Spagna, nè quello della mia ammirazione per la grande opera di valore mondiale di cui V. E. viene ad essere il direttore spirituale, e dai cui principi fondamentali tanto bene può derivare alla Spagna.

(l) -Annotazione marginale di Mussolini: «Approvo •· (2) -Cfr. n. 39. Cfr. anche quanto comunicava Grandi a Londra, Madrid, Parigi e Tangeri il 6 marzo con t. gab. rr. per corriere 396: « Successivamente, in data 4 corrente, questo ambasciatore di Spagna mi ha diretto una lettera confidenziale nella quale, dopo avermi ringraziato, a nome di De Rivera, per le mie dichiarazioni, mi ha confermato la resistenza opposta dal Governo francese a che R. Governo fosse tenuto al corrente del corso dei negoziati di Parigi. De la Vifiaza ha aggiunto che, avendo Governo spagnolo dichiarato al Quai d'Orsay che esso avrebbe con leale franchezza informato il Governo italiano di tale andamento, con
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 587/283/179. Parigi, 5 marzo 1927, ore 24 (per. ore 5 del 6).

Telegramma di V. E. n. 1426/203 (l)

Invio giornalmente resoconto camera deputati discussione leggi militari le quali si svolgono in una atmosfera ben diversa da quella che presiedette agli accordi di Locarno, dei quali rimangono le parole mentre del famoso spirito che doveva uscirne si vanno compiendo in queste sedute i riti funebri. La camera dei deputati tutta, socialisti compresi e debole opposizione dei comunisti, avrà, con la [discussione] in corso, manifestato la volontà di voler mantenere egemonia nell'Europa con la sua forza militare. Tali caratteristiche dei progetti hanno invano cercato di attenuare Paul Boncour e Painlevé legandoli alla Società delle Nazioni e riaffermando le pacifiche disposizioni della Francia.

Invero importanza della legge sta invece nel fatto che essa si basa sopratutto sulla volontà totale della Francia di prendere le armi in caso di guerra. Ciò potrebbe rappresentare il punto debole dei progetti stessi se la presente discussione ed il passato della Francia non stessero a dimostrare che una siffatta aspettativa non sarebbe vana. Il soffio di patriottismo che invade oggi questo paese pur così provato dall'ultima guerra dà corpo a tutta la parte dei progetti che potrebbero apparire come una formazione della filosofia della guerra. Le altre parti che principalmente a prima vista ne rappresentano la pratica applicazione sono l'istituzione del consiglio della difesa nazionale; i diritti affidati al potere esecutivo di procedere alla mobilitazione totale o parziale; e la decisione lasciata al Governo di organizzare le frontiere sotto la propria responsabilità. Per ciò che riguarda la mobilitazione parziale è sintomatica la modificazione portata alla parte dell'articolo 2 (che riguarda la mobilitazione nazionale) come pure la dichiarazione fatta a tale riguardo da Painlevé. La mobilitazione parziale può essere

ordinata cioè sia nel caso di aggressione manifesta sia «nel caso di preparativi caratteristici di aggressione, dandone parte alla Società Nazioni».

L'organizzazione delle frontiere non riguarda poi esclusivamente la Germania ma anche l'Italia. L'Italia infatti è stata sempre presente in questo dibattito e quando, per la sciocca allusione di Renaudel a V. E. il presidente della camera intervenne per richiamarlo all'ordine, fu parlato non più come una volta dell'Italia come di una nazione amica, ma come di una nazione vicina. Il presidente del consiglio, esortato da alcuni elementi di destra a protestare contro le parole di Renaudel, dichiarò che la polizia della camera competeva al presidente di questa mentre in altri tempi lo stesso Herriot, presidente del consiglio e ministro affari esteri, si levò per reprimere simili sconvenienze. Oggi l'Echo de Paris, organo di Poincaré, porta un articolo tardivo scritto da Pironneau contro l'intemperanza socialista.

Con la chiusura della discussione e l'approvazione dei progetti militari, si aprirà una era di maggiore armamento nascosto in tutta Europa e la pace dipenderà nuovamente da un equilibrio di forza. La Francia ne avrà dato l'esempio esigendo un disarmo totale della Germania mentre armava segretamente la Polonia e la Cecoslovacchia ed ora molto alacremente la Jugoslavia. Rimarrà alla Francia la responsabilità di mantenere, ossessionata dal pericolo della Germania, divisa nuovamente l'Europa in due campi e [aver] messe le basi della nuova guerra. All'Italia in questa situazione non è data altra scelta che di intensilìcare anche essa rapidamente i suoi armamenti, solo modo per arrestare eventuale velleità di sopraffazione e fare rinascere il desiderio del nostro concorso e della nostra collaborazione, ora attenuato da un sentimento di momentanea superiorità sulle nostre forze e da una relativa sicurezza finchè le truppe francesi resteranno sul territorio tedesco (1).

(l) Di piccola registrazione, spedito il 4 marzo: richiesta della relazione della discussione alla Camera francese sulle leggi militari.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. RR. 392. Roma, 6 marzo 1927, ore 6.

Prego anzitutto informare Bethlen che sta benissimo sua partenza per Roma 2 aprile. Rimango naturalmente in attesa conoscere dettagliatamente sue intenzioni anche circa durata soggiorno Roma per stabilire definitivo programma. V. E. vorrà ragguagliarmi tempestivamente. Ella potrà dire a Bethlen che sarò lieto conferire con lui circa problemi politici che possono interessare Ungheria ed Italia.

Quanto al trattato da concludere a Roma, mentre attendo suo progetto avverto V. E. per opportuna sua norma di linguaggio che nostri accordi di Rapallo e Roma e convenzioni annesse sono sempre in pieno vigore. Converrà

quindi studiare con molta ponderazione eventuali formule tendenti a stabilire reciproche consultazioni e perciò le raccomando di lasciare impregiudicata tale questione che dovrà essere sottoposta anche ad esame giuridico (1). Mi tenga al corrente delle sue ulteriori conversazioni.

(l) Il telegramma venne comunicato a Badoglio, a Ferrari, ai Ministeri della Guerra, Marina e Aereonautica.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 595/204. Belgrado, 6 marzo 1927, ore 21 (per. ore 24).

Signor Rakich lascia oggi Belgrado per raggiungere sua nuova residenza di Roma, ove giungerà giovedì della prossima settimana, avendo egli deciso arrestarsi alcune ore a Zagabria ed a Venezia. Non è esagerato dire che accompagnano nuovo ministro i voti della più parte dei serbi, dagli uomini politici più in vista alle classi più umili. L'emozione che ha seguito patto di Tirana e che è andata crescendo ad opera di questa stampa a base di notizie false e tendenziose, il timore di complicazioni guerresche che gli ambienti militari hanno esagerato ad arte, hanno ormai prodotto nella parte sana della nazione serba un desiderio non più dissimulato di uscire da questa penosa situazione. Ciò tanto più che questo popolo primitivo, amante di gesti forti, ma anche profondamente sentimentale ha sempre avuto, ed oggi ha più che mai, ammirazione per l'opera e la persona di V. E., [pur] attraverso i frizzi e le apostrofi spesso insolenti della stampa, attraverso le concioni sconclusionate di Radich, quelle verbose di Pribicevich e degli altri capi partito e alla Scupcina, dove troppe volte è ricorso e ricorre il nome di V. E. perchè il popolo non lo abbia impresso nella memoria. E dal novembre scorso ad oggi un elemento ..... (2) che getta negli uomini politici e nelle masse la maggior costernazione, è appunto quello che le relazioni fra V. E. ed ..... (2) erano interrotte, del fatto che davano a

V. E. ragione. Ciò spiega ora la enorme aspettativa per la partenza di Rakich, il quale è accompagnato dai voti della nazione serba, come nessun altro ministro lo fu mai. V. E. sa che prima 1914 vi era sempre la Russia protettrice assidua ed amorosa, e nei momenti più critici l'ombra della grande madre rincorava i piccoli figli slavi dei Balcani. Ma oggi i serbi si sentono isolati e minacciati, e se da una parte fremono e attraverso gli esponenti militari minacciano, dall'altra ed in più grande e sentita misura implorano e sarebbero felici di poter domani svegliarsi colla notizia che l'Italia di oggi li ricopre di nuovo della sua protezione. E tale aspirazione re e popolo serbo hanno chiaramente voluto dimostrare inviando a Roma non solo quanto di meglio hanno in diplomazia, ma il loro più grande poeta vivente, cantore della malinconia slava e risuscitatore

~ -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

dell'epopea chiusasi a Kossovo. Rakich nativo del sud della Serbia, che come

V. E.. potrà rimarcare ha il tipo prettamente macedone, è uomo simpatico, colto, piacevole nel conversare ed oltre che letterato anche musicista. Appartiene al partito democratico di Davidovich che, sebbene meno numeroso del radicale, ha il vanto di essere quello che raccoglie maggior numero galantuomini, il che non è poco in questo paese. È accompagnato dalla sua signora che alla grazia della persona unisce signorilità e largo censo. Anche per ragioni sociali non v'è dubbio che dalla fine della guerra ad oggi Rakich sarà il primo ministro S.C.S. che rappresenterà degnamente il suo paese nella capitale d'Italia.

(l) -Risponde al t. gab. 537 j71, Budapest 28 febbraio: Bethlen «si proporrebbe... presentarmi prossimamente un abbozzo trattato ma, intendendo pure aggiungervi clausola riguardante reciprocità consultazione per le questioni di maggiore interesse, egli desidera conoscere prima se i nostri accordi Rapallo e di Roma e le convenzioni annesse sono sempre in pieno vigore, temendo che in caso di eventuali questioni interessanti rapporti ungheresi jugoslaviItalia si troverebbe poi obbligata a consultarsi contemporaneamente con Belgrado Budapest.Così dicasi nei riguardi Praga ed anche Bucarest •. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 81 (1). Bucarest, 6 marzo 1927, ore 21 (per. ore 2 deL 7).

Ho comunicato stamane a generale Averesco telegramma di V. E.

n. 387/79 (2). Averesco profondamente commosso, mi disse che non aveva mai dubitato un solo istante della «parola di Mussolini »; che questa decisione, dovuta esclusivamente a netta e coraggiosa chiaroveggenza dell'E. V., ridonderà a sicuro profitto non solo della Romania ma anche dell'Italia, e che infine egli Averesco rimane più che mai devoto convinto amico del nostro paese.

Siamo rimasti intesi di mantenere il più assoluto segreto sino mercoledì mattina, cioè sino momento in cui Averesco annunzierà ratifica a consiglio dei ministri convocato appositamente e si recherà poi subito dal re per darne ufficialmente comunicazione a S. M. Contemporaneamente giornali ufficiosi divulgheranno notizia a mezzo edizione straordinaria.

Dopo il consiglio dei ministri Averesco telegraferà direttamente a V. E.

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IL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 653/249. Durazzo, 6 marzo 1927.

La situazione generale politica dell'Albania, dagli elementi che ho potuto raccogliere in questi giorni, mi sembra possa riassumersi come segue:

Il Governo di Ahmet Zogu si sente ed è fortissimo all'interno. Non perchè esso si appoggi sul consenso del popolo, che dappertutto manifesta anzi inequivocabili segni del suo malanimo, ma perchè esso tiene il paese con un pugno di ferro. Il trattato di amicizia con noi ha senza dubbio aumentato il prestigio e la forza di Ahmet Bey Zogu essendo egli ritenuto ora saldamente appoggiato

dal R. Governo, ma non gli ha conciliato nessun animo ostile, seppure non gli abbia anzi procurato nuove avversioni.

Ahmet Bey Zogu ci è in questo momento sinceramente e fortemente legato. Non fondo questo giudizio sulle dichiarazioni politiche che per suo ordine mi ha fatto il 26 Febbraio qui a Durazzo, il Ministro degli Esteri (mio telegramma

n. 175 (l) nè su quelle altrettanto ferme e precise che mi ha reiterato in un colloquio avuto ieri con lui. Ho avuto però modo di constatare in Ahmet una intima confidenza, assolutamente insolita ai suoi metodi, e alla sua natura stessa di principotto musulmano delle montagne.

Con ciò non voglio affermare che lo avremo sempre fedele e non saprei nemmeno escludere che le mene di elementi infidi, come Zeno Bey e come Malo Bey Bushati (che sono a volta a volta, e spesso contemporaneamente, uomini di fiducia di Ahmet in Yugoslavia, e agenti provocatori della Jugoslavia in Albania) riescano ad attrarlo, o a comprometterlo, in qualche intrigo ai nostri danni.

Oggi però tutto lascia ritenere che la Jugoslavia non sia ancora riuscita, attraverso la pressione che sta esercitando su tutta la frontiera e non ostante gli adescamenti di intermediari di sua fiducia a indurre Ahmet a negoziare, e difatti il Presidente albanese spinge con fervore i suoi preparativi di resistenza alla temuta, e da taluni aspettata, invasione delle bande composte di irregolari perfettamente inquadrati che al momento opportuno compariranno sul confine albanese.

Il piano serbo è di una estrema semplicità: attrarre, possibilmente, le forze di Ahmet su di un solo punto, spingersi profondamente in territorio albanese in vari settori, raccogliere intorno alle bande tutti i malcontenti locali, trasformare l'invasione dall'esterno in una rivoluzione interna, far proclamare uno

o possibilmente più governi provvisori regionali che invochino l'aiuto jugoslavo, e, infine, al primo sbarco di truppe italiane, e probabilmente anche prima, agire prontamente con forze regolari nello Scutarino allo stesso titolo previsto dal nostro trattato di sicurezza. Il nuovo regime dichiarerebbe come primo suo atto la decadenza di tutte le convenzioni economiche con l'Italia.

Sembra incredibile che la Serbia non ostante siasi così gravemente compromessa nel 1913 con la sua resistenza ad abbandonare l'Albania, nel 1920 con l'invasione del confine orientale, nel 1924 con la spedizione di Ahmet, nel 1925 con la rivolta di Dukagjini, si prepari oggi con sovrano dispregio di ogni remora internazionale a ripetere una ennesima volta il suo giuoco! Ciò si spiega col fatto che gli uomini di Belgrado si sentono sicuri che nessuna Potenza Europea si farà parte diligente per smascherare il suo giuoco, e sono soprattutto convinti che ogni eventuale compromissione della Jugoslavia sarà largamente sanata e superata da nostri sperati errori di valutazione internazionale, che essa sfrutterebbe, con l'aiuto della stampa straniera normalmente a noi avversa.

Sebbene io non abbia decisivi elementi di giudizio, mi pare però di avere capito che questo Governo si è messo a sua volta il problema del modo di

conseguire il nostro appoggio, senza esporsi alla eventualità che la Jugoslavia tenti un'azione parallela a quella che l'applicazione del trattato di Tirana ci inducesse a compiere. Sarei portato d'attribuire a tale preoccupazione alcuni strani, equivoci accenni fattimi nei giorni passati da due Ministri, uno dei quali, sia pure in modo assai reticente, mi ha tuttavia fatto supporre che egli pensava o sperava nella possibilità che l'Italia, venendo turbata la pace interna dell'Albania, lasciasse ristabilire l'ordine da nostri elementi volontari, anzichè intervenire con il suo esercito regolare.

Quale probabilità di rovesciare il regime abbia un movimento rivoluzionario suscitato e inquadrato da forze provenienti dal di fuori, dipende da molteplici elementi, di cui due, che sono forse i più importanti, sfuggono a chi vede la situazione di qui: e cioè il numero degli irregolari che invaderebbero l'Albania e le scorte di armi, munizioni, e mezzi logistici di cui essi potrebbero eventualmente disporre.

Un elemento di grave incognita è poi la fedeltà dei capi delle forze irregolari al servizio di Ahmet. Corrono voci assai contraddittorie, dalle quali sembra doversi desumere che Ahmet non possa più contare sui più abili capi delle bande che lo condussero nel dicembre 1924 a Tirana. Non solo egli li sta allontanando, ma alla vecchia organizzazione di irregolari sta sostituendo una organizzazione completamente nuova, a cui presiederà uno dei più influenti capi della famiglia dei Toptani (Hamid Bey) che si è riavvicinato (sinceramente?) ad Ahmet solo in questi ultimi tempi.

In quanto all'esercito regolare ed alla gendarmeria, può dirsi che oggi per la prima volta un Governo Albanese può contare su tali forze. Trattasi di sette o otto mila uomini abbastanza bene istruiti, comandati da capi che ritengo fedeli ad Ahmet, e che possono essi stessi contare sulla fedeltà dei loro uomini. Credo quindi che l'esercito si batterà e si batterà bene: forse per la prima volta si avranno in una rivoluzione albanese dei veri scontri, mentre finora il partito che si riteneva meno forte ha sempre ceduto il campo, sbandandosi senza combattere, dinanzi a forze preponderanti.

Ottima prova faranno le poche batterie di artiglieria, mirabilmente organizzate dalla nostra missione il cui prestigio ha raggiunto un altissimo grado.

Comunque, se lo sforzo della Jugoslavia sarà imponente per numero di invasori e per ricchezza di mezzi, molte probabilità sono a suo favore perchè essa avrà la scelta del tempo, e dei luoghi dell'attacco, e potrà contare sul malcontento locale, e forse, come ho detto, sulla infedeltà di taluni dei capi di Ahmet.

Ahmet, a sua volta, ha a suo favore un elemento di primo ordine, e cioè

la fedele amicizia del R. Governo che non gli lesina i mezzi per prepararsi alla

difesa. Egli si rende conto della nostra generosità, e moltiplica i suoi appelli.

In quanto ad aspettarcene eterna gratitudine, questo è un altro discorso.

Da tutto quanto ho esposto dovrebbe risultare, spero chiaramente, il mio

preciso pensiero che, se la Jugoslavia sferrerà l'azione (e questa potrebbe essere

assai prossima) la sicurezza del regime rischierebbe di correre un assai grave

pericolo.

Finita questa parte espositiva, dovrei probabilmente fare qui punto, e

non spingermi in un campo che forse esula dalla mia diretta competenza. Ma

io mi lusingo che un giudizio sulla eventuale nostra azione di fronte alle possibili complicazioni albanesi, giudizio che viene da chi ha l'onore e la responsabilità di reggere questo ufficio, possa comunque attirare un istante l'attenzione di V. E.

Non celo anzitutto a V. E. che io vedo con estrema preoccupazione un nostro diretto intervento in Albania. A parte le possibili complicazioni di carattere internazionale, che solo l'E. V. ha la possibilità di valutare, io devo fare presente che nell'eventualità da me sopra prospettata di un collasso della resistenza da parte delle forze di Zogu le nostre truppe si troverebbero automaticamente non più in funzione di chi garentisce, in forza di un trattato e per obblighi da esso derivanti, la sicurezza e l'integrità del paese, bensì in veste di chi combatte contro la sua libertà. Al momento del collasso dell'attuale Governo, non sarebbe improbabile che l'Albania si rivoltasse contro di noi: è assai triste, ma è altrettanto doveroso da mia parte segnalare a V. E., che mentre l'Albania, non più tardi di ieri, ha provato il bastone austriaco, ed ha avuto tutte le sue più fiere regioni montane saccheggiate dai serbi, ed ha sofferto da parte dei greci, nelle regioni di Koritza ed Argirokastro, atrocità di cui non c'è esempio nella storia di molti popoli (donne, bambini e vecchi venivano riuniti nelle moschee a cui i greci appiccavano il fuoco) e mentre poi d'altro lato non si ricordi, a testimonianza degli uomini più rappresentativi e dei patriotti più accesi da me interrogati, un solo esempio di maltrattamento da parte dei soldati italiani dell'esercito d'occupazione o un solo furto, o un solo stupro, tuttavia questo popolo che non ha mai combattuto unito contro i serbi perchè li teme, che mai ha combattuto contro la Grecia di cui ha sperimentato la ferocia, è insofferente di un solo straniero: di noi! Se poi Ahmet, mediante il nostro concorso diretto, fosse in grado di resistere all'attacco, noi avremmo comunque trovato dinanzi alla baionetta ed al piombo italiani non i serbi, ma petti albanesi, con nuovo lievito di odii, per questa e per la generazione futura, compromettendo irrimediabilmente ogni nostro programma di pacifica penetrazione economica in questo paese.

Non intendo con ciò sostenere che in nessun caso l'Italia debba intervenire in Albania. Non essendo umanamente prevedibile quali aspetti potrà assumere la situazione generale, domani o fra cinque anni, sarebbe assurdo determinare una linea negativa di condotta, soprattutto quando un trattato, inspirato da supremi nostri interessi, ci impone certi obblighi.

Ho voluto soltanto indicare alcuni dei pericoli di una nostra azione, e c1o al solo scopo di portare un nuovo contributo a quegli argomenti, per certo assai forti, che già esistono e che consiglierebbero di evitare, in qualche modo, che l'esasperazione oggi prevalente in Jugoslavia la determini a condurre a compimento quel piano che tanti sintomi mostrano essere in avanzata preparazione.

Non astante tutto, io non credo che la Jugoslavia si appresti a giuocare proprio a cuor leggero una carta così gravida di conseguenze internazionali, come è quella di provocare il turbamento dello status qua politico, giuridico e territoriale dell'Albania, oggi che esso è garantito da un trattato. Esitazioni, dubbi, incertezze non possono mancare nei dirigenti dello Stato Trino, onde io mi domando se non possa verificarsi, o essere provocato, qualche fatto nuovo che, prima sia pronunziata l'estrema decisione, muti il corso degli eventi.

A parte gli imponderabili elementi, o imprevedibili avvenimenti della politica interna jugoslava, e a parte una salutare resipiscenza che faccia all'ultimo istante prevalere la ragione sulla esasperazione, è evidente che un'apertura di negoziati e uno sperato accordo con noi, o un'apertura di negoziati ed uno sperato accordo con l'Albania, potrebbero appunto costituire un diversivo al preqipitare della situazione.

Non sta a me intrattenermi sui rapporti itala-jugoslavi, e quindi sorvolo la prima parte.

Circa un possibile accordo tra l'Albania e la Jugoslavia, mi riferisco a quanto ho detto al principio del mio rapporto e cioè che io non ritengo esistano attualmente veri e propri negoziati, pur non escludendo che qualche intrigo venga condotto, con la conoscenza di Ahmet, da qualcuno dei noti agenti jugoslavofili.

Dato comunque il fatto che l'accordo tra l'Albania e la Jugoslavia non sembra in questo momento trovarsi nell'ambito delle possibilità vicine, e fatta salva l'influenza che potrebbe esercitare in materia il titolare del portafoglio degli Esteri che assume domani il suo ufficio, mi astengo altresì dall'esprimere a V. E. qualche mia riflessione circa l'atteggiamento che forse converrebbe all'Italia di prendere, ove abbia a presentarsi, a nostra insaputa, un'eventualità del genere.

Scartate, o quanto meno qui non discusse, le possibilità esistenti di mutare il corso degli eventi mediante una qualsiasi forma di negoziato, io mi domando se un provvidenziale punto di arresto all'attuazione del piano serbo diretto a sconvolgere la tranquillità interna dell'Albania non potrebbe essere rappresentato da una azione diplomatica a Belgrado, nell'atmosfera, o per lo meno, nello spirito, aleggiante da Ginevra.

La Serbia conta su nostri eventuali errori per far incappare l'Italia ed il nostro regime nel trabocchetto di Ginevra. Non è possibile prendere noi la iniziativa, e fare noi impigliare la Jugoslavia nelle maglie ginevrine?

Mi rendo perfetto conto della difficoltà, per noi, soprattutto per noi, di mettere in movimento l'enorme macchina ginevrina: o non ci riusciremmo o arriveremmo tardi ai fini che ci fossimo proposti. E difatti ho prima accennato allo spirito ginevrino, anzichè all'istituto ginevrino.

Credo tuttavia che ben studiata, perfezionata e completata da elementi che a me sfuggono, potrebbe forse iniziarsi una nostra azione diplomatica che, come prima tappa, facesse capo a Londra. L'Inghilterra, oltre ad essere la nazione che, per la crisi interna che la travaglia, e per le preoccupazioni della politica di estremo Oriente, sorveglia con più vigile sguardo la pace balcanica, cioè europea, ed è quindi la più interessata, oltre noi, a porre un fermo alla pericolosa azione serba, è anche la sola Nazione che si trovi in grado, per speciali circostanze, di essere informata, in maniera precisa, della gravità della situazione, se veramente grave essa è.

Si ricordi infatti che l'organizzatore dei servizi del Ministero dell'Interno albanese è un ex ufficiale britannico, il Colonnello Stirling, e che fra gli Ufficiali istruttori della gendarmeria albanese v'è un ex generale britannico, oltre a numerosi ufficiali provenienti anch'essi dall'esercito inglese. Tutti questi signori, se già non seguono passo per passo la preparazione di oltre confine, sono senza dubbia i meglio in grado per studiare e sorvegliare quanto sta accadendo.

Io mi sono già detto se non sarebbe per noi possibile ottenere che il Governo Albanese impartisca, di sua iniziativa, istruzioni ai detti ufficiali, che sono al suo servizio, di stendere precisi rapporti sulla situazione, rapporti di cui potremmo ottenere copia, e utilizzarli come preziosi documenti per limitare, con lo spauracchio di Ginevra, l'attività Jugoslava. Credo però che ci troveremmo dinanzi alla irriducibile ed incalcolabile diffidenza di Ahmet, il quale pur giuocando per sè e per l'Albania una partita che potrebbe essere mortale, temerà certamente di compromettersi in modo definitivo agli occhi della Jugoslavia, con l'esclusione così di ogni possibilità di futuri compromessi o intese. L'unico uomo, in ogni modo che potrebbe convincerlo a marciare sulla strada di cui sopra, è Gemil Dino, a cui l'E. V. potrebbe, se mai, far qualche cenno della cosa al di lui passaggio da Roma, di ritorno da Ginevra.

Ma, a parte questa nostra diretta azione su Ahmet, resterebbe forse aperta per noi la possibilità di insistere a Londra perchè l'Inghilterra, attraverso la sua Rappresentanza a Durazzo, compia un'inchiesta sulla situazione.

Non è beninteso agevole trovare modo di accennare a Londra alle fonti a cui utili informazioni potrebbero essere attinte (esse del resto vengono già normalmente date ed il Foreign Ofjice già le possiede) ma noi potremmo, dopo tutto, accontentarci che la Gran Bretagna convenga, in uno scambio di idee con noi, che la situazione sulle frontiere albanesi è gravida di pericoli, e non per ini~iativa albanese.

Mi rendo anche conto della difficoltà di intrattenere Londra su questo argomento, visto che noi ci siamo mostrati riluttanti al suo consiglio di trattare con Belgrado. Ma il nostro rifiuto di trattare se può spiegare, non può in alcun modo giustificare quanto la Jugoslavia prepara ai danni di questo paese e della pace europea.

In ogni modo io ritengo che se noi riusciremo a convincere Londra dei gravi pericoli, per tutti, che la situazione comporta, ciò costituirebbe un primo addentellato per una più larga azione diplomatica, che, tenuto conto di Parigi, potesse comunque rappresentare una «mise en demeure » per il Governo di Belgrado.

Anche se nulla scaturisse di concreto da questo agitarsi delle Cancellerie avremmo almeno ottenuto gli apprezzabili vantaggi di avere preso per i primi un'utile posizione, conforme allo spirito di Ginevra; di poterei se mai presentare a quel Supremo Consesso in veste di accusatori e non di accusati; e quello infine, nell'eventualità di gravi avvenimenti, di poter far funzionare, secondo l'opportunità delle circostanze, la dichiarazione di Parigi del 1921, o il trattato di Tirana, o entrambi questi preziosi documenti, che la politica italiana ha saputo assicurarsi per gli sviluppi della sua azione in Albania (1).

(l) -Il tel. non risulta inserito in nessuna delle raccolte telegrafiche. (2) -Del 5 marzo: ordine di comunicare ad Averescu che il consiglio dei ministri 1'8 marzo approverà il decreto legge per la ratifica del trattato sulla Bessarabia.

(l) T. gab. 514 jl75 del 26 febbraio, che non si pubblica.

(l) Annotazione marginale di Mussolini: «Interessante a) approvo conclusione b) agire su londra c) copia per gli Stati Maggiori»,

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PROMEMORIA DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROP A E LEVANTE, GUARIGLIA, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

RISEHVATISSIMO. ..... (1).

La Bessarabia venne occupata dalle truppe Rumene ai primi del 1918, su riehiesta del Governo locale e per ragioni tanto strategiche quanto di protezione contro la rivoluzione bolscevica. Sopravvenuta la vittoria dell'Intesa, nessun accenno a quel territorio fu fatto nei trattati di pace, malgrado le richieste della Rumania. Solo il 28 Ottobre 1920, Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone e Romania sottoscrissero a Parigi, senza partecipazione della Russia, un trattato che riconosceva la sovranità romena sulla Bessarabia, con impegno, fra l'altro, alla Romania di applicarvi le disposizioni del trattato per le minoranze, già da essa firmato a Parigi il 19 Dicembre 1919.

L'Ambasciatore degli Stati Uniti dichiarò allora (Parigi 8 Ottobre 1920) che il suo Governo non intendeva di intervenire, non approvando la politica di smembramento della Russia. La Russia subito protestò (29 Novembre 1920) di non poter riconoscere nessun accordo concluso senza il suo concorso.

Il Trattato (Art. 9) doveva entrare in vigore soltanto dopo il deposito delle ratifiche. La Gran Bretagna ratificò subito, la Francia solo nel marzo 1924: ambedue quegli Stati, prima di riconoscere il Governo dei Soviets. Il Giappone dichiarò che, trattandosi di questione essenzialmente europea, avrebbe ratificato solo dopo che lo avessero fatto tutti gli altri firmatari.

Per quanto concerne i rapporti diretti russo-rumeni, già prima del Trattato 28 Ottobre 1920 il Governo Rumeno aveva proposto alla Russia di esaminare le questioni russo-rumene in una Conferenza progettata in Londra nel 1920, circa le questioni in sospeso tra Russia e Stati limitrofi. Ma il Governo Russo opinò per trattare direttamente, nè la Conferenza di Londra ebbe più

luogo.

Dopo attivo scambio di vedute, la Romania finì coll'accettare poi una presa di contatto preliminare, solo per stabilire quali fossero le questioni da trattarsi fra essa e la Russia.

La riunione, progettata a Riga, si tenne in realtà a Varsavia (22 Settembre-25 Ottobre 1921) dove peraltro si riscontrò subito un dissenso fondamentale. A prescindere da asseriti sondaggi da parte russa per regolare la vertenza della Bessarabia prima su basi economiche e poi in cambio della neutralità romena nei conflitti tra la Russia e altri Stati, sta di fatto che la Rumania ricusò di mettere in discussione la propria sovranità sulla Bessarabia e che la Russia contestò i titoli legali della Romania sul quel territorio.

Il dibattito fu ripreso ancora in una Conferenza tenuta a Vienna (MarzoAprile 1924) e preceduta del resto da conversazioni private, tra un delegato romeno e il Signor Cicerin, a Losanna; dove, secondo le affermazioni rumene,

sarebbe stata anzi rinnovata la proposta Russa di regolare la vertenza in base al riconoscimento da parte Russa dell'annessione contro rinuncie romene in questioni di ordine economico e finanziario (debiti, Tesoro Rumeno, gioielli della Corona, ecc.). Checchè ne fosse, certo è che anche a Vienna si delineò subito il dissenso di principio: e dopo discussioni sui precedenti storici della questione, sulla validità del referendum organizzato dalla Rumania nel 1918, ecc. la Conferenza si sciolse senza risultati.

L'Italia ha indugiato finora a ratificare il trattato per la Bessarabia, sia, in un primo tempo, a causa di intervenuta freddezza di rapporti con la Rumania (questioni economiche, buoni del tesoro, mancata visita dei Reali Rumeni, ecc.), sia, sopra tutto, per non contrastare la propria direttiva politica tendente al riavvicinamento col Governo dei Soviets ed al ristabilimento dei rapporti commerciali colla Russia, da cui si sperava trarre utili risultati per i nostri traffici e le nostre industrie, specie in relazione e come conseguenza del trattato di commercio ltalo-Russo.

Sta in fatto che in occasione appunto dei negoziati per quest'ultimo accordo vennero dati all'ambasciatore di Russia a Roma degli affidamenti verbali nel senso che il Governo Italiano non intendeva, per il momento, procedere alla ratifica del Trattato per la Bessarabia; affidamenti di cui il Governo Russo si prevale tuttora come di un preciso impegno del Governo Italiano.

Ciò non impedì, però, che, pur non avendo il R. Governo ritenuto opportuno procedere a detta ratifica in occasione della firma del Patto di amicizia Italo-Rumeno (16 Settembre 1926), furono scambiate e pubblicate lettere (l) fra

S. E. Mussolini e il Generale Averescu, in base alle quali il Capo del Governo Italiano dichiarava che la ratifica del trattato per la Bessarabia « non avrebbe avuto luogo che quando avrebbe potuto farsi senza portare pregiudizio agli interessi d'ordine generale dell'Italia», e il Presidente del Consiglio Rumeno prendeva atto che tale ratifica « non era che una questione di tempo e di opportunità».

Successivamente, di fronte alle reiterate premure del Governo Rumeno e specialmente in considerazione delle disillusioni create in Rumania dalla mancata nostra ratifica e delle conseguenze negative che un tale stato d'animo del Governo e dell'opinione pubblica Rumena potrebbe avere per il consolidamento delle relazioni politiche italo-romene e dei risultati che il R. Governo se ne ripromette per la sua politica, tanto balcanica quanto generale, V. E. dava istruzioni al R. Ministro in Bucarest di rappresentare al Governo Rumeno le gravi ripercussioni politiche cui l'Italia si esporrebbe ratificando il trattato per la Bessarabia (e cioè attrito con la Russia, che potrebbe giungere fino alla rottura delle relazioni diplomatiche, avvicinamento della Jugoslavia alla Russia, ecc.) e quindi l'insufficienza di una contropartita consistente soltanto nel patto di amicizia già concluso. V. E. riteneva che la vera contropartita avrebbe dovuto esserci offerta dalla Rumania sul terreno Danubiano e consistere in un accordo politico italo-magiaro-romeno-bulgaro da concludersi sotto l'egida Italiana (2).

Il) Per il loro testo, cfr. MussoLINI, Opera Omnia, XXII, pp. 406-407.

Le conversazioni che, sulla base di tali istruzioni, il R. Ministro a Bucarest ha avuto nel Gennaio scorso col Generale Averescu (l) hanno dimostrato, tuttavia, che nel momento attuale e per lungo tempo ancora, non è da prevedersi la possibilità di un utile riavvicinamento tra la Rumania, la Bulgaria e l'Ungheria; mentre da un lato l'alleanza politico-militare fra la Romania e la Jugoslavia (rinnovata nel giugno scorso per altri 5 anni) è considerata quasi unanimamente in Rumania non solo utile, ma necessaria, e dall'altro la convenienza di restare nel quadro della Piccola Intesa, completato dall'alleanza politico-militare Romeno-Polacca (rinnovata anch'essa nel marzo scorso) resta per Bucarest un dogma politico fondamentale.

La contropartita politica romena all'atto di ratifica Italiano del Trattato per la Bessarabia non potrebbe, quindi, attualmente essere costituita che dalla possibilità di iniziare un'opera di sempre maggiore neutralizzazione, in seno alla Piccola Intesa, di tendenze a noi avverse o di disegni contrastanti coi nostri interessi e col nostro prestigio in quella parte di Europa.

Se il R. Governo, anche per raggiungere tale scopo, deciderà di procedere alla suddetta ratifica, converrà prima esaminare quali conseguenze potranno per noi derivarne, sia nel campo politico che in quello economico per poter giudicare:

l) come impostare il nostro nuovo atteggiamento politico innanzi all'opinione pubblica interna ed internazionale, allo scopo di chiarirne i motivi e le giustificazioni, e quali cautele sia necessario prendere presso i Governi di quei Paesi che maggiormente ne risentiranno le ripercussioni;

2) se e a quali condizioni di carattere economico convenga subordinare il nostro atto politico, una volta limitati, come sopra si è detto, i risultati politici di esso; e data la necessità di garantirci in alcuni riguardi economici dalla crisi che senza dubbio subiranno i rapporti italo-russi.

Per quanto riguarda il primo punto, sembra che occorra tener presenti i seguenti elementi: l) i precedenti della questione e per ultimo le lettere Mussolini Averescu (cui fu data pubblicità) hanno reso noto a tutti che il ritardo della ratifica italiana del Trattato per la Bessarabia non è dipeso da nostre esitazioni circa il fondamento politico, etnografico o morale del Trattato stesso e quindi circa il fondamento o meno dei diritti che la Rumania vanta sulla Bessarabia, ma unicamente dalle nostre convenienze politiche, le quali chiaramente ed unicamente si riassumono nelle nostre relazioni con la Russia.

È quindi inevitabile che la ratifica italiana sarà interpretata non solo dal Governo Russo, ma dall'opinione pubblica mondiale come un atto non amichevole verso la Russia, anzi come la prova di una già verificatasi cattiva situazione di rapporti Italo-Russi.

In tali condizioni, qualunque sia per essere la reazione che si produrrà in Russia (reazione che può andare dalle proteste diplomatiche e dalle campagne di stampa, con conseguente rinvigorimento dell'attività internazionale comunista, Jìno all'annullamento completo delle relazioni commerciali ed alla rottura larvata od aperta dei rapporti diplomatici) occorre trovare il modo per giustificare il nostro ritardo nel procedere alla ratifica del Trattato per la Bessarabia. Non possiamo evidentemente giustificarlo con la nostra esclusiva con

venienza di giungere ad una normalizzazione dei rapporti italo-russi, perchè allora mostreremmo di aver voluto fare un mercato alle spalle della Rumania. Tanto meno possiamo riesumare precedenti storici politici ed etnografici che ci hanno convinti del buon diritto della Romania per la Bessarabia, perchè sarebbe assurdo mostrare che abbiamo impiegato sette anni per giungere ad una tale convinzione. Non ci resta dunque che motivare il nostro atto nel senso che, ritardando la ratifica, avevamo nutrito la speranza (dimostrata ora vana) di mantenere i nostri rapporti con la Russia in maniera tale da avere la possibilità di esercitare un'azione utile alla Romania, conducendo a poco a poco il Governo Russo a rassegnarsi alla perdita della Bessarabia in corrispettivo di vantaggi derivanti da una distensione politica generale. Una tale giustificazione contiene, è vero, anch'essa un implicito riconoscimento della cattiva situazione dei nostri rapporti politici con la Russia, ma è l'unica che sembra si possa presentare all'opinione pubblica mondiale ed a quella Romena in particolare. Essa, d'altronde, è pure l'unica che possa conciliarsi con gli affidamenti dati al governo Russo in occasione della stipulazione del trattato di commercio, e col tono e col contenuto dei colloqui avuti da V. E. con questo Ambasciatore di Russia, sia al momento della trattazione per il Patto di amicizia Italo-Romeno

(vedi Telegramma di V. E. a Mosca n. 515/240 del 12 Settembre 1926) (l) e sia dopo la conclusione di esso, quando la Russia presentò la nota di protesta (Ottobre 1926) (2).

2) Ma poichè, malgrado tutto, alla nostra ratifica sarà inevitabilmente data un'interpretazione anti-russa, non limitata alla semplice questione della Bessarabia, ma estesa all'atteggiamento politico generale dell'Italia nei riguardi della Russia, è logicamente prevedibile che le ripercussioni del nostro atto presso i diversi governi saranno in massima le seguenti:

a) l'attuale Governo Inglese non potrà vederlo che con favore, data la situazione attuale dei rapporti anglo-Russi, complicata dalla questione Cinese.

b) Malgrado l'agitazione verbosa degli elementi massonici e democratici, il Governo Francese non potrà in sostanza (se non in apparenza) che compiacer1sene, visto che una tensione italo-russa può essergli utile, sia che esso intenda peggiorare, sia che esso speri di migliorare i rapporti franco-russi.

c) Malgrado l'intimità dei rapporti tra la Germania e la Russia, il Governo Tedesco, dato l'attuale miglioramento delle relazioni Italo-Germaniche, e data la poca convenienza che esso avrebbe nel presente momento (in cui la Germania ha bisogno del nostro appoggio e di quello inglese per sempre più migliorare la situazione fattale dai Trattati di pace) di prendere posizione nella questione, non assumerà presumibilmente un atteggiamento per noi dannoso, ma si avranno forse reazioni di una certa importanza in grande parte della stampa e dell'opinione pubblica.

d) Non è di oggi la tendenza che si va accentuando in Jugoslavia verso un riavvicinamento con la Russia, determinato da ragioni storiche, politiche e di razza. Questa tendenza si è negli ultimi tempi meglio delineata nei circoli

politici e giornalistici di Belgrado, in seguito alla conclusione del patto !taioAlbanese. Una tensione di rapporti fra l'Italia e la Russia darà certo nuova esca ai politicanti jugoslavi per reclamare il ritorno verso la Gran Madre e Protettrice di tutto lo Slavismo. Ma per il momento e fino a quando non cambieranno le condizioni politiche dell'attuale regime bolscevico, si tratterà, più che altro, di aspirazioni platoniche, poichè il ritorno della Jugoslavia nell'orbita politica della Russia contrasterebbe tanto con la politica Britannica che con quella Francese, e quindi il Governo Jugoslavo che deve subire, per superiori necessità, l'influenza tanto di questa quanto di quella, si troverebbe nell'impossibilità di dare un contenuto pratico e realistico al suo eventuale riavvicinamento alla Russia.

e) Malgrado che la Russia sia !ungi dall'aver conservata in Turchia quell'influenza che nei primi tempi del Regime Kemalista sembrava avervi acquistata, e di cui piuttosto Mustafà Kemal si giovò ai suoi fini nazionalisti, è certo che l'attuale Governo Turco, pur avendo risolta la questione di Mossul, continua a vivere sotto l'incubo di un'aggressione da parte dell'Italia, con la complicità attiva o passiva dell'Inghilterra. Esso vede, pertanto, nel mantenimento dei suoi rapporti di alleanza con la Russia e di amichevoli relazioni con la Germania l'unica possibile difesa contro tali pericoli. Persino la questione Cinese, è seguita ed interpretata in Turchia al lume di queste considerazioni. È quindi evidente la ripercussione che avrà in Turchia un'eventuale tensione dei rapporti Italo-Russi, nonchè l'interesse che avrà la Russia a sfruttare al massimo proprio vantaggio questa situazione, mostrandola al Governo Turco come una prova dell'accordo !taio-Britannico contro la Turchia. Superfluo dire che la situazione stessa sarà sfruttata altresì dalla Francia, la quale ha anch'essa interesse a turbare i buoni rapporti italo-turchi ed a fomentare le paure turche di un'aggressione italiana. Mentre lo stesso Governo Turco non nutre in realtà timori da parte Francese, e cerca un sempre maggiore avvicinamento alla Francia; il quale del resto diventa sempre più probabile, una volta eliminate le divergenze di carattere finanziario (Debito Pubblico Ottomano) che dividono i due Paesi e che sono superabili con relativa facilità, perchè non hanno substrato politico.

Bisogna quindi essere preparati a controbattere la propaganda anti-italiana che gli elementi a noi ostili, istigati specialmente dalla Russia, svolgeranno in Turchia. Ma gli effetti di tale propaganda sembra che potranno avere una portata di importanza relativa e sopra tutto transitoria. Essi si calmeranno in tempo più o meno breve, con la pratica ostentazione della pacifica attività politica dell'Italia.

Invece il risultato più grave della tensione itala-russa per ciò che riguarda la nostra politica in Turchia sarà proprio quello di precluderei, per un periodo di imprevedibile durata, la possibilità di preparare le basi di quell'azione diplomatica da cui potremmo sperare di realizzare in futuro le nostre aspirazioni in Asia Minore.

Qualunque sia, infatti, il momento in cui ci si presenterà il dovere, di prender parte alla soluzione del problema turco, quali che siano le condizioni di debolezza in cui troveremo allora la Turchia, è certo che una nostra azione non sarà possibile se non in base al consenso fondamentale e principale di due Governi: qUello Britannico e quello Russo. Ma mentre il consenso Britannico si dovrà necessariamente concretare in un accordo esclusivamente politico, e non potrà eventualmente portare che un appoggio di carattere navale (di cui potremmo avere un bisogno molto relativo), il consenso russo dovrebbe principalmente concretarsi in un appoggio militare, che sembra per noi essenziale, date le difficilissime condizioni in cui dovrebbero svolgersi le nostre operazioni militari terrestri in Turchia, e data la necessità di dovere addivenire a tali operazioni, indispensabili per il completamento di un'azione navale, che non può esercitarsi altro che sulle coste ed anche qui con relativa efficacia, come conseguenza della loro grande estensione.

Soltanto una cooperazione militare su due fronti, fra l'Italia e la Russia, sembra che ci possa dar modo di superare le enormi difficoltà, di cui anche i Greci recentemente hanno fatto la triste esperienza.

La tensione italo-russa renderà quindi impossibile per mòlto tempo ancora qualsiasi tentativo da parte nostra, neanche per sondare il pensiero del Governo Russo su tale argomento.

D'altra parte occorre pure tener presente che, anche nell'ipotesi di una cordialità straordinariamente eccessiva dei nostri rapporti con la Russia, il momento attuale non sarebbe assolutamente favorevole per aperture di questo genere col Governo dei Soviets, il quale le declinerebbe senz'altro e si affretterebbe a crearci una delicata situazione con la Turchia. Lo determinerebbe, infatti, a ciò non soltanto il fariseismo politico cui esso è obbligato dai propri dogmi sociali, ma più che altro la situazione generale politica europea, la linea delle proprie relazioni con l'Inghilterra e l'impossibilità di distogliere le proprie forze dalle frontiere occidentali, prima che siano risolte le questioni sorte per la Russia dal nuovo assetto europeo.

f) Si può affermare che negli altri paesi europei ed extra-europei le ripercussioni di una nostra tensione con la Russia sarebbero dal punto di vista politico di importanza assai relativa. Troveremmo consenso in parte dell'opinione pubblica, ostilità negli elementi democratici e massonici interessati a sfruttare ogni atteggiamento del Fascismo· anche di politica estera. Il consenso del Governo degli Stati Uniti non ci dovrebbe in ogni caso mancare.

Dato quanto precede, conviene tener presente che una volta deciso di subordinare la nostra ratifica del Trattato per la Bessarabia alla conclusione delle trattative commerciali· con la Rumania ed all'ottenimento da parte di quest'ultima di alcune garanzie e compensi di carattere economico che saranno più oltre specificati, sembra utile, anzi necessario:

l) Che la situazione politica, determinata per noi dalla tensione più o meno considerevole dei rapporti italo-russi in seguito alla ratifica italiana del Trattato per la Bessarabia, trovi un certo inquadramento nelle nostre amichevoli relazioni con l'Inghilterra. Il conflitto Anglo-Russo si è recentemente acuito con la presentazione della severa nota Britannica al Governo dei Soviets (1). Noi non abbiamo bisogno di presentare alcun documento del genere, e nemmeno di accompagnare la nostra ratifica (atto unilaterale e dipendente unicamente dalle

decisioni del R. Governo) con dichiarazioni di carattere generale al Governo Russo. Sarà utile soltanto incaricare a suo tempo il R. Ambasciatore a Mosca di fare alcune dichiarazioni verbali per chiarire, nel senso sopra esposto, i motivi del nostro atto diplomatico. E ciò, sia per non ingenerare equivoci sulla portata di esso e ridurla a quei termini che veramente ha, sia come conseguenza dello sviluppo diplomatico che ha avuto finora la questione fra noi e la Russia. Ma tutto ciò non impedirà che, come è accaduto nella questione Cinese, si tenterà di far credere che il nostro atto è la conseguenza di un accordo più generale con l'Inghilterra. In tali condizioni, sembra conveniente far precedere l'attuazione della nostra decisione da una opportuna comunicazione al Governo di Londra, che confermi l'intesa generale in cui da tempo i Governi Italiano e Britannico procedono all'esame delle varie questioni politiche in Europa e fuori. Non è certo da pensare alla possibilità di negoziare con l'Inghilterra quell'indiretto appoggio che verremo a darle nel suo conflitto con la Russia, mettendoci anche noi in una situazione poco cordiale con quest'ultima. Ma conviene, tuttavia, valorizzarlo adeguatamente e sopratutto dimostrare al Governo Inglese come, anche in tale importantissima questione, vi è quella coincidenza di interessi !taio-Britannici su cui si deve fondare la politica dei due Governi, e da cui si sono potuti ritrarre fin qui buoni risultati. Questi passi preventivi presso il Governo Inglese dovrebbero avere anche lo scopo di predisporlo ad accettare quelle eventuali richieste di carattere economico che fosse necessario rivolgergli da parte nostra in seguito alle ripercussioni che potrebbe avere sui nostri rifor

nimenti dalla Russia la tensione ltalo-Russa.

2) Che, dovendo la ratifica del Trattato per la Bessarabia avere per noi, nei riguardi della Romania, almeno lo scopo di neutralizzare a poco a poco gli elementi della Piccola Intesa a noi contrari, si tenti almeno di ottenere dal Governo Rumeno degli affidamenti in tal senso, circa la futura azione Rumena in quel raggruppamento politico. Tali affidamenti, che avrebbero necessariamente solo un carattere generico, potrebbero concretarsi in quella migliore forma che riuscisse posibile ottenere al R. Ministro in Bucarest, e forse anche, in definitiva, mediante una lettera personale del Generale Averescu a V. E.

3) Che contemporaneamente all'annunzio della nostra ratifica, delle opportune comunicazioni siano fatte ai Governi di Parigi, Berlino, Costantinopoli, Belgrado, Washington ecc. dai rispettivi Rappresentanti Italiani, per evitare ogni malinteso sul nostro atteggiamento e sugli scopi di esso.

Per quanto riguarda il punto 2 si allegano 4 appunti (l):

l) Un appunto che tratta dei traffici italo-russi in generale (all. I).

2) Due appunti relativi ai nostri approvvigionamenti di prodotti petroliferi (all. II e III). 3) Un appunto sul contratto concluso tra la S.N.O.M. (Agip) ed il Nephtsyndicat (ali. IV).

Tali documenti dimostrano che l'U.R.S.S. ci interessa non solamente come mercato di esportazione ma anche, ed in misura forse aQche più notevole, come mercato di approvvigionamento di materie prime.

Come mercato di esportazione queste sono le cifre:

Anni 1922-23-24, complessivamente poco più di 28 milioni di lire.

Anni 1925-2:6, complessivamente più di 300 milioni di Ure.

Il notevole sviluppo delle esportazioni verificatosi in questo ultimo biennio

deve attribuirsi al noto contratto «Cice » ad un fatto cioè che difficilmente

potrà ripetersi per opera della stessa Società, date le ostilità che contro di essa

hanno chiaramente manifestate le autorità sovietiche. Altre iniziative però che

mirano allo stesso fine sono sorte o stanno per maturare ed è lecito sperare

che, se non tutte, almeno alcune di esse potranno riuscire.

Da parte sua la Russia ci fornisce le seguenti principali merci:

a) Frumento -in scarsa quantità, almeno per ora, relativamente al nostro totale fabbisogno (nel 1925 il 2 % nel 1926 il 10 % del detto fabbisogno). b) Minerali metallici -specialmente manganese e ferro manganesifero. c) Carbon fossile -in quantità assai limitata. d) Prodotti petroliferi -e precisamente quasi tutto l'attuale fabbisogno

della S.N.O.M. e tutto l'olio greggio che la Raffineria di Fiume lavora od acquista per riesportare con largo margine di utile -complessivamente l /:3 della nostra totale importazione.

È da notarsi che la Russia fa alla S.N.O.M. prezzi assai ridotti che le permettono di sostenere la concorrenza dei Trusts e che costituiscono, in sostanza, un vero dumping di cui ci avvantaggiamo.

È da notarsi altresì che nel contratto S.N.O.M.-Nephtsyndicat figura anche il quantitativo di petrolio richiesto dalla nostra marina militare, che si approvvigiona anche essa nell'U.R.S.S.

Oltre quelli sopra indicati altri interessi di carattere economico ci legano alla Russia e principalmente quelli della nostra Marina mercantile e quelli rappresentati dal transito per la Persia, per i quali godiamo di speciali concessioni.

Dato quanto precede, appar chiaro che un turbamento dei nostri rapporti politici con l'U.R.S.S. che avesse ripercussione nel campo delle relazioni commerciali, non dovrebbe trovarci impreparati a far fronte alle difficoltà di carattere economico che non mancherebbero di presentarsi.

La Romania, d'altra parte, non sembra potrebbe, anche volendolo, offrirei adeguati compensi in questo campo e ciò specialmente se si fa l'ipotesi di una completa interruzione di affari con la Russia.

Qualche cosa tuttavia dalla Romania pare che potremmo pretendere e principalmente:

l) Sistemazione delle diverse vertenze di carattere economico e commerciale che sono state riassunte in un promemoria rimesso a S. E. Manoilescu durante la sua ultima permanenza a Roma.

2) Conclusione di un trattato di commercio e navigazione che ci dia larga possibilità di svolgere in Romania la nostra attività commerciale ed economica in genere ed il commercio di esportazione e di importazione in particolare. A taLe proposito è da notare che Le trattative in corso non danno sino ad ora affidamento di risuLtato soddisfacente.

3) Conclusione di uno speciale accordo in materia di petroli secondo le linee tracciate dal Principe Caetani nell'allegato 3.

È tuttavia da tener presente che, per quanto ora può prevedersi il Governo rumeno non si indurrà facilmente ad accogliere domande come quelle indicate nel citato allegato.

Per questa considerazione ed anche perchè la Romania non pare potrebbe, anche nella migliore delle ipotesi, convenientemente rispondere ad una improvvisa domanda per l'intero fabbisogno nostro, il Principe Caetani ha fatto presente (vedi allegato 2) che ove vi fosse ragione di credere in un arresto delle forniture di prodotti petroliferi che l'U.R.S.S. ci fa attualmente (vedi allegato 4) converrebbe provvedere tempestivamente a prendere accordi con l'Anglo-Persian, quella cioè fra le grandi società petrolifere che sembra meglio disposta a nostro riguardo e sulla quale sembra potersi fare maggiore assegnamento, per assicurarci condizioni eque nei rifornimenti di prodotti petroliferi e per ottenere anche, se possibile una nostra partecipazione allo sfruttamento dei campi petroliferi della Mesopotamia.

Si unisce una lettera dell'Ing. Cerruti sulla convenienza o meno per l'Italia di abbandonare il mercato russo dei prodotti petroliferi per fare esclusivo affidamento su quello rumeno.

(l) Senza data, ma posteriore al 23 febbraio (data della nota britannica alla Russia, cui si fa riferimento nel testo), e anteriore al 7 marzo (annuncio a Bucarest della ratifica del trattato sulla Bessarabia).

(2) Cfr. serie VII, IV. n. 580.

(l) Cfr. serie VII, IV, n. 586, e pp. 464-466, nota.

(l) -Cfr. serie VII, IV, n. 417. (2) -Testo della nota, del 6 ottobre, in Dokumenty Vnesnei Po!itiki SSSR, IX, Mosca, 1964, n. 285; cfr. anche, ibid., n. 286, il tel. pari data di Kergenzev a Mosca.

(l) È la nota del 23 febbraio.

(l) Gli allegati non si pubblicano.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. S. PRECEDENZA SU TUTTE LE PRECEDENZE 400. Roma, 7 marzo 1927,

ore 13,30.

(Per Londra). Poichè Chamberlain travasi Ginevra ho telegrafato a S. E. Scialoja quanto segue:

(Per tutti). Prego V. E. recarsi immediatamente da Chamberlain ed informarlo personalmente da parte mia che domani martedì sottoporrò al consiglio dei Ministri decreto ratifica trattato di Parigi 28 ottobre 1920 concernente Bessarabia (1). V. E. aggiungerà in via riservata che mi ero in realtà da parecchio tempo proposto di procedere a tale ratifica perchè trovavo assurdo prolungare indefinitamente situazione determinatasi, equivoca nei nostri rapporti con la Russia dannosa nei nostri rapporti con la Romania. Avevo sempre sperato tuttavia che mantenimento nostre buone relazioni con la Russia avesse potuto giovare a facilitare un'intesa diretta tra le due parti nell'interesse sopratutto della Romania, ma ho dovuto constatare che tale speranza era vana. La nota di protesta (2) inviata al R. Governo da questo ambasciatore di Russia all'indomani della pubblicazione del trattato di amicizia itala-romeno e delle lettere scambiate fra me ed Averescu, oltre ad essere come al solito intemperante, mi aveva

convinto pure che col tirare a lungo le cose non facevamo in fondo che il giuoco dei Soviets senza alcuna utilità pratica.

Naturalmente il R. Governo non ha intenzione di dare al suo atto un carattere ostile alla Russia nè una portata maggiore di quella che esso ha realmente e che si riduce alla ratifica di un impegno regolarmente assunto dall'Italia. Ma è facilmente prevedibile che malgrado ciò il R. Governo debba prepararsi ad affrontare una reazione da parte russa sia nel campo politico che in quello economico, e che oltre alla solita gazzarra internazionale democratico-massonicocomunista, può darsi che Italia vada incontro ad una crisi dei rapporti italarussi. Cercheremo di restringerla per quanto possibile, ma non possiamo fin da ora stabilirne esattamente le ripercussioni. I soliti interessati si affretteranno a far credere che la politica italiana è intimamente legata a quella inglese contro la Russia e si inventeranno chissà quali intese segrete fra me e Chamberlain e chissà quali promesse di compensi. In realtà il Governo italiano si trova ancora una volta a fianco di quello britannico perchè ancora una volta è dimostrato che gli interessi dei nostri due paesi hanno profondi e pratici legami. Chamberlain ed io ne siamo perfettamente convinti ed è perciò che la nostra politica di cordiale e sincera intesa ha dato fin qui utili risultati. Bisogna quindi perseverarvi. Sebbene spinti da ragioni particolari, noi veniamo oggi a dare al Governo britannico un indiretto ma importante appoggio nella sua politica verso la Russia.

V. E. si adoperi pertanto a valorizzarlo adeguatamente presso codesto Governo anzitutto nell'interesse della nostra politica generale e poi anche allo scopo di preparare il terreno per eventuali proposte di carattere economico nel caso che la tensione dei rapporti italo-sovietici dovesse ripercuotersi in misura notevole sui nostri rifornimenti dalla Russia.

In base a quanto precede Ella vorrà inoltre fare il possibile onde non si accreditino, da parte dei soliti elementi a noi ostili, interpretazioni inesatte e nocive dell'atteggiamento del R. Governo nei riguardi della Russia.

Gradirò essere telegraficamente informato della sua conversazione con Chamberlain.

(l) -Ci fu in proposito uno scambio di note fra Roma e Mosca. Per il testo della nota italiana del 7 marzo cfr. TOYNBEE, anno 1927, p. 300. Per il testo della nota sovietica del li marzo cfr., oltre a ibid., Dokumenty Vnesnei Politiki SSSR, cit., X, Mosca, 1965, n. 58. (2) -Cfr. p. 61, nota 2.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 406/71. Roma, 7 marzo 1927, ore 19,30.

A telegramma di V. E. n. 66. Barone Wimmersberg (l) ha posto subito questione della cessione Ungheria uso esclusivo bacino a Fiume, dichiarando essere ciò necessario per dare soddi

9 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

sfazione opinione pubblica ungherese già orientata in tal senso e pure convenendo personalmente coi nostri tecnici che detta cessione non solo riuscirebbe senza pratica utilità per Ungheria ma potrebbe risultare assai dannosa funzionamento generale porto.

In proposito osservo che, perduto porto Sauro, riservato Jugoslavia bacino Revel ed adibito altro bacino per imprescindibili esigenze di sicurezza e attrezzamento ai petroli, ora Fiume dispone soltanto due bacini dei quali uno prevalentemente destinato grani ed uno zuccheri.

Se uno di questi due si cedesse Ungheria porto resterebbe· ridotto ad un solo bacino assolutamente insufficiente traffico generale ed impedirebbesi inoltre organizzazione indispensabile per migliorare rendimento servizi portuali.

D'altra parte stesso traffico ungherese sarebbe ridotto, imbarazzato dalla esclusività proprio bacino, sia perchè mancherebbe della perfetta e completa attrezzatura tecnica di cui dispone insieme del porto, sia perchè piroscafi con carichi merci diverse e per differenti destinazioni dovrebbero poi sottoporsi a spostamenti ed a ritardi.

Non sembrerebbe opportuno per sincerità rapporti itala-ungheresi escogitare circa questione bacino formula destinata unicamente dare apparente soddisfazione alla asserita opinione pubblica ungherese, come barone Wimmersberg ha accennato, ma che in realtà non dovrebbe nè potrebbe vincolarci in nessun modo. Ciò tanto più in quanto occorre tener conto anche opinione popolazione fiumana che si è già manifestata formalmente contraria a qualsiasi impegno nel senso indicato.

Ritengo invece preferibile rappresentare efficacemente e francamente a codesto Governo reale stato delle cose e convincerlo non insistere nella questione, accontentandosi numerose altre nostre concessioni veramente e sostanzialmente utili come riconosce stesso Wimmersberg. Tali concessioni che noi siamo disposti a fare vanno al di là delle richieste fatteci e possono riassumersi essenzialmente come segue:

l o Espositura doganale. 2° Facilitazione merci in transito per tariffe e spese di piazza e di giacenza nei magazzini analogamente a quanto accordato alla Cecoslovachia ed all'Austria in Trieste. 3° Offerta di magazzini per elaborazione di alcuni cereali ungheresi in regime di punto franco. 4° Costituzione Fiume in porto armamento ungherese. 5° Accosti privilegiati ad una determinata riva e magazzini corrispondenti per servizio delle linee regolari ungheresi da istituirsi a suo tempo; infine altre possibili concessioni che sono allo studio.

Data intransigenza mostrata da Wimmersberg, il quale ha creduto persino di accennare a possibili influenze che l'esito delle trattative avrebbe sulla visita del conte Bethlen, occorre che V. E. abbia con quest'ultimo una franca spiegazione in base agli elementi che precedono, adoperandosi a convincerlo della massima buona volontà che il Governo italiano mette nel soddisfare le richieste ungheresi ma allo stesso tempo delle imprescindibili necessità nostre per le quali non abbiamo modo di accettare una domanda quale quella del bacino che in realtà non presenta nessun reale vantaggio per l'Ungheria. Per giungere ad una buona preparazione del terreno prima della visita di Bethlen, conviene che siano date a Wimmersberg delle istruzioni più concilianti e soprattutto pratiche.

(l) Era il sottosegretario ungherese al Commercio, inviato a Roma per trattare la questione dello sbocco a Fiume.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A BRUXELLES, NEGROTTO CAMBIASO, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, A TOKIO, DELLA TORRE, A WASHINGTON, DE MARTINO, AI MINISTRI ALL'AJA, BARBARO, AD ATENE, ARLOTTA, A BERNA, PIGNATTI, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A HELSINGFORS, PAGLIANO, A LISBONA, GALLI, A PRAGA, PREZIOSI, A REVAL, VIGANOTTI GIUSTI, A RIGA, STRANIERI, A SOFIA, PIACENTINI, A VARSAVIA, MAJONI, A VIENNA, AURITI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, VIOLA, E AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. 403. Roma, 7 marzo 1927, ore 23.

(Per tutti). Odierno Consiglio dei Ministri ha deciso ratificare trattato per la Bessarabia concluso Parigi ottobre 1920. Questa decisione del R. Governo è stata determinata dalla con3iderazione che sarebbe ormai inutile differire ulteriormente ratifica di un atto internazionale di cui l'Italia non ha mai disconosciuto il valore ma a cui ha voluto ritardare propria definitiva sanzione nella sincera speranza che nel frattempo le due parti interessate avessero potuto giungere ad una intesa diretta e soddisfacente che a sua volta avrebbe potuto essere facilitata dai buoni rapporti esistenti fra l'Italia e la Russia.

Ella vorrà adoperarsi efficacemente in codesti ambienti politici e giornalistici perchè non siano date alla decisione del R. Governo interpretazioni inesatte che senza dubbio si cercherà di accreditare da parte dei soliti elementi a noi ostili e degli elementi soviettistici.

R. Governo non intende affatto dare al suo atto un carattere ostile alla Russia nè una portata maggiore di quella che esso ha realmente e che si riduce alla ratifica di un impegno internazionale cui non avevamo mai avuto intenzione di sottrarci.

(Per Parigi, Berlino, Bruxelles, Madrid, Washington, Tokio, Praga, Vienna, Berna). V. E. vorrà anche opportunamente intrattenere codesto Governo nel senso di quanto precede mostrandogli l'opportunità di adoperarsi a frenare le eventuali interessate speculazioni di tutti coloro che hanno interesse a profittare di questa occasione per turbare il sereno apprezzamento del pubblico e a dare una esagerata importanza ad un fatto politico che deve essere obiettivamente considerato ma intorno al quale si cercherà molto probabilmente di creare un'atmosfera di sospetti sulle direttive politiche generali del R. Governo a solo vantaggio dell'azione sovvertitrice della propaganda comunista e antifascista.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 405/99. Roma, 7 marzo 1927, ore 24.

Odierno consiglio ministri ha deciso ratificare trattato per Bessarabia concluso Parigi ottobre 1920. Questa decisione del R. Governo è stata determinata dalla considerazione che sarebbe ormai inutile differire ulteriormente ratifica di un atto internazionale di cui l'Italia non ha mai disconosciuto il valore ma a cui ha voluto ritardare la propria definitiva sanzione nella sincera speranza che nel frattempo le due parti interessate avessero potuto giungere ad una intesa diretta e soddisfacente che avrebbe potuto essere a sua volta facilitata dai buoni rapporti esistenti fra l'Italia e la Russia.

V. E. vorrà adoperarsi efficacemente in codesti ambienti politici e giornalistici perchè non siano date alle decisioni del R. Governo interpretazioni inesatte che senza dubbio si cercherà di accreditare da parte dei soliti elementi a noi ostili e da parte degli elementi soviettistici.

R. Governo non intende affatto dare al suo atto un carattere ostile alla Russia nè una portata maggiore di quella che esso ha realmente e che si riduce alla ratifica di un impegno cui non avevamo mai avuto intenzione di sottrarci.

Occorre che V. E. informi immediatamente di quanto precede il Governo di Angora dichiarando in via confidenziale ma in forma esplicita che il Governo italiano ha preso realmente tale decisione senza alcuna intenzione ostile verso la Russia. Il Governo turco non deve quindi temere che nessuna indiretta ripercussione ne potrà derivare nei rapporti itala-turchi, che intendo da parte mia mantenere e rinsaldare col più cordiale spirito di amicizia. Aggiunga essere da me autorizzato pure a dichiarare che io spero ad Angora non si presteranno al probabile ed o:rmai abituale giuoco dei russi e degli altri interessati tendente a far credere ad inesistenti accordi itala-britannici contro la Russia e contro la Turchia. Nel comune interesse sarà quindi opportuno che il Governo turco aiuti V. E. a frenare le eventuali intemperanze di coloro che tentassero approfittàre di questa occasione per turbare il sereno apprezzamento del pubblico e per dare una esagerata importanza ad un fatto politico che deve essere obbiettivamente considerato ma intorno al quale si cercherà molto probabilmente di creare un'atmosfera di sospetti sulle direttive politiche generali del R. Governo a solo vantaggio dell'azione sovvertitrice della propaganda comunista ed antifascista.

59

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 617/82. Budapest, 8 marzo 1927, ore 21 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. 406/71 Gab. (1). Circa concessioni nel porto Fiume è necessario attendere ritorno da Ginevra ministro degli affari esteri Walko.

60

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. CONF. 615/214. Washington, 8 mm·zo 1927, m·e 12 (per. ore 6 del9).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 172 Gab. (2).

Fra giorni arriverà nuovo ambasciatore di Francia proveniente da Tokio col quale mi trovo in relazioni amichevoli. È probabile che in colloqui personali si accennerà a quella campagna tendenziosa antitaliana che in precedenti telegrammi

V. E. mi segnalava come di origine francese e che si manifestava qui attraverso corrispondenze telegrafiche dall'Europa ai giornali americani. Io potrei dimostrare al mio collega la inutilità di tale campagna che è qui generalmente ... (3) accreditata e che nuoce alla stessa situazione francese già abbastanza scossa in questo paese. D'altra parte gli interessi francesi debbono tener conto della influenza che in diversi modi possiamo qui esercitare. Mi occorrerebbe tuttavia conoscere confidenzialmente a scopo di intonare le mie ingiunzioni nella stessa ... (3) qualora esse siano desiderate da V. E., se la suddetta campagna è in realtà promossa dal Governo francese ovvero soltanto da altre organizzazioni francesi o italiane di Parigi e se furono da noi fatti passi a Parigi e con quale esito. Comunque devo segnalare che campagna antifascista è andata qui, in questi ultimi tempi declinando (4). Nei giornali non è apparsa nessuna notizia sulle condizioni di salute di V. E. La nota del terrore è quasi interamente sparita. Dei conflitti tra milizia ed esercito non vi è presentemente più traccia. Recentemente vi sono state pubblicazioni che io ho segnalate circa conflitti tra fascisti e Corona a proposito pretesi complotti antimonarchici. Nessun importante giornale, a quanto mi risulta, ha dato rilievo a queste notizie e comunque esse sono state smentite tanto da me quanto da Roma. Di tanto in tanto giungono notizie su pretesi piani italiani per turbare pace e di recente in connessione con questione limitazione arma

menti. È assai interessante il fatto che giornali, anche quando pubblicano tali notizie provenienti dall'Europa, non le commentano perchè, dopo tanti tentativi europei di screditare politica italiana e fascismo, opinione pubblica è diventata scettica. Insuccesso missione Salvemini prova quanto fascismo sia più forte dei suoi avversari. Richiamo ancora una volta attenzione di V. E. su notizie tendenziose e non disinteressate che si fanno circolare in Italia circa pretesa inesistente ostilità opinione pubblica americana al fascismo.

(l) -Cfr. n. 56. (2) -Allude con ogni probabilità al tel. circolare 4 m::>.rzo (cfr. n. 43). (3) -Gruppo indecifrato. (4) -Sulla stampa antifascista negli Stati Uniti, cfr. Fo;·eign Retations of tiJC United States, 1927, III, pp. 129-131.
61

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 691/242. Belgrado, 8 marzo 1927 (per. il 14).

Questo ministro di Grecia signor Polichroniades ha smentito recisamente l'autenticità del documento pubblicato da giornale Politika di cui al mio telegramma sopra indicato (1). Approfittando di tale incidente ho avuto con lui un lungo colloquio che riassumo.

Alla mia domanda se egli aveva parlato ad Atene delle nuove proposte di questo Governo al fine di regolare la spinosa questione di Salonicco e della ferrovia Gevgeli-Salonicco, nonchè per un eventuale patto di amicizia ed arbitrato a lunga scadenza egli mi ha detto che ciò era inesatto e che nessuna proposta del genere gli era venuta da parte jugoslava. Avendo io insistito sulla voce corsa e confermatami da fonte autorevole che questo Governo aveva almeno in linea di massima accettato una revisione delle convenzioni di Atene firmate da Pangalos, egli mi ha risposto testualmente: « Tali convenzioni firmate da un Governo irregolare sono per noi inesistenti e non accetteremo mai alcuna discussione su di esse. È falso che vi sia stata la proposta di un patto di amicizia ed arbitrato. Sappiamo molto bene che i serbi tendono tenacemente a Salonicco e nessun patto od alleanza potrà distoglierli da tale programma, qualora si presenti la buona occasione.

Io sono andato ad Atene per conferire col mio Governo e niente altro».

Ha aggiunto che l'attuale Governo greco è del suo stesso avviso, ed avendogli io osservato che mi risultava che il signor Michalacopoulos avrebbe tuttavia espresso il parere che nessun Governo greco avrebbe potuto respingere eventuali démarches del Governo S. H. S. per regolare le questioni pendenti fra i due paesi (telegramma di V. E. n. 294/126) (2) egli ha dichiarato che ciò non gli sembrava possibile e che ad ogni modo, finchè egli sarà a Belgrado, conoscendo le intenzioni subdole e tutt'altro che pacifiche di questo paese, non

permetterà che la Grecia inizi nuove trattative per la questione dello sbocco a

Salonicco, e tanto meno che si leghi le mani con qualsiasi patto di garanzia ed

arbitrato.

Mi ha meravigliato il fatto che egli mi abbia manifestato le stesse preoccupazioni, di cui ai miei precedenti telegrammi e da ultimo a quelli 151, 152 e 153 (1), circa le idee aggressive di questo sovrano e di tutto l'elemento militare e circa la tendenza avventurosa che ha per atavismo questo popolo. Rifacendosi al passato Polichroniades mi ha detto che vivendo qui e conoscendo da vicino la classe dirigente serba, ci si rende conto di quanta pazienza abbia dovuto armarsi il Governo della defunta monarchia austro-ungarica per non rispondere per circa mezzo secolo agli intrighi, alle macchinazioni, alle provocazioni continue di questo piccolo popolo avventuroso che spalleggiato dal colosso russo osava tutto.

Venendo a parlare della situazione presente egli mi ha detto che la Jugoslavia è circondata da nemici poichè oggi perfino la Rumania si mostra molto riservata se non ostile a causa del problema delle minoranze rumene.

Mi ha detto di non credere ad un riavvicinamento tra Jugoslavia ed Ungheria la quale giuoca oggi sulle difficoltà esterne in cui il Governo jugoslavo si trova per strappargli le maggiori concessioni possibili.

Ha poi aggiunto testualmente: « Fra noi e l'Italia non vi può essere che o stretta alleanza o indifferenza. Siamo troppo vicini e troppi sono i problemi che toccano i due stati perchè fra di essi possano esistere solamente rapporti di convenzionale cordialità. Personalmente sono del parere che le due nazioni dovrebbero stringersi in una alleanza, e ciò tanto più che in caso di conflitto itala-jugoslavo non vedo come la Grecia potrebbe rimanere neutrale». Occorre dare alle parole di Polichroniades il valore che meritano tenendo presente che trattasi di persona intelligente ma non del tutto sincera. Lo dimostra il fatto che egli insiste nello smentire di essere stato latore ad Atene di proposte concilianti di questo Governo mentre che l'allora incaricato d'affari di Grecia signor Valtis mi diceva il contrario, dandomi al riguardo in via riservata e confidenziale quelle informazioni che io mi affrettai a riferire all'E. V. col mio telegramma n. 147 (2). È però certo, che, qualunque sia stato lo scopo del viaggio di Polichroniades ad Atene, oggi i rapporti greco-jugoslavi sono rimasti quelli che erano al momento della firma del trattato di Tirana, ossia dominati dalla questione delle convenzioni di Atene che il Governo S.H.S. vuole mantenere mentre quello greco vuole annullare. La presenza a Belgrado di Polichroniades, malvisto dai serbi per la sua intransigenza, è garanzia che le relazioni stesse non troveranno facilmente la via per migliorare. Anzi come lo dimostrano gli attacchi della stampa serba di questi giorni (ieri ancora il giornale Politika aveva una vignetta insolente verso la Grecia) si può accusare nelle relazioni stesse un peggioramento piuttosto che un miglioramento.

Questo peggioramento procede del resto di pari passo con quanto succede circa le relazioni anglo-jugoslave di cui riferisco col telegramma portante il numero seguente.

(l) -Manca l'indicazione. (2) -Del 17 febbraio, con cui venivano ritrasmessi i nn. 7 e 8. (l) -Cfr. n. 27. (2) -Cfr. n. 21.
62

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 690/243. Belgrado, 8 marzo 1927 (per. il 14).

Seguito al telegramma per corriere n. 1428/242 (1).

La politica che ha seguito la Gran Bretagna nei Balcani dalla fine della grande guerra ad oggi è stata chiaramente determinata dalla preoccupazione di mantenere lo statu quo creato dai trattati di pace. Ciò per ragioni di politica generale, in quanto che l'Inghilterra in ben altre faccende affaccendata sa che i Balcani sono la polveriera d'Europa e che il fuoco appiccato qui si estenderebbe a tutta l'Europa centrale ed oltre; per ragioni economiche, perchè la grande finanza ed il commercio britannico cercano nuovi sbocchi ed i paesi Balcanici offrono possibilità infinite di impiego di capitali e di piazzamento di merci.

A Belgrado in particolare l'azione vigile dell'Inghilterra è stata di moderazione continua ed energica tutte le volte che l'irrequietezza di questo stato lo ha richiesto.

Tale azione si è esplicata in maniera anche più attiva e vigile dopo il patto di Tirana a mano a mano che la politica del Governo S. H. S. si è fatta più torbida e minacciosa.

Al primo annunzio del patto questi circoli governativi si sono illusi che l'Inghilterra, desiderosa, come si mostrava, del mantenimento dello statu quo avrebbe gravitato con tutto il suo peso sull'Italia al fine di farla recedere dalla linea di condotta qualificata qui come aggressiva e tale da rompere lo statu quo della penisola. In questa illusione si sono cullati in un primo tempo gli uomini politici jugoslavi, e quando si sono accorti che l'azione inglese o non si faceva sentire o non era tale da fare deflettere di un centimetro V. E. dalla sua linea di condotta, la stampa e l'opinione pubblica si sono volte contro l'Inghilterra ed in particolare contro Chamberlain accusato di tener mano all'azione dell'Italia in Albania. Tutte le notizie fantastiche su di una intesa italo-inglese hanno trovato qui grande credito e gli articoli delle varie gazzette prezzolate europee ed americane sugli intrighi itala-inglesi nei Balcani sono stati dati largamente in pasto a questo pubblico. Intanto venivano. messe in giro voci di possibile alleanza con la Turchia e di un riconoscimento solenne della Russia dei Sovieti, voci la cui ispirazione ufficiosa non era dubbia, e che avevano lo scopo di indurre gli inglesi ad un'azione più energica nei riguardi dell'Italia.

Pian piano l'idea di un'alleanza colla Turchia è apparsa nella sua vera luce di bluff puerile e sterile di risultati ed è stata messa da parte. Non così il progetto di una ripresa delle relazioni con i Sovieti, verso cui spingono e la tradizionale fratellanza e il demagogismo di alcuni capi partito primo fra tutti Stefano Radich. Oggi questo progetto, pur essendò ancora informe, è uscito dallo stato d'incubazione e prende sempre più piede nell'opinione pubblica, anche se ufficialmente smentito dagli organi responsabili.

E poichè in questo paese non si muove foglia che lo stato maggiore non voglia, bisogna pur dire che nei calcoli tenebrosi e torbidi di questi circoli militari sia entrata come elemento essenziale questa prospettiva di gettarsi, ad un momento dato, nel sistema di forze russo-turche contro Inghilterra ed Italia, che oggi appaiono qui paladine dell'idea della Pan-Europa contro la Pan-Asia.

È naturale conseguenza di questo lavorio di riallacciamento all'U.R.S.S. che i rapporti anglo-jugoslavi stiano per uscire da quella stasi di platonico pacifismo per assumere forma ed aspetto ben determinati.

A ciò contribuisce certamente la revisione storica che gli inglesi attraverso libri e riviste hanno fatto prima di ogni altro popolo su fatti passati e sopratutto sui rapporti austro-serbi di prima della guerra e sull'attentato di Serajevo.

Ed infine deve pesare sulla futura politica inglese la constatazione giornaliera delle intenzioni torbide di queste classi dirigenti, della sopraffazione dei militari sugli organi responsabili costituzionali, e dell'incapacità di questo stato inorganico e barbarico di sapersi governare.

Questo ministro d'Inghilterra, signor Kennard, che non si può certo accusare di tenerezza verso l'Italia, da qualche tempo dimostra il più nero pessimismo nei riguardi di questo paese, ed alla sua azione è in gran parte dovuto se il capitale inglese si è rifiutato di cercare impiego in Jugoslavia.

(l) Cfr. n. precedente.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 391/96. Sofia, 8 marzo 1927.

Mi onoro portare a conoscenza dell'E. V., ad ogni buon fine, quanto mi risulta circa la questione della speciale posizione in cui la Francia si trova di fronte alla Chiesa in questo Paese.

Il Visitatore Apostolico per la Bulgaria, l'Arcivescovo Monsignor G. Roncalli, non avendo veste ufficiale, nè facendo egli, per ciò appunto, parte del Corpo Diplomatico (ciò che gl'impedisce di avere occasionali contatti con me), ha intrattenuto il Segretario della R. Legazione Conte Roncalli, colla cui famiglia è legato da vincoli d'amicizia dovuti alla comune origine, sullo stato attuale della questione in parola.

Il Conte Roncalli mi ha esposto il tenore delle conversazioni da lui avute col Visitatore Apostolico nel pro-memoria, di cui mi permetto inviare copia, qui acclusa, all'E. V.

Da questo risulta, oltre all'espresso desiderio di Monsignor Roncalli, che, per la speciale delicatezza della sua posizione, sia conservato alle sue dichiarazioni il carattere più confidenziaLe e personaLe, anche il fatto che la situazione, sotto un certo riguardo, si dovrebbe considerare migliorata per la diminuita frequenza delle manifestazioni di omaggio al rappresentante Francese: senonchè,

d'altra parte, con la convenzione di cui è parola, la situazione di privilegio in cui si trova la Francia, viene a trovarsi implicitamente riaffermata e ribadita.

La stessa esitanza che traspare dalle dichiarazioni del Visitatore Apostolico, non lascia supporre che la questione possa essere risolta fra breve. Per parte mia, e finchè non mi giungano istruzioni al riguardo dall'E. V., mi astengo dal fare passi in argomento, come pure dall'intervenire alle solennità religiose in cui siano resi gli onori al rappresentante Francese.

ALLEGATO.

RONCALLI A PIACENTINI

Sofia, 27 febbraio 1927.

S. E. Mons. Roncalli mi ha intrattenuto sulla questione degli onori da parte della Chiesa al rappresentante francese; egli mi ha lasciato comprendere che, pur dicendomi tali cose nel modo più confidenziale, avrebbe gradito giungessero a conoscenza di V. E. con cui egli non potrebbe parlarne ufficialmente. S. E. ha insistito che della cosa egli desidera che nulla sia scritto.

L'impressione che ho avuto, è che la Santa Sede stessa non attenda che un'occasione propizia per sospendere gli onori stessi; in base ad una convenzione recente (del dicembre scorso, credo) tali onori sono stati ridotti notevolmente, nel senso che verranno limitati a tre solennità: Natale, Pasqua e Pentecoste. Però, in queste, essi avranno una forma alquanto più solenne, e più conforme al rito liturgico. La Santa Sede si è però riservata di sospendere gli onori in due casi: cioè in caso di rottura delle relazioni diplomatiche, con conseguente partenza da Parigi del Nunzio Apostolico; e in quello che il Governo locale (bulgaro) esprima malcontento per ragioni di amor proprio od altre. Questo appunto, sarebbe un punto da sfruttare eventualmente da parte nostra. Mons. Roncalli stesso (pur essendo, come afferma, devoto alla Francia, per le maggiori benemerenze che questa, per ragioni di tempo e di storia, ha avuto nel mondo verso la Chiesa, nonostante l'opera negativa di pochi), ne ha parlato con Buroff, facendogli osservare che lo stesso Governo bulgaro non dovrebbe essere soddisfatto di questa innegabile forma di umiliazione che gli viene indirettamente inflitta; senonchè Buroff gli ha lasciato comprendere che teme le rimostranze francesi. Dard stesso si è del resto lamentato ripetutamente con Mons. Roncalli, oltre che per la riduzione degli onori, anche per la sistematica assenza di lui dalle funzioni: le rimostranze francesi a questo proposito si sono del resto spinte fino al punto da lamentare che il Visitatore Apostolico in Bulgaria sia stato nominato senza preventiva conoscenza della Francia; e che Mons. Roncalli sia partito da Roma per Sofia senza far visita al rappresentante francese presso la Santa Sede.

Monsignore è certo di non essere, per questo, ben visto al Quai d'Orsay. Senonchè Gasparri avrebbe, a suo tempo, fatto comprendere a Parigi che, anzichè a Sofia, tali questioni avrebbero dovuto essere esaminate a Roma, presso la Santa Sede. Perciò i lamenti di Dard erano superflui. Mons. Roncalli mi ha citato inoltre il fatto che a Filippopoli, nelle feste, si è issata finora, sulla chiesa cattolica, la bandiera francese! Ora, egli ha già disposto che, coll'introduzione del nuovo cerimoniale, a Filippopoli la bandiera francese non venga più issata.

Monsignor Roncalli ha concluso affermando che, da una eventuale abolizione degli onori, non verrebbe alla Santa Sede alcun danno, mentre un vantaggio innegabile ne verrebbe all'Italia e ad altri Paesi, come, per esempio, la stessa Spagna. Perciò la Santa Sede non potrebbe che vedere con pbcere un mutamento della

situazione attuale, che avverrebbe senza alcuna diminuzione per il suo prestigio

nel mondo cristiano.

Questo mutamento, potrebbe forse ottenersi, all'infuori naturalmente dalla sua persona -ha concluso Mons. R·oncalli -esercitando un'azione in tale senso presso il Governo bulgaro: tale azione, partendo dal Ministro d'Italia e da quello di Spagna, potrebbe riferirsi alla suaccennata questione della dignità e dell'amor proprio di questo Governo, e potrebbe prendere lo spunto dalla prossima celebrazione Pasquale; ciò appunto per la maggiore solennità introdotta nella forma: analogamente a quanto è avvenuto a Costantinopoli, dove, l'introduzione del nuovo cerimoniale, avvenuta a Natale, ha suscitato le più alte proteste da parte della stampa.

Sofia, 6 marzo 1927.

P. S. -In un'altra conversazione avuta oggi con Monsignor Roncalli, egli mi ha detto che, in seguito a colloqui avuti con Buroff e con Liapceff, avrebbe ricevuto l'impressione che sia forse più opportuno non sollevare per ora la questione in parola: sempre per il fatto francese. La questione dell'abbassamento della bandiera francese dalla cattedrale di Filippopoli incontra delle difficoltà, che però Mons. Roncalli è deciso di eliminare assolutamente: sarebbe già un risultato notevole. So che Monsignore ha avuto ieri la visita dell'Incaricato d'Affari di Francia, che però non potrei, a priori, mettere in relazione con quanto precede.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ROMENO, AVERESCU, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 630. Bucarest, 9 marzo 1927, ore 10 (per. ore 16,20).

Il Governo riunito in consiglio ha preso con viva soddisfazione atto della comunicazione ufficiale fatta da S. E. il marchese Durazzo che il Governo italiano ha ratificato ieri, 8 marzo, il trattato di Parigi del 28 ottobre 1920 col quale le grandi potenze segnatarie riconoscevano la sovranità della Romania sulla Bessarabia. Benchè coll'atto e le lettere annesse, firmati a Roma il 17 settembre 1926, tale ratifica fosse diventata una semplice questione di tempo, nondimeno il Governo romeno, date le circostanze attuali, vede in essa una nuova prova di calda amicizia da parte dell'Italia e perciò mi è gradito l'incarico di esprimere a suo nome alla nazione italiana, al suo Governo, e specialmente a V. E., i più vivi sensi di gratitudine e di affettuosi sensi condivisi dall'intero popolo romeno. Personalmente non dimenticherò mai parole che ella mi disse il 15 settembre scorso vicino all'uscio in seguito al nostro lungo colloquio: che quando due persone oneste trattano ·cose serie non possono fare a meno d'intendersi e di cadere d'accordo. Queste parole hanno guidato la mia mano quando, due giorni più tardi, ho firmato il detto patto di amicizia. Ero conscio di ciò che facevo; pur nondimeno la mia gioia e la mia gratitudine di oggi non sono oltrepassate che dall'affezione amicale che le serbo.

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MEMORANDUM DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

[Roma], 9 marzo 1927.

Ho ricevuto Padre della Pietra nuovo Delegato Apostolico in Albania accompagnato da Padre Tacchi Venturi (1).

Colloquio molto interessante. Padre della Pietra, oggi direttore dell'Orfanotrofio di Scutari, sovvenzionato dal Governo italiano, vive da 16 anni fra gli Albanesi, specie quelli del Nord, scutarini e cattolici. Domanda subito denari per le missioni e il clero cattolico di laggiù. Gli rispondo che il Capo del Governo è disposto ad aiutare, in misura anche maggiore di quello che non lo faccia già oggi, le missioni cattoliche in Albania, ma a patto che il clero cattolico albanese cessi di essere lo strumento della Jugoslavia, e aderisca invece a quello che è il punto di vista italiano. Se il clero cattolico albanese si mette lealmente su questa via, il Governo italiano è disposto a tener conto delle necessità religiose del cattolicismo in Albania, del quale non desidera altro che diventare il naturale protettore. Ma però si debbono fare patti chiari. Per questa volta il Capo del Governo è intervenuto per fare ottenere la grazia di due preti condannati a morte dal Tribunale supremo Albanese, ma il Capo del Governo non può nello stesso tempo dimenticare che l'insurrezione recente nord-albanese è stata capitanata escLusivamente da preti che col Crocifisso in una mano e la rivoltella nell'altra ingaggiavano e comandavano, per ordine di Belgrado, i comitagi e le tribù ribelli della regione scutarina.

Padre della Pietra è d'accordo su questa linea. Mi ha promesso che egli stesso informerà il Governo Italiano di tutto ciò che potrà costituire interesse per la politica italiana in Albania.

Tanto per cominciare ho proposto che i principali agitatori, che sono preti, siano chiamati in Italia a fare, per es. gli esercizi spirituali in qualche convento. Il Governo Italiano è disposto a pagare la retta in modo da sollevare da questa spesa la Delegazione apostolica in Albania. Saranno trattati con la massima deferenza. Ma bisogna che vengano in Italia.

Padre della Pietra mi ha promesso di « Lavomre » in tal senso e di informarmi.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 653/164. CostantinopoLi, 10 marzo 1927, ore 10,20 (per. ore 3,20 delL'll).

Telegramma gabinetto 99 (2). Sottosegretario di stato esteri Angora cui è stata fatta comunicazione ordinatami da V. E. ha preso atto della medesima e ha detto che l'avrebbe trasmessa

subito al ministro aggiungendo essere certo che sarebbe fatto il possibile per evitare ogni eccessiva interpretazione dell'avvenimento. A titolo personale osservava che nostra ratifica del trattato del 1920 della quale aveva appreso notizia solo dall'agenzia telegrafica Anatolia avrebbe avuto qui notevole ripercussione e che sarà possibile ... (l) venga interpretata come sintomo di intensificazione dei rapporti itala-romeni e di raffreddamento rapporti italo-russi; ciò però non è secondo lui ragione sufficiente perchè avvenimento produca somma impressione in Turchia ove, nell'atmosfera di cordiale amicizia che regna fra i due paesi, non potrebbero aver presa se non negli ambienti irresponsabili voci allarmistiche come quelle ultimamente diffuse di eventuale intesa itala-inglese a danno di un paese indipendente e pacifico come Turchia. Stampa per ora ha riferito notizia astenendosi da commenti, evidentemente in attesa parola d'ordine da Angora.

(l) -Il pad;:e Giovanni della Pietra, sul punto di assumere l'ufficio di delegato apostolico in Albania, era stato segnalato a Grandi da Tacchi Venturi con una lettera del 28 febbraio. con cui trasmetteva un promemoria dello stesso della Pietra. (2) -Cfr. n. 58. •
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IL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 669l 199. Durazzo, 12 marzo 1927, ore 2,15 (per. ore 12).

Mio rapporto n. 13 del ... (2).

Ho condotto colonnello Stirling col quale mantengo i più intimi rapporti, a farmi qualche confidenza sulla situazione come egli la vede attualmente. Mi ha detto che da informazioni precise di cui è in possesso risultagli in maniera positiva che la Jugoslavia sta febbrilmente preparando una azione da svolgere mediante invasione di bande irregolari in Albania con lo scopo crearvi torbidi e di rovesciare il regime. Avendogli chiesto se di quanto precede egli aveva creduto far cenno a questa legazione britannica, egli mi ha risposto testualmente: • È stato sempre mio avviso che trovandomi io al servizio del Governo albanese dal quale sono pagato devo astenermi dal fare comunicazioni alla mia legazione di ciò che per ragioni di servizio viene a mia conoscenza. Ma gli avvenimenti che si preparano per iniziativa jugoslava senza che da parte albanese vi sia la minima provocazione o colpa, possono avere così gravi conseguenze nei Balcani ed in Europa che io ho creduto fosse mio dovere tenerne parola al ministro britannico in Durazzo e mi propongo di portare a di lui conoscenza anche gli elementi che sono oggi in mio possesso». Chiestegli quali fossero finora le impressioni questa legazione inglese, mi ha risposto che il ministro Seeds desidera naturalmente considerare la situazione in tutto il suo complesso e non gettare allarmi se non in caso di pericolo imminente. Stirling ha aggiunto ritenere per parte sua che l'azione comincerà fra un mese o due. Pregherei V. E. considerare per ora come strettamente confidenziale questa notizia anche nel caso venisse dal R. Governo fatto qualche passo presso quello britannico. Ad ogni buon fine aggiungo che io sono in cordialissimi rapporti Seeds ma che mi asterrò scrupolosamente dal fargli un qualunque cenno sulla situazione a meno che egli non me ne intrattenga, o io non sia a ciò autorizzato da V. E.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Gruppo indecifrato. Ma cir. >1. 53, pp. 56, 57.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 453/79. Roma, 12 marzo 1927, ore 19.

Suo telegramma 82 (1).

Non comprendo perchè sia indispensabile attendere ritorno Walko. Sarebbe utile che V. S. parlasse subito con Bethlen, trattandosi di questione di grande importanza e per cui conviene giungere possibilmente ad un'intesa di massima prima del viaggio in Italia di codesto presidente del consiglio.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 1842/223. Costantinopoli, 13 marzo 1927.

Fin dai miei primi contatti col Governo di Angora mi proposi lo scopo di chiarire e di mettere su meno incerte basi i rapporti economico-commerciali tra la Turchia ed il Dodecaneso.

Troppo è nota perch'io torni ad esaminarla, la linea che seguirono gli scambi di vedute avuti in merito dal mio predecessore con gli uomini di Angora e quella delle conversazioni più vaste e comprensive da me avute a più riprese con Tefìk Ruchdy Bey.

È utile tuttavia rammentare che nella Nota del 14 luglio 1925, n. 11342-/85 in risposta alla nostra del l o Aprile 1924, concernente l'esercizio della pesca sulle coste del Dodecaneso e su quelle anatoliche, nonchè la conclusione di accordi locali tendenti a regolare i rapporti commerciali e marittimi tra Turchia e Dodecaneso, il Governo di Angora manteneva la sua proposta che la commissione italo-turca avesse dovuto soltanto delimitare le acque territoriali fra il Dodecaneso e la costa: tutt'al più occuparsi anche delle misure atte a reprimere il contrabbando. Quanto alle altre questioni dichiarava ritenere che le disposizioni del Trattato di Losanna fossero sufficienti a regolarle senza accordi speciali. Atteggiamento in massima negativo.

Commentando la Nota turca il Governatore delle Isole Egee sottolineava la cattiva volontà del Governo di Angora e rilevando l'inutilità di una semplice delimitazione delle acque territoriali, esprimeva l'avviso che convenisse lasciar cadere la proposta.

Quando nel Febbraio dello scorso anno il Ministro degli Affari Esteri fece le prime caute aperture per un riavvicinamento della Turchia all'Italia e, più

tardi, con maggior precisione, per un patto di neutralità italo-turco, nell'esaminare a fondo la questione e le ripercussioni sfavorevoli e favorevoli che l'eventuale realizzazione del progetto di Tefik Rouchdy Bey avrebbe avuto per noi, io misi tra i primi corrispettivi che noi avremmo potuto chiedere, accettando, un accordo chiaro, preciso e definitivo pel Dodecaneso, atto ad eliminare le cause degli attriti continui e pericolosi ed a facilitare gli scambi tra le nostre Isole e la costa anatolica.

Esaminai anche la possibilità che venendo a cadere, come tutto faceva supporre, il progetto dello scaltro Ministro degli Affari Esteri turco, fosse stato utile approfittare della favorevole atmosfera creata intanto ai rapporti tra i due paesi per riprendere quel patto di buon vicinato tra Turchia e Dodecaneso, di cui S. E. Lago era già stato valido sostenitore, ed a S. E. Lago mi rivolsi in via personale e riservata per conoscere il suo avviso di massima.

Ma il Governatore delle Isole Egee, pur riconoscendo meco che un accordo di buon vicinato tra le Isole italiane e la Turchia sarebbe più che utile, indi-: spensabile; riprendendo l'avviso già espresso ufficiosamente e basandosi su numerose circostanze, sul sistema di vita economica del Dodecaneso, sul fatto che per numerosi pescatori «il contrabbando non è un lucro ma una necessità», esponeva il dubbiò che fosse difficile, inutile e forse anche pericoloso iniziare trattative che venissero a urtarsi alla preconcetta ed irreducibile opposizione dei turchi.

La questione, pur sempre viva, per i numerosi incidenti che venivano manifestandosi e che avevano uguale spiacevole ripercussione ad Angora e a Rodi, attraversò un periodo di stasi.

Venne brevemente riesaminata quando, avendo potuto ottenere il testo degli accordi franco-turchi sulla Siria, S. E. Lago passò ad esaminarli nei confronti dei rapporti tra Turchia e Dodecaneso e trovò che nessuna rispondenza essi avevano con le condizioni delle Isole e che non presentavano per noi alcun vantaggio. Ripeteva S. E. Lago che la concessione per noi più desiderata e più utile sarebbe stata la creazione di una zona di confine: nel caso nostro, dello stesso regime applicato alle acque territoriali ed alle coste « un regime di libera circolazione fra le Isole e la costa, di scambio dei prodotti strettamente locali, possibilmente della reciproca libertà di pesca».

Ma il Governatore soggiungeva che a suo giudizio non era nemmeno lon

tanamente da pensare a simile intesa nelle condizioni attuali sino a che non

fosse mutato l'animo della Turchia verso il possedimento delle Isole Egee.

Nonostante, però, le osservazioni di S. E. Lago, basate su indiscutibili dati

di fatto da lui personalmente constatati e vagliati, la necessità di giungere a

precisare i rapporti tra Turchia e Dodecaneso si è venuta facendo più imperiosa

come lo dimostrano i numerosissimi fermi di barche dodecanesine nelle acque

territoriali turche seguiti da sequestri, da arresti e da condanne.

Il Governatore delle Isole Egee, dopo aver rilevato che per quelle povere

popolazioni « il contrabbando è una assoluta necessità di vita » ha, ciò mal

grado, rinnovato e intensificato gli ammonimenti ai marittimi delle Isole, ma

senza risultato. Ché è recente l'incidente gravissimo di due gendarmi turchi

catturati sulla costa anatolica e trasportati a Simi da alcuni pescatori simiotti, ed è di ieri la notizia della oscura sparizione di due gendarmi turchi e di tre civili del Caza di Mugla, che fanno naturalmente sospettare un nuovo colpo da parte dei simiotti.

Le rimostranze del Console di Turchia a Rodi, per fatti di quel genere, di cui è inutile velare la gravità (telespresso di S. E. Lago, n. 2108, qui giunto il 9 corrente) se mancano di tatto e se risentono di una malcelata eccitazione, hanno purtuttavia un indiscutibile fondamento.

Il ripetersi di incidenti del genere avrebbe sicuramente un seguito diplomatico ed obbligherebbe noi a riconoscere apertamente il nostro torto e contribuirebbe ad ostacolare e ritardare quell'opera di chiarimento dei rapporti italo-turchi alla quale tendiamo.

Non è possibile lasciare che i rancori da una parte e dall'altra fermentino e ingrandiscano. Occorre affrontare la situazione di compromesso che i ripieghi finora adottati hanno potuto tenere in vita, ma che ora più non si regge. Lo stesso Governatore delle Isole Egee lo riconosce e conclude:

«Non posso tacere che il rimedio radicale di questa situazione non può essere che uno solo: un accordo, cioè, che considerasse promiscuamente territoriali le acque tra le Isole e la costa anatolica. Questo accordo implicherebbe naturalmente contatti continuati e fiduciosi delle autorità italiane e turche: ed una cordiale, ed allora veramente efficace, cooperazione per la repressione di qualsiasi abuso».

Ciò è certamente chiedere troppo. Ma S. E. Lago non esprime più il suo profondo scetticismo circa la possibilità di giungere ad un accordo soddisfacente. Ed anche a lui appare ora necessario ed urgente metter fine a una serie d'incidenti e sopratutto a uno stato d'animo dannoso e pericoloso.

Io quindi, esaminando i notevoli progressi da noi fatti nell'opera tenacemente perseguita di portare il Governo turco a guardare al R. Governo ed alla politica italiana nel Mediterraneo con minore sospetto, con minore preconcetta avversione, mi domando se non sia giunto il momento di riprendere in esame la possibilità della conclusione di un accordo di buon vicinato tra il Dodecaneso e la Turchia. Questo accordo dovrebbe naturalmente informarsi alle linee generali indicate da S. E. Lago: inquadrando il negoziato nelle conversazioni sui rapporti italo-turchi.

Penso che se si verificherà, come è possibile e desiderabile, un incontro tra il Presidente del Consiglio o Tefik Rouchdy Bey con V. E. a primavera inoltrata, la questione spinosa dei rapporti tra il Dodecaneso e l'Anatolia potrebbe formare utilmente uno degli argomenti della conversazione. Ed io non dispero che gli uomini di Governo turchi, persuasi dalla viva voce di V. E. delle intenzioni non aggressive, ma di collaborazione, del Governo fascista verso il Governo di Angora, potranno lasciarsi persuadere a portare nell'esame dei rapporti tra le nostre Isole Egee e le coste anatoliche quella larghezza di vedute che sola può facilitare un'intesa per quegli scambi fra gli abitanti delle Isole e quelli delle coste anatoliche, che costituiscono « la vita » delle nostre Isole Egee.

(l) Cfr. n. 59.

70

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. RR. 464/83. Roma, 14 marzo 1927, ore 24.

Mio telegramma Gab. n. 392 (1).

Sono sempre in attesa ricevere progetto Bethlen per noto trattato. Come già ho fatto presente a V. S. esso potrebbe involgere argomenti di particolare delicatezza politica e quindi conviene sia qui studiato ponderatamente e tempestivamente prima dell'arrivo del conte Bethlen. Ella comprenderà come sia per noi necessario conoscere al più presto se non il testo completo del progetto, almeno le principali proposte di Bethlen. Voglia avere con lui una conversazione esauriente e telegrafarmi.

71

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. (P. R.) 218/193. Roma, 14 marzo 1927, ore 24.

Suo telegramma n. 214 (2).

Non è possibile dare sulla campagna antifascista o antitaliana (che è lo stesso) proveniente dalla Francia una distinzione precisa come quella che V. E. chiede. In realtà io credo che tra Governo francese, organizzazioni francesi ed organizzazioni italiane in Francia una separazione di intenti e di azione non si possa fare e che ciascuno di essi a solo e tutti insieme lavorino allo stesso fine. Il Governo lo farà per ragioni di politica estera e di sicurezza, le organizzazioni lo faranno per ragioni di politica demagogica e finanziaria e gli italiani rinnegati lo faranno per livore o per soldi ma dove finisca l'uno e cominci l'altro non è chiaro. Passi precisi a Parigi non sono stati fatti sebbene non siano mancate occasioni nè lì nè qui per esaminare il complesso dei rapporti fra i due paesi e segnalare i punti neri di essi, le responsabilità relative, le manifestazioni di stampa e gli sforzi da fare per una politica più serena. Ma ciascuno di questi accenni è rimasto isolato e senza seguito da una parte e dall'altra. In questa situazione, pure apprezzando contatti che V. E. può avere con codesto nuovo ambasciatore di Francia, la prego di evitare che questi possa credere che noi andiamo cercando così lontano un consenso francese.

10 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) -Cfr. n. 50. (2) -Cfr. n. 60.
72

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 696/95. Budapest, 14 marzo 1927, ore 14 (per. ore 24).

Riferendosi a conversazione da S. E. Grandi avuta con codesto ministro d'Ungheria, segretario generale affari esteri mi disse, pur riservandosi interpellare Bethlen, attualmente assente, non vede difficoltà a che « obbligo consultazione reciproca dei due stati » sia assicurato a mezzo scambio lettere.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 719/117. Costantinopoli, 16 marzo 1927, ore 15 (per. ore 20).

È arrivato a Costantinopoli ambasciatore di Russia che parte per Odessa Mosca ove si reca per illustrare trattato di commercio turco-russo recentemente concluso ad Angora, per attenerne approvazione e prepararne scambio ratifiche. Egli prenderà poi breve congedo.

Questo è quanto egli dice. Ma nel momento presente, dopo riconoscimento da parte dell'Italia del trattato circa la Bessarabia, ad Angora e qui si attribuisce a quel viaggio particolare importanza e non dobbiamo !asciarci ingannare da impressioni come quella dell'ambasciatore di Francia (vedere mio telegramma n. 174) troppo nuovo a questo ambiente nè dall'attitudine finora riservata di questa stampa dovuta evidentemente a parole d'ordine dall'alto. Mi risulta infatti confidenzialmente che ad Angora a cominciare dal capo di stato maggiore e da Tewfik Russdi bei, in moltissime persone quell'avvenimento ha provocato grave preoccupazione, poichè lo si interpreta come conferma dell'esistenza di un patto itala-inglese che direttore generale affari politici ha detto al ·corrispondente locale del Journal des Débats essere noto al Governo turco nei suoi particolari.

D'altra parte quel riconoscimento e la contemporanea firma dell'accordo commerciale turco-russo hanno dato nuova esca al conflitto esistente in Turchia e nello stesso ministero degli affari esteri tra corrente russofila e quella occidentale, tra coloro che si sentono sempre più attratti verso Russia e coloro che temono la Russia e desiderano a propria difesa avvicinarsi sempre più alle tre potenze occidentali.

Nei circoli dirigenti di Angora, mi si dice, si ha oggi l'impressione di essere a una svolta e si sta nella vaga attesa di qualche nuovo avvenimento che serva almeno a chiarire situazione.

74

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 717/223. Belgrado, 16 marzo 1927, ore 20,40 (per. ore 23).

Mi viene riferito che questo ministero dell'interno ha proceduto in questi giorni a un largo reclutamento di comitagi. Alcuni dei capi banda furono qui richiamati e poi inviati a Uskub presso quel comando militare.

Il reclutamento è stato fatto in massima parte nelle zone di frontiera serbo-albanese: ogni banda sarebbe composta di circa 40 uomini, tutti di nazionalità serba. Alcuni di essi sono comandati da ufficiali di gendarmeria vestiti in borghese.

Non si conosce ancora se dette bande dovranno essere impiegate in Macedonia o verso la frontiera albanese. Ad ogni modo mi riservo di assumere informazioni ulteriori che telegraferò a V. E. Detto reclutamento è tanto più significativo in quanto che è simultaneo ad una campagna di stampa tendente dimostrare che in Albania si stanno facendo preparativi per un finto movimento insurrezionale che dovrebbe dare occasione ad un intervento dell'Italia.

75

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DELLA TORRETTA, E A PARIGI, ROMANO AVEZZANA

T. GAB. 478. Roma, 16 marzo 1927, ore 24.

Mio telegramma di oggi 475 (1).

Mentre Governo jugoslavo fa compiere presso vari Governi, fra cui anche codesto, passi per segnalare pretesi preparativi militari albanesi che sarebbero a suo dire guidati dall'Italia, divengono invece sempre più intense le informazioni sopra l'attività ed i preparativi dell'esercito jugoslavo e sopra sue mene verso il confine albanese.

Prego V. E. comunicare quanto precede a codesto Governo insieme alle notizie che risultano non soltanto dal mio telegramma 475 ma anche quelle contenute nel mio telegramma 330 (2) facendo presente come alle imprecisate e vaghe segnalazioni che il Governo jugoslavo va diffondendo senza base alcuna di fatti stanno di fronte ed a suo carico queste realtà gravi e minacciose (3).

-

Un comunicato Stefani, pubblicato il 19 marzo, smentiva « le solite notizie di preparativi bellici dell'Italia, in riferimento a speciali situazicni nella peni<ola balcanica ».

(l) -Non pubblicato, col quale venivano ritrasmesse notizie, provenienti da Belgrado, di preparativi militari jugoslavi sulla frontiera albanese. (3) -Cfr. anche il telespr. 210185 del 4 marzo, col quale Mussolini comunicava a Della Torretta lo stato delle relazioni itala-jugoslave, con la seguente premessa: • Per sua notizia e per eventuale norma di linguaggio, qualora si presentt l'opportunità che V. E. si intrattenga anche incidentalmente, suH'argomento con codesto Governo, reputo conveniente riassumere brevemente la situazione venutasi lentamente a creare in questi ultimi due anni nei rapporti con il Govemo di Belgrado, malgrado la conclusione del patto di amicizia e di cordiale collaborazione fra i due stati, situazicne che trova la sua sintetica espressione nella mancata ratifica degli accordi di Nettuno e di Belgrado (questo ultimo già approvato dalla Skupcina) e nei quotidiani incidenti provocati dalle autorità s. c. s."·
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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1755/103. Bucarest, 16 marzo 1927, o1·e 20,55 (per. ore 6,20 del 17).

È partita ieri per Budapest delegazione romena incaricata trattative su varie questioni tuttora pendenti fra i due paesi benchè abbiano già tutte formato oggetto conferenza di Roma del 1922. A questo ministero affari esteri si professa desiderio e buona volontà di dar prova di spirito conciliativo, e credo che comunque disposizioni romene siano oggi abbastanza sincere. Da una parte, infatti, Romania, di fronte attitudine mutata verso Ungheria dalla Jugoslavia e persino dalla Cecoslovacchia, si rende conto del danno di attirare contro sé sola risentimento ungherese. Dall'altra questione optanti ungheresi è per Romania una grossa nube sull'orizzonte, e in tale stato di cose non sarebbe suo interesse acuire dissidio con Ungheria. Parlando oggi meco su quest'ultimo argomento, questo ministro d'Ungheria riconosceva che suo Governo non ha neppure interesse di acuire dissidio e che quindi si propone di dare anch'esso prova di spirito conciliante nelle imminenti trattative a Budapest (1).

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IL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 725/215. Dumzzo, 17 marzo 1927, ore 12,40 (per. ore 14,30).

Mio telegramma gabinetto n. 204 (2).

Sono in grado di confermare a V. E. che effettivamente il colonnello Stirling ha redatto un rapporto sulla situazione albanese, nel quale accusa esplicitamente la Jugoslavia di avere organizzato ed armato le bande che si preparano ad invadere questo paese onde rovesciarne violentemente regime. Tale rapporto non sarà consegnato alla legazione di Inghilterra in Durazzo, ma diretto in via ufficiosa ad un ministro del gabinetto del quale il colonnello Stirling è amico personale. Rapporto verrà spedito per posta ordinaria e partirà col piroscafo che lascerà venerdì mattina Durazzo. Esso è incluso in un piego che, per non destare attenzione delle autorità postali albanesi, è indirizzato alla abitazione privata del detto ministro al nome della di lui moglie.

Mi permetto pregare V. E. di volere fare l'uso più riservato di questa informazione.

(l) -Annotazione marginale di pugno di Grandi: « A Budapest valorizzando l'azione italiana presso Bucarest •. (2) -T. gab. 689/204 del 13 marzo, che non si pubblica.
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IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 743/107. Budapest, 18 ma1·zo 1927, ore 15,35 (per. ore 19,53).

Mio telegramma n. 95 (1).

Riproduco qui appresso progetto lettera da scambiarsi fra i due Governi circa reciproca consultazione. Con altro telegramma farò seguire progetto trattato conciliazione arbitrato amicizia. Col corriere di mercoledì prossimo ne invierò testo.

« J'ai l'honneur de confirmer à V. E. que au cours de nos négociations, nous avons convenu de ce qui suit: " Constatant la conformité de nombreux intéréts leur politique et désireux d'affermir davantage l'amitié sincère qui si heureusement unit leurs nations, amitié à laquelle ils viennent de donner fondement solide par la conclusion d'un traité d'amitié de conciliation et de arbitrage, le Gouvernement Royal d'Italie et le Gouvernement Royal de Hongrie déclarent de vouloir se consulter sur les questions susceptibles d'influencer de quelque façon que ce soit les relations cordiales établies entre eux ". Ainsi que nous en sommes convenues la présente déclaration est strictement confidentielle ».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 745/177. Londra, 18 marzo 1927, ore 21,20 (per. ore 2,20 del 19).

In recenti conversazioni tanto con Chamberlain che con Tyrrel circa Jugoslavia avevo già avuto cura di accennare alle varie informazioni inviatemi da

V. E. circa situazione interna di quel paese con speciale riguardo all'influenza sempre crescente degli elementi militari e dai preparativi bellici diretti contro l'Italia e Albania. Da tali conversazioni avevo potuto desumere: l) che il Foreign Office non ha l'impressione che preparativi militari jugoslavi abbiano carattere di grande importanza e siano tali da rivelare programma aggressivo; 2) che Foreign Office ha dato continui consigli al Governo di Belgrado con quello di ..... (2) per giungere ad un diretto leale esauriente chiarimento con l'Italia; 3) che Chamberlain il quale si è sempre reso perfettamente conto della necessità da parte dell'Italia di assumere in un primo tempo atteggiamento da quest'ultima preso dopo conclusione del patto di Tirana, comincia ora a pensare ehe l'Italia potrebbe forse agire opportunamente in modo da iniziare con Jugoslavia un chiarimento della situazione eliminando cause di pericolosi attriti.

Chamberlain mi ha anzi in una conversazione recentissima espresso chiaramente questo suo pensiero dichiarando che parlava beninteso a titolo esclusivamente personale e confidenziale. Tyrrel poi in altra recente conversazione mi ha detto sperare che in seguito cambiamento del titolare della legazione S.C.S. a Roma il nuovo ministro saprà guadagnarsi la fiducia di V. E. ed intavolare amichevoli conversazioni in vista ài eliminare ogni equivoco e ristabilire una situazione normale. Pervenuto ieri telegramma di V. E. gabinetto n. 478/17 (l) [ho fatto] oggi passo prescrittomi e nell'assenza di Chamberlain e di Tyrrel ho avuto colloquio con sottosegretario di stato. Nella conversazione mi sono espresso nei precisi termini del detto telegramma ed a richiesta del mio interlocutore gli ho rilasciato una lista di tutte le misure militari prese dal Governo jugoslavo e di cui ai telegrammi V. E. 330 e 475. Siccome intanto mi era anche pervenuto il telegramma 4811172 contenente informazioni del R. console a Scutari che fanno supporre molto prossimo nuovo movimento contro l'attuale regime albanese, ho creduto opportuno dare comunicazione anche del detto telegramma. Sottosegretario di stato dopo avere espresso suo avviso personale nel senso di non poter supporre che Jugoslavia volesse fare delle pazzie, mi ha detto che avrebbe informato di tutto il segretario di stato atteso a Londra per martedì prossimo. Signor Gregory mi farà conoscere pensiero di Chamberlain dopo averlo messo al corrente della mia odierna comunicazione.

(l) -Cfr. n. 72. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. GAB. 496/92. Roma, 19 mm·zo 1927, m·e 5.

Suo telegramma 146 (2).

V. E. può dire a Stresemann che R. Governo sarebbe lieto se egli volesse considerarsi nostro ospite durante permanenza Roma insieme con sua famiglia. Se Stresemann accetterà tale offerta prego telegrafarmi subito per fare fissare alloggi all'Hòtel Palazzo. In ogni caso converrà fin d'ora chiarire quale sarà precisamente il carattere che Stresemann vorrà dare al suo soggiorno nella capitale. Pur dovendo supporre infatti, dal tenore delle comunicazioni da lui fatte a V. E. che non si tratti di una visita ufficiale, non crederei che egli abbia intenzione mantenere un così stretto incognito da escludere una sua visita a palazzo Chigi od un invito da parte mia ad una colazione od a un pranzo intimo. Sarà bene quindi che V. E. abbia con Stresemann una nuova conversazione in proposito e mi riferisca più dettagliatamente anche per quanto riguarda il ricevimento alla stazione e l'eventualità della concessione di un'udienza privata da parte di Sua Maestà.

(l) -Cfr. n. 75. (2) -T. gab. 721/146 del 17 marzo: intenzione di Stresemann di recarsi a Roma il 12 aprile e di trattenervisi 8-10 giorni.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 497/114. Roma, 19 marzo 1927, ore 5.

Suo telegramma 117 (1).

Assicuro V. E. che impressioni di codesto Governo circa dipendenza ratifica Bessarabia da un accordo generale itala-inglese (di cui sarei curios·o conoscere i termini noti soltanto a codesto direttore degli affari politici) sono completamente assurde ed infondate. La verità è tutta in ciò ,che le ho telegrafato al momento della ratifica. Poichè però da una parte conviene tagliare corto alle fantasticherie cui si lasciano andare codesti governanti, e dall'altra non aver l'aria di affrettarsi a fornire delle spiegazioni non dovute e non richieste, lascio a V. E. scegliere il momento più opportuno per recarsi personalmente ad Angora a calmare le apprensioni e dissipare ogni possibile equivoco.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, DELLA TORRETTA, A PARIGI, ROMANO AVEZZANA, A WASHINGTON, DE MARTINO, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BUCAREST, DURAZZO, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, E A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. 495. Roma, 19 marzo 1927, ore 7.

(Per Parigi e Londra). Con mio telegramma 478 (2) ho dato incarico a

V. E. di comunicare codesto Governo le gravi informazioni che sono giunte..... (Per Berlino e per le legazioni). Con mio telegramma 330 (3) e con altri successivi ho trasmesso a V. E. le gravi informazioni che sono giunte..... (Per Washington). Ho iniziato in questi giorni l'invio a V. E. di gravi informazioni che sono giunte.....

(Per tutti).... sui preparativi militari del Governo jugoslavo e sulla pressione jugoslava verso la frontiera albanese. Da molte fonti tali notizie vengono confermate e vengono prospettate con tale carattere di febbrile intensità che il R. Governo il quale, con la registrazione del patto di Tirana alla Società delle Nazioni ha compiuto la più esplicita documentazione dei fini assolutamente legittimi che esso persegue nella sua politica albanese e dei mezzi non meno legittimi di cui vuole avvalersi, non può trovare più nella reazione jugoslava una plausibile proporzione con le cause che, secondo quel Governo l'avrebbero scatenata e deve ritenere che il patto di Tirana sia stato elevato artificiosamente a clamoroso pretesto, non soltanto per determinare manovre parlamentari interne che non riguardano la politica dell'Italia, bensì e sopratutto, per adottare misure

militari così vaste e così impensate per la stessa opinione pubblica interna da esigere una montatura esteriore.

Il R. Governo che assiste colla massima tranquillità a tutto questo movimento finchè esso agisce sopra fattori tecnici e materiali e che non ha sentito nè sente la necessità di ricorrere ad alcuna contromisura perchè ritiene che per giustificare una follia basta commetterne una pari, il R. Governo, dico, non intende invece subire con la stessa tranquillità il lato morale di questo giuoco con cui si tenta invertire gli elementi della situazione sfruttando il nome dell'Italia per coprire propositi che sono tra i meno consentanei con lo spirito di pace che l'Europa persegue.

Di fronte a questo tentativo il Governo nazionale desidera trovare una salvaguardia morale nel comunicare

(per Londra) ad un Governo illuminato e di vedute mondiali come quello britannico e ad un uomo di così alta autorità e di severa coscienza come è il signor Chamberlain,

(per Washington) ad un Governo illuminato e di vedute mondiali come quello Nord Americano, (per gli altri) ai Governi europei che seguono con interesse gli avvenimenti balcanici,

(per tutti) le fasi e gli atti quasi giornalieri di questa azione jugoslava per documentare come essa nei suoi piccoli e grandi sintomi riveli ormai troppo decisamente questa tendenza ad ogni costo antitaliana. E ritengo che invece di raccogliere tutti questi elementi per comunicarli in una sola volta in un momento in cui occorresse giustificare una tesi od un atteggiamento al cui servizio tali elementi potrebbero sembrare racimolati, sia preferibile farli affluire volta per volta, anche nella loro esigua importanza per marcare con la incontestabile genuinità delle date la concatenazione cronologica degli atti e farne scaturire forse il filo di una lunga premeditazione.

Ciò premesso e nell'intesa che V. E. comunicherà testualmente a mio nome a codesto ministro degli affari esteri questi miei proponimenti, !asciandogli traccia del presente telegramma, la avverto che invierò a V. E., da ora in poi, tutte le segnalazioni che mi perverranno sull'azione jugoslava verso l'Italia e verso l'Albania affinchè Ella possa farle giungere a codesto Governo nella forma che V. E. potrà costà concordare, senza che volta per volta io abbia a darle incarico specifico in questo senso.

Intanto prego V. E. volere, dopo compiuta questa prima comunicazione esplicativa, passare a codesto Governo le notizie di cui ai miei telegrammi (l):

(Per Londra). 469, 481/172 e 493/176.

(Per Parigi). 469, 481/245 e 493/251.

(Per Berlino). 330, 475/84, 481/86 e 493/90.

(Per Washington). 493/198 e 494/199.

(Per Atene). 330, 469, 475/104, 481/105 e 493/107.

(Per Bucarest). 330, 475/102, 481/104 e 493/108.

(Per Sofia). 330, 469, 475/71, 481/72 e 493/76.

(Per Budapest). 330, 475/85, 481/86 e 493/89.

(l) -Cfr. n. 73. (2) -Cfr. n. 75. (3) -Cfr. p. 85, nota 2.

(l) Si tratta di ritrasmissioni di notizie provenienti da Belgrado e da Scutari.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 752/163. Berlino, 19 marzo 1927, o1·e 22 (per. ore 21,15 del 20).

Assente Stresemann non ho creduto fare ad altri comunicazione relativa al suo viaggio in Italia di cui al telegramma di V. E. 496/92 (1). Mi sono limitato chiedere Schubert in relazione al suo viaggio a San Remo se egli sapeva di ulteriori progetti di viaggio di Stresemann e Schubert mi ha risposto in modo vago accennando che non sapeva nulla di definitivo. Ritengo che influenza Schubert in questa occasione come già nel dicembre scorso sia piuttosto contraria al viaggio. Tanto che mi sono astenuto dal fare le precisazioni contenute nel telegramma suddetto pur avvertendolo della data del 12 aprile comunicatami da Stresemann. Nel colloquio con Stresemann del 16 corrente io non avevo ricercato da lui maggiori chiarimenti sia per non dimostrare alcuna ansietà per tale suo viaggio sia perchè non dubitavo Neurath ne fosse stato informato [da] San Remo e ne avesse già riferito più dettagliatamente a V. E. poichè come risulta da mio telegramma 116 proposito Stresemann circa viaggio a Roma si era appunto maturato a San Remo (2).

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L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 265/74. Tangeri, 20 marzo 1927.

Mio telespresso del 14 corrente n. 231/70. Ho l'onore di trasmettere qui unito un nuovo rapporto n. 6 (3) fattomi in data 19 corrente dal tenente Bottacci sulla situazione militare nel Marocco.

Come V. E. rileverà, l'area della dissidenza si allarga dilagando in zona francese. Manca, è vero, un capo come fu Abd el Krim, ma non è da escludersi che possa sorgerne qualcuno. lVIanca pure la riserva organizzata di armi e munizioni di cui disponeva da vari anni l'Emiro del Riff, ma è notorio e provato che gli indigeni fanno presto a rifornirsene saccheggiando le retrovie dopo ogni successo anche parziale.

Bisogna poi tener conto (oltrechè del vivo malcontento diffuso per la carestia cui fa allusione il tenente Bottacci) della ribellione che sempre cova nella regione centralissima del Medio Atlante nonostante la brillante operazione effettuata nello scorso anno (mio telespresso 8 settembre u. s. n. 844/309) nonchè delle incursioni degli abitanti nomadi del possedimento spagnolo di Rio de Oro nel

contiguo Sus recentemente restituito dalla Francia all'obbedienza sia pur nominale del Sultano di Rabat (mio telespresso 22 novembre u. s. n. 1148/421).

A questo proposito la stampa del Protettorato ha già intrapreso una campagna tendente a porre alla Spagna l'aut aut di assicurare l'effettivo rispetto della frontiera da parte dei predetti suoi amministrati (cosa materialmente impossibile per la stessa estensione e natura del possedimento) oppure di cedere il Rio de Oro alla Francia, magari in cambio di concessioni a Tangeri o altrove.

Concludendo, questo stato di diffusa per quanto fino a prova contraria non organizzata effervescenza locale impone fin da ora a Francia e a Spagna nuovi sforzi bellici, nei quali però mancherà questa volta la collaborazione che, sia pur parzialmente ed a stento, si verificò nelle operazioni contro Abd el Krim. Questi ambienti militari spagnoli accusano apertamente i francesi, anche in cospetto di indigeni e di europei di altra nazionalità, di fomentare la dissidenza nella zona spagnola e lo stesso dicono i francesi a carico degli spagnoli per quanto concerne la loro zona. Le discussioni per Tangeri aumentano ed esacerbano la tensione.

Così stando le cose sembrami, a mio rimesso avviso, che convenga al R. Governo, in attesa di maggiori e non impossibili complicazioni, non dipartirsi da un contegno di resistenza passiva nella questione tangerina ed incoraggiare, con le debite precauzioni, la Spagna a non dipartirsene ad onta delle pressioni che sia per fare in senso contrario il Governo britannico (1).

(l) -Cfr. n. 80. (2) -T. gab. 597 jl16, del 6 marzo: « Confermando possibilità segnalatemi da Neurath e da me comunicate a V. E., mi risulta Stresemann aver scritto alla sua famiglia che egli si proporrebbe recarsi verso Pasqua a Roma». (3) -Manca.
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APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE FRANCESE A ROMA, BESNARD

... (2).

l) Mi ha detto di aver consegnato a S. E. Grandi la copia della nota spagnola su Tangeri e la risposta francese.

2) Mi ha detto di aver ricevuto ieri sera un telegramma di Briand, col quale si afferma che Parigi ha dato fermi e severi consigli di prudenza a Belgrado. Il Besnard si è molto doluto degli articoli di Gayda sul Giornale d'Italia.

3) Mi ha detto che il Consiglio dei Ministri francese aveva rinviato ogni decisione circa la risposta da dare al secondo memorandum Coolidge, nell'attesa di conoscere il pensiero del Governo italiano.

Ho risposto:

l) Ringrazio per la cortese comunicazione delle note franco-spagnole.

2) Grato per i consigli di moderazione a Belgrado che devono essere estesi sopratutto alla camarilla militare. 3) Il Governo italiano non ha fretta di rispondere al secondo memorandum Coolidge, ma risponderà in modo negativo.

Besnard.

(l) -Il telespr. venne trasmesso a Parigi, Madrid e Londra in data 2 aprile. (2) -Senza data. Probabilmente del 21 marzo, giorno in cui Mussolini ricevette in udienza
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

TELESPR. RR. P. 213491/39. Roma, 21 marzo 1927.

Quanto V. S. riferisce col suo rapporto n. 391/96 (1) dell'S corrente è particolarmente interessante e la questione merita di essere seguita da parte nostra, anche in Bulgaria, con diligente attenzione, se pure gli onori liturgici da rendersi costà al Rappresentante francese non vengano a recare mutamenti alla situazione preesistente.

Non sembra dubbio che la questione possa e debba risolversi costà, e che il Governo Bulgaro sia il più direttamente interessato a veder scomparire, nel momento in cui intende riprendere la sua piena efficienza politica interna ed internazionale, delle manifestazioni esteriori che si riconnettono ad un regime di protezione francese sugli istituti religiosi cattolici, il cui perpetuarsi non sembra ormai compatibile con tale sua ripresa di attività politica.

Quanto la Santa Sede ha concesso alla Francia coi noti, recenti accordi, è subordinato, in Bulgaria ed altrove, al fatto che il Governo locale nulla abbia in contrario.

Nè, d'altra parte, apparirebbe possibile che la Francia potesse, eventualmente, invocare l'accordo Paprikoff-Paléologue del 2/15 aprile 1910: sia perchè nello stesso non si fa cenno di privilegi quali è quello degli onori liturgici nelle Chiese; sia perchè -come ebbe a riferire codesta R. Legazione col suo telegramma-posta n. 1109/296 del 27 maggio 1925 -tale accordo sarebbe stato concluso contro la promessa, da parte francese, della stipulazione di una Convenzione consolare che consacrasse l'abolizione del regime capitolare, stipulazione non avvenuta; sia, infine, perchè, dopo il 1910, la Bulgaria ha proceduto ad atti internazionali, colla partecipazione anche della Francia, nei quali la materia delle garanzie delle minoranze religiose e dei loro istituti in Bulgaria è stata contemplata.

È, quindi, questa degli « onori liturgici » questione che è rimessa, con più che sufficienti argomenti di eventuale difesa, alla libera elezione del Governo bulgaro, nella misura nella quale esso crederà doversi preoccupare delle manifestazioni, anche soltanto esteriori, che possano ledere l'amor proprio e la dignità nazionali.

Gradirò che S. V. mi tenga al corrente dell'impressione che eventualmente produrranno costà le prossime cerimonie Pasquali. Mi stupirebbe, infatti, che il Governo bulgaro non ne prendesse lo spunto per far agitare la questione dalla stampa ed avere, così, modo di far valere le pressioni dell'opinione pubblica bulgara come motivo di un suo malcontento per l'applicazione in Bulgaria delle concessioni fatte dalla Santa Sede alla Francia, di cui sopra si è parlato.

L'azione della S. V., come comportano le circostanze, dovrà essere vigilante ma prudentissima. Naturalmente Ella si asterrà, insieme al personale di

codesta R. Legazione ed ai connazionali che abbiano costà cariche rappresentative, dall'intervenire a cerimonie religiose in cui siano resi al Rappresentante francese gli onori liturgici in questione.

(l) Cfr. n. 63.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO, PRIMO DE RIVERA

L. Roma, 21 ma1·zo 1927.

La lettera (l) che V. E. mi ha fatto consegnare dal Conte della Vifiaza, mi è giunta molto gradita e per la sostanza e per la forma simpaticamente amichevole.

Questa mia risposta, sarà consegnata a V. E. dal nuovo Ambasciatore d'Italia a Madrid, S. E. il Marchese Medici del Vascello, appartenente ad una delle più illustri famiglie del Patriziato romano; fedele del movimento fascista sino dalla prima ora e sincero amico della Spagna.

Era facile prevedere che le discussioni a due sulla questione di Tangeri, avrebbero assunto un ritmo piuttosto lento. Mentre sono grato a V. E. per le informazioni che ha promesso di darmi sull'andamento dei negoziati, io riassumo ancora una volta in una sola dichiarazione quel che ho più volte detto a

S. E. il Conte della Vifiaza dall'agosto del 1926 all'altro giorno e cioè che l'Italia appoggerà -quando le siano stati riconosciuti i suoi legittimi interessi -la soluzione del problema di Tangeri più gradita alla Spagna.

Questo atteggiamento italiano, ormai definito, trova la sua giustificazione non solo nei vincoli solidi di amicizia fra i due popoli, ma anche nel riconoscimento delle conseguenze che potrebbe avere per l'Italia un aumento dell'Impero africano francese, e in un punto così delicato come il Marocco occidentale. Anche l'Inghilterra non ha -a mio avviso -un interesse a questo aumento della potenza francese, sulle soglie del Mediterraneo. Escludo la soluzione che mi limito a definire « paradossale » di un'amministrazione affidata a neutrali e che V. E. avanza evidentemente a scopo puramente polemico. Non è possibile un governo affidato a neutrali in taluni punti del globo, punti di traffico continentale, poichè dietro i neutrali, risorgerebbe il gioco ed i contrasti delle potenze interessate. Nè sono augurabili altre soluzioni complicate che non eliminerebbero, ma, forse, aggraverebbero le cause di malcontento e di disordine. Una soluzione che chiamerò «prevalentemente» spagnuola del problema di Tangeri, è quella che l'Italia favorirà, perchè rispondente ai legittimi diritti della Spagna ed anche alla sistemazione di quella zona.

Sosterrò queste idee non appena mi sarà data l'opportunità di prendere personale contatto coi dirigenti responsabili della politica estera britannica.

Sono, poi, molto lieto per le notizie che V. E. mi dà sulla situazione interna della Spagna. Io non ho mai prestato fede alle notizie catastrofiche che la stampa di sinistra va periodicamente diffondendo sul conto dei regimi di destra.

• (l) Cfr. n. 48.

Le chiacchiere dei politicanti spodestati non valgono dinnanzi alla mole dei fatti. Il ristabilimento della disciplina militare è una garanzia di solidità del regime instaurato dal Direttorio. Il consolidamento del debito fluttuante è un fattore fondamentale per la difesa della moneta. La creazione di uno Stato organico nel quale tutti gli interessi legittimi trovino posto e voce, aprono nuove vie politiche e morali, all'infuori della oramai documentata menzogna convenzionale delle demagogie suffragistiche e parlamentaristiche.

Nelle così dette demagogie a suffragio così detto universale, comandano, in realtà, gruppi di onnipotenti banchieri di dubbia origine e di ancor più dubbia moralità.

Del resto, io sono informato sull'opera del Governo spagnolo e so eh~ tutta la Spagna è scossa da un fervore di nuova vita in tutti i campi.

Voglia, Eccellenza, accogliere i miei saluti affettuosi e i miei auguri più sinceri per il successo duraturo del nuovo regime che la Spagna si è dato col consenso del Re e del popolo.

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RELAZIONE PER IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI (l)

Roma, 21 marzo 1927.

Dalle notizie giunte a questo Ministero dai RR. Uffici in Levante sembra che sia imminente l'applicazione nei Paesi d'Oriente dei noti accordi firmati a Parigi dal Nunzio Apostolico Monsignor Maglione e dal Ministro degli Esteri francese signor Briand circa gli «Onori liturgici» da concedere ai rappresentanti della repubblica da parte delle autorità e delle Missioni cattoliche in quei Paesi d'Oriente ove non ostino disposizioni in contrario dei Governi locali.

La questione si presenta in special modo acuta in Siria, paese a mandato francese, e darà certamente luogo ad incidenti ad Alessandretta, ove la parrocchia è affidata alla Missione italiana dei Carmelitani scalzi che con tenace sforzo e attraverso molte ostilità e difficoltà ottennero circa venti anni or sono di passare dalla protezione francese all'italiana e che giustamente non possono tollerare di essere nuovamente, dopo tanto tempo, costretti a fare atto di omaggio ed a onorare quelle autorità francesi, dalla cui protezione poterono liberarsi e dalle quali furono sempre combattuti e maltrattati per il loro attaccamento alla patria.

L'Ufficio scrivente si permette pertanto di far presente all'E. V. l'opportunità, prima che incidenti abbiano a verificarsi, di far chiamare padre Tacchi Venturi ed incaricarlo di far presente alle superiori autorità ecclesiastiche che il R. Governo ha con vera sorpresa conosciuto i recenti accordi stipulati a Parigi circa gli onori liturgici, che ribadiscono, sia pure attenuati, i criteri della protezione della cattolicità in Oriente affidata alla Francia, quando sembrava che la Santa Sede avesse con naturale soddisfazione accolto il principio, con tanto costante interessamento sostenuto dall'Italia, che la chiesa cattolica non poteva

che essere diminuita di prestigio e di autorità presentandosi, come una qualunque chiesa orientale, ai popoli di Oriente sotto protezione politica di una grande potenza cattolica, e che specialmente negli attuali momenti la Santa Sede avesse compreso che tale nesso politico sarebbe stato di gran nocumento all'azione cattolica in Oriente, che sarebbe stata a torto o a ragione coinvolta negli odii che suscita e nelle lotte che sostiene colà la potenza protettrice. Tale libertà esteriore di azione aveva la Santa Sede ottenuto. mercè quasi esclusivamente il continuo lavorio ed il reciso atteggiamento del Governo italiano, con le esplicite dichiarazioni di San Remo, e giornali e personalità cattoliche si erano pubblicamente rallegrati che la Chiesa si fosse dopo la guerra finalmente liberata da una «protezione » che in Levante l'opprimeva e la comprometteva.

Sembra quindi veramente strano che di sua iniziativa, senza evidenti motivi, la Santa Sede abbia con i recenti accordi sugli « Onori liturgici » ribadito di fronte agli orientali, sia pur soltanto esteriormente (il che in tale materia e in Oriente è ciò che più vale), il concetto della connessione tra l'azione di una grande potenza cattolica e l'azione religiosa della chiesa.

Sulla convenienza di tali accordi è giudice evidentemente la Santa Sede, ma il R. Governo non può non rilevare che essi confermano quella falsa situazione politica per cui nel Levante, vale a dire nelle regioni in cui per evidenti interessi la politica italiana è più vigile e più attiva, la Francia si trova di fronte alle popolazioni locali in una veste di superiorità riconosciuta ad essa dal Vaticano sulle altre potenze cattoliche.

Ma se questo è un interesse politico generico da tutelare, ben altra importanza ha la possibilità della applicazione di tali accordi a Missioni composte esclusivamente, o quasi, di religiosi cittadini italiani ai quali verrebbe imposto dalla Santa Sede di fare atto di omaggio ad autorità politiche non del loro paese e di pregare pubblicamente nelle feste solenni per la prosperità e per la grandezza di un paese che non è il loro. Ciò non è possibile che venga tollerato senza protesta dal Governo Nazionale Fascista, il quale si riserva di considerare dal punto di vista nazionale la posizione di quei religiosi italiani che non sentissero il naturale ritegno di ubbidire ad ordini che li offenderebbero nella loro qualità di cittadini e che nulla avrebbero di comune con i loro doveri religiosi.

Il R. Governo quindi ha ragione di attendersi che tali ordini non vengano dal Vaticano impartiti per ciò che riguarda le Comunità religiose italiane.

Nello stesso tempo, volendo considerare la questione sotto l'aspetto dei diritti e degli interessi altrui, l'Ufficio non può non riconoscere che il fatto che ad Alessandretta sia affidata a religiosi italiani la parrocchia latina suscita risentimento e proteste da parte della Francia, e che perciò il R. Governo non dovrebbe, a suo avviso, essere alieno dal venire incontro alla Santa Sede nel senso di esaminare, d'accordo con essa le modalità per modificare una tale situazione, con adeguata contropartita che potrebbe essere, per esempio, il passaggio a religiosi italiani della parrocchia latina di Salonicco, situata in territorio ove la Francia non ha speciali diritti, e che pur dovendo servire ad una collettività cattolica composta nella sua enorme maggioranza di italiani, è tuttavia affidata ai Lazzaristi francesi.

La Santa Sede deve in sostanza comprendere che non è possibile sia turbato lo statu quo esistente nel Levante in tale questione a danno del prestigio e degli interessi d'Italia, all'insaputa ed in contrasto con il R. Governo tanto più che essa è a conoscenza degli accordi che furono presi fra il Governo italiano e quello francese al momento del passaggio di protezione delle Missioni italiane in Oriente e in special modo di quella dei Carmelitani scalzi di Siria (1).

(l) La relazione è della Direzione Generale Europa e Levante Uff. V.

89

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, VANNUTELLI REY, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Tangeri, 21 marzo 1927.

Ringrazio V. E. del telegramma per corriere n. 396 Gab. del 6 corrente (2) che Si è compiaciuta di dirigermi e mi auguro che la Spagna, forte di quanto Ella ha dichiarato al conte de la Vifiaza, terrà fermo nei negoziati di Parigi, se non fino alla rottura, almeno quanto basti per ottenere nella situazione a Tangeri modificazioni tali che esorbitino dal famoso « quadro dci trattati ».

In questa seconda ipotesi è probabile che Francia ed Inghilterra ricorrano ad uno dei soliti trucchi per sostenere che le modificazioni, per quanto radicali possano essere, rientrano pur sempre nel surriferito quadro e che la Spagna, pur di ottenere di fatto il suo scopo, si acconci a tener mano al trucco, il cui unico fine sarebbe naturalmente di evitare una discussione delle modificazioni stesse da parte di tutte le potenze interessate e la conseguente convocazione di un consesso internazionale dove potrebbe tornare sul tappeto la malmorta questione marocchina.

Sarà quello forse il punto più delicato del contatto felicemente ripreso con la Spagna e ci converrà allora persuaderla essere suo beninteso interesse -coerentemente alla proposta di conferenza fatta da Primo de Rivera nello scorso agosto ed accettata in massima da S. E. Mussolini -allargare, a fianco nostro, il dibattito sul Marocco, dove tanti problemi vitali, oltre Tangeri, la concernono tuttora (suo comprotettorato non riconosciuto dalla Francia, snazionalizzazione dei suoi numerosi sudditi in zona francese sotto l'impero del decreto presidenziale dell'S novembre 1921, precarietà della frontiera della zona spagnola, etc.), anzichè contentarsi di un successo locale, che potrebbe anche venirle contrastato da noi medesimi qualora non credessimo compatibile con la nostra dignità e con i diritti sanciti nei trattati rassegnarci al trucco in parola e fossimo quindi costretti, nostro malgrado, a continuare ad insistere qui in una nolitica di ostruzione e di resistenza.

Come V. E. ricorderà, io ho costantemente sostenuto che la nostra direttiva nella questione di Tangeri debba consistere nel valerci di essa, con perfetta

(2'} Cfr. p. 47, nota 2.

correttezza di forme ma con inflessibile pertinacia, come di un foro da mina per scrollare anche dal lato del Marocco la muraglia imperialista che, grazie all'interpretazione abusiva dell'istituto del protettorato, la Francia ha innalzato tutt'intorno all'Africa minore, da Tunisi ad Agadir.

So bene che tale disegno contrasta con la politica della Francia non solo, bensì pure con quella dell'Inghilterra. Ma, quanto a quest'ultima, conviene tener presente che il governo britannico, nel suo tradizionale spirito di praticità, finisce sempre per arrendersi alla realtà delle situazioni e che perciò, quando si trovasse di fronte ad una seria resistenza della Spagna e dell'Italia, finirebbe per escogitare una formula atta a contentarle, come la trovò nell'autunno scorso imponendo alla Francia la «conferenza a due e poi a quattro» che fu il premio della nostra triennale fermezza. Quanto alla Francia, poi, l'affermazione del :!lostro antagonismo con i suoi desideri anche nello scacchiere marocchino non aumenterebbe gran che il peso della massa delle attuali vertenze tra essa e noi; chè anzi l'aggiunta di un dissenso in più ai vari altri già esistenti non farebbe se non arricchire di nuove carte il nostro gioco in caso di regolamento pacifico, mentre completerebbe, in caso contrario, il nostro programma di rivendicazioni.

Io non mi fo certo illusioni che in una eventuale conferenza per il Marocco noi potremmo conseguire il ricupero di quanto in questo paese abbiamo perduto per le rinuncie abilmente estorteci nel passato dal signor Barrère in cambio del riconoscimento del fatto compiuto dell'annessione della Libia, il che equivalse, in parole povere, a venderei il sol di luglio. La conferenza fornirebbe però indubbiamente a noi, ed anche alla Spagna se ci riuscisse di associarla alla nostra tendenza, il destro di proclamare e provare in faccia al mondo il nostro buon diritto di arrestare l'artificioso processo di esclusiva francesizzazione a oltranza dell'Africa minore e costituirebbe un gesto di grande valore morale e di grande portata per l'avvenire dell'equilib>-io del Mediterraneo occidentale, alla stessa guisa che l'ardita e inaspettata impostazione della questione italiana alla conferenza di Parigi del 1856 preparò incontestabilimente il terreno al conseguimento della nostra unità.

Incoraggiato dall'autorizzazione datami recentemente a Roma da V. E. ad esprimere con franchezza il mio parere sui criteri risolutivi dei problemi attinenti a questo settore del nostro fronte internazionale, mi sono permesso di esporLe quanto precede, chiedendoLe venia se per avventura non corrispondesse all'indirizzo generale della politica estera del R. Governo.

(l) Appunto a margine: « S. E. il Sottosegretario di Stato ha conferito con Padre Tacchi Venturi .il ~3 aprile 1927 ». ~o ste~so giorno furono impartite istruzioni a Parigi, con particolare nfenmento alla queshone di Alessandretta (t. per corriere 2050, che non si pubblica).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 517/227. Roma, 22 marzo 1927, ore 22.

Giornale Politika di Belgrado pubblica una intervista del signor Zeno Bey, ministro di Albania in quella capitale, il quale ha fatto dichiarazioni tali da svalutare completamente l'azione diplomatica del R. Governo per scongiurare i pericoli che sono addensati alla frontiera nord dell'Albania.

Zeno Bey ha smentito l'esistenza di qualsiasi concentramento alla suddetta frontiera e mentre ha affermato l'amicizia dell'Albania e della Jugoslavia si è espresso nei riguardi dell'Italia come di una potenza da cui ambedue i suddetti stati debbono guardarsi evitando di dare ad essa motivo per sfruttare a danno dei balcanici l'esistenza di eventuali disaccordi.

Incaricato di affari albanese a Londra ha concesso altra intervista al Sunday Times assicurando che le forze albanesi sono in grado di sconfiggere qualsiasi rivolta armata, che gli albanesi non credono che Governo jugoslavo possa minacciare pace balcanica e che desiderio pace della Jugoslavia e dell'Albania non sarà ostacolato da «influenze occulte». Aggiunse che patto di Tirana non può diventare attivo senza decisione delle due camere del parlamento albanese.

Prego V. E. segnalare al signor Zogu queste sconvenienti chiacchiere dei suoi agenti all'estero, in un momento in cui il R. Governo pone in giuoco la sua autorità morale e politica per diradare una minaccia grave ed urgente contro l'Albania e mentre i rappresentanti italiani con ben altra serietà lavorano in silenzio per un interesse comune.

Se le parole di Zeno Bey sono comprensibili con la notoria sua soggezione agli interessi jugoslavi le dichiarazioni dell'incaricato di affari albanese a Londra venendo ad aggiungersi a quelle fanno pensare che non vi siano nell'azione dei rappresentanti albanesi all'estero il coordinamento e le direttive necessarie in questo momento. V. S. dovrà quindi pregare il signor Ahmed Zogu di esigere dai suoi rappresentanti all'estero il riserbo imposto dalle circostanze. Prego V. S. di considerare, dall'atteggiamento di lui, se sia il caso di chiedere che egli faccia conoscere in forma pubblica che nessuno di essi era ed è autorizzato a manifestare apprezzamenti sull'attuale situazione.

La S. V. farà capire che non si possono chiedere all'Italia aiuti e spese cosi ingenti come quelle che noi stiamo per affrontare per gli armamenti albanesi per poi sentirsi dire all'estero dagli stessi albanesi che l'Albania non corre alcun pericolo, non ha bisogno di nulla ed intende rimanere in una linea di interessi esclusivamente balcanici.

91

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 824/189. Costantinopoli, 22 ma1·zo 1927, ore 14 (per. ore 23).

Telegramma di V. E. 497/114 (1).

Ringrazio V. E. di aver lasciato al mio giudizio di fissare la data del viaggio Angora. In questo momento una mia partenza non sembra consigliabile per le ragioni seguenti: l) date insistenti notizie allarmistiche circa situazione balcanica, partenza per Angora dell'ambasciatore d'Italia sarebbe sfruttata da questi sfaccendati giornalisti e dai loschi speculatori per mettere ancora più campo a rumore; 2) le potenze occidentali, specialmente Italia e Inghilterra, hanno

11 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

interesse far sentire ad Angora essere ormai passato il tempo in cui la Turchia rappresentava una parte direttamente interessata nei Balcani. Angora va dicendo che la nuova Turchia ha colà interessi politici da curare e Tewfik Russdi bey cerca di mettere il naso ovunque nella speranza di sentire in qualche capitale puzzo di fumo o tessere intrighi. Ma ciò non risponde nostra convenienza che domanda piuttosto tenere limitato il campo d'azione Angora; 3) ministro affari esteri [non] mi ha inviato risposta alla comunicazione fattagli contenuto telegramma (l) di V. E. circa il progetto incontro Milano. Non voglio aver aria di sollecitarlo mentre è da supporre che egli si renda conto difficoltà che, circa quell'incontro, gli verranno da Mosca dopo nostro riconoscimento trattato Bessarabia. Quindi, qualora urgenti ragioni o ordini in contrario di V. E. non sopravvengano, attenderò recarmi Angora momento in cui mio viaggio desterà minore attenzione. Questa occasione si presenterà nel mese di aprile. Gazi prepara per dopo Ramadan ricevimento corpo diplomatico.

(l) Cfr. n. 81.

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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 822!1892/67. Ginevra, 22 marzo 1927, ore 23,15 (per. ore 0,10 del 23).

Fotitch, nuovo ministro di Serbia presso Società delle Nazioni, si è recato stamane da Drummond per domandargli quale procedura suo Governo potrebbe seguire nel caso decidesse portare questione relazioni serbo-albanesi innanzi Società Nazioni. Egli non dichiarò essere autorizzato a tale passo ed aggiunse ripetutamente ignorare assolutamente se Governo jugoslavo avesse oppure no effettivamente intenzione adire consiglio Società Nazioni. Drummond rispose ritenere unica disposizione patto suscettibile essere invocata nella specie, essere articolo 11, parte seconda, augurarsi peraltro che necessaria chiarificazione situazione potesse aver luogo a mezzo diretti negoziati fra i due Governi. Sondaggi, pure compiuti presso Drummond per altro tramite per sapere se Lega delle Nazioni potrebbe prendere iniziativa inchiesta sui luoghi, hanno avuto esito nettamente negativo. Per auanto eccitazione da me segnalata sabato sia diminuita, è naturale che zelatori Lega delle Nazioni vedrebbero con piacere un appello della Serbia al consiglio Società Nazioni. Ritengo che, non solo ciò non sarebbe nell'interesse nostro in quanto permetterebbe una discussione (per quanto inconcludente) sul patto di Tirana, ma in fondo non risponderebbe neppure interessi generali. Stesse dichiarazioni ministro affari esteri jugoslavo si prestano ad una soluzione meno solenne, ma più pratica che potrebbe consistere anche, ·secondo Drummond, nell'affidare indagini eventualmente necessarie agli addetti militari grandi potenze a Belgrado. Importa d'altra parte non lasciare impressione che Serbia sia stata sospettata senza ragione. Sarò costà domenica.

(l) Cfr. n. 35.

93

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 833/184. Londra, 23 marzo 1927, ore 3,25 (per. ore 8).

S. M. re Giorgio, dal quale ho avuto onore di pranzare ieri sera, ha dimostrato meco una certa ansietà per tensione creatasi fra l'Italia e Jugoslavia.

S. M. ha espresso speranza e fiducia che possa trovarsi presto un modo uscita dalla attuale delicata situazione. Nel corso della conversazione re Giorgio, mentre si è dimostrato perfettamente convinto delle intenzioni pacifiche del

R. Governo, si è esoresso in termini assai vivaci nei riguardi della Jugoslavia.

94

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 834/185. Londm, 23 marzo 1927, ore 3,25 (per. ore 13,50).

Mio telegramma n. 177 (1).

Chamberlain essendo oggi ritornato a Londra, ho avuto con lui lungo colloquio. Conforme istruzioni di V. E. gli ho rimesso un estratto del telegramma di V. E. gab. n. 495/177 (2) annettendovi le notizie di cui ai telegrammi 469, 481/172, 493/176, e 514/180 (3) e dichiarandogli che mi riservavo fargli pervenire volta per volta ogni altra informazione che mi sarebbe stata trasmessa allo stesso scopo da V. E. Segretario di stato mi ha ringraziato. Ho [trovato] Chamberlain piuttosto disorientato e perplesso. Egli mi ha detto infatti che. secondo informazioni pervenutegli da Roma in seguito primo colloquio tra V. E. e nuovo ministro di Serbia, credeva potersi ritenere la situazione migliorata. Invece, senza alcunchè di speciale si fosse verificato, era intervenuto passo italiano a Londra, a Parigi, ed a Berlino, il quale, col dare notizia ufficiale delle

misure militari prese da Governo jugoslavo, aveva investito della questione le tre grandi potenze. Chamberlain osservava poi che, secondo sue [informazioni i preparativi] militari della Jugoslavia non avrebbero gravità e l'importanza attribuita da parte italiana. Comunque, in seguito passi fatti dal R. Governo e davanti all'ansia manifestata dall'opinione pubblica e dalla stampa, Governo britannico sentiva di non poter rimanere inattivo pur non vedendo ancora quale efficace azione potrebbe utilmente spiegare. Intanto alla mente del segretario di stato si presentano due possibilità:

l) portare la questione avanti al consiglio Società Nazioni in base articolo 11 del Covenant;

131 Notizie sulla Juioslavia.

2) accoglimento idea avanzata dal ministro esteri jugoslavo nel suo discorso di ieri alla Scupcina dell'invio di una commissione militare per accertare fatti alla frontiera serbo albanese.

Quanto alla prima possibilità, Chamberlain è portato ad escluderla non sembrandogli la situazione essere tale da giustificare riunione straordinaria di un consiglio a poche settimane di distanza dalla chiusura della sua sessione ordinaria. Resterebbe la seconda possibilità che presenterebbe certi vantaggi. Segretario di stato pensa che semplice invio di una commissione d'inchiesta, mentre potrebbe contribuire a migliorare situazione locale alla frontiera serbo albanese, varrebbe anche a togliere alla Jugoslavia ogni possibilità di condurre a compimento gli eventuali suoi propositi aggressivi. Prima però di intraprendere una qualsiasi azione tendente all'invio di una tale commissione militare, Chamberlain desidererebbe conoscere pensiero di V. E. in proposito. Perciò mi ha pregato telegrafarle d'urgenza e comunicargli poi la risposta. Premura di Chamberlain di conoscere pensiero di V. E. è causata anche dal fatto che, tanto da Parigi che da Berlino, in seguito passi fatti dai nostri ambasciatori in quelle capitali, è stata chiesta e si aspetta di conoscere maniera di vedere del gabinetto di Londra. Da tutta la conversazione mi è risultato inoltre: l) che, in un colloquio intervenuto stamane fra Chamberlain e ministro jugoslavo, segretario di stato ha dato consigli di prudenza; 2) che eguali consigli di prudenza sono stati dati dal Governo francese al ministro jugoslavo a Parigi; 3) che il Governo tedesco ha interpretato passi fatti fare dal R. Governo a Berlino come un velato invito a Stresemann, presidente di turno del consiglio della Società delle Nazioni, a preparare convocazione consiglio stesso. Aggiungo ad ogni buon fine che Chamberlain, fermandosi considerare l'eventualità invio di una commissione di inchiesta frontiera serbo albanese, ritiene: l) commissione dovrebbe compiere inchiesta tanto in territorio jugoslavo che in territorio albanese; 2) commissione non potrebbe essere composta degli addetti militari a Belgrado, visto che Germania da noi chiamata anche in causa, per il trattato di Versailles non ha agenti. rivestiti di tale qualità. Resto in attesa di istruzioni di V. E. perchè io possa fare opportune comunicazioni a Chamberlain.

(l) -Cfr. n. 79. (2) -Cfr. n. 82.
95

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM (l)

Roma, 23 marzo 1927.

GRAHAM. -Chamberlain mi ha pregato di rimettervi questo Memorandum col quale egli si propone di condurre a un pacifico svolgimento l'attuale tensione italo-serbo-albanese (vedi Memorandum).

MussoLrNr. -Vi prego di telegrafare a Chamberlain che io accetto la sua proposta e dato che la segnalazione degli armamenti jugoslavi è partita dall'Italia, non è possibile un atteggiamento diverso.

Ma aggiungo le considerazioni seguenti che vi prego di segnalare al vostro

ministro:

a) l'annunzio della Commissione d'inchiesta non farà che riaccendere le

polemiche internazionali e l'eccitazione pubblica che sono in un momento de

clinante.

b) l'inchiesta non darà risultati sinceri, perchè i preparativi dei «comi

tagi » o di bande analoghe sono inafferrabili.

c) i risultati dell'inchiesta daranno esca a nuove polemiche e allonta

neranno invece che avvicinare la tranquillità in quella zona.

d) comunque l'inchiesta non agirà sulle cause degli avvenimenti di

questi giorni, cioè sullo stato dei rapporti fra Roma e Belgrado.

È la causa che bisogna eliminare, non soltanto gli effetti.

GRAHAM. -Mi rendo perfettamente conto della logica e fondatezza di

queste osservazioni, perchè non bisogna correre il rischio di dare nuova esca a un fuoco che sta illanguidendosi. Ma che cosa si potrebbe fare per eliminare la causa, cioè la tensione fra Roma e Belgrado?

MussoLINI. -Primo fatto: ratificare le Convenzioni di Nettuno. Ripren

dere cioè con prove concrete la politica di amicizia inaugurata col patto di

Roma del 1924.

GRAHAM. -E se Perich prendesse l'impegno di questa ratifica?

MussOLINI. -Non più sufficiente, perchè impegni di questo genere sono stati presi una dozzina di volte e sempre invano data la situazione dei partiti e del Governo S. H. S. In realtà il Governo è sopraffatto dai Circoli Militari. (Gli ho tracciato la brillante carriera del Comandante della Divisione della Guardia Reale di Belgrado).

GRAHAM. -Che cosa pensereste di un intervento del Consiglio della Lega? MussoLINI. -Da evitare. Si avrebbero quintuplicati gli inconvenienti dell'inchiesta. Vi ripeto io sono favmevole all'inchiesta, ma ho il dovere di dirvi il lato negativo dell'iniziativa.

Il Governo fascista che sta creando un nuovo regime ha bisogno di « pace » ed evita « ogni distrazione ». È sinceramente animato da sensi di pace. Il mondo della finanza crede in questi sentimenti. Se avesse voluto pescare nel torbido, non avrebbe tirato il campanello d'allarme.

GRAHAM. -La vostra documentazione sui preparativi jugoslavi è antica

o recente? MussoLINI. -È freschissima. Di questi giorni. Ed è incontrovertibile.

ALLEGATO.

MEMORANDUM

(Traduzione)

Roma, 23 marzo 1927.

Si suggerisce che un Ufficiale dell'esercito designato da ciascuno dei tre Gvverni ai quali venne fatta la comunicazione italiana investighi sulle concentrazioni militari delle quali si parla e sugli apprestamenti tanto in Jugoslavia che in Albania e che riferisca a questi Governi sullo stato attuale dei fatti. Un ufficiale italiano e jugoslavo potrà essere aggiunto alla Missione che avrà un immediato effetto pacificatore per riC'Ondurre la calma, e potrebbe forse portare ad alcune proposte di carattere permanente per prevenire incidenti nella frontiera jugoslavoalbanese.

(l) L'appunto fu trasmesso a Parigi, Londra e Belgrado.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 85·8/263. Belgrado, 24 marzo 1927, ore 18,30 (per. me 21).

Mio telegramma 262 (1).

L'iniziativa britannica che Kennard asserisce sua personale, inchiesta fatta a mezzo addetto militare, presenta, a mio avviso, due gravi inconvenienti che ne renderebbero derisorio il risultato. l) So che militarmente e politicamente Jugoslavia ha avuto già, specialmente dopo energico e chiarificatore intervento di V. E., tutto il tempo di mettersi, dirò così, in regola specialmente per quanto riguarda l'azione dei rifugiati, talchè la commissione si troverebbe di fronte ad una situazione quasi normale. 2) I comitagi macedoni e serbi, gli agenti provocatori in territorio serbo sono già stati messi sull'avviso; l'allarme è stato dato e l'inchiesta (come già quella per incidente greco-bulgaro di Petric) non riuscirebbe a trovare nemmeno più la fotografia di un comitagio. Conseguenza di quanto precede sarebbe l'accusa jugoslava a noi di cattive informazioni risultate poi, alla prova dei fatti, per lo meno esagerate. I provvedimenti militari di carattere permanente non potrebbero venire celati, ma essi risultano da elementi che si sviluppano in tutto il territorio jugoslavo, come ho fatto presente a V. E. coi noti miei telegrammi. Occorre tener presente che l'idea dell'inchiesta ha origine dal discorso del ministro affari esteri S. H. S. alla Scupcina, che intendeva respingere le accuse mosse alla Jugoslavia di armamenti e preparativi febbrili e generali. Infatti, Perich non ha chiamato il mondo a verificare se Jugoslavia armava alla sola frontiera albanese, ma ha detto testualmente: « Siamo sempre pronti a dare prove della politica di pace che ci è molto necessaria. Siamo disposti permettere subito dopo inchiesta pubblica, che gli esperti di tutto il mondo vengano qui, noi li invitiamo. Una tale inchiesta potrà provare, io lo garantisco, che la nostra difesa nazionale non ha per nulla oltrepassato i limiti normali e si potrà constatare sul posto che le notizie non fondate circa nostri preparativi di entrare in Albania sono lanciate ecc.». Egli parlava quindi di una inchiesta senza limiti di spazio, diretta a verificare sia i preparativi militari, che quelli [per] portare la rivoluzione in Albania, e non di una inchiesta limitata ai preparativi sulla frontiera albanese. E poichè Perich ha posto come condizione anche la frontiera dalla parte albanese si debba trovare alle stesse condizioni che dalla parte jugoslava, ne deriva la necessità che ad ogni modo l'Albania sia consenziente, e potrebbe darsi che non lo fosse.

(l) T. gab. 851/262 del 24 marzo: proposta inglese di inchiesta sulla situazione degli armamenti al confine fra Jugoslavia e Albania.

97

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 856/189. Londra, 24 marzo 1927, ore 21,55 (per. ore 1,45 del 25).

Mio telegramma n. 185 (1).

Mi risulta che pensiero Chamberlain si è andato sempre più orientando verso necessità dell'invio sui luoghi di una commissione d'inchiesta. Tale commissione dovrebbe essere composta di un membro inglese, uno francese, uno tedesco e vi potrebbero essere aggiunti rappresentanti degli stati interessati. Ad inchiesta finita alcuni ufficiali di nazionalità da scegliere potrebbero essere poi destinati alla frontiera serbo-albanese per sorvegliare la situazione. Sotto la pressione dell'opinione pubblica e del parlamento che al fine della pace reclamano tanto una pronta azione da parte inglese quanto della Società delle Nazioni, Chamberlain penserebbe che il rapporto della commissione d'inchiesta potrebbe essere a suo tempo 'Comunicato, ave le potenze lo ritenessero opportuno, al Consiglio della Società delle Nazioni. Mi risulta inoltre che a titolo informativo e confidenziale pensiero surriferito del segretario di stato sarebbe stato comunicato a Parigi e a Berlino. Ambasciata britannica a Roma dovrebbe fare opportuna comunicazione a V. E. in proposito. Da parte mia mi riservo di vedere Chamberlain non appena mi perverrà risposta al mio telegramma cui sopra mi riferisco.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 558/133. Roma, 25 marzo 1927, ore 3,50.

Prego informare subito personalmente il generale Averescu da parte mia che in occasione della venuta in Italia del conte Bethlen, ai primi di aprile, il

R. Governo ed il Governo d'Ungheria sono in massima d'accordo per addivenire alla firma di un trattato di amicizia conciliazione e arbitrato. Il testo di tale trattato (2) consisterà nella constatazione delle amichevoli relazioni fra due paesi, allo scopo di unire i loro sforzi per il mantenimento della pace e

dell'ordine e nell'impegno di deferire ad una procedura di conciliazione e di arbitrato le divergenze che sorgessero fra i due paesi e che non fosse stato possibile di risolvere in via diplomatica. I particolari della procedura d'arbi

trato saranno conformi a quelli stabiliti nella maggior parte dei trattati del genere.

Ella vorrà aggiungere al generale Averescu che ho tenuto in modo particolare a fargli pervenire questa preventiva comunicazione, perchè ho fiducia che il Governo romeno non potrà interpretare il detto trattato se non come una nuova prova delle leali intenzioni del Governo italiano tendenti al consolidamento della pace e dell'ordine. Il pubblico riconoscimento delle amichevoli relazioni esistenti fra l'Italia e l'Ungheria servirà inoltre a dare alla Romania una importante garanzia di pace ed a facilitare quella saggia politica di riavvicinamento ungaro-romeno che il R. Governo ha sempre auspicato tanto nell'interesse romeno quanto in quello della sicurezza balcanica ed in generale europea. Ritengo quindi che il generale Averescu che ha avuto anche recentemente una prova clamorosa della rettitudine delle linee della politica italiana avrà motivo di compiacersi della stipulazione del patto itala-ungherese e si adoprerà con ogni efficacia perchè esso sia giustamente interpretato in Romania quando ne verrà dato l'annunzio ufficiale.

Naturalmente la presente comunicazione deve considerarsi per ora di natura strettamente confidenziale.

(l) -Cfr. n. 94. (2) -Testo del trattato, del 5 aprile, in Trattati e Convenzioni ecc., XXXVII (1927), pp. 195-202.
99

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 559/113. Roma, 25 marzo 1927, ore 4,30.

Suoi telegrammi 107 (l) e 108 (2).

Nel prendere atto delle dichiarazioni fatte da codesto ministro degli affari esteri nella commissione affari esteri alla camera alta, prego informare conte Bethlen che ho esaminato il progetto sottopostomi per il trattato di amicizia conciliazione e arbitrato nonchè quello delle lettere segrete da scambiarsi in occasione della firma del protocollo suddetto. In sostanza li ho trovati corrispondenti agli scopi che si propongono i nostri due Governi nell'addivenire alla stipulazione di tali atti. Mi riservo apportarvi tuttavia alcune modifiche di forma che si potranno discutere a Roma personalmente con Bethlen nonchè considerare la convenienza di scindere il testo in due protocolli per dare con uno di essi maggiore risalto ai principì informatori del patto di amicizia e conciliazione e stabilire coll'altro i particolari della procedura di arbitrato. Ella potrà dire quindi al conte Bethlen che in tal modo gli atti che firmeremmo insieme a Roma sarebbero i seguenti:

l) Patto di amicizia, conciliazione e arbitrato.

amicizia, conciliazione e arbitrato.

2) Protocollo per la procedura· di arbitrato.

3) Protocollo o scambio di lettere per Fiume.

4) Scambio di lettere segrete per reciproca consultazione.

(l) -Cfr. n. 78. (2) -T. gab. 746/108 del 19 marzo con cui Durini trasmetteva il progetto del patto di
100

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA

T. GAB. 576/211. Roma, 27 ma1·zo 1927, ore 7.

Mentre sono senza comunicazioni sul pensiero di codesto Governo dopo la mia conversazione con Graham (l) e sui passi che debbono intercorrere in questo momento tra i vari Governi, leggo nella stampa internazionale una ridda di previsioni ed ipotesi le quali tutte lasciano vedere, a proposito del comnito dell'eventuale commissione di inchiesta, una deviazione pericolosa. Si uarla infatti di una commissione che debba recarsi alla frontiera jugoslavo-albanese per rendersi conto della entità delle minaccie contro l'Albania da noi segnalate.

A questo riguardo occorre subito ricondurre la questione al suo vero oggetto giacchè se alcune nostre segnalazioni riguardavano le minaccie contro l'Albania le altre ed anzi le principali riguardavano gli armamenti intensi ed affrettati della Jugoslavia e tutti i provvedimenti militari adottati dopo il patto di Tirana indipendentemente dalle concentrazioni sulla frontiera albanese di elementi irregolari larvati ed incontrollabili.

Del resto il signor Perich nel suo discorso non ha chiamato il mondo a verificare se la Jugoslavia armasse alla sola frontiera albanese, ma ha detto testualmente: «Siamo sempre pronti a dare prove della politica di pace che ci è molto necessaria. Siamo disposti permettere subito inchiesta pubblica; che gli esperti di tutto il mondo vengano qui; noi li invitiamo. Una tale inchiesta potrà provare, io lo garantisco, che la nostra difesa nazionale non ha per nulla oltrepassato i limiti normali ecc. ecc. >>.

Ciò posto prego V. E. di dichiarare al signor Chamberlain che su queste basi io confermo ancora una volta la mia accettazione dell'idea di una inchiesta (pur .constatando che ogni giorno che passa ne diminuisce l'efficacia e ne accresce gli inconvenienti da me additati) ma debbo avvertire che l'inchiesta deve avere per oggetto tutti i punti da me segnalati e non deve essere limitata soltanto ad alcuni di essi e per giunta a quelli che per loro natura apparivano già organizzati in forma larvata e quindi imponderabile e saranno ogni giorno meglio mascherati. Se questa ampiezza di controllo -che del resto non appariva limitata dal testo del memorandum presentatomi da Graham -viene confermata io sarò lieto che una forma veramente efficace e completa di controllo pacifico venga ad integrare le segnalazioni fatte dal R. Governo nell'interesse della pace europea.

(l) Cfr. n. 95.

101

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 914/121. Bucarest, 28 marzo 1927, ore 14,20 (per. ore 19).

Ho fatto ieri ad Averescu, che in questi giorni è stato occupatissimo, comunicazione di cui al telegramma V. E. 558/133 (1). Averescu ha tenuto prima di tutto a ringraziare V. E. della preventiva comunicazione che ha voluto fargli, ciò che ancora una volta prova leali intenzioni del R. Governo. Venendo poi a trattare degli effetti che l'annunzio della conclusione del trattato consacra in questo paese, egli ha notato che i circoli di opposizione nonchè gli elementi più dediti alla Francia ed alle direttive della Piccola Intesa non mancheranno di allarmarsi e considerare trattato per lo meno come poco opportuno ora che la Romania deve risolvere con Ungheria nota questione degli optanti ungheresi (mio telegramma 103) (2). Si avrà timore che in questa vertenza Italia sfrutti interessi nuova amica, che non mantenga attitudine altrettanto amichevole o del tutto imparziale nei riguardi Romania. Per il Governo invece ed in generale per gli uomini politici che considerano l'avvenimento con obiettività, nuovo trattato potrà non essere considerato sfavorevole per la Romania se capace di produrre buoni effetti nell'avvenire. Questo spirito irredentista che sfoggiano ungheresi in ogni occasione potrà essere calmato da una azione moderata dell'Italia e non vi sarà che ..... (3) rinsaldare relazioni amicizia fra l'Italia e l'Ungheria. Tornando questione optanti Averescu disse risultargli che tanto i vari Gabinetti europei quanto stesso rappresentante alla Società Nazioni dovrebbero propendere a riconoscere buon diritto Romania. Egli spera dunque che l'Italia non si discosti da questa attitudine, e che nella peggiore delle ipotesi per la Romania, tenga un contegno assolutamente neutrale. Circa azione del Governo su questa pubblica opinione al momento in cui trattato verrà annunziato ufficialmente, Averescu ritiene preferibile che giornali governativi si limitino registrare avvenimenti ed attendano commenti degli oppositori. Egli reputa metodo errato quello di cercare di influire preventivamente sugli avversari con una campagna di stampa perchè si darebbe facile giuoco a coloro che così sovente hanno tacciato suo Governo di italofilia troppo spinta. Meglio dunque aspettare che gli avversari prendano posizione per cercare poi di fare· loro comprendere vero significato del nuovo trattato, come cioè relazioni amicizia ira l'Italia e l'Ungheria saranno garanzia di pace e faciliteranno accordi per ulteriori avvicinamenti regno S.H.S., Ungheria e Romania auspicati da V. E. Pur avendo riferito fedelmente a V. E. considerazioni svoltemi da Averescu, credo non dover nascondere mia impressione generale che mia comunicazione abbia lasciato in lui un certo senso di preoccupazione malgrado mie osservazioni ispirate a spirito di [amicizia] di V. E. per Romania. Tornerò quindi con Averescu sull'argomento in un colloquio che ho fissato per domani e mi adopererò a con

vincerlo sempre meglio che rinsaldare vincoli amicizia italiana tornerà profitto della stessa Romania. Sarebbe utile che io fossi autorizzato fare Averescu qualche dichiarazione preliminare e rassicurante circa nostra attitudine nella questione optanti (1).

(l) -Gfr. n. 98. (2) -Cfr. n. 76. (3) -Gruppo indecifrato.
102

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DELLA TORRETTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 911/196. Londra, 28 marzo 1927, ore 21,40 (per. ore 7 det 29).

Nel colloquio avuto oggi con Chamberlain mi sono ispirato al contenuto del telegramma di V. E. n. 576/211 (2) e dopo avergli esposto tutte le considerazioni fatte da V. E., gli ho dichiarato che idea di una inchiesta veniva accolta da V. E. nell'intesa che essa dovesse comprendere tutti i fatti da noi denunziati, e cioè tanto i preparativi militari della Jugoslavia di ordine generale quanto i particolari riferentisi all'Albania. Chamberlain mi ha risposto in modo uiuttosto evasivo e mettendo anche qualche dubbio sulla possibilità che alcune potenze intraprendessero una specie controllo su tutte attività dell'amministrazione militare jugoslava. Mi ha poi ripetuto essere sempre persuaso che le nostre informazioni" sui preparativi militari jugoslavi contenevano grandi esagerazioni. Ho naturalmente replicato sulla assoluta fondatezza delle nostre affermazioni ed ho pregato il segretario di stato di prendere atto della dichiarazione che venivo a fargli d'ordine di V. E. Chamberlain ha allora detto che tutto ciò gli sembrava in gran parte ormai sorpassato poichè, secondo quanto gli aveva telegrafato Graham dopo la conversazione avuta con V. E., gli constava che

V. E. giudicava situazione come migliorata e che V. E. riteneva che allo stato delle cose unico e migliore mezzo per ristabilire una situazione normale fra l'Italia e la Jugoslavia era quello di iniziare una leale e amichevole conversazione diretta fra Roma e Belgrado. Chamberlain divideva questa maniera di vedere di V. E. e perciò, lasciando in sospeso la proposta fatta di una inchiesta. stava studiando il modo come poter facilitare le conversazioni dirette fra Governo italiano e quello jugoslavo. Segret~rio di stato ha soggiunto non avere ancora concretato suo pensiero in proposito ma che appena ne fosse stato in i[rado avrebbe incaricato Graham di fare opportune comunicazioni. Dopo aver fatto rilevare ad ogni buon fine che le informazioni riferite da Graham circa disposizione di V. E. ad iniziare immediate conversazioni con Belgrado non erano a mia conoscenza, ho cercato di indagare in quale direzione si orientasse pensiero di Chamberlain per la sua futura azione. Segretario di stato ha preferito non dir nulla pel momento riservandosi di parlarmene quando avesse qualche cosa di preciso da potermi comunicare. Non mancherò indagare anche per via indiretta, ma credo intanto poter affermare che Foreign Office non farà conoscere suo pensiero prima aver consultato Parigi e informato Berlino.

(l) -A margine di quest"ultima frase annotazione di Mussolini: «Si>. (2) -Cfr. n. 100.
103

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 588/135. Buca1·est, 28 marzo 1927.

La Romania e le sue alleanze.

Sotto questo titolo l'Indépendance Roumaine pubblica l'unito editoriale (l) sul quale credo dover attirare l'attenzione dell'E. V. Esso riassume non solo una direttiva politica che trova il suo maggiore punto d'appoggio in quella seguita dal partito liberale ma anche uno stato d'animo tuttora assai diffuso, in generale nelle sfere politiche dirigenti, per ciò che riguarda il quadro in cui la politica estera della Romania dovrebbe continuare necessariamente a muoversi, all'infuori delle considerazioni di partito o delle diverse tendenze manifestate da questo o quel Governo, da questo o quell'uomo politico, anche e tanto più se, come il generale Averescu, esso travisi alla direzione della cosa pubblica.

Questo stato d'animo che ho ampiamente lumeggiato nel mio rapporto (gabinetto-riservatissimo) del 31 gennaio u. s. n. 214/52 (L'Italia e la Romania) (2) non ha mancato e non manca di manifestarsi a breve distanza dagli entusiasmi romeni per la ratifica italiana dell'accordo sulla Bessarabia: ed anzi questi entusiasmi lo hanno in certo modo risvegliato, pur ravvivando nello stesso tempo i sentimenti d'amicizia per il nostro Paese. A cose finite, si è quasi temuto di aver trasceso nelle dimostrazioni di simpatia per l'Italia: si è temuto che tali dimostrazioni, aggiungendosi agli sforzi ~he il generale Averescu non cessa notoriamente di fare per rendere sempre più intimi i rapporti italaromeni, e incoraggiandoli, creassero all'estero, e soprattutto a Parigi e nelle Capitali della Piccola Intesa, l'impressione che un mutamento abbastanza radicale nelle direttive della politica estera della Romania sia già in corso.

Come ho sempre cercato di mettere in giusto rilievo le tendenze e l'azione sinceramente amichevole, nei nostri riguardi, dell~attuale governo e soprattutto del suo Capo, credo mio dovere mettere in eguale rilievo un altro elemento, non meno interessante, dell'attuale momento politico romeno: le difficoltà cioè, che lo stesso generale Averescu, e noi con lui, dovremo ancora superare perchè la Romania acquisti gradatamente, e nelle direzioni che a noi convengono, una certa maggiore libertà di movimenti, anche all'infuori del quadro di politica estera in cui essa si è mossa esclusivamente, dalla guerra in poi. Il generale Averescu è strettamente sorvegliato e, per quanto egli si sforzi di liberarsi a poco a poco dalle strettoie con cui, giorno per giorno, i capi liberali lo premono da ogni parte, la sua libertà d'azione, così in politica estera come nella politica interna, è ancora limitata.

Se quindi la nostra azione non fosse, almeno in apparenza, più che discreta e aliena anche in. avvenire da qualsiasi superflua manifestazione esterna noi renderemmo a noi e a lui un cattivo servizio, provocando reazioni che lo met

terebbero in situazioni difficili e che incepperebbero o ritarderebbero il progresso della nostra influenza e della nostra penetrazione politica in questo Paese (1).

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. serie VII, IV, pp. 464-466, nota.
104

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2066/2034/67. Ginevra, 30 marzo 1927, ore 0,05 (per. ore 1,35).

Assumendo funzioni ebbi con Drummond colloquio che riferisco nella parte di più immediato interesse. Poichè ero stato informato al mio arrivo che Avenol, segretario generale francese, sarebbe partito domani per Sofia per trattare questioni connesse prestito bulgaro e si sarebbe fermato [a Belgrado], ho creduto fare subito sentire a Drummond quanto io trovassi inopportuno tale viaggio in questo momento. Comunque cosa avvenisse, l'impressione sarebbe stata che il più alto funzionario francese della Società Nazioni andava a Belgrado per raccogliere lamenti e proteste jugoslave. Dissi che trovavo momento male scelto nella fase attuale della crisi, persona non indicata specialmente dopo dichiarazione Briand, e che temevo ripercussione sfavorevole specialmente in Italia tanto contro azione Società Nazioni quanto nei riguardi della Francia. Drummond mi obbiettò che le notizie che aveva della sovreccitazione degli animi a Belgrado, dove si continuava a temere l'occupazione dell'Albania da parte Italia ed una eventuale azione contro la Jugoslavia d'accordo con l'Inghilterra, l'avevano deciso ad intervenire indirettamente ed in via ufficiosa per pacificazione. Non poteva certamente inviare un funzionario inglese, e sperava che francese accolto senza diffidenza avrebbe potuto fare opera utile. Replicai che secondo me la situazione odierna avrebbe dovuto sconsigliare intervento sia pure ufficioso della Società Nazioni. Meglio valeva lasciare tempo che l'azione dei rappresentanti delle grandi potenze avesse il suo efretto, mentre Jugoslavia con le ..... (2) nel caso aveva sino ad ora reso possibili incidenti che avrebbero potuto fatalmente provocare un suo intervento mostrando coi fatti sua ferma volontà di pace [sic]. Jugoslavia piuttosto potrebbe manifestare con pari franchezza chiarire sue intenzioni pacifiche ratificando finalmente accordo Nettuno, anzichè invocare inutili parziali e tardive inchieste. Partenza affrettata Avenol si sarebbe prestata all'interpretazione che Francia aveva ottenuto che Società Nazioni si mettesse a disposizione di Belgrado. Ho ottenuto che viaggio di ritorno Avenol sia rinviato di quindici giorni e che cominci da Sofia dove Avenol sembra si fermerà almeno per cinque giorni per trattare questione connessa prestito bulgaro. Ho anche suggerito di fare accompagnare Avenol da funzionario italiano. Con telegramma successivo riferirò altro soggetto mio colloquio Drummond. Per mia ulteriore azione sarò grato se V. E. vorrà telegrafarmi se approva linea di condotta da me seguita.

105.

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 933/129. Atene, 30 maTzo 1927, oTe 21,30 (per. ore 24 del 31).

Continua sempre pm incalzante la campagna che, secondo quanto ho già segnalato all'E. V. col mio telegramma n. 125 del 25 corrente, si compie da tutte le fonti per cercare con ogni mezzo di riattrarre questo Governo nell'orbita jugoslava. Valendomi nel modo più conveniente dell'ampio materiale informa-. tivo fornitomi telegraficamente da V. E., ho intrattenuto questo ministro affari esteri in lunghissimo ed assai cordiale colloquio nel corso del quale abbiamo riesaminato insieme tutta l'attuale situazione balcanica e gli interessi greci che ne risultano. Michalacopoulos mi ha fatto in conclusione le seguenti precise dichiarazioni :

l) considera che l'atteggiamento assunto dall'Italia nella presente fase delle relazioni serbo-albanesi sia una prova convincente del fatto che essa non intendeva crearsi col patto di Tirana un alibi per giustificare suo preteso desiderato intervento in Albania;

2) considera che, indipendentemente dalla realizzazione o meno della progettata inchiesta degli addetti militari (i cui risultati egli ha aggiunto sarebbero d'altra parte del tutto problematici data la quasi impossibilità di un'effettiva verifica), l'Italia ha conseguito finora un successo diplomatico di prim'ordine (sic) giacchè il risultato pratico che era importantissimo ottenere per sè e per la pace balcanica consisteva nell'arrestare i movimenti organizzati in Albania e fuori per una violenta sostituzione di Ahmed Zogu con altro regime grato alla Jugoslavia;

3) non rifiuterà di trattare eventualmente con la Serbia per conclusione convenzioni commerciali e di traffico per Salonicco, ma soltanto a condizioni di perfetta parità e lasciando, se occorre, totalmente da parte questione alleanza

o patti di amicizia che la Jugoslavia (della cui protezione politica Grecia non ha più bisogno) volesse far pesare a proprio favore sul negoziato;

4) l'attuale Governo ellenico fa delle relazioni strettamente amichevoli con l'Italia uno dei principalissimi capisaldi della politica greca. Ha poi aggiunto spontaneamente in linea confidenziale essere ciò perfettamente logico, dato che la Francia ha evidente interesse a favorire creazione di una egemonia serba nei Balcani, mentre che interesse italiano deve necessariamente vedere di buon occhio il determinarsi in favore della Grecia di un certo equilibrio che compensi in parte tale tendenza egemonica. Questo mio collega di Romania mi ha poi detto avergli fatto Michalacopoulos delle dichiarazioni che collimano testualmente con punto secondo del presente telegramma.

(l) -Annotazione marginale: • Visto da S. E. il Presidente. 7-4-27. Guariglia •. (2) -Gruppo indecifrato.
106

RELAZIONE DELL'UFFICIO V EUROPA E LEVANTE PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

Roma, 31 marzo 1927 (2).

1

I recenti tentativi spagnuoli e l'atteggiamento dell'Inghilterra.

Fin dall'aprile scorso essendosi intensificata l'azione indiretta del Governo spagnuolo per agitare la questione di un'eventuale incorporazione della zona di Tangeri nella contigua sfera di influenza spagnuola (si ricorda a questo proposito lo stabilimento di un cordone doganale intorno alla detta zona) furono date istruzioni ai R. Ambasciatori a Londra a Parigi ed a Madrid di sondare quei Governi per conoscere ad ogni buon fine quale era il loro pensiero su tale questione.

Si aggiunse: « che i predetti R. Ambasciatori avrebbero dovuto trovare l'occasione propizia ed il modo più opportuno per fare sentire a quei Governi quanto sarebbe stato impolitico di non tener conto dell'Italia come Grande Potenza Mediterranea e della nostra nuova coscienza Mediterranea, non tenendoci debitamente e tempestivamente al corrente di eventuali soluzioni del problema marocchino contrastanti con l'attuale situazione giuridica internazionale di esso, e specialmente con l'atto di Algesiras. Ciò avrebbe potuto rendere anche più ardua, invece di agevolarla la soluzione della questione di Tangeri » (telespresso ministeriale n. 217032 del 28 aprile 1926).

Da Parigi non giunsero informazioni precise, ma il punto di vista del Governo francese non poteva non essere in quel tempo recisamente contrario alla pretesa spagnuola, poichè la politica francese al Marocco, si è sempre basata sulla pretesa che Tangeri faccia parte del Protettorato francese sul Marocco, e solo nella Convenzione del 1923 per lo Statuto di Tangeri la Francia ha fatto delle concessioni alla Spagna circa l'Amministrazione della zona di Tangeri.

Il Governo francese in quel momento non poteva considerare favorevolmente la pretesa spagnuola, anche perchè erano in corso le operazioni militari contro Abd-el-Krim, e solo al termine di queste avrebbe logicamente potuto se mai esaminare una richiesta spagnuola per Tangeri, ma facendone naturalmente oggetto di compensi.

Le informazioni invece venute da Londra furono categoriche nel senso negativo. Il R. Ambasciatore a Londra telegrafava in data 13 maggio: « Circa la possibilità di un cambiamento nella situazione politica della zona internazionale di Tangeri in favore della Spagna con relativi compensi alla Francia ed in seguito a trattative anglo-franco-spagnuole, ricordo essere ormai un canone fondamentale della politica britannica che nella zona di Tangeri nessuna

Potenza debba avere una speciale situazione, e che conseguentemente nella zona stessa deve permanere in ogni caso un regime internazionale. Ciò malgrado, in seguito alle istruzioni di V. E., ho avuto una nuova conversazione con Tyrrell sugli affari marocchini, ed il Sottosegretario di Stato non solo mi ha confermato tale punto di vista, ma ha anche aggiunto risultargli essere il Governo francese contrario ad ogni aspirazione spagnuola diretta ad assicurarsi una situazione prevalente nella zona internazionalizzata ».

A pochi giorni di distanza il Signor Tyrrell ripeteva al Marchese Della Torretta che il Governo britannico considerava la pretesa spagnuola come assolutamente inammissibile e riteneva essere suo vitale interesse che Tangeri conservasse il suo regime internazionale (telegrammi del R. Ambasciatore a Londra del 10 e del 13 maggio 1926, nn. 364 e 538).

Questo categorico punto di vista venne confermato a V. E. dall'Ambasciatore d'Inghilterra a Roma nella conversazione avuta il 16 maggio sulla questione di Tangeri. Sir Ronald Graham prese proprio lo spunto dalla campagna della stampa spagnuola diretta a dimostrare il fallimento dello Statuto di Tangeri e la necessità di incorporare quella città nella zona spagnuola. L'Ambasciatore d'Inghilterra affermò che una tale eventualità sarebbe stata contraria tanto agli interessi britannici che a quelli italiani e che il Governo britannico non avrebbe mai in nessun caso consentito a porre termine al regime internazionale. Egli aggiunse che i tentativi spagnuoli avrebbero potuto però condurre a complicazioni che era nell'interesse di tutti di evitare e che l'adesione dell'Italia allo Statuto di Tangeri sarebbe stato il miglior mezzo per convincere il Governo spagnuolo ad abbandonare le sue speranze. Fu in seguito a tali sollecitazioni del Governo britannico, il quale si richiamò persino allo spirito di pacificazione dei patti di Locarno, che il R. Governo, aderendo alla richiesta inglese consegnò a Sir Ronald Graham (23 giugno 1926) un promemoria contenente il punto di vista italiano circa lo Statuto di Tangeri e le condizioni indispensabili a cui l'Italia intendeva subordinare la propria adesione allo Statuto stesso.

È da rilevarsi che, mentre si svolgevano a Londra le conversazioni tra il

R. Ambasciatore ed il Signor Tyrrell per assodare il punto di vista inglese circa le pretese spagnuole sulla zona di Tangeri, il R. Ambasciatore a Madrid riferiva di aver avuto una conversazione col Ministro degli Affari Esteri spagnuolo Signor Yanguas Messia, il quale gli aveva bensì espresso il parere che all'Italia come Potenza Mediterranea doveva essere riconosciuto il diritto di intervento nel caso di nuove soluzioni del problema marocchino, ma aveva aggiunto «lusingarsi che l'Italia non si sarebbe opposta a che il mandato nella zona di Tangeri fosse affidato alla Spagna, la quale meglio di qualsiasi altra Potenza avrebbe potuto tutelarne la neutralità ».

Il R. Ambasciatore non aveva replicato a tali parole, ed il R. Ministero si disponeva a dargli istruzioni per una risposta al Signor Yanguas, quando le sopra trascritte informazioni venute da Londra circa il categorico pensiero negativo del Governo Britannico fecero ritenere più opportuno di non fare per parte nostra dichiarazioni a Madrid dal momento che il Governo britannico aveva preso egli per primo una posizione che corrispondeva anche al nostro punto di vista.

Questo atteggiamento del Governo britannico fu mantenuto successivamente nella maniera più energica dal Signor Chamberlain. In occasione della visita del Re di Spagna a Londra questi intratteneva il Signor Chamberlain per l'attribuzione alla Spagna di un seggio permanente nel Consiglio della Società delle Nazioni facendo contemporaneamente qualche accenno alla questione di Tangeri.

Il Marchese Della Torretta riferì allora (telegramma del 10 luglio 1926 Gabinetto Segr. n. 499) che in una delle ultime conversazioni Chamberlain aveva avuto l'impressione che Sua Maestà si avviava a porre in termini precisi la domanda dell'annessione di Tangeri alla zona spagnuola, ed allora lo aveva prevenuto dicendogli: «spero che Vostra Maestà non mi domanderà la luna, che con la migliore volontà non potrei offrirLe •.

Chamberlain disse anche al Re di Spagna che oltre al fatto che il regime internazionale di Tangeri costituist:e un punto fondamentale della politica britannica, bisognava tener conto che l'Italia si sarebbe recisamente opposta ad ogni cambiamento. Al che Sua Maestà avrebbe risposto che «data la cordialità dei rapporti italo-spagnuoli era sicuro di potere ottenere eventualmente l'adesione italiana ».

Senonchè sei giorni dopo (telegramma da Londra del 16 luglio Gabinetto

n. 511) (l) Chamberlain, pur confermando tali informazioni, disse al R. Ambasciatore a Londra di avere in ultimo dichiarato al Re di Spagna che, tenuta ferma l'intangibilità dei principi della internazionalizzazione e della neutralizzazione della zona di Tangeri, se il Governo spagnuolo avesse avuto qualche proposta precisa da avanzare il Foreign Office l'avrebbe esaminata benevolmente. Chamberlain aggiunse che il Governo britannico non era alieno dal dare qualche soddisfazione alla Spagna su Tangeri per ottenere che essa modificasse il suo noto attteggiamento nei riguardi della Società delle Nazioni, e continuasse a prendere parte attiva nei lavori del Consiglio.

Il 10 agosto il R. Ambasciatore a Londra (telegramma da Londra n. 876) (2) riferiva che il Signor Tyrrell gli aveva accennato ad un certo disinteressamento della Francia per Tangeri, anche dal punto di vista commerciale, potendo essa utilizzare altri porti marocchini nel suo protettorato al di fuori della zona internazioqale. Ciò stante, era probabile che il Governo francese si fosse dichiarato disposto a favorire il desiderio della Spagna di assumere nell'Amministrazione di Tangeri una situazione prevalente, con o senza compensi.

Per parte sua il Governo britannico confermava il suo proposito di esaminare benevolmente le proposte che fossero fatte dal Governo spagnuolo per ottenere una situazione preponderante a Tangeri, sempre beninteso sulla base dell'internazionalizzazione e della neutralizzazione.

Il Governo spagnuolo, subito dopo, ha aperto senz'altro ufficialmente la questione, e mentre il Signor Primo De Rivera poneva nettamente nelle sue ultime dichiarazioni al giornale A.B.C. la domanda della Spagna di incorporare Tangeri nella sua zona, il R. Ambasciatore a Madrid telegrafava a V. E. una

12 --Documenti Diploma.tici -Serie VII -Vol. V

conversazione avuta con il Ministro degli Affari Esteri (telegramma 15 agosto

n. 184 Gab.) in cui questi chiedeva l'adesione dell'Italia: l) o all'incorporazione pura e semplice di Tangeri nella zona spagnuola, 2) o all'attribuzione alla Spagna di un mandato per 1,2 o 15 anni alle stesse condizioni del regime del protettorato e con garanzie per la neutralizzazione della zona e per il regime degli stranieri. Il Signor Yanguas Messia aggiungeva che l'Inghilterra sembrava piuttosto favorevole a tale soluzione, ma che temeva difficoltà da parte francese. Contemporaneamente l'Ambasciatore di Spagna a Roma ha chiesto udienza

a V. E. per intrattenerla della questione e con ogni probabilità egli solleciterà nuovamente il consenso dell'Italia ai suindicati desideri della Spagna.

(l) -La relazione ha per titolo: « Pretesa della Spagna per l'incorporazione della zona di Tangeri nella zona spagnuola del Marocco •. (2) -Sic; ma, come si desume dal contesto (p. 116), probabilmente la relazione fu redatta. in parte, nei giorni successivi al 15 agosto 1926.

(l) Cfr. serie VII, IV, n. 373.

(2) Ibid., n. 390.

11

Gli interessi dell'Italia di fronte alla pretesa spagnuola.

È noto a V. E. su quali basi l'Italia impostò, dopo la guerra, ma più precisamente sulla fine del 1923, quando chiese di partecipare alla Conferenza anglofranco-spagnuola, la sua tesi sulla questione di Tangeri.

N o i sostenemmo : l) Anzitutto che l'Italia come Grande Potenza Mediterranea ritiene di aver diritto d'intervenire al regolamento di ogni questione Mediterranea. 2) Che gli accordi itala-francesi ed italo-spagnuoli del 1912 per il reciproco disinteressamento Libia-Marocco non potevano applicarsi alla zona di Tangeri, sia perchè riferentisi unicamente alle misure che la Francia e la Spagna avrebbero creduto di poter adottare nelle rispettive zone del Marocco, sia anche perchè esplicite convenzioni internazionali (art. 9 del Trattato franco-spagnuolo del 1904 -art. l del Trattato del Protettorato franco-marocchino del 1912 art. 7 del Trattato franco-spagnuolo del 1912) riconoscono e confermano la situazione speciale di Tangeri, che del resto era già tale prima dt;gli accordi di disinteressamento itala-francesi ed italo-spagnuoli del 1912. 3) Che il nostro diritto scaturiva dallo stesso Atto Generale di Algesiras, pur non potendo l'Italia essere considerata alla stregua degli altri Stati firmatari dell'Atto suddetto, poichè, dopo l'Inghilterra, la Spagna e la Francia, l'Italia è la sola Grande Potenza Mediterranea che deve essere chiamata al regolamento di questioni mediterranee, anche per la parte da essa avuta nella vittoria degli Alleati, la quale rese possibile l'esclusione della Germania e dell'Austria dagli affari marocchini. L'Italia quindi in sostanza ha fatto finora della sua partecipazione all'Amministrazione internazionale di Tangeri una questione di interesse mediterraneo più che di interesse locale ed ha anzi sostenuto che oltre la situazione giuridica internazionale della questione e dell'Atto di Algesiras bisogna tener conto della posizione politica dell'Italia nel Mediterraneo.

È in realtà questa affermazione di carattere politico generale quella che più ci interessa per la nostra posizione di Grande Potenza Mediterranea, non solo per la questione di Tangeri, come sbocco mediterraneo, ma in generale per tutti i possibili futuri sviluppi della nostra politica nel Mare in cui precipuamente si svolge la vita politica ed economica dell'Italia.

È fuori di dubbio quindi che accordare alla Spagna se non addirittura l'incorporazione di Tangeri nella sua zona, almeno una situazione preponderante nell'Amministrazione internazionale della zona stessa, significherebbe rinunziare alla tesi da noi fin qui validamente sostenuta, o diminuirla.

Per opporci alla pretesa spagnuola noi abbiamo forti argomenti di diritto e di fatto che, procedendo anzitutto dall'Atto di Algesiras, si identificano con quelli già da noi sostenuti per partecipare allo Statuto di Tangeri alla stessa stregua dell'Inghilterra della Francia e della Spagna, e potremmo quindi continuare serenamente per questa via.

Senonchè occorre esaminare, prima di prendere una definitiva decisione, quali vantaggi pratici ci potrebbero derivare da un eventuale cambiamento di rotta.

Si sostiene infatti, fondatamente, da molti che Tangeri, dal punto di vista strategico e da quello commerciale, non può offrire neanche per noi molto interesse e che la nostra partecipazione effettiva all'Amministrazione internazionale non avrebbe per noi alcun serio vantaggio pratico, tranne quello di avere affermato una questione di principio per la nostra posizione e per la nostra politica nel Mediterraneo.

Bene altrimenti considerevoli sarebbero invece i vantaggi che noi potremmo eventualmente ottenere se in cambio di un nostro disinteressamento nella questione di Tangeri ci fossero aperte le porte del Marocco francese. Qui le immense risorse naturali, che la Francia non è in grado di sfruttare per mancanza di uomini, si afferma, darebbero una brillante soluzione al nostro problema demografico e potrebbero finire per fare a nostro vantaggio di quella regione un'altra Tunisia.

Ma la nostra espansione demografica nel Marocco francese (dove del resto già si trovano 10.000 italiani, mentre a Tangeri sono poche centinaia) trova ora un ostacolo ben più grave che in Tunisia, poichè, mentre qui gli italiani sono protetti contro la politica di snazionalizzazione francese dalle note Convenzioni del 1896 (le quali se pur denunziate costituiscono sempre un punto di partenza per eventuali futuri accordi) nel Marocco francese nessun argomento giuridico è possibile opporre, ostando contro di noi la dichiarazione di disinteressamento italo-francese del 1912, la quale ci rende arduo opporci ad ogni misura contro la nazionalità degli italiani.

È bensì vero che noi abbiamo protestato vivam«;nte contro i decreti francesi del 1921 sulla nazionalità al Marocco (analoghi a quelli per Tunisi) ma le nostre proteste sono rimaste sterili e non si vede per ora su quali basi noi potremmo avere soddisfazione. Ciò tanto più in quanto la questione di Tunisi non è neanche essa risolta ancora definitivamente, ragione per cui non abbiamo creduto opportuno nemmeno di inserire delle nostre richieste in tal senso fra quelle per l'adesione allo Statuto di Tangeri.

In sostanza, se il R. Governo, convinto dell'opportunità di aprire agli italiani le porte del Marocco francese, assicurando loro completa garanzia di nazionalità, credesse di poter cercare di negoziare tale vantaggio in corrispettivo di un abbandono delle nostre richieste per Tangeri, le attuali aperture spagnuole potrebbero offrire una opportuna occasione per piazzare tale questione, offrendo alla Spagna il nostro appoggio in cambio del suo presso la Francia.

La Spagna ha anche essa, come noi nel Marocco francese una àecina di migliaia di sudditi, di cui la Francia prepara la snazionalizzazione, ed ha anche essa sommo interesse allo sfruttamento economico e demografico di quell'immenso e ricco paese. Se dunque la Spagna volesse unirsi a noi, in un'azione presso la Francia nel senso suindlcato, attenuerebbe forse l'opposizione della Francia nei nostri riguardi e forse anche un'eventuale opposizione dell'Inghilterra.

Ammesso ciò, la nostra risposta alle aperture spagnuole potrebbe consistere nel non mostrarci categoricamente ostili, ma nel far comprendere la possibilità di un nostro assentimento, subordinatamente però ad alcuni compensi che in realtà dovrebbero esserci dati dalla Francia, ma che la Spagna dovrebbe obbligarsi a fard ottenere, domandandoli contemporaneamente anche essa.

Non sembra però, allo stato attuale delle cose che ci convenga metterei senz'altro ed apertamente su questa via. Ciò perchè: se da un lato sarebbe molto vantaggioso ottenere nel Marocco francese quelle stabili garanzie di nazionalità che potrebbero creare in quella regione una situazione di privilegio per l'espansione italiana (influendo anche eventualmente sulla questione tunisina) dall'altro noi non abbiamo mai considerato, nè possiamo considerare la questione di Tangeri come una questione di semplice interesse locale, ma dobbiamo esaminarla principalmente dal punto di vista dell'affermazione della nostra qualità di Grande Potenza Mediterranea.

In tali condizioni occorrerebbe non perdere la possibilità di procedere a questa affermazione di interesse e di carattere politico generale, e ciò avverrebbe ove rispondessimo senz'altro alle aperture spagnuole mostrandoci propensi ad esaminare la questione e facendone fin d'ora soltanto materia di compensi.

Le aperture spagnuole ci offrono invece il modo di salvaguardare ed anzi di rafforzare la nostra tesi di principio nei riguardi mediterranei, pur senza escludere fin d'ora la possibilità di eventuali future soluzioni della questione di Tangeri. Converrebbe pertanto rispondere alle aperture spagnuole richiamandosi alla posizione assunta sin dal principio dall'Italia nella questione di Tangeri e sempre strenuamente difesa, dimostrando gli interessi che l'Italia ha nella questione, sia dal punto di vista locale che da quello mediterraneo, e concludendo infine che l'Italia, pur mantenendo fermi tali principi, non esclude la possibilità di studiare altre soluzioni del problema, ma non può impegnarsi fin d'ora per questa o per quella.

Il problema dovrà essere sollevato e risolto dalle Potenze Mediterranee interessate, e quindi l'Italia, non solo per la sua qualità di firmataria dell'Atto di Algesiras ma per la speciale posizione che pretende di avere nel Mediterraneo deve essere chiamata ad esaminare e risolvere il problema stesso dichiarando che non accetterà mai alcuna soluzione che fosse presa eventualmente senza il suo consenso.

In altri termini, lo scopo della nostra azione verso la Spagna dovrebbe essere quello di indurre il Governo spagnuolo a rimettere sul terreno, con la Francia l'Inghilterra e l'Italia, tutto il problema di Tangeri e del Marocco, facendogli eventualmente balenare la possibilità di prendere in benevolo esame l'eventuali proposte spagnuole, ma sempre naturalmente in base ad adeguati corrispettivi e compensi.

Se riuscissimo ad ottenere che la questione marocchina fosse integralmente rimessa sul tappeto, con la nostra partecipazione, avremmo in realtà ottenuto quel principale scopo che ci prefiggevamo, cioè l'affermazione del nostro diritto a partecipare alle decisioni del problema marocchino come problema mediterraneo, distruggendo così praticamente l'importanza delle dichiarazioni di disinterressamento pel Marocco fatte nel 1912 così alla Frància come alla Spagna, e potremmo considerare con ogni serenità quali scopi pratici ci converrebbe di perseguire nel nuovo eventuale assestamento di Tangeri e del Marocco in generale.

Occorre però tenere presente il pericolo che, essendo state le richieste spagnuole messe in certo modo in connessione con la questione dell'atteggiamento della Spagna nei riguardi della Società delle Nazioni, non si tenti da parte della Spagna, ma più probabilmente forse da parte dell'Inghilterra di portare la questione di Tangeri e del Marocco alla Società delle Nazioni. È chiaro che ciò costituirebbe non soltanto un pericolo per gli eventuali futuri sviluppi della questione stessa ma verrebbe a far mancare lo scopo che principalmente vogliamo ottenere cioè quello di affermare che la questione di Tangeri e del Marocco interessa l'Italia come Grande Potenza Mediterranea, e non come membro della Società delle Nazioni.

Occorrerebbe quindi trovare il modo di far comprendere al Governo spagnuolo che, nel suo stesso interesse, conviene mantenere la questione nella sua orbita naturale, cioè tra i firmatari dell'Atto di Algesiras, il quale permane sempre come base fondamentale della situazione marocchina, e che nessuna modifica di quest'ultima può essere decisa se non dai firmatari dell'Atto stesso.

In conclusione, il Governo italiano si opporrebbe quindi nel Consiglio della Società delle Nazioni a che la questione fosse in qualsiasi modo sollevata o tanto meno considerata a Ginevra, ma non avrebbe in massima difficoltà ad esaminarla insieme con l'Inghilterra, la Francia e la Spagna per giungere a degli eventuali accordi, cui potrebbero esser chiamati poi ad aderire gli altri Stati firmatari dell'Atto di Algesiras.

Il Governo italiano non può dare a priori affidamenti di sorta al Governo . spagnuolo, tanto più che le sue richieste contrastano con la tesi italiana fin'ora sostenuta, ma, fin da questo momento, deve recisamente dichiarare che considererà nulla e non avvenuta ogni decisione che fosse presa al di fuori dell'Italia in tale questione.

107

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2121/366. Belgrado, 31 marzo 1927.

Ha presentato in questi giorni le sue lettere credenziali il nuovo Ministro di Ungheria in Belgrado, Barone Forster, successore del Signor Hory, attuale Ministro a Roma.

Egli si è affrettato, dopo il ricevimento alla Corte e alcune prolungate conversazioni con questo Ministro degli Esteri Signor Peric, a far ritorno a Budapest. Tale viaggio è certamente in relazione con le conversazioni che accennano ad essere riprese con nuova lena tra Budapest e Belgrado per la conclusione delle trattative già iniziate e per la ratifica delle convenzioni già concluse durante lo scorso anno, e tale induzione è confortata dalle dichiarazioni che egli ha fatto prima di lasciare questa Capitale ad un redattore del giornale Politika. Esse sono state riprodotte dall'Agenzia Avala sul bollettino qui accluso (1).

Dopo aver parlato dei vari accordi già conclusi o da concludere in materia economica, commerciale e giuridica, il barone Forster ha espresso la speranza che tali negoziati apriranno la via a un trattato giuridico di arbitraggio che avrebbe lo scopo (secondo quanto mi aveva fatto comprendere il Signor Walko) di liquidare amichevolmente tutti i litigi eventuali.

Con questa formula il Barone Forster ha creduto di mascherare, pur non tacendolo, il carattere politico che il futuro trattato di arbitrato non mancherà di avere.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCIDE' CALBOLIBARONE

T. GAB. 611/58. Roma, l aprile 1927, ore 13.

Suo telegramma 2034/67 (2).

Approvo sua azione la quale deve ancora tendere ad evitare del tutto viaggio di Avenol. Se ciò fosse impossibile sta bene che egli vada fra quindici giorni senza passare da Belgrado nel viaggio di andata.

Presenza funzionario italiano non è necessaria ai fini della trattazione del prestito bulgaro nè sembrami consigliabile negli eventuali riflessi della questione italo jugoslava perchè può accreditare la mossa di Avenol come quella di un giudice che faccia sopraluogo con la presenza degli avvocati delle parti.

Il proponimento individuale del signor Drummond di intervenire indirettamente ed in via ufficiosa per la pacificazione sulla base di timori fantastici

come quello di un'occupazione dell'Albania da parte dell'Italia costituisce secondo me una iniziativa esorbitante giacchè una azione del genere non può spettare alla semplice persona del segretario generale della Società delle Nazioni.

La S. V. nel seguito delle sue conversazioni col signor Drummond farà in modo che egli sia indotto a considerare se tale iniziativa non sia per caso al di fuori dei limiti delle sue attribuzioni e tale quindi da sollevare incresciose impressioni e discussioni.

(l) -Manca. (2) -Cfr. n. 104.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 613/156. Roma, 1 aprite 1927, ore 13.

Suo telegramma 121 (1).

Preoccupazioni Averescu non hanno alcun serio fondamento. Mi rendo conto della possibilità che in alcuni ambienti in buona o in mala fede si diano interpretazioni errate al patto di amicizia che concluderemo con l'Ungheria, ma il Governo rumeno e specialmente Averescu che ha avuto modo di conoscere personalmente il mio pensiero politico non deve poter avere dubbi o timori di sorta. E d'altra parte il rafforzamento della sua posizione al Governo, specie dopo la ratifica della Bessarabia, gli dà la possibilità di fronteggiare le male arti degli oppositori. Nel momento attuale non è il caso di fare dichiarazioni circa la questione degli optanti il cui studio è stato, come è noto, deferito ad una speciale commissione della Società delle Nazioni.

Atteggiamento della nostra delegazione a Ginevra potrà essere definito solo quando saranno ultimati lavori detta commissione. Mi riservo inviarle domani più ampia dichiarazione.

110

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM

[Roma], 1 aprile 1927.

Graham mi ha rimesso un messaggio personale di Chamberlain (2). Ho detto a Graham:

l) Sul patto di Tirana io non ho spiegazioni da dare alla Jugoslavia. È un patto concluso liberamente da Stato Sovrano a Stato Sovrano, patto che è stato registrato regolarmente alla Società delle Nazioni, ivi comprese le lettere annesse.

2) Tuttavia io non mi rifiuterò a conversazioni sui rapporti italo-jugoslavi se la iniziativa di esse partirà da Belgrado, quantunque io preveda che non condurranno a nulla. Belgrado fa a questo proposito una questione di prestigio;

altrettanto faccio io, con maggiore diritt". Il Signor Rackich è ministro a Roma, e, poichè i rapporti diplomatici non sono rotti, egli ha perfettamente il diritto di chiedermi delucidazioni. Ma tutto ciò in forma estremamente amichevole, e in vista dei rapporti fra i due paesi, non in relazione al patto di Tirana.

3) L'Italia è interessata anche al regime di Ahmed Zogu poichè Zogu è il Capo dello Stato. Quand'egli fosse rovesciato, tutta la pacifica penetrazione economica in Albania crollerebbe poichè il successore annullerebbe tutte le convenzioni e i trattati, conclusi da Zogu coll'Italia. La quale non può avere impegnato invano centinaia di milioni. D'altra parte bisognerà pure dare qualche soupape all'Italia, se non si vuole -ad un certo momento -trovarsi innanzi a una crisi infinitamente più grave dell'attuale.

4) Sull'Albania io sono intransigente. L'Albania è per l'Italia una questione vitale. L'Inghilterra ammetterebbe discussioni su Gibilterra, Malta, Suez? No. Per l'Italia, l'Albania ha lo stesso valore, del resto solennemente riconosciuto dalle Grandi Potenze. N o n ammetto discussioni sui diritti italiani in Albania, come non ne ammetterei, putacaso, sul diritto dell'Italia sul Piemonte. Qui è questione di essere o non essere.

5) Se la Società delle Nazioni si occupasse della cosa, la Società delle Nazioni andrebbe incontro a una nuova grave crisi.

6) L'Italia chiede di essere lasciata tranquilla. Quanto alle Convenzioni di Nettuno, non mi interessano oramai che mediocremente. Sono scontate. Non le ratificheranno perchè la Jugoslavia non vuol fare una politica di pace. Si tratta di un popolo presuntuoso e ignorante che ha dimenticato le sue normali proporzioni.

(l) -Cfr. n. 101. (2) -Cfr. n. 111.
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MEMORANDUM DELL'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Traduzione)

[Roma], 1 aprile 1927.

L'Ambasciatore di S. M. Britannica ha avuto istruzione di consegnare a

S. E. il Primo Ministro il seguente messaggio personale da parte di Sir Austen Chamberlain.

« Ho molto piacere di apprendere che il Signor Mussolini considera che la sua comunicazione alle tre Potenze ha già raggiunto il suo scopo ed ha scongiurato l'immediato pericolo (1). Noto con soddisfazione che egli vede la situazione con la maggiore calma e pensa non vi sia ombra di pericolo di seria crisi.

In considerazione dell'opinione del Signor Mussolini che la proposta inchiesta sul luogo da parte di ufficiali non avrebbe -al punto in cui si trovano le cose -alcuna utilità, non voglio insistere al riguardo. Ma, d'altra parte debbo rilevare che il passo, veramente grave ed insolito, che il Governo Italiano ritenne necessario fare, richiamando l'attenzione del Governo di S. M. e di due altre

Potenze sul pericolo che minacciava la Pace d'Europa, mi obbliga ad adoperarmi .per evitare che si ripetano allarmi di tal genere e ciò mi costringe ad intervenire in modo più diretto di quanto sarei propenso a fare in circostanze ordinarie. In considerazione di queste circost&r<Ze veramente eccezionali ed in considerazione dell'intima amicizia che fortm ·atamente esiste fra i nostri due Governi, ho fiducia che il Signor l\llussolini non vorrà trascurare il consiglio che io ritengo mio dovere di porgergli nell'intento di chiarire l'attuale, pericolosa

situazione.

Benchè io sia lieto di ritenere che l'incidente che ha dato occasione alle

recenti segnalazioni possa considerarsi chiuso, resta evidente che finchè conti

nuerà l'attuale tensione nei rapporti tra l'Italia e la Jugoslavia non vi può

essere certezza che, da un momento all'altro, non si ripetano incidenti del ge

nere più gravi. Sono convinto che l'unico e naturale rimedio per questo peri

coloso stato di cose, consiste in un franco ed incondizionato scambio di vedute

fra il Governo Italiano e quello Jugoslavo sull'intera situazione, comprese tutte

le questioni in pendenza fra i due paesi, e sono lieto di sentire che il Signor

Mussolini stesso condivide queste vedute.

Vorrei insistere perché tale conversazione abbia luogo il più presto possibile

e sono pronto, ove sia necessario, a facilitarla con tutti i mezzi che sono in

mio potere.

Sono sicuro che nell'intento di affrettare il ritorno alle condizioni normali e di preservare l'Europa dal ripetersi di un allarme come quello ultimo, il Signor Mussolini sarà pronto a prendere l'iniziativa nell'intavolare la discus~ione senza imporre preventive restrizioni o condizioni. Ciò sarà tanto più facile in quanto il Governo Jugoslavo ha già fatto il primo passo offrendo di sottoporre i suoi affari interni ad una inchiesta straniera (offerta che il Signor Mussolini non ha ritenuto necessario accettare).

Se da queste discussioni si vuole che scaturiscano buoni e durevoli risultati, ritengo per certo che al Governo Jugoslavo non si debba richiedere di fare alcun altro «gesto » preliminare. Per esempio, a mio parere, sarebbe fatale per il successo e assolutamente ingiustificabile agli occhi dell'opinione pubblica che il Governo Italiano facesse dipendere l'apertura delle trattative dalla preventiva ratifica delle Convenzioni di Nettuno, che sono assolutamente estranee alla questione sul tappeto.

Sono pronto, quindi a consigliare (ed a chiedere al Governo Francese di consigliare) al Governo Jugoslavo di dare assicurazione al Governo Italiano, come parte di una generale sistemazione, che sottoporrà immediatamente alla Scupcina le Convenzioni e che si adopererà in tutti i modi per attenerne la ratifica. Ho fiducia che il Signor l\llussolini vorrà riconoscere che oltre tali limiti sarebbe irragionevole far pressioni sul Governo Jugoslavo.

Inoltre debbo insistere perchè le discussioni col Governo Jugoslavo abbiano per oggetto non una formula vaga ed inconcludente bensì un accordo definitivo su tutta la questione Albanese compreso il reciproco controllo sui profughi albanesi, che metta fine, una volta per sempre, ai sospetti ed alle recriminazioni reciproche, che hanno avvelenato i rapporti !taio-Jugoslavi dopo la firma del Trattato di Tirana ed hanno provocato la recente crisi. A tal riguardo, pur non mettendo in dubbio un istante la sincerità del proponimento del Governo Italiano di non far nulla che possa intaccare l'indipendenza e l'integrità dell'Albania, ritengo di dover aggiungere che le varie possibili interpretazioni alla letter'! del Trattato di Tirana mi mettono nella necessità, dati gli ultimi avvenimenti, di spingere il Governo Italiano a trovare il modo di definire la portata dei diritti e delle obbligazioni che gli derivano da questo Trattato.

Infine, nell'intento di evitare ulteriori incidenti durante le trattative !taioJugoslave, spero che il Governo Italiano vorrà aiutarmi ad attuare il progetto qui appresso: «qualora si verifichino irrequietezze sulla frontiera ovvero vengano fatte rimostranze dall'uno o dall'altro Governo sarà dato ordine agli Addetti Militari inglese e francese di fare una inchiesta, anche ~ove sia necessario ~ da tutte e due le parti della frontiera in modo da impedire il dilagare di false voci che potrebbero, in caso contrario, disturbare la discussione fra l'Italia e la Jugoslavia. Non avendo la Germania Addetto Militare a Belgrado, sarà invitata ad affidare ad un membro della sua Legazione missione ed istruzioni analoghe. Tale progetto sarà in vigore solo per la durata delle trattative fra Italia e Jugoslavia».

(l) Questa affermazione si trova nel testo di una minuta di telegramma per Londra, che non risulta spedito e che fu forse sostituito dal n. 100.

112

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 616/285. Roma, 2 aprile 1927, ore 3.

R. ministro a Belgrado telegrafa quanto segue:

• Zeno bey ha concesso una intervista al giornale Obzor di Zagabria, la parte più importante di essa è la seguente: " Interrogato che cosa pensi lui ed il suo Governo della inchiesta da fare alla frontiera in base alla nota accusa dell'Italia, rispose: noi non pensiamo a ciò. Tutto il mondo sa che le accuse erano infondate e non serie. Io credo che l'inchiesta non è necessaria giacchè essa non potrebbe arrivare a stabilire nulla dal momento che nulla esiste e che nulla è mai esistito " ».

Prego V. S. segnalare al signor Ahmed Zogu questa nuova dichiarazione di Zeno bey malgrado la smentita inequivocabile avuta da codesto Governo alla prima intervista. Bisogna che Ahmed Zogu si convinca che l'opera di Zeno bey a Belgrado come altrove, ma soprattutto a Belgrado, rappresenta un pericolo per la sicurezza dell'Albania ed una continua minaccia di intorbidamento della situazione italo-albanese fortunatamente così chiara nella volontà dei due Governi.

113

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. uu. 956/267. Durazzo, 2 aprile 1927, ore 1,35 (per. ore 3,45).

È giunta qui notizia che secondo Times Chamberlain avrebbe formalmente proposto ai Governi di Roma e Belgrado soluzione vertenza mediante negoziati diretti sulla seguente base: Jugoslavia prometterebbe [ratifica] convenzioni Nettuno e Italia obbligherebbesi «non mantenere al potere ad ogni costo attuale Governo albanese». Ultima parte proposta Chamberlain ha suscitato la più profonda impressione presso questo Governo. Ahmed bey Zogolli mi ha fatto interessare da Ilias bey Vrioni e da Gemi! Dino chiedere d'urgenza a V. E. se proposta Chamberlain corrispondeva a verità, e quale atteggiamento Italia prenderebbe di fronte alla proposta inglese.

Ho fatto rispondere ad Ahmed bey Zogolli che egli doveva avere piena fiducia nell'opera di V. E.: che il R. Governo con accortissima azione politica era riuscito in questi ultimi giorni a fare cadere le assurde proposte della inchiesta internazionale e del deferimento del conflitto alla Società delle Nazioni, e che anche dinanzi al passo inglese la E. V. avrebbe assunto un'abile posizione tendente da una parte a non mettere l'Italia in cattiva luce davanti all'opinione pubblica mondiale, ma dall'altra a salvaguardare tutto il valore politico dei trattato di Tirana, trattato che V. E. intendeva rimanesse la base dei rapporti politici itala-albanesi di fronte non solo all'Albania ma di fronte al mondo.

Nonostante mie tranquillizzanti parole, continua tuttavia a regnare negli ambienti governativi un senso di vero e proprio sgomento, che sembrami sarebbe opportuno dissipare mediante qualche assicurazione che io fossi autorizzato a dare ad Ahmed Zogolli a nome personale di V. E. Presidente della repubblica aveva deciso fare partire domani stesso Gemi! Dino per Roma. Io ho fatto presente cattiva impressione che potrebbe produrre in questa pubblica opinione improvvisa venuta a Roma di Gemil e spero riuscirò a trattenerlo. Pregherei

V. E. telegrafarmi d'urgenza (1).

114

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL PREFETTO DI PALERMO, MORI

T. GAB (P. R.) RR. 248. Roma, 2 aprile 1927, ore 14,30.

Prego comunicare ambasciatore Bordonaro seguente telegramma:

• S. E. capo Governo desidera che data delicata situazione ella raggiunga Londra al più presto possibile. S. E. presidente desidera che ella personalmente porti Chamberlain risposta nota (2) giunta ieri sera Roma e di carattere urgente e importante •.

115

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 978/300. Belgrado, 2 aprile 1927, ore 16,35 (per. ore 20,30).

Dal complesso delle conversazioni diplomatiche svoltesi in questi giorni a Londra, Parigi e Berlino, che V. E. mi ha cortesemente comunicato e dai commenti della gran parte della stampa estera si rileva che i Governi e la stampa

trattano la questione, messa a vivo dalla ò.enunzia italiana degli armamenti jugoslavi, con vedute ristrette e particolaristiche, e riguardano la linea di condotta dello stato S.H.S. con gli stessi criteri onesti e legali con cui riguarderebbero le mosse di uno stato occidentale retto da tradizioni civili e da principi di responsabilità costituzionali ormai acquisiti ed inderogabili.

Nello svolgimento delle trattative fra le varie cancellerie, e nella determinazione dei mezzi più adatti a dirimere le cause di attriti itala-serbi, specialmente nei riguardi della pace con l'Albania, bisogna invece tener bene presente che lo stato S.H.S. non può essere considerato alla stregua degli stati occidentali, in quanto che sotto la parvenza costituzionale democratica, agiscono e predominano in esso forze occulte che si sovrappongono agli organi costituiti così da costituire l'elemento dominante dello stato.

Ciò stante, pur non mettendo in dubbio le oneste intenzioni di questo ministero degli esteri, avviene oggi ed avverrà domani quello che avveniva ieri, che cioè Governo, parlamento e ministero affari esteri sono le ombre dietro le quali delle forze attive e prettamente balcaniche si agitano e dominano.

Difatti, ancora oggi, mentre apparentemente questo ministero degli esteri mostra della buona volontà per dissipare la tensione itala-serba e per fare cosa gradita alle cancellerie europee, risulta che i rifugiati albanesi aumentano di numero, sono ben pagati dal Governo S.H.S. e parlano chiaramente e pubblicamente di rivoluzione in Albania a breve scadenza.

Così pure, mentre che da questo ministero degli affari esteri partono propositi e dichiarazioni pacifiste, nei pubblici ritrovi e perfino nelle campagne circolano voci di guerra, che scaturiscono evidentemente dai circoli dello stato maggiore e da quegli altri organi ed associazioni che professano idee tutt'altro che pacifiche. Finchè le cancellerie degli stati civili europei non si saranno persuase di questa sacrosanta verità, che cioè qui esistono due Governi: uno ufficiale ed impotente ed uno occulto e strapotente, tutte le misure che cancellerie stesse saranno per prendere risulteranno inadeguate e facili ad essere eluse. A maggior prova di quanto ho sopra riferito cito l'esempio della importantissima rivista politica settimanale Novi Zivot che nel suo ultimo numero porta un articolo, che invio per corriere, nel quale viene attaccata con termini volgari l'Inghilterra, venendo alla conclusione che la Jugoslavia nella lotta anglorussa dovrà gettarsi decisamente nelle braccia della Russia sovietica. Ora, la predetta rivista è oggi notoriamente il portavoce della cricca militare, in diretta corrispondenza con la massoneria internazionale. Il conflitto jugoslavo italiano deve perciò essere messo nel quadro della eterna lotta che si combatte fra le forze disgregatrici israelitiche massoniche, che trovano i loro punti di appoggio nella Francia massonica e nella Russia sovietica, e le forze sane e costruttrici che si poggiano sull'Inghilterra conservatrice e sull'Italia fascista. Concludendo, nelle trattative in corso fra le varie cancellerie per assicurare la pace nei Balcani necessariamente ogni e qualsiasi soluzione sarà fallace ed inutile, se non sarà diretta a sventare l'elemento occulto che domina questo stato, e che tende alla guerra ed al disordine. I mezzi per arrivare a cw sono, a mio avviso, due: uno, diretto ed immediato, consistente in una specie di controllo

sulla penisola balcanica, qual'era stato ideato durante le trattative di Versailles, ed al quale si riferiva trattato nel suo testo identico ... (l) (vedi telegramma di

V. E. n. 578/228) (2); l'altro, indiretto, consistente in una larga campagna di stampa, fatta sia all'estero che qui nell'interno, diretta ad illuminare sia l'opinione pubblica del mondo civile che la parte sana serba, croata e slovena, la quale, giova dirlo, comincia ad aprire gli occhi.

(l) -Cfr. n. 119. (2) -Cfr. n. 111.
116

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 976/133. Buca1"est, 2 ap1"ile 1927, 01"e 18,50 (per. ore 23,30).

Al locale rappresentante ditta aeroplani Savoia risulta che recentemente un amico e partigiano del principe Carol avrebbe cercato sapere se ditta medesima sarebbe disposta, in certe eventualità, mettere a disposizione principe un idrovolante per recarsi Romania, partendo da riviera italiana o francese. Direttore della ditta avrebbe fatto rispondere ciò non sarebbe in ogni caso possibile senza previo consenso del ministero aeronautica. Dalle indagini da me fatte risulterebbe trattarsi piuttosto di una iniziativa individuale non dovuta al principe ma che rispecchierebbe però certe idee e progetti da attuarsi settimana prossima. Se ipotesi dovesse mai verificarsi, ritengo che da parte nostra si dovrebbe declinare in modo assoluto qualsiasi facilitazione od appoggio, poichè improvviso ritorno del principe Carol in Romania, cui potrebbe essere d'incentivo malattia di re Ferdinando, darebbe probabilmente luogo a oscure complicazioni così per Governo Averescu come per Romania.

117

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (3)

[RomaJ, 2 aprile 1927.

Il contenuto essenziale del Messaggio personale (4) del Signor Chamberlain a me diretto e rimessomi dal Signor Graham, è in queste proposizioni :

l) costituzione di una Commissione di vigilanza al confine serbo-albanese, per evitare incidenti durante le conversazioni fra Roma e Belgrado. La commissione dovrebbe essere composta di un ufficiale francese, di uno inglese, più

un «civile» dèlla Legazione tedesca a Belgrado. La durata della commissione corrisponderebbe alla durata delle conversazioni italo-serbe.

2) Conversazioni dirette fra Roma e Belgrado per addivenire ad un accordo non su di una formula «vaga ed inconcludente, ma un accordo definitivo su tutta la questione albanese».

3) L'On. Chamberlain prega il Governo italiano di trovare «qualche mezzo per definire gli scopi dei diritti e dei doveri che gli derivano da questo trattato (di Tirana) •.

Prima di rispondere nella maniera più netta possibile alle proposte di cui al Memorandum Chamberlain, mi preme di precisare quanto segue: l) L'Albania è un problema vitale per l'Italia, come Suez e Gibilterra, lo sono per la Gran Bretagna. 2) Tale priorità italiana fu riconosciuta nella maniera pm esplicita e solenne dalla dichiarazione degli Ambasciatori del 9 novembre 1921.

3) Il trattato di Tirana non è che il risultato delle vitali necessità di sicurezza e di traffici dell'Italia. È, in fondo, il protocollo della Conferenza degli Ambasciatori, ma liberamente e spontaneamente accettato dall'Albania il che ne accresce il valore e l'equità.

4) Il tempestivo allarme dato dall'Italia, dimostra che l'Italia non vuole turbare la pace europea. Se così non fosse, l'Italia avrebbe lasciato correre gli eventi, per avere, poi, il motivo di un intervento in Albania.

5) Aggiungo che i preparativi militari continuano, in tutto il paese jugoslavo, anche se ogni movimento è cessato -com'era da prevedere -alle frontiere.

Ciò precisato, dichiaro con tutta lealtà, che io non intendo assolutamente di prendere iniziative per dare spiegazioni a Belgrado. L'Italia è -sino a prova contraria -uno Stato Sovrano, che non deve rendere conto a terzi delle sue relazioni internazionali. Quale membro della Società delle Nazioni l'Italia ha compiuto esattamente il suo dovere, che consisteva nel registrare il Trattato presso la Società delle Nazioni e, per eccesso di scrupolo, vi ha aggiunto, anche le lettere dichiarative annesse al Trattato.

L'Italia non ha dal punto di vista internazionale altri obblighi.

La Jugoslavia è libera di chiedere amichevoli spiegazioni all'Italia, dato

che i rapporti fra i due paesi sono formalmente amichevoli, ma con quali

obiettivi?

Forse quello di ottenere una modificazione del Trattato di Tirana? L'ipo

tesi è talmente assurda, che non può essere concepita se non da cervelli farne

ticanti. Il Trattato di Tirana riguarda l'Albania e l'Italia, non la Jugoslavia.

Esso è definitivo. Perfetto. Registrato a Ginevra. È un atto sovrano di due

Stati sovrani.

O la Jugoslavia si propone, più modestamente, come accenna anche Cham

berlain, di ottenere dei chiarimenti sugli « scopi dei diritti e dei doveri» che

derivano all'Italia dal Trattato di Tirana?

Quale diritto ha la Jugoslavia a questi chiarimenti? Forse perchè confina

coll'Albania? Anche la Grecia confina coll'Albania. L'Italia dovrà, forse, dare

dei chiarimenti a tutti gli Stati confinanti dell'Albania? E deve proprio l'Italia

creare lo straordinario precedente diplomatico di uno Stato Sovrano che dà

dei chiarimenti su un atto specifico della sua sovranità e su semplice richiesta di uno Stato confinante? Basta porsi questi interrogativi, per comprenderne tutta la fin troppo palese assurdità.

Il Trattato di Tirana è di una cristallina limpidezza. L'Italia garantisce l'indipendenza e l'integrità territoriale dell'Albania, nonchè lo stato giuridico e politico dell'Albania. L'Italia non entra e non intende entrare nella politica interna della Stato Albanese. In questi ultimi mesi il Governo albanese, ha modificato parecchie volte la sua compagine, senza alcun intervento diretto o indiretto italiano. È evidente lo scopo dei serbi: farsi impresari dell'ennesima rivoluzione albanese, rovesciare Ahmed Zogu, annullare trattati e convenzioni itala-albanesi, interrompere l'opera pacifica e civile che l'Italia ha ripreso in Albania e fare dell'Albania uno stato praticamente, politicamente e forse territorialmente vassallo della Serbia. Ora l'Italia rivendica il diritto e il dovere che la Gran Bretagna ha ampiamente praticato in tutta la sua storia -di proteggere e difendere i regimi amici, poichè è evidente che la caduta di Ahmed Zogu -sotto una rivolta fomentata dall'estero -metterebbe l'Italia dinanzi a un tragico dilemma: o rinunciare a una garanzia vitale o intervenire, con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare.

Aggiungo che mentre l'Italia dovrebbe fare delle dichiarazioni per tranquillizzare la Serbia, non si prevede nessuna contropartita da parte serba, non il riconoscimento del protocollo degli Ambasciatori del 1921 e nemmeno la magra contropartita delle convenzioni di Nettuno che sarebbero rinviate alle calende greche dal parlamento jugoslavo, il quale -così come è composto -non troverà mai la maggioranza per ratificarle.

L'Italia metterebbe in pericolo le sue prerogative di Stato sovrano, per un piatto di inesistenti lenticchie.

Tutto ciò preme~so è evidente che le conversazioni fra Roma e Belgrado, non possono svolgersi sulle interpretazioni da darsi da parte italiana al Trattato di Tirana, ma ne devono assolutamente prescindere, perchè se così non fosse, sarebbero sin dalle prime battute condannate all'insuccesso.

Il Governo Italiano e precisamente il Governo fascista è stato quello che ha inaugurato una politica di amicizia colla Jugoslavia. Il Governo italiano è andato molto innanzi su questa strada, ma il Governo S.H.S. è rimasto indietro e da due anni segna il passo.

Le condizioni per riprendere il cammino sono che la Jugoslavia accetti senza diversivi diplomatici o peggio ancora militari -il fatto compiuto del Trattato di Tirana che l'Italia era nel suo pieno diritto di concludere, che garantisce l'indipendenza dell'Albania; che non minaccia minimamente la Jugoslavia, come non minaccia altri Stati confinanti dell'Albania e che dà qualche modesta possibilità di espansione pacifica all'Italia.

L'Italia non ha mire aggressive oltre Adriatico. L'Italia deve lavorare per «rifarsi» e deve inoltre dedicarsi alla creazione del suo nuovo regime interno. L'Italia è pacifica, ma non intende subire tutte le manovre che fatalmente -e per vari motivi -si delineano tutte le volte ch'essa cerca di allargare le sue possibilità di espansione.

Sono sicuro che il Signor Chamberlain si renderà conto della perfetta lealtà politica dell'Italia, del suo desiderio di pace, e della logica obiettiva di quanto ho esposto nel presente messaggio personale per lui, nonchè della solenne affermazione che l'Italia non farà nulla che possa turbare la pace europea.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Del '27 marzo, con cui veniva ritrasmesso il t. gab. 863 /187 del 23 marzo, da Berlino, nel quale Aldrovandi ricordava la proposta fatta nel 1919 dall'Inghilterra « per una riduzione od un controllo permanente delle fc.rze militari della Jugoslavia proposta approvata in un primo tempo e annullata 24 ore do.po per iniziativa di Clemenceau •. (3) -L'appunto è la traccia in base alla quale è stato. redatto il memorandum 20 aprile (cfr. n. 149). (4) -Cfr. n. 111.
118

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 621/165. Jtoma, 3 aprile 1927, ore 3,30.

Comunichi al generale Averescu che oggi anche il senato ha approvato alla quasi unanimità la ratifica della Bessarabia per cui il decreto-legge del Governo essendo stato approvato dai due rami del parlamento, è diventato legge dello stato. Il conte Manzoni che si reca a Parigi come nuovo ambasciatore deporrà gli strumenti della ratifica per cui la ratifica italiana diventa perfetta in ogni senso. Faccia rilevare al generale Averescu non solo la lealtà ma anche la rapidità della procedura. Colga l'occasione per dire ad Averescu che il riavvicinamento italiano coll'Ungheria può costituire un elemento favorevole di grande portata anche per la politica della Romania circondata e minacciata dallo slavismo.

119

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 623/291. Roma, 3 aprile 1927, ore 3,30.

Dica ad Ahmed Zogu che stia tranquillo. Per Mussolini la parola amicizia ha il suo reale significato. Mi riservo ulteriori più dettagliate comunicazioni che gioveranno a sgombrare dall'animo di Zogu ogni preoccupazione (1).

120

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 627/249. Roma, 3 aprile 1927, ore 21.

Prego informare codesto Governo che in occasione della imminente venuta in Italia del conte Bethlen, il R. Governo ed il Governo d'Ungheria sono in massima d'accordo per addivenire alla firma di un trattato di amicizia, conci

liazione e arbitrato. Il testo di tale trattato consisterà nella constatazione delle amichevoli relazioni fra i due paesi allo scopo di unire i loro sforzi per il mantenimento della pace e dell'ordine, e nell'impegno di deferire ad una procedura di conciliazione e di arbitrato le divergenze che sorgessero fra i due paesi e che non fosse stato possibile risolvere in via diplomatica. I particolari della procedura d'arbitrato saranno conformi a quelli stabiliti nella maggior parte dei trattati del genere.

V. E. aggiungerà che tale comunicazione è fatta in base all'art. l del protocollo addizionale al trattato itala-jugoslavo del 27 gennaio 1924.

Per sua norma di linguaggio avverto che tale trattato non può e non deve essere interpretato altrimenti che come una nuova prova delle leali intenzioni del Governo italiano tendenti al consolidamento della pace e dell'ordine. Esso non è diretto contro alcuno stato, come probabilmente qualche malevolo tenterà di affermare, ma è destinato soltanto a sanzionare particolarmente le amichevoli relazioni esistenti tra l'Italia e l'Ungheria ed a contribuire a quella sicurezza balcanica che l'Italia ha sempre auspicato come fattore importantissimo della sicurezza generale europea, e che dovrebbe essere anche negli scopi della politica jugoslava.

(l) Risponde al n. 113.

121

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. S. 629/167. Roma, 3 aprile 1927, ore 21.

Mio telegramma gabinetto n. 613 (1).

Prego spiegare opportunamente al generale Averescu che io desidero non lasciare in lui la minima traccia di preoccupazione nei riguardi dell'imminente trattato itala-ungherese. Io considero che questo atto internazionale se corrisponde ad un preciso interesse italiano ha nello stesso tempo significato e portata grandissima per gli interessi della Romania, la quale lungi dal guardarlo con timore dovrebbe invece rallegrarsene e rimanerne grata a R. Governo come di una nuova efficace prova della previdente nostra politica che è la più consona agli interessi romeni, e la sola destinata a dare alla Romania una qualche seria garanzia nell'incerta situazione politica odierna tanto balcanica quanto generale.

È da tempo che il R. Governo insiste per far comprendere alla Romania la necessità di non lasciare scoperto il proprio fianco verso l'Ungheria ma di cercare di neutralizzare ogni possibilità di atteggiamenti ostili da parte magiara per qualsiasi anche lontana evenienza di complicazioni balcaniche. Sebbene questioni particolari, della cui gravità ·mi rendo conto, non permettano per il momento un riavvicinamento diretto romeno ungherese, il generale Averescu non ne ha tuttavia mai disconosciuto da un punto di vista generale l'opportunità per la Romania sia nelle conversazioni che ebbe con me a Roma, sia

13 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

in quelle che ha avuto con V. E. Egli dovrebbe perciò essere lieto che tale riavvicinamento abbia luogo in un certo modo pel tramite dell'Italia. È evidente infatti che il rafforzamento delle relazioni itala-ungheresi costituisce per la Romania una assicurazione indiretta contro ogni eventualità da parte ungherese, poichè fra la Romania e l'Ungheria che non potevano giungere a darsi la mano si viene ora a mettere l'Italia, amica dell'una e dell'altra, costituendo per esse il tratto di unione. I benefici effetti che potranno derivare da questo stato di cose per la Romania sono troppo ovvii per essere specificati. Mi limiterò soltanto ad accennare alla maggiore tranquillità che senza dubbio ne risentirà la Romania anche nei riguardi dell'incognita russa, una volta che l'Italia potrà meglio guardarle le spalle mediante gli amichevoli rapporti che conserverà con l'Ungheria. Averescu è troppo fine politico per non vedere tutto ciò e per non comprendere che l'Italia gli rende anche questa volta un vero e proprio servigio facendo per lui quello che egli non è ancora in grado di fare.

(l) Cfr. n. 109.

122

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, ALLIEVI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1003/135. Budapest, 4 aprile 1927, ore 15 (per. ore 21).

Mi risulta che giorni or sono ministro d'Ungheria a Berlino (noto italofobo: vedi scheda 78) su analoga richiesta, avrebbe fatto presente suo Governo pericolo dell'orientamento italofilo politica ungherese. Bethlen avrebbe dato assicurazione Berlino nel senso che suo viaggio in Italia dovrebbe avere scopo soltanto firmare patto amicizia. Eguali assicurazioni Bethlen avrebbe dato in via ufficiosa a Belgrado (1).

123

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN

[Roma], 4 aprile 1927.

Dopo alcuni preliminari il Conte Bethlen mi ha esposto nei termini seguenti le direttive della politica estera ungherese.

« L'Ungheria è circondata da slavi al nord e al sud e confina coll'Austria. Importa, dunque, in primo luogo ch'essa tenga conto di quello che sarà la Russia di domani e la Germania di domani. Non v'è dubbio che ad un certo momento la Russia ritornerà a fare la sua politica tradizionale di direttrice e maestra dei piccoli Stati slavi dell'Europa sud-orientale. L'Ungheria sarà quindi, quasi, schiacciata dal peso del mondo slavo. Nè più rassicurante è la posizione di fronte al mondo tedesco, specie quando l'Austria sarà tutt'uno colla Ger

mania. Questione di tempo. Serrata fra 160 milioni di slavi e ottanta milioni di tedeschi, l'Ungheria non può che rivolgersi verso l'Italia per trovarvi un appoggio sicuro.

L'Ungheria è circondata dalla Piccola Intesa, la quale è nata ed esiste in funzione esclusivamente anti-magiara. Ora la politica magiara tende a rompere

o quanto meno allontanare il fronte unico anti-magiaro della Piccola Intesa. Ciò spiega il riavvicinamento colla Jugoslavia, verso la quale la mutilazione delle frontiere è stata meno profonda. Questo riavvicinamento non si spingerà oltre un trattato di arbitrato e conciliazione e gli accordi per il transito verso il mare. Una politica di riavvicinamento è possibile colla Romania, molto più difficile se non impossibile colla Cecoslovacchia specialmente finchè la politica estera di Praga sarà diretta da Benes ».

Ho risposto. «Condivido anch'io il vostro pensiero circa la ripresa europea della Russia. Quando la Russia si sarà disimpegnata -col successo o con l'insuccesso -in Estremo Oriente, ritornerà a fare una politica sociale e nazionale europea e panslava.

I piccoli stati balcanici sono destinati a ritornare pedine del suo giuoco.

Bisognerà -per questo -anche promuovere cambiamenti di regime nei paesi interessati. Stambulisky fu e Radic è il minore slavismo in funzione non soltanto sociale, ma nazionale del grande Slavismo russo.

L'Ungheria è quindi minacciata da un pericolo slavo sociale e nazionale ad un tempo.

Per quanto concerne la Germania, l'Anschluss è un problema di tempo e di nuove situazioni. Una Germania che va dalla Sprea al Danubio interessa più la Francia che l'Ungheria, il cui atteggiamento di fronte all'Anschluss sarà determinato dalle nuove situazioni e dalle necessarie contropartite. Il confine coll'Italia è anche più difendibile. Una più stretta intesa italo germanica è possibile anche perchè problemi che dividano i due popoli non esistono.

Per quello che concerne la Piccola Intesa, io mi rendo perfettamente conto

del vostro bisogno di sentire allentata la stretta da qualche parte e ritengo che

il punto di minore resistenza sia nel momento attuale la Jugoslavia, anche

perchè -se l'Ungheria vuole arrivare al mare -deve attraversare la Croazia.

Ma ritengo anche possibile e di maggiore utilità un riavvicinamento colla

Romania, paese necessariamente anti-slavo. Gli è per questo che io ho ratifi

cato la Bessarabia,per avere cioè quasi il diritto e la possibilità di consigliare

il generale Averescu di seguire una politica di riavvicinamento colla Ungheria,

riavvicinamento per il quale l'Italia è pronta a lavorare.

I rapporti dell'Italia colla Jugoslavia possono ritornare amichevoli a queste

condizioni :

a) che la Jugoslavia accetti il fatto compiuto del Trattato di Tirana;

b) che siano finalmente ratificate le convenzioni di Nettuno;

c) che la classe dirigente serba aggiorni le sue cognizioni concernenti

l'Italia ». Ho domandato a Bethlen quanti sono i magiari passati alla Jugoslavia .

• Sono, mi ha detto, 600 mila e abitano le pianure più fertili del Banato e della Barka. Il trattamento che viene loro inflitto è duro, ma meno duro tuttavia di quello inflitto alle minoranze magiare in Cecoslovacchia e Romania.

Data la presenza di minoranze magiare in Jugoslavia e data la perdita di territori magiari passati agli S.H.S., nessun governo ungherese può andare oltre a un semplice formale trattato di arbitrato e conciliazione fra Ungheria e

S.H.S. Né l'Ungheria può sperare di più, perchè gli altri Stati della Piccola Intesa non lo permetterebbero. È evidente chel 'amicizia coll'Ungheria significherebbe la fine della Piccola Intesa ».

Ho dichiarato a questo punto che l'Ungheria deve limitarsi a un patto di conciliazione e di arbitrato. Il conte Bethlen ha quindi graduato le nuances dell'Ungheria di fronte alla Piccola Intesa. L'ostilità massima è contro Praga.

Non possiamo avere il confine a trenta chilometri da Budapest.

La prima rettifica, quella che permetterebbe all'Ungheria di respirare è al nord e precisamente col riacquisto della Slovacchia alla quale l'Ungheria concederebbe una autonomia culturale e amministrativa. In Slovacchia c'è un forte movimento separatista specialmente nelle zone orientali. Il Conte Bethlen ha sorvolato sulla Croazia, perchè ritiene che col tempo, si fonderà nell'unità serba.

Il Conte Bethlen mi è parso invece molto disposto verso la Romania, dalla quale attende qualche misura pratica che giovi a migliorare i rapporti. Ho avuto l'impressione che la simpatia di Bethlen va più a Bucarest che a Praga o Belgrado.

Gli ho detto che avrei agito per convincere Averescu della necessità di procedere d'accordo con l'Ungheria.

La conversazione si è quindi svolta sui protocolli che si firmeranno domani.

Bethlen mi ha domandato di aggiungere nel protocollo di Fiume la clausola che quando i traffici siano aumentati, si potrà anche effettuare la consegna

di un bacino.

Gli ho risposto che non avevo nulla in contrario.

Nella visita del pomeriggio al Grand Hotel si è stabilito che domani prima

della firma degli accordi parleremo della situazione presente e futura ungherese, in rapporto alla questione dinastica. Il Bethlen che avevo già visto nel 1923 mi ha riconfermato l'impressione di uomo colto, fine, prudente, preciso e sincero amico dell'Italia e del regime.

124.

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 1714/157. Roma, 5 aprile 1927, ore 1,30.

Agenzia Stefani riceve in data 4 corrente da Atene testo di alcune dichiarazioni di politica estera contenute nel discorso pronunciato dal signor Michalacopoulos in occasione inaugurazione del club del partito conservatore democratico.

Nei riguardi dell'Albania, codesto ministro degli esteri avrebbe concluso testualmente come segue: « Qualsiasi velleità di imporsi negli affari puramente interni Albania non lascia affatto la Grecia indifferente. Grecia porta tutta sua attenzione su questo punto e non ha bisogno di clamorose dichiarazioni per attestare suo interessamento ed il suo atteggiamento eventuale. L'Albania agli albanesi come i Balcani ai balcanici è la parola d'ordine che può dare la calma in quell'angolo dell'Europa orientale così tormentato da lunghi secoli , .

La S. V. rileverà come soprattutto l'avvicinamento delle due formule relative all'Albania ed ai Balcani si presti assai facilmente ad essere interpretato come una precisazione del pensiero del Governo ellenico molto poco riguardosa e simpatica nei nostri riguardi ed in contrasto colle recenti reiterate dichiarazioni che Michalacopoulos le ha fatto circa le sue direttive politiche nei riguardi italiani ed albanesi. Ciò che non potrebbe comunque giustificarsi neppure con considerazioni di personali difficoltà politiche del momento di codesto ministro degli esteri.

La S. V. voglia immediatamente richiamare su quanto sopra la particolare attenzione del signor Michalacopoulos aggiungendogli che il testo di tali sue dichiarazioni trasmesso dall'agenzia Stefani mi ha prodotto un'assai sfavorevole impressione e non mancherà di avere lo stesso effetto sull'opinione pubblica italiana particolarmente sensibile in questo momento, con notevole svantaggio di quella corrente di simpatia e di comprensione fra i due paesi che il Governo italiano dal canto suo con ogni mezzo favorisce. Voglio quindi ancora sperare che se la trasmissione telegrafica avesse eventualmente tradito le parole pronunciate da codesto ministro degli esteri egli troverà modo opportuno di ristabilire prontamente il suo effettivo pensiero.

(l) Annotazione marginale di pugno di Grandi: • ne parlerò stasera col C. Bethlen •.

125

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1006/140. Atene, 5 aprile 1927, ore 21 (per. ore 23).

Telegramma di V. E. n. 1714/157 (l) mi è giunto al momento in cui, secondo appuntamento da me sollecitato, stavo per recarmi al ministero affari esteri per chiedere a Michalacopoulos i chiarimenti e le spiegazioni del caso circa la portata delle parole concernenti l'Albania da lui pronunciate al club del partito repubblicano-conservatore. Valendomi quindi dei termini precisi indicatimi dall'E. V., ho attirato tutta l'attenzione del ministro affari esteri sulla disastrosa interpretazione che logicamente doveva darsi in Italia a tali parole, facendogli osservare come il più sorpreso di tutti dovrei essere proprio io che da lui stesso avevo raccolto (e beninteso testualmnte riferito a V. E.) le sue costanti precise dichiarazioni nei riguardi dell'Italia. Michalacopoulos mi si è subito mostrato, e mi ha dichiarato con

grande calore, di essere dolentissimo che contro ogni sua intenzione l'avvicinamento delle due formule « avvenuto casualmente nella foga di un discorso • si fosse prestato a tradire il suo pensiero, il quale non solo non si è per nulla mutato nei riguardi della politica di sincera amicizia che egli ha sempre inteso di seguire verso l'Italia, ma si è anzi rafforzato in tal senso nel periodo successivo alla pubblicazione del patto di Tirana (sic). Egli mi ha pregato insistentemente di rinnovare all'E. V. tali formali dichiarazioni facendo in modo particolare rilevare l'atteggiamento in tutto consono alla suddetta politica che la Grecia ha tenuto dopo il suddetto patto malgrado le vivissime pressioni che specie nei primi tempi (e qui il mio interlocutore, assumendo tono confidenziale ha menzionato esplicitamente la Francia) le sono state fatte perchè si schierasse in favore della Jugoslavia. Michalacopoulos ha inoltre aggiunto che quantunque ogni postumo chiarimento sia pure perfettamente diritto del proprio pensiero viene facilmente sfruttato dagli oppositori in danno dell'oratore, era disposto a ricercare la prima favorevole occasione per chiarire ogni falsa ed incresciosa interpretazione cui si erano prestate le sue parole. Gli ho fatto subito osservare che mentre potevo bensì incaricarmi di trasmettere all'E. V. le sue rinnovate ed esplicite dichiarazioni, era indispensabile che il chiarimento pubblico a salvaguardia del pensiero avvenire, avvenisse senza alcun indugio, anche per dare all'opinione pubblica italiana una prova spontanea di tale effettivo pensiero. Il mio interlocutore mi ha dichiarato allora che pur di dimostrare all'E. V. la sua sincerità, si sarebbe valso dell'unico mezzo immediatamente possibile alla sua azione accordando oggi un'intervista in proposito. Michalacopoulos mi ha promesso formalmente che tale intervista verrebbe pubblicata o nei giornali di stasera se ancora possibile o al più tardi domani mattina. Comunicherò all'E. V. e farò telegrafare all'agenzia Stefani testo intervista spiegativa non appena possibile (1).

(l) Cfr. n. 124.

126

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI D'EUROPA E D'AMERICA

T. GAB. 640. Roma, 6 aprile 1927, ore l.

Far mettere in rilievo anche ai fini difesa lira carattere eminentemente pacifico trattato italo-magiaro, carattere che risulta soprattutto dal primo articolo col quale viene stabilito che fra Italia e Ungheria ci sarà pace costante e amicizia perpetua.

« ... Sempre che circostanze impreviste specialmente di politica interna non lo avessero richiamato in Grecia subito dopo Ginevra, senza permettergli di effettuare il progettato viaggio alle anzidette capitali [Londra e Parigi], Michalacopoulos mi ha espresso il suo vivissimo desiderio di recarsi anche a Roma, per avervi l'onore d'esser ricevuto dall'E. V. e di poter così conferire con V. E. in generale sulla situazione in armonia colle amichevoli relazioni esistenti tra i due Paesi.

Mi riservo ritornare sull'argomento, come ho telegrafato, dopo che Michalacopoulos me ne abbia anche più concretamente parlato, ma intanto, salvo ordini contrari di V. E., manterrei atteggiamento genericamente favorevole alla visita, giacchè, astrazion fatta da qualunque altra c::msiderazione, mi sembra ovvia la convenienza che ove questo Ministro degli Affari Esteri si rechi effettivamente a Londra e Parigi, egli vada anche a Roma •·

(l) Sull'atteggiamento di Michaìacopoulos. in procinto di recarsi a Ginevra, riferiva Arlotta con rapp. r. 3007/383 del 21 maggio, del quale si pubblica solo il brano seguente:

127

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1016/308. Belgmdo, 6 aprile 1927, ore 2 (per. ore 7).

Questo ministro d'Inghilterra mi ha informato di avere fatto un passo presso questo ministro affari esteri nel senso che il Governo britannico riteneva possibili conversazioni dirette fra Roma e Belgrado atte a chiarire situazione itala-jugoslava. Kennard mi ha accennato ad un lungo colloquio che V. E. avrebbe avuto in proposito con Graham che si era recato da V. E. latore di un messaggio di Chamberlain (1). Secondo Kennard, V. E. avrebbe in ultima analisi acconsentito ad ascoltare Rachich qualora questi fosse venuto latore di amichevoli proposte. Ha soggiunto che Londra e Parigi avevano tenuto ad informare Berlino e che una commissione composta di questi addetti militari inglese e francese e di un funzionario germanico avrebbe (nel solo caso che se ne fosse presentato il bisogno) potuto recarsi sulla frontiera jugoslavo-albanese per impedire incidenti durante il corso dei pourpa1·lers fra Roma e Belgrado. Ho risposto a Kennard che non avevo ancora alcuna notizia di quanto precede. Recatomi quindi da Perich questi mi confermò il passo fatto sia dal mio collega inglese che da quello francese e mi disse di avere informato Rachich che il Governo jugoslavo era desideroso di iniziare trattative dirette con V. E. Ha soggiunto però che, anche stante assenza di S. M. da Belgrado, l'istruzione per iniziare tali conversazioni non era ancora stata inviata a Rachich ma lo sarebbe al più presto.

Non mi ha detto in che cosa sarebbe consistita tale istruzione, ma mi ha detto che sperava che la « passeggiera nube » sarebbe presto svanita.

Ho capito che la comunicazione da me fattagli d'ordine di V. E., fin da ieri, circa patto itala-ungherese (2) aveva servito, quale gesto amichevole, a rendere qui ambiente più ottimista.

128

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1036/463/31~ Parigi, 8 aprile 1927, ore 21,10 (per. ore 2,20 del 9).

Mio telegramma n. 454/308 (3).

Ho profittato visita fattamo oggi dal signor Briand per cercare qualche chiarimento circa suo accenno di ieri a prossimo importante negoziato. Non ha precisato nulla: ha genericamente accennato a colloqui tra V. E. e ambasciatore Francia. Ha detto che dopo la presentazione credenziali mi parlerà.

(l) -Cfr. nn. 110, 111. (2) -Cfr. n. 120. (3) -Non pubblicato, recante una prima vaga notizia circa l'accenno di Briand.
129

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, SUL COLLOQUIO CON L'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM

[Roma], 8 aprile 1927.

L'ambasciatore Graham, che è venuto per accompagnare l'Ammiraglio Keyes l'eroe di Zeebrugge «il miglior ammiraglio inglese di oggi» mi ha detto incidentalmente che Rakich sarebbe pronto per le conversazioni.

Ho detto che se ne riparlerà dopo Pasqua.

Mi ha chiesto chi condurrà le negoziazioni ed ho risposto che molto probabilmente le condurrò io. Ho aggiunto, però, che i serbi fanno male a cantare vittoria, per il fatto delle conversazioni, dato ch'essi ignorano quale sarà la risposta che io darò alle loro richieste.

Graham ha escluso questo. Il colloquio dimostra che contatti stretti si sono stabiliti fra Rakich e Graham.

130

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. UU. 1- Ginevra, 8 aprile 1927.

Telegramma di V. E. Gab. n. 611/58 (1).

Nelle conversazioni che ho avuto in questi giorni con Drummond non ho mancato di chiarirgli il punto dì vista italiano nella questione jugoslavo-albanese e di fargli ancora una volta rilevare l'opportunità di evitare il viaggio di Avenol a Belgrado. Gli ho fatto anche considerare se l'iniziativa non esorbitasse dai limiti delle sue attribuzioni e se proprio valesse la pena di assumersi delle gravi responsabilità in un affare di cui non era stato incaricato dal Consiglio della

S. D. N., e che era tale da sollevare incresciose ripercussioni. Drummond ha tenuto a precisare che il viaggio di Avenol aveva il carattere di una delle solite visite di cortesia che tanto il Segretario Generale quanto i Sottosegretari Generali usano fare saltuariamente ai Governi dei vari Stati membri della S. D. N. e che il Signor Avenol non si sarebbe menomamente occupato di trascinare la

S. D. N. in questioni di cui non le è stata affidata la soluzione.

Ho creduto opportuno precisargli il mio pensiero in una lettera strettamente personale e confidenziale alla quale ho aggiunto altri argomenti verbali che, per ragioni di cortesia, non ho ritenuto prudente mettere per iscritto.

Dato il tono conciliante della lettera di risposta del Segretario Generale, che ha fatto delle nuove, quasi insperate concessioni, mi permetto proporre a

V. E. di accettarne le conclusioni. È forse utile tener presente la mortificazione subita dal mio collega francese, che è stato fermato, quasi al momento di partire, a causa del mio fulmineo ed energico intervento. D'altro canto tengo a far conoscere a V. E. che nella risoluzione di questo sgradevole incidente, che ha reso più amaro l'inizio delle mie nuove funzioni, ho avuto la soddisfazione di avere il pieno consenso del mio collega tedesco e specialmente del mio collega giapponese, che avendo la direzione degli affari politici, è stato in grado di darmi, in via riservatissima, elementi utili di discussione.

Quanto alla presenza di un segretario italiano accanto al segretario francese, che accompagna il Signor Avenol, è utile tener presente che essa non era punto desiderata, e che è avvenuta solo in seguito alle mie più vive insistenze, fatte allo scopo di inviare una persona di fiducia che fosse in grado, pur restando in posizione di seconda linea, di seguire le mosse del Vicesegretario Generale, e di riferirmi in merito, al ritorno.

Circa l'argomento toccato da Drummond nella prima parte della sua lettera, relativa all'integrità dell'Albania quale Stato membro della Società delle Nazioni sulla base dell'art. 10 del Patto, mi propongo di presentargli per iscritto delle precise riserve.

Mi permetto ad ogni buon fine, di far presente all'E. V. che lo scambio di siffatte lettere all'interno del Segretariato ha un carattere strettamente privato e non rispecchia che le idee personali dei funzionari che le firmano senza neppure essere impegnative per gli uffici del Segretariato stesso.

Unisco la copia delle due lettere suaccennate (l) grato a V. E. se vorrà, con cortese sollecitudine, inviarmi in merito le istruzioni che crederà più opportune (2).

(l) Cfr. n. 108.

131

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 646/175. Roma, 9 aprile 1927, ore 10,15.

Suo telegramma n. 133 (3).

Ho imediatamente interessato competenti autorità disporre riservatamente e d'urgenza per impedire eventuale effettuazione progetto da lei segnalato.

• approvo sua azione circa viaggio Avenol e sua lettera a Drummond. Accetto le conclusioni della risposta di Drummond circa tale viaggio e cioè che esso si effettui ai primi di maggio salvo che le circostanze consiglino una nuova proroga. Nulla osta che effettuandosi viaggio vi partecipi Roddolo •.

(l) -Mancano. (2) -Per la risposta di Mussolini cfr. la seguente minuta di telegramma. priva di data:

(3) Cfr. n. 116.

132

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1063/232. Berlino, 9 aprile 1927, ore 23 (per. ore 9 del 10).

Mio telegramma ... (1).

Sottosegretario stato affari esteri mi ha pregato di andarlo a vedere e mi ha detto essere stato incaricato da Stresemann, a cui rincresceva non poterlo fare personalmente, di comunicarmi che con molto rincrescimento Stresemann doveva rinunziare al suo viaggio in Italia dovendo rimanere Berlino per sostituzione cancelliere e vice cancelliere che assentavansi per le feste pasquali. Schubert ha soggiunto che confidava in me perchè V. E. non potesse avere una impressione contraria alla verità e non attribuisse alla rinunzia attuale del viaggio cause che essa non ha. Ho risposto che avrei telegrafato a V. E. quanto egli mi diceva, che del resto avevo già letto da cinque giorni su tutti i giornali ove era apparsa una consimile comunicazione evidentemente inspirata, ma che non gli nascondevo, sia pure nel modo più amichevole e cordiale, che mi sarebbe sembrato più opportuno che prima di dare un tale comunicato ufficioso alla stampa se ne fosse tenuta parola con me e se ne fosse data partecipazione a V. E. per mezzo dell'ambasciata germanica a Roma. Schubert riconobbe la giustezza della mia osservazione. Parlandomi poi in modo tutto affatto confidenziale mi dette ad intendere quali erano le ragioni che potevano concorrere ad impedire in questo momento il viaggio del ministro esteri, e cioè la situazione itala-jugoslava, situazione in Cina ecc. Mi disse che fino all'ultimo momento Stresemann ondeggiava nella sua decisione, tanto è vero che Neurath, con un suo telegramma di ieri, riferiva di avere parlato con V. E. ed avere preso disposizioni per il Palazzo Hotel come se Stresemann dovesse giungere a Roma il 14. Mi è stato assai facile ribattere talune affermazioni di Schubert il quale, come ho riferito altra volta a V. E. (2), mi è sembrato sempre poco favorevole al viaggio Stresemann in Italia. Gli ho detto che io avevo accolto con piacere la prima notizia che di tale viaggio in Italia Stresemann mi aveva dato nel novembre scorso ritenendo mio dovere favorire un incontro che non poteva essere se non utile all'interesse dei due paesi. Ho ricordato che intorno a tale viaggio erano nate delle polemiche circa iniziativa, che era stata senza dubbio di Stresemann; ciò che aveva tentato negare parte della stampa tedesca. Gli ho detto che per ciò la seconda volta ero stato molto riservato di fronte annunzio di Stresemann. L'una e l'altra volta V. E. da me informata aveva espresso il suo compiacimento per un eventuale incontro con [Stresemann] ... (l) essendo il progetto più determinato, aveva offerto ospitalità italiana. Certo è spiacevole che due volte di seguito il viaggio • privato » di Stresemann fosse annunziato e disdetto con tanto clamore nella stampa, ma io ritenevo che V. E. non darebbe al fatto importanza diversa da quella che essa merita. Schubert ha ascoltato tutto ciò senza replicare

come pure qualche accenno che ho creduto fargli sopra influenze mosse anche in questa occasione per annullare, in effetti, la intenzione e la volontà palesemente espressa da Stresemann, ed ha voluto concludere con la speranza che, in un prossimo avvenire, il viaggio si possa finalmente effettuare.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. t. gab. 752/163 del 19 marzo.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2721/349. Costantinopoli, 9 aprile 1927 (per. il 18).

Da alcuni giorni circolano qui, e sono raccolte oggi da alcuni giornali, voci di negoziati segreti in corso a Londra tra quel Governo e l'Ambasciatore di Turchia, e siccome Sir Georges Clerk da un mese in congedo, tarda a rientrare a Costantinopoli, v'è chi pensa che effettivamente qualcosa di vero debba esser in quelle voci.

L'Ambasciatore di Germania pensa che esse sono messe espressamente in circolazione da fonte inglese, via Stati Uniti, per seminare sospetti e zizzania sul campo dei rapporti turco-russi, ma che nessun negoziato segreto è in corso tra Londra e Angora. Sir Adam Block pensa pure che nulla del genere si stia negoziando. I rapporti tra Londra e Angora, dopo la soluzione della questione di Mossul, sono divenuti normali. Dipenderà dal tempo e dalla buona volontà delle due parti il svilupparli progressivamente. Ma ad accordi segreti oltrepassanti i limiti della buona amicizia e della correttezza al Foreign Office non si pensa.

A chi parlavagli con una certa sorpresa di queste voci, l'Incaricato d'Affari d'Inghilterra rispondeva: ma non sapete che oggi noi siamo buoni amici dei Turchi? e legittimava il ritardo nel ritorno di Sir Georges Clerk con la presenza qui del Maharaja di Kapurthala.

Il giornale Ikdam ieri portava la seguente informazione di fonte greca: • un negoziato segreto è stato iniziato a Londra tra l'Inghilterra e la Turchia. L'Inghilterra cercherebbe di convincere la Turchia a abbandonare la Russia per entrare nella combinazione italo-inglese. Quando le divergenze italo-turche saranno appianate, e non appena che la spartizione dell'Arabia avrà luogo, un mandato sarebbe affidato alla Turchia, che riavrebbe libertà d'azione».

A questa notizia non è tardata la smentita. Un telegramma da Angora alla Répttblique dice: • che le notizie dei giornali concernenti trattative in èorso tra Londra e Angora sono oramai arrivate a tal punto che meritano di attirare l'attenzione. Tutte queste notizie di fonte rumena, greca, americana sono infondate, anzitutto è certo che attualmente l'Inghilterra e la Turchia non sono in negoziato. La notizia poi concernente l'Arabia è evidentemente falsa perchè è in contrasto violento con la politica sinora seguita dalla Turchia e i principi direttivi della medesima».

A quelle voci come a queste smentite io sono tratto a dare lo stesso valore, un valore molto relativo; superfluo sembra il ricercare la verità sotto tante fronde.

Ciò nonostante non è fuori di luogo nè di tempo, fermare la nostra attenzione su un punto che quelle notizie e quelle smentite sfiorano. In quale situazione verrebbe a trovarsi la Turchia nel caso, che oggi sembra non potersi assolutamente escludere, di una resa di conti, a mano armata, tra la Russia dei Sovieti e l'Inghilterra? Certo questa situazione per i Governanti di Angora non si presenta nè comoda nè priva di mortali pericoli. E Tefik Russdi Bei che si felicitava con me nel vedere il conflitto anglo-russo portarsi sulle regioni cinesi, constaterà di quanto errato fosse il suo calcolo. Poichè se davvero un urto fra i due colossi dovesse avvenire, l'Inghilterra cercherebbe di colpire militarmente ed economicamente l'avversario, anzitutto nei nodi vitali, nelle parti per essa più facilmente raggiungibili.

È opinione qui di tutti (sia che temano quell'urto sia che lo desiderino) che una delle prime misure determinate dall'urto sarebbe la comparsa della flotta inglese nel Mar Nero. Cosa farebbero i Governanti di Angora in quel caso? Per quello che è noto, la Convenzione di Parigi del dicembre 1925 impone alla Turchia la neutralità, che questa possa essere benevola per la Russia lo dimostrano certi preparativi occulti di armamento e di difesa, in corso, nelle vicinanze dei Dardanelli, adattati necessariamente alle circostanze create dalla demilitarizzazione degli Stretti, ma non per questo meno effettivi al momento opportuno.

Di fronte a tale stato di cose è lecito ritenere che i competenti ufficii del Foreign Office abbiano esaminato o stiano esaminando: quid agendum? Non mancheranno coloro che nel caso dell'urto riterrebbero giunto il momento opportuno per dare il colpo di grazia all'ultimo resto della vecchia Turchia e che sarebbero propensi a violare fin dall'inizio quella neutralità turca, destinata a coprire una connivenza con la Russia e a facilitare la difesa e i rifornimenti di questa. Ma, se le informazioni che qui si hanno non sono errate, questa corrente non sarebbe nè la più numerosa nè la prevalente, oggi, al Foreign Office. Senza volerne ricercare qui il movente, dai più si penserebbe più utile alla politica britannica il non aumentare l'incendio, sibbene il localizzarlo. E perciò cercare se non l'amicizia o l'alleanza della Turchia una immobilizzazione della medesima, mediante un accordo di controassicurazione o qualcosa di simile. Oggi gli stretti vincoli intercorrenti tra la Turchia e la Russia sono basati anzitutto sul timore che la prima, tenuta finora da parte dalle Potenze Occidentali, ha della seconda, sull'amicizia personale del Ministro degli Esteri per Cicerin, sull'influenza che l'Ambasciatore Souritz ha saputo conquistarsi a Angora. Ma tutto questo sarebbe un castello di carta il giorno in cui, di fronte al pericolo per la Turchia di esser impegnata nel duello a morte tra la Russia e la Gran Brettagna, da questa le si facesse intravedere la possibilità di salvezza e pur anco di un profitto in connessione ad una sua attitudine di una neutralità che non mancherebbe di esser scrupolosa, poichè all'Inghilterra non farebbero difetto i mezzi per controllarla.

Da queste considerazioni io quindi non sarei tratto a mettere a priori nella soffitta delle fantasie le voci che corrono. Non ritengo si possa parlare di conversazioni formali, e tanto meno di accordi segreti. Ma è invece probabile che, tanto a Londra, quanto ad Angora la eventualità su cui mi sono più sopra sof

fermato sia stata oggetto di esame da cui possano scaturire conversazioni tra i due Gabinetti: le quali a un dato momento potrebbero avere un risultato, nei riguardi del Mediterraneo Orientale, diverso da quello che una buona parte dell'opinione pubblica italiana si attende.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 655/184. Roma, 11 aprile 1927, ore 16,30.

Suoi telegrammi 154 (l) e 156 (2).

Prego V. S. recarsi subito da Averescu e dirgli a mio nome che sono rimasto profondamente sorpreso e spiacente dell'atteggiamento assunto da codesta stampa e da alcuni ambienti politici romeni. Prevedevo che qualche malinteso potesse determinarsi negli ambienti ostili o incapaci di comprendere gli obiettivi superiori cui, nello stesso interesse della Romania, si rivolge la politica italiana, ma non credevo che si potesse con tanta mala fede inscenare una così stupida gazzarra da parte della stampa romena falsando assolutamente il mio pensiero. Quando nel brindisi del Campidoglio ho alluso all'appoggio prestato dall'Italia all'Ungheria in un momento difficile non intendevo naturalmente riferirmi ad altro che all'azione spiegata dalle autorità italiane a Budapest per aiutare gli ungheresi contro le vessazioni d'ogni genere del Governo di Bela Kun. Sono troppo noti i numerosi casi in cui riuscì alle nostre autorità di salvare la vita a cittadini ungheresi ed attenuare le violenze bolsceviche, come è troppo nota la riconoscenza che ne serbano gli ungheresi, perchè io potessi non menzionare questa bella pagina di storia in cui rifulse la generosità italiana nella lotta contro quello che è il nemico di ogni ordine sociale: il bolscevismo.

Pur senza volere dare troppa importanza alle tendenziose interpretazioni della stampa romena, mi duole tuttavia di dover constatare la leggerezza con cui essa tratta la politica estera e l'incomprensione che essa dimostra dei veri interessi romeni, lanciandosi in sterili ed isterici attacchi contro chi ha dato finora prove sicure della propria amicizia verso la Romania.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. 1838/127. Roma, 11 aprile 1927, ore 16,30.

Suoi rapporti nn. 114 e 128 del 21 e 25 marzo. Ho conferito col colonnello Scanagatta sulla questione del controllo militare in Bulgaria. Egli mi ha dettagliatamente esposto la situazione e le ragioni

itala-ungherese.

che hanno dettato la sua azione sia nei confronti delle autorità militari bulgare che dei suoi colleghi nell'organo di liquidazione. A mia volta, tenendo presenti anche elementi che V. S. mi ha fornito cogli ultimi suoi rapporti sull'argomento, ho spiegato al colonnello come e perchè, pur eliminando dalla nostra azione in seno all'organo di liquidazione ogni palese iniziativa suscettibile di isolarci e sopratutto di dar motivo ad insinuazioni circa le finalità che ci proponiamo, le direttive della nostra politica verso la Bulgaria portino a facilitare da parte nostra per quanto possibile una sollecita abolizione del controllo. Scanagatta che riparte per Sofia mi è sembrato perfettamente compreso del compito traedatogli.

La S. V. potrà quindi ove occorresse rassicurare Liapceff e Buroff sopra la costanza dell'interessamento del Governo italiano a favore degli interessi della Bulgaria. Non credo, peraltro, di dover nascondere alla S. V. come vada sempre più diffondendosi qui e altrove l'impressione che tale nostra linea di condotta così leale ed amichevole, da tempo senza oscillazioni seguita e sulla quale la Bulgaria ha potuto fare, anche in momenti particolarmente difficili, precipuo se non unico assegnamento, non abbia trovato a Sofia una effettiva e sincera rispondenza. Lo strano atteggiamento costà tenuto in occasione dei recenti avvenimenti albanesi è stato in particolar modo soggetto di generali commenti in Italia ed all'estero. Sarebbe del resto difficile alla Bulgaria dimostrare di avere praticamente offerto all'Italia, in qualche campo, una prova veramente seria e sufficiente della speciale considerazione in cui tiene un'amicizia alla quale ha così spesso fatto appello. Temo che a Sofia si sia fatta strada l'idea che l'amicizia italiana per la Bulgaria sia una linea di condotta obbligata per l'Italia per il suo vàntaggio. Qualora ciò fosse, conto che la S. V. saprà opportunamente ma efficacemente rettificare tale erronea concezione.

Pregola tenermi al corrente dettagliatamente dell'ulteriore svolgimento della questione del controllo e dell'azione del nostro rappresentante.

(l) -T. gab. 1051 /154 del 9 aprile: commenti della stampa rumena al patto itala-ungherese. (2) -T. gab. 1050/156 del 9 aprile: reazioni nella Camera dei Deputati romena al patto
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IL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

N. 733. Roma, 11 aprile 1927.

Il procuratore Generale della Missione della Consolata in Roma mi aveva fatto pervenire un promemoria, che accludo in copia (1), per proporre un tentativo d'intervento della Chiesa Cattolica Romana nella questione a margine segnata (2).

Essendomi da altra parte noto che la Segreteria di Stato del Vaticano, probabilmente seguendo in ciò l'impulso che le viene da Propaganda Fide, si interessa vivamente della questione stessa, ho creduto opportuno assumere in pro

posito il giudizio del Governatore dell'Eritrea, prima di sottoporre a codesto

R. Ministero la proposta del Procuratore Generale suddetto.

Il Governatore dell'Eritrea ha espresso chiaramente il suo avviso in merito, nel telegramma di cui accludo copia (1), aggiungendo anche interessanti informazioni circa la missione che sarebbe affidata al Ministro dell'interno etiopico per trattare col Patriarca copto di Alessandria d'Egitto.

È pure mia opinione che un tentativo diretto della Chiesa Cattolica Romana, quale sarebbe quello proposto nel citato promemoria, sarebbe oggi per lo meno prematuro e che occorrerebbe farlo precedere da un'opera di intensificata propaganda del clero cattolico nell'Etiopia stessa, intesa precisamente a preparare una futura intesa colla Santa Sede.

Ma sembrami che sia nel nostro interesse non iscoraggiare la Santa Sede e Propaganda Fide sulla via di questa loro recente attività, e che non sia inopportuno dare ad esse la sensazione che su tale via esse troverebbero indubbiamente concorde il R. Governo; mettendole sopratutto in guardia circa il fatto che è assai dubbio che, per una preparazione quale è quella auspicata, si possa fare affidamento sull'opera delle Missioni francesi ultra-scioviniste oggi insediate ad Addis Abeba e nell'Etiopia orientale.

In ispecial modo, mi associo pienamente alla proposta del Governatore dell'Eritrea che si debba sin d'ora cercare di influire, per mezzo della R. Legazione in Cairo perchè la scelta del nuovo Abuna per l'Etiopia cada su persona simpatizzante verso di noi e perchè nell'atto di nomina non sia fatta menzione della Eritrea, lasciando impregiudicata ogni futura nostra azione per ottenere, per l'Eritrea stessa, la nomina di uno speciale Abuna o per lo meno Visitatore (2).

(l) -Manca. (2) -Si tratta della successione dell'abuna copto in Etiopia.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. PER CORRIERE 682. Roma, 14 aprile 1927, ore 18.

Suo telegramma 454/308 (3).

Accenno fattole da Briand si riferisce ad un passo compiuto da questo ambasciatore di Francia il 7 febbraio scorso (4). Il signor Besnard che ritornava da Parigi mi disse allora che si era concretata costì l'idea di un patto italafrancese e che si stava preparando un progetto da sottoporre al Governo italiano. L'ambasciatore aggiunse che si voleva dare a questo patto un certo rilievo politico anche eventualmente con un incontro fra me e Briand all'atto della firma. Creata così un'atmosfera di cordialità, si sarebbe potuto affrontare la questione tunisina. L'unica, diceva Besnard, che ci divide.

Risposi che ero lieto di constatare come dopo due anni di conversazioni si faceva un passo innanzi, che non avevo difficoltà a che il progetto fosse pre

parato dal Quai d'Orsay e che quando V. E. avesse iniziata la sua missione costà, se ne sarebbe potuto riparlare. Non misi soverchia premura nell'accogliere le aperture francesi, giacchè appariva evidente che il patto, così come ci era proposto da codesto Governo poteva avere un valore puramente platonico, rimanendo esclusa anche la possibilità di trattare preliminarmente la questione tunisina. Nel mese scorso S. E. Scialoja, trovandosi a Ginevra, ebbe occasione di parlare a Briand sull'argomento, e mi telegrafò il 9 marzo che quest'ultimo gli aveva detto di aver preparato più di uno schema da sottoporre alla mia approvazione. Briand aggiunse « che egli era anche personalmente disposto a prolungare il trattato (sic -cioè le convenzioni del '96) relativo agli italiani di Tunisia per la durata assegnata al nuovo trattato di arbitrato » (1).

Poichè la buona volontà di Briand che ritengo anche sincera si è troppe volte irrimediabilmente urtata alla decisa opposizione dei suoi colleghi di gabinetto, non credetti neanche allora di dare molta importanza alle sue dichiarazioni. Ma, visto che Briand è ritornato a parlarne con V. E., credo opportuno riassumerle brevemente il mio pensiero per sua norma di condotta.

Tra noi e la Francia oltre che delle gravi questioni politiche in cui gli interessi rispettivi sono contrari, si è venuta attualmente formando una profonda divergenza di spirito e di concezione politica che determina delle correnti di reciproca ostilità nell'opinione pubblica dei due paesi, correnti che si manifestano ogni volta che un avvenimento qualunque, sia pure estraneo alle loro dirette relazioni, dà motivo di supporre che vi sia una possibilità di contrasti politici.

Mutare d'un tratto questa situazione, di cui non mi nascondo tutta la gravità, non è certo facile, e non sembra proprio che vi si potrebbe riuscire con la sola stipulazione di uno strumento di carattere diplomatico giuridico, senza base sicura nella coscienza collettiva dei popoli: uno di quegli abusati atti internazionali che possono aver solamente valore quando il loro arido testo è animato da un reale spirito di cordialità e di amicizia. Le relazioni fra i due paesi potrebbero avvantaggiarsene solo per un assai breve periodo di tempo, mentre invece l'opera alla quale conviene attendere nell'interesse dell'Italia deve essere rivolta alla stabilizzazione per un tempo abbastanza lungo di una normale situazione politica dal lato francese che ci permetta di considerare con calma e serenità la nostra futura orientazione a mano a mano che l'Europa comincerà ad uscire dall'attuale incertezza.

Questo ragionevole se pur limitato programma politico sembra il solo attuabile nelle presenti condizioni, e nessuno potrebbe negare costì che corrisponda anche agli interessi francesi.

Ma anche per la sua attuazione non basta, come ho detto, la firma di uno dei soliti patti di amicizia conciliazione e arbitrato mancanti di un vero contenuto pratico. Bisogna invece che questa eventuale stipulazione teorica sia preceduta od accompagnata da qualche manifestazione reale che permetta appunto

di calmare l'irritabilità dell'opinione pubblica e, se non risolvere tutte, almeno sopire qualcuna delle più ardenti questioni controverse fra i due paesi. Altrimenti nessun patto varrebbe ad impedire che le correnti ostili insorgano nuovamente in piena efficienza appena che per un avvenimento qualsiasi tali questioni avessero a riacutizzarsi.

Per conto mio non vedo pertanto altra possibilità di giungere ad un risultato soddisfacente se non prendendo in considerazione contemporaneamente alle proposte di un patto di amicizia, la questione di Tunisi in relazione anche alla posizione mediterranea dell'Italia e quella dei fuorusciti.

Per la prima è inutile cercare soluzioni di compromesso nè riunire commissioni nè escogitare espedienti giuridici e diplomatici, come qualche volta si è tentato di fare in passato.

Bisogna che costì si convincano: l) che il R. Governo non può assolutamente in alcun modo pregiudicare la questione degli italiani in Tunisia con delle transazioni provvisorie; 2) che l'unica via di uscita, per il momento, è il rinvio di ogni decisione definitiva, al solo scopo di sgomberare per qualche tempo il terreno politico da questo pericoloso argomento e tentare di normalizzare i rapporti itala-francesi; 3) che però è necessario che durante questa eventuale tregua tunisina, il Governo francese ci dia assicurazione formale di non tentare per vie traverse di giungere egualmente alla snazionalizzazione degli italiani, proseguendo localmente quell'attivissima opera su cui ho richiamato più volte tutta l'attenzione di codesta ambasciata fornendole ampia documentazione.

Per la seconda questione, occorrono più che degli affidamenti, dei fatti. Non è ammissibile· che il territorio francese, cioè quello di uno stato che riconosce la necessità dell'amicizia italiana, continui ad essere il rifugio di tutti coloro che cospirano ai danni del nostro paese e tanto meno che a questi individui sia offerto incoraggiamento e protezione.

Conosco il solito ritornello del diritto d'asilo, della libertà, e dei principì democratici. Ma questi principì non hanno meno credito e valore in Francia che in altri paesi dove pure la situazione interna non rende facile ai Governi di prendere delle efficaci misure.

E tuttavia in nessun paese come la Francia la questione dei fuorusciti si è fatta così acuta, perchè altrove si è invece fatto intendere preventivamente a chi di ragione che l'ospitalità e la libertà hanno certi limiti fissati dalle esigenze della convivenza internazionale.

Nessun Governo che si preoccupi seriamente delle sue relazioni internazionali può, per compiacere a degli interessi elettorali della situazione interna, coprire colla propria passività se non con il proprio favore, le malefatte di stranieri che trescano pericolosamente coi peggiori elementi locali.

Questo è dunque quanto V. E. occorre tenga presente nelle ulteriori conversazioni che potrà avere costì circa le proposte di Briand, senza farsi naturalmente parte diligente per l'esame di esse, ma nel caso molto probabile che da parte francese si ritornasse sull'argomento.

H -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) -Manca. (2) -Annotazione marginale: • Già telegrafato al Cairo •. (3) -Cfr. p. 137, nota 3. (4) -Cfr. n. 3.

(l) T. 1569/17, che non si pubblica.

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APPUNTO DELL'UFFICIO III J. EUROPA E LEVANTE

Roma, 14 aprile 1927.

Le maggiori opposizioni che da parte Jugoslava si appuntano contro le Convenzioni di Nettuno riguardano in modo quasi esclusivo quegli accordi che tutelano gli interessi e i cittadini italiani in Dalmazia.

Occorre premettere che nel trattato di Rapallo a compenso della cessione alla Jugoslavia della parte di Dalmazia, terra ferma ed isole, a noi assegnata dal Patto di Londra, venne riconosciuto a favore dei cittadini e degli interessi italiani in Dalmazia

l o -Il mantenimento delle concessioni di carattere economico preesistenti.

2o -Il diritto per i dalmati italiani di optare per la cittadinanza italiana pur potendo conservare, con disposizione di carattere assolutamente eccezionale, la residenza nel territorio passato alla Jugoslavia. Questi optanti ebbero insieme garantito la conservazione del libero uso della loro lingua e religione con tutte le facoltà inerenti.

Poichè dopo lo sgombro della prima e seconda zona dalmata, tali diritti furono interpretati dal Governo S. C. S. in misura eccessivamente restrittiva, si venne alla conclusione della Convenzione di S. Margherita la quale fissa in termini più precisi il contenuto di alcuni dei privilegi generici garantiti dal Trattato di Rapallo.

È utile rammentare che la terza zona dalmata venne sgombrata dalle truppe italiane soltanto contemporaneamente e quasi in corrispettivo all'entrata in vigore di tale Convenzione.

Risultata all'atto pratico insufficiente anche questa, si continuarono le trattative per la conclusione di ulteriori e più completi accordi che sono poi parte di quelli definitivamente conclusi a Nettuno e precisamente:

Io -Accordo per le proprietà al confine, per cui gli optanti non sono soggetti alle limitazioni e vincoli stabiliti per l'acquisto e l'uso di beni immobili da parte di stranieri.

no -Accordo sulle espropriazioni di fondi rustici per cui in attesa della legge generale S. C. S. per la riforma agraria e del conseguente Accordo tra i due Paesi per regolare le indennità a favore degli espropriati, vengono sospese le misure restrittive emanate contro le proprietà possedute da italiani.

A chiarimento dei punti l e 2 sarà utile menzionare che le terre agrarie della Dalmazia sono per un terzo di proprietà italiana, e che tutte le proprietà immobiliari, agrarie e urbane possedute da italiani sono del valore di più la metà di tutti i beni rustici e urbani della Dalmazia.

IIIo -Accordo sulla mano d'opera in base al quale è assicurata la facoltà di poter continuare ad impiegare quegli italiani che hanno già trovato fino al 1925 una occupazione in Jugoslavia.

Da quanto precede risulta che le stipulazioni di Nettuno in materia di protezione degli italiani in Dalmazia, oltre che rispondere a criteri generali di

equità e di giustizia, non sono che il corrispettivo, la modesta contro partita degli ingenti acquisti territoriali ottenuti dalla Jugoslavia, e rappresentano il minimo che l'Italia potesse esigere, all'atto stesso di rinunciare al possesso territoriale, a tutela dei propri interessi e dei propri connazionali che venivano così a passare sotto una dominazione straniera.

Soltanto con gli Accordi di Nettuno vengono esauriti nei riguardi di ambedue i contraenti, e in particolare dell'Italia, i problemi posti dal Trattato di Rapallo, di cui la parte territoriale vantaggiosa per la Jugoslavia ha avuto da tempo completa esecuzione; solo con essi la Jugoslavia si sgrava del debito e dell'impegno contratti con noi all'atto della cessione fattale della Dalmazia e delle isole.

In tali circostanze le difficoltà opposte all'applicazione delle disposizioni di Nettuno o il volerne mercanteggiare l'applicazione contro nuovi compensi o il tentare la attenuazione delle disposizioni già pattuite, significa rifiuto della Jugoslavia di eseguire la parte del Trattato di Rapallo che rappresenta la sola contropartita della Jugoslavia alle importantissime concessioni territoriali fattele dall'Italia.

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IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 763/340. Vienna, 14 aprile 1927.

Nell'ultimo mio colloquio con il Cancelliere, questi mi ha detto avergli persona non diplomatica dichiarato non essersi in Italia soddisfatti dei rapporti con l'Austria che si considerano raffreddati, e mi ha chiesto che ne sapessi.

Gli ho risposto che dalle istruzioni e comunicazioni di V. E. nulla mi era

apparso. Che se poi si intendeva parlare non del R. Governo bensì della nostra

opinione pubblica, potevo solo dirgli che niente avevo visto nei giornali italiani

che mi confermasse quella impressione riferitagli. Non escludevo tuttavia che

qualcosa di vero potesse esservi nell'affermazione. Era probabile che il recente

patto di amicizia italo-ungherese avesse avuto, tra le sue conseguenze, quella

di far stabilire un confronto fra i nostri rapporti con l'Ungheria e quelli con

l'Austria e di mostrare quanto i primi fossero migliori dei secondi. Era inne

gabile come, in confronto con l'Ungheria ove tutta l'opinione pubblica ci è

favorevole, la situazione a nostro riguardo fosse assai diversa in Austria, dove,

essendoci contrari sia i socialisti specialmente a causa del governo fascista, sia

i pangermanisti specialmente a causa della questione dell'annessione, sia almeno

in parte, i cristiano-sociali specialmente per via dell'Alto Adige, si poteva

dire che l'Italia non avesse simpatie in alcuno di questi partiti politici. Non

mi mancava la prova degli effetti di tale stato di cose, e, mentre in Ungheria

ogni nostra iniziativa trova consensi e appoggi, qui, invece, qualsiasi nostro

progetto urta in difficoltà e opposizioni, tenaci nella sostanza per quanto garbate

nella forma. Per !imitarmi al solo campo della cultura, gli ho citato gli ostacoli

frapposti, e non ancora superati, per quanto riguarda così la scuola Vittorio Emanuele III per 1 bambini italiani della Colonia, come i corsi di italiano della Dante Alighieri a vantaggio dei cittadini austriaci, e gli ho in pari tempo ricordato quanto abbiamo dovuto lottare affinchè si giungesse alla concessione austriaca del titolo professorale al prof. Bonvicini, la quale non ledeva alcun interesse avendo carattere puramente onorifico (mio telespresso n. 514/221).

Il cancelliere ha convenuto con me nei miei apprezzamenti sul contegno dei vari partiti parlamentari verso l'Italia e ha mostrato di essere disposto ad esaminare, dopo le elezioni (1), le due questioni scolastiche suddette nell'intento di trovarne la soluzione. (Può però darsi che per quell'epoca esse riescano ad essere regolate senza l'intervento di Monsignor Seipel). Egli ha tuttavia aggiunto che, se una osservazione avesse dovuto fare, sarebbe stata quella che l'Italia poco si interessa all'Austria. Le nostre Autorità mostrano nel Regno, a parole, le migliori disposizioni verso i rappresentanti austriaci, ma allorchè dalle affermazioni generiche si voglia passare alle applicazioni specifiche (e mi ha citato il recente viaggio di Schi.iller) si adducono da parte nostra ragioni varie per le quali non si riesce mai a giungere a una conclusione.

V. E. rammenterà forse che, quando nell'Ottobre scorso mi onorò di una udienza, io le feci presente come, in questi cinque e più anni da me passati a Vienna, l'Italia vi fosse andata perdendo di importanza, e come sempre più qui si rafforzasse la convinzione che noi non volessimo occuparci dell'Austria, ciò che le attuali parole spontanee del Cancelliere confermano. Le feci altresì presente il pericolo che poteva derivare da tale convinzione, in quanto l'Austria, sperando più poco o nulla nella Cecoslovacchia e nell'Ungheria, e altrettanto nella Società delle Nazioni, ne era forse portata, vedendosi mancare anche un qualsiasi appoggio nell'Italia, ad avvicinarsi di più alla Germania. Si tratta però di un pericolo, devo aggiungere, di conseguenze non imminenti: come ho sempre sostenuto, e i fatti per il momento sembrano darmi ragione, malgrado il recente discorso del Ministro Schi.irff (mio telespresso n. 752/332), il movimento delle masse verso l'annessione è in ragione inversa della bontà della situazione economica austriaca; e siccome questa, per quanto lentamente e malgrado l'opinione contraria di molti, va un po' migliorando, dell'annessione si parla oggi meno, e quando se ne parla si indicano già alcune difficoltà, e concessioni senza le quali non potrebbe avvenire. Feci infine presente a V. E. un certo mio scoraggiamento nell'assistere a questa graduale diminuzione di importanza dell'Italia in Austria e nel sentire la mia impotenza sia pur solo a fermarla. Mi permisi aggiungere che a mio avviso soltanto una nostra azione per rendere più numerosi e più stretti i nostri vincoli economici, valendo a diminuire quelle difficoltà che si oppongono a una pronta ricostituzione dell'economia austriaca, avrebbe contributo non solo ad allontanare il pericolo dell'annessione ma anche a migliorare i nostri rapporti politici. Esposi infine come, non avendo il R. Governo creduto di accettare il mio progetto dell'estate scorsa per l'acquisto della maggioranza delle azioni dell'« Alpine Montana Gesellschaft », io non avevo per il momento altra utile e concreta proposta da fare, ma che, in vista della possibilità di qualche futura occasione, mi sembrava sarebbe stato opportuno

riuriire fin da ora nel Ministero degli Esteri una commissiOne con rappresentanti competenti dei Ministeri delle Finanze e dell'Economia affine di esaminare, sia pure per il momento soltanto teoricamente, le possibilità di azione, raccogliendo al riguardo quanti più possibili dati precisi sulla situazione economica austriaca in rapporto a quella italiana.

V. E. ebbe la bontà di rispondermi che si rendeva conto del mio stato d'animo, ma mi indicò le ragioni politiche ed economiche per le quali non potevamo avere una parte più attiva in Austria, concludendo che necessità di cose ci obbligava a seguire verso di essa «una politica labile».

In considerazione di ciò, io ho creduto di lasciar cadere con il Cancelliere il discorso. Ma se per nuove considerazioni, derivanti da mutate condizioni generali o particolari, V. E. credesse che qualche cosa vi sarebbe oggi qui da fare, questo discorso con il Cancelliere, dopo le elezioni austriache, potrebbe essere ripreso.

(l) Annotazione marginale: c Le elezioni hanno dato la presidenza ai socialisti ! •.

140

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, ALLIEVI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1115/144. Budapest, 15 apriLe 1927, ore 16,30 (per. ore 20).

Persona solitamente bene informata e degna di fede mi ha confidato in via strettamente confidenziale che Bethlen andrebbe otto maggio prossimo Belgrado per conclusione trattative in corso fra i due paesi.

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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1131/98. Ginem·a, 16 aprile 1927, m·e 16,10 (per. ore 18).

Ritengo opportuno informare V. E. che il prolungamento discussione della stampa mondiale sulla questione itala-jugoslava-albanese ha avuto in questi ambienti una ripercussione esagerata destando preoccupazioni per la pace europea molto superiori alla realtà. Tale stato d'animo, sfruttato pure da mene jugoslave, anche negli ambienti Segretariato ha creato una corrente, facente capo all'ultra societario Sir Arthur Saltre che insiste su opportunità portare questione direttamente o indirettamente davanti Società delle Nazioni, al fine impedire eventuale scoppio di una nuova guerra europea. Non ho mancato in questi giorni di esplicare opera tranquillizzante sia presso Saltre che presso altri alti funzionari della Società Nazioni facendo comprendere che la situazione non richiede alcuna azione della Società Nazioni, che l'Italia aveva dimostrato di avere i nervi a posto e che tutti potevano risolvere meglio facilitando intese dirette tra Belgrado e Roma. La recente notizia pubblicata dal Giornale

d'ItaLia sulla mobilitazione jugoslava riportata qui da tutti i giornali, ha prodotto nuova emozione e nuovi commenti. Mi sembra necessario, se V. E. intende risolvere questione con intese dirette, che giornali italiani si astengano ormai dalla pubblicazione di notizie che, dando l'impressione di un'aumentata tensione con la Jugoslavia, possono allarmare ancora maggiormente opinione pubblica mondiale. D'altro canto sarebbe utile che per il prossimo consiglio della Società delle Nazioni e principalmente per questione assemblea, la questione avesse a cessare già dall'occupare la stampa internazionale. Comunque converrebbe cominciare a studiare, sin da ora, la procedura migliore per fronteggiare vantaggiosamente situazione in questo consesso.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

TELESPR. S. 218743/163. Roma, 16 aprile 1927.

Rapporto di V. E. n. 1842/223 del 13 marzo u. s. (1).

I rapporti commerciali fra la Turchia e le nostre Isole dell'Egeo sono stati da tempo oggetto di interessamento di questo Ministero, che più volte ha dovuto richiamare l'attenzione di V. E. sulla non celata ostilità, che in pratica si concretava in continue difficoltà burocratiche ed in meschine misure di polizia, che le autorità turche manifestavano per ogni relazione da e per le Isole. S. E. il Governatore delle Isole Egee ha fatto più volte presente e a V. E. e a questo Ministero che una tale mentalità turca, che sospettava di spionaggio e di intrigo ogni più semplice viaggio in Anatolia di persone o di velieri provenienti dalle Isole, recava non poco danno alla vita del nostro possedimento che per la sua posizione geografica non può fare a meno di commerciare e di trarre il necessario per l'alimentazione della sua popolazione dalla vicina costa anatolica, ed ha cercato anche di dare prove indubbie di simpatia e di condiscendenza verso la popolazione mussulmana e verso i desideri della Turchia per cercare di convincere i dirigenti di Angora che i loro sospetti sono del tutto infondati. Ma ciò sembra a nulla sia giovato e le difficoltà che i turchi fanno al nostro commercio in Anatolia non hanno l'apparenza di essere diminuite. Un accordo che chiarisse una situazione che certamente, come giustamente osserva l'E. V., sarebbe utile non si prolungasse, sembra veramente difficile dato che è impos sibile sperare di ottenere che le autorità turche possano addivenire ad una intesa che consideri promiscuamente territoriali le acque fra le isole e la costa

Anatolica.

Ogni altro accordo che non partisse da tal premessa non si comprende come potrebbe a noi essere vantaggioso, dato che per la situazione geografica è impossibile quasi, e del resto sarebbe tutta a nostro danno, una delimitazione delle acque territoriali tra le Isole e la costa. È fuori di dubbio che le autorità turche

hanno ragione di lagnarsi del contrabbando, che S. E. Lago non nega che venga esercitato dalle isole, ma il contrabbando non può essere represso che nel paese in cui è diretto e poi esso è alimentato specialmente dalle misure di rigore e veramente vessatorie amministrative e doganali della Turchia: del resto il Governo delle Isole per quanto è possibile, cercherà di ostacolarlo in tutti i modi e di continuare a punire tutti coloro che si rendessero colpevoli di atti contrari alla sovranità ed alle leggi penali turche, come ha fatto nel caso dei pescatori di Simi che catturarono due gendarmi turchi nel Caza di Mugla. Ritengo che col tempo le autorità turche si convinceranno come sia ingenuo pensare che ogni veliero o barca peschereccia battenti bandiera italiana che si accosti all'Anatolia sia inviata a scopo di spiare, non si comprende bene che cosa, su quelle spiaggie deserte e malariche, e come sia invece utile a popolazioni divise da così breve tratto di mare un intenso e continuo scambio commerciale e culturale.

A raggiungere tali risultati servirà grandemente l'opera tenacemente svolta e che svolgerà V. E. per portare il Governo Turco a guardare l'Italia con minor sospetto e con minore diffidenza convincendolo che lo stabilirsi di buone ed intense relazioni fra i due Paesi, non può che contribuire ad allontanare ogni possibilità di conflitto. Ma, esclusa la convenienza di giungere ad un accordo di buon vicinato tra la Turchia e il Dodecanneso tale che assicuri la vita e lo sviluppo commerciale delle Isole e non contenga soltanto vaghe e vuote affermazioni generali di buona volontà e dichiarazioni imprecise, che è noto come poi sarebbero dai turchi rispettate; scartata l'eventualità di poter persuadere codesto Governo a permettere che la nostra emigrazione possa dirigersi in Anatolia ridando così prosperità alle regioni bagnate dal Mediterraneo in modo da intensificare traffici e commerci; eliminata da parte nostra per ferree ragioni economiche, la possibilità di investire grosse somme in codesto paese come attualmente i dirigenti turchi permetterebbero, salvo a creare ostacoli in seguito, vorrei che V. E. esaminasse con ogni attenzione la nostra contropartita per un accordo generico di amicizia con codesto Governo, accordo che come l'E. V. ha fatto più volte opportunamente presente in precedenti rapporti potrebbe impigliare l'azione dell'Italia al momento opportuno togliendo ad essa quella libertà di iniziativa e di manovra che potrebbe essere più che mai necessaria, data la difficile situazione internazionale che Ella del resto ha già chiaramente prospettata. I vantaggi che verrebbero alla Turchia da un tale accordo sono noti ed evidenti; a noi invece non potrebbe venire che quello di poter commerciare e trattare in una atmosfera di minor diffidenza; risultato certamente non trascurabile, ma che si può forse egualmente ottenere mercè l'opera misurata e tenace di V. E. senza assumere impegni che potrebbero essere anche interpretati negli ambienti internazionali in modi tutt'affatto contrari alle nostre aspirazioni e alle nostre tendenze.

Su tale importantissimo ·argomento attendo da V. E. un rapporto dettagliato e riassuntivo, allo scopo di fornirmi elementi in previsione dell'eventuale visita in Italia di codesto Presidente del Consiglio o di codesto Ministro per gli affari esteri.

(l) Cfr. n. 69.

143

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1173/42. Vienna, 16 aprile 1927 (per. il 21).

Segretario generale Peter mi diceva oggi essergli stato affermato da qualcuno avere Italia concentrato sulla frontiera jugoslava 250 mila uomini ed avere egli risposto che notizia si smentiva da sè quando si fossero considerate le forze che Italia ha sotto le armi. Aggiungeva risultargli da posteriori informazioni assunte che Italia non ha aumentato truppe nè al confine jugoslavo nè a quello austriaco.

Peter si mostrava tuttavia preoccupato del recente inasprirsi relazioni fra due stati. Contrariamente sue precedenti dichiarazioni fattemi, ammetteva oggi che Italia potrebbe avere utilità muover guerra Jugoslavia per impedire futuro aumento potenza di questa e assicurarsi dominio adriatico. Malgrado mie ripetute obiezioni non è sembrato disposto mutare completamente avviso. Ciò che specialmente lo turba è pensiero conseguenze che potrebbe avere o qualche azione di comitagi alla frontiera albanese o qualche tentativo atto inconsulto di un esaltato contro persona S. M. o V. E. Mi ha detto: ho guardato oggi carta geografica; se una guerra scoppiasse fra Italia e Jugoslavia che avverrebbe dell'Austria?

144

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, ALLIEVI (l)

T. GAB. 703/157. Roma, 17 aprile 1927, o1·e 19.

Mi pare eccessivo che per un patto di conciliazione e arbitrato Conte Bethlen si rechi a Belgrado. Lo faccia intendere con tutta la discrezione necessaria.

145

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. Roma, 17 aprile 1927.

La costituzione dì quella concentrazione anti-fascista annunciata dal Soir dev'essere tenuta presente anche dal punto di vista delle relazioni fra Italia e Francia e di eventuali complica2;ioni diplomatiche (2).

(l) -Risposta al n. 140. (2) -La minuta è di pugno di MussolinL
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. (P. R.) 268/285. Roma, 18 aprile 1927, ore 18.

Prego V. E. documentarmi nel modo più ampio possibile trattamento Governo

S.H.S. verso minoranze slovene, macedoni, bulgare, albanesi, montenegrine.

147

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1146/354. Belgrado, 18 aprile 1927, ore 23 (per. ore 4 del 19).

Da fonte per solito bene informata mi viene riferito che al passo fatto dalle legazioni francese ed inglese presso il Governo albanese, per annunziargli la decisione delle tre potenze interessate di nominar il comitato di tre ministri a Belgrado per inviare eventualmente una commissione alla frontiera, mentre erano in corso le conversazioni fra Roma e Belgrado, il ministro ad interim degli affari esteri albanese avrebbe risposto che il suo Governo avrebbe chiesto di prender parte alle conversazioni stesse. Sarò grato a V. E. se vorrà farmi conoscere se la notizia sia esatta, al fine di controllarne la fonte.

148

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1160/363. Belgrado, 20 aprile 1927, ore 0,25 (per. ore 5,25).

Mio telegramma gab. n. 357 (1).

Ho veduto il nuovo ministro degli affari esteri dott. Voja Marinkovic. Egli mi ha ricevuto molto cordialmente e mi ha ripetuto la dichiarazione fattami altra volta di essere per convinzione profondamente partigiano di una politica d'intesa intima con l'Italia che egli ritiene necessaria per il suo paese e la sola possibile. Non ha fatto nemmeno un accenno al patto di Tirana, ma mi ha detto che Rachic, suo intimo amico, conosceva perfettamente il suo pensiero che poteva compendiarsi così: « far di tutto per poter ritornare con l'Italia alle relazioni del gennaio 1924 ». Ha ammesso che la situazione venutasi creando è dovuta in massima parte a mancanza di comprensione da parte jugoslava. Ha soggiunto testualmente: «se Rachic ed io non riusciremo vorrà dire che sarà

cosa impossibile, ma io spero nelle conversazioni che Rachic avrà col capo del Governo italiano». Marinkovic mi ha detto chiaramente che qualora questa linea di politica con l'Italia sia fallita, la Jugoslavia dovrebbe cercare altrove dove appoggiarsi e poichè egli forse riteneva che io pensassi alla Francia, si riprese subito e mi disse esattamente così: «Non intendo parlare della Francia, essa è troppo lontana ed ha altri pensieri che noi, che possiamo forse esserle solo un peso, ma parlo dei nostri vicini bulgari, ungheresi ecc., insomma penso ad una confederazione balcanica. Ciò ci costerebbe dei sacrifici, ma noi saremmo obbligati a farli. Costoro ci farebbero pagar cara la loro alleanza lo capisco, ed è perciò che ripeto dobbiamo far di tutto, dico fare non dire, per riprendere le relazioni coll'Italia quali le stabiliva il patto di Roma».

Dal complesso del colloquio con Marinkovic, ho riportato l'impressione che egli voglia ad ogni costo uscire dalla penosa situazione di politica estera in cui travasi attualmente il suo paese e che sia stato sincero quando ha affermato che la Jugoslavia non può vivere sola e che l'Italia rappresenta l'unico stato che, e per la sua vicinanza e per la sua potenza, può permetterle di vivere nell'ordine di cose costituite dai trattati di pace. Poichè Marinkovic è persona oltre che sincera, anche pronta nelle decisioni e poichè egli oggi ha la grande autorità che gli deriva dall'essere non solo l'uomo di fiducia del re, ma anche quello su cui convergono le speranze di tutto il suo paese, penso che egli sia capace eli dare alla politica estera jugoslava una direzione del tutto inattesa anche a costo di sacrifici per trovare nell'unione coi suoi vicini quell'aiuto che eventualmente non gli riuscisse di trovare nell'Italia. Ciò stante, per quanto egli si sia limitato per il momento ad una conscia esposizione del suo pensiero senza concretare un piano di esecuzione e senza entrare nei particolari, ho la sensazione che V. E. si trovi di fronte ad un uomo che possa e voglia condurre una politica di amicizia verso l'Italia materiata di fatti e non di vane promesse. Marinkovic si reca domani dal re ed in fine di settimana lo vedrò nuovamente.

(l) T. gab. 1152/,357 del 18 aprile: notizie sulle probabili conseguenze di politica estera della formazione del nuovo mini~tero jugoslavo, presieduto da Vuki~evié.

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MEMORANDUM DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, PER L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

[Roma], 20 aprile 1927 (1).

Il memorandum (2) che il Signor Chamberlain ha voluto farmi pervenire sulla questione dei rapporti itala-jugoslavi mi è apparso come una prova ulteriore dei suoi sentimenti amichevoli verso l'Italia e dell'interessamento che egli porta alle questioni che toccano la conservazione della pace nella quale l'avvenire dell'Italia trova fortunatamente la sua base migliore.

Spero che il Signor Chamberlain vorrà scorgere in questa mia risposta eguali intendimenti amichevoli ed eguale interessamento. La stessa chiarezza

con cui cercherò di prospettare le mie vedute dovrà essere per lui una garanzia della fiducia che egli mi ispira.

I. Prima di entrare nell'esame dei suggerimenti che il Signor Chamberlain ha voluto farmi pervenire, debbo soffermarmi sopra un dato di fatto che merita di essere rettificato. Il Signor Chamberlain ritiene che il Governo Italiano non abbia accettato il procedimento di inchiesta che era stato proposto in un primo tempo dopo le « segnalazioni » degli armamenti jugoslavi fatte dall'Italia.

Mi preme di chiarire che, sin dal primo colloquio che io ebbi l'onore di avere con S. E. l'Ambasciatore a Roma di S. M. Britannica, io, pur mettendo in rilievo gli inconvenienti della inchiesta, dichiarai formalmente di accettarla. In base a successive istruzioni da me impartite, il R. Ambasciatore a Londra ebbe in seguito occasione di confermare al Signor Chamberlain la mia esplicita accettazione del suddetto procedimento, a condizione però che esso investisse tutte le segnalazioni del R. Governo e non soltanto alcune di esse e per giunta le meno controllabili.

II. -Un altro punto da chiarire riguarda la natura del passo compiuto dal R. -Governo, oltre che presso i Governi di Londra, Parigi, Berlino, anche presso i Governi di Washington, Atene, Sofia, Budapest e Bucarest allorchè esso ebbe a segnalare gli armamenti jugoslavi. La sollecitudine che i Governi francese, tedesco e specialmente quello britannico hanno spiegato nell'esaminare quale seguito potesse avere la segnalazione italiana ha potuto far credere che la procedura adottata dovesse essere interpretata come l'intendimento da parte dell'Italia di mettere nelle mani di alcune grandi Potenze la soluzione di un conflitto.

È bene perciò spiegarsi al riguardo. Il Governo Italiano non ha un conflitto col Governo Jugoslavo e non ha richiamato l'attenzione dei Governi amici ed interessati sull'esistenza di un conflitto. Esso ha voluto solamente salvaguardare la correttezza e la lealtà della sua condotta nel segnalare agli stessi Governi una tendenza decisamente antitaliana della Jugoslavia che traspariva da preparativi militari giudicati dall'Italia pericolosi, non tanto nella loro sostanza materiale, ma unicamente nella loro concatenazione rivelatrice di una premeditazione e delle decise tendenze di alcuni ambienti politici e militari in Jugoslavia, aventi grande influenza e palese ed occulta in quello Stato, tendenze le quali costituiscono un grave pericolo per la pace poichè spingono il Governo

S.H.S. ad una intensa preparazione militare che l'Italia ha lasciato e lascerà senza contromisure ma che non essendo affatto giustificata dalle presenti condizioni politiche nei Balcani, dovrebbe essere interpretata come avente scopi aggressivi.

Quali fini mi proponevo io con questa segnalazione? Anzitutto volevo precisare le responsabilità di fronte ad eventuali sviluppi futuri degli avvenimenti; in secondo luogo volevo, lungi dal creare un conflitto, scongiurarne tempestivamente le possibilità.

L'Italia è stata lieta di constatare che questi effetti sono stati pienamente raggiunti giacchè, mentre sembra oramai improbabile (benchè alcune recentissime informazioni direbbero il contrario) che la Jugoslavia voglia persistere nel fomentare la progettata incursione primaverile in Albania, nessuno potrebbe porre in dubbio le responsabilità di quello Stato se l'incursione stessa e qualsiasi altro avvenimento militare dovesse, malgrado tutto, scatenarsi dal suo territorio.

Esauritosi dunque così il ciclo della segnalazione italiana, la segnalazione stessa non sembrava che dovesse comportare altro seguito. È vero che rimaneva in piedi una protesta del Governo Jugoslavo, il quale respingendo le accuse rivoltegli, chiedeva la prova di una inchiesta. I Governi che fossero stati desiderosi di non lasciare inascoltato il tentativo di difesa del Governo Jugoslavo, avrebbero dovuto logicamente affrontare queste tre ipotesi:

l) o credevano fondate le segnalazioni italiane ed allora non avevano che prenderne atto, o, ancor più, rivolgere un monito alla Jugoslavia; 2) o non avevano elementi propri per giudicare ed allora potevano addivenire all'inchiesta, purchè rapida ed integrale; 3) ovvero ritenevano senz'altro infondate le segnalazioni italiane ed allora non avevano che a riconoscere l'assenza di ogni pericolo.

Nessuna di queste soluzioni è stata seguita. Da una parte si è fatto comprendere alla Jugoslavia che si giudicava infondato il pericolo segnalato dall'Italia; ed all'Italia è stato invece consigliato di venire a trattative con la Jugoslavia come se lo scoppio del conflitto fosse imminente.

Mi preme serenamente rettificare queste deviazioni di giudizio, riconducendo al giusto centro la linea della segnalazione italiana, che era un avvertimento ponderato dato a tutti gli Stati interessati circa una tendenza che poteva condurre ad un conflitto. Quindi niente svalutazione di quella tendenza, ma niente supervalutazione del conflitto.

III. Il Signor Chamberlain vorrà comprendere la necessità che io sentivo di lumeggiare bene questi punti, prima di esporgli il mio pensiero sopra le proposte contenute nel suo memorandum. Tali proposte si possono così essenzialmente ricapitolare:

l) Conversazioni dirette tra Roma e Belgrado aventi per oggetto non una formula «vaga ed inconcludente, ma un accordo definitivo su tutta la questione albanese ».

2) Suggerimento al Governo Italiano di trovare « qualche mezzo » per definire gli scopi dei diritti e dei doveri che gli derivano dal Trattato di Tirana.

3) Costituzione di una Commissione di vigilanza al confine jugoslavo albanese per evitare incidenti durante le conversazioni tra Roma e Belgrado, Commissione che sarebbe esclusivamente composta da un ufficiale francese, da uno inglese, più un « civile » della Legazione tedesca a Belgrado e da nessun altro dei Paesi ai quali le segnalazioni del Governo italiano furono rivolte.

IV. Non mi sono mai rifiutato e sono disposto a discutere con la Jugoslavia sull'insieme dei rapporti fra i due paesi. Il Signor Chamberlain parla di un accordo su tutta la questione albanese. Ma io credo che l'accordo da cercare, concerne tutta la questione itala-jugoslava.

Ammesso che si debba considerare una regolamentazione completa di tutti i rapporti itala-jugoslavi, è evidente ma ad ogni modo credo opportuno dichiararlo fin d'ora lealmente, che per quanto riguarda la questione albanese, essa deve essere considerata nella sua attuale definizione giuridico-internazionale, e che quindi come nessuna discussione è possibile sugli atti che sono intervenuti tra l'Italia e gli altri Stati a riguardo dell'Albania, allo stesso modo è

pure inammissibile ogni discussione su quelli, come il Patto di Tirana, inter

venuti fra l'Italia e l'Albania, se non per accettarne da parte jugoslava l'indi

scusso valore e la piena efficacia.

Questo patto, intervenuto tra Stati Sovrani e registrato alla Società delle

Nazioni, costituisce, per la Jugoslavia, «res inter alios acta». L'Italia non deve

rendere conto a terzi delle sue relazioni internazionali. Quale Membro della

Società delle Nazioni, l'Italia ha compiuto esattamente il suo dovere che con

sisteva nel registrare il Trattato presso la Società delle Nazioni, e, per eccesso

di scrupolo, vi ha aggiunto anche la lettera dichiarativa annessa al Trattato.

V. Se la preparazione militare jugoslava, denunciata dall'Italia, avesse avuto per scopo di premere sull'Italia per modificare l'attuale situazione albanese definita dalle vigenti stipulazioni internazionali, sarebbe poi la via meno adatta per essere coronata da successo. Si dirà che questi armamenti e questi tentativi non esistono. Ed allora perchè si vuol far leva sull'Italia per scongiurare un pericolo che non esiste?

In ogni modo l'Italia non crede che questi tentativi di pressione possano trovare incoraggiamento e indulgenza nell'atmosfera di giustizia e di pace che felicemente circonda le relazioni internazionali.

VI. Quantunque il Signor Chamberlain conosca perfettamente quale vitale importanza abbia per l'Italia il problema dell'Albania, credo opportuno però fissare chiaramente il punto di vista del Governo Italiano affinchè Egli possa rendersi conto che trattasi per l'Italia di un problema di sicurezza, e quindi di uno di quelli di fronte ai quali non si può transigere. Esso è stato riconosciuto dalla dichiarazione di Parigi del 9 novembre 1921 che è per l'Italia lo Statuto adriatico. E dalla Dichiarazione di Parigi l'Italia non può, nè intende decampare.

Ora il Patto di Tirana è il riconoscimento dei preminenti interessi che l'Italia ha in Albania, ma il Patto essendo stato liberamente e spontaneamente firmato dall'Albania, acquista maggiore valore ed equità.

VII. Del resto quale diritto ha la Jugoslavia di chiedere spiegazioni? Forse perchè confina con l'Albania? Anche la Grecia confina con l'Albania. L'Italia dovrà forse dare chiarimenti a tutti gli Stati confinanti con l'Albania? O meglio, deve limitarsi a dare spiegazioni ad una Jugoslavia minacciosa con le armi, e trascurare una Grecia tacita e circospetta?

VIII. Io debbo certamente al Signor Chamberlain, per i rapporti di alta stima e di viva amicizia che mi legano a Lui, qualche chiarimento, su alcune parti del Patto di Tirana che possono avere richiamato la sua attenzione.

La clausola del Patto di Tirana maggiormente discussa e su cui evidentemente il Signor Chamberlain è stato chiamato a portare il suo esame, è quella con cui l'Italia dichiara il suo interesse nel mantenimento dello statu quo politico dell'Albania. Tale clausola è stata interpretata come un impegno a sostenerne l'attuale regime interno.

Dichiaro anzitutto che non vedo la ragione per la quale un impegno di evitare mutamenti interni in Albania possa allarmare più della libertà che altri si arroga di creare dall'esterno tali mutamenti.

L'Italia non ha motivi propri per entrare nella politica interna dello Stato albanese.

In questi ultimi mesi il Governo albanese ha modificato parecchie volte la sua compagine senza alcuna influenza diretta o indiretta italiana.

Ma vediamo ora se la Jugoslavia fa altrettanto. È evidente lo scopo a cui mira: farsi impresaria dell'ennesima rivoluzione albanese, rovesciare Ahmed Zogu, annullare trattati e convenzioni itala-albanesi, interrompere l'opera pacifica e civile che l'Italia ha ripreso in Albania e fare dell'Albania uno Stato praticamente, politicamente e forse territorialmente vassallo della Jugoslavia.

A questo essa tendeva nel dicembre 1924 quando rovesciava Fan Noli e riconduceva al potere quello stesso Ahmed Zogu che essa riteneva docile strumento nelle sue mani. Il Signor Nincich il cui Governo era allora in rapporti perfettamente cordiali col Governo Italiano non vedeva alcuna slealtà in ciò; egli stesso se ne vanta nella sua intervista al Matin del 15 febbraio 1927. Ora, di fronte al pericolo che questi maneggi si rinnovino indefinitamente con grave danno per la pace europea, l'Italia rivendica il diritto e il dovere -che la Gran Bretagna ha ampiamente praticato in tutta la sua storia -di proteggere e difendere i regimi amici.

Questa situazione non trova, del resto, la sua origine esclusiva nel Patto di Tirana.

La stessa Dichiarazione di Parigi la prevede.

All'art. 3 essa dice: « en cas de menace contre l'intégrité ou I'indépendance aussi bien territoriale qu'économique de l'Albanie du fait d'une aggression

étrangère ou de tout autre événement... •. È contemplato dunque il caso di una minaccia all'indipendenza albanese che non provenga da una aggressione esterna, ma da un altro avvenimento qualsiasi.

È contemplato anche il caso di una minaccia all'indipendenza economica. Queste ipotesi non toccano dunque in pieno avvenimenti interni dell'Albania all'infuori della integrità delle sue frontiere e da ogni aggressione?

IX. L'Italia ha voluto appunto dimostrare con la recente sua «segnalazione » che senza ricorrere ad una applicazione militare del Patto di Tirana, vi è sempre ed anzitutto la possibilità di una applicazione pacifica. In ciò anzi il Patto di Tirana deve, come già si è detto, intendersi un felice complemento della Dichiarazione del 1921, giacchè mentre questa non può esercitarsi se non per ristabilire con un intervento una situazione compromessa, il Patto di Tirana permette, finchè possibile, una soluzione preventiva e quindi pacifica.

È stato questo il caso del tempestivo allarme dato dall'Italia, la quale ha così annunziato la sua volontà di non turbare la pace europea e di fare del Patto di Tirana uno strumento diplomatico capace di risolvere in bene l'eventualità di conflitto. Se così non fosse stato, se altri che pacifici fossero stati gli intendimenti dell'Italia, bastava che il R. Governo avesse lasciato correre gli eventi per avere, poi, il motivo di un intervento in Albania.

X. Alcuni passi del memorandum del Signor Chamberlain accennano alla buona volontà che il Governo Jugoslavo sarebbe disposto a dimostrare verso il Governo Italiano mediante una promessa di portare dinanzi al Parlamento le Convenzioni di Nettuno e di fare di tutto per farle approvare. Il Signor Chamberlain crede che non sarebbe equo chiedere di più. II Governo Jugoslavo sarebbe dunque a posto con questa semplice promessa. Ma il Governo di Roma non ha alcuna questione col Governo di Belgrado. Ciò che preoccupa il Governo Italiano non è l'accettazione più o meno sincera di stipulazioni che pur cc.stituiscono obblighi internazionali ma il cui valore dipende sempre dallo spirito col quale verranno applicate. È invece lo stato d'animo che si è venuto a determinare in Jugoslavia, presa quest'ultima, nel suo insieme di popolo, di Governo, di Parlamento, e di più o meno lecite ed oblique categorie di irresponsabili. L'Italia, nello sviluppo dei suoi problemi storici dovrebbe dunque ignorare la realtà di queste inimicizie per fermarsi soddisfatta dinanzi ad un Governo che copre, anche in buona fede, il sordo lavorio delle sette militari che predicano la guerra e l'odio contro l'Italia?

XI. Il Governo Italiano, e precisamente il Governo Fascista, è stato quello che ha inaugurato una politica di amicizia con la Jugoslavia. Esso è andato molto innanzi su questa strada, ma il Governo Jugoslavo è rimasto molto addietro e da due anni segna il passo.

Le condizioni per riprendere il cammino verso una regolamentazione generale sono che la Jugoslavia accetti -senza diversivi diplomatici e peggio ancora militari -la situazione giuridico-internazionale oramai perfetta nei riguardi dell'Albania e che è costituita dalla Dichiarazione di Parigi del 1921 e dal Patto di Tirana, situazione che garantisce l'indipendenza dell'Albania e non minaccia minimamente la Jugoslavia nè alcun altro Stato confinante con l'Albania.

L'Italia non ha mire aggressive nè in Adriatico, nè oltre. L'Italia deve lavorare per • rifarsi • e deve inoltre dedicarsi alla creazione del suo nuovo regime interno. È pacifica e chiede di lavorare in pace, ma non intende subire le manovre che fatalmente si delineano tutte le volte che essa cerca di garantire la propria sicurezza.

Amo credere che il Signor Chamberlain si renderà conto della perfetta lealtà politica dell'Italia, del suo desiderio di tranquillità e della logica obiettiva di quanto ho esposto nel presente messaggio, nonchè della solenne affermazione che l'Italia non farà nulla che possa turbare la pace europea.

150.

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 717/291. Roma, 21 apriLe 1927, ore 3,30.

Suo telegramma 354 (1).

Governo albanese si proponeva dirigere alle tre potenze una richiesta di partecipare alle trattative itala-jugoslave. Fu dissuaso però dal farlo potendo simile passo essere interpretato come un appello alle potenze; appello dannoso perchè faceva credere ad un disaccordo con l'Italia ed inutile perchè il R. Governo aveva già dato assicurazioni che non avrebbe mai abbordato con la Jugoslavia la questione albanese senza chiamare in conversazione l'Albania. Allo stato attuale non vi è dunque alcun atto ufficiale nel senso a lei segnalato. In quanto a conversazioni e risposte verbali, V. E. sa che non è facile sapere la verità dagli albanesi.

(l) -Un altro esemplare del documento ha la data 9 aprile. (2) -Cfr. n. 111.

(l) Cfr. n. 147.

151

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI D'EUROPA E D'AMERICA

T. GAB. 721. Roma, 21 aprile 1927, ore 5.

Tendenze stampa avversaria Parigi-Londra consistono nel far credere che Italia minaccia pace europea. Bisogna reagire contro queste manovre. Italia è tranquillissima e lavora. Le ragioni per cui non intende mettere in discussione patto di Tirana sono evidenti e riconosciute dalla stampa onesta di tutti i paesi. L'Italia non può accettare e non accetterà mai una diminuzione delle sue prerogative di stato sovrano.

152

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1176/316. Durazzo, 21 aprile 1927, ore 2,50 (per. ore 10,30).

Questa sera è giunto a Durazzo Gani bey fratello di Zeno bey, proveniente da Belgrado. Da indagini fatte mi è risultato che egli è venuto a chiedere l'autorizzazione del presidente perchè la sorella di questi, moglie di Zeno bey, possa lasciare l'Albania e raggiungere il marito a Belgrado. È evidente che Zeno bey al quale la Serbia potrebbe forse commettere domani di capeggiare la rivolta contro Ahmed Zogu, non vuole !asciargli in mano un simile ostaggio. Il presidente Ahmed Zogu [ha] naturalmente indovinato il pensiero ed ha risposto [negativamente] e giustifica il rifiuto con il fatto che essendo partite per Vienna le a~re sue tre sorelle non gli resta in casa che la moglie di Zeno bey. Mi risulta inoltre che Gani bey è stato incaricato dal fratello di intimidire Ahmed Zogu con la descrizione dei preparativi che erano stati fatti dalla Jugoslavia, e che sarebbero ripresi ben presto, per fare invadere l'Albania da [consueti] comitagi del Kossovese. Questi argomenti non mancano naturalmente di avere qualche influenza nell'animo di Ahmed Zogu, che talvolta è tutto compreso da un senso di cieca fiducia nell'aiuto italiano, e nell'appoggio personale che egli sa di potersi aspettare da V. E., mentre talvolta soggiace ad un senso di scoraggiamento. In una lunga intervista avuta con lui oggi, egli, pur tentando di svincolarsi dall'impegno derivantegli dalla proposta fatta di ... (l) si è mostrato in complesso fiducioso fino al punto di leggermi una lettera che Zeno bey gli ha scritto da Belgrado in data 13 corrente della quale è stato latore Gani bey. In essa Zeno bey, dopo di essersi scusato di non aver obbedito agli ordini venire a Tirana, lo informa che alla vigilia della crisi parlamentare jugoslava aveva avuto una intervista con Voja Marinkovich il quale gli aveva dichiarato che se fosse diventato ministro affari esteri avrebbe proposto all'Albania di trattare per un riavvicinamento. Zeno bey [domandava a] Ahmed Zogu che cosa doveva

rispondere a Marinkovich. Alla mia richiesta circa la risposta che egli intendeva dare al suo rappresentante a Belgrado, Ahmed Zogu mi è sembrato [di ritenere come] sicure confidenze. Mi ha detto che avrebbe ordinato a Zeno bey di astenersi dal dare una risposta qualsiasi, e di fare anzi in modo da non provocare proposte da parte Governo jugoslavo. Ho avuto però l'impressione che Ahmed Zogu è assai curioso di sapere che cosa Marinkovich sarebbe disposto a proporgli. Nonostante queste mie impressioni, ho ringraziato Ahmed Zogu della prova di lealtà data al R. Governo e alla persona di V. E. colle confidenze fattemi.

(1) Gruppi indecifrati.

153

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

[Roma], 21 aprile 1927.

Vanterie e sconvenienze S. H. S.

l) L'aver cantato «vittoria» millantando l'appoggio della Gran Bretagna. 2) L'atteggiamento della stampa italofoba. 3) L'intervista Spalaikowich. 4) I discorsi dell'Addetto Militare S. H. S. a Varsavia. 5) La violazione della Convenzione di Santa Margherita (Cfr. interrogazioni

Dudan e Schanzer). 6) La menzogna del • tempestoso • colloquio Mussolini-Graham. 7) La continuazione degli armamenti. 8) Il colpo di Stato e l'aggiornamento al 1° agosto della S<·upcina. 9) Il viaggio degli Ufficiali S. H.S. a Costantinopoli e Angora.

P. Q. M.

e sopratutto per ragioni assolute di principio, ogni chiarimento -anche indiretto-sul trattato di Tirana è impossibile e non sarà • in nessun modo • dato (1).

154

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

R. 1218/253. n Cairo, 21 apriLe 1927.

V. E. è stata già informata dal R. Console Generale di Alessandria dell'elezione e dell'insediamento di quel nuovo Gran Rabbino il Prof. Prato.

Il neo eletto è venuto a vedermi due volte e mi ha fatto dichiarazioni inspirate ad alto patriottismo ed a viva devozione per l'E. V. Il fatto che ad Ales

15 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

sandria un Italiano, venuto dall'Italia, abbia potuto, con plebiscitaria votazione, assurgere di colpo alla più alta carica presso quella Comunità israelita, porta a riflettere, oltre che all'importanza locale dell'avvenimento, su altri problemi analoghi che potrebbero costituire per noi un mezzo di penetrazione degna di considerazione. Come V. E. non ignora, le nostre colonie israelite in Levante sono per quantità, per ubicazione e per patriottismo potenzialmente ottimi istrumenti di italianità. Qui in Egitto numerose iniziative italiane e sovente i maggiori aiuti a tali iniziative, significative nostre affermazioni, sono dovute agli Ebrei sudditi d'Italia. Ne è anche una prova questa elezione del nuovo gran Rabbino di Alessandria.

Altri nuclei di ebrei Italiani esistono qua e là nel bacino del Mediterraneo, in posizioni press'a poco analoghe a quella che in Alessandria ha portato al sommo potere il Prof. Prato -si contano in Grecia ben 125.000 ebrei e altrettanti in Turchia europea; 70.000 in Turchia d'Asia, 90.000 nell'Irak, 4000 ad Aden e 50.000 in Abissinia. I centri più importanti per noi oltre l'Egitto sono: Salonicco, Costantinopoli, Smirne, Adrianopoli, Aden, Damasco e Aleppo. La proporzione dei sudditi Italiani in rapporto con altre nazionalità non è possibile stabilirla in modo preciso si può però affermare, senza tema di errore, che è ragguardevole e che tali elementi sono tutti animati da sincero attaccamento alla Patria di adozione.

Ai fini della nostra penetrazione in Levante, se fosse possibile realizzare in tali centri coloniali quel che si è fatto per Alessandria e cioè la nomina di un Rabbino italiano, potremmo contare su altrettanti centri di azione oltremodo utili, specie ove si pensi che gli israeliti in Levante sono veramente alla testa degli affari e come tali, meglio che gli altri levantini, qualificati ad avviare e dirigere le correnti di scambio fra i paesi dove essi si trovano e l'occidente Europeo. Un lavoro oculato dei RR. Consoli nelle località indicate potrebbe preparare il terreno al fine di giungere alla realizzazione di un programma quale quello compiutosi oggi in Alessandria. Purtroppo, a quanto mi dicono qui gli ebrei di Cairo, il numero dei Rabbini in Italia è esiguo e i seminari di Firenze e di Livorno, presso cui i Rabbini sono formati, mancano di fondi e di allievi.

Una parola dell'E. V. e qualche incoraggiamento economico a detti seminari darebbe nuovo impulso ai seminari stessi. I giovani ebrei, consci del contributo che si verrebbe in futuro a chiedere loro da parte del Governo Nazionale, si avvierebbero forse nuovamente verso la carriera del rabbinato, sì da assicurare quel numero di inviati che nelle colonie del Levante verrebbero per forza di cose ad assumerne la direzione. L'apporto di questa nuova specie di inviati non si limiterebbe solo allo sviluppo dei rapporti economici, ma costituirebbe un ausilio nel campo politico, così come è accaduto per la Francia con l'Alliance Française che altro non è se non un'organizzazione etnica francese che si è andata diramando un po' dappertutto nel Levante.

Chiedo venia all'E. V. se nel trattare dell'argomento ho involontariamente varcato i confini della mia competenza giurisdizionale.

V. E. vorrà nella sua indulgenza ravvisare in ciò il desiderio di sottoporle un problema anzitutto italiano, come è prevalentemente italiano tutto il complesso problema del Mediterraneo di cui questo delle colonie ebraiche costituisce un interessante aspetto.

(l) -Cfr. un comunicato dell'Ufficio stampa del capo del Governo del 13 aprile: eventuali conversazioni Mussolini-Rakié non comprenderanno il patto di Tirana. (2) -Il rapporto venne inviato, per conoscenza, anche al governatore delle isole Egee.
155

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

TELESPR. 219351/106. Roma, 22 aprile 1927.

Perchè V. S. possa darne comunicazione a S. E. Bethlen, ho il pregio di trasmetterle una copia del noto libello dei fuorusciti italiani in Francia, cioè il Corriere degli Italiani con commenti e attacchi personali, bene intonati al carattere di quel foglio, sul recente accordo italo ungherese. E si dimostra il pieno accordo fra fuorusciti italiani e ungheresi.

156

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 31-32)

T. GAB. RR. 1210/114. Addis Abeba, 23 ap1·ile 1927, ore 19 (per. ore 2 del24).

In vista visita duca degli Abruzzi e pur senza dipartirmi dalle istruzioni di

V. E. che essa debba conservare carattere di pura cortesia come conseguenza buone relazioni fra i due paesi, ho creduto opportuno, valendomi delle mie relazioni personali con il reggente e delle sue attuali favorevoli disposizioni, di avviare in forma personale segretissima trattative per ottenere da questo Governo realizzazione almeno parziale progetto costruzione vie di comunicazione fra la colonia Eritrea e l'Etiopia. Come è noto tre sono le vie la cui costruzione sarebbe di somma importanza per lo sviluppo dei nostri traffici: Gondar-Setit, Mareb-Adua, Dessié-Assab. Le prime due sono nel momento attuale, non essendo malgrado tutto dissipati completamente i sospetti aggmvati da ostilità contro alcuni capi di quella regione, difficilissime ad attenersi per non dire impossibili. Mi è sembrato buona tattica invece cominciare da quella che desta meno sospetti, nella quale Ras Tafari è personalmente interessato cioè dalla Assab-Dessié. Posso ora assicurare che Ras Tafari è pronto ad accordare in nome del Governo locale la costruzione della camionabile suddetta alle seguenti condizioni: dono personale a lui di 300 fucili mitraglieri (ne aveva chiesti 500) e per il Governo etiopico, la ripresa delle note trattative per lo sbocco al Mar Rosso con un affidamento immediato favorevole, ma generico. V. E. che ha condotto trattative nel 1924 lo ricorda certamente. Allora questo Governo, che pur non offriva alcun corrispettivo, declinò le nostre proposte. Queste potrebbero essere riprese sulla base del noto memorandum rimesso al Dejac Garasellassié e preferibilmente limitate pel momento alla concessione di una zona franca in Assab. A mio remissivo parere occorre non fare sfuggire eccezionale occasione che costituisce primo tentativo di infrangere monopolio francese delle comunicazioni dirette dal mar Rosso al

centro dell'Etiopia e che potrà avere conseguenze la cui importanza non si può oggi valutare.

Se questo esperimento riuscisse, ritengo di poter ottenere concessione almeno una delle altre due strade. Quantità fucili (che dovrebbero essere importati come dono di S. A. Reale) non è eccessivo e munizionamento sarebbe in mano nostra. Concessione sarebbe in forma di lettera del Ras Tafari costituente impegno generico salvo accordo ulteriore sui dettagli e potrebbe essere resa nota in occasione visita o posteriormente secondo opportunità. Se V. E. dovesse approvare quanto precede, prego inviare pieni poteri per la firma per non perdere momento favorevole. Assicuro V. E. che tutto è rimasto segreto fra me ed il reggente e che nessuna ripercussione sfavorevole ne potrebbe derivare per la visita

o per i rapporti fra i due paesi. Aggiungo che ho messo bene in chiaro col ras che lo sbocco al mare non potrebbe essere corrispettivo della camionabile, ma oggetto di una più vasta trattativa che dovrebbe comprendere tutte le questioni maggiore importanza e che sarebbe opportuno scindere due questioni.

Prego V. E. compiacersi rispondermi al più presto possibile.

157

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Budapest, 23 aprile 1927.

Ayant mùrement refléchi sur l'offre magnanime de V. E., j'ai l'honneur de Vous informer, conformément à notre accord antérieur, par écrit, que je l'accepte avec enthousiasme et profonde. gratitude.

En conséquence j'ai l'honneur d'adresser la prière à V. E., également aux termes de notre conversation y respective, de bien vouloir donner les ordres nécessaires en vue de la mise en état et de la conservation des matériaux dont j'ai reçu la liste avant mon départ de Rome.

Je n'ai pas manqué de prendre les mesures appropriées pour l'élaboration d'un pian à suivre pour l'exécution du projet dont nous sommes convenu, en 2 ou 3 mois j'enverrai un délégué personnel à Rome, qui vous le remettra en vue d'obtenir votre approbation.

J'ai l'honneur de prier V. E. de bien vouloir communiquer en meme temps à mon délégué le nom de la personne à laquelle... (l) ainsi que la manière comment nous nous devrons acquitter des sommes dùes pour les travaux effectués.

J'ai l'honneur de prier V. E. de bien vouloir agréer l'expression de ma plus profonde reconnaissance pour la magnanimité que Vous avez témoignée envers ma Patrie ainsi qu'envers moi (2).

n. -377 del 5 maggio, che non si è trovato.
(l) -Il testo ha una lacuna. (2) -Bethlen alludeva con ogni probabilità all'offerta di Mussolini di rifornire di armi l'Ungheria. Sul problema riferì Durini di Monza, con rapporto cifrato segreto personale
158

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1216. Dumzzo, 24 aprile 1927, ore 22,04 (per. ore l del 25).

Mi risulta che Zeno bey ha diretto a questo Governo un lungo telegramma per riferire circa sue prime visite ufficiali al nuovo ministro degli affari esteri jugoslavo. Marinkovich gli avrebbe parlato in termini estremamente concilianti, dicendogli che egli si augurava di portare un contributo sincero e fattivo ad un chiarimento dei rapporti fra l'Albania e la Jugoslavia. Avendo questo ministro affari esteri ad interim, chiesto ad Ahmed Zogu se e quale risposta era opportuno far pervenire a Zeno bey, presidente della repubblica avrebbe ordinato testualmente: «agli atti». Sebbene questa risposta costituisca la prova che attitudine di Ahmed Zogu verso di noi è in questo momento corretta, è bene tuttavia che io faccia presente a V. E. che fra Ahmed Zogu e Marinkovic corrono rapporti intimi di amicizia, e che tale fatto potrebbe facilitare in avvenire una ripresa di contatti fra Belgrado e Tirana.

159

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 744/298. Roma, 25 aprile 1927, ore 4.

R. incaricato di affari a Durazzo telegrafa quanto segue:

• come nel telegramma da Durazzo n. 1176/316 Gab. » (1).

È superfluo che io richiami a V. E. necessità seguire ogni m1mma attività di codesto Governo verso Albania giacchè è verosimile che Jugoslavia appena si sarà resa conto della impossibilità di avere dall'Italia le spiegazioni che chiede sul patto di Tirana si rivolgerà all'Albania per averle. Per quanto politicamente diverse di importanza pure da un punto di vista giuridico le spiegazioni eventuali che potrebbero essere date dall'Albania sul trattato sarebbero sempre una interpretazione autentica di una delle parti firmatarie.

Faccio dire dalla R. legazione a Durazzo ad Ahmed Zogu di non fidarsi troppo delle lusinghe di Marinkovich perchè qualunque esse siano sta in fatto che una sola assicurazione la Jugoslavia chiede all'Italia e cioè quella di non sostenere ad ogni costo Ahmed Zogu. La persona dell'attuale presidente della repubblica albanese è quindi la posta di tutto il giuoco che l'Italia affronta con consapevole fermezza essendo sicura che la minima debolezza segnerebbe la fine dell'attuale Governo albanese. La base di questa fermezza è la reciproca fiducia nella piena lealtà dell'altra parte.

(l) Cfr. n. 152.

160

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. 749/134. Roma, 25 aprile 1927, ore 21.

Suo telegramma 42 (1).

Anche questo ministro d'Austria è venuto a fare a questo ministero comunicazioni dove trasparivano eguali preoccupazioni. È superfluo dire che gli sono state date le più ampie assicurazioni. Prima di parlare di assurde ipotesi sulle ripercussioni di un conflitto itala-jugoslavo, bisogna insistere che un conflitto non esiste e non esisterà da parte dell'Italia perchè l'Italia non ha nulla da chiedere alla Jugoslavia per l'Albania. In quanto all'idea che una banda di comitagi possa costituire una scintilla per l'Europa occorre diffondere la persuasione che l'Italia vuole fare dell'Albania un paese capace di smorzare da sè tali scintille e che in ogni caso occorre esprimere le proprie preoccupazioni al riguardo a chi organizza tali comitagi. Anche per l'altra ipotesi di pericoli che possano derivare alla pace per atti inconsulti contro la persona di S. M. o contro la mia persona credo che le raccomandazioni di evitare tali occasioni non debbano precisamente essere rivolte a me. Se l'Europa fosse un po' più solidale contro i terrorismi di caste o gruppi irresponsabili molte incognite della situazione sparirebbero senz'altro.

161

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. in VEDOVATO_, pp. 32-33)

T. GAB. 751/96. Roma, 25 aprile 1927, ore 24.

* (Per le Colonie). Il R. ministro in Addis Abeba ha telegrafato quanto segue:

• (come nel telegramma da Addis Abeba n. 1210/114 gab.) • (2). Ho risposto: (Per Addis Abeba). Suo telegramma Gab. 114. (Per tutti) *. Approvo in massima direttive cui ella ha inspirato sue con

versazioni con Ras Tafari, e mi compiaccio, per quanto V. S. ha fatto in questa occasione. La questione per noi veramente capitale è quella dello sbocco a mare dell'Etiopia, e V. S. sa che nel 1924 venne fatto dal R. Governo ogni possibile sforzo per andare incontro ai desideri abissini e battere le concorrenze straniere, ma che le trattative non giunsero a conclusione perchè le richieste di Ras Tafari si impostavano recisamente sul principio della piena sovranità e proprietà ad Assab.

Se si trattasse ora soltanto di una zona franca, niun dubbio che tale domanda

potrebbe essere accolta, naturalmente con le debite garanzie e cautele, ma

occorre andare con molta prudenza nella redazione dei termini di un affidamento

che dovremmo dare da parte nostra al Ras Tafari per non creare pericolosi

equivoci e non destare nell'animo di lui troppo vaste speranze in importanti

ulteriori concessioni, poichè ove non potessimo poi addivenirvi si determine

rebbero delle disillusioni molto dannose per il mantenimento e lo sviluppo dei

buoni rapporti italo-abissini, a tutto vantaggio di quei terzi dei quali proprio

speriamo di neutralizzare le influenze.

Tutto considerato quindi mi sembra preferibile che prima di procedere ad un definitivo impegno, la questione sia esaminata attentamente costì da V. S. con governatore Eritrea e Guariglia durante loro permanenza costì per fissare specialmente con Gasparini quei punti che toccano direttamente interessi della colonia eritrea.

Tornata la missione in Italia, sulla base di quanto mi verrà riferito, mi riserverei di comunicare subito a V. S. le mie definitive decisioni ed istruzioni perchè ella potesse subito stipulare o l'accordo dettagliato o l'impegno di massima. Si manterrebbe così alla visita di S. A. R. il duca degli Abruzzi quel carattere di pura cortesia che mi sembra più adatto a metterne in valore il significato e che può avere i migliori effetti di politica generale, evitando maligne e sospettose interpretazioni in Abissinia e fuori. Ove però ella vedesse in questa procedura un reale assoluto e grave pericolo in mora, prego informarmi d'urgenza, e mettersi in contatto con governatore Eritrea per sottopormi previamente d'accordo con lui i precisi termini di un eventuale scambio di lettere genericamente impegnativo segreto fra V. S. e Ras Tafari, cui ella giudicasse indispensabile di dovere subito addivenire in via di massima per non compromettere le attuali buone disposizioni del Ras. Quanto ai fucili non sarebbe in ogni modo possibile inviarli ora perchè la missione parte oggi, ma si potrebbero far seguire in un tempo relativamente breve.

* Prego comunicare quanto precede al Governatore dell'Eritrea *.

(l) -Cfr. n. 143. (2) -Cfr. n. 156.
162

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1227/251. Londra, 25 ap1·ile 1927, ore 21,15 (per. ore 2,30 del 26).

Chamberlain mi ha ricevuto molto cortesemente. Gli ho rimesso memorandum (l) riassumendogliene contenuto ed intenzione, e dichiarandogli che doveva essere considerato come documento strettamente personale. Del carattere personale del documento ho fatto cenno anche nella mia lettera privata di accompagnamento. Chamberlain si è riservato esaminare attentamente risposta di V. E. e comunicarmi poi le sue impressioni. Ha parlato quindi dei buoni rap

porti italo-inglesi ricordando conversazioni avute con V. E. dalle quali s1 e formata convinzione della lealtà e pacifica condotta della politica estera italiana. Questa convinzione egli ha cercato sempre diffondere tanto nel suo paese dove egli è spesso tacciato di troppa italofilia quanto presso gabinetti esteri. Chamberlain mi ha parlato poi della Jugoslavia osservando che si tratta di un paese che attraversa un periodo di nervosismo morboso, ma che secondo lui non ha nè può avere intenzioni aggressive. La mentalità jugoslava è oggi secondo Chamberlain ancora quella del vinto piuttosto che quella del vincitore, dell'oppresso più che dell'oppressore e questa mentalità che deriva ancora da tradizioni storiche fa sì che politica jugoslava sia materiata di diffidenza e di timori. Quanto all'Albania Chamberlain mi ha detto di avere sempre creduto quanto

V. E. gli ha detto spontaneamente e di propria iniziativa circa interessi italiani per l'indipendenza e sviluppo pacifico di quello stato. Di questi interessi, egli si rende perfettamente conto ed è spiacente che pettegolezzi di stampa e disgraziati discorsi di diplomatici di poco conto ai quali è stata data troppa importanza, abbiano creato degli incresciosi malintesi atti a turbare quella conversazione diretta tra Italia e Jugoslavia che egli aveva suggerito come modo migliore di chiarire la situazione. Allo stato attuale delle cose unico modo per uscire da questa impasse sarebbe che l'Italia, conscia della sua forza e della sua posizione di grande potenza fornisse in tali conversazioni amichevoli con la Jugoslavia le assicurazioni che crede sul patto di Tirana senza che la Jugoslavia chiedesse spiegazioni che l'Italia si rifiuterebbe di dare o entrasse in discussioni che l'Italia non potrebbe ammettere. Ciò servirebbe moltissimo a chiarire la situazione e dissipare ogni nube. Se ho ben capito il concetto di Chamberlain, Rakich nella Qonversazione che avrà con V. E. non dovrebbe parlare affatto del patto di Tirana; in compenso V. E. potrebbe alla fine del colloquio dare qualche assicurazione non richiesta sui rapporti italo-jugoslavi [nei riguardi] dell'Albania [e) sulla situazione creata così dalla dichiarazione [di Parigi] come del patto di Tirana. Beninteso Chamberlain ha espresso questa sua idea senza avere l'aria di voler dare un suggerimento nè di fare una proposta. In complesso ho avuto impressione che Chamberlain tenda a disinteressarsi della vertenza itala-jugoslava e questa impressione che è condivisa da alcuni circoli diplomatici potrebbe essere una reazione alle pressioni che secondo i giornali verrebbero fatte da Parigi per una più diretta mediazione inglese tra Roma e Belgrado.

(l) Cfr. n. 149.

163

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1241/47. Vienna, 25 aprile 1927 (per. il 27 ).

Dott. Petroff fuoruscito bulgaro appartenente partito agrario, e fiduciario comitato esecutivo bulgaro di Vienna, ha chiesto aver colloquio segreto con funzionario legazione. Accompagnato da altro bulgaro giunto da Jugoslavia si è abboccato con Soragna e Mattioli da me incaricati ed ha esposto quanto segue:

l) Fra i fuorusciti bulgari (circa duemila) attualmente viventi in Jugoslavia serpeggia malcontento latente contro capi emigrazione bulgara residenti Belgrado e contro Governo jugoslavo. I più intelligenti cominciano accorgersi che Governo jugoslavo, che in primo tempo li accolse generosamente, vuoi servirsi di loro come carta per i suoi fini politici che nulla hanno in comune con i loro interessi, mentre speranza rientrare violentemente in Bulgaria mediante appoggio jugoslavo è tramontata. Ora, Governo jugoslavo, d'accordo con detti capi emigrazione bulgara, fra cui Kristo Stojanoff, Nedelko Athanasoff, Kristo Oboff, Kosta Todoroff, ecc. intende servirsi detti elementi bulgari per costituire note bande comitagi frontiera albanese, misti agli altri elementi fuorusciti o prezzolati albanesi, macedoni, russi di Wrangel ecc. I sopra detti capi emigrazione e loro fiduciari secondano Governo jugoslavo in tale scopo, valendosi propria influenza sui gruppi di fuorusciti (già dislocati in opportune località) e misere condizioni materiali e morali di questi ultimi, che li pongono alla mercè di chi vuole servirsene.

Di tali mene e di tale utilizzazione di elementi irresponsabili bulgari per suscitare, al momento opportuno, torbidi alla frontiera albanese, Petroff asserisce essere in grado di fornire e consegnare a noi numerose prove consistenti in lettere, documenti, fogli d'ordine ecc., dai quali riuscirebbero irrefutabilmente compromessi Governo jugoslavo nonchè dirigenti attuali emigrazione bulgara.

2) Tale documentazione sarebbe posta a disposizione di Petroff da suoi amici residenti in Jugoslavia ed aventi stesse vedute politiche, allo scopo promuovere campagna contro Stojanoff, Athanasoff e compagni, togliendo loro fiducia dei connazionali bulgari emigrati colà o residenti Vienna o altrove. Tale campagna dovrebbe essere condotta, a Vienna, dal Comitato di cui Petroff è membro principale, rinforzato da due o tre altre persone ora residenti Belgrado.

Fra tanti amici e partigiani, attualmente a Belgrado, Petroff ha citato, come più rappresentativi, Ivan Ciolakoff ex commissario di polizia, Assan Daskaloff, ex prefetto, Vassi Bojaceff, Mladenoff, ecc., tutti (a quanto ho compreso) funzionari ex Governo Stambuliski.

Aderirebbero al gruppo di Vienna del Petroff, fra gli altri qui residenti, Peter Kostantinoff-Pavloff, il Signor Stojanoff e, segretamente, il noto Bombaroff, che viceversa funge da emissario di Todoroff e ne gode la fiducia. Inoltre, condividerebbero sue idee i vari gruppi di studenti bulgari qui dimoranti.

3) Petroff chiede anzitutto appoggio finanziario per condurre sopradetta campagna, specialmente per pubblicazione giornale ed opuscoli, in un secondo tempo R. Governo dovrebbe anche aiutare fuorusciti bulgari, magari !asciandone stabilire temporaneamente qualche gruppo in Italia, donde potrebbesi eventualmente trattare loro ritorno alla spicciolata in Bulgaria col consenso quel Governo.

4) Tali fuorusciti da aiutarsi sarebbero specialmente quelli che, in seguito a campagna comitato di Vienna, o in seguito a rivelazioni basate sui documenti consegnati a noi, risultassero compromessi in Jugoslavia e dovrebbero allontanarsene. In prima linea ciò si avvererebbe per parecchie delle persone amiche di Petroff sopranominate ed altre.

5) Petroff fa capire chiaramente aver pensato rivolgersi a noi perchè sa quanto ci interessino questioni inerenti mene jugoslave sulle frontiere Albania; inoltre, perchè a noi deve anche importare per molte ragioni prossime e future che siano rovinate personalità bulgare che si son fatte agenti Governo jugoslavo e sottostanno influenza serba. Egli tiene chiarire che, coi suoi amici, agisce unicamente per fini suoi o di partito, per avversione contro suoi nemici politici (Athanasoff, Stojanoff ecc.), per interessi dei suoi connazionali fuorusciti, e finalmente per avversione alla Serbia e interessi veri patria bulgara. Vuole però cercare approfittare del fatto che noi possiamo avere interesse, per contro nostro, aiutarlo e controminare piani e mene serbe, specie in Albania, ed avere in mano documenti e prove.

6) Petroff per ora ha voluto limitarsi esporre proposta, per sentire quale accoglienza in linea di massima avrebbe avuto da parte nostra. Ove noi acconsentissimo entrare in suo ordine di idee, specificherebbe naturalmente quantità e particolari degli aiuti che richiede per comitato.

Impressione, che riportano miei incaricati, su Petroff e compagno, è buona e dal colloquio parrebbe trattarsi di cosa interessante ma al tempo stesso imbarazzante per il lato che riguarda l'assistenza prossima e futura ai fuorusciti. Debbo anche dire che questa è la parte risultata meno chiara dal colloquio.

Ove però V. E. giudicasse importante quanto concerne acquisto documenti di cui è questione (se veramente sono quelli che Petroff dice) ed anche campagna contro bulgari serbofili in Jugoslavia, credo che, dato bisogno denaro di questa gente, potrebbesi cercare contenere affare entro limiti acquisto documenti ed aiuto per detta campagna disinteressandoci del resto.

Rimango attesa istruzioni. Intanto cerco indagare circa persona Petroff e suoi fini.

164

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1237/375. Belgrado, 26 aprile 1927, ore 16,30 (per. ore 19,40).

Suo telegramma n. 744/298 (1).

Avevo da tempo segnalato all'E. V. come la presenza di Zeno bey a Belgrado, non ostante che la sua azione e le sue parole fossero state più volte sconfessate dal suo Governo, non poteva non ingenerare il sospetto che Ahmed desiderasse, malgrado tutto, conservare buone le relazioni col Governo jugoslavo. Tale considerazione assume maggior valore oggi, che il signor Marinkovic è ministro affari esteri e, per quanto le sue direttive politiche non siano ancora ben note, pure si sa che per il suo carattere, per la sua autorità e per la sua origine politica, non mancherà di dare una impronta nuova e personale alla

politica estera di questo paese. Sono perciò d'avviso che egli non si cristallizzerà come il suo predecessore nella richiesta all'Italia che il patto di Tirana venga chiarito nel senso che esso non significhi appoggio ad oltranza del regime di Ahmed Zogu. Ritengo, anzi, che egli possa cercare altre vie di uscita, come quella di una intesa diretta con Ahmed Zogu. Marinkovic, di educazione prettamente occidentale, è uomo troppo accorto, troppo consapevole delle conseguenze disastrose che potrebbe avere una rivoluzione in Albania provocata, sia pure nascostamente, dalla Jugoslavia. Troppo desideroso di mantenersi in buoni termini coi Governi inglese e francese per non cercare una via meno pericolosa di quella della rivoluzione e più legale (quale sarebbe quella di una intesa diretta col Governo albanese) per giungere ad una chiarificazione dei rapporti scaturenti dal trattato di Tirana. E poichè V. E. coll'ultima parte del suo telegramma 717/291 (l) (in cui è detto che non è facile sapere la verità dagli albanesi) mi incoraggia a dire francamente il mio pensiero, aggiungo in ogni caso che tutto lascia supporre che Ahmed Zogu cerchi di venire ad una intesa diretta con questo Governo e ciò sia per la sua natura malfida dimostrata in mille occasioni passate, sia perchè, come ho già più volte riferito, egli sa che qualora la Jugoslavia voglia, può e potrà sempre provocare la rivoluzione alla quale difficilmente egli potrà resistere dati i mezzi di cui dispone il Governo S. H. S. e dato lo stato di malcontento regnante fra le popolazioni albanesi contro l'attuale regime, circostanza questa che mi è stata confermata da innumerevoli fonti. Si presenta quindi, il fatto nuovo, che Ahmed Zogu approfittando delle disposizioni nuove di questo Governo, dovute al cambiamento di direzione della politica estera jugoslava, possa non apprezzare più al suo giusto valore l'appoggio che al suo regime apporta l'Italia e possa quindi prepararsi a venire a trattative dirette con questo Governo. Mi sembra che sia allora il caso di considerare i mezzi atti a parare tale evenienza, e ciò esula dalla mia competenza. Mi permetto tuttavia far presente a V. E. che Marinkovic potrebbe offrire le necessarie garanzie di serietà e di autorità perchè fra Italia e Jugoslavia possa sgomberarsi il terreno da tutte le questioni pendenti ripristinandosi così quelle relazioni di amicizia che il patto di Roma aveva iniziato e che i passati governanti jugoslavi si sono incaricati di annullare. In questa rinnovellata amicizia potrebbe trovare posto anche la questione albanese nel senso che fosse garantita l'indipendenza di quello stato e che fosse riconosciuta all'Italia in Albania la posizione privilegiata che le deriva dai trattati e dalla sua già avviata penetrazione economica. Per arrivare a ciò, mi sembra, potrebbe essere di somma utilità una presa di contatto diretto fra V. E. e Marinkovic al momento che V. E. giudicherà migliore. In via riservata non mi sembrerebbe inopportuno che, da parte nostra, si iniziassero contatti seri e continui con la parte migliore dei profughi albanesi attualmente dispersi a Bari Zara in Jugoslavia ed a Vienna. Questi albanesi intellettuali, quasi tutti cattolici od ortodossi, dovranno stigmatizzare, forza di cose, un giorno tornati in patria... (2) e poichè sono in gran parte nemici

irreconciliabili del Governo S. H. S., perchè non attirarli, sia pure segretamente nella nostra orbita per valersene al momento opportuno? Mi sono permesso esprimere con franchezza il mio pensiero, il quale non può naturalmente in nulla distogliermi dall'attenermi scrupolosamente alla linea di condotta che

V. E. mi ha così nettamente tracciata.

(l) Cfr. n. 159.

(l) -Cfr. n. 150. (2) -Gruppo indecifrato.
165

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 27 aprile 1927.

Il Ministro di Bulgaria, è venuto per domandare ancora l'interessamento del Governo alla questione del controllo in Bulgaria, che il Governo bulgaro vorrebbe risolta prima del 29 maggio, data delle elezioni. Gli ho dato in visione le recenti istruzioni date al nostro Ambasciatore a Parigi, e Radeff ha ringraziato.

Ho naturalmente colto l'occasione per lamentarmi col signor Radeff sull'atteggiamento in genere poco cordiale della stampa e dei circoli politici e militari bulgari nei riguardi dell'Italia, citandogli fatti e giornali. Noi non domandiamo nè abbiamo bisogno di una Bulgaria solidale, perchè ci rendiamo benissimo conto della sua delicata situazione, però non possiamo neppure lasciar passare questa strana situazione, e cioè di una Bulgaria che risponde con un atteggiamento quasi ostile alle forse troppe prove di benevolo appoggio datele in ogni occasione dall'Italia.

Radeff mi ha fatto un lungo discorso per spiegarmi ecc. ecc., ma le sue parole, pure dettate dalla sua passione di macedone anti-serbo, non avevano un suono perfetto (1).

166

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2733/3413/43. Monaco, 27 aprile 1927, ore 18,40 (per. ore 22).

Continuano attacchi di una parte della stampa bavarese contro Hitler che è accusato di essere venduto all'Italia. Contrarietà di certi giornali (tra cui Muenchner Neueste Nachrichten che è stato specialmente preso di mira da Hitler) si riferisce al fatto che essi sono stati punti sul vivo quando Hitler ha chiesto loro perchè durante anni 1920-1921-1922 non si erano mai occupati dell'Alto Adige e l'hanno fatto da quando il fascismo è al potere per istigazione della massoneria e della social-democrazia di cui sono al servizio.

O) Annotazione marginale: «Visto da S. E. il Capo del Governo>.

La verità è che all'ultimo comizio di Hitler hanno preso [parte] settemila reduci di guerra che si sono dichiarati all'unanimità favorevoli ad una politica di amicizia coll'Italia e salutando romanamente hanno giurato di seguire loro capo. Raramente a Monaco di Baviera si era vista così numerosa disciplinata riunione. Malgrado campagna di una parte della stampa efficacemente controbattuta, maggioranza opinione pubblica segue con interesse e simpatia attività Hitler e suoi partigiani.

Comunicato Roma e Berlino.

167

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN

L. P. Roma, 27 aprile 1927.

Non à peine reçu votre lettre (l) j'ai donné les ordres nécessaires pour mettre à point les matériaux dont je vous ai remis la liste à Rome. Le travail sera fait avec rapidité et diligence et je Vous tiendrai informé périodiquement. Quant aux dépenses nous en reparlerons à travail fini. Et la somme ne dépassera en aucun cas le chiffre que je vous ai remis a Rome.

168

PROMEMORIA DEL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, RICCIARDI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 27 aprile 1927.

Riferendomi a quanto ebbi l'onore di esporre verbalmente e per iscritto nel mio pro-memoria del 12 gennaio u. s. a V. E., mi incombe il dovere di far conoscere che quelle personalità tirolesi, cui allora accennai e alle quali non mancai, a suo tempo, di far intendere il pensiero dell'E. V. circa il movimento antimarxista in Austria, han preso ancora contatto con me, pregandomi di far noti a V. E. i loro bisogni e di sollecitare un aiuto finanziario per la loro causa.

Ricordando che l'E. V. non escluse la possibilità di tramutare, eventualmente, la Sua «simpatica benevolenza» in «simpatia operante», ho creduto opportuno -pur senza affatto alludere al pensiero espressomi da V. E. e senza, quindi, assumere alcun impegno -di non rifiutarmi di essere il loro portavoce presso l'E. V.

Credo, innanzi tutto, conveniente uscire dal riserbo fin qui necessario e far noti i nomi di quelle personalità. Esse sono: il Sig. Dr. Riccardo Steidle, membro del Bundesrat e capo della Heimatwehr tirolese, ed il Sig. Waldmar Pabst, ex maggiore nel Grande S. M. dell'esercito Germanico (egli ebbe parte attiva e direttiva al noto movimento Kappista a Berlino e nel movimento antimarxista

che portò alla fine di Liebknecht e di Rosa Luxembourg) ed attualmente Capo di S. M. dell'organizzazione militare di tutte le Heimatwehr austriache. A mia richiesta i predetti signori han redatto un memoriale riservato, che unisco al presente, nel quale espongono le loro vedute e i loro bisogni.

Quanto in esso viene affermato sulla situazione politica interna dell'Austria è verità ben nota, che non richiede dimostrazioni. Il pericolo marxista, pel fatto che i risultati, d'altronde previsti, delle elezioni politiche testè avvenute perpetuano una situazione parlamentare insostenibile -si profila sempre più minaccioso. È fuori dubbio pure che le condizioni interne dell'Austria debbano preoccupare gli Stati vicini e che un raddrizzamento della situazione possa interessare particolarmente l'Italia. Ma poichè ci si chiede di uscire dalla semplice «benevola neutralità» per assumere un compito di «simpatia operante» si posa subito il quesito delle probabilità di successo che il progettato movimento presenta. Io che seguo la situazione con attenzione quotidiana, non posso esprimermi, a questo proposito, con ottimismo. Quegli stessi dubbi e quelle stesse riserve che facevo nel mio pro-memoria del Gennaio scorso devo oggi formulare nuovamente. Da quell'epoca, infatti, non si è prodotto alcun notevole mutamento sia nella compagine delle forze destinate ad affrontarsi, sia -ed è quel che più importa -nello stato d'animo apatico dell'una parte e dell'altra. Si è intensificata, è vero, -sebbene con risultati negativi se si considera il responso elettorale -l'azione di propaganda che le Heimatwehr hanno esercitato in questi ultimi tre mesi quasi dappertutto in Austria e specialmente nei Paesi alpini contro il pericolo marxista, ma, comunque, le condizioni ambientali non sembrano finora accusare i sintomi della maturità degli spiriti che, di solito, precorrono i grandi rivolgimenti. Non ho mancato di prospettare queste obbiezioni ai Signori di cui mi occupo, i quali, senza negarne la fondatezza, attribuiscono alla scarsezza di mezzi a loro disposizione l'apatia dell'ambiente, che, a lor dire, sarebbe, con mezzi adeguati, facilmente « lavorabile » per far divampare l'incendio.

Può forse essere in ciò una parte di verità: ed io non voglio disconoscere che le imprese di questo genere sono di lor natura aleatorie e che il successo o l'insuccesso non sono matematicamente prevedibili. Comunque, credo di non errare ritenendo che le richieste che ci vengon fatte debbano essere esaminate nella luce dell'interesse che il Governo Nazionale annette allo assetto politico interno dell'Austria. Questo mi sembra il punto essenziale del problema, cui l'E. V. soltanto può dare conveniente risposta.

Non mi soffermo, quindi, ad analizzare le promesse contenute nell'unito

pro-memoria -del resto assai riservate e prudenti, se pur, a viva voce, più

esplicite e calorose -di future più amichevoli relazioni col nostro Paese. Son

dichiarazioni di persone non investite di responsabilità e potrebbero acquistare

valore soltanto quando fossero, a tempo più opportuno, confermate.

Nè credo maturo il momento -prima che l'E. V. abbia preso una deci

sione di principio -di esaminare nei particolari l'entità del concorso richiesto

-o la misura, le modalità e le cautele con cui eventualmente concederlo (1).

ALLEGATO.

MEMORIALE DI STEIDLE E PABST

(Traduzione)

L'Austria nell'attuale suo stato politico interno è una sorta di • avamposto del

Bolscevismo • nell'Europa centrale. Negli ultimi tempi, a causa del sempre cre

scente malcontento provocato dalla situazione parlamentare e della sempre più

stringente miseria economica, lo sviluppo delle idee nel senso di Mosca ha fatto

progressi giganteschi. I circoli antimarxisti, di fronte all'assalto della socialdemo

crazia austriaca, hanno abbandonato posizione dopo posizione, nè ciò è contrad

detto dagli apparenti piccoli successi parlamentari comprati a prezzo di transazioni.

La debole opposizione dei Partiti antimarxisti (senza l'esistenza dei • Wehr

vereine • austriaci essa sarebbe, d'altronde, ancora minore) ha chiaramente indicato

ai dirigenti della socialdemocrazia austriaca, la quale, sia detto per incidente, è

la forma pm aspra ed attiva di marxismo, eccezion fatta di quella della Russia

sovietica, che il momento della • battaglia decisiva • si è fatto assai prossimo. In

seguito a ciò, fin dall'autunno 1926, si è giunti a questo:

Io di portare ad un alto punto l'efficienza del • Republikanische Schutzbund • coi più larghi mezzi finanziari 2o di preparare spiritualmente le masse marxiste alla necessità della imminente • lotta decisiva •.

A questo scopo nel più recente programma del partito è stato apertamente e senza ambagi rivendicato che il marxismo debba • conquistare il potere statale in Austria • con tutti i mezzi compresi quelli extraparlamentari. Questo scopo non è stato soltanto minuziosamente sviluppato nell'ultima riunione del partito socialdemocratico a Linz, ma si lavora giorno per giorno a martellarlo nei cervelli degli aderenti.

Perciò, quei circoli austriaci, i quali non vogliono lasciar cadere, senza lotta, il • potere statale • nelle mani del Bolscevismo avanzante, sentono il dovere di opporsi, egualmente con tutti i mezzi, alla scalata al potere della socialdemocrazia austriaca.

Questo dovere non è soltanto dettato da preoccupazioni di politica interna ma anche da interesse patriottico nei riguardi della politica estera. Agli Stati vicini dell'Austria non può essere e non è certamente indifferente se alla loro frontiera sorge uno Stato dominato da una socialdemocrazia a tendenza così radicale, quale è quella austriaca; e ancor più a quei Stati, che, a causa della loro struttura interna, stanno in aspro contrasto con la dottrina marxista. Nel momento, dunque, in cui la socialdemocrazia austriaca potesse tradurre in fatto i suoi piani di dominio politico, l'Estero profitterebbe dell'occasione per intervenire in Austria o, in altre parole • l'Austria cesserebbe di esistere •.

Questo pensiero costringe ogni patriota, che non desidera una simile fine della nostra esistenza statale, a fare tutti i preparativi per condurre vittoriosamente a fine, a benefizio dei circoli antimarxisti, l'imminente lotta • pel potere statale •. Questi preparativi o • attrezzamenti • richiedono rilevanti mezzi materiali. Procurarsi i medesimi in Austria stessa è difficilissimo, se non impossibile, perchè proprio quei circoli, i quali hanno la volontà e l'energia di affrontare, corpo ed anima, il Bolscevismo irrompente, sono i più impoveriti e perchè, d'altra parte, anche l'industria e l'agricoltura, a causa della disperata situazione economica austriaca, non sono in grado di apportare quei mezzi che sono pienamente necessari per essere effettivamente e sufficientemente preparati nell'opera decisiva.

Le preoccupazioni patriottiche costringono perciò -si voglia o no -a ricercare l'appoggio necessario, che non è possibile ottenere in Patria, presso quei vicini i quali ugualmente sono animati dal volere di impedire un'avanzata o, piuttosto, una vittoria del Bolscevismo in Austria e quindi nell'Europa centrale; proprio per non dare ad essi l'occasione di porre fine alla nostra esistenza nazionale o di immischiarsi negli avvenimenti interni dell'Austria.

Per quel che riguarda ora i mezzi stessi occorrenti allo scopo proposto, essi devono esser commisurati in modo che l'armamento possa esser almeno portato ad eguagliare quello del • Republikanische Schutzbund • (quest'ultimo dispone di larghi mezzi in parte per l'abilità fiscale del Sig. Breitner in Vienna, in parte attraverso le grosse imprese economiche e bancarie che son nelle mani dei socialdemocratici e finalmente attraverso Mosca). Le armi possono essere acquistate, poichè un trasp-orto d'oltre frontiera importerebbe straordinarie difficoltà, le quali risiedono in non minima misura nella appartenenza alla socialdemocrazia della stragrande maggioranza del personale ferroviario e doganale austriaco.

Oltre al completamento dell'armamento, pel quale, in considerazione naturalmente dei trattati di pace e dei buoni rapporti con gli Stati vicini, è soltanto questione di armi per la guerra interna -quindi niente cannoni, bombe di gaz, aeroplani e tanks etc. -è assolutamente necessario assicurarsi una forte influenza sulle direttive spirituali dei circoli antimarxisti per la lotta finale. Questo deve avvenire sviluppando i propri organi di stampa, impiegando buoni e numerosi agitatori, influendo validamente sui grandi giornali in vista e, sotto determinate circostanze, acquistando una compartecipazione in essi.

La somma che per questi diversi scopi sarà necessaria per una preparazione efficace e sufficiente alla difesa o al contrattacco al momento da noi stessi scelto e per aver ultimato questa preparazione verso l'autunno avanzato del 1927, importa circa due milioni e mezzo di scellini per l'intera Austria.

S'intende da sè che, abbattuto il terrore socialdemocratico in Vienna e la pressione che esso esercita sull'intera amministrazione statale austriaca nei riguardi della politica interna ed esterna, si cercherà un avvicinamento a quei nostri vicini, i quali nei principi fondamentali del loro regime perseguono una decisa politica antimarxista, e che, inoltre, il nuovo Stato verrà amministrato in maniera da eliminare l'attuale escrescenza della illimitata libertà di stampa e speciale attenzione sarà fatta affinchè siano tenuti in considerazione i giusti sentimenti di quei Paesi, ai quali un'Austria antibolscevica sia unita da comuni vitali interessi.

(l) Cfr. n. 157.

(l) -Annotazione marginale di Grandi: • Conferito col console Ricciardi -seguire U movimento senza impegnarsi •.
169

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 773/348. Roma, 28 aprile 1927, ore 20.

Sono state scambiate ieri con questo ministro di Albania seguenti note che portano la data del 26 aprile (l):

Nota albanese: « Il Governo della repubblica albanese desideroso di dare una nuova solenne affermazione della solidarietà e dell'accordo completo che esiste tra esso ed il Governo italiano in tutte le questioni che possono derivare dal patto di amicizia e di sicurezza stipulato a Tirana il 27 novembre 1926 o che possano comunque riguardare i rapporti felicemente esistenti fra essi, mi ha dato l'onorifico incarico di concordare con V. E. la seguente dichiarazione: " I Governi d'Italia e di Albania dichiarano che, richiesti sia insieme che singolarmente da una o più potenze ad iniziare trattative che tocchino l'interpretazione del patto di Tirana o la partecipazione ad esso di terzi stati ovvero

comunque i rapporti tra l'Italia e l'Albania, nessuno dei due Governi aderirebbe a tali trattative senza che vi sia tra l'Italia e l'Albania una preventiva consultazione al riguardo, perfetto accordo e contemporanea partecipazione di ambedue le parti ai negoziati, ».

Nota italiana: «Desideroso di dare una nuova solenne affermazione della solidarietà e dell'accordo completo che esiste fra il Governo italiano ed il Governo della repubblica albanese in tutte le questioni che possono derivare dal patto di amicizia e di sicurezza stipulato a Tirana il 27 novembre 1926 o che possono comunque riguardare i rapporti felicemente esistenti fra i due Governi, ho l'onore di concordare con V. E. nella seguente dichiarazione: •.

Segue il testo della dichiarazione identica. Non ho creduto di aggiungere la frase da lei suggerita (l) circa l'impegno a non concludere patti aventi lo stesso oggetto e gli stessi scopi del patto di Tirana perchè la disposizione combinata della odierna dichiarazione e dell'art. 2 del patto di Tirana mi è sembrata da una parte sufficientemente comprensiva di tutte le ipotesi mentre dall'altra parte bisognava evitare che l'Italia prendesse impegni talmente estesi da impedirle di richiedere ed ottenere da terzi stati il riconoscimento della dichiarazione del 1921. A V. S. non è ignoto infatti che il R. Governo forzando la sua intransigenza attuale verso la Jugoslavia non esclude che si possa far giungere questo paese a scegliere come meno peggio il terreno della dichiarazione del '21 come base di intesa con l'Italia. Il R. Governo intende perciò riservarsi la possibilità -per quanto lontana -di arrivare a questo riconoscimento jugoslavo senza intervento dell'Albania.

(l) Lo scambio di note fu reso pubblico da un comunicato Stefani il 14 maggio. in coincidenza con la conferenza di Jachimov della Piccola Intesa. I! Giornate d'Italia del 15 maggio faceva seguire il comunicato da un commento il quale sottolineava che lo scambio di note escludeva che il patto di Tirana fosse messo in discussione da Belgrado « senza la concorde volontà di Roma e di Tirana •.

170

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1269 (2). Vienna, 28 aprile 1927 (per. il 30).

Fo seguito al mio telegramma filo n. 94 (3).

Ho cercato avere da Pristina notizie sugli albanesi dimoranti Vienna ma poco ha voluto dire, asserendo, e non ci credo, non saperne nulla perchè non ha rapporti con essi. Ha soltanto affermato che erano coloro i quali immaginano che tutti gli albanesi rifugiati siano fannoliani; se, come ha inteso dire, Fan Noli pubblicasse una certa dichiarazione nella quale vorrebbe confermare pubblica opinione in quest'errore, egli e tutti coloro, che sono la maggior parte, i quali pur non essendo Zoghiani non sono neanche Fannoliani, sarebbero costretti pubblicare un'altra dichiarazione per ristabilire verità.

Viceversa Pristina ha tenuto a parlarmi a lungo sulla presente situazione albanese. Suo discorso, sfrondato delle continue ripetizioni, affermazioni di amicizia, proteste di onorabilità, disinteresse e amor patrio, può così riassumersi: Sono amico Italia perchè solo da essa Albania può sperare per suo avvenire e anch'io posso sperare per liberazione Kossovo. Mi duole perciò vedere errore

16 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

che Italia va commettendo e può compromettere sua situazione in Albania. Italia

si ostina sostenere Ahmed Zogu e non si rende conto del danno che può deri

varlene. Io lo conosco bene, assai meglio forse del Governo italiano. È non solo

un criminale ma anche un traditore. Oggi fa amico Italia, ma domani potrebbe

divenirle nemico. Ho anzi inteso già qualche vaga voce, per quanto non con

fermata, di certe sue preferenze per gli inglesi le quali potrebbero condurre a

qualche novità, giorno in cui Inghilterra non fosse più d'accordo con Italia circa

l'Albania. Zogu è detestato da albanesi e si mantiene solo col terrore. Va sempre

più accentuandosi in Albania movimento in favore Jugoslavia, non per simpatia

verso quello stato o antipatia verso Italia, bensì in odio Ahmed Zogu. Italia non

vede pericolo appoggiarsi a un uomo che non ha alcun seguito nello stato, che

oggi c'è e domani può non esserci più. Eppure esperienza fatta con Essad avrebbe

dovuto aprirle occhi. Io, benchè da venti anni mi occupi politica, e benchè

Ahmed Zogu, con cui un tempo ho lavorato insieme, mi abbia ripetutamente

invitato tornare, intendo restare all'estero. Ma se governo italiano fosse disposto

«sacrificare» Zogu, io e con me miei amici saremmo disposti riprendere parte

attiva nella politica albanese. A quella condizione indicherei modo far cambiare

situazione in Albania interamente in uno o tutt'al più due mesi. Si avrebbe un

mutamento completo incredibile nell'opinione pubblica del paese e special

mente nelle popolazioni cattoliche. Non posso dire quale sia mio piano finchè

governo italiano non si dichiari disposto <K sacrificare » Zogu. Trattative dovreb

bero restare e resterebbero segretissime. A Roma si può aver fiducia in chi

come me è mosso soltanto dall'odio ai serbi, dall'amore al mio paese e dalla

fiducia nell'Italia.

Ho cercato comprendere quale fosse questo suo piano, ma non m'è riuscito.

Potrebbe però darsi che Pristina mi dicesse un'altra volta quanto non ha voluto

dirmi oggi. Suppongo che accettando mio invito tornerà vedermi, quantunque

abbia avuto aria avvertirmi sarebbe venuto ancora soltanto qualora gli avessi

fatto sapere che saremmo disposti intenderei con lui sotto condizioni indicate.

Mi ha detto rimarrà qui qualche tempo seguendo sua moglie cura d'uno

specialista viennese.

(l) -Non si è trovato il documento contenente questa frase. (2) -Manca il numero di protocollo particolare. (3) -T. gab. 1233/94 del 26 aprile.
171

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 29 aprile 1927.

Ieri sera sono stato a pranzo con Graham. Abbiamo parlato a lungo. Gli ho rinfrescato la memoria su tutti i precedenti adriatici, dal patto di Londra all'accordo di Tirana, facendogli un quadro completo della situazione diplomatica dell'Italia in questi ultimi 10 anni. Gli ho parlato dell'interesse dell'Europa a non far risorgere per l'Italia il problema adriatico, che non è soltanto problema italiano bensì enropeo e lo diventerà ognora più man mano che la Serbia fatalmente, come già sta facendo, mostrerà quello che è, l'avanguardia slava verso l'occidente. Gli ho parlato della missione militare serba ad Angora. Angora

è la via di Mosca. La Gran Bretagna ha interesse, anche per la sua politica di

equilibrio mediterraneo, di avere un'Italia non indebolita nell'Adriatico. La

costa orientale adriatica è una fortezza che in mano della Jugoslavia entra

direttamente a far parte del sistema marittimo militare francese. Il problema

adriatico è per l'Italia un problema vitale di difesa. Per la razza slava al con

trario rappresenta un mezzo di offesa diretto ad alterare le attuali condizioni

di equilibrio mediterraneo.

Gli ho fatto presente la sostanziale differenza tra la politica francese e

la politica italiana nei Balcani. La Francia vuole una Piccola intesa militarmente

forte diretta contro gli altri stati balcanici e contro l'Italia. L'Italia vuole invece

l'equilibrio balcanico, ed una politica di riavvicinamento con tutti i popoli,

vincitori e vinti. Mussolini fa nei Balcani quello che Chamberlain fa nel Reno.

L'idea di una « Locarno balcanica» è di Mussolini, e questa idea, che incontrò

già il favore di Chamberlain, sarebbe oggi un fatto compiuto senza l'ostilità

pregiudiziale di Parigi-Belgrado, che hanno fatto tutto il possibile e l'impossi

bile per impedire la realizzazione di questo programma di pace.

Il « Patto di Tirana » che è ormai la condizione della pace adriatica (il

nostro paese si contenta di ben poco!) ha rivelato una nuova « faccia serba ».

Bisogna che l'Europa si aggiorni finalmente intorno a quello che questa faccia

nasconde. Del resto il Patto di Tirana ha luminosamente provato:

l) quali erano le vere mire serbe sull'Albania; 2) a che cosa serviva l'alleanza con l'Italia. È vero che la clique serba ha desiderato apparentemente l'amicizia dell'Italia. Ma penchè? Per costringere l'Italia a passare da Belgrado ogni qualvolta pensasse esplicare qualsiasi attività balcanica. In queste condizioni la Serbia ha tentato per un momento il suo folle sogno di «Grande Balcania ». Sicura dalla parte italiana la Serbia ha sognato l'oppressione di tutti, Grecia, Bulgaria, Ungheria ed anche Romania. Il Patto di Tirana ha rotto improvvisamente l'incanto. La Romania ha allentato i legami dell'alleanza. La Grecia ha mandato all'aria le Convenzioni di Salonicco. La Bulgaria tratta oggi da pari a pari e Rakich ne sa qualche cosa. L'Ungheria si fa pregare per un accordo platonico d'arbitrato. Tutto ciò ha naturalmente esasperato la Mano Bianca, la quale oggi, dopo lo scacco subìto cerca, come folle rimedio, un'avventura militare. In queste condizioni che cosa fa l'Europa? Consiglia trattative dirette fra Roma e Belgrado sull'Albania e fa appello alla longanime generosità di Mussolini! Ma perchè l'Europa e soprattutto la Gran Bretagna non hanno cominciato col consigliare la Serbia, prima di iniziare le conversazioni coll'Italia, di prendere atto della Dichiarazione di Parigi, ossia mettersi in regola colle carte della Società delle Nazioni e dei Trattati di Pace? Prenda anzitutto atto la Serbia della Dichiarazione di Parigi, ossia dell'interessse italiano alla frontiera albanese. Ma questo la Serbia non fa, nè la Gran Bretagna la consiglia a fare. E intanto dietro alla Serbia spuntano Turchia e Russia.

Quale è stato l'effetto dell'intervento inglese nella situazione itala-jugoslava? il seguente: Belgrado e Parigi ne hanno subito approfittato per tentare di compromettere le basi dell'amicizia itala-inglese. Niente di più.

Bisogna allora che la Gran Bretagna si decida a scegliere fra noi, e coloro che voi, Sir Ronald, chiamate così spesso «contadini impazziti... ».

Graham mi dichiara di avere ricevuto istruzioni di non più mescolarsi nelle faccende italo-jugoslave, e di essere irritato per l'interpretazione che stampa francese e serba hanno dato alla sua azione.

Per ciò egli evita di venire a Palazzo Chigi in questi giorni per non correre il rischio di vedere ripetuto il gioco. Egli continua a credere tuttavia che un comunicato anodino, frutto di una conversazione generica fra Mussolini e Rakich potrebbe liquidare la questione.

Gli rispondo che è bene ingenuo a credere ciò. Anche se, per assurdo, la Jugoslavia si accontentasse di parole anodine, egli può essere certo fin da ora che queste sarebbero il giorno dopo sfruttate dalla stampa di Parigi e di Belgrado e qualificate come lo «scacco italiano». E allora la reazione italiana sarebbe adeguata, dopodichè la situazione risulterebbe aggravata ancora più. Perchè mettersi nella strada dell'equivoco? Meglio vale, nell'interesse della pace, una linea chiara, precisa, come quella adottata da S. E. Mussolini (1).

172

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. (P. R.) 279/141. Roma, 30 aprile 1927, ore 18.

Mio telegramma n. 759/136 (2).

Avverto V. S. che ho incaricato capitano Vittorio Mazzotti di prendere contatto a mio nome con Hassan bey Pristina. Verso di questo V. S. potrà continuare suoi contatti mostrando di ignorare quelli di Mazzotti. Mazzotti si presenterà a V. S. da cui attende assistenza in eventuali occorrenze specie per trasmissioni di notizie e proposte a me dirette.

173

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. 781/143. Roma, l maggio 1927, ore 17.

Suo telegramma 47 (3). R. Governo considera interessante eventuale acquisto di documenti autentici che possano dimostrare la responsabilità jugoslava nel preparare incursioni sulla frontiera albanese. Esso considera inoltre con simpatia ogni atteggiamento antiserbo ma reputa prematuro ed imprudente ingerirsi in qualsiasi intrigo di elementi irregolari nei Balcani.

In conseguenza è disposto ad esaminare semplicemente la questione pecuniaria per l'acquisto dei documenti ma declina di sovvenzionare direttamente un movimento qualsiasi che abbia carattere operativo.

Prego riprendere contatto con Petroff facendogli esprimere chiaramente questi punti di vista e chiedendogli di dare visione -sempre per mezzo di Soragna e Mattioli -dei documenti da acquistare e di far conoscere compenso relativo. Se documenti risponderanno effettivamente al nostro interesse compenso sarà corrisposto all'atto della consegna di essi. A tale eventuale compenso

R. Governo intende attribuire significato di simpatia e di incoraggiamento verso atteggiamento antiserbo del gruppo Petroff ma esclude significato di qualsiasi partecipazione ad azioni violente di cui non condivide opportunità.

(l) -Mussolini ha annotato: • Sta bene •. (2) -T. gab. 759/136 del 26 aprile, a firma Grandi: ordine impartito da' Roma che i contatti con Hassan bey Pristina non siano più tenuti tramite il Fascio a Vienna ma tramite Auriti «e persone da V. E. incaricate ovvero con persone che successivamente potranno essere designate da Roma >. (3) -Cfr. n. 163.
174

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 786/283 (1). Roma, 2 maggio 1927, ore 12,30.

È necessario che io sappia esplicitamente se dopo colloquio di V. E. con Chamberlain nonchè note Reuter, Times, Daily Telegraph, è pacifico che il Governo inglese si disinteressa Patto Tirana e riconosce perfetta correttezza posizione assunta dall'Italia.

175

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI

T. PER CORRIERE 2234. Roma, 2 maggio 1927.

Telegramma-posta di codesta R. ambasciata n. 589 dell'll gennaio.

Questa ambasciata di Spagna ha inviato a questo ministero suo segretario per conoscere punto di vista R. Governo circa recenti accordi Parigi relativi onori liturgici. Gli è stato risposto che Governo italiano non può riconoscere tali accordi perchè contesta Santa Sede diritto di obbligare religiosi nazionalità italiana a fare pubblici atti di omaggio a rappresentanti politici di stati stranieri ed a pubblicamente pregare ed invitare i fedeli a pregare per la prosperità di una nazione che non è la loro patria e perchè afferma che Governo francese non solo per l'abolizione delle capitolazioni in Levante e quindi della protezione religiosa ma specialmente per le inequivocabili dichiarazioni di San Remo fatte in occasione della assegnazione definitiva dei mandati in Siria Palestina e Mesopotamia ha a tali onori conseguentemente rinunziato. Tale nostro punto di vista

è stato fatto presente alla Francia ed alla Santa Sede e sembrerebbe essere interesse della Spagna che ad esso si associasse codesto Governo con esplicite dichiarazioni in Vaticano ove certamente non può essere mal volentieri accolta protesta potenze cattoliche diretta a liberare la chiesa da vecchie formalità che la diminuiscono agli occhi deì popoli d'Oriente e che coinvolgono l'azione cattolica che la Santa Sede va con successo sviluppando in quelle regioni con gli odi che suscita e con le lotte che sostiene colà la potenza protettrice. V. E. vorrà trovare occasione per far comprendere il nostro punto di vista e conoscere passi che codesto Governo avrà creduto opportuno fare presso il Vaticano.

(l) Il testo rinvenuto e pubblicato è quello conservato nell'Archivio dell'Ambasciata d! Londra.

176

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 927/411. Vienna, 2 maggio 1927.

Onoromi trasmettere l'unito rapporto del capitano Mazzotti.

ALLEGATO.

RELAZIONE DI MAZZOTTI SULL'INTERVISTA CON HASSAN PRISHTINA DEL 30 APRILE 1927 (l)

Incontro con D'Annunzio. Ultimamente, prima di venire a Vienna dopo l'incontro che ebbe con Monsignor Medja, Padre Pali e Padre Fista, i quali gli hanno dato carta bianca e l'hanno riconosciuto come esponente massimo nel conflitto tra Ahmed Zogu e il popolo albanese, ricordando la sua amicizia con Gabriele D'Annunzio si presentò a Gardone in unione dei predetti prelati e domandò udienza per perorare la causa albanese o meglio del popolo albanese.

D'Annunzio dopo averli ascoltati attentamente accettò il piano esposto per cacciare dal potere Ahmed Zogu, facendosi mallevadore presso S. E. il presidente e assicurando i notabili albanesi del suo app"Oggio illimitato.

Ma la risposta non fu quella desiderata. E allora ognuno pur continuando a sperare nell'appoggio di D'Annunzio in un momento più propizio, è rientrato nella sua sede per continuare l'opera di demolizione dell'autocrazia di Zogu.

Lealismo italiano. Fatto presente che il Governo italiano vuoi essere più che leale con Ahmed Zogu e non desidera affatto un rovesciamento del potere attuale, quindi non può accettare nessuna proposta anche se questa gli fosse oltremodo favorevole, essendo la sua firma al disopra della competizione dei partiti e degli uomini.

Hassan Prishtina rendendo omaggio alla correttezza e alla lealtà italiana, ha fatto un quadro della situazione sempre più sfavorevole a Zogu, dicendo che ormai il suo astro è al tramonto e non potrà reggersi nemmeno se gli fosse fedele l'intero esercito albanese. Badate bene -ha continuato -ogni giorno che passa Zogu scava sempre più profondamente la sua fossa. L'Italia sia leale verso Zogu; ma tenga aperti, bene aperti gli occhi, non si addormenti sulla presente calma appa

rente, perchè gli può essere fatale. Intendo dire non cada nel laccio che gli sta

tendendo la Jugoslavia.

Voi credete che la Jugoslavia possa mollare. Nemmeno per sogno. Ormai è

giunta ad una svolta e sta cercando una via di uscita. Secondo me una delle scap

patoie, sarebbe quella di ottenere dal Governo italiano l'assicurazione del non

intervento nell'eventualità di una rivolta a carattere interno, o arrivare ad assas

sinare Zogu per sostituirlo con qualcuno legato a Belgrado.

In questo caso quali sarebbero i frutti che l'Italia potrebbe cogliere? A mio

avviso nessuno. E allora?... Bisogna guardare e giudicare freddamente la situazione

qual'è e saperne approfittare al momento opportuno.

Zena Bey, per esempio, è uno degli uomini preferiti dalla Jugoslavia, per

quanto il suo nome sia avversato da tutti gli albanesi. Perchè non devesi dimenti

care che è il vero assassino di Bajram bey Zurri. Ciò nonostante prossimamente

si terrà qui a Vienna una riunione fra gli albanesi passati alla Jugoslavia per discu

tere su di una possibile intesa ed arrivare ad un programma d'azione in unione a

Zena Bey. Per venire a questo si attende l'arrivo di Alì Klissura e di Angelo Suma

che molto facilmente saranno docilmente addomesticati prima di lasciare la Jugo

slavia. Ora fra Zena Bey e Zogu io scelgo Zogu.

La rivolta è sempre in aria. Dunque -come dicevo -non è affatto esclusa la probabilità di una rivolta appoggiata dalla Jugoslavia. Se questa scoppiasse e trovasse noi nazionalisti -oggi i soli nazionalisti siamo noi -colle mani vuote, senza nessuna preparazione spirituale e materiale commetteremmo un delitto di lesa patria nel non approfittare e lasciando cadere il nostro paese sotto l'influenza jugoslava.

Invece -e questo mi azzardo a dirvelo in tutta confidenza -(io sto seguendo passo passo tutto quello che viene manovrato nel campo opposto avendo colà dei miei fidi che tutto mi riferiscono) noi, e quando dico noi parlo a nome dei cattolici, di Kiazim Kosuli, di Kol Tromara, di Mustafà Kruia e di tutti quelli infine che aderiscono al mio gruppo, se l'Italia garantisce il non intervento, vi assicuro che la Jugoslavia sferrerà -dopo poco tempo -una rivolta che potrebbe dare dei risultati tangibilissimi in suo favore se lasciata sola a manovrare [sic].

Mentre, noi, non appena si profila la caduta certa di Ahmed Zogu, facendo leva sui cattolici di Scutari e della Mirdizia marceremmo su Tirana per impadronirci del Governo e istaurare una dittatura. In venti giorni vi assicuro che il paese sarà totalmente pacificato e coloro che hanno seguito la Jugoslavia dovranno sottomettersi al nuovo Governo se non vogliono essere dichiarati traditori della patria.

Ma Kosuli non era con Fan Noli?... E ultimamente non era anche favorevole all'intervento jugoslavo?...

Kosuli è un patriotta e come tale l'ha rotta con gli uni e con gli altri.

Fan Noli non rappresenta più che se stesso o per meglio dire Mosca. È un uomo liquidato di cui non bisogna tenerne nessun conto. In quanto all'accusa fatta a Kosuli di aver avuto dei rapporti con i jugoslavi sul mio onore di vecchio rivoluzionario, di patriotta, lo smentisco formalmente, malgrado sia stato sollecitato in più riprese e gli abbiano fatto balenare una vita se non comoda almeno agiata.

Interessarsi dei profughi. Certamente l'Italia deve fare qualche cosa, non può seguitare a rimanere inerte e indifferente al movimento dei profughi albanesi. L'altro giorno per esempio è venuto da me Jbraim Giakova, il quale mi ha domandato se io ero in grado di fare qualche cosa per lui, intendo dire del suo sostenimento, perchè altrimenti con la piaga al cuore era obbligato ad aderire al gruppo bolscevico e firmare la dichiarazione che sta per apparire sul nostro [sic] giornale che esce a Ginevra. lo gli ho fatto presente le mie condizioni che non permettevano più come per il passato di fare dei prestiti ed ho tentato di dissuaderlo dal triste passo. Ma lui mi ha con~essato piangendo che era obbligato a farlo perchè vinto dalla fame. In quelle condizioni ce ne sono ancora una diecina che possono essere salvati. Si

tratta più che di altro di umanità. È tutta gente che si trova all'estero da più di due anni e che ha esaurite tutte le risorse individuali e quindi si devon considerare degli affamati piuttosto che dei venduti.

Per mio conto posso assicurarle, se domani potrò in qualunque modo aiutare nel puro indispensabile per viver alcune personalità degli altri gruppi di riuscire a strapparli da Mosca e da Belgrado. Loro stessi troveranno il modo per distaccarsi e aderire al mio gruppo.

La successione di Zogu. Alle dichiarazioni di Pristina fatte con spontaneità, senza reticenza alcuna gli ho prospettata la visuale di essere lui domani il probabile designato a succedere a Zogu, se questi, fatalmente per una ragione o per un'altra sia forzato di abbandonare il potere; in tale eventualità l'Italia saprebbe scernere i veri dai falsi amici e quindi dovrebbe attendersi la possibilità di essere trasportato in Albania su di una torpediniera italiana con quelle personalità del suo gruppo che egli indicherebbe.

Hassan Bey alla frase audace è impallidito, ma rimessosi immediatamente, ha ripetuto una delle note dichiarazioni di fedeltà all'Italia, concludendo col dire che l'Italia da lui e dai suoi seguaci potrà ottenere tutto, qualunque cosa domandi, sempre però sia rispettata la sovranità dello stato.

La dittatura. Naturalmente, noi, non porteremmo nessuna modificazione alla forma del regime adattandosi benissimo quella forma al nostro piccolo paese. Solo instaureremo una dittatura di fatto per la durata di un paio d'anni o di più se occorre, onde poter governare liberamente senza impacci di sorta con tutta fermezza ed energia e nel contempo emanare delle leggi sane, perchè il paese possa organizzarsi, sistemarsi e un soffio di civiltà, come scuole, strade ecc. penetri fra le nostre montagne dove ancora si vive allo stato primitivo.

Condusione. Non gli ho nascosto che l'Italia per lealtà verso Zogu non potrebbe sovvenzionare il suo gruppo, ma probabilmente avrei interessato una persona amica per fargli aprire il portafogli -senza fare nessun nome. Ben inteso che il suo gruppo si mantenesse su di una linea di neutralità verso Ahmed Zogu e non partecipasse direttamente ad una rivolta se non nei casi più sopra esposti dalla sua voce stessa.

La spesa importerebbe una somma di 50.000 mensili, avendo intenzione il Pristina di far uscire due volte al mese un piccolo giornale per combattere la tendenza del giornale che esce a Ginevra e di quelli jugoslavofili.

Per mascherare la sovvenzione il Pristina invierebbe la sua signora a Salonicco per effettuare un tentativo di vendita dei suoi beni laggiù, di maniera -i suoi amici -non sappiano mai la provenienza del danaro.

Per quello che concerne la pubblicazione della petizione inviata alla Società delle Nazioni non ha fatto obiezioni di sorta, anzi mi ha rilasciato una lettera che unisco desiderando lui stesso sia data la più grande pubblicità.

Egualmente gli ho fatto il versamento e lui mi ha assicurato che mi avrebbe consegnato poi una lista del come l'ha distribuito dato che lo prendeva per gli amici che si trovano nella più assoluta indigenza.

Nel caso il R. Governo accogliesse la proposta della sovvenzione si gradirebbe una conferma telegrafica e contemporaneamente nuove istruzioni in merito alla discussione di un programma da imporre. Invece, se contrario [sic], devo fare ritorno, oppure seguire i profughi albanesi attraverso il Pristina. In questa circostanza si pregherebbe rimettermi dei fondi (1).

P. S. -Allegato: lettera autografa di Pristina (2).

(l) Una prima succinta relazione era già stata trasmessa con t. gab. 1272/99 del 30 aprile, ore 22,45.

(l) -Annotazione di Mussolini: • Interessante •. (2) -Non si pubblica.
177

IL DIRETTORE DELLA RIVISTA “POLITICA”, COPPOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Roma, 2 maggio 1927.

Due volte in cinque mesi ho chiesto di vederLa. Non è stato possibile. Non

insisto, e Le scrivo. Andrò tra alcuni giorni in Francia (Marsiglia-Montpellier

Avignon) per ragioni di famiglia. Potrei, se Ella volesse, spingermi sino a Parigi

e restarvi il tempo necessario. Conosco di persona i principali uomini della

destra francese (politici e giornalisti) e anche non pochi della sinistra (Briand,

Paul-Boncour, Loucheur, De Jouvenel, Franklin-Bouillon etc.). Ho di fronte a

costoro perfetta libertà -non avendo io in Italia alcuna posizione ufficiale nè

di Governo nè di partito -e anche (mi sia lecito dirlo) una certa autorità

personale. Dato ciò, credo che potrei, nella delicata situazione presente, com

piere opera utile e non impegnativa, sia come informazione, per riferirne a Lei,

sia come chiarificazione di rapporti italo-francesi. Ad onta degli attuali stati

d'animo, io persisto fermamente a credere che un conflitto fondato sull'equivoco

tra i due paesi, sia pure indiretto, sarebbe, in ogni caso, disastroso per entrambi;

che a noi convenga creare e sviluppare in Francia un «partito italiano»; e che,

a ogni modo, sia utile studiare l'attuale crisi politico-sociale francese. Per tutto

ciò, e per quanto altro possa a Lei sembrare opportuno, attendo Sue istruzioni.

Altro argomento di cui desideravo parlarLe è la Cina. Laggiù è già in atto il grande conflitto tra Occidente e Oriente (e anche Inghilterra e America) che determinerà la nuova fase della politica mondiale. Credo che una osservazione libera, diretta e obbiettiva possa essere per la politica italiana di grande importanza. Come Le dissi, sono pronto ad andarvi per tutto il tempo necessario. Non ho più avuto sull'argomento alcun Suo cenno. La prego di volermi comunicare le sue decisioni (1).

178

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1282/391. Belgmdo, 3 maggio 1927, ore 2 (per. ore 5).

Dovendo intrattenermi su varie questioni tuttora in sospeso ho avuto questa mattina un secondo colloquio con Marinkovich.

Egli mi ha ricevuto con cordialità voluta resa più accentuata dalla vecchia amicizia che esiste fra di noi. Si mostrò subito molto soddisfatto della corrispondenza di Aldo Valori sul Corriere della Sera del 30 aprile di cui aveva la traduzione e mi disse che era lieto che la stampa italiana mostrasse avere fiducia in lui.

Passando subito a parlare delle relazioni tra i due paesi, mi ha detto che egli non era scontento che conversazioni fra V. E. e Rakich non fossero ancora

5 maggio 1927 •.

iniziate, poichè ciò avrebbe permesso formare nel frattempo una atmosfera più serena così che contatti del nuovo Governo S. H. S. con V. E. non apparissero come continuazione della linea di condotta seguita dal suo predecessore che egli mi ha dichiarato di non avere approvato. Ha aggiunto testualmente: •... (l) che siano diradate nubi e che ... (l) scaturiscano da una situazione nuova che non abbiano niente di comune coi metodi politici del recente passato. Base e fulcro della nostra politica è, e deve essere, ristabilimento principale amicizia coll'Italia, poichè una volta ridivenuti amici anche fiducia reciproca sarà ristabilita e sarà facile intenderei su qualunque questione. L'amicizia è il mezzo necessario perchè relazioni fra i due paesi ritornino intime e le questioni, anche quelle che sembrano più ardue, saranno chiarite. Ad esempio a noi non importerà che in Albania sia al potere Ahmed Zogu od un altro quando saremo garantiti dall'amicizia piena e sincera di un grande paese come Italia e di un uomo eccezionale come Mussolini, poichè in detta amicizia troveremo che azione dell'Italia non potrà in alcuna maniera risolversi contro la Jugoslavia.

Noi siamo un piccolo paese, ma anche i piccoli possono in determinate circostanze essere utili, specialmente se essi sono coraggiosi e sinceri. E perchè grande Italia non vorrà averci fra i suoi amici e collaboratori? Amicizia che noi desideriamo coll'Italia dev'essere piena, sincera e sentita, corroborata di fatti e non vuota ed esistente solo sulla carta.

Questa è la situazione nuova che io al governo... (l) appartengono vogliamo creare nei rapporti Italia, e signor Mussolini mi conosce e sa che sono uomo da mantenere la parola. In questi giorni più di un rappresentante diplomatico è venuto ad offrirmi amicizia e collaborazione del Governo da lui rappresentato, ma io ho regolarmente respinto l'offerta sapendo che approfittando del momento in cui si trova Jugoslavia tempo posto in mezzo sarebbe stato molto oneroso per il mio paese e che qualsiasi patto di amicizia con altri stati avrebbe avuto poco o nessun valore se l'amicizia francese per l'Italia fosse mancata». Il presente telegramma continua col numero successivo.

(l) Annotazione marginale: • Il Comm. Coppola è stato ricevuto da S. E. Grandi.

179

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1283/392. Belgrado, 3 maggio 1927, ore 2 (per. ore 5).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente numero precedente. Insomma, Marinkovich ha battuto con insistenza sul tema • circa necessità situazione tendente ad una salda, sincera, sentita amicizia coll'Italia che sia principio e mezzo attraverso cui tutte questioni pendenti fra i due paesi siano risolute automaticamente»· Egli questa volta ha nominato patto Tirana ed ha fatto... (l) regna un solo monopolio all'Albania. A parte le ragioni superiori di Stato, egli è intenzionato a perseguire una politica di amicizia coll'Italia. Per ragioni... (l) Legazione di Romania aggiunto: «che V. E. sa quanto egli figura

sincero». Ho compreso chiaramente che egli sarebbe favorevole ad un contatto diretto con V. E. Marinkovich ha ripetuto che Rakic sperava di parlare presto a V. E. ma che egli non aveva fretta perchè considerava l'opportunità dell'attesa per ambo le parti nell'... (l) quando ambienti si rasserenano. Gli ho fatto inoltre presente come fosse necessario tacere (2) soluzione delle varie questioni pendenti per sbarazzare terreno da qualsiasi impedimento ad una rinnovellata e più salda amicizia. Marinkovich mi ha assicurato che intanto il presidente del consiglio ministri e ministro interno signor Vukicevic aveva dietro sua preghiera impartito a tutte le autorità locali severissime istruzioni di non creare imbarazzi o difficoltà nei rapporti con Italia, anche il suo amico Mijovic ministro della politica sociale si era già impegnato a facilitare tutte le questioni in sospeso con l'Italia fra cui quella del permesso residenza agli operai e impiegati. Ha aggiunto infine che si era già accinto a studiare personalmente tutte le altre questioni in corso e che confidava in una sollecita ed equa soluzione. Confermo mia precedente impressione che Marinkovich sia sincero e che si possa fare affidamento sulla sua parola. Mi risulta che stamane, prima che io avessi parlato con lui, Marinkovich aveva preso parte ad un consiglio della corona presieduto da

S. M. il re.

(l) Gruppo indecifrato.

180

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2872/585/401. Parigi, 3 maggio 1927, 01'e 19 (per. oTe 21).

Apprendo da ottima fonte che il Ministro degli Affari Esteri di Romania giungerà Parigi 20 corrente, dopo la chiusura conferenza Piccola Intesa.

181

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDGVA'l'O, p. 34)

T. GAB. RR. 1298/122. Addis Abeba, 3 maggio 1927, ore 20,30 (per. ore 21,30).

* Per Lei solo. Decifri Ella stessa. Ringrazio l'E. V. per il suo telegramma Gab. 756 (?) (3) lieto che l'opera mia abbia incontrato approvazione della E. V.*

Ho avuto un lungo colloquio col Ras Tafari e l'ho persuaso a limitare attuali trattative alla concessione stradale Dessié-Assab ed alla zona franca lasciando per ora da parte ques~ione sbocco al mare che potrà essere discusso ponderatamente al momento opportuno e dopo un primo scambio di vedute [in occasione] nota visita.

Il Ras mi ha confermato suo intendimento darci una prova tangibile suoi sentimenti e di volerlo fare in occasione della venuta di S.A.R. Ha aggiunto che anche dopo la visita desidera continuare sviluppo relazioni con noi.

Questione è ora ridotta in questi termini: strada e zona franca senza alcun affidamento per lo sbocco al mare. Zona franca è inteso che sarebbe concessa rimanendo a noi piena ed intera sovranità alle stesse condizioni di altre zone franche già esistenti od analoghe quella di Fiume ora concessa Ungheria secondo le notizie giornali pubblicate in questi giorni.

Il Ras mi ha consegnato un pro-memoria contenente « il suo pensiero » circa la concessione. Sto sfrondandolo dai troppi minuti dettagli così cari agli abissini e cerco ridurre impegni solamente due o tre chiari articoli riservando a dopo i dettagli di carattere tecnico.

Ripeto che occorre cominciare concludere questo accordo, il primo di un simile carattere dal tempo di Menelik. Il Ras mi ha detto che essendo ormai pienamente convinto delle amichevoli disposizioni dell'E. V. non teme le eventuali ripercussioni o le gelosie che potranno suscitare accordi, aggiungendo che del resto i francesi gli avevano rifiutato la zona franca a Gibuti.

Prego telegrafarmi una formula per la zona franca che non sarebbe ad ogni modo concessa che a strada completamente ultimata. Il presente telegramma è trasmesso in visione a S. E. governatore Eritrea col quale sono in contatto al riguardo.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Sic, ma evidentemente deve leggersi • trovare •. (3) -Si riferisce probabilmente al n. 161.
182

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. PER CORRIERE 2243. Roma, 4 maggio 1927, ore 18.

A seguito mio telegramma per corriere 28 aprile scorso n. 2143, prego

V. E. indagare opportunamente e riferire quali siano intenzioni codesto Governo nei riguardi accordo cui commissione mista anglo-cinese sarebbe addivenuta per regolare nuovo assetto concessione inglese Tientsin. Coll'occasione V. E. può fare intendere a Foreign Office essere opinione del R. Governo che attuale situazione in Cina non consiglierebbe sia affrettata conclusione simili accordi.

183

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. P. s. N. Roma, 4 maggio 1927, ore 21.

Decifri da sè. Ex ministro Tavularis ha chiesto vedermi asserendo prossima Atene nuova rivoluzione che dovrebbe portare Governo partito pangalista. Tavularis è entrato

minuti dettagli detta preparazione assicurandomi personalmente successo tale movimento. Prima di decidere opportunità continuare contatti ex ministro pangalista prego V. E. informarmi se nulla le risulti in proposito, se Tavularis goda effettivamente asserito prestigio fra suoi (1).

184

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL MINISTRO A PECHINO, VARÈ

T. GAB. 796 (2). Roma, 4 maggio 1927, ore 24.

(Per Pechino). Telegrammi di V. S. nn. 196 e 197. (Per Londra). Telegramma di V. E. n. 269. Notizie segnalate da V. E. vengono confermate da R. ministro a Pechino che telegrafa quanto segue:

• Allusione fatta in via confidenziale da questo ministro d'Inghilterra e altri sintomi fanno ritenere che azione con l'applicazione sanzioni Hankow da parte inglesi possa avvenire istantaneamente. Prego V. E. telegrafarmi anche per potere prendere tempestivi opportuni accordi con il comandante superiore se sia autorizzato compiere passo progettato insieme con rappresentanti Inghilterra e Francia e se in caso estremo anche il Governo francese preferisse seguire linea astensionistica America e Giappone, V. E. [desidera] che l'Italia agisca insieme Inghilterra isolata presente ... (3) autorità nazionalista ... (3) in questione e applicando sanzioni primitive in caso di mancata completa soddisfazione domande contenute •.

Al R. ministro a Pechino ho risposto quanto segue:

(Per tutti). Nostra attitudine nell'azione per fatti Nanking aveva come presupposto che tutte le cinque potenze o perlomeno che Inghilterra Francia e Giappone insieme con Italia mantenessero concordia veduta e condotta. Venendo meno tale presupposto R. Governo deve riservarsi ampia libertà di decidere su atteggiamento che meglio gli converrà adottare. Nel caso che per astensione Stati Uniti, Francia e Giappone dovesse Inghilterra rimanere isolata nello insistere su azione con applicazione sanzioni, R. Governo non intende impegnarsi con preventive adesioni ma attenderà che Governo inglese ne solleciti sua adesione indicando portata e condizioni della medesima. Qualora pertanto V. S. venisse interpellata al riguardo da suo collega britannico ella può rispondere adducendo mancanza istruzioni e prospettando nello stesso tempo convenienza di dirette conversazioni fra Londra e Roma.

(Per Londra). Nel partecipare quanto precede a V. E. per sua conoscenza ed eventuale norme di linguaggio pregola tener presente che intenzione del R. Governo è di valorizzare quanto più possibile eventuale concorso da prestare ad Inghilterra nell'azione di cui sopra (1).

(l) -La minuta è di pugno di Grandi. (2) -Il testo per Londra ha come numero di protocollo particolare 289, quello perPechino 133. (3) -Gruppo indecifrato.
185

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1304/283. Londm, 4 maggio 1927, ore 20 (pe1·. aTe 2,50 del 5).

Telegramma di V.E. n. 283 gabinetto (2).

Come risulta anche dalle recenti dichiarazioni di Chamberlain, Governo inglese si disinteressa patto Tirana e riconosce correttezza contegno assunto rlall'Italia nella stipulazione, nella forma del trattato, come anche suo diritto rifiutare ogni discussione sul suo contenuto. Disinteressamento dell'Inghilterra . sul patto Tirana non implica però suo disinteresse nella tensione fra Italia e Jugoslavia causata principalmente da tale patto, e se Inghilterra è intervenuta dopo nostre segnalazioni tanto a Roma che a Belgrado, per cercare eliminare tale tensione lo ha fatto non perchè fosse direttamente interessata nella questione o volesse entrare nel merito del patto di Tirana, ma al solo scopo mantenimento pace che poteva apparire minacciata. Oggi, pur preoccupandosi di vedere ristabilita al più presto possibile cordialità rapporti fra Roma e Belgrado, si astiene dall'esercitare ulteriore azione per non avere aria di intromettersi non richiesta, in una questione che non tocca direttamente un interesse britannico. Da quanto mi ha detto Chamberlain e dall'impressione che ho potuto formarmi in questo ambiente non posso dire però che linea di condotta seguita dall'Italia in questo periodo di rumorosa più che sostanziale tensione sia

pienamente approvata. Si osserva che mentre si attribuisce a Roma eccessiva importanza alle manifestazioni della stampa e delle personalità politiche jugoslave, si ritardano conversazioni dirette suggerite da Chamberlain e accettate in massima da V. E. lasciando, con ogni giorno di ritardo, invelenire la questione per le speculazioni che vi si fanno sopra. Questa impressione mi è stata confermata da Tyrrel, che ho visto oggi al suo ritorno da Roma e che, pur mostrandosi ottimista soluzione vertenza, mi ha ripetuto vivissimo desiderio Governo inglese che V. E. possa presto ricevere Rakic, aver con lui un colloquio

soddisfacente e mettere un punto a tutte le dicerie internazionali con un opportuno comunicato su tale conversazione. Di fatto Tyrrel mi ha raccontato dei colloqui avuti a Roma con V. E. e con S. E. Grandi mostrandosene molto soddisfatto (1). Mi ha detto anche che al memorandum (2) da me rimesso d'ordine di V. E., se questo ha prodotto buona impressione, sarà data una risposta che è in preparazione.

(l) -Dalla minuta di un altro telegramma, diretto a Londra, che non fu trasmesso, si rileva che Mussolini aveva aderito alla tesi inglese, purchè questa si riferisse ad « azione da imprendere sempre in dipendenza fatti Nanking e non ad azione generale in Cina che sarebbe cosa ben differente e dovrebbe essere attentamente studiata da R. Governo prima di prendere una decisione la quale non potrebbe prescindere dalla valutazione della complessiva situazione dell'Italia in Cina e dei specifici interessi che essa ha da tutelare specialmente a Tientsin •. (2) -Cfr. n. 174.
186

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 799/215. Roma, 5 maggio 1927, ore 4.

V. S. sarà senza dubbio al corrente intervista accordata da codesto ministro per gli affari esteri al corrispondente in Bucarest giornale Vreme. Ad ogni buon fine inviole in chiaro testo come mi è stato riassunto da Belgrado.

Non sfuggirà alla S. V. intonazione singolare disinvoltura colla quale signor Mitilineu si è creduto autorizzato apprezzare politica italiana dopo ostentate dichiarazioni per una solidarietà romeno jugoslava che mirano evidentemente ad accattivarsi simpatie opinione pubblica S.H.S. in momento assai propizio per tali lusinghe.

Nulla ho naturalmente da osservare circa politica che codesto ministro

affari esteri reputa meglio conforme agli interessi proprio paese. Ma non posso

invece astenermi dal rilevare come sembri del tutto inopportuno riconoscimento

enfaticamente da lui fatto della attitudine leale e corretta della Jugoslavia

quando ciò si ponga in rapporto col semplice voto pure da lui formulato che

Italia si comporti allo stesso modo. Trovo perfettamente fuori luogo tali non

chiesti consigli nonchè energici accenni alla difesa dello statu quo balcanico

che non saprei davvero chi pensi ora di violare.

Prego V. S. far chiaramente comprendere non solo al signor Mitilineu ma

allo stesso generale Averescu come a così breve distanza da un gesto di spon

tanea fiducia e di positiva simpatia fatto dall'Italia alla Romania simili dichia

razioni da parte di chi dirige codesta politica estera debbano lasciare un senso

di rincrescimento e di sorpresa; mentre era lecito attendersi se non altro miglior

comprensione degli intendimenti rettilinei della nostra politica e degli interessi

dell'amicizia italo-romena.

t. -2413 jl50 dell'li maggio, di Grandi a Paternò: • Prego V. S. voler smentire nella forma che crederà più opportuna notizia che nel colloquio avuto da S. E. Mussolini con Tyrrell sia stato esaminato problema capitolazione Egitto». Tyrrell era stato ricevuto da Mussolini il 22 aprile.
(l) -Non si è trovata documentazione diretta sui colloqui romani di Tyrrell. Cfr. solo il (2) -Cfr. n. 149.
187

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) PER CORRIERE 318/59. Vienna, 5 maggio 1927 (pe1'. H 7).

Ho fatto parlare a Petroff nel senso indicatomi da V. E. (1). Egli ha risposto chiarendo maggiormente suo intendimento e programma, mostrando sua avversione ed anche impossibilità ridurre affare a semplice consegna, contro compenso, di documenti. Ed ecco perchè.

Secondo sue ultime dichiarazioni riservatissime, che mi sono confermate anche da confidente di altra fonte, egli sarebbe precisamente l'uomo di fiducia del Governo S.H.S. a Vienna per l'emigrazione bulgara, ben introdotto alla Legazione S.H.S. e col compito di lavorare secondo le istruzioni di quel Governo, come ha fatto del resto per il passato. In grazia anche di tale suo compito egli è strettamente legato con una quarantina di bulgari in Jugoslavia, i quali tutti più o meno vengono a trovarsi ora mischiati nell'organizzazione degli emigrati bulgari in bande o comitagi alla frontiera albanese.

Quest'ultimo incarico, ingratissimo alla maggioranza di questa gente, è stato loro imposto da pochi mesi, con la connivenza di taluni maggiorenti bulgari dimoranti a Belgrado, come Krato Stoianoff, Nedelko Athanasoff, Costa Todoroff ecc., onde il loro malcontento segreto e la decisione loro e del Petroff di romperla con Belgrado e coi maggiorenti suddetti e possibilmente liquidarli. Il suo progetto sarebbe quindi far scomparire alla spicciolata dalla Jugoslavia i suoi amici, facendoli venire a Vienna; ognuno di loro recherebbe tutti i documenti e le informazioni di cui è in possesso e che egli asserisce essere natura decisiva per dimostrare mene del Governo S.H.S. d'ac;c,ordo coi maggiorenti di cui sopra. Tutto quanto essi porterebbero e saprebbero verrebbe comunicato al

R. Governo tramite suo. Movimento dovrebbe iniziarsi subito (pare che con l'estate nuove dislocazioni previste lo renderebbero assai più difficile) e le prime due o tre persone sarebbero fatte venire a Vienna entro una quindicina di giorni dall'inizio. In capo ad un paio di mesi quando tutti i principali compromessi fossero in salvo, comitato di Vienna agirebbe apertamente con proclami, lettere, articoli, propaganda, scompigliando tutti i progetti Jugoslavi e togliendo quindi completamente di mano alla Jugoslavia la carta dei rifugiati bulgari. Fino a quel momento la cosa dovrebbe rimanere segreta nè il R. Governo valersi apertamente delle informazioni avute, salvo casi imprevisti.

Egli non è quindi in grado di precisare e concretare in una cifra aiuto finanziario che gli occorre per metteere in pratica suo progetto. Si tratterebbe di intervenire secondo bisogno, materialmente e in secondo tempo moralmente. Aiuto morale consisterebbe soprattutto in amichevole mediazione a suo tempo presso Governo bulgaro, per il ritorno in Bulgaria dei profughi partito agrario che potrebbero fare loro pace con attuale Governo Sofia.

Petroff comprende bene e ritiene essenziale che sussidi R. Governo rimangano naturalmente segreti e nemmeno sospettati anche da interessati. Quanto alla mediazione, essa potrebbe avvenire come cosa a sè completamente nuova, a tutte cose finite. Egli conclude dicendo che è questione di fiducia: se si ha fiducia sue asserzioni, bene. Caso diverso, non v'è nulla da fare. Ma aggiunge che prime fughe dalla Jugoslavia, documenti che recherebbero fuggitivi, e ripercussioni che poco dopo si avrebbero in Jugoslavia, basterebbero a dimostrare serietà della cosa.

Riferito così V. E. esito secondo colloquio, mi è naturalmente impossibile dare parere decisivo. Siamo ambiente prettamente balcanico, dove in ogni persona può trovarsi frode, così come sincerità, senza modo assicurarsene a priori. Probabilmente Petroff è sincero; d'altra parte impossibile garantire non faccia gioco doppio volendo prendere denari da una parte e dall'altra.

Ove V. E. ritenga interessarsi alla cosa, non resterebbe che procedere a gradi. Petroff potrebbe ricevere anticipo per far venire Vienna le prime due o tre persone. A seconda risultato dessero queste, vedere se vale la pena continuare finanziare movimento o meno.

Aggiungo che Petroff è stato un pezzo a Belgrado, fino al 1924, e vi avrebbe anche lavorato con la polizia S.H.S. Egli dovrebbe esservi conosciuto, ed informazioni riservate presevi d'urgenza potrebbero fornire qualche altro utile elemento di giudizio. Da notarsi che tali informazioni, se coincidenti con quanto egli asserisce e che mi risulterebbe qui, dovrebbero dipingerlo come elemento fido alla Jugoslavia e pericoloso per noi.

(l) Cfr. n. 173.

188

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SEGRETARIO GENERALE ALLE COLONIE, ZOLI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. in VEDOVATO, pp. 36-37)

T. GAB. s. 804. Roma, 6 maggio 1927, ore 22.

* (Per Colonie). Il R. ministro ad Addis Abeba ha telegrafato quanto segue: «come nel telegramma 1298/122 Gabinetto da Addis Abeba» (1). Ho risposto: (Per tutti). Telegramma V. S. n. 122. Approvo dichiarazioni che V. s. ha

fatto Ras Tafari ed autorizzala trattare basi indicate non appena Guariglia e governatore Eritrea saranno giunti costà. Riservomi telegrafare formula richiesta per zona franca.

(Per Colonie) *. Prego V. E. voler esaminare urgenza e comunicarmi formula per concessione zona franca abissina ad Assab la quale, pur andando incontro desideri abissini avere massima libertà movimento commerciale, mantenga integri ed immutabili nostri diritti sovranità.

17 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) Cfr. n. 181.

189

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. RR. 813/153. Roma, 6 maggio l 927, ore 24.

Suo telegramma n. 99 (1).

Prego comunicare a Mazzotti che approvo concetti per la creazione di una organizzazione politica albanese nella sfera italiana che dovrebbe far capo ad Hassan Bey Pristina, Mustafà Kruia ed altri e che dovrebbe strappare gli elementi migliori del nazionalismo albanese sia a Mosca che a Belgrado. Per sovvenzionare organizzazione non ho difficoltà concedere somma cinquantamila lire mensili richiesta che potrà essere messa mensilmente a disposizione di Mazzotti

o di Pristina contro ricevuta da codesta legazione che potrà r1valersene con tratta su mio gabinetto esteri.

190

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

R. s. 3235/440. Costantinopoli, 7 maggio 1927 (per. il 16).

Rispondo al telespresso di V. E. n. 218743/163 in data del 16 aprile u. s. (3).

Prima di esprimere il parere che V. E. mi chiede sull'importantissimo argomento di scambi di vedute italo-turchi con lo scopo attuale e particolare di sanare la situazione del Dodecanneso di fronte alla Turchia e quello futuro e più vasto di un accordo amichevole tra i due paesi, contro adeguato corrispettivo, :itengo debba essere--attentamente considerato il mutamento decisivo prodottosi nella situazione interna ed estera della Turchia.

Rilevo che:

l) Il Governo turco dopo aver superato crisi pericolose si è decisamente affermato all'interno. L'opposizione è stata completamente debellata. Le correnti che serpeggiano nelle masse oscure àel popolo non potranno per ora sboccare alla luce ed i piccoli nuclei di oppositori che si nascondono nella ex capitale o che passeggiano per le vie di Londra, di Parigi e del Cairo non sembra siano in grado di scuotere, nè oggi nè domani, il regime che, fermamente insediatosi ad Angora, domina di là, incontrastato, la Turchia.

Specialmente importante appare l'efficienza riacquistata dall'esercito turco. Schiacciati i rivoltosi delle provincie orientali, il Governo ha dedicato ogni cura a rinsaldare la sua compagine militare, a rifornire l'esercito di armi e di munizioni ad equipaggiarlo nel miglior modo. Date le ben note qualità di mobilità,

\2) Il rapporto fu inviato per conoscenza al go,vernatore di Rodi.

di resistenza, di frugalità del soldato anatolico che per:nettono una semplificazione preziosa nei servizi logistici, credo di poter affermare che la Turchia è oggi in grado, se non di impedire, certo di tenere per lungo tempo in iscacco qualsiasi contingente straniero che in un conflitto a due si avventurasse sulle sue coste.

2) La sicurezza riacquistata all'interno, la fiducia di possedere ottimi mezzi di difesa hanno reso naturalmente più serena e più diritta la politica estera del Governo di Angora.

Diminuite le titubanze, sospesi gli approcci a Parigi, a Roma, a Ginevra, definiti i suoi rapporti con la Russia, con la firma dell'accordo di Parigi, rinsaldato dalla recente intervista di Odessa; la Turchia persegue attualmente una politica di amicizia con tutte le nazioni europee: desiderosa di non esser lasciata fuori da qualsiasi combinazione balcanica non tralascia occasione per far sentire la sua voce, ma al tempo stesso appare fermamente decisa a non assumere alcun impegno, alcuna responsabilità che possa comprometterla di fronte alle Grandi Potenze Europee e riflettersi comunque sfavorevolmente sui rapporti che mantiene con esse.

La Turchia quindi non cerca più con l'ansia di un tempo accordi produttivi

o semplicemente « assicurazioni » per la sua esistenza. Io credo che Tefik Russdi Bei sia sincero quando afferma che Angora non vuol procedere per atti antagonistici giungendo a intese, con una delle tre Potenze interessate nel Mediterraneo, che possano sembrare poco chiare o poco amichevoli alle altre due, e ritengo pertanto sia da escludere che Angora possa farci ora « avances » per un patto di amicizia contro apprezzabili corrispettivi.

Partendo da tali premesse, gli svantaggi che io segnalavo a V. E. nell'eventuale conclusione di un accordo italo-turco, appajono più accentuati, in ogni caso di molto superiori agli utili che ne potremmo ritrarre.

Ne avremmo un legame politico che, ad un dato momento, potrebbe pesarci

o esserci d'impaccio, potrebbe inoltre il nostro gesto autorizzare forse induzioni dannose per la nostra politica che, da diritta qual'è, verrebbe ad apparire tortuosa ed incerta; e non avremmo in compenso, con ogni probabilità, che assicurazioni calorose, ma vaghe e insufficienti. Dato infatti che, come giustamente osserva V. E.:

a) dev'essere scartata l'eventualità di persuadere questo Governo a permettere che l'emigrazione italiana, in massa organizzata, po::;sa dirigersi in Allatolia (cosa che del resto non risponderebbe alle idee espresse da S. E. Grandi dinanzi alla Camera dei deputati);

b) che ferree ragioni economiche rendono impossibile qualunque investimento di capitali italiani in imprese di sfruttamento Asia Minore; io non vedo assolutamente quale corrispettivo si potrebbe chiedere oggi per un nostro impegno politico, non sembrandomi le eventuali concessioni per la convenzione consolare e per quella ancora lontanissima di stabilimento che fattori secondari.

A mio remissivo parere sarebbe dunque per noi più conveniente lasciare la situazione quale è, tendendo tenacemente a chiarire i.rapporti tra Italia e Turchia con i mezzi in nostro potere: cercando di giungere a risultati pratici attraverso all'azione di questa Rappresentanza e alle eventuali conversazioni tra

V. E. e i Governanti turchi. Continuare cioè a migliorare gradatamente senza scosse, come abbiamo fatto fin qui, la nostra situazione in Turchia eliminando diffidenze e sospetti, facendo apprezzare la nostra volontà di lavorare pacificamente in questo paese.

Ma pur tuttavia io non sono dell'avviso -parrò forse ostinato e soverchiamente ottimista -di lasciar completamente cadere la speranza di giungere a scambi di idee che, se non risolvere, possano almeno, per via di compromesso, stabilizzare e mettere al riparo dalle continue scosse attuali, i rapporti tra il Dodecanneso e la costa anatolica.

Ho già riferito a V. E. con mio telespresso n. 510/17A in data 25 aprile u. s. come anche ad Angora si tendesse a metter al riparo i rapporti suddetti da sempre nuovi e pericolosi incidenti.

La richiesta massima di una comunanza delle acque e dei diritti è certamente inaccettabile per la Turchia, come lo sarebbe per qualsiasi Governo. Ma tra questo massimo e il minimo che i turchi ci offrono dev'esservi pure una via di mezzo e non può ammettersi che la situazione attuale pericolosa e dannosa sia destinata a rimanere permanentemente immutata.

La via di mezzo apparirà, forse, quando si inizieranno serie conversazioni in argomento e quando, eliminata dalla mentalità turca la maggior diffidenza verso di noi, si guarderà ai Dodecannesini e ai loro traffici senza sospetto.

Ma occorre da parte nostra fare il possibile, pur procedendo con la circospezione ed oculatezza che l'esperienza -ci impone, per avvalorare nei turchi le nostre intenzioni pacifiche. E pertanto i pescatori simioti dovrebbero cessare dalle loro imprese, il contrabbando dovrebbe divenire eccezione da regola che è, i casi del tipo « Baccolo » non dovrebbero più ripetersi.

Mi domando se ciò è possibile, ma nutro fiducia che S. E. Lago, che la questione conosce nel fondo e in tutti i suoi particolari, venuto il momento di discussioni concrete, saprà trovare quella soluzione media capace di salvaguardare i nostri interessi ed al tempo stesso di mettere la Turchia in situazione di rispetto se non di benevolenza di fronte alle isole del Dodecanneso.

In ultimo ritengo doveroso di far conoscere a V. E. il mio parere sull'op

portunità o meno di un incontro di V. E. con Ismet Pascià o più probabilmente

con Tefik Russdi Bei. Ambedue desiderano viaggiare e riprendere personale

contatto con l'Europa Occidentale -ciò sta facendo Cicerin, perchè non lo

potrebbe fare il Ministro degli Esteri turco senza svegliare i sospetti di Mosca?

Tra qualche settimana, dopo la riunione del Congresso del Partito del Popolo

e la chiusura della Grande Assemblea Nazionale, sarà presa una decisione.

Secondo l'idea che me ne son fatto, ragionandone con Tefik Russdi Bei, questo viaggio avrà anzi tutto scopo informativo e procurerà a Ismet Pascià e a Tefik Russdi Bei l'onore d'incontrarsi con alcuni dei dirigenti della politica europea e l'occasione di trattare alcuni problemi. La soluzione dei quali qui è desiderata -questione dei coupons, imprestito ecc. e di alcuni altri come quello

dell'entrata della Turchia nella Società delle Nazioni, della liberazione da alcuni vincoli che il Trattato di Losanna ha posto alla sovranità territoriale della Turchia sono sempre presenti nell'animo di questa gente [sic].

Avverandosi quel viaggio in Europa, io ritengo che, se le occupazioni di

V. E. lo permetteranno, l'incontro sarebbe desiderabile, non solo per il risultato delle conversazioni, ma anche per evitare i commenti e le ripercussioni sui rapporti itala-turchi che non mancherebbe di provocare la non realizzazione del desiderio di questi dirigenti.

(l) -Cfr. p. 184, nota l. (3) -Cfr. n. 142.
191

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3011/205. Bucarest, 8 maggio 1927, ore 14 (per. ore 16,55).

Telegramma di V. E. n. 2319/217 (1).

Questo ministro degli affari esteri, rispondendo oggi a mia domanda, non ha affatto escluso che egli possa recarsi Parigi, subito dopo chiusura conferenza Piccola Intesa. Egli ha cercato, nello stesso tempo, di togliere ogni importanza alla cosa dicendo che accompagnerebbe a Parigi sua moglie, la quale si recherà con lui a Praga; e che egli profitterebbe di questa occasione per prendersi alcuni giorni di svago e di riposo.

192

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, SUL COLLOQUIO CON IL MINISTRO JUGOSLAVO A ROMA, RAKIÉ

Roma, 9 maggio 1927.

RAKICH. -Qualche settimana fa ebbi ad informarvi che io avevo avuto istruzioni dal mio Governo di iniziare « le conversazioni col Governo italiano », e vi domandai di farmi sapere se e quando avrei potuto essere ricevuto dall'On. Mussolini. Mi permetto di ripetervi la richiesta.

GRANDI. -Voi siete un Ministro accreditato regolarmente presso S. M. il Re d'Italia e il Suo Governo. Ragion per cui Voi potrete conferire col Ministro degli Esteri quando vorrete, secondo le consuetudini che valgono per tutti i membri del corpo diplomatico a Roma. Non avete che a domandare l'udienza ed il Ministro vi fisserà il colloquio. Questa Vostra conversazione con l'On. Mussolini non rappresenta pertanto nulla di particolarmente solenne.

È mio dovere di prevenirVi, tuttavia, per quel senso di lealtà che de\·e presiedere ai nostri rapporti, che mentre il Governo Italiano è stato e sarà pronto ad esaminare e discutere con Voi tutto quello che forma oggetto delle relazioni fra i nostri due Paesi, c'è una questione che non può essere toccata in alcun modo, ed è pregiudiziale ad ogni discussione: Il Patto di Tirana. Il Governo italiano non può ammettere che sia discusso, fra Roma e Belgrado, un Trattato concluso fra Roma e Tirana e cioè fra due Stati sovrani, e perfetto ad ogni effetto internazionale. Del resto Voi, Rakich, sapete benissimo, senza che io lo ripeta. che questa è la precisa posizione del Governo Italiano.

RAKICH. -Ho sempre creduto che il problema dell'Albania non può non essere un problema di vitale importanza fra Italia e Jugoslavia. Quando ho parlato di «conversazioni» ho voluto appunto riferirmi a quelle «speciali conversazioni • che le Grandi Potenze hanno desiderato avessero luogo su tutti i problemi che riguardano i nostri due Paesi, Albania compresa. Noi non domandiamo che il Patto di Tirana sia distrutto.

Abbiamo voluto dimostrare alle Grandi Potenze la nostra buona volontà di un accordo. Stando così le cose io sono costretto a domandare istruzioni al mio Governo prima di richiedere eventualmente un colloquio a S. E. Mussolini (1).

(l) Del 6 maggio, ore 2,30, con cui veniva ritrasmesso a Bucarest, Praga, Belgrado, Sofia, Budapest, Vienna e Varsavia il n. 180.

193

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

TELESPR. 222836/463. Roma, 10 maggio 1927.

Il nuovo progetto di legge francese in materia di nazionalità e naturalizzazione, coll'attribuire fra l'altro, la cittadinanza francese al figlio nato in Francia da madre francese anche se sposata con uno straniero, facendo mantenere a quest'ultimo la propria nazionalità d'origine, e col ridurre il periodo minimo della residenza in Francia necessario a chiedere la naturalizzazione da dieci a tre anni, e anche ad un anno soltanto in molti casi nei quali non sarà difficile far rientrare gran parte della nostra emigrazione nel Sud Ovest della Francia e persino di quella più transitoria, o di stagione, costituisce una minaccia serissima di snazionalizzazione pel nostro contingente emigratorio nella Repubblica.

Nel richiamare sull'importantissima questione tutta l'attenzione di V. E. gradirò conoscere il Suo avviso insieme a tutte quelle proposte concrete, dirette ad arginare la portata di tale provvedimento nei riguardi della nostra emigrazione, che l'E. V. vorrà farmi, dopo avere udite anche le nostre rappresentanze Consolari nella Repubblica.

(l) Annotazione marginale: • Visto da S. E. il Primo Ministro •.

194

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. (P. R.) 288/160. Roma, 11 maggio 1927, ore 21.

Suo telegramma 59 (1).

Approvo proposte di V. S. circa graduale intensificazione dei nostri rapporti con Petroff. V. S. può comunicare a questi che R. Governo accoglie suo modo di vedere e intende seguire sviluppo del programma da lui accennato ritenendosi però impegnato alle fasi successive man mano che quelle precedenti si vadano dimostrando serie sincere ed efficaci. Per cominciare la S. V. può corrispondere a Petroff anticipo per far venire costà le prime due o tre persone. Di tale anticipo potrà rivalersi con tratta sul mio gabinetto Esteri. Prego tenermi informato del seguito.

195

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1365/417. Belgrado, 11 maggio 1927, ore 13,40 (per. ore 3 del 12).

Mio telegramma n. 413 (2).

Ho avuto stamane una lunga conversazione col ministro degli affari esteri Marinkovich che parte oggi per la riunione della Piccola Intesa. Egli mi ha detto che Rakich aveva parlato con S. E. Grandi (3) e questi gli avrebbe detto che avrebbe potuto, quando avesse voluto, conferire con V. E. su qualunque argomento, eccezion fatta sul patto di Tirana. Che Rakich pensando non essere possibile parlare di tutte le questioni generali interessanti la Jugoslavia e l'Italia senza accennare alle relazioni italo-albanesi-jugoslave, aveva chiesto a Marinkovich istruzioni circa l'eventuale colloquio con V. E. Marinkovich non 'mi ha nascosto un tal quale rammarico per l' .... (4) e sembrami che abbia riportato l'impressione che Rakich non sia stato abbastanza souple. Mi ha detto che prima aveva redatto il suo telegramma di istruzioni per Rakich perché vedesse di avvicinare V. E. ma poi aveva invece deciso, per essere ben chiaro, di invitare Rakich a conferire con lui al ritorno dal convegno della Piccola Intesa e che lo avrebbe pregato di trovarsi a Lubiana il 16 o 17 corrente. Mi ha accennato ancora ad un'intesa diretta con V. E. ma a sua volta ha soggiunto

che prima di incontrarsi con V. E. ne dovevano essere ben fissate le modalità.

Poichè non conosco il pensiero di V. E. in proposito ho lasciato cadere il discorso.

In merito alla situazione attuale fra Italia e Jugoslavia egli ha espresso l'avviso

che i due paesi potevano essere in buone o cattive relazioni fra di loro ma che

doveva essere solo per loro spontanea volontà e non perchè sollecitati da terzi

che avrebbero voluto trarre vantaggio da tale dissidio, alludendo con ciò ad Ahmed Zogu. A proposito della riunione della Piccola Intesa egli mi ha confermato che nel convegno si sarebbe anche e certamente parlato delle relazioni italo-jugoslave e che egli avrebbe dichiarato ai suoi colleghi che avrebbe fatto tutto il possibile per ..... (l) e mantenere quello spirito di amicizia che è sempre stato nelle direttive della sua politica. Ha sottolineato, ripetendola più volte, la frase • tutto quanto era possibile di fare ". Mi ha anche detto che i suoi colleghi sarebbero stati senza dubbio lieti di queste sue dichiarazioni. Non mi ha nascosto che le relazioni tra le potenze della Piccola Intesa sarebbero uscite più chiare da questa riunione il cui programma avrebbe toccato tutti gli avvenimenti occorsi dall'ultimo convegno di Bled e mi ha accennato fra altro [al] patto italo-romeno e a quello italo-ungherese. Ha concluso che si avranno certamente le elezioni nell'autunno perchè con questa camera dei deputati non si poteva governare.

(l) -Cfr. n. 187. (2) -T. 3080/413 dell'll maggio, che non si pubblica. (3) -Cfr. n. 192. (4) -Gruppo indecifrato.
196

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BELGRADO, BODRERO, A BUCAREST, DURAZZO, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A PRAGA, PREZIOSI, A SOFIA, PIACENTINI, A V ARSAVIA, MAIONI, A VIENNA, AURITI, E AL REGGENTE LA LEGAZIONE A DURAZZO, SOLA

T. 2429. Roma, 12 maggio 1927, ore 17,10.

(Per Parigi): Telegramma di V. E. n. 585/401 (2). (Per Bucarest): Suo telegramma n. 205 comunicato Parigi aggiungendo quanto segue: (Per tutti meno Parigi e Bucarest): Mio telegramma n. 2319 (3).

R. ministro Bucarest in data 8 corrente telegrafa quanto segue: (come nel telegramma n. 3011/205; da • questo ministro " fino alla fine) (4). (Per tutti meno Parigi): Ho segnalato quanto precede Parigi aggiungendo quanto segue:

(Per tutti): Malgrado smentite che del resto erano da prevedersi ritengo perfettamente attendibili notizie secondo le quali presenti difficoltà italo-jugoslave costituiranno una parte fra le più interessanti del programma per imminente riunione Piccola Intesa.

Dati recenti atteggiamenti Romania e suo raddoppiato zelo per intensificazione solidarietà quel gruppo internazionale è lecito attendersi che visita Parigi ministro degli affari esteri romeno avvenendo immediatamente dopo tale convegno si proponga prendere parola d'ordine Quai d'Orsay.

Converrà quindi che attività costì signor Mitileneu venga per quanto possibile seguita da vicino e vigilata.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 180. (3) -Cfr. p. 199, nota. (4) -Cfr. n. 191.
197

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO', AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 1405/304. Il Caim, 12 maggio 1927 (per. iL 17)

L'alto commissario britannico mi ha detto che l'estremismo nazionalista egiziano cerca intensificare la propria attività con evidenti scopi antidinastici e naturalmente anti-inglesi. Sarebbe pure preso di mira tutto l'occidente contro cui viene a concretarsi una generica tendenza xenofoba della quale, a giudizio dell'alto commissario, si notano di giorno in giorno più salienti manifestazioni. Nel momento attuale è aperto il dibattito fra residenza e mandatari del parlamento sull'ordinamento dell'esercito egiziano. La maggioranza parlamentare pretende che venga raddoppiato l'esercito e provveduto seriamente al suo armamento nonchè alla dotazione di artiglieria di tutti i calibri. Si pretende altresì che i poteri del comandante inglese dell'esercito, che di fatto rimpiazza il Sirdar, non più nominato dopo l'assassinio dello Stack, vengano ridotti a presso che nulla al fine di permettere alle gerarchie militari egiziane di assumere l'effettiva direzione delle forze nazionali.

Anche nei rapporti con l'estero, ha aggiunto lord Lloyd, l'attività dei dirigenti egiziani (contro cui il Governo è assolutamente impotente) si sviluppa in modo indipendente e contrario alle direttive dell'alto commissariato. L'episodio di Ginevra, dove il ministro d'Egitto a Roma tenne il noto discorso per l'abolizione delle capitolazioni e il dissenso francese (mio telegramma n. 198) è abbastanza significativo. Al riguardo l'alto commissario mi ha pure dichiarato di aver fatto passi a Londra con lo scopo di provocare un veto categorico contro la tesi abolizionistica sostenuta dagli egiziani alla lega delle nazioni. Egli mi ha infine detto che l'estremismo parlamentare vuole pure arrivare a respingere l'accordo con la Francia per il Marocco, quello con la Germania per il trattamento dei sudditi tedeschi in Egitto e probabilmente pure il trattato nostro per Giarabub.

Nel farmi le comunicazioni che precedono, lord Lloyd mi ha altresì chiesto se credevo che V. E. e la Francia sarebbero disposti a sostenere la Gran Bretagna nella nuova lotta che si preparerebbe e che.. guidata nella fase iniziale da Zaglul Pascià, sarebbe ora condotta dal partito il quale si accingerebbe ad agire all'infuori ed occorrendo indipendentemente dal suo capo.

Ho l'impressione che lord Lloyd senta di non poter più dominare il parlamento attraverso Zaglul Pascià, così come ha fatto in questi ultimi tempi e consideri seriamente se non gli convenga distruggere nelle sue parti essenziali la costituzione vigente, la quale conferisce alla Camera poteri tali da permetterle qualsiasi eccesso. In tale ipotesi la residenza avrebbe consenziente il re.

Fin qui le dichiarazioni di Lord Lloyd, sulle quali debbo fare delle riserve dovute anzitutto al fatto che i controlli esercitati sui dati fornitimi dall'alto commissario non mi conducono fino a questo momento a conclusioni così gravi quali quelle prospettatemi dal rappresentante britannico. A valutare la situazione occorrerebbe altresì conoscere fino a che punto il Governo inglese sarebbe

disposto a secondare la politica di lord Lloyd in Egitto, anzitutto intesa ad eliminare ogni ostacolo alla sua attività. Non è dubbio che un conflitto sul problema dell'esercito, che è problema imperiale, potrebbe portare alla crisi ed a soluzioni quali quelle che si indovinano nelle intenzioni dell'alto commissario, ma non è ancora ben chiarito che il parlamento egiziano, pure nella sua irrequietezza e nel suo estremismo, osi affrontare una lotta in cui rischierebbe il tutto per il tutto. È vero bensì che i fatti della Cina hanno avuto una seria ripercussione fino fra i lontani fellah e che uno stato di sovraeccitazione nei politicanti locali si fa ogni giorno più manifesto.

Il Governo sorto dall'ultima crisi rappresenta lo sforzo massimo dei liberali per conciliare l'estremismo con la tesi britannica, ma contro tale soluzione conciliativa il parlamento tenterebbe, secondo lord Lloyd, una insurrezione sulla cui possibilità e sulle cui conseguenze la prognosi dovrebbe essere assai riservata.

Mi propongo un diligente controllo sulle cui risultanze avrò l'onore di riferire a V. E. Le comunicazioni fattemi da lord Lloyd sono strettamente segrete.

198

MEMORANDUM DELL'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, 13 maggio 1927.

L'Ambasciatore di S. M. Britannica ha avuto istruzione di consegnare il seguente messaggio a S. E. il Primo Ministro da parte di Sir Austen Chamberlain.

• Il Messaggio del Signor Mussolini (l) concernente le relazioni fra l'Italia e la Jugoslavia mi è giunto molto gradito. Esso arreca una nuova prova dei snoi amichevoli sentimenti verso l'Inghilterra e della sua premura nel cooperare con noi nei nostri sforzi diretti a rafforzare le basi su cui riposa la pace di Europa, e mi dà ancora una volta l'assicurazione -in vero non necessaria ma sempre molto gradita -che egli ricambia i sentimenti di personale amicizia e di fiducia che io nutro verso di lui. Io attribuisco un cosi alto valore a queste relazioni insieme nazionali e personali, che mi affretto a rimuovere due malintesi ai quali il mio messaggio del 12 aprile (2) sembra aver dato occasione.

2. Mi dispiace di apprendere, per esempio, che il Sign<>r Mussolini si trovi sotto l'impressione che io abbia abbandonato l'idea di una commissione d'investigazione sulla situazione militare della Jugoslavia a causa del rifiuto opposto dal Governo Italiano ad accettare una simile procedura. Se io non insistetti

per una inchiesta, ciò avvenne, come dichiarai nel mio messaggio, perchè io compresi essere opinione del Signor Mussolini che la proposta invesilgaziOne non avrebbe potuto, al punto in cui erano giunte le cose, avere più alcuna utilità. Certamente non ho mai supposto che il Signor Mussolini fosse contrario in principio alla procedura di una investigazione, ma confesso che dal rapporto inviatomi da Sir R. Graham circa la sua conversazione del 23 marzo (l) col Signor Mussolini, io avevo appreso che il Presidente del Consiglio considerava che la sua comunicazione ai vari Governi aveva già raggiunto il suo scopo e aveva scongiurato ogni immediato pericolo, e che perciò egli riteneva che l'investigazione non fosse più necessaria, o utile, dato che non era stata istituita subito e di sorpresa. Fu a causa di queste considerazioni, che mi parvero completamente convincenti, che io lasciai cadere la mia proposta per una investigazione, ma io non dubitai minimamente che il Signor Mussolini avrebbe accettato questa procedura se io avessi insistito in tal senso.

3. Mi dispiace che io sembri aver mal compreso lo scopo e la portata della comunicazione del Signor Mussolini rimessami dall'Ambasciatore Italiano il 21 marzo (2), ma qui io penso che la colpa, se colpa vi è, non fu mia. Il Marchese Della Torretta nel rimettermi questa comunicazione non fu in grado di darmi qualsiasi spiegazione sullo scopo che il Governo Italiano si proponeva nel farla. N è in risposta alle mie domande, S. E. potè dirmi se e quali altri Governi avessero ricevuto una simile comunicazione. Successivamente appresi dai Governi di Francia e Germania che essi avevano ricevuto un'analoga notificazione, ma fino al ricevimento del presente messaggio del Signor Mussolini ero ignaro che la notificazione era anche stata indirizzata ai vari Stati confinanti con la Jugoslavia e al Governo degli Stati Uniti. In ogni modo il Signor Mussolini può esser certo che io non ho mai interpretato la sua comunicazione del 21 marzo come se rappresentasse l'intenzione dell'Italia di affidare la soluzione di una controversia determinata a certe Grandi Potenze. D'altro lato, il Signor Mussolini, conoscendo l'ardente desiderio del Governo di S. M. per il mantenimento della pace, deve apprezzare la mia inquietudine nel ricevere una segnalazione così grave, e non può, spero, interpretare sfavorevolmente lo sforzo al quale la sua comunicazione sembrava invitare, e che perciò io mi sentii tenuto a fare, per il raggiungimento dello scopo che abbiamo in comune -la eliminazione di ogni causa di attrito internazionale. Benchè per varie ragioni non fosse possibile applicare nessuna delle soluzioni suggerite dal Signor Mussolini nel suo presente messaggio, io spero che il Signor Mussolini vorrà convenire che il consiglio che io mi permisi di offrire nel mio messaggio, cioè che una soluzione dovesse cercarsi per mezzo di dirette e franche conversazioni fra lui e il nuovo Ministro jugoslavo, era dettato egualmente dal mio sincero desiderio di servire la causa della pace [e] dalla mia considerazione per la dignità e gli interessi dell'Italia. Ma io sento il dovere, a questo proposito, di correggere

un malinteso sotto la cui influenza sono dolente di vedere che il Signor Mussolini agisce. Egli sembra pensare che mentre offrivo il surricordato consiglio al Governo Italiano, io lasciavo capire nello stesso tempo al Governo Jugoslavo che il pericolo temuto dall'Italia era considerato senza fondamento. Il Signor Mussolini sarà lieto di conoscere che nessuna dichiarazione di tal genere, diretta

o indiretta, fu in nessun momento fatta dal Governo di S. M. al Governo Jugoslavo.

4. -Nello stesso tempo mi è gradito approfittare dell'occasione per esprimere al Signor Mussolini il piacere provato nel ricevere la sua assicurazione che egli è pronto a discutere con la Jugoslavia l'intera questione delle relazioni fra i due Paesi. Io condivido pienamente la sua opinione che l'accordo da cercarsi deve comprendere l'intera questione !taio-Jugoslava, ma io ancora spero che nel corso delle conversazioni sia possibile ai due Governi, come parte di un generale regolamento e sulla base del Patto di Roma, raggiungere un accordo reciprocamente soddisfacente circa le loro relazioni di fronte all'Albania. Ma ho fiducia che il Signor Mussolini non vorrà pensare che nel dare questi o altri suggerimenti io cerchi di approfittare delle circostanze del momento allo scopo [di] esercitare una qualsiasi pressione sull'Italia. Sono desolato di apprendere che il Signor Mussolini possa aver pensato ciò e avermi attribuito scopi diversi da quelli che io indicai nella Camera dei Comuni il 2 maggio, quando dichiarai che mio unico intento è stato quello di eliminare possibili cause di attrito, e che il Governo di S. M. non avendo in questa questione altro interesse che quello della conservazione della pace, non ha intenzione di parteggiare per l'uno o l'altro dei contendenti. 5. -Per questa ragione io preferirei non seguire il Signor Mussolini nella sua interpretazione del Trattato di Tirana, nè nel suo esame della possibile portata della risoluzione della Conferenza degli Ambasciatori del novembre 1921 e delle sue relazioni con le disposizioni del predetto Trattato. È per ora sufficiente che tutti i Governi interessati in questa questione e non ultimi l'Italia e la Jugoslavia dichiarino di seguire la stessa politica di mantenere l'integrità e l'indipendenza dell'Albania. 6. -Quanto al problema immediato del modo migliore per conciliare le concezioni che l'Italia e la Jugoslavia hanno di questa loro comune politica, io ho la convinzione che, mettendovi buona volontà dalle due parti, non debba essere impossibile alle diplomazie Italiana e Jugoslava trovare una soluzione degna di uomini di Stato, la quale dissipi i malintesi e i sospetti che hanno generato l'attuale dolorosa tensione fra i due Paesi. È in questa convinzione che prendo nota con particolare soddisfazione delle molto franche e precise assicurazioni con le quali si chiude il messaggio del Signor Mussolini, cioè che la situazione creata dalla Risoluzione della Conferenza degli Ambasciatori del 1921 e dal Trattato di Tirana garantisce l'indipendenza dell'Albania e non minaccia minimamente la Jugoslavia nè qualsiasi altro Stato confinante con l'Albania; che l'Italia non ha mire aggressive nè nelle vicinanze dell'Adriatico nè altrove, e finalmente che l'Italia non farà nulla che possa disturbare la pace dell'Europa. È così che io ho sempre inteso e interpretato la sua politica ".
(l) -Cfr. n. 149. (2) -L'esemplare da noi pubblicato è datato l aprile. (l) -Cfr. n. 95. (2) -Cfr. n. 82.
199

MEMORANDUM DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI GRANDI

Roma, 14 maggio 1927.

Il Colonnello inglese Stirling, in servizio presso il Governo Albanese che fu già ricevuto da S. E. il Primo Ministro (1), è ripassato per Roma, reduce da Londra e diretto a Tirana.

Ha riferito di avere avuto numerosi contatti, nella capitale inglese, con giornalisti ed eminenti personalità britanniche. Ritiene di aver chiarito giudizi errati sulla politica italiana. in Albania, dovuti a imperfetta conoscenza. Ha trovati favorevoli il Times, il Daily Mail, il Morning Post. Ritiene di aver convinto la Westminster Gazette. Secondo lo Stirling l'opinione pubblica inglese, o almeno quella dell'ambiente da lui accostato,

l) è ormai convinta che l'allarme gettato dall'Italia non è un bluff;

2) ammette che nessun obbligo ha l'Italia di dare spiegazioni alla Jugoslavia sul Trattato di Tirana;

3) è peraltro preoccupata perchè ritiene che il trattato costituisca un primo passo verso il protettorato italiano in Albania.

Lo Stirling crede che una dichiarazione fatta dal Governo italiano, in sede opportuna -non a titolo di spiegazioni alla Jugoslavia -nel senso di eliminare ogni dubbio sulle sue intenzioni, sarebbe bene accolta in Inghilterra, e porterebbe sottlagement in Francia.

Il Colonnello Stirling, parlando poi della Jugoslavia e dell'Albania, ha detto che bisogna stare attenti che i serbi non ripetano, nel prossimo autunno, il gioco ora sventato dall'Italia (2).

200

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GASPARINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

T. 398/6220. Asmara, 14 maggio 1927, ore 20 (per. il 15).

Poichè V. E. ha deciso chiamare Talamonti alla conferenza di Parigi, disporrò in conseguenza.

Avendo tuttavia l'argomento formato oggetto di lungo esame a cui a più riprese ho partecipato personalmente col predecessore di V. E. ed il ministero esteri, ritengo utile ricordare i principali aspetti della questione che sono essenzialmente politici.

I tecnici infatti possono soltanto dare informazioni sull'armamento attuale dell'Etiopia e sui quantitativi di armi necessarie per mantenere ordine interno in quello Stato. La prossima conferenza è stata, come è noto, determinata dalle pratiche da noi fatte insieme col Governo inglese a Parigi in seguito alla stipulazione della convenzione di Ginevra allo scopo non lasciare una situazione evidentemente privilegiata alla Francia nel commercio delle armi e addivenire fra i tre Governi italiano, britannico e francese ad accordi particolari suppletivi della convenzione stessa, cercando di giungere per vie indirette all'applicazione dei principi generali informatori dell'accordo di Londra del 1906. Poichè non era stato possibile evitare la convenzione generale di Ginevra volevamo riaffermare separatamente tali principi per avere possibilmente un qualche controllo sulle forniture francesi.

Segue seconda parte.

(l) -Stirling era stato ricevuto in udienza il 20 aprile. (2) -Annotazione marginale. «Visto da S. E. il Primo Ministro».
201

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GASPARINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

T..../6220. Asmara, 15 maggio 1927, ore 8 (per il 16).

Seconda parte. Questa è stata la ragione per cui ci siamo opposti recentemente a che la prossima conferenza si riunisse a Ginevra dove ci saremmo nuovamente trovati nell'atmosfera della Società delle Nazioni e questo era pure il motivo per cui avremmo preferito che alla riunione non fossero intervenuti delegati abissini. Allo stato attuale delle cose dobbiamo però anzitutto tenere presente la nostra linea di condotta durante le negoziazioni di Parigi non può essere determinata che dallo indirizzo generale della politica che il R. Governo intende seguire nei riguardi Etiopia. Poichè le intenzioni del R. Governo si vanno manifestando in una direttiva di massima che si basa sullo sviluppo delle relazioni amichevoli con quello stato, è logico che nella questione delle armi non converrebbe prendere un atteggiamento nè in apparenza nè in sostanza ostile, prestandoci così al giuoco che necessariamente farebbe la Francia per sfruttarlo ai suoi fini presso il Governo etiopico.

Segue terza parte (1).

202

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 1516/486. Londra, 15 maggio 1927 (per. il 20).

Non ho mancato di portare tutta la mia attenzione sulla delicata questione che forma oggetto del rapporto (2) del R. Ambasciatore a Costantinopoli segnalatomi col telespresso del 3 corrente n. 221356/247.

Senza aver la pretesa di poter dare un'esauriente risposta sull'argomento, credo però di avere sufficienti elementi per escludere che un negoziato segreto sia o sia stato in corso tra Londra e Angora e che l'ultimo viaggio a Londra di Sir George Clerk abbia avuto carattere di servizio. Le mie impressioni si basano su conversazioni avute in proposito tanto al Foreign Office, quanto con questo Ambasciatore di Turchia. Al Foreign Office si è propensi a considerare l'accordo turco-sovietico come un matrimonio di convenienza che lascia intravedere la possibilità di un divorzio. D'altra parte, mentre non si crede che si possa arrivare ad un conflitto armato tra Inghilterra e U.R.S.S. anche nell'eventualità non improbabile di una rottura di relazioni, si giudica che il Governo di Angora avrà sempre tutto l'interesse a non schierarsi contro l'Inghilterra e a non urtarne le suscettibilità.

Non bisogna neanche dimenticare che la politica del Foreign Office è in questo momento sinceramente ed energicamente diretta al mantenimento della pace dovunque, e che la stipulazione di accordi internazionali pubblici o segreti è contraria alle tradizioni della politica britannica.

Mi riservo tuttavia di seguire attentamente ogni manifestazione ed ogni indizio sull'importante argomento che è per noi di particolare interesse e di riferirne eventualmente a V. E.

(l) -Cfr. n. 203. (2) -Cfr. n. 133.
203

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GASPARINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

T. 440/6220. Asmara, 16 maggio 1927, OTe 12 (per. il17).

Parte terza (1). Sembrerebbe quindi nostro interesse di non prendere l'iniziativa di proposte che possano dimostrare il desiderio di vedere il più possibile limitati gli armamenti dell'Etiopia, nè mostrarci meno condiscendenti verso le eventuali richieste abissine in modo da evitare che i francesi ne appariscano i soli patrocinatori. Lo scopo che vorremmo raggiungere, cioè quello di influire in certo [modo] sull'armamento etiopico, sembra che si potrebbe indirettamente ottenere se nell'occasione prossime conversazioni fosse possibile, valendoci della speciale situazione per il transito delle armi, fare accettare il principio che le forniture di armi siano fatte esclusivamente dalle tre potenze ed in quantitativi uguali per ciascuna di esse. Il contingentamento d'altra parte non dovrebbe essere fisso ma di volta in volta stabilito sulle singole forniture richieste dal Governo etiopico. In tal caso si verrebbe a togliere alla Francia quello che in realtà è unico scopo che la spinge sostenere i desideri abissini, cioè crearsi un titolo di benemerenza verso il Governo etiopico, poichè essa non potrebbe dare nulla di più di quello che gli daremo noi e l'Inghilterra.

Ho creduto esporre a V. E. questo mio pensiero anche perchè esso concorda pienamente con quello di Guariglia che ha trattato fin dall'inizio la questione.

(Fine telegramma).

(l) Cfr. nn. 200, 201.

204

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 1408/328. Londm, 17 maggio 1927, ore 13,25 (per. ore 18,50).

Ho domandato a Chamberlain se avrebbe rotto relazioni coi Soviets. Mi ha risposto che non poteva ancora dirlo, che egli era stato finora contrario a tale rottura, ma che si rendeva ora conto che essa sarà forse inevitabile. Poi ha aggiunto: • supponendo che l'Inghilterra rompesse relazioni coi Soviets, che farebbe l'Italia? ». Ho risposto che non conoscevo il pensiero di V. E. in proposito, ma che ero sicuro che V. E. seguiva col massimo interesse lo sviluppo degli attuali avvenimenti. Chamberlain mi ha detto allora: «Non potreste, senza dire che io ve l'ho chiesto formalmente, ma come vostra idea personale, informarvi dell'atteggiamento che assumerebbe l'Italia nella eventualità di una rottura di rapporti tra Londra e Mosca, e capirete che enorme importanza avrebbe per me avere l'appoggio di Mussolini e sapere, prima di decidere, che l'Italia seguirebbe l'esempio dell'Inghilterra». Ha aggiunto che avrebbe cercato in questi giorni di persuadere anche Briand. Resto in attesa degli ordini di V. E. per la norma di linguaggio da seguire nelle ulteriori eventuali conversazioni con Chamberlain su questo argomento che deve naturalmente rimanere segreto e riservatissimo.

205

IL CONSOLE A GEDDA, FARES, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3219172. Gedda, 17 maggio 1927, ore 17 (pe1·. ore 19,05).

Nelle conversazioni avute con Ibn Saud questi tornato lagnarsi pel mancato suo riconoscimento da parte del R. Governo che, dato amicizia Italia-Hegiaz egli sperava sarebbe stato primo fra tutti. Ho colto l'occasione per accennare alla politica di pacificazione che il R. Governo intende perseguire in Arabia nell'interesse stesso degli arabi facendogli osservare senza prendere impegno alcuno opportunità che il ricon~scimento italiano avvenisse contemporaneamente alla possibilità di accordo di buon vicinato fra Yemen [e] Hegiaz. A questo riguardo Ibn Saud mi ha assicurato essere già in corso tra lui e Jmam Yahia scambio corrispondenza tendente alla possibilità di accordo diretto tra Hegiaz e Yemen verso il quale Ibn Saud afferma nutre sentimenti amichevoli pacifici. Ibn Saud mi ha confidato aver ordinato che due sue persone di fiducia partissero con istruzioni segrete da Gedda per Sana e mi ha infine consegnato una lettera diretta a

S. E. Gasparini al quale dirigo pari telegramma. Segue rapporto.

206

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3238/3030/52. Monaco, 17 maggio 1927, ore 20 (per. ore 21,15).

Adolfo Hitler ha presieduto ieri sera a Monaco di Baviera un altro affollatissimo comizio ripetendo presso a poco quanto aveva precedentemente [detto] rinnovando attacchi contro Muenchen Neueste Nachrichten per campagna anti-italiana circa questione Alto Adige. Egli ha finito dicendo che di fronte ad una Francia sempre più petulante ed aggressiva Italia e Germania dovevano essere indissolubilmente unite.

207

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1425/440. Belgrado, 18 maggio 1927, ore 23 (per. ore 6 del19).

Soltanto la franchezza con cui Marinkovich mi ha parlato, il suo modo di fare accogliente e cortese (che ha saputo del resto trasfondere nei funzionari del suo dicastero che sono tornati verso di me ed i funzionari di questa legazione all'antica familiarità) l'avere dato già qualche segno sia pure lieve, ma tangibile, di voler fare seguire alle parole i fatti (permesso di soggiorno del nuovo direttore della banca dalmata dl sconto di Sebenico, e proprietà nella zona di frontiera) mi inducono a pregare V. E. di voler mettermi in condizione di dire possibi1mente nel colloquio di dopodomani, una parola che valga ad incoraggiarlo nella politica di amicizia e con palese e sincera buona volontà nei riguardi nostri. Come non ho esitato nei mesi dopo il patto di Tirana a denunziare a V. E. la cruda realtà delle mene militari che, sotto l'alto patronato del Re Alessandro e la supina acquiescenza di Nincic [e] Perich, conduceva questo paese ad un ,cozzo fatale con l'Italia, così ora, giunte le relazioni itala-jugoslave a questo punto culminante, talchè ogni altro stato poteva fare precipitare gli eventi, mancherei al mio dovere verso V. E. se non Le facessi presente come io ritengo necessario incoraggiare l'azione di un uomo retto, intelligente e buon diplomatico, che, elevandosi al di sopra del suo ambiente balcanico, e resistendo alle ormai sicure pressioni [che] da parte elementi torbidi facenti capo alle cricche militari gli sono state fatte, vuole fermamente cercare un terreno su cui costruire una salda e proficua amicizia fra l'Italia e La Jugoslavia. Mi sembra ciò tanto più possibile ora che col consenso dello stesso Marinkovich la questione albanese è passata al secondo piano per Lasciare al primo il rinnovellamento del patto di amicizia fra i nostri due paesi. Ripeterò in ... (l) che un rallen

18 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

tamento nella pressione estera provocherà senza dubbio lo scatenarsi più vio'l.ento delle lotte interne che oggi sono tenute a freno solamente dal pericolo esterno. Con una sagace penetrante azione ésplicata coll'intento di aumentare i dissidi di razza, di religione e di partito noi potremo trovare in avvenire largo compenso a quegli eventuali svantaggi che ci derivassero dall'avere procrastinata la risoluzione del conflitto itala-jugoslavo che io mi permetto di non credere nè fatale, nè necessario. I trattati di pace hanno consacrato molte ingiustizie ai nostri danni, ma un fatto non si può negare e cioè che sulla nostra frontiera orientale, invece di un forte stato unitario per tradizione, razza e religione, quale avrebbe potuto essere l'Ungheria, abbiamo oggi un colosso dai piedi di argilla che presenta nella sua conformazione etnica, religiosa e sociale tali crepe, tali discontinuità, che sapendo manovrare possono permettere ad uno stato come il nostro di tenerlo in condizione di continue perturbazioni interne e quindi di dominarlo e politicamente ed economicamente. Su tali mie affermazioni sono sempre pronto a dare i necessari chiarimenti e ad indicare i provvedimenti opportuni.

(l) Gruppo indecifrato.

208

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SEGRETARIO GENERALE ALLE COLONIE, ZOLI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNO'

T. GAB. S. 861. Roma, 19 maggio 1927, ore 20.

(Per Londra, Colonie e Parigi). R. ministro al Cairo ha telegrafato quanto

segue:

« come nel telegramma Gab. n. 1405/304 dal Cairo » (1).

Ho risposto:

(Per tutti). Telegramma V. S. n. 304. Azione estremismo egiziano che assu

merebbe sicuramente carattere xenofobo e bolscevico turbando situazione politica e sconvolgendo quella economica codesto paese non potrebbe che risultare dannosa nostra politica mediterranea e nostri cospicui interessi costà. Nostri cordiali rapporti con Inghilterra e linea adottata amichevole collaborazione in questioni orientali non ci permetterebbero certo seguire con simpatia fomentatori di moti e agitatori antibritannici in Egitto. Pertanto prego V. S. approfittare primo colloquio con cotesto alto commissario per chiedergli di dettagliatamente chiarire che cosa praticamente egli abbia voluto intendere con la domanda alla S. V. rivolta «se l'Italia sarebbe disposta a sostenere la Gran Bretagna nella nuova lotta che si preparerebbe costà».

(l) Cfr. n. 197.

209

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 865/358. Roma, 19 maggio 1927, ore 21.

Rispondo ai suoi telegrammi che mi riferiscono i colloqui avuti da V. E. con Marinkovich reduce da Praga. Tenga presente quanto segue per sua norma di linguaggio senza impegnative formali. Sulla utilità di rapporti amichevoli fra Roma e Belgrado è inutile ripetersi e nel mio primo colloquio con Rakich fui molto esplicito al riguardo. Si cade però in errore a Belgrado quando si ritiene che l'attuale stato dei rapporti fra i due paesi sia dovuto al patto di Tirana. La verità è che uno stato di malessere fra Italia e S. H. S. si era determinato ben prima del trattato dì Tirana. Sintomi di questo malessere sono la non avvenuta ratifica delle convenzioni di Nettuno e atteggiamento Governo e opinione pubblica nei confronti Italia. Ora non è a mio avviso sufficiente rimettere al secondo piano il trattato di Tirana. Bisogna o ignorarlo completamente o accettarlo esplicitamente. Premesso ciò la via delle cordiali relazioni sarebbe riaperta e il fatto di riprendere una politica di amicizia fra Roma e Belgrado dimostrerebbe meglio di qualsiasi altro fatto che il patto di Tirana, pur restando intangibile, non è un'arma di guerra nelle mani di Roma, ma uno strumento di quella pacifica espansione economica e spirituale alla quale Italia ha diritto oltre Adriatico e ovunque. Riaperta la via, non basta. Per ripercorrerla occorrono altre condizioni e cioè che amicizia fra i due stati diventi sia pure gradualmente amicizia fra i due paesi altrimenti i protocolli ufficiali resteranno lettera morta e occorre altresì che convenzioni di Nettuno siano sollecitamente ratificate. Bisogna far comprendere a Marinkovich che Italia odierna e principalmente Italia fascista è una grande potente nazione a carattere mondiale e che sua amicizia dev'essere particolarmente preziosa a coloro che confinano con lei. Mi riferisca.

210

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SEGRETARIO GENERALE ALLE COLONIE, ZOLI

T. A MANO 2580. Roma, 19 maggio 1927.

Il R. console a Gedda ha in data 17 corrente mese telegrafato quanto segue:

• riprod. teleg. di collez. n. 3219172 da Gedda) (1).

Date le dichiarazioni di Ibn Saud prego V. E. voler chiedere Governatore Eritrea di esaminare se non sia possibile una nostra esplicita azione diretta ad avvicinare i due potentati arabi, la quale ove fosse coronata da successo non potrebbe non essere di grande giovamento al prestigio e all'influenza italiana nel mar Rosso.

211.

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1429/339. Londra, 19 maggio 1927, ore 21 (per. ore 0,30 del 20).

Mi risulta da fonte attendibile che Chamberlain e Tyrrel avrebbero comunicato a Briand e al suo capo di gabinetto, prima della loro partenza da Londra, impressione molto soddisfacente avuta da ultimo colloquio di V. E. con l'ambasciatore d'Inghilterra. Scopo della comunicazione sarebbe stato convincere Briand intenti assolutamente pacifici politica italiana. V. E. giudicherà se non sarebbe utile che io fossi messo al corrente contenuto tàle colloquio. Sarò ricevuto da Chamberlain domani.

(l) Cfr. n. 205.

212

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI (l)

T. PER CORRIERE 2581. Roma, 19 maggio 1927.

(Per Tunisi). Ho telegrafato a Parigi quanto segue:

(Per tutti). Telegramma posta di V. E. n. 1899/712 del 6 corr. mese. Concordo con V. E. nel ritenere risposta francese insoddisfacente ed approvo che sia presentata da codesta Ambasciata altra Nota redatta nei termini espostimi. Ritengo però necessario che tale nostra nota sia personalmente presentata da V. E. al signor Briand ed opportunamente chiarita e commentata. Questione forse non ha sostanzialmente grande importanza ma ciò che preoccupa è la disinvoltura con la quale le Autorità francesi della Reggenza procedono agli arruolamenti dei figli degli italiani naturalizzati, mentre sono in corso trattative tra i due Governi, ed il semplicismo delle risposte del Quai d'Orsay.

Questo significa che costà si incomincia a non preoccuparsi delle ripercussioni nella stampa e nel paese che suscita in Italia ogni provvedimento preso in Tunisia a danno dell'elemento italiano. La mancanza di tale sensazione è inesatta perchè se tali ripercussioni non sono visibili è per la forza che ha all'interno il Governo Nazionale che impedisce ogni polemica e frena ogni manifestazione. Invece è ben nota quale sia la suscettibilità italiana in materia di snazionalizzazionj forzate ove si ricordi l'eco profonda che ebbero nel Regno i famosi decreti Hohenlohe del 1913 che costringevano a cambiare nazionalità soltanto 40 impiegati regnicoli del Comune di Trieste, eco che fu tale che dopo una violenta campagna di stampa il Governo Austriaco dovette sospendere applicazione decreti dopo aver vafforzato e suscitato in Italia correnti di sentimento ad esso certamente non favorevoli.

Occorre che la questione sia sottratta al ristretto esame degli uffici com

petenti e della Residenza di Tunisi naturalmente premuta da preoccupazioni e

risentimenti locali e portata nell'ampia atmosfera dei molteplici rapporti tra i

due Paesi. Di fronte a tali rapporti la questione della snazionalizzazione forzata, in base all'arruolamento ed in contrasto alla Convenzione in vigore, di qualche diecina di italiani in Tunisia, non è di nocumento al nostro Paese e nemmeno è di gran vantaggio alla Francia, ma essa potrebbe avere gran contraccolpo sulle loro buone relazioni se se ne impossessasse la stampa italiana e facilmente ed a ragione commuovesse la nostra opinione pubblica.

V. E. vorrà con ogni sollecitudine comunicarmi l'esito del colloquio che Ella avrà avuto con il Signor Briand a tale riguardo.

(l) Il te!. fu comunicato per conoscenza anche al console a Tunisi.

213

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

(Copia) (l)

L. MOLTO CONFIDENZIALE. Roma, 19 maggio 1927.

Ella può dire a Chamberlain che la rottura fra Inghilterra e Soviety sarebbe vista dall'Italia e da me, con schietto compiacimento.

E che profitterei della prima occasione opportuna per fare altrettanto.

Sono sempre più convinto che il regime dei Soviety costituisce un pericolo permanente, non solo per l'ordine sociale e nazionale degli Stati occidentali, ma per le stesse basi della civiltà umana. Ritengo, inoltre, che i danni economici di una rottura, non siano eccezionali, data la situazione interna russa e il monopolio del commercio estero.

214

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, SORAGNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) PER CORRIERE 332/71. Vienna, 19 maggio 1927 (per. il 22).

Telegramma di V. E. n. 288/160 dell'H maggio (2).

Dietro istruzioni Comm. Auriti mi sono abboccato ancora una volta con Petroff più che altro per presentargli il Cav. Manfredini, successore del Cav. Mattioli. È parso infatti non fosse opportuno io continuassi oltre entrare direttamente nella faccenda, affinchè qualunque evenienza, non venisse compromesso funzionario R. legazione.

Cav. Manfredini mi ha riferito esito suo nuovo colloquio. Questo non ha portato conseguenze decisive: e non già per questione compensi, che anzi Petroff ha dichiarato non occorrergli al momento denaro, ma per irresolutezza Petroff stesso a iniziare sua azione. Egli nutre timore che dopo certo tempo nostro Go

verno interrompa assistenza lasciando in asso movimento sicchè su lui ricadrebbe malcontento coloro che, rompendo con Jugoslavia, si troverebbero poi abbandonati. D'altra parte cav. Manfredini rimase guardingo su questo punto, e tanto maggiormente quanto più Petroff appoggiava su esso. Appare infatti chiaro che ·certo numero di persone finirebbe con rimanere nostro carico e esperienze passate in affari compromissioni con movimenti fuorusciti, per esempio, montenegrini, ben note V. E. suggeriseono andar cauti su tale via. Figura Petroff sembra infatti delinearsi come di persona scaltra ed intelligente che non mira piccoli colpi danaro ma piuttosto fungere da agente politico per prepararsi poi ritorno in Bulgaria con influenza derivatagli da azione politica fortunata.

Cav. Manfredini continuerà suoi contatti in via amichevole. Ma così stando le cose non pare che affare possa avere seguito. Decorrerebbero infatti precise promesse ed accordi, che istruzioni V. E. sebbene così larghe, non sembrami consentano dare. È ben vero che, ove occorra, e interesse servizio paese lo mostri utile, si può • promettere lungo coll'attendere corto ». Ma difficilmente potrebbe far ciò persona come Manfredini stabile in Vienna e di cui difficilmente può rimanere ignoto aver sede ufficio in legazione ed appartenere regolare servizio

R. Governo. Inoltre M.F~nfredini ha altri compiti e dipende dicastero militare.

Sembrami occorrerebbe, per condurre pratica (come accade ora per caso analogo), persona esperta cose bulgaro-jugoslave, non residente Vienna tutt'affatto indipendente da R. legazione, e che, al momento opportuno, potesse sparire e di cui legazione potesse assolutamente negare di conoscere esistenza. Questi avrebbe mano libera per andare fin dove utile e ritirarsi appena conveniente.

Intanto Cav. Manfredini continuerà vedere Petroff al quale pure conviene continuare contatti.

(l) -Il testo rinvenuto e pubblicato è quello conservato nell'archivio della ambasciata di Londra. (2) -Cfr. n. 198.
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IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1173/130. Gerusalemme, 19 maggio 1927.

Nel primo mese della mia permanenza in Palestina ho riferito a V. E. sol

tanto intorno a problemi di organizzazione di lavoro, parendomi necessario di

volgere la mia attenzione prima che ad ogni altro argomento al metodo ed alle

condizioni del mio ufficio. Non ho trascurato, però, di osservare il paese e le

condizioni del Mandato, sicchè posso oggi riferirLe in maniera precisa intorno

ai nuovi aspetti della Palestina ed alle necessità che si affacciano per la nostra

azione in questa terra mediterranea. Le osservazioni di queste settimane con

fermano quelle che già avevo fatte durante i miei precedenti soggiorni, ed anzi

le rafforzano in quanto i nuovi aspetti politici e demografici del paese si sono

consolidati ed hanno assunta una stabilità che ormai nessuno potrebbe disco

noscere.

Ella sa, Eccellenza, che fino a pochi anni or sono in Palestina esisteva sola

mente una plebe araba ed una classe dirigente cristiana che si contendeva

l'influenza sulle popolazioni. Sotto il blando ed abulico regime turco ciascuna potenza cercava di dominare nel campo economico e morale attraverso il poliedro cristiano; la Russia si giovava del clero greco ortodosso, la Francia, l'Italia, la Germania si contendevano il primato nel campo cattolico che rappresentava il solo agone capace per noi di dar risultati. La nostra azione politica e culturale si è quindi svolta esclusivamente nel campo dei cattolici che rappresentavano una minoranza esigua ma che costituivano allora la classe dirigente, e abbiamo impiantato scuole, creati ospedali, aiutate iniziative, secondate congregazioni che (come i salesiani od i francescani) ci potevano maggiormente aiutare per la diffusione della nostra civiltà e della nostra economia. I risultati non furono, in verità, lusinghieri, perchè la Francia ci soverchiava con mezzi e con intensità di opere e non aveva, come noi avevamo, una situazione particolare verso la Chiesa, ma in ogni modo conveniva fare così perchè quella era la sola via attraverso la quale la nostra influenza poteva penetrare più o meno dal Mediterraneo al Giordano.

Ma in questi ultimi anni una trasformazione profonda si è venuta verificando in Palestina a causa del Sionismo, una vera e propria sostituzione di classe dirigente che ha cambiato completamente le rispettive posizioni, che ha sepolte antiche egemonie, e soprattutto che ha rovesciata la precedente influenza cattolica per soverchiarla moralmente e materialmente. Fino a due o tre anni or sono si poteva credere che il Sionismo fosse una ondata passeggera capace di rifluire verso il mare alle prime disillusioni, ma ora che le disillusioni sono venute, ora che la emigrazione si può dire cessata e che anzi il troppo della nuova gente ritorna verso i lidi abbandonati, si può constatare che gli ebrei (senza riuscire a formare il regno di Israele) sono però riusciti a conquistare tutte le posizioni dominanti non solo nel commercio e nell'industria ma anche e soprattutto negli uffici, nel campo educativo, in quello politico e sono oggi i veri padroni della Palestina in pieno accordo col Governo Inglese cui il Sionismo torna utile per frenare con una minoranza qualitativa le velleità della maggioranza araba molle e facile alla rassegnazione.

Nè può più credersi che la sovrapposizione ebraica alla vita palestinese sia fenomeno passeggero, perchè ogni giorno di più questi israeliti permeano della loro influenza città e campagne, e siccome sono molto più intelligenti ed alacri dei mussulmani e degli stessi cattolici levantini, il domani si presenta più ebreo dell'oggi per la terra del Signore. Occ-orre aggiungere che gli ebrei sono il solo elemento europeo di questo paese, i soli cioè che abbiano portato qui i gusti ed i bisogni economici simili ai nostri portando al territorio una vitalità ed una capacità di assorbimento economico ed intellettuale ,che prima era sconosciuta.

Per una nostra azione efficace non bisogna quindi rimanere alla Palestina cristiana e patriarcale di una volta, ma rendersi conto che ormai questo paese ha cambiato fisionomia, è guidato da altra gente più fresca e più occidentalizzata. Se noi ci ostinassimo a voler lavorare coi sistemi di prima e presso la classe dirigente di prima, commetteremmo lo stesso errore di coloro che vedono ancora l'Italia liberale di ieri e si ostinano a non voler vedere l'Italia fascista di oggi. Bisogna dunque ricordarsi che agli effetti politici, culturali, economici, la classica Terrasanta è stata sommersa dalla nuova PaLestina e, ci piaccia o non ci piaccia, qui per diffondere l'influenza nazionale è necessario mettersi a lavorare cogli ebrei.

V. E. sa che chi scrive queste righe è un cattolico fervente e può quindi immaginare quanta malinconia suscitino nel mio animo queste considerazioni, ma io non posso ingannare il Governo mettendo i miei desideri al posto di una realtà che ogni giorno diventa più tangibile e permanente. Devo dire le cose come stanno e trarne le debite conclusioni.

Ho detto che il campo cattolico è stato sopraffatto. Infatti esso costituisce una particella del già limitato campo cristiano (i cattolici sono 16.000 contro altri 64.000 cristiani, 140.000 ebrei e 630.000 mussulmani), e sembra non accorgersi che i tempi sono cambiati. Mentre gli ebrei coltivano, smerciano, trafficano, mentre Rutenberg si prepara ad industrializzare la valle del Giordano con un progetto gigantesco che darà forza elettrica alla Palestina ed alla Transgiordania, i cattolici e cioè i frati delle varie congregazioni seguitano la loro vita contemplativa, si limitano alla guardia dei Santuari che nessuno insidia più, tengono fede alle loro beghe interne che avrebbero spesso sapore di operette se non avessero per scenario le memorie incomparabili del cristianesimo. Il solo uomo politico che abbia qui il cattolicesimo (il Patriarca Latino Mons. Barlassina) e cioè il solo uomo capace di lottare e di agire non ha quattrini e deve limitarsi ad invidiare la Custodia di Terrasanta che ha i milioni e non li spende se non per edificare suntuose e bellissime basiliche. Tutto ciò ha portato il cattolicesimo alla coda di tutti gli ambienti palestinesi, tanto più che il Governo Inglese anticattolico fa di tutto per trascurarlo e per avvilirlo. Alla decadenza cattolica si deve aggiungere la nostra decadenza entro questo cattolicesimo. In altro rapporto particolareggiato renderò conto della situazione precaria in cui ci troviamo rispetto alla Custodia, al Patriarcato e ad altri istituti religiosi, ma posso oggi affermare che noi stiamo declinando in questo piccolo cerchio entro il quale &i limita (ed ecco il male) la nostra azione politica e morale. I cattolici qui non hanno che altari; troppo poco per i tempi moderni nei quali gli altari si difendono creando loro attorno tutte le altre attività della vita. E noi, fino ad ora, abbiamo veduto in Palestina soltanto i cattolici.

Vediamo invece il campo ebraico. Anche qui mi limito ad un cenno panoramico senza addentrarmi nella questione se il Sionismo abbia attuato o no il suo sogno (secondo me non lo ha attuato affatto e non lo potrà attuare); ma agli effetti della. nostra politica mi è sufficiente sapere che il Sionismo dirige oggi e regola la Palestina in tutti i campi. Tutti i giornali quotidiani sono ebrei, le biblioteche sono esclusivamente ebraiche, le scuole secondarie ed universitarie sono quasi tutte sioniste e ad esse vanno i dirigenti di domani, l'agricoltura è controllata dagli ebrei anche se è esercitata dagli arabi, il commercio e le industrie sono tutte in mano di ebrei e soprattutto le rappresentanze commerciali che rannodano la Palestina al resto del mondo colla importazione; negli uffici statali gli ebrei hanno le posizioni più importanti ed il loro comitato esecutivo ha potere come il governo ufficiale, il teatro è ebreo, i cinematografi sono ebrei, le mostre di arte e le società musicali sono ebree, insomma questi ebrei in sette anni hanno fatto tutto ciò che i cristiani non hanno potuto o voluto fare, ed hanno modernizzata completamente la Palestina, raccordandola all'Europa ed all'America con una attivissima organizzazione di stampa e di propaganda che ha fatto di questo territorio una rimbombante cassa di risonanza universale.

Pensi adesso V. E. che fino ad oggi noi abbiamo trascurato questo mondo come se non esistesse, e ci siamo affannati ad inseguire il vecchio mondo cattoHco, come se la Palestina fosse ancora quella di prima della guerra. Infatti noi spendiamo centinaia di migliaia di lire per scuole religiose che ci sono utili ma che insegnano l'italiano solo ai figli del popolo i quali non conteranno mai nulla, e finora nessun alunno di queste scuole, in tanti anni, è riuscito ad arrivare ad una nostra università, mentre non abbiamo che un incaricato di lingua italiana nel vasto campo israelita che ogni anno manda nelle nostre università sessanta o settanta studenti che vengono poi qui a decantare l'Italia ed invogliano altri a visitare il nostro paese e ad impararvi la nostra civiltà. Perchè bisogna ricordare che una curiosa forza di attrazione spinge gli ebrei palestinesi verso l'Italia. Da che sono arrivato non faccio che ricevere richieste di insegnanti italiani, mi si chiedono films italiani, libri italiani; la Carta del Lavoro è stata commentata con calore da questi giornali, si invoca che dall'Egitto si spingano qui artisti italiani; al teatro ebraico di Gerusalemme si sono date nello scorso inverno sette opere italiane, infine tutti i rappresentanti di ditte nazionali ed i migliori clienti del Banco di Roma sono ebrei, come sono ebrei coloro che vengono da me per sollecitare scambi coll'Italia.

Come vede V. E., men'cre nel campo cattolico non c'è che da continuare a far ciò che già si faceva, in quello ebraico e cioè in quello che conta, c'è da fare moltissimo. Ecco perchè mi permetto di rivolgermi alla sua attenzione, perchè prima di fare il molto che si può, credo mio dovere domandare se debbo inoltrarmi per questa strada maestra o continuare nei vecchi sentieri platonici e sentimentali della politica religiosa. Noti l'E. V. che lavorare nel campo ebraico non vuol dire affatto abbandonare la nostra situazione di grande potenza cattolica; su questo punto anzi io ho cercato di rafforzare la nostra posizione mantenendo non solo ottimi rapporti con la Custodia Francescana, ma stabilendo col Patriarca Latino una cordialità di rapporti che non è mai stata nelle consuetudini di questo Consolato Generale.

Ma siccome qui anche i patriarchi ed i frati si mettono d'accordo cogli ebrei mille volte al giorno, sarebbe ingenuo che noi se:bassimo ogni nostra cura per la gente che non rappresenta qui più nulla dal lato pratico, e non cercassimo di diffondere la nostra lingua e la nostra espansione tra coloro che ce la chiedono.

Posso affermare che una mia azione per allargare l'insegnamento della lingua italiana nelle scuole israelite sarebbe bene accettata, e credo che occorrerebbe cominciare di qui per avvicinarci alla nuova classe dirigente palestinese. Se l'E. V. crederà di prendere in considerazione questo mio rapporto e vorrà darmi le sue direttive in proposito, io potrò far seguire una serie di proposte pratiche per le quali ho pronti schemi e metodi.

V. E. potrà domandarmi forse se in questo giuoco di classi dirigenti che si sopraffanno non esista anche una classe dirigente araba della quale convenga tenere conto. Gli arabi sono difatti in Palestina la grande maggioranza e pur costituendo la massa rurale e plebea hanno numerose famiglie che godcno autorità e che si accostano alla civiltà europea con molto piacere, ma i dirigenti arabi si dividono in due categorie ugualmente poco accessibili ad una nostra azione locale; i primi conservano la xenofobia tradizional~ che li rende odiatori di tutto ciò che viene d'Occidente e vivono chiusi in un cerchio impenetrabile, i secondi sono completamente asserviti agli inglesi che li guidano tanto in politica che in economia. Così il Sindaco di Gerusalemme, così i consiglieri municipali delle tre città palestinesi che sono sorvegliati e stipendiati dalle autorità del Mandato e che non muovono passo o non comprano merce se non vedono il visto del governo mandatario. D'altronde gli arabi in Palestina contano pochissimo. La loro preponderanza numerica non li ha mai fatti emergere nemmeno al tempo in cui dirigevano la vita locale i cristiani, ed ora poi essi sono travolti dall'attività ebraica; le loro proteste veementi, i loro alti lagni verso il governo non riescono a nascondere un processo di frantumazione che si nota anche in altri paesi d'Oriente ma che qui assume aspetti visibilissimi. L'Islam è in ritirata qui come altrove, la mancanza di unità paralizza il numero, la mancanza di iniziativa e di spirito costruttivo fa restar plebe chi è plebe da secoli. Il campo arabo è quindi arido e sterile per una azione italiana, qui dove gli arabi non governano nè comandano, tanto più che i gusti della popolazione mussulmana sono ancora così primitivi da non invogliare nemmeno ad una particolare penetrazione economica che imponga sforzi o spese di rilievo.

Ho voluto, Eccellenza, esporLe il quadro generale della situazione nuova che presenta la Palestina e la necessità di allargare al campo ebraico la nostra azione di penetrazione economica e culturale. Se non faremo noi, faranno gli altri. E nella attesa rispettosa di avere dall'E. V. le istruzioni che Le piacerà darmi, La prego di...

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO (l)

T. GAB. 867/324. Roma, 20 maggio 1927, ore 12.

Effettivamente S. E. Capo Governo ha ricevuto in data 6 corrente (2) questo ambasciatore Gran Bretagna che ha trasmesso 2° memorandum risposta Chamberlain. Colloquio non ha rivestito carattere particolare importanza. Risponde perfettamente a verità che S. E. Mussolini ha confermato Graham ancora una volta carattere pacifico nostra politica e desiderio Italia non turbare pace

europea.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. (P. R.) P. 297/326. Roma, 20 maggio 1927, ore 20,30.

Decifri ella stessa. Suo telegramma n. 328 (3). Corriere in partenza oggi da Roma che giungerà costì lunedì pomeriggio

_(2) Sic•. Ma risulta che Mussolini ricevette in udienza Graham non già il 6, bensi il 13 maggio che e anche la data messa al secondo memorandum di Chamberlain (cfr. n. 198).

porta lettera (l) autografa di S. E. Capo Governo per V. E. Per sua riservata notizia le comunico ad ogni buon fine sin d'ora che risposta S. E. Mussolini è

in massima favorevole tesi Chamberlain.

(l) Risponde al n. 210;

(3) Cfr. n. 204.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1436/343/344/345. Londra, 20 maggio 1927, ore 19,50 (per. ore 24).

Chamberlain mi ha intrattenuto oggi per quasi un'ora dei suoi colloqui con Briand e della situazione in generale. Egli ha cominciato col dirmi che la sua conversazione con Briand ha avuto lo stesso carattere di quella avuta in passato con V. E., non ha avuto cioè di mira uno speciale argomento, ma soltanto un esame generale dei vari problemi della politica internazionale, e non ha avuto per scopo di risolvere una determinata questione o di stabilire qualche speciale accordo, ma è stato uno scambio di idee dal quale è scaturita una perfetta concordanza. Germania, Cina, Albania e Soviet sono stati i principali punti che hanno formato oggetto delle conversazioni, e sui quali Chamberlain ha voluto particolarmente informarmi. Nei riguardi della Germania i due uomini di stato avrebbero constatato la sfavore;vole impressione soprattutto morale, prodotta dal contegno dei nazionalisti e dal linguaggio provocante della stampa di destra. Pur riconoscendo il merito del coraggioso ultimo discorso di Stresemann, sarebbero rimasti d'accordo nel non ammettere la possibilità dell'evacuazione della Renania, e nel considerare la domanda di riduzione del contingente come non ancora matura e tale da non potere essere esaminata se non dopo controllato smantellamento fortezze orientali. La Germania, ha detto Chamberlain, si adopera ,per attaccarsi alla lettera di Locarno, ma non sembra tenga conto dello spirito che deve animare quegli accordi. Ho chiesto a Chamberlain come credeva di poter conciHare l'atteggiamento intransigente verso la Germania con l'attuale tensione coi Soviet e se non credeva che il pericolo finora allontanato di una più stretta intimità tra Berlino e Mosca non potesse risorgere. Mi ha risposto che si rendeva conto di tale pericolo, ma che malgrado tutto aveva fiducia che la Germania avrebbe trovato suo precipuo interesse non staccarsi daUe potenze ocddentali. Riguardo la Cina, Briand e Chamberlain avrebbero constatato l'insuccesso del bolscevismo permettente adito ad una chiarificazione della situazione. Lotta che si combatte in Cina non è lotta tra cinesi ed Europa, ma tra bolscevismo ed Europa non bolscevica e senza dubbio comunque sarebbe stata riconosciuta la necessità di un fronte unico tra varie potenze interessate per seguire avvenimenti Cina ed agire in pieno accordo secondo le circostanze.

Chamberlain mi ha poi detto che Briand gli ha parlato dell'Albania e dei rapporti italo jugoslavi. Egli lo avrebbe, anche in base agli ultimi rapporti di Graham, rassicurato sulla situazione quale a lui risulta e sulle intenzioni di V. E. Egli avrebbe detto che due erano gli scopi essenziali della politica di V. E.: il mantenimento della pace e il mantenimento dell'indipendenza e dell'integrità territoriali dell'Albania; [che era] anche più che naturale che, oltre dell'indipendenza e dell'integrità territoriale dell'Albania, l'Italia si preoccupasse della tutela dei suoi molteplici interessi economici in quello Stato e del dovere di una difesa della sua posizione geografico-politica. Chamberlain avrebbe detto a Briand che non è ammissibile pretendere un riesame del patto di Tirana come l'indurre V. E. a dare ulteriori spiegazioni su tale trattato. Che quindi le conversazioni tra V. E. e Rakich non dovrebbero avere come piattaforma il patto di Tirana, ma patto di Roma. Che se tali conversazioni si fossero svolte in un'atmosfera di cordialità e buone intese, V. E. avrebbe potuto probabilmente credere opportuno spiegare spontaneamente portata patto Tirana al solo scopo chiarire una situazione imbrogliata molto difficile, e di eliminare ogni sospetto nella politica dell'Italia e della Jugoslavia nei riguardi dell'Albania. Chamberlain mi ha detto avere consigliato Briand di influire in tale senso tanto presso il Governo di Belgrado quanto presso la stampa jugoslava e francese perchè non abbiano a verificarsi nuovi incidenti e nuovi attriti che potessero nuovamente compromettere i risultati delle conversazioni, che da ambo le parti si desiderava [ponessero] termine incresciosa tensione. Briand sarebbe stato convinto dalle parole di Chamberlain e si sarebbe dichiarato soddisfatto [della situazione] pronto adoperarsi perchè non abbia più ad essere compromessa.

Parlandomi delle relazioni coi Soviets, Chamberlain ha dovuto naturalmente esorbitare dal campo dei suoi colloqui con Briand, per entrare in quello dell'attuale acutissima tensione tra Londra e Mosca. Mi ha detto di avere riferito a Briand quanto aveva detto a me la sera del banchetto a corte

(mio telegramma n. 328) (l) e di avere posto a lui ilo stesso] quesito per quanto riguarda l'eventuale atteggiamento della Francia di fronte alla rottura delle relazioni tra l'Inghilterra e i Soviets. Briand avrebbe risposto di non potersi pronunciare prima di avere esaminato bene la situazione della Francia e consultato il presidente consiglio dei ministri. Chamberlain mi ha poi ripetuto che egli era stato finora decisamente contrario ad una rottura per non causare un inevitabile turbamento politico europeo, ma che, di fronte all'evidenza dei fatti ed alle provocazioni sovietiche, aveva dovuto convincersi e tener presente tale misura. Richiesto se prima della rottura non avrebbe proceduto ad una denuncia dell'accordo commerciale mi ha risposto, in via strettamente confidenziale, che personalmente egli sarebbe contrario a tale procedura per tappe, ma che il consiglio di gabinetto non aveva ancora deciso nulla in proposito. Ha aggiunto però che la situazione è <<molto grave». Ritornando

poi al nostro colloquio di lunedì sera mi ha detto: « io non vi chiedo nulla, ma se avete qualche comunicazione da farmi l'ascolterò volentieri. Non vi chiedo nulla per non darvi l'impressione che la nostra decisione possa essere condizionata all'atteggiamento dell'Italia o di qualsiasi altra Potenza. Oramai dobbiamo seguire la nostra via ed affrontare le conseguenze anche da soli ».

Gli ho risposto che non conoscevo ancora il pensiero di V. E. e che glielo avrei comunicato, se autorizzato, appena possibile rimanendo inteso che tale comunicazione non avrebbe creato alcuna interdipendenza tra la politica italiana e quella britannica nei riguardi dei Soviets. Rivedrò Chamberlain lunedì sera.

(l) Cfr. n. 213.

(l) Cfr. n. 204.

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IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNÒ, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1442/224. Il Caim, 20 maggio 1927, ore 23,55 (per. ore 10 del 21).

Telegramma di V. E. 861 Gab. (1).

Mio telegramma per corriere 304 (2). Ringrazio vivamente V. E. per sue illuminate direttive. Espletato controllo anche presso alto commissario britannico circa conferma giudizio espresso citato osservatore da Lord Lloyd situazione non risulta così grave quale egli la rappresentò. Permangono tuttavia problemi e difficoltà accennate contro cui Lord Lloyd si prepara a reagire possibilmente con abolizione o riduzione poteri parlamento che concede troppa libertà agli estremisti. È in tale ipotesi che egli ha manifestato desiderio conoscere se Italia e Francia sarebbero disposte sostenere Gran Bretagna. Nel pensiero di Lord Lloyd atteggiamento benevolo delle due grandi potenze mediterranee costituirebbe un fronte unico atto a ridurre pretese nazionalisti egiziani, che sarebbero molto più moderate se convinti di non poter contare su appoggio italiano o francese. Alto commissario britannico sa benissimo che appoggio morale Italia sarebbe decisivo nella questione. Maturazione situazione deve considerarsi attraverso il tempo, soprattutto ove si pensi che tanto il re quanto alto commissario britannico si accingono a lasciare l'Egitto fino all'autunno.

Non risulta ancora chiaro se e quando Governo di Londra sia disposto ad accordare piena libertà d'azione a Lord Lloyd. La visita di Tyrrel che assunse una vera forma inchiesta e la partenza in congedo annuale dell'alto commissario britannico dovrebbero fare pensare che egli non abbia ancora ottenuto piena libertà circa riduzione poteri parlamento, che per l'imminenza del consiglio dell'impero ... (3) furono negati. In tale circostanza si sarebbe deciso di attendere un anno per dare commissario generale possibilità risolvere situazione nonostante il parlamento. Continuerò invigilare con ogni cura.

(l) -Cfr. n. 208. (2) -Cfr. n. 197. (3) -Gruppo indecifrato.
220

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1439/446. Belgrado, 21 maggio 1927, ore 0,15 (per. ore 3,15).

Suo telegramma n. 865/358 (1).

Nel mio colloquio avuto oggi con Marinkovich gli ho esposto chiaramente e fedelmente il contenuto del telegramma di V. E. succitato facendogli peraltro presente che trattavasi di comunicazione che non comportava in alcun modo impegnative formali. Marinkovich mi ha pregato di ringraziare e di farle sapere che egli era lieto di potere constatare che da questo momento una nuova epoca di vitali e buone relazioni fra i due paesi si iniziava, epoca che avrebbe segnato una tappa felice nella storia di questa parte d'Europa. Ha poi aggiunto testualmente: «Sono d'accordo colle considerazioni esposte da S. E. Mussolini e specialmente sui seguenti punti che sottolineo:

l) L'amicizia ufficiale fondata solamente sui protocolli diplomatici non basta; bisogna che l'amicizia sia tale che [se] ne sentano i benefici effetti in tutte le manifestazioni dei [due] popoli;

2) Non possiamo fare ciò che gradualmente costruendo tappa per tappa; e di conseguenza non si tratta di giungere subito ad una conclusione e di addivenire ad un patto ad uso del pubblico ma di cominciare subito in questo spirito sincero e di comunicare "piano ma sano" (sic). Credo quindi che bisognerebbe prima di tutto intavolare delle semplici conversazioni che non impegnino in nulla e ·che siano condotte nella maniera più confidenziale e riservata e nelle quali potremo dirci e spiegarci tutto senza che vi sia pericolo che rimangano malintesi. E, solo dopo che il nostro pensiero sarà del tutto chiarito e che il terreno sarà sbarazzato da ogni equivoco, compileremo delle formule più precise che potranno essere rese di pubblica ragione, e perciò considero che sia importante che dette conversazioni principali siano condotte a Roma, perchè possa parlarsi direttamente con Mussolini, mentre a Belgrado noi due condurremmo delle conversazioni complementari, affinchè voi possiate controllare se le parole di Rakich corrispondano alle mie vere disposizioni. Questa è la ragione delle mie istruzioni a Rakich di mettersi subito in contatto con Mussolini ».

Avendo io cercato di sapere quale fosse nei suoi intendimenti la soluzione a cui le conversazioni stesse avrebbero fatto capo, Marinkovich mi ha detto: «riconoscendo pienamente giusta e fondata la considerazione di S. E. Mussolini, che l'Italia cioè è una potenza di carattere mondiale la cui amicizia deve essere considerata preziosa per i suoi vicini, mi rimetto a Mussolini stesso perchè cerchi la formula che ridoni intera e valida amicizia ai due paesi. Egli è in una posizione troppo eminente perchè non si debba lasciare a lui di sce

gliere una formula di suo pieno ed intero gradimento. A noi quello che inte

ressa è che l'amicizia sia ristabilita. Per le modalità abbiamo fiducia in Mussolini ».

Al momento congedarmi Marinkovich non mi ha nascosto la sua gioia nel potere finalmente constatare che l'ora della chiarificazione si era iniziata sotto buoni auspici.

(l) Cfr. n. 209.

221

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 3472/632. Belgrado, 21 maggio 1927. Ringrazio l'E. V. dell'interessantissima relazione trasmessami con telespresso n. 221443/C del 3 corrente.

È vero che la Serbia, unita alla Croazia, alla Slovenia ed alle altre regioni che compongono il regno S.H.S., ritenendosi la più potente nei Balcani, ha fin qui impiegato la medesima tattica contro i tre Stati, cioè contro l'Albania, la Bulgaria e la Grecia.

Contro l'Albania ha dal 1920 in qua preparato sei rivoluzioni mettendovi sempre alla testa differenti capi, quasi tutti rinnegati albanesi sfuggiti alla giustizia della madre patria, come p. e. Alush Lohia, Luk. Lukaj, Taf Kaziu Halit Lleski (fratello di Akif Lleski che ora nuovamente è passato al soldo della Serbia) i defunti Marka gjoni e Zef Ndoci, capi della Mirdizia, P. Leone Ashiku ed altri.

Tra questi gli uni lottavano contro i Governi albanesi, sotto la maschera di essadisti, gli altri con pretesti religiosi, ma in fine tutti lo facevano o per odi personali o per ragioni pecuniarie, seguendo però le direttive del Governo di Belgrado, che li armava e spingeva contro il proprio paese, collo scopo evidente di non permetterne il consolidamento.

La stessa cosa si è fatta contro la Bulgaria. Esistono ancora delle bande armate frammiste di comitagi serbi e di agrari bulgari, (erano circa 3000 gli agrari rifugiati in Jugoslavia dopo la caduta di Stamboliski ma ora sono ridotti a poco più di 500), che di tanto in tanto vengono armate ed inviate in Bulgaria. Ma vi è la differenza che il Governo di Sofia non è quello di Tirana. E lo stesso fenomeno si verifica verso la frontiera jugoslava greca.

Non risulta però che vi sia stato un greco che sia passato apertamente al servizio della causa serba. Solo il Generale Plastiras per due volte tentò di complottare da Monastir contro Atene. Ciò nondimeno i serbi hanno spesso organizzato delle bande bulgaro-macedoni, con elementi della Macedonia serba

o greca, che fanno passare poi su territorio greco, salvo ad accusare il Comitato rivoluzionario bulgaro-macedone di tali fatti.

Tornando alla questione dell'Albania, devo rilevare che questa volta le parti sono invertite. Mentre cioè i serbi fin qui si servirono di bassi elementi come quelli di cui feci sopra i nomi, questa volta essi cercano di organizzare nazionalisti, i quali stanchi dopo più di due anni di esilio volontario, e perduta ogni speranza che l'Italia si pronunci in loro favore, sono finiti per cadere

nelle braccia dei serbi.

Aggiungerò che i nazionalisti albanesi, pur essendo tanto scoraggiati e stanchi non scenderanno mai a promettere al Governo S.H.S. la benchè minima cosa che possa riuscire contraria agli interessi fondamentali dell'Albania, anche se si tratti di ottene~e l'aiuto serbo per rovesciare il loro più accanito avversario, Ahmed Zogu.

Tutti più o meno gli emigrati albanesi sono sovvenzionati dal Governo

S.H.S. e persino alcuni di quelli che si trovano a Vienna e di quelli che erano a Bari, appartenenti al « Bashkimi Kombetar » (Unione Nazionale). Ma non tutti sono dei professionisti del patriottismo o degli ex briganti. Tra loro c'è della gente dabbene e coscienziosa, che ama effettivamente il proprio paese. Per esempio Mustafa Kruja, Sotir Pezzi, Ali Klisura, Kiazim Kozuli, Kocio Tasi, Gemal Bushati, noncl?-è il Sacerdote Don Lorenzo Zaka, per quanto siano di opinioni e vedute diverse, sono, non solo persone oneste, ma godono anche molta popolarità in Albania. Hanno quella popolarità e quella forza morale nel popolo che non ha Zogu, il quale come si è visto nella rivoluzione del luglio 1924, venne da tutti abbandonato e rientrò in Albania soltanto mediante l'aperto ed incondizionato aiuto della Jugoslavia.

A mio avviso, sarà difficile, se non impossibile, che la Jugoslavia riesca a riunire queste forze nazionalistiche albanesi chiedendo loro dei sacrifici. Più di una volta il terreno è stato sondato da questo Governo in tal senso, ma ogni volta sono sorte delle difficoltà. Pare quindi che il Governo S.H.S. continuerà nel suo vecchio sistema cioè di impiegare in un movimento futuro, sia prossimo o lontano, quegli elementi ubbidienti che finiscono per essere sempre più o meno gli stessi. Eventualmente a-l loro fianco verranno posti i componenti il gruppo «Unione Nazionale» che da Bari ha trasferito la sua sede a Vienna ed ha qui i suoi rappresentanti.

Si deve giungere quindi ad una dolorosa constatazione e cioè che il giorno in cui l'Italia cesserà di aiutare con i suoi molteplici e potenti mezzi il Governo di Zogu esso crollerà. Crollerà perchè egli nel paese è più odiato che amato e crollerà perchè i fuorusciti, che come ho detto, godono molta popolarità ed ascendente in Albania si tengono continuamente in contatto coi loro connazionali e finora sono riusciti a tenersi vicino alle frontiere del loro paese. Ve ne sono a Corfù, Gianina, Ocrida, Struga, Dibra, Prizrend, Giacova, Ipek, Flava, Gussigne, Podgoritza, Cettigne ecc.

Ciò stante non sembra che sarebbe inopportuno cercare di attrarre gli ele

menti albanesi sopra citati anche per sottrarli all'influenza dei serbi nelle cui

mani sono un'arma pericolosa.

Una cosa intanto sarebbe fattibile: ottenere che i capi profughi si allontanino dalla Jugoslavia, mentre non sarebbe possibile far allontanare quelle masse che passarono in Jugoslavia dopo la rivoluzione del novembre scorso. Ma da quanto mi viene riferito ci sarebbe modo di paralizzare ogni eventuale azione di queste ultime imposta dalla Jugoslavia, e ciò attraverso il Sacerdote Don Lorenzo Zaka.

A mio avviso sono invece molto pericolosi i profughi dell'Albania settentrionale a Dibra perchè quello è il punto di partenza dei movimenti passati e anche perchè detti profughi sono più guerrieri che non quelli nel sud.

Bisogna poi non trascurare il clero cattolico albanese il quale sta pure per schierarsi dalla parte jugoslava. È indispensabile che venga posto un riparo al fine di rompere quelle trattative che si stanno svolgendo a Scutari tra il clero cattolico e il Console S.H.S. in quella città. Ma ciò si deve fare con mezzi persuasivi e non con la violenza del Governo Albanese che sortirebbe effetto contrario.

Nessuno può disconoscere quanto sarebbe importante cattivarsi i profughi (almeno la parte migliore) al fine di impedire la propaganda contro Ahmed Zogu e contro l'Italia nonchè di ostacolare il lavorio della propaganda massonica e bolscevica (al bolscevismo è passato Fan Noli con cinque o sei suoi aderenti insignificanti) la quale cerca di speculare sulle più piccole circostanze. Cito a tal proposito il periodico albanese Lirija Komtare il quale è già passato a quell'organizzazione di Federazione balcanica che è sovvenzionata dai sovieti.

222

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1460/227. Bucarest, 23 maggio 1927, ore 18 (per. o1·e 21).

Ho chiesto ieri ad Averescu se avesse alcun che d'interessante da dirmi circa recente convegno Piccola Intesa e successiva visita di Mitilineu a Parigi. Mi rispose (e di ciò ebbi la conferma anche da segretario generale di questo ministero affari esteri) che ad una domanda telegrafica di Mitilineu da Praga se egli dovesse inviare senza ritardo relazione per iscritto circa andamento e risultati conferenza, Averescu aveva fatto rispondere che ne lo disimpegnava, bastando che egli avesse riferito a voce al suo prossimo ritorno da Parigi. Averescu pretese quindi non essere ancora informato con esattezza circa convegno di Jachimov ma ritenere che non abbia in nulla cambiato sostanzialmente la situazione. Tale risposta riservata ed evasiva da parte del generale Averescu mi è sembrata in questo momento abbastanza significativa. Quanto all'andata di Mitilineu a Parigi, Averescu mi ripetè, malgrado mia non celata incredulità, che essa era dovuta più che altro a ragioni famiglia e che se ne esagerava molto l'importanza. Osservai che ciò non poteva meravigliare soprattutto per il fatto che visita di Mitilineu a Parigi avveniva immediatamente dopo conferenza della Piccola Intesa. Averescu mi disse allora che Mitilineu avrebbe desiderato recarsi anche a Roma ed a Londra ma che egli Averescu non ne aveva saputo vedere ragioni o ..... (1). Che se, come Averescu desidera e spera, egli potrà tornare

ad Acqui nella prossima estate, Mitilineu potrà prendere quell'occasione per recarsi con un pretesto qualsiasi a trovarlo passando poi anche per Roma. Tutto ciò, da parte del generale Averescu, potrebbe sembrare abbastanza strano a

19 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

chi non sappia che egli tiene a monopolizzare nella sua persona politica del suo paese nei riguardi dell'Italia. E ciò è un danno poichè direttive filo italiane di Averescu appariranno così sempre di più una direttiva personale, senza effettiva compartecipazione ed adesione degli altri partiti e uomini politici romeni.

(l) Gruppo indecifrato.

223

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 40-41) (l)

T. GAB. R. 1483/137. Addis Abeba, 27 maggio 1927, ore 20 (peL ore 1,30 del 28).

Visita S.A.R. duca degli Abruzzi ha fatto constatare come i sentimenti attuali del Governo etiopico siano chiaramente orientati ad un sempre maggior desiderio di amicizia verso l'Italia, oltre che nello scambio di dichiarazioni avvenute nei vari discorsi ufficiali tali sentimenti si sono manifestati in parecchie conversazioni in questi giorni e specialmente in un colloquio confidenziale in cui S.A.R. ha avuto modo accennare con Ras Tafari a questo indirizzo di amichevoli e 'Cordiali rapporti che può essere base di una proficua collabora zione economica fra i due governi. La presenza di S. E. Gasparini al colloquit· ha permesso di trattare in questa occasione il miglioramento e lo sviluppo dei rapporti fra l'Eritrea e l'Abissinia, e considerare in questo campo, col concorso di Guariglia, il progetto già da me concretato col Ras circa la strada Dessié Assab, zona franca etiopi,ca in Assab. Ras Tafari ha riconosciuto utilità per l'Etiopia di un tale progetto e manifestato suo proponimento continuare trat· tative già con me avviate. Per lo svolgimento di esse ho preso accordi con Gasparini e Guariglia sulla base dell'ultimo telegramma inviato al ministro Federzoni da Asmara da S. E. Gasparini circa formula analoga a quella per

Chisimaio. Anche dopo tale colloquio Ras Tafari in diverse occasioni ha manifestato con S.A.R. e con noi viva ammirazione per V. E. e piena fiducia per azione politica dell'Italia nei riguardi dell'Etiopia. * Dal punto di vista politico abbiamo concretato un comunicato ufficiale su cui Tafari ha dichiarato di convenire e che sottopongo a parte a V. E. per la pubblicazione nell'agenzia Stefani.*

224

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE E AGLI UFFICI CONSOLARI

T. GAB. (P. R.) 298. Roma, 28 maggio 1927, ore 2,30.

Il discorso che il primo ministro ha pronunciato ieri alla camera dei deputati è la sintesi definitiva del primo quinquennio di suo Governo. Il Duce ha passato in esame la vita del paese, il suo passato, il suo presente, ha tracciato le direttive per il suo divenire.

La sua parola deve giungere fino al più lontano e al più umile degli italiani che vivono oltre i confini. Gli stranieri troveranno nel discorso del primo ministro seri motivi di riflessione, di comprensione, di monito.

Affido a tutti i rappresentanti all'estero, diplomatici e consoli, il compito di dare a questo documento di altissima importanza la maggiore integrale diffusione ed il maggiore rilievo.

Ho disposto che a tutti gli uffici diplomatici e consolari venga inviato un congruo numero di esemplari del discorso di S. E. il primo ministro.

(l) Il testo ed. in VEDOVATO è quello trasmesso al ministero delle Colonie.

225

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 897/374. Roma, 30 maggio 1927, o1·e 15.

Richiamo attenzione di V. E. su telegramma console Ragusa e rapporto Gavotti circa aggressioni ed incidenti antitaliani, la cui gravità non ha precedenti in questi ultimi anni.

Dica Marinkovich che dalla severità delle sanzioni che Governo jugoslavo spero prenderà sui colpevoli o comunque responsabili, potrò misurare quali siano sue reali intenzioni di ristabilire amichevoli rapporti con l'Italia.

226

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. (P. R.) 300/178. Roma, 30 maggio 1927, o1·e 22.

Suo telegramma n. 71 (1).

Capitano Mazzotti nel rapporto trasmessomi da V. S. con telegramma posta

500 mi comunica di essere stato messo a parte del movimento dei fuorusciti

bulgari assoldati dalla Jugoslavia e mi chiede se deve svolgere qualche azione

in proposito. Ciò posto mi sembra che egli potrebbe essere persona adatta per

corrispondere alle conclusioni del suo telegramma n. 71. Prego quindi chia

marlo e dargli istruzioni di continuare contatti iniziati da Manfredini.

(l) Cfr. n. 214.

227

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SEGRETARIO GENERALE ALLE COLONIE, ZOLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. GAB. 899. Roma, 30 maggio 1927, ore 24.

(Per Londra e Colonie). R. ministro Addis Abeba ha telegrafato quanto segue (l):

• Con riferimento ultima parte mio telegramma n. 137 (2) informo V. E. che d'accordo con Ras Tafari ritengo opportuno evitare pubblicazioni comunicati. Visita S.A.R. ha già costituito di per se stessa un tale successo da suscitare gelosie e commenti infiniti. Un comunicato ufficiale sia pure nella [forma] attenuata concordata con Gasparini e Guariglia non potrebbe che suscitare nuovi sospetti col solo risultato di intraLciare note ed importanti trattative tuttora in corso. Tanto più che mentre trattative sono rimaste finora segretissime ho motivo di temere che qualche cosa ne sia trapelato •.

Ho risposto: (Per tutti). Telegramma V. S. n. 143. Approvo.

228

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

L. 2145. Roma, 30 maggio 1927.

Il mio recente discorso (3) non poteva non avere una notevole ripercussione in Germania. Per sua norma il mio linguaggio è stato preciso e duro per le seguenti ragioni:

a) la sconveniente e insistente campagna di gran parte della stampa tedesca sulla inesistente questione dell'Alto Adige

b) il tira e molla del viaggio di Stresemann, il quale mi ha confermato quel che ho sempre pensato di lui; è un massone fradicio e un politicante parlamentarizzato

c) soprattutto l'atteggiamento inqualificabile e unanime della stampa tedesca, di fronte al Patto di Tirana. È accaduto questo, che non c'è stata in

{l) II 28 maggio, t. gab. 1485/143.

Francia, dico Francia, quell'unanimità anti-italiana e jugoslavofila, che c'è stata in Germania. Bisogna persuadere gli stock-preusse che finchè parleranno del Sud-Tirol, non correrà buon sangue fra italiani e tedeschi.

(2) -Cfr. n. 223. (3) -Cfr. il t. gab. 1490/372 del 29 maggio. con cui Aldrovandi chiedeva istruzioni per il caso che Stresemann lo avesse interrogato circa il discorso di Mussolini del 26 maggio.
229

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1535/716. Parigi, 31 maggio 1927 (pe1·. il 4 giugno).

Il signor Mitilineu è ripartito ieri da Fontainebleau per Bucarest. Ha prolungato di ancora due giorni il suo soggiorno in Francia, per riposarsi due giorni a Fontainebleau.

Egli è venuto ed ha dimorato a Parigi quale ministro degli affari esteri della Romania. Come tale ha veduto il capo del Governo ed il ministro degli affari esteri di Francia: come tale ha ricevuto visite e cortesie. La sua non è dunque stata una semplice visita per sole ragioni di famiglia o personali come dapprima è stato detto. Il signor Mitilineu aveva seco il suo capo di gabinetto, e si è costantemente fatto fiancheggiare dal ministro di Romania a Parigi, signor Diamandi. Egli si è trovato qui subito dopo la riunione di Jachimov, subito dopo il viaggio a Londra del presidente della repubblica francese, durante lo svolgimento della crisi anglo-sovietica che ha concluso colla rottura dei rapporti diplomatici tra i due paesi.

Per quanto mi è dato indurre e giudicare, il signor Mitilineu ha voluto marcare che l'atteggiamento della Romania verso la Francia non è modificato in nulla dalle migliorate relazioni tra Romania ed Italia; ha voluto insistere sul desiderio e sull'interesse romeno di vedere Italia e Francia armonizzare i loro rapporti; ha portato personalmente a Parigi l'eco ed il risultato delle discussioni a Jachimov, ha voluto far conoscere e porre chiaramente il punto di vista romeno in merito ai recenti atteggiamenti del Governo ungherese. A me sembra di poter vedere che il problema ungherese non è oggi visto concordemente dai tre Governi della Piccola Intesa e che Bucarest è in proposito poco tranquilla di Praga: così come finora non è stata tranquilla di Praga ed ultimamente anche di Belgrado circa il problema russo.

Per quel che concerne i nostri rapporti colla Romania, il signor Mitilineu mi ha fatto ampie e reiterate dichiarazioni di sincera amicizia, ma è in questo momento da tenersi presente la sensibilità romena circa le nostre relazioni con Budapest. Ogni manifestazione ungherese non completamente rigida di fronte ai trattati di pace ha un immediato e fors'anche esagerato contraccolpo in Romania; gli occhi romeni guardano attentamente alle ripercussioni di tali manifestazioni in Cecoslovacchia ed in Italia. Qui si è coscienti di questa sensibilità e si è pronti a sfruttarla a scopi politici francesi, smorzando od attizzando il fuoco a seconda dei propri calcoli politici.

230

PROMEMORIA (l)

... maggio 1927.

Secondo le ultime informazioni ricevute dalle RR. Ambasciate in Londra, Parigi e Madrid, l'accordo sarebbe prossimo a stabilirsi fra le Delegazioni francese e spagnola che da tre mesi discutono la questione di Tangeri.

Si ritiene perciò utile riassumere e prospettare lo stato delle cose nei riguardi dell'Italia per il caso che il R. Governo fosse invitato quanto prima, insieme con quello inglese, a prendere anch'esso parte alla discussione per addivenire ad un accordo definitivo a quattro.

L'avere il R. Governo, nella estate del passato anno, in seguito alle segnalazioni ed ai suggerimenti della R. Agenzia Diplomatica in Marocco (tel. da Tangeri n. 46 del 17 luglio 1926) soprasseduto ad aderire allo statuto del 1923 sulla base della realizzazione di alcuni desiderata dei quali l'Inghilterra si faceva premura di sollecitare da Francia e da Spagna la soddisfazione e l'avere fatto diramare opportunamente in senso dilatorio dall'« Agenzia di Roma» ii comunicato n. l 73 del 23 luglio, diede agio a Primo de Rivera di affermare la sua tesi estremista della incorporazione di Tangeri alla zona spagnola con il corollario della minaccia di evacuare il Marocco e della proposta di una conferenza.

La viva preoccupazione destata nell'Inghilterra da questo gesto della Spagna e dalla non sfavorevole accoglienza che in massima esso ebbe da parte nostra, indusse il Governo britannico a negoziare per noi presso la Francia quelle maggiori soddisfazioni che ci distogliessero dall'appoggiare la tesi spagnola e ad ottenerci, con gli accordi dell'autunno scorso, la partecipazione, su piede d'eguaglianza, alle conversazioni a quattro che avrebbero seguito le prossime conversazioni franco-spagnole.

Così l'Italia, grazie alla abile mossa compiuta con il surriferito comunicato, conseguiva finalmente vittoria sul punto fondamentale, da essa sostenuto per oltre quattro anni, del suo diritto, quale grande Potenza mediterranea, di partecipare ad una discussione aHa pari con Inghilterra, Francia e Spagna sulla sistemazione di Tangeri; successo diplomatico che sarebbe mancato qualora essa si fosse troppo affrettata a compiere un passo che, nonostante il conseguimento dei vantaggi locali per essa brigati dal Governo inglese, sarebbe stato sempre una menomazione alla questione di principio ed un atto di semplice accettazione delle offerte altrui.

Da quel punto in poi non sarebbe quindi rimasto che da attendere l'esito delle conversazioni franco-spagnole e la convocazione del convegno a quattro.

Senonchè il R. Agente Diplomatico a Tangeri, svolgendo il tema da lui posto fin dall'inizio della sua missione (rapporto del 26 gennaio 1926, n. 22) e in lui radicatosi per la constatazione fatta nei suoi frequenti viaggi attraverso il Marocco dell'attiva e pericolosa opera di snazionalizzazione intrapresa dalla Francia sui 10.000 italiani residenti nel Protettorato (rapporto del 18 maggio 1926, n. 156) con più vasto concetto politico suggeriva di cogliere l'occasione

per conseguire qualcosa di più e prospettava la possibilità di sfruttare la questione di Tangeri per ottenere, in cambio della nostra rinunzia ai privilegi locali che godiamo tuttora nella piccola zona internazionale e della nostra desistenza dalla molesta resistenza passiva che ivi facciamo sulla base di quei privilegi, un miglioramento effettivo delle condizioni del suddetto nucleo italiano nel Protettorato Francese; miglioramento che potrebbe consistere, in linea generale, nella pattuizione a suo favore di uno status analogo a quello che sarà pattuito per gli italiani di Tunisi, per non perdere ad occidente dell'Algeria delle posizioni analoghe a quelle che possediamo ad oriente di essa e preparare così anche da quel lato l'investimento demografico del Nord Africa Francese.

Unico mezzo di impostare tali rivendicazioni sarebbe stato quello di allargare il problema tangerino fino alla costituzione del binomio Tangeri-Marocco: occorreva quindi indurre la Spagna a continuare ad insistere, nelle conversazioni di Parigi, sulla sua pretesa massima in modo da farle fallire e ingenerare in essa la ferma convinzione che il suo beninteso interesse non consiste in qualche rimaneggiamento locale a Tangeri in suo favore, bensì nella radicale revisione della questione marocchina, dalla cui riapertura la Spagna in prima linea, non ha niente da perdere e tutto da guadagnare, e così pure l'Italia indirettamente, dato il carattere non territoriale ma semplicemente nazionale ed economico dei nostri interessi.

Un fronte unico italo-spagnuolo di ferma resistenza passiva, effettivo seppure non apparente, finirebbe, secondo il R. Agente Diplomatico a Tangeri, per indurre la stessa Inghilterra (di cui è noto l'appoggio alla pretesa francese che la questione non possa in alcun caso esorbitare dalle convenzioni del 1923) ad escogitare qualche accomodamento e qualche compenso nel senso desiderato da Spagna e da Italia. Nell'autunno scorso, infatti, come è detto più sopra, al semplice profilarsi sull'orizzonte della possibilità di un siffatto fronte unico italo-spagnolo, il Governo britannico si fece subito parte diligente per accontentarci e ci ottenne le fino allora insperate conversazioni a quattro.

Nel rapporto del R. Agente Diplomatico a Tangeri del 18 dicembre 1926;

n. 458 (l) e nel pro-memoria da lui consegnato personalmente a S. E. il Capo del Governo nel gennaio 1927 (2), è suggerito tutto un programma di • azione comune» da proporsi segretamente alla Spagna per il sabotaggio delle conversazioni di Parigi e per la preparazione di un piano di eque rivendicazioni da chiedere alla Francia a salvaguardia degli italiani e degli spagnoli residenti nel Protettorato Francese.

Fin qui i suggerimenti del R. Agente Diplomatico a Tangeri.

Per quanto poi riguarda l'azione del R. Governo, i contatti con la Spagna in relazione alle conversazioni franco-spagnole di Parigi, hanno inizio -dopo la richiesta, ad essa rivolta come alla Francia, di tenerci al corrente, alla pari che l'Inghilterra, dell'andamento delle conversazioni stesse -con il colloquio del 2 marzo (3) fra S. E. Mussolini e il Marchese de la Vifiaza e culminano con

la lettera in data 21 marzo (l) che il Capo del Governo ha fatto tenere a Primo De Rivera per mano del nuovo Ambasciatore a Madrid. Con queste due importantissime manifestazioni del pensiero politico del

R. Governo resta assodato:

l) • che, previo l'accoglimento delle eventuali richieste italiane, l'Italia preferisce, a tutte le soluzioni escogitabili, l'incorporazione di Tangeri alla zona spagnola».

2) « che l'Italia appoggerà -quando le siano stati riconosciuti i suoi legittimi interessi -la soluzione del problema di Tangeri che sarà più gradita alla Spagna».

In questi termini non si ravvisa un vero e proprio piano di azione comune come quello suggerito dal R. Agente Diplomatico a Tangeri, che il R. Governo, forse per ragioni di politica generale, non ha creduto, almeno finora, di formulare; ma vi si contiene purtuttavia quanto basta per attrarre la Spagna ad una più intima e più costante intesa con l'Italia e per assicurarle che il nostro sostegno in linea di massima non le mancherà mai.

A vero dire, la Spagna non ha risposto alle nostre aperture con quell'unisono che era legittimo aspettarsi. Nell'allocuzione rivolta al Marchese Medici in occasione della presentazione delle credenziali, Re Alfonso ha omesso di dar riscontro alle allusioni che l'Ambasciatore aveva fatte nel suo discorso ad una « collaborazione sempre più intima..... nel Mediteraneo e nel mondo..... nella vita europea e internazionale » tra Italia e Spagna e si è limitato a constatare

• l'affinità politica • dei due Paesi nella difesa dei sani principi opposti alle interne tendenze antistatali. E nelle conversazioni di Parigi, senza dubbio per la preponderante azione francofila del suo Ambasciatore Signor Quiiiones de Leon e per l'azione concomitante dell'Ambasciata di Francia e della propaganda francese a Madrid, la Spagna ha finito per cedere terreno, onde l'accordo sembrava possibile qualche settimana fa su basi assai sensibilmente lontane dalla primitiva tesi intransigente dell'incorporazione di Tangeri alla zona spagnola, per la quale tuttavia Primo De Rivera aveva l'assicurazione esplicita del nostro appoggio.

Da notizie recentissime, pubblicate dai giornali, e che sarebbe bene fossero con maggior certezza e con continunità di contatti controllate dalle RR. Ambasciate a Madrid e a Londra, (quella di Parigi trovandosi in condizioni di inferiorità a causa del rigoroso ermetismo del Quai d'Orsay secondato supinamente dal Signor Quiiiones de Leon) sembrerebbe viceversa che i negoziati fossero di nuovo in alto mare, sì da far prevedere un rinvio delle conversazioni all'autunno.

Ciò premesso, sembra porsi la questione se sia opportuno sorvegliare e cogliere un momento psicologico favorevole per intraprendere presso la Spagna qualche passo atto ad arrestarla sul sentiero delle transazioni, a ricordarle la maggior convenienza per essa di tornare a insistere sulla sua tesi estrema e a dimostrarle in maniera più concreta e più dettagliata quale vantaggio essa

ritrarrebbe in futuro gettando ora d'intesa con noi le basi per un concorde programma di azione non solo a Tangeri, ma in tutto il Marocco.

a) In caso affermativo si potrebbe avviare la delicata e importante trattazione sulla falsariga di quello che è sempre stato il pensiero dominante di Primo De Rivera e che traspare sovente dalle sue dichiarazioni (colpo di scena dell'estate 1926, lettera a S. E. il Capo del Governo, telegrammi della R. Ambasciata a Madrid n. 63 del 26 febbraio 1927 e n. 71 del 4 marzo (1), etc.) cioè la denuncia della convenzione del 1923 ,con il conseguente ritiro dallo statuto di Tangeri e la convocazione di una conferenza generale per il Marocco tipo Algesiras. Gli elementi che dovrebbero costituire da parte spagnola la piattaforma delle rivendicazioni verso la Francia, e che potrebbero esserle al caso opportunamente suggeriti, sono indicati nella lettera particolare (2) del R. Agente Diplomatico in Tangeri a S. E. il Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri in data 21 marzo u. s. (comprotettorato spagnolo non riconosciuto dalla Francia, snazionalizzazione dei numerosi sudditi spagnoli in zona francese sotto l'impero del decreto presidenziale dell'8 novembre 1921, precarietà della frontiera della zona spagnola, etc.).

b) Qualora invece si giudichi preferibile non uscire dal nostro atteggiamento di riserbo fino a che siano conosciuti ufficialmente i risultati positivi delle conversazioni di Parigi, occorrerebbe esaminare a suo tempo se i termini dell'accordo franco-spagnolo esorbitino dal quadro della zona di Tangeri quale essa fu definita dai Trattati da noi sottoscritti, come avverrebbe se la Francia accettasse le domande contenute nell'ultima nota della Delegazione spagnola dell'aprile scorso di cui ci è stata data comunicazione.

Tra queste domande, oltre all'esercizio esclusivo della polizia e del controllo doganale, all'amministratore spagnolo e al rappresentante del Sultano designato dalla Spagna con controllore spagnolo (quest'ultima richiesta sarà quasi sicuramente respinta dalla Francia e costituirà forse lo scoglio di naufragio delle conversazioni) si contiene quella della riduzione a vantaggio della Spagna della zona internazionale delimitata in seguito all'accordo di Algesiras, in cambio di che il vasto e importante paese dei Beni Zerual passerebbe integralmente dalla zona spagnola a quella francese, avvicinando così l'influenza della Francia allo spartiacque tra Atlantico e Mediterraneo con tutte le conseguenze che ciò comporta.

Tratterebbesi dunque di vere e proprie alterazioni di equilibrio territoriale, le quali costituirebbero un più che legittimo argomento per far constatare l'avvenuto ampliamento della discussione fuori dell'ambito della questione tangerina e per chiedere, in cambio della rinunzia alla nostra situazione privilegiata a Tangeri, la concessione di compensi « in altra zona » a simiglianza di quello che la Francia avrebbe ottenuto dalla Spagna in cambio delle analoghe rinunzie sue.

Converrebbe allora forse aspettare che la Spagna stessa, nei termini del suo accordo con la Francia, crei per noi questo titolo di compenso e poi premere sull'Inghilterra facendole intendere come, pur non desiderando creare im

pacci al regolamento delle pendenze franco-spagnole che fosse stato convenuto a Parigi nelle conversazioni a due, non possiamo rinunziare a chiedere alla nostra volta un corrispettivo anche noi in altra zona del Marocco.

Per questo corrispettivo, che si ridurrebbe in fondo alla semplice garanzia effettiva della nazionalità degli italiani nel Protettorato Francese (v. rapporto del R. Agente Diplomatico a Tangeri in data 28 marzo u. s.), sarebbe forse non difficile fare altresì assegnamento sullo spirito di equità che presso il Governo inglese interviene sovente anche in questioni di politica per la speciale mentalità anglo-sassone e che potrebbe essere ravvivato al momento opportuno con un'acconcia campagna di propaganda e di stampa, ricordando e dimostrando come noi ci contentiamo di chiedere che i nostri concittadini non siano snazionalizzati, mentre in tutto il Marocco i sudditi britannici godono ancora il pieno regime delle capitolazioni!

Ad una intesa di tal genere con l'Inghilterra sembrerebbe del resto aprire la via l'atteggiamento di ampia ed esplicita riserva assunto dal Foreign Office di fronte all'eventuale risultato delle conversazioni di Parigi (v. lettera dell'Ambasciatore d'Inghilterra in data ...).

Che se poi l'Inghilterra non ci volesse sostenere in alcuna misura, si potrebbe assumere un atteggiamento negativo resistendo sulle nostre posizioni attuali, ciò che sconcerterebbe soprattutto la Spagna divenuta potenza preponderante a Tangeri, e la indurrebbe a riflettere se le convenga, ai fini della sua politica generale, trasformarsi in nostra antagonista ovvero appoggiare le nostre richieste di compensi per gli italiani della zona francese.

In tal caso bisognerebbe però assicurarci che gli Stati Uniti continuino a fianco nostro nella politica di non adesione allo Statuto e di conservazione dei privilegi capitolari a Tangeri, giacchè se l'America si lasciasse convincere a rinunziare a quei privilegi e rimanessimo soli noi a goderne, la Francia potrebbe giuocarci il colpo, improbabile, ma non impossibile (v. rapporto del R. Agente Diplomatico a Tangeri del 25 luglio 1926 n. 246) della denuncia delle capitolazioni da parte del Sultano nella zona internazionale, cosa che non oserebbe certo fare nei riguardi dell'America. Fino ad oggi gli Stati Uniti hanno resistito ad ogni lusinga seguendo l'indirizzo costantemente suggerito dal loro Agente Diplomatico Mr. Blake, i cui consigli mi risultano assai apprezzati e seguiti dal Dipartimento di Stato, ma non si sa mai quale pressione possano esercitare le altre Potenze a nostra insaputa sul Governo di Washington, onde l'unità del fronte di resistenza italo-americano a Tangeri merita di essere sorvegliata e assicurata a priori con la più grande attenzione.

c) Nel caso infine che per considerazioni generali non si volesse assolutamente adottare una politica di resistenza o che la Spagna cedesse su tutta la linea, sì da non lasciare a noi nessun appiglio per allargare la questione oltre la zona di Tangeri, resterebbe pur sempre da sabotare abilmente le conversazioni a quattro in modo che approdassero a una rottura, ovvero, se nemmeno ciò riuscisse possibile, impostare le nostre richieste di partecipazione all'amministrazione di Tangeri nel modo indicato nel rapporto del R. Agente Diplomatico in data 28 marzo, per poter essere sempre pronti ad assecondare validamente in avvenire tutti i perturbamenti cui senza dubbio seguiterà a dar luogo l'artificioso e ibrido carattere internazionale della città.

In conclusione, la nostra direttiva, per quanto riguarda Tangeri e il Marocco, dove abbiamo in un recente passato fatto tante rinunzie, sembra non dovere essere altra che quella di contribuire a mantenere con ogni mezzo la situazione politica del paese in condizioni precarie, giacchè soltanto nelle complicanze della medesima noi potremo riguadagnare qualcosa di quanto vi abbiamo perduto.

Ed anche se (come scriveva il R. Agente Diplomatico in Tangeri a S. E. Grandi nella surriferita lettera particolare del 21 marzo u. s.) non ci sia da farsi soverchie illusioni che nel convegno cui saremo prossimamente invitati ci riesca di effettuare tale ricupero, converrebbe in ogni caso manovrare in modo che il convegno stesso offra a noi, con o senza la connivenza Spagnuola e Britannica, almeno il destro di fare una solenne affermazione di principio proclamando e provando ufficialmente in faccia al mondo il nostro buon diritto di arrestare l'artificioso processo di esclusiva francesizzazione a oltranza dell'Africa Minore. Sarebbe questo un gesto di grande valore morale e di grande portata per l'avvenire del Mediterraneo Occidentale.

(l) La minuta è anonima e senza destinatario; forse dell'Ufficio V Europa e Levante.

(l) -Cfr. serie VII, IV, n. 550. (2) -Il promemoria, che non è stato pubblicato, reca l'annotazione a margine di Mussolini: • Molto impc.rtante. Mettere allo studio dare corso e riferire •. Esso si conserva in un fascicolo che reca l'annotazione: « Parlarne al nuovo ministro a Tangeri ». (3) -Cfr. n. 39.

(l) Cfr. n. 87.

(l) -Cfr. n. 45. (2) -Cfr. n. 89.
231

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. lBerlina], l giugno 1927.

La ringrazio della Sua personale, in data 30 maggio (1). Non mancherò di parlare in conformità al contenuto di essa con Stresemann, se me ne darà occasione, altrimenti la cercherò.

Stresemann, la stampa tedesca, parte della popolazione tedesca, per vari motivi semplicisti, ingenui, complessi di ignoranza e di orgoglio, sono quel che sono nei riguardi dell'Italia.

Come V. E. sa, la politica estera della Germania, per anni ancora militarmente impotente, è quella di cercare, o fingere, il pacifismo, l'intesa con la Francia, per liberarsi in primo luogo dell'occupazione renana. Poi cercherà liberarsi del piano Dawes.

Tra Jugoslavia ed Italia, ed in consimili circostanze, la Germania, per un fenomeno psicologico spiegabile, sebbene altamente impolitico, è indotta a volgere le sue simpatie verso il più debole, perchè ciò dà a lei stessa l'impressione fuggevole di una propria ipotetica forza. Ma, se richiamata, si corregge; come è avvenuto or non è molto verso di noi per il patto di Tirana.

Ritengo intanto utile ed efficace ogni opportunità, come questa, per la chiarificazione dei nostri rapporti.

Mi dispiace non poter ripetere a Stresemann la definizione di V. E. che lo concerne personalmente, ma troverò modo di dirgliene il contenuto in forma indiretta.

Tale definizione è giustissima. Ma è difficile cambiare l'uomo. D'altronde, come molti constatano, la maggior forza nella sua posizione di Ministro degli Esteri è che non si vede in Germania chi possa sostituirlo.

(l) Cfr. n. 228.

232

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, E A BELGRADO, BODRERO

T. 2824. Roma, 3 giugno 1927, ore 2.

Secondo notizia Reichpost riportata da stampa italiana, giornali venizelisti Atene riferiscono che Briand, durante soggiorno Londra, sarebbesi intrattenuto diffusamente con Chamberlain su rapporti con Jugoslavia e Grecia. Due uomini stato avrebbero deciso influire tanto Atene quanto Belgrado per alleanza fra due stati balcanici. Tale proposito secondo stessi giornali ateniesi sarebbe stato condotto effetto in entrambe capitali tra ambasciatori Francia e Inghilterra.

Prego V. E. (V. S.) informarmi telegraficamente.

233

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 912/384. Roma, 3 giugno 1927, ore 14,45.

Faccia intendere al signor Marinkovich che non è opportuno e può essere pericoloso tirare troppo la corda a proposito dell'arresto del dragomanno Giurascovich (l) sulla cui identità e funzione non è fatta chiara luce. Ministro italiano a Durazzo ha svolto in questi giorni opera intensamente moderatrice. Linee di soluzione incidente possono essere le seguenti:

Governo S. H. S. ritira la nota che è stata assolutamente eccessiva nella forma e nella sostanza nonchè sproporzionata alla reale entità dell'incidente. Per converso Ahmed Zogu -ritirata la nota -farà scarcerare entro cinque giorni il dragomanno. Questa soluzione è logica e non offende nè il prestigio

S. H. S. nè quello albanese. Va da sè che questa non è una proposta formale e ufficiale. Ma poichè mi risulta che su queste basi anche Governo albanese riterrebbe chiuso incidente, avanzo suggerimento perchè Governo S. H. S. acceda a questa formula che liquiderebbe onorevolmente per ambedue stati incidente. Si rechi da Marinkovich e poi riferisca.

(l) Secondo Sola, invece, a Giuraskovié non spettava la qualifica di dragomanno nè, quindi, l'immunità diplomatica.

234

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 913/409. Roma, 3 giugno 1927, ore 14,45.

Comunico telegramma inviato urgenza Belgrado:

• Faccia intendere... ecc. • fino alla fine (come nel telegramma 912/384 diretto a Belgrado) (1).

N e dia notizia Ahmed Zogu confermandogli mio appoggio e solidarietà perchè incidente abbia per Governo albanese soddisfacente soluzione.

235

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1534/490. Belgrado, 3 giugno 1927, ore 23,50 (peT. ore 4,30 det 4).

Telegramma di V. E. n. 912/384 (1).

Mi sono recato immediatamente da Marinkovich e gli ho fatta la comunicazione e la proposta di cui al telegramma di V. E. sopra indicato. Ho ben marcato che trattavasi di proposta nè formale nè ufficiale. Signor Marinkovich mi ha pregato ringraziare V. E. di cui apprezzava opera mediatrice e mi ha riferito che questa mattina Zeno bey si era presentato a lui latore di un telegramma col quale Ahmed Zogu gli faceva sapere che per un riguardo personale a lui Marinkovich e per le relazioni cordiali fra i due paesi, egli offriva di mettere in libertà subito il dragomanno purchè il Governo S. H. S. avesse ordinato al suo incaricato d'affari di « addolcire » le frasi ritenute offensive della nota. Marinkovich ha risposto che ormai le cose erano andate troppo avanti e che quindi gli era impossibile accogliere tale richiesta. Il signor Marinkovich ha soggiunto che tuttavia per provare a V. E. quali siano le sue intenzioni e per deferenza verso V. E. egli, malgrado avesse questa mattina rifiutato categoricamente la proposta simile fattagli direttamente dal presidente della repubblica albanese, proponeva la seguente soluzione: Ahmed Zogu faccia scarcerare subito il dragomanno; per contro Marinkovich si impegna di telegrafare al suo incaricato d'affari a Tirana di comunicargli immediatamente il testo della nota (che egli ancora non conosce) e di esaminarla con me per togliervi qualsiasi espressione che possa offendere prestigio albanese e opportunamente modificarla d'accordo.

Marinkovich mi ha pregato di portare subito quanto precede a conoscenza di V. E. Egli ha tenuto ad insistere che intende con tale nuova proposta fare speciale atto di deferenza verso V. E. di cui attende conoscere d'urgenza il

pensiero, avendo egli col categorico rifiuto di stamane assunto una posizione dalla quale la nuova proposta lo farebbe recedere. Credo opportuno informare V. E. che risposta data stamane da Marinkovich alla proposta di Ahmed Zogu mi viene confermata da solita sicura fonte.

(l) Cfr. n. 233.

236

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. 920/364. Roma, 4 giugno 1927, ore 13,45.

Mi risulta che negli ambienti della banca Morgan il mio recente discorso sarebbe stato considerato minaccioso e pericoloso ai fini della pace e questo spiegherebbe una certa pesantezza sopravvenuta nelle quotazioni dei titoli italiani sul mercato americano. Pare che suddetti ambienti siano rimasti impressionati dalla mia affermazione che Italia deve poter mobilitare cinque milioni di uomini. Bisogna trovare occasione di spiegare che questa non è una minaccia per la pace ma il minimo necessario per difendere indipendenza paese in caso di guerra. Il fatto che si sappia essere pronta Italia a compiere questo sforzo è migliore garanzia di pace. Altra parte forze navali e terrestri italiane sono inferiori della metà di quelle francesi come il totale delle spese militari italiane rappresenta il 50 % di quelle francesi. Il mio discorso non va giudicato da un solo frammento ma dall'insieme. La stessa enunciazione del fabbisogno militare dell'Italia fu fatta allo scopo di tendere tutte le energie della nazione nell'intensificare lavoro in ogni campo. Politica Italia è pacifica ma, date tendenze e grandi armamenti paesi limitrofi, Italia deve prepararsi per essere in grado di fronteggiare ogni evento.

237

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 1537/402. Durazzo, 4 giugno 1927, ore 12,35.

Da Tirana. In questo momento incaricato d'affari jugoslavo ha.chiesto passaporti che gli sono stati accordati. Zeno bey telegrafa da Belgrado che quel ministro affari esteri ha dichiarato ieri alla stampa che se entro 24 ore Giurascovich non fosse stato rilasciato, egli avrebbe richiamato missione diplomatica da Tirana. Ho avuto lungo colloquio con presidente della repubblica che riferirò più tardi. Gli ho ripetuto che Italia sta presso all'Albania. Presidente è rimasto estremamente commosso per il telegramma di V. E. n. 409 (l) e mi ha pregato farle pervenire i suoi ringraziamenti. Sebbene io stia in permanenza a Tirana prego V. E. continuare a telegrafare a Durazzo.

(l) Cfr. n. 234.

238

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 923/353. Roma, 4 giugno 1927, ore 21.

Richiami attenzione circoli governativi e giornalistici anti-bolscevichi sul manifesto diramato oggi dal P.N.F.

239

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 924/387. Roma, 4 giugno 1927, ore 21.

Avevo già preparato risposta al suo telegramma 470 (l) quando mi è giunto telegramma del R. ministro a Durazzo, in data di oggi 4 giugno ore 12,35, che mi annunzia che l'incaricato di affari jugoslavo a Tirana ha chiesto stamane passaporti che gli sono stati accordati (2).

Ciò rende superfluo che io dia una risposta qualsiasi al signor Marinkovich il quale mentre faceva a me delle proposte più o meno conciliative determinava a Tirana il fatto compiuto.

Il signor Marinkovich non si stupirà, se io rinvierò ancora il colloquio con Rakich che avevo fissato per lunedì venturo.

240

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1545/406. Dumzzo, 4 giugno 1927, ore 23 (per. ore 2,50 deL 5).

Seguito del numero precedente (3).

Presidente assalito da varie parti, ha spedito Gemi! Dino da me per sentire mio avviso. Gemil Dino mi ha esposto come segue proprio pensiero. Albania deve assolutamente cedere. Essa potrebbe indirizzare un memorandum alle grandi potenze, dichiarando che si arrende su loro consiglio e specialmente su consiglio dell'Italia.

Memorandum dovrebbe aggiungere che Albania intende così assicurare la pace nei Balcani, nella speranza che Jugoslavia in avvenire abbia a dimostrar[si] più rispettosa delle prerogative albanesi. Ho risposto che giudice del prestigio albanese era soltanto questo Governo e non avevo quindi una opinione da esprimere a riguardo. Allusione all'Italia nella forma da lui suggerita non poteva però

essere da me consentita, perchè io avevo dato e davo consiglio di moderazione, ma non avrei ·certo veduto con piacere Albania scendere [così] in basso nella scala dei valori internazionali. Riferita tale mia risposta al consiglio dei ministri Ahmed Zogu mi ha fatto nuovamente chiamare, dichiarandomi ancora una volta, alla presenza di Gemi! Dino e del ministro degli esteri, che egli non poteva umiliare l'Albania fino al punto desiderato dal ministro d'Inghilterra e da tutti gli elementi jugoslavofili che rigurgitavano intorno [a lui] e che anzi era venuta finalmente l'ora di liberare una volta per sempre la vita pubblica albanese da tale genia. Allontanato[mi], il consiglio dei ministri ha deliberato dopo tempestosa seduta, dico tempestosa, [di non] rilasciare [Giuraskovich] e di dirigere in questo senso una nota all'incaricato di affari jugoslavo esprimendo però il rincrescimento dell'Albania di vedere partire la rappresentanza diplomatica. Nota [di] risposta alle richieste jugoslave doveva essere consegnata immediatamente. Consiglio dei ministri su proposta di Gemi! Dino aveva inoltre deliberato di informare di quanto era avvenuto i rappresentanti delle grandi potenze qui accreditati. In tale penosa intervista presidente mi ha dichiarato che si riserva di esporre il caso alla Società delle Nazioni, con riferimento a quanto sancisce articolo 12 del covenant. Nonostante la coraggiosa deliberazione presa, dovuta specialmente all'attitudine ferma e decisa di Feyzi bey, che ha rivelato in questa occasione di essere uomo che [sa] aver una linea di condotta politka, il presidente della repubblica, in seguito rinnovati tentativi di Gemi! Dino, mi ha fatto chiamare per un terzo colloquio svoltosi fra le quattro e le sei pomeridiane. [L'invio] della nota (già firmata da Feizi bey, di cui egli mi ha dato lettura: nota del resto che io conoscevo perchè la avevo redatta a richiesta di Feizi bey fin da ieri sera) era subordinato al consenso per il ricorso alla Società delle Nazioni. Mi ha posto quindi di fronte al dilemma: o mio consenso al ricorso,

o immediata liberazione del Giurascovich. Il presente telegramma continua (1).

(l) Sic, ma si tratta certamente del 490, cfr. n. 235.

(2) Cfr. n. 237.

(3) T. gab. 1543/405, che non si pubblica.

241

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3762/225. Atene, 4 giugno 1927, ore 23,30 (per, ore 8 del 5).

Telegramma di V. E. n. 2824/236 (2).

Non posso escludere in modo assoluto che [dal] cumulo di informazioni contraddittorie e senza dubbio in gran parte fantastiche riferite dalla stampa in occasione recente visita presidente della repubblica francese a Londra sia sfuggito di ... (3) pubblicazione su qualche foglio ateniese della notizia menzionata dal suddetto telegramma. Malgrado però accurate ricerche fatte presso centri giornalistici più competenti di questa capitale non mi è riuscito fino a questo momento rintracciare l'accenno in parola. Continuo indagini e riservomi se del

caso riferire. Ho intanto sotto forma del tutto incidentale accennato alla cosa in discorso con questo mio collega d'Inghilterra prendendo le mosse dall'attuale viaggio di Michalacopoulos e dalle sue possibili conversazioni a Ginevra. Sir Percy Loraine, che ha dato alla nostra amichevole conversazione carattere personale e strettamente confidenziale, mi ha in sostanza dichiarato categoricamente che egli ancora non ha ricevuto dal Foreign Office alcun rendiconto delle conversazioni Briand-Chamberlain. Ciò nonostante non ha notato in alcun giornale nè greco nè di altro paese la notizia riportata dalla Reichpost. Non ha ricevuto alcuna istruzione di spingere comunque la Grecia a concludere una particolare alleanza colla Serbia e non ha mai agito in tal senso presso questo Governo. Il punto di vista britannico circa le relazioni tra stati balcanici rimane quello pubblicamente fatto conoscere da tempo da Chamberlain ma ad ogni modo favorevole alla conclusione di una Locarno balcanica senza peraltro speciali pressioni ed attendendo che le circostanze vi siano propizie. Per quanto concerne le particolari relazioni greco-serbe tale punto di vista consiste, secondo le direttive che ha finora il mio interlocutore, nel rimanere osservatori lasciando che esse trovino direttamente la via a loro naturale svolgimento. Se giungono pacificamente ad un componimento per la questione di Saloni-eco tanto meglio, ma non esercita alcuna pressione in un qualunque senso determinato. Lunedì tasterò il terreno col dovuto tatto presso questo segretario generale esteri, in assenza del ministro partito per Ginevra. Malgrado quanto dettomi da Michalacopoulos circa atteggiamento francese (mio telegramma n. 221 del 2 corr.) (l) tale linea di condotta [è] di indagare anche presso il mio collega di Francia essendo d'altronde pubblicamente noto che il Quai d'Orsay ha sempre propugnato il rinnovamento dell'antico accordo serbo-greco.

(l) -Cfr. n. 244. (2) -Cfr. n. 232. (3) -Gruppo indecifrato.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. 925. Roma, 5 giugno 1972, ore l (2).

Il R. incaricato d'affari a Durazzo mi telegrafa che nella mattinata di oggi quattro giugno l'incaricato d'affari jugoslavo a Tirana ha chiesto passaporti che gli sono stati accordati (3).

Il ritmo incalzante che la Jugoslavia ha voluto dare all'incidente determinato dall'arresto del cittadino albanese (dico albanese) Giurascovich qualificato come dragomanno della legazione jugoslava a Tirana non ha permesso uno scambio generale di idee fra le potenze per potere esercitare una qualsiasi azione conciliativa. Il R. Governo avrebbe avuto a cuore di poterlo fare non appena chiariti alcuni elementi fondamentali della vertenza come quello relativo alla

~() -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

esistenza o meno di una comunicazione che avesse notificato al Governo albanese l'effettiva appartenenza del signor Giurascovich al personale della legazione jugoslava. Mentre esso faceva raccogliere dati precisi a questo riguardo, le circostanze si aggravarono notevolmente e costrinsero il R. Governo a fare da solo un tentativo di conciliazione verso il Governo di Belgrado, mentre non erano sin dal primo momento mancati i più ampi consigli di moderazione al Governo albanese. Nel momento sopra accennato la tesi di quest'ultimo Governo era divenuta già sufficientemente remissiva per far credere che una via di uscita onorevole per ambedue le parti fosse possibile. In sostanza il Governo albanese, il quale aveva le prove della cittadinanza albanese del signor Giurascovich e non aveva mai ricevuto (come è stato più oltre accertato definitivamente) alcuna notifica della appartenenza di detto signore alla missione diplomatica jugoslava a Tirana, non insisteva più sopra l'arresto di lui compiuto nell'esercizio di un incontestabile diritto di sovranità ma chiedeva solo che una nota sconveniente direttagli dall'incaricato di affari jugoslavo fosse sostituita con altra più riguardosa. A questo atteggiamento remissivo, il Governo jugoslavo rispose che manteneva la nota dell'incaricato d'affari ed esigeva l'immediata liberazione del cosiddetto interprete. Il R. Governo a questo punto [credette] di dover far pervenire al Governo jugoslavo un consiglio niente affatto formale nè ufficiale ma del tutto amichevole per cercare una via di uscita soddisfacente (1). La proposta del R. Governo era che quello jugoslavo ritirasse la nota dell'incaricato d'affari contro di che il Governo albanese avrebbe liberato dopo cinque giorni il cosiddetto dragomanno. Il signor Marinkovich si dimostrò molto sensibile al suggerimento italiano (2) e dichiarò che per deferenza a me avrebbe acconsentito alla seguente soluzione: l 0 ) il Governo albanese doveva liberare immediatamente il così detto dragomanno; 2°) il Governo jugoslavo solo dopo la liberazione avrebbe esaminato il testo della nota (che non conosceva) del suo incaricato d'affari a Tirana e l'avrebbe addolcita di accordo col

R. ministro a Belgrado. Queste proposte di Marinkovich partirono da Belgrado ieri sera 3 giugno alle ore 23,50 e pervennero a Roma nella mattinata di oggi. Io mi accingevo a rispondere in merito quando mi è pervenuto il telegramma (3) da Durazzo che annunziava l'avvenuta domanda dei passaporti da parte della legazione jugoslava e l'avvenuto rilascio di essi da parte albanese. Il R. Governo non ha potuto che limitarsi a comunicare al suo ministro a Belgrado che tutto ciò rendeva superflua una risposta italiana al signor Marinkovich il quale mentre faceva a me proposte più o meno conciliative determinava a Tirana il fatto compiuto (4).

Ho voluto esporre lo svolgimento dei fatti, le ragioni giuridiche che stanno a sostegno della misura albanese, l'atteggiamento tuttavia remissivo del Governo albanese, il tentativo di conciliazione italiano e l'improvviso gesto di rottura della Jugoslavia con l'Albania mentre era in corso il suddetto nostro tentativo, tutto ciò affinchè V. E. sia in grado di esporlo -a puro titolo di notizia -a codesto ministro degli affari esteri prima che da parte jugoslava vengano messe

in giro versioni che per tentare di giustificare l'inconsulto atto di intransigenza di quel Governo non possono che partire da alterazioni della verità. Il presente telegramma è diretto alle RR. ambasciate a Londra, Parigi, Berlir,o e Washington.

(l) -T. 3709/221, che non si pubblica. (2) -Questo e il tel. successivo furono minutati la sera del 4 giugn<J. (3) -Cfr. n. 237. (l) -Cfr. n. 233. (2) -Cfr. n. 235. (3) -Cfr. n. 237. (4) -Cfr. n. 239.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 922/415. Roma, 5 giugno 1927, ore 3.

Suo telegramma 402 (1). Stamane ho ricevuto seguente telegramma di Bodrero: (come ne! telegramma 490 da Belgrado di collez. 1534 Gab.) (2). Ho risposto come segue : (come nel telegramma a Belgrado di collez. 924/387) (3). Espongo ora a V. S. le mie idee su questa rapida vertenza ora che le circostanze si sono sviluppate.

La Jugoslavia cercava un facile successo sull'Albania per rialzare il suo prestigio nei Balcani. A noi interessava di non farglielo conseguire, ma interessava altresì di dimostrare che da parte albanese ed ancora di più da parte italiana si era fatto tutto il possibile per moderare i termini della vertenza ed offrirle vie di uscita conciliative. Il passo che ho fatto compiere ieri a Belgrado tendeva a questa duplice alternativa: o la Jugoslavia entrava nell'ordine di idee conciliative ed allora non conseguiva il successo, ovvero essa rivelava di volere ad ogni costo una soluzione di prepotenza.

Questa seconda via è quella che essa ha prescelto pur cercando di adescarmi con parole di deferenza e di remissività che aggravano ora il carattere inconsulto del suo gesto e mettono in rilievo che da parte dell'Italia si erano fatti degli sforzi conciliativi di cui la Jugoslavia non ha tenuto alcun conto.

La parte moderatrice da lei svolta presso codesto Governo ha corrisposto pienamente a queste direttive, ma bene ha fatto V. S. di non far giungere tale spirito di moderazione sino a far piegare il signor Ahmed Zogu dinanzi all'intransigenza jugoslava giacchè questa resa senza condizioni avrebbe unicamente giovato al fine jugoslavo di procacciarsi un successo ad ogni costo.

Per quelle eventualità di qualsiasi genere che potessero manifestarsi prima della effettiva partenza del personale diplomatico jugoslavo, mi preme avere da lei conferma che lo spirito di codesto Governo, per quanto giustamente desideroso di forme conciliative che io sono il primo a suggerire, non si accosti però all'idea di giungere forse all'ultimo momento ad una resa assoluta dinanzi all'effettivo avverarsi della partenza della legazione jugoslava.

Questo sarebbe il peggio che potrebbe avvenire specialmente essendo arrivate le cose a questo punto.

A lei poi riservatamente dirò che la rottura jugoslavo-albanese, così come è avvenuta e cioè con la documentazione dello spirito di accanimento della Jugoslavia, è per noi avvenimento politicamente favorevole per queste ragioni:

l) rende la Jugoslavia assente dal terreno albanese, !asciandole solo la possibilità di agire in forma di intrigo e di torbido;

2) butta ancora di più Ahmed Zogu nelle nostre mani, togliendogli la possibilità di premere sopra di noi mercè il solito giuoco di contrappeso jugoslavo;

3) conferisce nuovo credito alle nostre segnalazioni dello spirito di avventura jugoslavo;

4) ci mette nella situazione di avocare a noi un eventuale riavvicinamento della Jugoslavia e dell'Albania e di valorizzare la nostra parte di tutori dell'Albania nel senso che occorra passare da Roma per ritornare a Tirana.

Concludendo, la rottura jugoslavo-albanese è un avvenimento favorevole dato che avviene con evidente premeditazione jugoslava. Bisogna evitare oramai ogni resipiscenza. Bisogna dare l'impressione che c'era e c'è sempre da intendersi sopra un terreno di transazione come quello proposto, ma che oramai è troppo tardi. Al punto in cui sono le cose ogni altra soluzione avrebbe aspetto di una resa a discrezione.

(l) -Cfr. n. 237. (2) -Cfr. n. 235. (3) -Cfr. n. 239.
244

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1546/407o Dumzzo, 5 giugno 1927, ore 2,30 (per. ore 7).

Seguito del numero precedente (1).

Ho risposto che della opportunità della resa a discrezione del Governo albanese era giudice autorizzato solo lui, tutore naturale del prestigio e della dignità dell'Albania. In quanto al ricorso alla Società Nazioni, dovevo dichiarargli che esso non era necessario, e quindi era inutile anzi dannoso. L'articolo 12 del covenant faceva obbligo al ricorso solo nella eventualità di una minaccia di « rottura » fra due membri della società, cioè in caso di minaccia di • conflitto •. Nell'incidente in esame ·c'era soltanto una sospensione di rapporti diplomatici e nessun imminente pericolo di conflitto. lo temevo poi che l'istituto di Ginevra, in forza dell'articolo predetto, potesse ordinare un'inchiesta, che fatalmente, dall'esame del caso Giuraskovic sarebbe passata all'esame dei rapporti fra l'Albania e la Jugoslavia, ciò che avrebbe potuto mettere sul tappeto il trattato di Tirana. Era ovvio che l'Italia e l'Albania si sarebbero a ciò opposte, ma temevo sempre il fatto che avremmo dovuto sostenere una inutile polemica.

I miei argomenti, che ho qui appena accennati, non sono però valsi a smuovere il presidente dall'idea che Gemi! Dino aveva radicato nel suo cervello. È avvenuto anzi che ad un certo punto Gemil Dino, convinto delle mie argomentazioni, ha ceduto, mentre il presidente, timoroso di far cosa contraria alla

deliberazione presa dal consiglio dei ministri, si è mantenuto fermo nella sua idea. In via transattiva ha ottenuto che non si faccia un vero e proprio ricorso in tal senso e non si citi nè l'articolo 12 nè altri articoli del covenant, ma si esponga puramente e semplicemente il caso occorso, a semplice titolo di notifica. Circa il memorandum da indirizzare alle grandi potenze, non potendosi conseguire che fosse soppresso completamente, ho ottenuto che esso venga indistintamente diretto, a semplice titolo di notifica degli avvenimenti occorsi a tutte le potenze, grandi e piccole qui accreditate. Ho chiesto poi e ottenuto che si faccia subito un comunicato alla stampa per mettere in chiaro l'atteggiamento di estrema moderazione, e la volontà conciliatrice, dimostrata dal Governo albanese in tutta questa malaugurata faccenda. Telegraferò domani i tre documenti. È assai spiacevole che atteggiamento disfattista tenuto da Gemil Dino mi abbia costretto, in qualche fase della discussione, a mostrarmi poco incline a una resa a discrezione del Governo albanese, mentre che io mi ero studiato di mantenere una linea di condotta estremamente neutrale anzi a dare quei consigli di moderazione che devono provenire dal rappresentante di una grande potenza.

Ho giudicato però che se l'Albania si fosse umiliata ai piedi della Jugoslavia, noi avremmo perduto gran parte della nostra influenza in questo paese, ed avremmo incoraggiato la Jugoslavia ad osare, in avvenire, ogni sopruso, con una minaccia quindi molto più seria per la pace europea.

Il pretesto invece sul quale la Jugoslavia rompe oggi i rapporti diplomatici con l'Albania, è così mal scelto, ed è giuridicamente così poco sostenibile che il suo prestigio non ne dovrebbe uscire accresciuto. Occorre però che la stampa internazionale venga illuminata sulle circostanze di questa rottura. Negli intervalli fra i tre colloqui col presidente, e fra i numerosi colloqui coi ministri albanesi, ho avvicinato parecchi corrispondenti stranieri, fornendo ad essi elementi necessari per illustrare sia l'opera moderatrice esercitata dall'Italia, sia lo spirito conciliativo dimostrato dall'Albania. Ho potuto vedere il corrispondente del Times solo dopo che aveva già telegrafato notizie inesatte, che mi ha promesso di rettificare. Lascio considerare a V. E. se non sia il caso diramare un comunicato per spiegare l'opera conciliativa da noi qui esercitata, perchè è assai probabile che da circoli a noi avversi venga sparsa la leggenda che l'Italia abbia [soffiato] sul fuoco e che questa R. rappresentanza abbia impedito la soluzione dell'incidente.

(l) Cfr. n. 2-!0.

245

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1552/495. Belgrado, 6 giugno 1927, ore 0,50 (pe1·. ore 5).

Telegramma di V. E. n. 924/387 (1). Ho veduto Marinkovich oggi alle 12. Mi sono contenuto con lui in conformità del telegramma di V. E. cui rispondo.

Marinkovich è rimasto assai turbato e mi ha detto che tanto più si rendeva perfetto conto della [impressione] che traspariva dalla comunicazione della

E. v. Egli si rammaricava profondamente di ciò, ed ebbe la ingenuità di confessarmi di aver avuto il torto di non inviare subito dopo il colloquio con me opportune istruzioni al suo incaricato d'affari a Tirana perchè non affrettasse esecuzione termini della nota. Ma, secondo lui, tale omissione non sarebbe stata nè voluta nè premeditata. Egli non ci aveva pensato (sic) nè se ne era preoccupato perchè personalmente credeva che Governo di Tirana avrebbe temporeggiato nell'accedere alla richiesta dei passaporti, dando così tempo allo svolgimento dell'opera mediatrice dell'E. V. Era rimasto pertanto sorpreso egli stesso della pronta accondiscendenza di Tirana. Per ben precisare la sua responsabilità ho ripetuto al sig. Marinkovich quanto egli mi aveva detto e che forma oggetto del mio telegramma n. 490 (1).

Egli mi ha detto che nulla aveva da aggiungere o mutare e che io avevo perfettamente riprodotto il suo pensiero e la sua parola.

Ho osservato al sig. Marinkovich che da tutta l'azione del Governo S. H. S. e soprattutto della legazione a Tirana in questa circostanza, traspariva una precipitazione e una intransigenza eccessiva, certamente sproporzionata all'entità dell'incidente. E, valendomi delle notizie trasmessemi dalla R. legazione a Durazzo, gli ho illustrato opportunamente reale portata e valutazione dei fatti, nonchè la losca figura di questo cittadino albanese al servizio della Jugoslavia di cui il Governo S. H. S. prendeva le difese con tanto zelo.

Ho soggiunto che non potevo assolutamente fare a meno di dolermi che, malgrado sue proteste di deferenza, egli avesse di fatto frustrato amichevoli buoni uffici interposti dall'E. V. per risolvere in modo equo ed onorevole la vertenza. Marinkovich, che appariva profondamente depresso, non riusciva a nascondermi il suo impaccio e mi ha pregato di ritornare da lui oggi stesso alle ore 18 per dargli il tempo di riflettere e di consultarsi, essendo suo vivo desiderio di trovare, se gli fosse stato possibile, il modo di togliere a V. E. l'impressione che egli avesse voluto metterla di fronte al fatto compiuto, e di riparare ad una situazione di cui non si dissimula la gravità e le possibili conseguenze & che si è resa molto intricata, tanto da creargli una difficilissima condizione.

Ho risposto a Marinkovich che avrei subito riferito a V. E. quanto egli mi aveva detto e che sarei tornato da lui all'ora indicata.

Ho l'impressione che Marinkovich abbia voluto fare verso l'Albania un gesto forte per crearsi una posizione di prestigio, specialmente nel paese, e che gli avvenimenti gli abbiano invece preso la mano.

La sua posizione è certo assai scossa e non giova certo alla sua autorità, alla sua fama di abile e prudente politico la piega assunta dagli avvenimenti.

Credo opportuno informare V. E. che Marinkovich stamane non aveva preso nessuna decisione circa la consegna dei passaporti a questa rappresentanza albanese, e che Zeno bey [ha dichiarato che non rientrerebbe in ogni modo] in Albania.

(l) Cfr. n. 239.

(l) Cfr. n. 235.

246

IL MINISTRO AL CAIRO, PATERNÒ, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3789/235. Cai1"0. 6 giugno 1927, ore 14,35 (per. ore 20).

Riferimento mio telegramma n. 230 (1).

Alla stampa metropolitana britànnica qui riprodotta nel suo tono arrendevole che è noto, si contrappone nei giornali egiziani nostra stampa improntata a maggiore rigidezza di quanto non appaia in quella inglese. Mi permetto prospettare la cosa alto senno V. E. esprimendo subordinato avviso che sarebbe nostro interesse mitigare linguaggio stampa pur restando sostanzialmente nelle illuminate direttive fin qui seguite. Riferiscomi specialmente pubblicazioni Tribuna, Popolo Italia di Trieste, Messaggero.

247

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1562/391. Londra, 6 giugno 1927, ore 18,20 (per. ore 22,45).

Causa giornata festiva di ieri non ho potuto far che stamane a Tyrrel comunicazione di cui al telegramma di V. E. 925/355 gabinetto (2). Tyrrel mi ha ringraziato delle interessanti notizie e mi ha detto che anche al Foreign Office risultava che il Governo albanese era disposto liberare dragomanno se incaricato d'affari jugoslavo avesse consentito ritirare e modificare sua nota. Altre informazioni oltre a quella partenza rappresentanza jugoslava a Tirana non sono finora pervenute al Foreign Office il quale non ha ricevuto alcuna comunicazione da questo ministro di Serbia. Tyrrel mi ha detto essere sua impressione che il Governo jugoslavo abbia voluto cogliere occasione di determinare una crisi con l'Albania per avere un pretesto di sottoporre incidente alla prossima riunione consiglio Società Nazioni nell'intento di provocare una ampia discussione sulla situazione albanese anche hei riguardi patto Tirana. Sarà facile oppor[si] a questo giuoco se a Ginevra i due contendenti resteranno di fronte, tanto più che la ragione sembra essere in questo caso dalla parte dell'Albania. Se l'Albania potrà far valere le sue ragioni a Ginevra col nostro appoggio ma senza apparire come uno stato sotto tutela italiana discussione dovrà però essere circoscritta all'odierno incidente che ha provocato rottura e potrà condurre ad uno scacco per la Jugoslavia. Tutto dipenderà, mi ha detto Tyrrel, dal prudente atteggiamento dell'Italia che avendo già interposto suoi buoni uffici per evitare rottura senza riuscire per la precipitata decisione del Governo di Belgrado dovrebbe ora stare a vedere come si mettono le cose

prima di prendere pos1z1one nel conflitto. Ho risposto che non dubitavo che questa sarebbe stata linea di condotta del R. Governo compatibilmente agli obblighi che patto di Tirana gli impone.

(l) -T. gab. 1511/230 del 31 maggio: colloquio di Paternò con Sarwat pascià: c Alto commissario britannico avendo esternato desiderio che io vedessi presidente consiglio per influire con consigli moderazione>. (2) -Cfr. n. 242.
248

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 934/260. Roma, 7 giugno 1927, ore 3,30.

Repentino tramonto Avèrescu non mi ha eccessivamente sorpreso. Prevedevo questa fine sin dal marzo cioè sin da quando Governo italiano procedette ratifica Bessarabia. Con quella ratifica Averescu aveva dato tutto quello che la sua sincera italofilia gli permetteva di ottenere. A ratifica ottenuta un presidente del consiglio così italofilo non aveva più ragione di essere e al momento opportuno sarebbe stato licenziato. Il modo tuttavia è stato piuttosto brutale e anche la successione si presta a gravi considerazioni per quanto concerne gli usi e costumi politici della Romania e il rispetto delle norme costituzionali. Comunque è da stabilire che la caduta di Averescu avviene dopo il trattato italo-magiaro che i romeni liberalì fecero oggetto di abbondante ed antipatica speculazione e soprattutto dopo la conferenza della Piccola Intesa a Jachimov. La Francia segna un punto al suo attivo in quanto che è riuscita ad espellere dalla triplice intesa l'unico elemento ben disposto verso l'Italia. Le dimissioni di Averescu sono quindi ostentatamente di carattere anti-italiano. Taluni commenti della stampa francese non lasciano dubbi al riguardo. Queste mie considerazioni, fatte da lontano ma ritengo suffragate dai fatti vicini a cono;scenza di V. S., devono inspirare a V. S. la sua linea di condotta che deve essere di riservata attesa. Bisognerà sempre far intendere a questi romeni che più giova alla Romania amicizia Italia che non viceversa.

249

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 935/422. Roma, 7 giugno 1927, ore 3,30.

Dica ad Ahmed Zogu che risponderò alla sua lettera (l) e gli spiegherò perchè atteggiamento inglese è stato quel che è stato. Gli comunichi anche 'Che ho dato questa parola d'ordine per Ginevra: l) Dare scacco matto alla Jugoslavia facendo risaltare dinanzi a tutto il mondo il suo torto; 2) impedire qualsiasi sconfinamento sul patto di Tirana. Ripeta ad Ahmed Zogu che la mia amicizia non è mutevole come il volgere della fortuna e lo preghi di preparare per Ginevra una documentazione sul caso Giurascovitch che sia esauriente e irrefutabile.

(l) Non rinvenuta. Fu portata a Roma da Gemi! Dino (cfr. t. gab. 15561415. Durazzo. 6 giugno, ore 23,40).

250

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI

T. GAB. (P. R.) 318/129. Roma, 7 giugno 1927, 0·1'e 3,30.

Accolgo con soddisfazione annuncio che convenzione aerea itala-spagnola è stata finalmente firmata. V. E. vorrà manifestare questo mio compiacimento a De Rivera. Avendone occasione e con tutta discrezione necessaria vorrà esprimere stesso De Rivera mio compiacimento nel vedere convocata assemblea con,sultiva e per la data significativa del 13 settembre giorno fausto per la rinascita della Spagna. Nel mio colloquio con ambasciatore suggerii appunto la convocazione di questa assemblea per opera del capo supremo del potere esecutivo che è il re e col compito fondamentale di preparare in un secondo tempo e con tutta la calma necessaria il nuovo assetto rappresentativo costituzionale dello stato spagnolo. Così viene saldata e sanata in maniera brillante e definitiva la necessaria frattura operata il 13 settembre del 1923 nella vecchia costituzione spagnola. Trovi modo di dire a De Rivera che io seguo colla più simpatica attenzione la sua attività di ordine interno.

251

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1571/417. Durazzo, 7 giugno 1927, ore 24 (per. ore 2,30 dell'B).

Telegramma di V. E. 422 (1).

Assicuro V. E. che da tre giorni io non mi occupo che di sorreggere Ahmed Zogu influendo per quanto è possibile sul suo morale, onde evitare che egli cada nelle lusinghe che gli pervengono da Belgrado. Ho avuto quotidiani lunghi colloqui con lui, durante i quali gli ho illustrato la favorevole situazione creatasi, e la necessità di non comprometterla con passi falsi. Egli mi ha autorizzato a telegrafare a V. E. che ha impartito istruzioni precise a Zeno bey di non prendere ulteriori contatti con Marinkovich e di partire entro stasera. Nonostante tali dichiarazioni esplicite io non mi sento ancora tranquillo, perchè temo che Ahmed Zogu abbia cercato l'altro ieri e ieri di • ménager • la situazione. Oggi mi è sembrato che il suo contegno fosse meno reticente.

(l) Cfr. n. 249.

252

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1574/418. Durazzo, 7 giugno 1927, ore 24 (pe·r. ore 2,30 dell'B).

La notte stessa della partenza della missione diplomatica jugoslava ho qui avanzato due richieste: l) che venissero consegnati i passaporti [anche] ai consoli jugoslavi; 2) che fossero date istruzioni a Zeno bey di affidare all'Italia la protezione degli interessi albanesi in Jugoslavia. Trovavasi ancora a Tirana Gemil Dino il quale, consultato, ha espresso avviso che bisognava assolutamente soprassedere ad ogni decisione. Non mi è riuscito finora smuovere Ahmed Zogu dall'atteggiamento passivo da lui preso. Egli mi ha promesso che entro domani prenderà una decisione. La verità è che l'Albania è giunta alla rottura delle relazioni diplomatiche senza alcun abbrivio. Ha coinciso quindi col fatto compiuto il completo arresto di ogni iniziativa. E mentre a Belgrado, secondo riferisce Bodrero (telegramma di V. E. n. 421) (l), Marinkovich conscio dell'errore commesso è depresso e avvilito, qui noto eguale smarrimento. Cerco infondere energie ai ministri ed agli uomini politici più in vista, ma non è facile impresa fare assumere atteggiamento da leone a chi è nato pecora.

253

IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4068/245. Praga, 7 giugno 1927 (per. il 16).

Ho notato e desidero segnalare a V. E. che questi circoli politici e questa stampa sono sempre più inclini a dare un'esagerata interpretazione alla recente visita del presidente délla repubblica francese a Londra. Essa è ritènuta come una speciale importante riaffermazione dell'amicizia franco-inglese, col conseguente detrimento delle pretese preesistenti intese italo-britanniche, specie per quanto riguarda il centro Europa e i Balcani.

254

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 1586/419. Durazzo, 8 giugno 1927, ore 13,35 (per. ore 16,55).

Ministro di Francia a Tirana ha compiuto in questo momento passo presso ministro affari esteri ad interim dichiarando che si rivolgeva a lui e non al presidente repubblica solo per guadagnar tempo. A nome del suo Governo barone

De Vaux ha sollecitato governo albanese a mettere subito in libertà Giurascovich, essendo questo unico mezzo per risolvere l'incidente fra l'Albania e Jugoslavia. [D'altra parte] Governo jugoslavo avrebbe ritirato e attenuato sua nota [giudicata offensiva]. Barone De Vaux ha tenuto a fare comprendere che suo passo non aveva carattere confidenziale, bensì un vero e proprio carattere ufficiale.

Feizi bey ha risposto che avrebbe subito comunicato tale démarche al presidente repubblica. A titolo personaie preveniva subito ministro Francia che soluzione prospettata era da lui considerata come lesiva per la dignità e quindi per la sovranità albanese. Egli riteneva che era possibile arrivare ad una soluzione dell'incidente solo nel caso Jugoslavia avesse previamente ritirato sua nota dopo [di] che Albania non avrebbe mancato di c riconsiderare • caso Giurascovich. Inutile io assicuri V. E. che intervengo subito con la mia personale influenza per metterlo in guardia contro questo tentativo francese di rovesciare la situazione e di trasformare in una umiliazione per l'Albania quello che già è e deve rimanere, secondo la felice espressione di V. E., uno c scacco matto • per la Jugoslavia. Sono intervenuto anche presso Zogu per dargli lettura del telegramma di V. E. 422 (l) ed infondergli così nuova energia. Credo interessante riferire a V. E. per quell'uso che sia possibile farne presso cancellerie europee e se del caso anche presso il Quai d'Orsay, avere io potuto accertare ripetutamente che la mancata soluzione favorevole dell'incidente deve essere imputata proprio ad un intervento fuori posto del barone De Vaux al quale risale perciò la responsabilità di quanto è poi accaduto. Come V. E. avrà rilevato dal mio telegramma 359 (2) vi è stato un momento, nel pomeriggio del 2 corrente, in cui incaricato affari jugoslavo, in seguito a pressione esercitata dal colonnello Denic, si era dichiarato disposto a ritirare [sotto la propria responsabilità] la nota offensiva. Da parte sua presidente della repubblica era disposto mettere in libertà Giurascovich. Senonchè poche ore dopo incaricato d'affari ritirava sua promessa dicendo che non poteva riprendere la nota senza una esplicita autorizzazione del suo Governo a cui telegrafava. Tale pentimento improvviso mi era sempre riuscito oscuro. Ma ieri ho appreso dalla bocca del barone De Vaux ,che egli stesso aveva sconsigliato Starkovich di assumere responsabilità così grave senza previo consenso del governo jugoslavo. Siccome ho fatto subito rilevare al barone De Vaux la estrema gravità della sua ammissione, egli, con evidenti segni di [grande] imbarazzo ha tenuto ad esporre lungamente sua opera temporeggiatrice esercitata il 3 ed il 4 corrente onde gli avvenimenti non precipitassero.

Da parte mia gli ho fatto osservare come tale opera era stata un poco tardiva essendo nel frattempo pervenuto l'ultimatum del Governo jugoslavo, e che io dovevo sottolineare con rincrescimento che se vi era stato un momento in cui una soluzione onorevole per entrambe le parti era sembrata possibile, questo momento si era presentato nel pomeriggio del 2 corrente. Esso era stato lasciato trascorrere per un intempestivo e dannoso intervento del ministro di Francia.

(l) Tel. col quale si comunicavano le notizie contenute nel doc. n. 245.

(l) -Cfr. n. 249. (2) -T. gab. 1521/395 del 3 giugno, che non si pubblica.
255

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1594/158. Mosca, 8 giuqno 1927, o1·e 21,55 (per. o1·e 7 del 9).

Nota ieri a ministro Polonia di Litvinoff fu redatta in pochi istanti sotto impressione gravissima fatti avvenuti, e i suoi termini sono una prova che questo Governo ha... (1). Mancano fino ad ora notizie precise sul vero essere dell'assassino di cui anche dubbia nazionalità. Accusa rivolta all'Inghilterra di avere armato la sua mano sembra quindi molto avventata. Ritenere Polonia responsabile di quanto accade ricorda nota dell'Austria alla Serbia dopo assassinio arciduca Francesco Ferdinando. Sappiamo per conoscenza propria che si possono preparare e perpetrare attentati infami nonostante maggiori precauzioni polizia. Nonostante ottimismo Patek questi circoli diplomatici ritengono che non è possibile prevedere conseguenze che avrebbe una guerra fra la Russia e Polonia nel momento presente. Anche semplice rottura di relazioni diplomatiche costituirebbe pericolo permanente data frontiera oltre mille chilometri. Nessuna potenza può quindi disinteressarsi della situazione creata assassinio Varsavia giacchè tutte potrebbero in breve tempo essere coinvolte in uno spaventoso conflitto mondiale. V. E. giudicherà sulla base informazioni che le perverranno se non sia il caso di far giungere a Governo Soviet una parola di moderazione per impedire a degli esaltati da una serie di clamorosi insuccessi internazionali e dalla critica situazione interna ed esterna di profittare di un delitto deplorevole per turbare la pace generale. È bensì vero che una guerra sarebbe con ogni probabilità tomba bolscevismo in Russia ma occorre considerare se un simile vantaggio non costerebbe troppo caro qualora dovesse essere ottenuto a costo di una guerra generale.

256

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL SEGRETARIO GENERALE DEL PARTITO FASCISTA, TURATI

L. 2248. Roma, 8 giugno 1927.

Come ti è noto, sta per entrare in vigore la legge che autorizza il ministero degli Affari Esteri ad assumere in via straordinaria persone estranee all'Amministrazione nei vari gradi della carriera consolare.

Allo scadere dell'anno durante il quale queste ammissioni dovranno aver luogo, il Capo del Governo vuole che la carriera diplomatico-consolare, a cui sono affidati compiti così importanti e così squisitamente fascisti, sia veramente una compagine fascista.

Essa dovrà quindi essere composta : l) dai funzionari che entrati prima della guerra, e passati più volte in questi quattro anni attraverso una dura selezione, abbiano dimostrato di possedere accanto ai requisiti intellettuali, morali e tecnici, alla lunga esperienza e alle benemerenze acquistate per i servizi resi al Paese, passione e fede, comprensione dei tempi nuovi e dell'Italia nuova, assoluta fedeltà al regime. In una parola i funzionari fascisti 2) dai giovani entrati dopo la guerra, attraverso i concorsi, e che costituiscono oltre metà dei funzionari diplomatico-consolari. Sono in gran parte combattenti, moltissimi decorati al valore, alcuni anche autentici fascisti e veterani dello squadrismo 3) dagli elementi che il Partito ha dato e darà alla carriera consolare,a portarvi la loro passione, a rendere più viva, più aderente alla realtà fascista quest'Amministrazione che conta tradizioni e benemerenze indiscusse. Rinsanguate così le sue forze, fusi armonicamente e disciplinatamente in una sola ordinata gerarchia i suoi gregari, destinandoli ai compiti che sono loro più consoni, l'Amministrazione degli Esteri continuerà, chiuso l'anno, la sua via difficile, sentendosi più forte, più vicina al Paese e al Fascismo. E chiederà allora al Partito di inviare attraverso i concorsi per la carriera diplomatico-consolare giovani preparati e intelligenti, il meglio delle sue leve, a vigilare nel mondo sulla gente e sui destini dell'Italia. Ora, per ordine del Duce, il Ministero degli Esteri chiede al Segretario generale del Partito uomini più maturi, già pronti per i posti di responsabilità e di comando. Sono posti spesso difficili, sempre delicati. Leve sensibili. Attraverso il Console, lo straniero giudica la Patria. Dovranno perciò possedere cultura, equilibrio, nervi saldi. Avere le conoscenze tecniche indispensabili, presenza e prestanza, vastità di vedute e quello che io amo chiamare il senso del mondo. Chiediamo al Partito degli uomini che non cerchino un posto, ma che vogliano dare la loro opera ad una nobile missione, magari lasciando un posto migliore, che assolutamente non siano i consueti spostati, i dilettanti della politica estera, gli orecchianti della diplomazia. Sappiamo di non chiedere troppo. Il Partito ha di questi uomini. E non ne chiediamo molti. Pochi ma buoni. Quanto ai requisiti che dovranno avere gli uomini che tu vorrai segnalarci e di cui è necessario che nelle loro segnalazioni a te rivolte tengano conto le Federazioni, eccoti quelli assolutamente indispensabili: l) Laurea universitaria (o studi superiori, anche militari); 2) Età superiore agli anni trenta compiuti il 15 Luglio 1927 e non superiore ai quarantacinque anni, compiuti alla stessa data; 3) Conoscenza perfetta del francese; 4) Conoscenza di almeno un'altra lingua straniera; 5) Essere stato combattente, in prima linea; 6) e principalissimo: essere fascista autentico con iscrizione anteriore alla Marcia su Roma, e avere bene meritato della Rivoluzione ricoprendo cariche

direttive e di responsabilità nelle gerarchie del Partito, della Milizia, delle

Amministrazioni Fasciste.

Ti sarò grato se potrai farmi avere queste segnalazioni al più presto.

Porrei, se tu sei d'accordo, il 15 Luglio come termine, allo scopo di potere

procedere all'esame dei titoli con la massima serietà ed urgenza.

(l) Gruppo indecifrato.

257

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. PRECEDENZA ASSOLUTA 1588/424. Durazzo, 9 giugno 1927, ore 1,27

(per. ore 3,30).

[Ministro ad interim degli affari esteri] Feizi bey mi dice che ministro inglese è rimasto molto sorpreso del passo compiuto da rappresentante francese, perchè egli ne era all'oscuro. Ho consigliato questo Governo a rispondere domani al barone de Vaux che proposta francese non può essere accettata perchè non tiene conto nè della sostanza dei fatti nè del prestigio di questo paese. Ho messo poi in guardia questo Governo dall'avanzare una proposta qualunque di conciliazione, perchè ciò sarebbe bastante per dare alla Francia un • ròle • di mediatrice. Da tale atto Albania ha tutto da perdere. Se ripresa dei rapporti fra Albania e Jugoslavia deve un giorno verificarsi ciò deve assolutamente avvenire per nostro tramite, essendo l'Italia l'unica potenza che può parlare a Belgrado con fermezza, e proteggere l'onore e la dignità dell'Albania, di cui nessun altro paese, nella recente crisi, ha saputo o voluto tenere conto. Credo miei argomenti abbiano persuaso. Feizi bey mi assicura che risposta al rappresentante francese sarà inspirata alle direttive da me suggerite.

258

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 1607/111. Sofia, 9 giugno 1927, ore 17 (per. ore 23,50).

Mio telegramma n. 109 (1). Buroff mi ha stamane comunicato che d'accordo con consiglio dei ministri

S. M. il re Boris ha deciso compiere progettato viaggio in Europa nel più stretto incognito partendo da Sofia verso fine giugno doè dopo discorso apertura nuova Sobranje che avrà luogo 19 corrente. S. M. non sarà accompagnato da nessun ministro. Programma viaggio non è stato ancora fissato; si sa soltanto che re Boris si recherà visitare suo padre re Ferdinando col quale soggiornerà qualche

tempo. Viaggio durerà circa due mesi e mezzo. Sembra che visita Parigi sia fin da ora stabilita. Prego di impartirmi istruzioni se V. E. crede opportuno che io cerchi di agire, nei limiti che mi sarebbero consentiti dal carattere puramente privato del viaggio, per inclusione Italia e più precisamente Roma nel programma del viaggio stesso, ove tale visita per ora non vi risultasse compresa.

(l) T. gab. 1519/109 del 2 giugno: decisione di massima circa il viaggio in Europa di re Boris.

259

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, E A MOSCA, CERRUTI

TELESPR. R. 228000/281 (1). Roma, 9 giugno 1927.

(Per Costantinopoli). Il R. Ambasciatore a Londra a cui mi sono affrettato a comunicare le interessanti notizie fornite da V. E. con il telespresso n. 2721/349 del 9 aprile u. s. (2) ha riferito quanto segue:

(Per Mosca). Il R. Ambasciatore a Londra, di cui fu richiamata l'atten

zione sugli attuali rapporti anglo-turchi e sulle voci corse in Turchia relative

ad un'intesa più intima fra i due paesi ha in data 15 corrente mese [sic] rife

rito quanto segue:

(Per tutti e due). Copiare da • Senza aver pretesa • alla fine del telespresso

n. 1516/486 da Londra (3).

Nel portare a conoscenza di V. E. quanto precede La prego di voler attentamente controllare ogni notizia relativa a tali rapporti così interessanti l'azione politica italiana e con ogni diligenza riferirmi al riguardo.

260

IL CAPITANO MAZZOTTI ALL'INCARICATO DEGLI AFFARI D'ALBANIA, LOJACONO

L. P. Vienna, 9 giugno 1927.

Mi perdoni se Le invio la nota delle spese del mese che vorrà avere la bontà di farmi pervenire a mezzo vaglia bancario preso:o la nostra R. Legazione. Ho trovato qui il Console Sacco, il quale si trova in uno stato d'abbatti

mento morale dovuto all'inazione forzata.

Vienna è un centro politico internazionale di grande importanza: un osservatorio di primo ordine. Si può dire che tutte le questioni politiche si maturano qui. Ad esempio il nuovo orientamento che stanno prendendo le varie gamme dei profughi balcanici. Prima era Mosca il faro di luce che li illuminava e li faceva sperare -oggi -a nostro grande orgoglio è Roma. Dopo il poderoso discorso del Presidente e la rottura delle relazioni diplomatiche fra l'Inghilterra e la Russia si nota un grande avvicinamento di cuori ( 4).

(l) -Con questo numero il telespresso venne inviato a Costantinopoli; a Mosca venne inviato col n. 228001/166. (2) -Cfr. n. 133. (3) -Cfr. n. 202. (4) -Annotazione marginale di Lojacono: • Pagate le spese •.
261

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. 950. Roma, 10 giugno 1927, ore 16.

Da comunicazioni che presidente della repubblica albanese avrebbe ricevuto dal signor Ilias Vrioni risulterebbe che questi si sarebbe tenuto in contatto con V. E. a proposito di una proposta conciliante francese per l'incidente jugoslavo albanese. Prego V. E. di riferirmi al riguardo.

Per norma di V. E. le faccio presente che il R. Governo, mentre lascia che il Governo francese svolga se crede un'opera moderatrice a Belgrado non può vedere con piacere che a Tirana si sviluppi una azione francese che possa far giungere ad una soluzione attraverso Parigi piuttosto che attraverso Roma. V. E. dovrà dunque adoperarsi presso Ilias Vrioni nel senso di smorzare ogni eccessivo suo zelo che possa comunque determinare l'idea di un'influenza francese sulle decisioni dell'Albania (l).

262

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3909/400. BerHno. 10 giugno 1927. -:JTe 21,45 (per. ore 23,40).

Mia lettera personale del l" corrente (2).

Ho potuto vedere solo fuggevolmente Stresemann, il quale è ritornato per due giorni in Berlino, occupatissimo in consiglio di ministri, colloqui con i capipartito, con Cicerin, ed anche per le numerose onoranze che qui si rendono agli aviatori americani giunti col Columbia. Stresemann non ha fatto alcun accenno al discorso di V. E., nè io ho creduto provocare alcuna chiarificazione sull'argomento. Stresemann ostentava marcata cordialità. Come V. E. avrà rilevato discorso e specie dichiarazioni di V. E. sul Brennero e congresso dello • Stahlhelm •, hanno avuto in questa stampa commenti molto più limitati che discorso del febbraio 1926. Il Temps ha scritto che • non è molto difficile credere che la stampa tedesca sia stata invitata ad adottare un atteggiamento di riserva •.

Stresemann, nel corso della conversazione, mi ha fatto rimarcare che attuale situazione parlamentare e del gabinetto germanico è perfettamente tranquilla.

di Durazzo.

(l) -Cfr. l'analogo t. gab. 949/431. trasmesso alle ore 15 da Mussolini alla legazione (2) -Cfr. n. 231.
263

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA (l)

T. PER CORRIERE 2987. Roma, 10 giugno 1927.

Come è noto all'E. V. è all'ordine del giorno della prossima sessione del consiglio (n. 2 dell'ordine del giorno provvisorio) la domanda del Governo romeno in virtù dell'articolo 11 paragrafo 2) del patto, di spiegare al consiglio le ragioni del mancato intervento dell'arbitro romeno alle sedute del tribunale arbitrale misto romeno-ungherese per le questioni agrarie sollevate da sudditi ungheresi.

Sulla questione dovrà riferire lo speciale comitato che si è ultimamente riunito a Londra.

È opportuno che l'E. V. voglia adoperarsi perchè possa essere raggiunto un accordo fra le due par,ti; ove tuttavia non si potesse pervenire ad un componimento amichevole e nel caso che si dovesse prendere una decisione definitiva, l'E. V. vorrà opportunamente appoggiare il punto di vista del Governo ungherese.

264

APPUNTO DELL'UFFICIO III J. EUROP A E LEVANTE

Roma, 10 giugno 1927.

Situazione attuale tra Italia e Jugoslavia.

Nessuna discussione sul patto di Tirana.

Da parte italiana si ha diritto di ottenere:

l) Quanto mai possibile sollecita ratifica delle Convenzioni di Nettuno

da parte s. c. s.

2) La Jugoslavia cercherà con ogni mezzo di far cessare la campagna

della sua stampa contro l'Italia, il Regime e i connazionali in quello Stato.

3) Essa darà equa e seria applicazione ai trattati vigenti tra i due Paesi

(Rapallo, S. Margherita, Convenzione consolare e di stabilimento tra i due Stati

del 1879) (2).

21 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) -Il telegramma fu inviato per conoscenza a Paulucci a Ginevra, alle legazioni di Budapest e Bucarest, e alla Direzione Generale Europa e Levante. (2) -Annotazione marginale: «Sta bene. Grandi».
265

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI

T. 2990/153. Roma, 11 giugno 1927, ore 2,30.

Telegramma di V. E. n. 158 (1).

Ritengo preferibile che V. E. si astenga dal compiere alcun passo isolato

presso codesto Governo in relazione incidente con Polonia per assassinio ministro

sovietico Varsavia.

266

IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3923 l 188. Praga, 11 giugno 1927, ore 2 (per. ore 4).

Mio telegramma per corriere... (2).

In una privata e confidenziale conversazione Benès mi ha parlato ieri sera a lungo della situazione economica generale del centro Europa e dell'Anschluss. Riassumo per quanto è possibile svariate osservazioni di Benès: 1° che egli è convinto che ogni eventuale accordo politico fra gli stati dell'Europa centrale ed orientale, può soltanto derivare dalla previa instaurazione su solide basi economiche; 2o che sotto tale riguardo egli si rende perfetto conto degli interessi italiani in questa parte Europa e che pertanto si proporrebbe di sollecitare cooperazione del R. Governo in ogni eventuale progetto di locale sistemazione economica; 3° che egli si è convinto della necessità di provvedere alla esiziale condizione economica attuale con accordi internazionali che comportino la concessione di dazi preferenziali all'Austria per il... (2) (da lui ritenuti tuttora

fondati); 4o che il Governo di Vienna ne avrebbe approfittato per applicarli nei riguardi della Germania e per venire così ad un Anschluss di fatto; 5" che egli si preoccupa sempre della questione dell'Anschluss. La sua idea principale circa produzione, è quella pervenire ad una qualche intesa di garanzia reciproca che potesse ricevere l'approvazione e l'adesione di V. E. e della Francia, come potenza pure essa interessata a scongiurare Anschluss. Benès mi ha parlato in termini assai imprecisati sforzandosi di darmi l'impressione che i suoi progetti siano soltanto allo stato di gestazione. Comunque ho notato l'insistenza con la quale ha attirato la mia attenzione sul fatto che nessun incidente è occorso in questi ultimi tempi fra l'Italia e la Cecoslovacchia, i cui rapporti dovrebbero divenire sempre più stretti e cordiali.

(l) -Cfr. n. 255. (2) -Gruppi indecifrati.
267

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1639/405. Londra, 11 giugno 1927, ore 13 (per. o1·e 16,35).

Ho chiesto ieri sera a Tyrrel quali notizie avesse sull'incidente jugoslavoalbanese. Mi ha detto che Governo Tirana insisteva per partenza suo ministro da Belgrado e che ministro di Francia aveva fatto passo a Tirana per scarcerazione Giurascovich. [Questo passo] che Tyrrel ha qualificato una [ gaffeJ è stato fatto all'insaputa del Foreign Office che ha dato istruzioni [a Grahaml di far sapere a V. E. che il Governo britannico non vi si associerà che unitamente all'Italia con la quale vuole procedere d'accordo nell'opera conciliatrice da spiegare. Tyrrel si è mostrato piuttosto preoccupato della piega che prendono avvenimenti sopratutto per la tensione che sempre più si accentua secondo sue notizie dcevute dalla Francia. Mi ha detto avere saputo che Bodrero e ministro di Francia a Belgrado non si parlano nemmeno. Tyrrel sapeva anche che V. E. aveva fatto dire a Rakich che non lo avrebbe ricevuto e di ciò pure si mostrava addolorato e preoccupato. Mancando da una settimana notizie non ho potuto nè smentire nè confermare quanto Tyrrel mi diceva e mi sono limitato ad osservare che ero convinto che R. Governo non si sarebbe dipartito dalla linea di condotta [adottata] sin da principio dell'incidente, se la situazione per fatto altrui non verrà ad essere cambiata. Ed è evidente che ogni giorno che passa senza una soluzione aggrava questa situazione.

268

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1637/214. Madrid, 11 giugno 1927, ore 17 (per. o1·e 22).

Ho fatto ministro Primo de Rivera le comunicazioni di cui al telegramma di V. E. gabinetto n. 318/129 (1). Egli le ha gradite moltissimo pregandomi ripetutamente dirlo a V. E. ed aggiungendo che stessi sentimenti le avrebbe fatto giungere a mezzo conte de la Viiiaza. Mi confermò che proclamazione assemblea avverrà 13 settembre per decreto reale e che sperava sua convocazione potesse aver luogo il... (2) ottobre. Assemblea avrà funzioni esclusivamente consultive con compito principale elaborare nuova... (3) costituzionale. Egli intende durante anno quinto regime condurre a termine rinnovazione organica dello stato che avrà struttura, forma e spirito fascista. L'esempio del fascismo, disse, si impone ogni giorno di più. Citò [esempio del] Portogallo esso pure in trasformazione ed in continui scambi, contatti e intese con Spagna, del Cile, della stessa Francia.

Ricordò ultimo recente discorso Poincaré che avrebbe potuto essere pronunciato da V. E. o da lui Primo de Rivera. Soltanto, aggiunse, in Francia ilGoverno non può fare assegnamento come Italia, sull'esercito dove specialmente nella bassa ufficialità e nella truppa le idee comuniste guadagnano sempre più terreno. Queste informazioni gli sarebbero state confermate dal maresciallo Pétain che si mostrò sconfortato per scarso rispetto della nazione verso l'esercito che va perdendo il prestigio della vittoria. Aggiunse, come conclusione, che sarà sempre suo proposito stringere vieppiù vincoli simpatia e collaborazione italospagnuola.

(l) -Cfr. n. 250. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Il testo reca. per un evidente errore di decifrazione, « conferenza internazionale costituzionale ».
269

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

R. 1275/590. Vienna, 11 giugno 1927.

Credo opportuno rivolgermi privatamente all'E. V. per informarla che il Cav. Antonio Venturini, membro del Direttorio del Fascio di Venezia ed ora a Vienna per conto della Società di navigazione aerea « Transadriatica », presentandosi l'altro giorno a me, ebbe fra l'altro a riferirmi, in via confidenziale, qualmente, tempo addietro, il Signor Rintelen (il noto ex capitano della Stiria ed uno dei maggiori esponenti del partito cristiano-sociale) avesse fatto segretamente chiedere al P.N.F. di poter aver contatti con persona di piena fiducia del partito; e che esso Venturini era stato incaricato, dai suoi superiori gerarchici, della cosa. S'incontrò così con un fiduciario del Rintelen, e poi col Rintelen stesso, il quale gli consegnò un memoriale concernente, a quanto mi consta, proposte di aiuto ed intese col Fascismo italiano; memoriale che il Venturini avrebbe poi rimesso a S. E. Turati.

Da allora alla pratica non sarebbe stato dato più seguito; e il Venturlni ha l'impressione che le proposte del Rintelen non debbono essere state prese in considerazione da S. E. Turati, o dal Comm. Gulì, forse come non attuabili o inopportune.

Ciò posto, e senza entrare nel merito della questione, mi permetto si suggerire che, trattandosi di personalità di conto, le quali mostrano inclinazione per noi, ove ciò non sia stato già fatto, venga data loro qualche risposta -anche evasiva -ma tale da mantenere la possibilità d'ulteriori contatti che -in qualche momento per ora non prevedibile -potrebbero invece avere molta importanza. Aggiungo che il fiduciario del Rintelen, il Signor Kreitner, è persona ben nota ed utile al nostro ufficio informazioni militari di Vienna, per le cose jugoslave; quindi l'opportunità di non scoraggiarli con un completo silenzio.

L'E. V. voglia scusare questo mio intervento in una pratica non trattata

direttamente da me o dal Ministero, ma che rientra nella politica di questo

paese (1).

270.

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 1252/273. Bucarest, 12 giugno 1927.

Gli avvenimenti che si sono succeduti in questi ultimi quindici giorni in modo così rapido ed inatteso hanno modificato radicalmente la situazione interna e forse non sono che il punto di partenza di modificazioni anche più importanti le quali potranno verificarsi entro i prossimi due o tre mesi, soprattutto per quanto riguarda la configurazione e gli atteggiamenti dei varii partiti e la formazione di un nuovo Governo all'indomani delle prossime elezioni.

Benchè con miei recenti telegrammi e telespressi io abbia già avuto l'onore di esporre all'E. V. le cause determinanti della recente crisi e le sue più immediate conseguenze, ritengo necessario riassumere le une e le altre per trarne qualche utile conclusione con speciale riguardo alle ripercussioni che la nuova situazione interna ha e potrà avere sui rapporti italo-romeni.

Cause della caduta del Governo Averescu.

Nel mio rapporto del 31 gennaio u. s. (Italia e Romania) (l) col quale, in previsione della ratifica italiana dell'accordo sulla Bessarabia, passavo in rassegna la situazione estera ed interna di questo Paese, osservavo che • la libertà d'azione del Governo Averescu era assai limitata dalla influenza nascostamente preponderante del partito liberale • : ed aggiungevo che • finchè il Governo non uscirà troppo da questi limiti la sua permanenza al potere resterà assicurata •.

È mia ferma convinzione, ravvalorata da numerosi colloqui che ho avuto in questi ultimi giorni con uomini politici dei varii partiti ed anche con S. E. Hiott, Ministro della Real Casa, che le cause della caduta del Governo Averescu in questo preciso momento devono esclusivamente ricercarsi nei rapporti :Sempre più tesi che si erano andati creando tra il Generale Averescu ed il Signor Jonel Bratianu; rapporti caratterizzati dai ,crescenti sospetti di quest'ultimo che il Generale Averescu tendesse gradualmente e con un certo successo a svincolarsi dalla tutela liberale sino a concepire l'ardito disegno di dominare, anche con qualche atto di forza, la situazione nella prossima eventualità della morte del Re e di assidersi stabilmente al potere. Bisogna riconoscere che il Generale Averescu commise l'errore di dar qualche ragione o pretesto di pensarlo, mentre a lui sarebbe convenuto di allontanare per ora in ogni modo possibile tali sospetti ed avvalersi delle circostanze favorevoli quando i liberali non avessero più buon giuoco per reagire improvvisamente e rovesciarlo coll'appoggio deciso della Corona. Che tale sia stata la vera origine della crisi risulta anche dal discorso molto circostanziato tenuto dal Generale Averescu al Club del suo partito il 5 corrente, cioè il giorno successivo a quello in cui egli presentò le dimissioni sue e del suo Governo. In tale discorso il Generale Averescu ha esposto dettagliatamente la genesi e le varie fasi del suo dissidio col Signor Bratianu sino alla fase estrema che, per dichiarazione dello stesso Bra

(I) Cfr. serie VII, IV, pp. 464-466, nota.

tianu nell'ultimo colloquio da lui avuto col Generale Averescu, doveva portare necessariamente al colpo di mano liberale, mascherato dal desiderio della Corona di costituire un Governo di concentrazione nazionale.

Credo quindi di poter escludere che fra le cause immediate della caduta del Governo Averescu siano da annoverarsi certe reazioni suscitate all'interno ed all'estero dalla sua italofilia. È vero che l'accusa di seguire una politica estera troppo italofila era diventata già da tempo uno dei luoghi comuni di questa stampa d'opposizione. È vero che queste accuse trovarono posto nella ripetuta enumerazione dei « griefs • contro il Governo Averescu fatta dopo l'apertura della recente crisi dagli organi di questa stampa liberale e democratica (mio telegramma n. 239, e mio Telespresso delli 11 corrente n. 261). È vero che in certi momenti, all'infuori dei moventi polemici di opposizione, questi circoli politici dirigenti, tranne quelli strettamente governativi (e forse anche una parte di questi) nutrirono vive preoccupazioni nel senso che la marcata propensione di Averescu ad uniformare la politica estera romena a certe direttive italiane di politica generale nei Balcani e nell'Europa Danubiana potesse mettere in serio pericolo le fondamenta del sistema di alleanze della Romania provocando, come infatti provocò, reazioni e malumori a Parigi e a Belgrado. Ma è anche vero che proprio ora, dopo la conferenza di Jachimov e la visita di Mitilineu a Parigi, queste preoccupazioni si erano di gran lunga attenuate. Lo stesso Averescu teneva del resto con noi da circa due mesi, soprattutto dopo l'impressione suscitata qui dal trattato italo-magiaro, un contegno di assai maggiore riserva.

Che in Francia la caduta del Governo Averescu sia stata accolta con un senso di vero sollievo e che alcuni giornali francesi l'abbiano lasciato chiaramente trapelare è, per gli stessi motivi, perfettamente comprensibile; ma che a determinare o a far precipitare la crisi abbiano attivamente contribuito intrighi e pressioni francesi si può, in mancanza di qualche più concreto indizio, per lo meno dubitare. A me risulterebbe, in modo preciso, che sino ai giorni immediatamente precedenti la crisi romena questa non era affatto attesa o preveduta a Parigi; tanto è vero che al Ministro Mitilineu il quale partì da Parigi il 29 maggio u. s. furono fatte, come egli stesso mi disse, sino all'ultimo momento vive insistenze perchè il Generale Averescu trovasse occasione di fare una visita a Parigi nel corso della prossima estate. È anche significativo che nell'ultima diecina dello scorso maggio fu annunciata la concessione del Gran Cordone della Legion d'Onore al Generale Averescu; ed alcuni dei suoi più attivi collaboratori, come il Segretario Generale alla Presidenza, Signor Crainiceanu, il Direttore del giornale ufficioso Indreptarea On. Bardescu, furono contemporaneamente decorati dal Governo della Repubblica con alte onorificenze dello stesso ordine. Queste non sarebbero certamente state concesse se a Parigi si avesse avuto il sentore o la speranza che il Governo Averes,cu sarebbe stato una settimana dopo o, in ogni caso, in breve termine sbalzato bruscamente dal potere.

Governo Stirbey. Prossima lotta elettorale. Eventuale morte del Re.

Come, fra le varie persone più o meno neutre che avrebbero potuto presiedere al nuovo Gabinetto di tentata concentrazione o in ogni caso di détente fra i partiti con l'incarico di tenere il potere sino alla riunione della nuova Camera, si sia addivenuti alla sorprendente scelta del Principe Barbu Stirbey è ancora un mistero. Corrono naturalmente le più varie ipotesi; tra le quali la più accreditata è che la Regina Maria abbia influito prevalentemente su tale scelta. Se potessi credere alla narrazione fattami da persona che vive nell'intimità giornaliera del Sovrano (si tratta invero di un membro della Real Famiglia) dovrei escludere tale versione. Ed io sono infatti propenso ad escluderla. L'elevamento del Principe Stirbey alla suprema carica di Governo, nel momento patetico in cui incombe la morte del Re, non poteva non provocare ~d infatti ha provocato interpretazioni e commenti di un gusto alquanto ambiguo. Si citano già motti e versetti che corrono nella popolazione e che hanno un sapore squisitamente pasquinesco. Tutto ciò è fatto per danneggiare piuttosto che per giovare alla già scossa popolarità della Regina Maria la quale sarebbe stata abbastanza avveduta ed intelligente per prevedere e prevenire tutto ciò se se ne fosse lasciato a Lei l'iniziativa, il modo ed il tempo.

È noto del resto che lo Stirbey ha sempre goduto e gode della più completa fiducia anche da parte di S. M. il Re che, in questi ultimi tempi, usava di consultarsi molto spesso con lui. È anche vero che lo Stirbey, assorbito in questi ultimi anni assai più dai grandi affari che dalla piccola politica, non milita in alcun partito, malgrado le sue strette aderenze di interessi ed attinenze, anche di parentela, coi dirigenti liberali (la Signora Jonel Bratianu è una sorella del Principe Stirbey). Egli ebbe sempre, inoltre, l'accortezza di tenersi in assiduo e cordiale contatto coi capi di altri partiti, ed in modo speciale coi Signori Maniu e Vaida Voivod del partito nazionale e col Signor Stere del partito tzaranista. Lo Stirbey era anche in buoni ed assidui rapporti personali con parecchi Ministri del cessato Governo Averescu e persino, come ho avuto occasione di constatare io stesso, col signor Manoilescu che era pure una delle "bètes noires • del partito liberale.

Può darsi che tutte queste considerazioni abbiano contribuito alla scelta della sua persona.

Sul carattere interinale del Governo Stirbey non vi può essere dubbio. Esso si ritirerà dopo la convocazione della nuova Camera. La sua esistenza potrebbe essere qualche poco prolungata soltanto se le elezioni, contrariamente ai decisi propositi dei liberali, dessero un risultato così incerto da rendere impossibile la formazione di un Governo forte ed unitario capace di far fronte alle circostanze alquanto eccezionali che potrebbero, almeno per alcun tempo, verificarsi dopo la morte del Sovrano.

Fu certamente una delusione per lo Stirbey di non poter raccogliere nel suo Governo anche qualche rappresentante del partito averescano; ma sarebbe stato veramente chiedere troppo ad Averescu ed ai suoi di far parte del nuovo Governo dopo il licenziamento sommario del Generale e mentre imperversa, nella stampa liberale e democratica, una tempesta di accuse e di improperii sui Ministri caduti e sul loro Capo.

Restano così faccia a faccia a far l'esperienza, l'uno in danno dell'altro, delle pretese libere elezioni i due partiti entrati a far parte del nuovo governo, il liberale ed il tzaranista-nazionale. Pare infatti che gli averescani o si asterranno addirittura dalla lotta elettorale o vi parteciperanno in modo saltuario, senza alcuna speranza di un solido successo. E quanto ai due partiti di Governo essi non hanno ancora, sino ad oggi, potuto accordarsi sulla presentazione di liste unite. Nel caso che quest'accordo non possa realizzarsi in tempo utile, è facile prevedere che il dichiarato proposito dei dirigenti liberali di imporre il loro sopravvento allo scopo di formare un Governo del quale essi abbiano il sicuro controllo non permetterà alla lotta elettorale di svolgersi in quelle condizioni di relativa libertà che il Principe Stirbey dice di voler assicurare e che del resto sarebbe un caso senza precedenti nelle costumanze politiche romene. Ma dato anche che la lotta elettorale non dia luogo a soverchie complicazioni, altri gravi punti di interrogazione pesano sulla situazione politica interna, nei prossimi due

o tre mesi.

A quanto mi fu assicurato da un'alta personalità della Corte, le illustrazioni mediche chiamate recentemente a consulto intorno al declinante Sovrano hanno giudicato che S. M. non potrà sopravvivere, nel migliore dei casi, più di circa sei mesi; ma che entro questo termine la sua fine potrà essere precipitata da un momento all'altro per qualsiasi futile causa, visto che il Suo organismo oltremodo affievolito non è più in grado di offrire alcuna resistenza.

Se la morte del Re dovesse, per esempio, sopravvenire entro il prossimo luglio, cioè prima che la nuova Camera possa essere costituita, sarebbe necessario, secondo la Costituzione, convocare la Camera in grande maggioranza averescana testè disciolta, non fosse che per la prestazione di giuramento del Consiglio di Reggenza. Deriverebbe da ciò una situazione alquanto assurda.

Ed un Governo interinale, come quello del Principe Stirbey, sarebbe in grado di far fronte alla eccezionale situazione? Infine, alla vigilia o nel corso del periodo elettorale, l'entrata in funzione del Consiglio di Reggenza già di per sè debole e screditato si compirebbe in condizioni particolarmente difficili.

Ciò posto, e dato il temperamento della Regina Maria, si rassegnerebbe Essa a restare in disparte?

Tutte queste difficoltà devono essere state esaminate dai dirigenti liberali nell'atto di provocare la recente crisi, ma evidentemente essi preferirono di prendere dei gravi rischi e soprattutto di farli prendere al Paese anzichè affrontare quello che era per loro il rischio massimo, cioè un consolidamento definitivo di Averescu al potere al momento e dopo la morte del Sovrano.

È interessante rilevare come tutte queste incertezze e preoccupazioni hanno agito sensibilmente, da quindici giorni, sul corso del leu facendolo abbassare di cir·ca 40 punti sulla sterlina.

Rapporti italo-romeni dal marzo u. s. sino alla recente crisi di Gabinetto. Conseguenze. Conclusioni.

L'atto italiano della ratifica della Bessarabia provocò a Bucarest ed in tutta la Romania manifestazioni esteriori quasi eccessive che furono in parte artifiziosamente volute ed organizzate dal Governo per magnificare il suo successo. Inoltre il Generale Averescu del quale nessuno, anche tra i suoi più accaniti avversarii, avrebbe potuto in quell'occasione disconoscere l'alta benemerenza, commise l'errore di decantare e di far decantare troppo apertamente tale successo come un successo personale e, per ciò stesso, lo rimpiccolì a suo e nostro danno.

Le clamorose manifestazioni per la ratifica della Bessarabia accrebbero il

latente malumore francese già accumulatosi per le ordinazioni industriali in

Italia; malumore che aveva del resto la sua prima origine nei serii screzii avuti

dal Generale Averescu con alte autorità militari francesi al tempo della guerra

e dell'armistizio e nella sua sincera e notoria amicizia per il nostro Paese.

Anche a Belgrado si guardò allora all'alleata Romania con non celato sospetto

come se essa si prestasse al tentativo di accerchiamento italiano della Jugoslavia.

I partiti politici di opposizione -tutti, cioè, i partiti tranne quello del popolo che era al potere col Generale Averescu; la stampa di opposizione -tutta, cioè, la stampa di questa capitale tranne due o tre fogli più o meno ufficiosi di scarsissima diffusione ed importanza -troppo presto dimentichi degli entusiasmi bessarabici o forse ricordandoli troppo bene, cominciarono sistematicamente e quasi giornalmente a gridare l'allarme contro gli scopi nascosti, perniciosi o addirittura pervertitori della nuova politica italiana verso la Romania e della morbida propensione di Averescu per l'Italia. Il trattato italomagiaro, colle manifestazioni cui diede luogo a Roma, servì a meraviglia come punto di partenza a questa velenosa campagna alla quale, come di consueto, il Generale Averescu non seppe o volle opporre che un ostinato mutismo. Però egli ne fu certamente alquanto impressionato e nello stesso tempo deve essere stato posto in qualche imbarazzo dalle recriminazioni francesi. Certo si è che quando, ai primi di maggio, io tornai a Bucarest dopo la mia assenza di due o tre settimane in Italia, trovai il Generale Averescu molto più sfuggente ed inafferrabile che mai fosse per lo innanzi al punto che, durante tutto il corso del mese di maggio, non riuscii che una sola volta ad intrattenermi a lungo con lui.

Intanto si erano succedute sempre più frequenti e significative le manifestazioni anche esteriori di rinnovata amicizia franco-romena: visita di una squadra francese nelle acque romene, clamorose solennità a Parigi in occasione del cinquantenario dell'Indipendenza Romena; visita del Ministro Mitilineu a Parigi immediatamente dopo la conferenza della Piccola Intesa; venuta ed accoglienze a Bucarest del Generale Berthelot che ancora vi si trovava quando la recente crisi ebbe il suo inizio.

Con tutto ciò la stampa ed i partiti politici di opposizione non disarmavano e si ostinavano a vedere in quanto il Governo Averescu faceva o non faceva (trattato di commercio, trattative per nuove ordinazioni industriali in Italia, ecc.) indizi di quella ultra italofilia che, secondo loro, poteva condurre la Romania in situazioni ambigue e contrastanti coi suoi primordiali interessi di conservazione e consolidazione dello statu quo sulla base dei trattati di pace e del suo sistema di alleanze politico-militari.

Ne derivava così a noi una falsa posizione in quanto l'isolamento semprE. più pronunciato del Generale Averescu e del suo Governo si ripercuoteva, per necessità di cose, sui rapporti italo-romeni e sugli atteggiamenti di questa opinione pubblica nei nostri riguardi; mentre i vantaggi che noi avremmo ancora potuto ritrarre dalle simpatie italiane dell'ex Presidente del Consiglio erano quasi completamente neutralizzati e, a mio avviso, lo sarebbero stati anche di più in un prossimo avvenire.

L'attuale Governo è un Governo di transizione che, assorbito quaf;i completamente dalla lotta elettorale e dalle difficoltà della situazione politica interna non potrà, nel suo breve periodo di potere, nulla innovare nel campo delle relazioni estere e segnerà un arresto quasi completo anche degli affari d'ordine più pratico e particolare che erano in corso di trattazione.

Ma intanto dall'esperienza fatta col Governo del Generale Averescu io mi permetto di trarre, per l'avvenire, qualche utile conclusione d'ordine politico generale.

Nel mio rapporto già citato del 31 gennaio u. s., esamrnando le relazioni della Romania colla Piccola Intesa e colla Francia in rapporto cogli effetti utili che si potevano attendere dal nostro atto di ratihca, scrivevo: • non credo che sia uomo politico in Romania che non considererebbe oggi come estremamente arrischiato di allontanarsi dall'attuale sistema di alleanze per far causa comune, sia pure sotto l'egida italiana, con popoli che non possono proporsi, come fine ultimo, che il sovvertimento dell'ordine di cose stabilito dai trattati di pace •. E ancora: • l'appoggio del Governo di Parigi, malgrado il progredire di altre influenze come la nostra, continua sino ad oggi ad essere qui considerato come la più efficace garanzia di affermazione e di successo nella politica internazionale •.

Ciò che io pensavo prima del nostro atto di ratifica, prima della Conferenza di Jachimov e della successiva [visita] del Ministro Mitilineu a Parigi, io penso a maggior ragione oggi dopo ,che, essendo a capo del Governo Romeno un amico del nostro Paese come il Generale Averescu, ci siamo trovati nelle condizioni più favorevoli per saggiare fino a che punto noi possiamo fare assegnamento sulla collaborazione politica della Romania in certe determinate direzioni che non sono precisamente quelle da essa seguite sino ad ora.

La ratifica della Bessarabia, che non ha turbato sostanzialmente, come si poteva temere, i nostri rapporti coll'URSS, è stata a mio avviso, malgrado tutto, ugualmente utile ed era diventata ormai necessaria per non trovarci qui, non solo con Averescu al potere, ma assai più coi Governi che gli succederanno, in condizioni di troppo evidente inferiorità verso chi ci contrasta palmo a palmo il cammino dalle fortissime posizioni che ha già acquisite in Romania, la Francia. Ma se la nostra azione politica vuole qui mantenersi sopra il terreno di un'attuale ed attuabile realtà è necessario riconoscerne obiettivamente i limiti, pur avvisando ai possibili mezzi di allargarli gradualmente a nostro vantaggio.

Tali limiti sono oggi costituiti:

l) Dalla ancor ferma ed insostituibile adesione agli interessi comuni di

conservazione e di difesa contro gli Stati ex vinti (Ungheria e Bulgaria) che

legano la Romania agli altri due Stati della Piccola Intesa;

2) dalla stretta affinità di coltura, di tradizioni militari, di interessi poli

tici che legano la Romania all'alleanza ed alla influenza francese.

I mezzi per allargare gradualmente questi limiti in nostro favore potrebbero

essere fra gli altri:

l) non legare la nostra azione al favore concesso o negato a questo od a

quel partito od uomo politico; e, se mai, cercar di avvicinar a noi quelli degli

uomini politid o quel partito che sono e sembrano ancora destinati ad essere i

fattori politici predominanti o decisivi nella situazione interna romena -voglio

dire gli uomini di parte liberale.

2) Non dare troppo palesemente presa al sospetto che tentiamo di dissolvere od indebolire la Piccola Intesa e che ci sforziamo di attirare la Romania in un'orbita di interessi contrari a quelli patrocinati dalla Francia.

3) Dire ai romeni, sia pure colla stessa inconcludente faciloneria con cui altri lo ripetono, che vogliamo cooperare anche noi a spianar la via ad una Locarno balcanica e dell'Europa Orientale. Simili anche vacue enunciazioni attirano sempre qui simpatia ed interesse perchè se ne spera una implicita consolidazione dello statu quo in vantaggio della Romania; mentre il lasciar intuire che intendiamo sospingere la Romania ad uno stretto ravvicinamento coll'Ungheria e colla Bulgaria suscita sorpresa, incredulità, sospetti e provoca reazioni dannose al fine stesso che ci proponiamo di raggiungere.

4) Cercare di rendere più efficiente, con una propaganda culturale più continuativa ed intensa, quel senso di naturale e diffusa simpatia per l'Italia, ed anche per l'Italia fascista, che esiste incontestabilmente in larghi strati di questa popolazione (professionisti, professori, ufficiali, studenti) e che non è affatto rispecchiato dalla stampa di questa capitale asservita esclusivamente ad interessi di partito od a correnti demo-franco-massoniche irriducibilmente avverse al fascismo italiano.

Mi preme infine assicurare l'E. V. che di fronte all'attuale Governo mi atterrò strettamente a quell'attitudine di riservata attesa ordinatami col telegramma di Gabinetto n. 934/260 (l); attitudine tanto più giustificata trattandosi di un Governo che nel suo programma ha inscritto a grandi lettere il proposito di non vivere oltre due mesi.

Nei colloqui che ho già avuto con uomini politici e collo stesso Presidente del Consiglio ed in quelli che mi propongo ancora di avere nei prossimi giorni non ho mancato e non mancherò, ad ogni modo, di porre bene in rilievo quanto sarebbe dannoso ai buoni rapporti italo-romeni e soprattutto ai vantaggi che la Romania stessa può ritrarne se l'attitudine del nuovo Governo o di quello che fra breve gli succederà ribadisse nell'E V. l'impressione che la ratifica italiana dell'accordo sulla Bessarabia è stata troppo presto e troppo facilmente dimenticata.

(l) Annotazione di Ghigi: • Comm. Guariglia. In restituzione dopo che S. E. Grandi ha conferito con S. E. Turati. 12 luglio •.

271

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1651/3. Ginevra, 13 giugno 1927, ore 17,05 (per. ore 22).

Ho veduto Chamberlain al quale ho parlato anche nella sua qualità di presidente pro-tempore del consiglio. Egli allo stato delle cose riconosce che il consiglio non si debba occupare della questione jugoslavo-albanese. In quanto all'azione da esp1icare dagli stati che finora si sono interessati alla questione, ritiene che la questione del dragomanno debba considerarsi del tutto isolata. Egli mi ha detto di avere fatto molti passi in questo senso col rappresentante della Jugoslavia a Roma che dice essere persona sensatissima ma che la sua

voce è poco ascoltata a Belgrado perchè lo ritengono anche troppo amico dell'Italia. Egli crede tuttavia accettabile la proposta che io gli ho ripetuta facendogli osservare che si riconnetteva all'iniziativa albanese del simultaneo ritiro della nota jugoslava e liberazione del dragomanno. Chambedain ha richiamato la mia attenzione, affinchè io ne riferissi alla E. V., sul fatto che !'[amministrazione] albanese particolarmente nella parte settentrionale è condotta in modo da destare malcontento fra la popolazione. Egli crede che sarebbe molto utile che Ahmed Zogu desse efficaci istruzioni per il miglioramento di queste condizioni le quali pare preoccupino anche il generale Percy comandante inglese a Scutari. Credo che Chamberlain parlerà anche a Briand.

(l) Cfr. n. 248.

272

L'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

(Traduzione)

[Roma], 13 giugno 1927.

Ho ricevuto istruzioni di informare il Governo Italiano che sebbene il Governo di Sua Maestà non prenda iniziativa al riguardo è stato fatto conoscere ai rappresentanti di Sua Maestà a Belgrado e Tirana che esso approva gli sforzi che risulta si stanno facendo per trovare una soluzione per la questione in contestazione fra Jugoslavia ed Albania a mezzo di mutue concessioni. Queste concessioni potrebbero essere più o meno nelle linee suggerite dal Ministro di Francia in Belgrado come sono state comunicate al di lui collega italiano.

In vista degli sforzi che si vengono in questo modo facendo, il Governo di Sua Maestà ritiene che sarebbe un grave errore se il Governo Albanese ritirasse la sua Legazione da Belgrado nel momento attuale come esso minaccia di fare. Se perciò il Governo Italiano fosse preparato a sollecitare il Presidente Ahmed Zogu a differire questa decisione essendo ancora pendente una ulteriore considerazione della proposta soluzione, il Governo di Sua Maestà darebbe volentieri istruzioni al suo Ministro in Albania di far passi per sostenere il suo collega italiano (1).

273

IVO FRANK AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

(Traduzione)

L. P. Budapest, 13 giugno 1927.

Riferendomi alla nostra collaborazione negli anni 1919-1920, mi prendo la libertà di pregarla di far pervenire l'accluso pro-memoria (2) a S. E. il Presidente dei Ministri.

(2J Il pro-memoria è probabilmente quello allegato al n. 313.

I principi espressi nel pro-memoria sono forse di importanza attuale e destano interesse nei circoli competenti.

Io sono sempre a disposizione per ulteriori spiegazioni o informazioni.

La risolutezza e lealtà che tanto apprezzo in V. E. mi danno il coraggio

di rivolgermi direttamente a Lei, sperando di trovare una parola di appoggio per la mia patria oppressa. Anche se questo passo restasse senza momentanea efficacia, può V. E. essere sicuro che i Croati continueranno nel loro lavoro nel senso del pro-memoria, poichè la nostra convinzione divenuta assioma è che l'Italia sia la sola salvezza dei Croati.

(l) Per la risposta, cfr. n. 309.

274

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 1669/5. Ginevra, 14 giugno 1927, ore 23,45 (per. ore 2,45 del15).

Oggi per iniziativa di Stresemann e Briand si è tenuta presso Chamberlain riunione alla quale siamo intervenuti: Ohamberlain, Stresemann, Briand, lshii, Vandervelde ed io e che si è prolungata dalle 17 alle 19.

Stresemann ha richiamato attenzione sopra pericoli che presenta situazione esistente fra Polonia e Russia. Discussione su questo argomento ha occupato quasi tutta la seduta.

Chamberlain ha dichiarato che Inghilterra ha finora limitato ed intende ancora limitare la sua azione alla semplice rottura dei rapporti diplomatici, mantenendo possibilmente tutti gli altri rapporti ed astenendosi da qualsiasi azione internazionale contro la Russia, nonostante le accuse di cui Gran Bretagna è fatta segno. Ciò perchè Chamberlain, condividendo opinione unanime espressa da tutti i presenti, ritiene che, in questo momento, una guerra contro la Russia non gioverebbe che ai soviets, col rafforzare la posizione interna, essendo anzi da temere che la Russia si stia adoperando per provocarla contro coloro che ritiene suoi nemici appunto per raggiungere lo scopo di cui sopra.

Stresemann a sua volta ha dichiarato molto risolutamente che quanto oggi avviene in Russia è contrario a quanto Cicerin gli aveva espresso anche in colloqui recenti, onde egli ritiene che l'azione di Litvinoff sia andata molto al di là di quello che Cicerin si proponeva. Stresemann spiega tale fatto non soltanto pel carattere nervoso del Litvinoff (tanto si parla del suo ritiro in una casa di salute) ma anche per le pressioni dei partiti più estremi che sembra dominino oggi a Mosca. Stresemann si è assunto incarico di adoperarsi, personalmente se gli è possibile presso Cicerin, in ogni modo per il tramite dei suoi organi diplomatici presso il Governo russo, affinchè questo ritorni ad una più ragionevole linea di condotta (1).

Si è anche fatto un breve accenno all'eventuale azione della Società delle Nazioni nel caso che le pretese russe verso la Polonia divenissero intollerabili, ma si è riservato ogni decisione in proposito.

Alla fine della seduta si è toccato anche altre questioni che possono consi

derarsi come segni pericolosi di uno stato di tensione degli animi in Europa. Tra

questi si è parlato della questione jugoslavo-albanese. Tutti sono stati d'accordo

nell'escludere presente intervento della Società delle Nazioni e nel rilevare

l'opportunità di consigliare tutte le parti contendenti di accordarsi sulla base

del simultaneo ritiro, da parte della Jugoslavia delle frasi offensive contenute

nella sua nota, e della liberazione del dragomanno da parte albanese.

Noto che nessuno dei presenti si è fatto difensore della Jugoslavia nè ha

minimamente accennato di voler allargare la questione oltre i limiti dell'inci

dente. Credo pertanto che sarebbe conveniente che anche da parte nostra si

agisse nel senso sopra indicato.

È stato stabilito di mantenere assoluto segreto nostre conversazioni (1).

(l) Cfr. anche STRESEMANX, La Germania netta tormenta, III, Milano, 1933, pp. 129-133.

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PROMEMORIA

... (2)

Nella riunione tenutasi a Palazzo Chigi martedì 7 giugno alle ore 18,30 ed a cui parteciparono, S. E. Scialoja, S. E. Grandi, il Marchese Alberto Theodoli, il Comm. Zoli (per il Ministero delle Colonie), il Comm. Biancheri, il Marchese Paulucci, il Comm. Tuozzi, il Conte Vinci ed il Comm. Righetti è stata per sommi capi esaminata la questione dei mandati giungendo alle conclusioni seguenti:

l) per quanto riguarda la domanda della Germania di ottenere un seggio nella Commissione Permanente dei Mandati, è stata riconosciuta l'opportunità di incaricare il R. Ambasciatore a Berlino di indagare in via riservata e con ogni cautela sui motivi che indussero il Governo tedesco a non fare presso il

R. Governo quei passi che esso ha fatto a Bruxelles Tokio Londra e Parigi, allo scopo di conoscere il pensiero dei Governi in merito alla domanda in questione.

S. E. Scialoja fa osservare che potrebbe darsi che la Germania abbia ritenuto di interpellare soltanto le Potenze mandatarie; occorre ad ogni modo che ciò risulti espressamente tanto più che Presidente della Commissione è un italiano (3).

Per quanto riguarda il fondo della questione, il Marchese Theodoli ricorda che già da tempo se ne era parlato tanto è vero che i tedeschi avevano persino presentato a Sir Eric Drummond una terna di nomi. A lui personalmente Chamberlain aveva detto durante il passato Consiglio, di aver consigliato Drummond di rimandare la discussione del problema trattandosi di una « question à négotier •. Il Marchese Theodoli ritiene che la partecipazione di un membro tedesco nella Commissione risponda all'interesse italiano.

S. -E. Grandi ricorda che Briand al passo non ufficiale rivoltogli, ha risposto che consigliava la Germania a non inoltrare ora la domanda, inoltre il Belgio è contrario come lo prova il Memorandum presentato ultimamente in via riservata dall'Ambasciatore belga a Roma. Il Marchese Paulucci è anche del parere che all'Italia convenga che la domanda tedesca, se presentata, sia accolta, ma è opportuno far cadere molto dall'alto la nostra adesione tanto più che il R. Governo non è stato interpellato. S. E. Scialoja non è convinto della grande convenienza della partecipazione germanica ai lavori della Commissione, ma ritiene che la cosa sia inevitabile, per quanto potrà essere ritardata. In ogni modo bisogna considerare che la domanda della Germania di far parte della Commissione dei Mandati, non è che un primo passo per richiedere essa stessa un mandato. È in funzione di questa possibilità che deve essere anche deciso il nostro atteggiamento.

2) Per quanto riguarda la questione della sovranità il Marchese Theodoli domanda se, nella sua qualità di Presidente sia opportuno che egli interroghi il Delegato inglese per conoscere se l'Inghilterra ha fatto sue le argomentazioni dei Dominions oppure se essa si consideri un semplice • passacarte ». S. E. Scialoja ricorda che nell'ultimo Consiglio è stata l'Inghilterra a mettere in tacere tale questione che è d'altra parte insostenibile, e non sarebbe stata appoggiata da nessun altro membro del Consiglio. Per noi sarebbe utilissimo che il problema si ripresentasse, ma ciò con tutta probabilità non accadrà.

3) Per quanto· riguarda l'azione da svolgere in seno alla Commissione dei Mandati da parte del Marchese Theodoli S. E. Grandi ritiene utile che venga continuata la tattica di • dar noia continuamente • alle potenze mandatarie, e di vigilare per impedire loro di modificare lentamente la natura giuridica dei loro poteri sui territori soggetti a mandato.

4) Per quanto riguarda la eventuale concessione di un mandato coloniale all'Italia viene riconosciuta innanzitutto la necessità di continuare a mantenerci fermi in linea di principio sul nostro diritto ad avere un mandato; occorre tuttavia incominciare a studiare quale territorio ci convenga avere.

Il Comm. Zoli afferma, ed il Comm. Tuozzi approva, che a noi converrebbe preferibilmente o il Tanganyka, per la sua vicinanza con le nostre colonie sull'Oceano Indiano e perchè potrebbe costituire quasi una ipoteca sul confinante Mozambico (almeno nella sua parte settentrionale) o la Siria. S. E. Scialoja fa presenti le inevitabili e ingenti spese a cui si andrebbe incontro, una volta ottenuto un mandato; perciò, mentre da un lato dobbiamo continuare ad insistere sul nostro diritto in generale, sarebbe preferibile che la questione non venisse sul tappeto troppo presto.

Frattanto occorrerà che il Ministro delle Colonie inizi subito studi approfonditi.

5) Per quanto riguarda il desiderio della Germania di ottenere un man

dato coloniale il Marchese Paulucci riferisce che in una conversazione con il

Collega Dufour Feronce quest'ultimo gli fece capire che la Germania non tro

verebbe nell'assegnazione di un mandato, sia pure sul Tanganika, la soluzione

del problema demografico, nè di quello di un'equa ripartizione delle materie

prime. La soluzione dei due problemi potrebbe invece consistere nell'applicazione graduale del principio !iberista mediante accordi fra due o più nazioni per la formazione di zone nelle quali gli Stati contraenti avrebbero piena libertà di inviare e far stabilire i loro concittadini, nonchè piena libertà di importazione e di esportazione.

La riunione ha avuto termine alle ore 19,15.

(l) -Annotazione marginale di Mussolini: « interessante ». (2) -Il promEmoria, anonimo e senza data, venne rimesso a Grandi il 15 giugno 1927. (3) -Il marchese TheodoJi.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. 984/132. Roma, 16 giugno 1927, ore l.

Suo telegramma n. 5 (1).

Sono volentieri disposto a prendere in considerazione le ipotesi di soluzioni conciliative fra Jugoslavia e Albania .Per l'incidente del dragomanno purchè siano tenute presenti alcune direttive di tempo e di modo senza le quali non trovo facile un'opera di persuasione. Vedo per esempio che da una settimana in qua il signor ministro di Francia a Tirana ha voluto avanzare da solo numerose proposte che il Governo albanese non ha creduto di accettare e che hanno allontanato più che altro la soluzione. Aggiungo che lo stesso ministro di Francia si è rivolto oggi al R. ministro a Durazzo chiedendogli di associarsi ad una proposta basata sulla contemporaneità del ritiro della nota jugoslava e della scarcerazione del dragomanno dicendo di avere ricevuto istruzioni secondo le quali si tratterebbe di una mossa concordata tra Italia, Francia, Inghilterra e Germania (2). Tutto ciò sembra rivelare un po' troppo il desiderio di prendere la testa nel movimento di conciliazione anticipando persino quegli accordi che evidentemente debbono intervenire tra i Governi centrali prima di manifestarsi nelle mosse delle rispettive legazioni. Ciò chiarito (ed è bene che queste mie osservazioni V. E. esponga con molta franchezza al signor Briand) io credo che nell'opera di conciliazione bisogna andare con molta prudenza con perfetta intesa per non condurre ad insuccesso una azione delle grandi potenze che dovrebbe invece, con migliore coordinamento, riuscire al suo scopo. Per svolgere un'azione di persuasione bisogna scegliere la voce più indicata ad essere ascoltata. Perciò i suggerimenti che sono giunti o che siano per giungere ad Ahmed Zogu attraverso il ministro di Francia a Tirana non possono non destare in un Governo così diffidente come quello albanese il pensiero -evidentemente errato -che un'azione di quel diplomatico possa troppo risentire del desiderio di far prevalere il punto di vista jugoslavo.

È ovvio invece che la persona di un ministro francese è notevolmente più adatta per svolgere opera di persuasione a Belgrado allo stesso modo come la persona di un ministro italiano è nettamente indicata per persuadere Tirana.

A parte quindi ogni questione sulla scelta del momento per agire sui due Governi jugoslavo ed albanese, i quali io credo che siano adesso troppo lontani

dallo stato di serenità necessario per far prevalere un punto di vista equanime e tranquillo, V. E. deve pianamente ma fermamente svolgere i concetti sopra espressi per concludere che in una eventuale azione da svolgere in comune, bisogna coordinare e distribuire bene le parti in modo che ciascuno agisca nel settore verso cui è più adatto.

La prego di riferirmi l'esito dei suoi colloqui.

(l) -Cfr. n. 274. (2) -Cfr. t. gab. 1672/449, Durazzo 15 giugno, ore 13,25, per. ore 14,20, che non si pubblica.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. 983/130. Roma, 16 giugno 1927, ore 4.

Suo telegramma 3 (1).

Prego V. E. di voler comunicare al signor Chamberlain che, convenendo sempre in tutto ciò che tenda ad eliminare eventuali cause di agitazioni balcaniche, mi sono fatto premura di richiamare l'attenzione del signor Ahmed Zogu sulle considerazioni che il signor Chamberlain ha voluto segnalarmi circa la situazione dell'Albania settentrionale (2).

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IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1689/11. Ginevra, 16 giugno 1927, ore 22,40 (per. ore 23,45).

Ho letto a Chamberlain il telegramma di V. E. 983/130 (3). Egli mi ha pregato di ringraziarla della gentile comunicazione e mi ha domandato quale era stata la nostra azione in seguito al convegno di martedì. Io gli ho risposto evasivamente ed allora continuando il suo discorso Chamberlain mi ha ripetuto che sua amicizia verso l'Italia ed in particolare modo verso V. E. fa sì che la sua azione qualche volta è meno efficace perchè sospettata di simpatia unilaterale, tanto che il rimprovero di parteggiare per l'Italia gli è stato fatto non solo dalla Jugoslavia e dalla Francia ma anche qualche volta dall'Albania (dico Albania).

V. -S. di comunicare ad Ahmed Zogu il pensiero del signor Chamberlain sulla situazione dell'Albania settentrionale aggiungendo che io mi faccio tramite di esso per un semplice riguardo verso il signor Chamberlain ma che lascio naturalmente che il presidente della repubblicaalbanese ispiri la sua azione di Governo in piena libertà di giudizio e veda se mai in questa comunicazione un semplice atto di amichevole interesse •.

22 --Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) -Cfr. n. 271. (2) -Cfr. il t. gab. 980/456 del 16 giugno, col quale Mussolini trasmetteva a Sola: • Prego (3) -Cfr. n. 277.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1690/415. Londra, 16 giugno 1927, ore 19,50 (per. ore 0,30 del17).

Oggi alle corse di Ascot dopo la colazione alla quale aveva invitato ambasciatori presenti S. M. il re mi ha detto: • La prego dire al signor Mussolini che io spero molto che egli possa presto ricevere ministro Jugoslavia perchè renderà con ciò un grande servizio all'Europa •. S. M. si è poi alquanto dilungato a parlarmi del conflitto jugoslavo-albanese mostrandosi ottimista in un prossimo soddisfacente componimento ed ha aggiunto: • In questo conflitto l'Italia e i rapporti italo-jugoslavi non hanno nulla che vedere direttamente perciò non capisco perchè la conversazione Mussolini-Rakich sia stata rinviata in seguito alla rottura della Jugoslavia con l'Albania. Sono sicuro che questa conversazione da tanto tempo attesa sarà un grande sollievo per tutti per il solo fatto di essere avvenuta •.

280

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 371/420. Londra, 17 giugno 1927, ore 21 (per. ore l del18).

Per mia norma di linguaggio e in vista di chiarimenti che già vengono richiesti da alcuni giornalisti sulla decisione di V. E. di non nominare successore Negrotto Cambiaso a Bruxelles prego telegrafarmi quali informazioni questa ambasciata è autorizzata a dare. Odierno Daily Express riporta oggi notizia da Bruxelles in termini quasi identici alla notizia data dal Temps.

281

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4164/194. Mosca, 19 giugno 1927, ore 17,22 (per. ore 19).

Patek mi ha informato essergli stato detto al commissariato affari esteri a Mosca che notizie ricevute da Londra lasciavano intravvedere che Italia avrebbe seguito con soviets politica lenta ritirata che avrebbe portato presto o tardi a rottura delle relazioni diplomatiche.

Ha aggiunto che ne erano molto preoccupati.

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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1759/181. Ginevra, 20 giugno 1927 (per. il 21).

In una conversazione privata che ho avuta con Chamberlain questi si è dichiarato assai lieto delle istruzioni impartite da V. E. conformemente alle linee qui concordate con S. E. Scialoja per risolvere l'incidente serbo-albanese.

Ho approfittato della circostanza per fargli presente che non basta interessarsi alla soluzione di incidenti come l'attuale o di altri che potrebbero verificarsi in avvenire, ma che occorre soprattutto preoccuparsi dello speciale stato d'animo della Jugoslavia e della sua megalomania quale rilevasi da certe formule programmatiche di diritti ad essa spettanti come successore dell'impero asburgico

o dall'altra formula • I Balcani ai popoli balcanici • che altro non dovrebbe significare se non i Balcani agli jugoslavi. È necessario, ho detto, esercitare verso di essi una continua azione moderatrice. Lo straordinario ingrandimento conseguito con la guerra non ha calmato ma accresciuto i loro appetiti. Chamberlain mi ha risposto che a suo avviso la Jugoslavia conserva la mentalità della piccola Serbia, affetta come allora da mania di persecuzione, con la differenza che i suoi timori anzichè essere determinati dall'Austria lo sono ora dall'Italia. L'Italia, ha detto Chamberlain, deve dar prova della maggiore pazienza, fare tutto il possibile per ispirare fiducia e tranquillità alla Jugoslavia. Si tratta d'un popolo giovane, assai suscettibile, preoccupato d'essere sopraffatto. Ho osservato a Chamberlain che pur riconoscendo il suo punto di vista mi permettevo d'insistere su quanto gli avevo esposto. Ho aggiunto che evidentemente la Jugoslavia aveva spinto recentemente le cose agli estremi forse per il desiderio di accrescere il suo prestigio, umiliando un piccolo paese. La sua azione non aveva alcun fondamento nè giuridico nè morale. Chamberlain mi ha risposto che purtroppo le persone che hanno nel fondo ragione si mettono talvolta nel torto per questioni di metodo. Ho convenuto che il Governo albanese avrebbe potuto agire con maggiore souplesse e usare qualche maggiore riguardo; ma si tratta d'un popolo giovane e senza molte tradizioni.

Passando a parlare del progetto di ridurre a tre le sessioni del consiglio Chamberlain mi ha detto che ciò darebbe maggiore importanza alla Società delle Nazioni. Accennandomi a taluni articoli di critica pubblicati da William Martin sul Journal de Genève relativamente a tale progetto nonchè ai colloqui privati svoltisi tra i delegati delle principali potenze, Chamberlain mi ha detto che il Martin è talvolta privo di ogni senso di realtà e di proporzioni. I colloqui privati tra i ministri degli esteri sono essenziali al buon andamento della S. d. N. perchè facilitano le soluzioni del consiglio. Ho osservato che ero pienamente d'accordo con lui. Egli ha aggiunto scherzando che Martin era d'avviso contrario perchè tali conversazioni non potevano avvenire sotto il suo controllo. Gli ho accennato che Benes col quale avevo parlato in proposito mi aveva espresso parere contrario a ridurre il numero delle sessioni. Chamberlain mi ha risposto che la situazione politica interna di Benes ha bisogno di essere rafforzata dalla

sua azione ginevrina. I peggiori nemici della lega, egli mi ha detto, sono spesso coloro che più si preoccupano di aumentare la sua influenza. Essi fanno di tutto per affidarle i compiti più disparati mettendola nei maggiori imbarazzi. Prima di congedarmi ho espresso a Chamberlain la mia ammirazione per le dichiarazioni misurate e sagge fatte in consiglio sia relativamente al disarmo che sulle questioni di Danzica. Era stato notato che con l'impedire in tal modo la discussione politica sul fondo della cosa Stresemann non aveva potuto cogliere alcun ramoscello di alloro nel giardino di Chamberlain.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 1030/384. Roma, 21 giugno 1927, ore 15,30.

Suo telegramma n. 420 P. R. (1).

Per sua personale riservata informazione comunico che realmente decisione R. Governo soprassedere per il momento nomina ambasciatore Brusselle è stata determinata dalla convenienza di far comprendere al Governo belga e specialmente a quel presidente del consiglio quanto sia scorretto nei riguardi internazionali e pregiudizievole agli interessi dei due paesi l'atteggiamento da lui assunto verso il fascismo e per esso verso il Governo nazionale. Recente discussione alla Camera belga dimostra che i migliori elementi politici di quello stato già se ne rendono conto. Solo elementi socialisti, come dimostra recente articolo del Peuple fingono di non capire e parlano di intervento italiano nelle cose interne del Belgio, mentre invece si tratta di intervento del signor Vandervelde nelle cose interne dell'Italia. Ad ogni modo l'ammonimento che intendo dare a questo signore si comprende di per se stesso, ed è inutile che codesta ambasciata dia informazioni di carattere autorizzato a codesti giornali. Meglio !asciarli liberi nei loro commenti. Ma non ho difficoltà a che V. E. se ne avrà occasione si esprima con codesto Governo nel senso di quanto precede.

284

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, NEGROTTO CAMBIASO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 1750/93. Bruxelles, 21 giugno 1927, ore 20 (per. ore 24).

Vandervelde ha voluto vedermi per salutarmi e per darmi spiegazioni circa rimproveri mossigli per scorrettezza verso capo Governo e Italia. In definitiva ripetette, ampliandole con molti dettagli, giustificazioni già date alla Camera dei Deputati aggiungendo che la sua posizione gli era resa difficile, tanto dalla stampa di sinistra, quanto di destra, che ad arte e per fini di politica interna, svisano fatti e inaspriscono polemica. Primo ministro mi ha dichiarato che

vacanza ambasciata, soprattutto dopo commenti di alcuni fogli che combattono ministero, sarebbe interpretata dalla pubblica opinione belga come una immeritata punizione. Che essa colpiva dolorosamente S. M. il re, sincero amico dell'Italia e della reale famiglia, nonchè sua persona di cui noti sono sentimenti ammirazione per V. E. e simpatia per nostro paese, come ebbe a confermare anche in recenti occasioni. Jaspar mi pregò insistentemente far presente a V. E. pregiudizio che potrebbe derivare alle relazioni italo-belghe e impressione sfavorevole anche su maggioranza belgi ben pensanti, per un comprensibile sentimento di orgoglio nazionale. Aggiunse che raddoppierebbe di zelo per impedire in avvenire ogni causa di malintesi e di risentimento da parte del R. Governo nella fiducia che V. E. vorrà, anche se invio nuovo ambasciatore sarà ritardato, preannunziarlo per evitare impressione rottura relazioni diplomatiche. Jaspar mi fece un breve accenno all'azione del fascio locale, il che prova che egli non ignora la campagna che questo conduce d'accordo con elementi belgi. Io ho smentito ma occorre molta prudenza per evitare rimproveri di ingerenza nella politica interna del Belgio. In conclusione Jaspar mi è sembrato moltissimo impressionato e addolorato e deciso a seguire verso noi una linea di politica corretta e amichevole.

(l) Cfr. n. 280.

285

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1748/470. Durazzo, 21 giugno 1927, ore 21,45 (per. ore l del 22).

Ahmed Zogu mi ha dato risposta favorevole del Governo albanese alla démarche confidenziale da me fatta per incarico delle quattro grandi potenze (1). Ho comunicato ciò ai miei colleghi, che mi hanno ringraziato per l'esito felice della démarche assuntasi dall'Italia. Miei colleghi hanno telegrafato nuovamente ai rispettivi Governi per proporre che nota delle potenze sia consegnata a Tirana e a Belgrado venerdi mattina 24 corrente. Tornando a Durazzo trovo telegramma di V. E. 477 (2) e mi adopero subito per accelerare presentazione nota. Ove si ottenga il consenso dei miei colleghi ne informerò prontamente V.E., nonchè Belgrado, a cui intanto trasmetto presente telegramma. Per il modo come funzionano le comunicazioni telegrafiche con Belgrado (secondo il capriccio di quel Governo), è sembrato che, per assicurare l'assoluta sincronicità desiderata da V. E., fosse necessario che la data prescelta non desse luogo a possibili contrattempi.

il Governo albanese con t. gab. 996/461 del 17 giugno, ore 19, che non si pubblica. Il passo (per la cui prima progettazione cfr. nn. 274 e 276) doveva essere eseguito contemporaneamente a Tirana e Belgrado dai rappresentanti d'Italia, di Francia, d'Inghilterra e di Germania, sulla base del ritiro e sostituzione della nota jugoslava. e della contemporanea scarcerazione di Giuraskovié. Il passo a Tirana fu preceduto da un sondaggio presso Zogu, compiuto da Sola per incarico dei suoi colleghi. Questo incarico, aveva commentato Sola, • riporta completamente nelle nostre mani l'iniziativa dell'azione conciliativa presso questo Governo e costituisce un riconoscimento della nostra posizione preminente in Albania» (t. gab. 1695/453 del 17 giugno, ore 1,26, per ore 4,35).

(l) Mussolini aveva impartito a Sola l'ordine di associarsi ad un passo collettivo presso

(2) T. gab. 1032/477, s. d. (ma 21 giugno): o.rdine di accelerare la presentazione della nota collettiva.

286

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P.R.) R. 374/139. Vienna, 22 giugno 1927, ore 21,30 (per. ore 4 del23).

Addetto militare mi comunica che ex ufficiale di stato maggiore austroungarico (1), di nazionalità croata, da lui conosciuto come persona seria, distinta, nonchè sentimenti nettamente anti-serbi, lo ha informato che dottor Ante Pavelich dico Ante Pavelich vice presidente partito del diritto croato (il più decisamente avverso serbismo) nel transitare Vienna diretto a Parigi lo ha pregato procurargli Roma ove passerà nel viaggio di ritorno un colloquio con qualche personalità dirigente partito nazionale fascista. Dato breve tempo disponibile per corrispondere con Roma e fare successive comunicazioni al Pavelich che d'altra parte sarà Parigi certamente vigilato, addetto militare e suo interlocutore hanno creduto che fosse preferibile segnalare codesto ministero arrivo suddetto personaggio e desiderio da lui espresso affinchè possa, se del caso, essere invitato abboccamento desiderato. Pavelich giungerà Roma fra 25 e 26 corrente scendendo albergo Flora Via Vittorio Veneto.

287

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. P. 1329/296. Bucarest, 22 giugno 1927.

Per la prima volta, dopo la recente crisi, ho potuto ieri intrattenermi a lungo col Generale Averescu.

Per quanto egli celasse a mala pena un senso di intimo sdegno per il modo come fu sbalzato di sorpresa dal potere senza che alcun motivo di pubblico interesse giustificasse i procedimenti avventati non solo dei suoi avversari politici ma anche della stessa Corona, ho trovato il Generale, come sempre, molto calmo ed anche soddisfatto che gli avvenimenti susseguenti alla sua caduta sino all'odierno avvenimento del nuovo Ministero Bratianu gli abbiano dato pienamente ragione ed abbiano messo i suoi avversari politici in una situazione che è già e che potrà diventare ogni giorno più difficile e rischiosa.

Il Generale Averescu mi disse che teneva moltissimo a conservare intatta la stima e la considerazione di V. E. A tale precipuo scopo egli mi fece una circostanziata narrazione dei precedenti della crisi, del modo come si svolse, delle funeste conseguenze che ha già avuto mettendo il Paese di fronte ad una delle situazioni più oscure fra quante se ne sono verificate da molto in Romania mentre, sino ad un mese fa, tutto procedeva in ordine e le previsioni del pros

simo avvenire, anche nella eventualità dell'attesa morte del Re, non davano

luogo a serie preoccupazioni.

L'esposizione fattami dal Generale Averescu coincide sostanzialmente con

quanto ho già avuto l'onore di riferire in argomento a V. E. con miei recenti

telegrammi e rapporti. Riterrei quindi superfluo riprodurla. Soltanto, qui e là,

egli aggiunse alcuni curiosi e gustosi particolari tendenti a viemmeglio com

provare:

l) che la crisi fu voluta ed imposta dal Signor Jon Bratianu il quale, temendo in realtà che il Generale Averescu consolidasse la sua posizione di Governo sino al punto di poter sfuggire al controllo liberale -soprattutto nel periodo susseguente alla temuta morte del Re -agitò, per la platea, l'accusa di velleità dittatoriali del Generale Averescu; tentò coprire il suo giuoco inducendo la Corona al tentativo, condannato in precedenza all'insuccesso, di formare un Governo di concentrazione nazionale; e cercò invano sottrarsi, colla parentesi del Governo Stirbey, ad assumere in condizioni troppo ingrate il potere sino alle prossime elezioni od alla eventuale morte del Re.

2) Che il Re, la cui volontà non fu mai ferma e subì sempre le influenze predominanti della Regina e dei Capi liberali, è oggi ridotto ad un'ombra di se stesso ed è quindi più che mai in completa balìa delle influenze stesse.

3) Che la Regina, se pure non fu iniziatrice del piccolo colpo di Stato, nulla fece per opporvisi; e ne sarebbe anzi stata, con lo Stirbey, la complice tacita e necessaria.

Il Generale Averescu tenne poi a rivendicare meco, nel modo più energico, la correttezza e l'onestà della sua Amministrazione di fronte alla campagna diffamatrice scatenata, subito dopo la sua caduta, contro il suo Governo dalla stampa di opposizione; e mi pregò di far presente a V. E. come questa campagna fosse inspirata soltanto a basse vendette di partito.

Egli mi diede copia, con preghiera di trasmetterE a V. E., dei due documenti che unisco in traduzione (1), cioè:

l) del memoriale da lui presentato a S. M. il Re il 4 giugno, cioè il giorno stesso in cui egli fu poi costretto dall'inattesa nomina dello Stirbey a dare le sue dimissioni.

2) Di una lettera da lui diretta al Principe Stirbey il 12 corrente in cui fieramente protesta per la campagna di pubblica diffamazione contro l'Amministrazione già da lui presieduta.

Avendo io chiesto al Generale Averescu se a lui risultasse in qualche modo che intrighi e pressioni francesi avessero contribuito a provocare o a precipitare la crisi, egli lo escluse. Aggiunse a questo proposito che intendeva pubblicare sul giornale del suo partito Indreptarea un articolo a sua firma in cui si sarebbe difeso dalle critiche e dalle insinuazioni mosse contro la linea di politica estera da lui seguita. In tale articolo egli si propone di sostenere e provare che il preteso antagonismo italo-francese non ha nulla a che vedere colla politica di salda ed intima amicizia italo-romena da lui propugnata.

Avendo infine chiesto al Generale Averescu se, a suo avviso, l'agitazione carlista avrebbe potuto nelle attuali circostanze rinascere ed invigorirsi, egli mi rispose che ciò non era soltanto possibile ma anche inevitabile; e mi fece chiaramente intendere che, dopo quanto era accaduto, egli stesso non potrebbe più opporvisi.

Il colloquio finì in modo per me alquanto inatteso. Il Generale Averescu mi aveva bensì detto sin da principio che egli avrebbe avuto da chiedermi un favore e da farmi una proposta.

Il favore sarebbe quello (ed egli mi pregò d'informarne V. E.) che una Banca Italiana, per esempio la locale Banca Commerciale Italiana e Romena, grazie all'interessamento -occorrendo -del R. Governo o di questa R. Legazione, consentisse a fornire alla cassa del partito Averescano una somma di 7 milioni di lei (al cambio attuale circa 800.000 lire) per la campagna elettorale. La cassa del partito depositerebbe come garanzia presso la Banca stessa un pacchetto di azioni di Società industriali varie di un valore (nominale) corrispondente.

La proposta, poi, sarebbe quella che, con interessamento del R. Governo, fosse procurata una cointeressenza italiana di almeno 5 milioni di lei in una certa • Banca Danubiana •, piuttosto traballante ed oggi infeudata agli interessi dello stesso partito averescano. Secondo l'idea del Generale (una vecchia idea che egli coltiva da tempo e per realizzare la quale fece già a tentoni parecchi sconsigliati tentativi con nostri connazionali che a nulla approdarono) il capitale della Banca, che oggi è circa 100 milioni di lei, dovrebbe essere diviso in parti uguali tra azionisti italiani e romeni; uno dei direttori dovrebbe essere italiano ecc. ecc.

Senza scompormi, dissi al Generale che avrei esaminato colla miglior buona volontà il seguito di cui tali suoi desideri sarebbero passibili.

Tutto ciò intanto dimostra come, qui, anche i migliori sieno tutt'altro che immuni dal considerare le loro responsabilità così pubbliche che private da un punto di vista tipicamente balcanico.

Quanto alla utilità o alla possibilità di dare un seguito qualsiasi a simili proposte, osservo per ciò che concerne la prima:

l) che, a mio avviso e per quel che si può oggi prevedere, le possibilità che il Generale Averescu ed il suo partito tornino ad avere, in epoca prossima, una influenza preponderante nella vita pubblica romena sono oltremodo problematiche;

2) che, se anche così non fosse, è sconsigliabile in condizioni così instabili di legare come che sia la nostra azione politica in Romania ad-un partito qualsiasi;

3) che transazioni di questo genere, da per tutto e più che altrove in Paesi come questo, finiscono sempre col risapersi: e che ciò comprometterebbe irrimediabilmente e per parecchio tempo così lo stesso generale Averescu come i progressi della nostra penetrazione politica in Romania.

Per ciò che concerne la seconda: che la Banca Danubiana, a parte i suoi precedenti (due moratorie), è, come tutte le imprese necessariamente subordinate alle fluttuazioni e pressioni

politiche, esposta continuamente a difficoltà ed a pericoli dal punto di vista finanziario e che quindi nessun serio gruppo finanziario italiano consentirebbe probabilmente a cointeressarvisi. Un nostro cointeressamento in detta Banca non sarebbe concepibile che per fini esclusivamente politici; ed in tal caso si ricade nell'ambito delle obiezioni da me fatte alla proposta N. l.

Eviterò di tornare col Generale Averescu sull'argomento; e qualora egli insistesse, cercherei di fargli comprendere, nel modo più garbato ed evasivo, che il R. Governo, a parte anche la discutibile convenienza di essere coinvolto più o meno direttamente in simili transazioni, vede molte pratiche difficoltà nella loro attuazione.

Io prego, ad ogni buon fine, l'E. V. di farmi conoscere telegraficamente se approva queste mie conclusioni (1).

(l) Allude a Sarkotié.

(l) Non si pubblicano.

288

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI

T. GAB. R. 1050/170. Roma, 23 giugno 1927, ore 24.

Telegramma di V. E. 194 (2).

Atteggiamento riservato e corretto tenuto dal R. Governo fin dall'inizio del conflitto anglo-sovietico sembrami sufficiente dimostrare inesattezza notizie che sarebbero costì pervenute da Londra. V. E. avrà rilevato come anche stampa italiana si sia in generale limitata alla cronaca degli avvenimenti astenendosi da commenti aggressivi verso U.R.S.S.

Nessun fatto nuovo suscettibile di alterare i rapporti itala-sovietici essendosi prodotto in questi ultimi tempi, R. Governo non intende mutare rapporti politici e commerciali con U.R.S.S. se da parte di codesto Governo o dei suoi agenti in Italia non sarà dato motivo che possa influire su tali intenzioni. Concordo anzi su quanto le ha detto il signor Litvinoff sulla convenienza di sviluppare le relazioni commerciali e recente decisione del Consiglio dei ministri relativa al finanziamento delle esportazioni potrà certo essere vantaggiosamente applicata alle esportazioni dirette verso l'U.R.S.S.

Se codesto Governo è effettivamente desideroso di riattivare relazioni commerciali coll'Italia, momento attuale sembra molto adatto per un'utile ripresa delle trattative e R. Governo, mentre attende tuttora qualche manifestazione pratica delle buone assicurazioni date a V. E. da Litvinoff e Mikojan nei colloqui che ebbe con loro lo scorso mese, è pronto ad esaminare con spirito amichevole le richieste sovietiche dirette a favorire lo sviluppo dei rapporti economico-commerciali nell'interesse reciproco dei due paesi.

Quanto precede per opportuna conoscenza e norma di V. E.

(l) -Annotazioni marginali: «Accusare ricevuta e approvare. Guariglia. 29/6/27 •. Di pugno di Mussolini: «Interessante. M.>. Cfr. n. 306. (2) -Cfr. n. 281.
289

TL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1763/555. Belgrado, 23 giugno 1927, ore 23 (per. ore 3 del 24).

Mio telegramma n. 552 (1). Oggi alle ore 16 ho dato lettura a Marinkovich alla presenza dei colleghi di Germania e di Francia e dell'incaricato d'affari inglese della nota con cui viene proposta la composizione del conflitto jugoslavoalbanese. I miei colleghi predetti presentarono iaentica nota. Il signor Marinkovich ha dichiarato di accettare il consiglio delle potenze. È stato quindi deciso che:

1° -si proceda simultaneamente alla modificazione della nota jugoslava ed alla scarcerazione del signor Giurascovich; 2° -il tempo di tale simultanea azione sia stabilito a Tirana daì ministri delle quattro potenze;

3° -domani mattina Marinkovich trasmetterà a mezzo di questo ministro di Francia al ministro di Francia a Tirana, come incaricato d'affari jugoslavo in Albania, un telegramma col quale verrà stabilita « la modificazione • da apportarsi alla nota jugoslava sopprimendo le parole ritenute offensive dal Governo albanese;

4° -le relazioni fra la Jugoslavia e Albania si intenderanno virtualmente riprese all'atto stesso dell'azione simultanea a Tirana. In seguito richiesta del signor Marinkovich si è stabilito di raccomandare al Governo albanese che dopo la ripresa delle relazioni venga benevolmente e,saminata la questione della restituzione delle carte appartenenti al Governo jugoslavo che vennero sequestrate al momento dell'arresto del Giurascovich. La copia del predetto telegramma di Marinkovich sarà trasmessa domani da me a V. E.

290

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, MANZONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AI MINISTRI A BELGRADO, BODRERO, E AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. PER CORRIERE S. 1052. Roma, 24 giugno 1927, ore 18.

Questo ministro di Grecia ha confidenzialmente accennato a voci pervenutegli di intese che sarebbero intervenute o starebbero per concretarsi fra Parigi e Belgrado allo scopo di rinsaldare le relazioni franco-jugoslave oltre i limiti dell'esistente patto di amicizia.

Il predetto ministro non ha saputo o voluto dare alcuna precisione. (Per tutti meno Londra e Atene). Quanto precede per sua personale conoscenza e per quei controlli che le riuscissero possibili. (Per Londra ed Atene). Quanto precede per sua personale conoscenza.

(l) T. gab. 1754/552 del 22 giugno: preannunzio della presentazione a Marinkovié della nota per il giorno 23, ore 16.

291

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 1055/435. Roma, 24 giugno 1927, ore 20,30.

Oggi dopo avergli inflitto una trimestrale anticamera ho ricevuto Rakich. Aggiungo che attesa non fu inflitta personalmente al ministro Rakich che stimo come uomo e come poeta ma fu il risultato della situazione e delle gaffes belgradesi. Ho cominciato io in questi termini. Signor Rakich voi avete chiesto molto insistentemente di vedermi sono qui ad ascoltarvi. Rakich mi ha detto di essere incaricato dal suo Governo di esprimere il desiderio del popolo jugoslavo di riprendere relazioni di cordiale amicizia coll'Italia che in Serbia ha moltissimi amici e ammiratori. Gli ho risposto che interruzione di questa politica inaugurata col patto di Roma non si doveva all'Italia che anzi avrebbe voluto fortificarla e renderla più intima. Di ciò fu trattato a suo tempo con Nincich. Il cambiamento di direzione nella politica S. H. S. ha determinato atteggiamento italiano, atteggiamento che non è di ostilità ma di semplice attesa. Governo e popolo italiani attendono di sapere se stato S. H. S. vuole o non vuole essere sinceramente amico del popolo italiano. Rakich mi ha risposto che stato S. H. S. vuole fare questa politica di amicizia e che non bisogna prestare fede alla stampa jugoslava la quale è abituata a combattere prima la Turchia poi l'Austria adesso l'Italia. Gli ho detto che deploravo questa stampa specie quando inventa notizie di inesistenti massacri di ingegneri italiani in Albania. Ho soggiunto che per riprendere la vecchia politica del patto di Roma occorre determinare fra i due stati una • détente morale • che non deve essere limitata alle classi politiche dei due stati ma scendere e generalizzarsi fra il popolo. Determinata questa détente morale sarà ulteriormente possibile esaminare ed eliminare quegli elementi che impediscano la ripresa di quella politica. Il Rakich ha convenuto perfettamente in ciò. Dopo di questo la conversazione è scivolata sulla situazione interna serba, sulle lotte dei partiti, sulle prossime elezioni ecc. ecc. Durante tutta la conversazione durata mezz'ora non fu mai pronunciata la parola Albania o Tirana con relativo patto. Ciò non di meno quando Rakich mi ha lasciato mi è sembrato che il suo morale fosse migliorato (1).

292

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1053/489. Roma, 24 giugno 1927, ore 22.

R. ministro a Belgrado telegrafa quanto segue: (come 1763/555 da Belgrado) (2).

Trovo che le procedure attuate ovvero proposte a Belgrado siano regolari ed eque. Perciò, in relazione al suo telegramma 473 (3), la prego di evitare

atteggiamenti difficili di codesto Governo sui dettagli delle modificazioni della nota. Trattandosi di una pura questione di prestigio il fatto che il Governo jugoslavo si è arreso a modificarla supera in principio l'importanza dell'effettivo contenuto della modifica semprechè naturalmente non si ripresentino i termini incriminati. Codesto Governo può quindi mostrarsi arrendevole senza diminuire il suo successo. Ciò in linea di massima. Mi riservo ad ogni modo comunicarle il mio pensiero preciso sul testo che Bodrero mi telegraferà e che io le ripeterò. In quanto alla questione della ripresa delle relazioni che codesto Governo vuole effettuare dopo l'arrivo costà del ministro jugoslavo, il mio parere è che questa condizione può riuscire di ostacolo alla conciliazione se enunciata così duramente. È preferibile che codesto Governo si conformi alla dichiarazione jugoslava e cioè che • le relazioni fra la Jugoslavia e l'Albania si intenderanno virtualmente riprese all'atto stesso dell'azione simultanea a Tirana •. Con questa dichiarazione si fa una semplice affermazione teorica, ma in realtà la questione dell'effettivo momento in cui i rappresentanti dei due paesi giungeranno nelle rispettive sedi rimane fuori del compromesso e ciascun Governo rimane libero di sceglierlo come suole praticamente avvenire fra tutti i paesi che scambiano i loro rappresentanti senza essere obbligati ad osservare in pratica una contemporaneità assoluta in ciascun movimento.

In quanto alla domanda jugoslava di restituzione dei documenti sequestrati che appartengono a quel Governo ritengo che V. E. debba appoggiarla ma bene inteso limitatamente agli atti ufficiali di pertinenza dell'archivio della legazione jugoslava a Tirana sostenendo naturalmente che i documenti di spionaggio non debbono assolutamente essere restituiti perchè appartenenti ad altri Governi.

Ho telegrafato quanto precede a Belgrado.

(l) -Copia del tel. fu trasmessa, il 28 giugno, a Sola con t. gab. 1078/499. (2) -Cfr. n. 289. (3) -T. gab. 1768/473 del 24 giugno, ore 2,40, per. ore 6, che non si pubblica.
293

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 3457/145. Roma, 25 giugno 1927, oTe 1,30.

Suoi telegrammi gab. nn. 157 e 167 (1). In attesa di istruzioni che riservomi inviarle per corriere (2) converrà che

V. S. mantenga contegno riservato sia con suoi colleghi esteri sia con codesto Governo. Sarà bene invece attivare conversazioni per sbocco al mare e nota strada.

i]) T. gab. 1630/157 del 15 giuf(no e t. gab. 1743/167 del 20 l!iugno: azione del ministro di Germania ad Addis Abeba per l'internazionalizzazione della erigenda diga sul lago Tsana, e intervento in senso contrario del ministro d'Inghilterra; richiesta di istruzioni di Cora circa l'atteggiamento da tenere.

(2) Cfr. n. 346.

294

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, E AL GOVERNATORE DI RODI, LAGO

T. 3458. Roma, 25 giugno 1927, ore 1,30.

(Per Rodi). Ho telegrafato a Costantinopoli quanto segue:

(Per tutti). Azione turca relativa isolotti intorno Castelrosso segnalata da governatore Rodi con telegrammi nn. 1509/109 e 1514/111 non può essere tollerata da R. Governo che non può ammettere che in una questione rimasta in sospeso e controversa dopo trattato Losanna Governo turco possa ritenere di poter farsi ragione da sè con un disinvolto procedimento di occupazione militare. R. Governo sarebbe in diritto far disarmare soldati sbarcati e considerando fatto avvenuto come semplice sconfinamento farli da nostre navi da guerra sbarcare in un porto della costa anatolica. Non ho impartito subito ordini in tal senso per non turbare con un grosso incidente relazioni fra due paesi che andavano normalizzandosi ma prego V. E. di esigere che immediatamente Governo Angora richiami soldati colà sbarcati e dopo che tali ordini siano stati eseguiti non ho difficoltà di esaminare con cotesto Governo questioni relative isolotti Castelrosso come del resto più volte abbiamo mostrato desiderio di fare.

295

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1783/480. Durazzo, 25 giugno 1927, ore 13,20 (per. ore 16).

È appena finita decifrazione del telegramma di V. E. n. 489 (1), che vengo informato essersi ministro di Francia recato presso segretario generale affari esteri per comunicargli aver ricevuto a mezzo suo collega Belgrado istruzioni Marinkovich di seguire seguente procedura: « o rimettere una nota a firma barone De Vaux, dico a firma De Vaux, sostitutiva della nota dell'incaricato d'affari jugoslavo, ovvero di dirigere sempre a firma De Vaux una nota esplicativa dei termini offensivi •. Giafer ha replicato che le proposte gli sembravano « così grosse • che egli non le discuteva nemmeno. L'Albania avendo dato notizia al parlamento, al paese, * al mondo * (2) del testo della nota delle quattro potenze, non poteva ammettere altra transazione se non quella che ministro d'Italia nei sondaggi presso il Governo albanese aveva prospettata e cioè il ritiro della nota incriminata e sua sostituzione con altra recante la stessa firma, lo stesso numero di protocollo e la stessa data di quella ritenuta offensiva. Devo notare di sfuggita che la sostituzione della nota jugoslava con altra a firma De Vaux involge

un principio di carattere internazionale in quanto legazione di Francia, in regime di rottura diplomatica, non rappresenta qui la Jugoslavia, e ministro di Francia non è l'incaricato d'affari jugoslavo (come è detto nel telegramma di Bodrero) ma ha qui la semplice protezione degli interessi dei sudditi jugoslavi in Albania. Ministro di Francia in seguito alla risposta assai recisa di Giafer non ha insistito ed egli non darà nemmeno seguito al suo passo presso ministro degli affari esteri tanto più che procedura suggerita è contraria a quanto egli stesso aveva convenuto cogli altri tre colleghi ed aveva illustrato al ministro degli affari esteri nel consegnargli la nota del ministro francese. Da parte mia non nego a V. E. che quanto è stato convenuto a Belgrado (telegramma di Bodrero riprodotto nel suo telegramma 489) sembra capovolga uno dei punti fondamentali dell'accordo come esso era stato da me suggerito ad Ahmed Zogu. Beninteso ove

V. E. ritenga che io debba indurre questo Governo ad accettare una delle due soluzioni prospettate dal ministro di Francia io non mancherò di adoperarmi attivamente in tal senso. Prego tuttavia V. E. farmi pervenire con assoluta urgenza sue istruzioni perchè è da prevedere che Governo albanese mi manderà subito a chiamare per sentire il mio avviso, cioè quello di V. E.

(l) -Cfr. n. 292. (2) -La parola tra asterischi non fu trasmessa da Sola.
296

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1064/493. Roma, 25 giugno 1927, ore 21.

Suo telegramma 480 (1).

Il mio modo di vedere non è conforme a quello di codesto segretario generale degli affari esteri nella questione della sostituzione della famosa nota. Ne spiego il perchè. Si è sempre sostenuto che • ritiro e sostituzione , della nota

valesse di più di • modifica » ai fini della soddisfazione attesa dall'Albania. Tanto è vero che questa ambasciata britannica la quale ha tenuto dietro in questa questione alle più sottili distinzioni ha compiuto un passo per ottenere che il

R. Governo non parlasse di « ritiro e sostituzione , bensì di « modifica , . Ebbene ci troviamo dinanzi al caso tipico di « ritiro e sostituzione , . La nota primitiva non potendo essere riprodotta con la firma dell'incaricato d'affari jugoslavo sparisce e cade nel nulla e la firma dell'incaricato d'affari ne esce sconfessata. Sopravviene un altro documento la cui fisonomia completamente diversa attesta la resipiscenza. A me sembra che il pericolo stava nella riproduzione di una seconda nota talmente aderente alla prima che solo ad occhio esperto potesse apparire la differenza, mentre il maggiore distacco dei due documenti sta a dimostrare invece che il primo è stato inequivocabilmente ritirato.

Prego regolarsi in conformità e cercare di far marciare codesto Governo diritto allo scopo. Ogni tergiversazione viene attribuita all'Italia.

(l) Cfr. n. 295.

297

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1795/482. Durazzo, 27 giugno 1927, ore 1,20 (per. ore 6,30).

Telegrammi di V. E. nn. 492 e 493 (1).

Ahmed Zogu mi ha mandato a chiamare d'urgenza e mi sono recato da lui stamane. Avevo intanto appreso che ministro di Francia, subito dopo l'intervista avuta ieri con Giafer Villa, aveva rinunziato ad ogni altra démarche presso questo Governo ed aveva diretto un lungo telegramma a Parigi e a Belgrado, redatto in forma assai sostenuta, per far presente che, a suo avviso, le istruzioni che gli dava Marinkovich gli sembravano non eseguibili. Egli infatti non sapeva vedere come avrebbe potuto dirigere a questo Governo, dopo le conversazioni e gli impegni assunti nei giorni scorsi, una nota recante la sua firma e riproducente, eccetto le due parole incriminate, la nota del sig. Sarkovic. Ciò gli sembrava contrario ad ogni precedente diplomatico. Egli proponeva quindi che si facesse giungere, magari con corriere speciale, una nuova nota a firma Sarkovic (il quale è a Belgrado) recante lo stesso numero di protocollo e la stessa data della famosa nota. Barone de Vaux insisteva inoltre nel modo più preciso perchè il testo della nota fosse interamente rimaneggiato, togliendo la parola

• dragomanno • nonchè la domanda di • riparazioni e di soddisfazioni • soggiungendo il Barone de Vaux che le potenze si sarebbero altrimenti esposte ad un insuccesso, perchè l'Albania aveva il diritto, dopo le promesse fattele dalle potenze, di vedere rispettati i patti stabiliti per una onorevole soluzione dell'incidente. A sua volta il ministro di Gran Bretagna, che appariva estremamente contrariato, mi ha detto [che] il suo collega di Belgrado certamente non leggeva i telegrammi provenienti Tirana, e che egli non riesce a spiegarsi perchè è stato indotto il sig. Marinkovich a domandare una cosa diversa da quanto era stato qui convenuto, e cioè la sostituzione pura e semplice della nota incriminata, mediante un'altra nota a firma dell'incaricato d'affari. Eguali osservazioni mi sono state fatte dal ministro di Germania, il quale mi ha confidato che il barone de Vaux non aveva celato al segretario generale affari esteri il suo malcontento e la sua disapprovazione per quanto era stato concluso a Belgrado. Dopo tale levata di scudi dei miei colleghi, non nascondo a V. E. che mi sono trovato in un certo imbarazzo nell'affrontare Ahmed Zogu. Questi mi ha detto che egli non poteva ammettere la proposta di Marinkovich che spostava i termini della soluzione. Gli si era promessa una lettera recante la firma dell'incaricato d'affari. Perchè gli si offriva invece una lettera a firma de Vaux? • È lo stesso, mi ha detto, come se in una vertenza cavalleresca la riparazione fosse concessa dai padrini anzichè dall'offensore •. Da parte mia gli ho fatto presente come la soddisfazione per l'Albania era costituita dal ritiro nota incriminata, e che, secondo era stato stabilito, tale ritiro sarebbe stato fatto dal barone de Vaux. Mi sembrava poi del tutto indifferente se la nuova nota avesse portato la firma di Sarkovich o di de Vaux. Ho finalmente mostrato l'interesse politico per

l'Albania di non forzare la situazione e di non dare al mondo l'impressione di essere restìa ad un accordo giudicato da V. E. perfettamente onorevole. Questi ed altri argomenti ho anche ripetuto al ministro degli affari esteri ed al segretario generale. Naturalmente non ho potuto spingere le istruzioni di V. E. fino al punto di invitare Governo albanese a riprendere esso stesso le interrotte conversazioni col rappresentante francese. Mi è sembrato che il più saggio partito era di aspettare la risposta da Belgrado, che assai probabilmente giungerà al barone de Vaux domani. Se Belgrado cede, la questione si esaurirà da sè. Nel caso invece Belgrado resista, io potrò valermi della cauta preparazione degli animi, da me già fatta oggi, per spingere questo Governo a [marciare] verso un'attitudine conciliante. Prevengo tuttavia V. E. che non mi sarà agevole fare ingoiare al Governo albanese la qualifica di • dragomanno • affibbiata al Giurascovich, nè la minacciosa riserva per una richiesta di soddisfazione e di riparazioni che figura nel testo della nota dell'incaricato d'affari jugoslavo. Ed anche se a tanto io riuscissi, non credo che un intervento in tal senso lascerebbe un buon ricordo presso Governo albanese.

(l) Il primo non si pubblica. Per il secondo cfr. n. 296.

298

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1069/495 Roma, 27 giugno 1927, ore 18,35.

Suo telegramma 482. (1).

Convengo con V. S. che è opportuno attendere la risposta di Belgrado alle obiezioni di codesto ministro di Francia. Intanto per chiarire a lei personalmente mio punto di vista sulla situazione, osservo: l) il testo della famosa nota incriminata non è stato mai reso noto al R. Governo (2), le frasi che codesto Governo riteneva sconvenienti e lesive della sua dignità non sono state mai indicate; 3) dagli ultimi telegrammi è sembrato che queste frasi si riducessero alla parola

• -violenza • ed alla parola • brutale • che il Governo jugoslavo ha dichiarato voler ritirare; 4) la parola • dragomanno » non può rientrare tra le frasi ingiuriose. È evidente che la Jugoslavia fondi tutto il suo punto di vista sulla parola • -dragomanno • giacchè altrimenti la ragione dell'incidente non sarebbe esistita. Non si tratta quindi di fare • ingoiare • nulla a codesto Governo ma di lasciare agli atti un documento che deriva da una tesi opposta. Se di questa tesi opposta non rimanesse traccia non si capirebbe la decisione dell'Albania di rinunciare all'esercizio di un diritto di sovranità sopra un proprio cittadino; 5) se l'Albania insiste per la soppressione della parola • dragomanno , è essa che eccede i termini della soluzione giacchè quando si è detto che la Jugoslavia ritirava le frasi ingiuriose evidentemente si faceva una questione di forma ma non si toccava un elemento di sostanza come questo; 6) lo stesso dicasi per la domanda di riparazione che non suole essere qualificata ingiuriosa. E poi il fatto che la domanda rimane senza seguito contribuisce al successo albanese.

Ciò posto, ciò che essenzialmente mi preme è evitare che la situazione prenda

la piega che si delinea e cioè che la Francia divenga sostenitrice delle ragioni

albanesi a preferenza dell'Italia.

Perciò bisogna regolarsi in modo che nel caso che Marinkovich accetti la soluzione De Vaux questa figuri come frutto di unanime azione dei quattro ministri. Nel caso in cui Marinkovich la rifiuti V. S. accentuerà la gaffe di De Vaux e metterà in rilievo per contro il carattere più sereno che avrebbero avuto i consigli di V. S. e preparerà così il terreno ad una iniziativa di conciliazione di queste divergenze di dettaglio che potrà essere assunta dall'Italia.

(l) -Cfr. n. 297. (2) -Sola aveva trasmesso una parte del testo con t. gab. 1510/392, del }o giugno, che non si pubblica.
299

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1070/496. Roma, 27 giugno 1927, ore 19,30.

Suo telegramma 483 (1).

La notizia del mio colloquio con Rakich è stata passata alla stampa e non è quindi oggetto di mistero. Dell'Albania non potevo parlare con Rakich per le seguenti ragioni:

l) perchè la condizione sine qua non per la concessione dell'udienza era che il signor Rakich si astenesse dal toccare l'argomento Albania, condizione questa accettata ed osservata da lui;

2) perchè mi sono impegnato con la dichiarazione del 26 aprile a non parlare dei rapporti italo-albanesi senza previo accordo con codesto Governo e diretta partecipazione di un suo rappresentante.

Mi sembra che questa situazione sia così chiara da non poter creare ombre di diffidenza da parte di codesto Governo, al quale bisogna far comprendere che deve trovare negli impegni assunti dall'Italia ragione di massima serenità.

Comprendo però che l'inizio dei contatti con la Jugoslavia ha importanza per codesto Governo ai fini dell'eventuale entrata in azione della nota commissione di accertamento dei torbidi alle frontiere. Al riguardo mi ripromettevo telegrafare a V. S. per alcuni elementi che serviranno alla redazione della risposta che il R. Governo si era riservato di dare all'Inghilterra ed alla Faneia appena delineatasi la ripresa di conversazioni con la Jugoslavia. Il R. Governo non può che accettare la commissione e trova che opportunamente adoperato questo strumento può servire a salvaguardare la situazione albanese e quindi la situazione attuale dell'Italia in codesto paese senza il rischio di dovere ricorre a grandi azioni. Bisogna però che l'Italia assuma in qualche modo dinanzi a tale commissione una veste diversa da quella delle altre potenze per non confondere la sua posizione ed i suoi diritti di sicurezza con quelli generici di tutori della pace che le altre potenze si sono riservati. Quindi niente parte

(~) T. gab. 1796/~83, trasmesso il _27 giu~no, _ore 1,20 .. per. ore ~.30, t?-el quale Sola esprimeva Il seguente avviso: « Non vorrei che Il mw atteggiamento di oggi, circa la soluzione dell'incidente Giuraskovich, venisse qui interpretato come una conseguenza dell'inizio delle conversazioni » Mussolini-Rakié.

23 --Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

cipazione nostra alla commissione anche perchè non intendiamo essere un giorno legati ad un giudizio di essa che possiamo non condividere. Ma niente assenza passiva.

Il R. Governo intenderebbe prendere di fronte alle potenze una posizione analoga a quella dell'Albania e cioè chiedere che agli eventuali lavori della commissione in territorio albanese assistesse accanto ad un delegato albanese anche un delegato italiano. Se questa domanda venisse accolta si verrebbe quasi a stabilire che l'Italia è di casa ed assume di fronte alla commissione in terreno albanese una figura di fiancheggiamento del Governo locale.

Interessa però essere perfettamente di accordo in ciò con codesto Governo e perciò la prego di conversare della cosa col signor Ahmed Zogu presentando la nostra idea con semplicità e come determinata dal desiderio di intonarci completamente al punto di vista albanese oltre che dall'interesse di essere in ogni momento pronti a sostenerne le ragioni.

Prego telegrafarmi appena possibile.

300

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AI MINISTRI DELL'ECONOMIA NAZIONALE, BELLUZZO, DELLE FINANZE, VOLPI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A MOSCA, CERRUTI, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BELGRADO, BODRERO, A BUCAREST, DURAZZO, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A PRAGA, PREZIOSI, A SOFIA, PIACENTINI, E A VARSAVIA, MAJONI

TELESPR. 232693. Roma, 27 giugno 1927.

Ho comunicato alla R. Legazione in Vienna quanto segue: « Ho già segnalato a V. S. un interessante telegramma per corriere pervenutomi dal R. Ministro in Praga n. 228 del 25 maggio u. s., circa iniziative attribuite al Signor Benes, in occasione del recente convegno della Piccola Intesa a Jachimov, per una eventuale collaborazione economico-politica degli Stati della Europa Orientale, sotto la guida della Cecoslovacchia e probabilmente, malgrado le smentite, con esclusione dell'Italia.

Accludo ora, per migliore intelligenza: a) copia di una esauriente comunicazione direttami in proposito dal Ministero dell'Economia Nazionale; b) copia di un ulteriore telegramma n. 188 dell'll giugno inviatomi dal

R. Ministro in Praga; c) copia di un telegramma n. 406 dell'll corrente della R. Ambasciata in Berlino, e

d) mi riferisco altresì al telegramma di V. S. n. 80 del 13 corrente. di cui trasmetto copia alle RR. Amministrazioni e alle RR. Rappresentanze interessate.

V. S. bene apprezzerà tutta l'importanza delle iniziative tuttora piuttosto vaghe, che potrebbe prendere in questo campo la Cecoslovacchia, incoraggiata dalla Francia e sostenuta, almeno in teoria, dalla Romania. È altresì notevole il progetto di cui parrebbe essere fautore lo stesso Mons. Seipel, per un eventuale accordo tra Vienna, Roma e Berlino.

Di fronte a tante asserite e contrastanti iniziative, che implicheranno di volta in volta differenti pericoli e difficoltà, il R. Governo, pure convinto che l'attuazione di progetti del genere incontrerebbe seri ostacoli nella pratica, intende però seguire con ogni vigile cura il corso e lo sviluppo di tali maneggi tenendo bene presenti due ordini di necessità:

l) quella di impedire nei limiti del possibile, che senza una nostra attiva ed efficace partecipazione venga a formarsi, secondo le idee attribuite al Signor Benes, un raggruppamento economico destinato, per forza di cose, ad assumere uno spiccato carattere politico ed a intralciare senza dubbio l'affermazione dei nostri interessi nell'Europa Centrale;

2) quella di evitare in pari tempo che un nostro disinteressamento delle sorti dell'Austria, venga ad intensificare colà le tendenze ad una riunione con la Germania.

A questo secondo riguardo, bisogna notare anzi che ogni nostra eventuale azione dovrebbe creare vincoli effettivi di interessi fra l'Italia e l'Austria e non già limitarsi a favorire, senza corrispettivo, il consolidamento economico dell'Austria, incoraggiando in pura perdita le cupidigie dei pangermanisti. Tale pericolo sembra nascondersi tra le pieghe dei progetti attribuiti al Signor Peter e forse accarezzati dallo stesso Mons. Seipel, per ragioni di politica estera ed interna.

Dato quanto precede, trovo opportuno il suggerimento condizionatamente formulato dal R. Ministero dell'Economia Nazionale nel foglio qui unito in copia, e sono anzi di parere che convenga sin d'ora attuarlo, come una nostra presa di posizione, atteso che i pretesi piani del Signor Benes, secondo le notizie pervenute dalla R. Ambasciata in Berlino, sembrano suscitare l'interessamento dei circoli tedeschi.

Vorrà pertanto V. S. in corso di conversazione con il Signor Schi.iller, trovar

modo di confermargli le nostre disposizioni a dar seguito alle intese passate

tra lui ed il Gr. Uff. Di Nola a Selva di Gardena per la istituzione di un regime

doganale preferenziale italo austriaco. Ella profitterà di tale circostanza e della

risposta che potrà esserle data per sondare le vere intenzioni dell'Austria: e

cioè, se essa sia disposta ad accogliere in massima i nostri inviti ed a continuare

le conversazioni con noi, quando beninteso ne appaia la possibilità (il che po

trebbe scompaginare i piani attribuiti al Signor Benes) ovvero se dalle sue

riserve e ritrosie debba invece argomentarsi una sua positiva tendenza, basata

su probabili intese segrete intercorse, ad orientarsi sempre più verso lo stabili

mento di stretti vincoli con la economia tedesca, e in previsione della desiderata

Anschluss.

Raccomando alla sua particolare premura una così delicata questione e rimango in attesa di comunicazioni, non appena possibile ». Nel comunicare, per confidenziale direttiva, le istruzioni impartite al R. Ministro in Vienna, prego la R. Ambasciata in Berlino di voler continuare a

tenere questo Ministero al corrente di ogni intensificato sintomo di una collaborazione economica austro-tedesca mentre i RR. Rappresentanti a Belgrado, Bucarest, Budapest, Varsavia e Sofia, a loro volta indagheranno e riferiranno: l) se quei Governi abbiano o meno considerata la questione aperta dalle pretese iniziative del Signor Benes; 2) se la cosa abbia interessato particolarmente la pubblica opinione; 3) quali atteggiamenti possano prevedersi al riguardo da parte sia della stessa opinione pubblica sia dei rispettivi Governi.

301

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 1071/230. Roma, 28 giugno 1927, ore 1,30.

Telegramma V. E. n. 330 (1). Per sua opportuna norma di linguaggio prego V. E. tener presente che

S. E. capo del Governo non potrebbe ricevere Ismet pascià che a Roma nel suo eventuale passaggio per l'Italia.

302

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

TELESPR. RR. 232843. Roma, 28 giugno 1927.

Suo teleposta 14 maggio n. 992/209.

Accuso ricevuta dell'esposto diretto a V. S. da fautori della difesa dei nuclei di razza romena nei Balcani, e concernente proposte di collaborazione italo-romena per la difesa della causa romena nei Balcani.

Il punto di vista del R. Governo di fronte a questo, come ad altri focolari di nazionalità che possono insorgere, al momento opportuno, contro lo stato politico esistente nei Balcani, e che possono quindi determinare cause di indebolimento e di diversione di forze per le potenze costituite a danno di nazionalità minori è questo:

l) Non si può trascurare una occasione propizia per creare imbarazzi al momento opportuno, ad uno Stato che può essere nostro avversario;

2) Tale occasione deve essere quindi coltivata;

3) Bisogna però assolutamente evitare un equivoco facile e cioè che, nel coltivare l'occasione, il R. Governo sia disposto a vederla esplodere intempestivamente; 4) Una esplosione intempestiva di uno solo o di tutti questi focolari è destinata ad una sanguinosa soffocazione e non sarebbe che un inutile sacrificio;

5) Una esplosione tempestiva, e cioè mentre si determina una fase di grandi operazioni militari (da chiunque provengano) contro lo Stato oppressore rappresenterebbe invece un utile contributo e tutte le forze debbono essere tenute vive unicamente per quel momento;

6) Per alimentare tali forze nel periodo della stasi che può essere lunghissima, occorrono organizzazioni ostinate e prudenti a cui evidentemente non bastano le semplici dichiarazioni di simpatia;

7) Il R. Governo è disposto ad aiutare tali organizzazioni • non con semplici dichiarazioni di simpatia •, a condizione che tutti i postulati di cui ai numeri precedenti divengano la norma fondamentale di vita di esse, e cioè il

R. Governo intende assecondare la vita di organizzazioni che alimentino gli animi, tengano pronti i mezzi, ma stiano scrupolosamente con l'arme al piede e non passino dalla fase statica alla fase dinamica se non quando l'obbiettivo sia attaccato da tutti i lati contemporaneamente da forze esterne e da forze interne.

Naturalmente, prima che la S. V. si apra minimamente con queste idee, bisogna che i comitati di agitazione le diano prove assolute di serietà e capacità e solo allora la S. V. mi potrà inviare proposte pratiche per aiutarli.

(l) T. 4281/330. del 23 giugno, col quale Orsini Baroni riferiva a Mussolini che «se Ismet pascià verrà in Europa passerà per Venezia e Trieste per rendersi possibile un incentro con V. E. da lui vivamente desiderato».

303

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI

T. 3520/38. Roma, 29 giugno 1927, ore 21.

S. E. capo Governo ha letto con molto interesse suo rapporto n. 1173/130 del 19 maggio scorso (l) contenente acute osservazioni sull'attuale situazione di codesta regione e sulla opportunità di interessare alla nostra penetrazione culturale l'ambiente sionista. Resto in attesa di concrete proposte che esaminerò attentamente curando che esse siano eventualmente, nei limiti consentiti dalle disponibilità finanziarie, realizzate.

304

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1818/489 (2). Dumzzo, 29 giugno 1927, ore 19,15 (per. ore 21).

Mio telegramma gab. 487 (3).

Ministro di Francia mi comunica in questo momento aver ricevuto un telegramma col quale suo collega di Belgrado lo informa che Bodrero gli ha dichiarato che V. E. approva completamente il punto di vista jugoslavo e mi ha impar

n. -1819/490. Si sono seguite le correzioni di questo secondo testo.

tito istruzioni di farlo prevalere presso Governo albanese. Ho cercato fare capire al ministro di Francia che dichiarazioni di Bodrero si riferiscono ad un momento anteriore al passo che egli stesso (barone De Vaux) aveva compiuto presso il Governo albanese incontrando così forte resistenza da indurlo a consigliare Governo di Belgrado ad assumere una attitudine più conciliante. Barone De Vaux mi ha pregato recarmi domattina a Tirana per concertarci insieme, facendo però capire che egli mi proporrà: o che io faccia un passo presso il Governo albanese per conseguire integralmente quanto Belgrado domanda (e cioè presentazione di una nota a firma De Vaux identica a quella a firma Sarkovich salvo la soppressione delle sole due parole infirmate) (l) ovvero che tale passo sarà compiuto da lui direttamente. Come V. E. vede il disgraziato intervento di Bodrero fa cadere completamente quanto io avevo conseguito ieri. Riferirò ulteriormente a V. E. dopo il mio colloquio col barone De Vaux.

(l) -Cfr. n. 215. (2) -Questo telegramma, che recava alcuni passi indecifrati, fu ripetuto il 30 giugno col (3) -T. gab. 1811/487, trasmesso il 23 giugno, ore 24, per. il 29, ore 3,15, che non si pubblica.
305

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. parzialmente in VEDOVATO, p. 42)

T. 4432/178. Addis Abeba, 29 giugno 1927, ore 12 (per. ore 1 del 30).

*Con riferimento all'ultima parte del telegramma di V. E. n. 3457/145 (2) informo che le note trattative continuano e che lo schema di convenzione con·cordato con Gasparini e Guariglia ha incontrato l'approvazione del Ras Tafari e del suo consigliere intimo incaricato dei negoziati. Occorre trovare adesso momento opportuno per presentare schema convenzione al Gran Consiglio. Per far ciò è necessario * usare molta prudenza nella scelta momento migliore poichè, dopo visita S.A.R. duca degli Abruzzi si è accentuata in alcuni grandi capi per motivi di gelosia ostilità verso Ras Tafari e bisogna che ritorni la calma per non arrischiare di compromettere indirettamente il nostro negoziato.

306

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 1080/289. Roma, 30 giugno 1927, o1·e 2.

Rapporto 296 (3).

Ho ricevuto sue comunicazioni e approvo sua linea di condotta. È opportuno tuttavia non interrompere generici e cauti contatti con Averescu, tenendomi informato.

(l) -Per le quali cfr. n. 297. (2) -Cfr. n. 293. (3) -Cfr. n. 287.
307

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1088/504. Roma, 30 giugno 1927, ore 16,55.

Suo telegramma 489 (1).

La rapidità con cui barone De Vaux si è lasciato influenzare dalla indiretta trasmissione del pensiero di Bodrero mi convince che atteggiamento da lui precedentemente assunto e che appariva notevolmente reciso e sostenuto (vedi telegramma di V. S. n. 482) (2) non aveva nulla di consistente. Gli è bastato intravedere che io avessi approvato le proposte concordate a Belgrado per fargli ritenere superfluo di attendere le istruzioni del suo Governo e quelle del Governo jugoslavo e per farlo accodare all'Italia. Ciò mi dimostra quale errore avrebbe commesso il R. Governo se avesse fatto sue le rimostranze e le proposte del De Vaux e se le avesse condotte innanzi alle altre potenze.

L'iniziativa francese si è dimostrata ancora una volta priva di equilibrio.

Nel momento in cui tutta l'azione del barone De Vaux svanisce per lasciare nuovamente a V. S. di fare un passo a nome delle quattro potenze presso codesto Governo è essenziale che V. S. non si lasci sfuggire la continuazione di questo mandato e dichiari a De Vaux che Ella naturalmente si assume di fare tale passo. Infatti quello che interessa sopra tutto è di continuare ad avere noi la veste di delegati delle potenze nelle comunicazioni da fare all'Albania. V. S. è quindi autorizzata a fare il passo per l'applicazione delle proposte concordate a Belgrado. Ella dovrà osservare però le seguenti modalità:

l) Ella concerterà coi suoi colleghi i termini precisi della comunicazione da fare a codesto Governo a nome delle quattro legazioni;

2) Ella comunicherà a codesto Governo le modalità relative avvertendo bene che non si tratta di modalità volute dalla Jugoslavia bensì di termini concordati dalla commissione dei quattro ministri;

3) Nel fare tale comunicazione Ella chiarirà perciò che non parla a nome dell'Italia ma a nome delle quattro legazioni e che in tale qualità non può nè togliere nè aggiungere nulla alla comunicazione;

4) Officiosamente farà osservare che è una buona circostanza pel Governo albanese che tale incarico sia stato assunto dall'Italia anzichè da un'altra potenza giacchè con l'Italia codesto Governo può liberamente manifestarsi e nel dare una risposta a V. S. come incaricato dalle potenze può ricevere da V. S. come ministro d'Italia i consigli più sereni ed amichevoli;

5) Il consiglio da aggiungere per conto privato dell'Italia e mio personale

è che interessa all'Albania uscire da questa vertenza col massimo successo pos

sibile evitando di guastare tutto per chiedere condizioni che oltrepassino quelle originariamente poste;

6) Al riguardo Ella deve convincere codesto Governo che è difficile che l'Albania ottenga una modifica più ampia di quella a cui essa stessa accennò nella comunicazione alla Società delle Nazioni.

7) Ella svilupperà poi i concetti da me esposti sulla questione della parola • dragomanno » ed in genere sul fatto che una volta ottenuta soddisfazione sul principio che la Jugoslavia modifica una sua nota e sul fatto che i termini offensivi vengono cancellati non si può svuotare di contenuto la nota jugoslava senza incorrere nella conseguenza che l'arrendevolezza albanese viene ad apparire eccessiva o ingiustificata e quindi umiliante;

8) Tuttavia Ella concluderà che se codesto Governo ha delle ragionevoli domande da fare, la S. V. in qualità di ministro d'Italia sarà ben lieto di ascoltarle ed il R. Governo vedrà di appoggiarle sempre con animo di fare cosa grata all'Albania. Per poter eventualmente valutare la ragionevolezza di tali domande prego V. S. di telegrafarmi se nel corso dei preventivi sondaggi a lei affidati Ella abbia avuto occasione di fare promesse di determinate modalità di soluzione che ora siano effettivamente in contrasto con quelle che dovrà presentare a nome delle potenze (1).

(l) -Cfr. n. 304. (2) -Cfr. n. 297.
308

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4472/348. Costantinopoli, 30 giugno 1927, oTe 14 (peT. oTe 3,55 dell'l luglio).

Sollecito ritiro soldati turchi da Ipsili annunziato dal cannoneggiamento di guarnigione dimostra anzitutto peso che ad Angora si dà alle parole di V. E. e pure desiderio Governo turco di non turbare buone relazioni con Italia ma svilupparle. Ciò consiglia a mio avviso non lasciare cadere proposta turca nominare subito commissione delimitazione. Questo non solo allo scopo eliminare possibilità nuovi incidenti a causa isolotti ma anche per contatto ... (2) che colmando fossa esistente tra Dodecanneso e costa Anatolia dovrebbe istituire rapporti buon vicinato tra le due regioni e contribuire sviluppo rapporti scambio necessari per incremento di quelle nostre isole. Nel mio ultimo colloquio ad Angora ho trovato Tewfik pascià Russdi meglio disposto che in passato verso idea

V. -E. quanto si era discusso e negoziato nel corso del giorno a Tirana.

La parte sostanziale delle istruzioni di V. E. è stata punto per punto eseguita perchè ho potuto ieri nuovamente accentrare nelle mie mani tutte le trattative ...Circa invece le modalità per giungere ad una soluzione dell'incidente esiste un certo divario». Il telegramma prosegue spiegando il • divario » tra le istruzioni di Mussolini e l'azione di Sola.

accordo di buon vicinato anzi diceva che ne avrebbe fatto oggetto esame da parte autorità uffici competenti. Evidentemente proposta nominare subito commissione delimitazione è da riportarsi a quelle disposizioni d'animo. Non è quindi a mio avviso da lasciar cadere (1).

(l) -A questo tel. Sola rispose con t. gab. 1833/495, dell'l luglio, ore 22: « Il telegrammadi V. E. n. 504 partito da Roma alle ore [16,55] mi è pervenuto ieri sera quando avevo già passato alla cifra miei telegrammi nn. 491 e 492 [cfr. nn. 313 e 314], con cui ho riferito a

(2) Gruppi indecifrati.

309

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM

[ ... giugno 1927].

S. E. il Capo del Governo, a cui ho presentato la gradita lettera di V. E. del 13 corrente (2), mi ha dato istruzione di comunicarle che Egli sarebbe stato lieto di corrispondere alla proposta del Governo Britannico per un ritardo nella partenza da Belgrado di quel Ministro di Albania se il Signor Zeno bey, secondo le notizie qui pervenute, non avesse già chiesto ed ottenuto il visto sui passaporti e non stesse già per partire se pure non sia, in questo momento, già partito da Belgrado.

Il Signor Mussolini mi incarica inoltre di esprimere a V. E. che, anche giungendo in tempo a svolgere passi in tal senso, Egli non avrebbe potuto farlo senza alcune riserve sopra qualche tratto della lettera di V. E. ove il ritiro del Ministro Albanese da Belgrado è presentato come se fosse quasi una iniziativa del Governo Albanese, al quale si vorrebbero far pervenire tali consigli quali non si credette di far giungere a Belgrado o non furono seguiti da Belgrado quando quel Governo determinò la rottura, di cui il ritiro di Zeno bey non è che una naturale conseguenza. Anche la situazione che sarebbe nata se la Legazione Albanese fosse stata lasciata a Belgrado dopo la partenza di quella Jugoslava da Tirana non sarebbe stata forse tra le più normali e certo non avrebbe potuto essere prospettata al Governo Albanese senza il pericolo che detto Governo vi scorgesse un suggerimento meno che confacente con la sua dignità.

Ad ogni modo, S. E. il Capo del Governo tiene ad asicurare V. E. che, presentandosi l'opportunità ed il momento propizio per aprire una fase di buoni

riguardo».

Con successivo t. 3847/247 del 13 luglio, ore 5, Mussolini comunicava a Orsini Baroni: « Per non togliere ai negoziati quel carattere di amichevole discussione che è nelle intenzioni dei due Governi e perchè in materia di sovranità non è possibile ammettere che la decisione spetti in definitiva ad un superarbitro estraneo alla questione è da non (dieo non) accetta~e proposta turca che eventuale divergenza sulla delimitazione possa essere deferita ad un superarbitro neutro. V. E. nel colloquio che avrà personalmente con codesto ministro degliaffare esteri farà comprendere che non è di nessuna utilità alle due parti stabilire i limiti e le competenze della commissione la quale evidentemente non può che avere per base di riferimento il trattato di Losanna. Occorre che Tewfick pascià si persuada che commissione e sue decisioni devono servire a rafforzare le buone relazioni fra i due paesi, cosa che non potrebbe attenersi se questione fosse eventualmente decisa da un arbitro straniero».

uffici fra i due Governi Jugoslavo ed Albanese, nessuno sarebbe più lieto di lui di agire in tal senso, nell'intento sempre di eliminare cause di incresciose perturbazioni.

(l) Cfr. quanto comunicava Mussolini al governatore di Rodi con t. 3668/104 del 3 luglio: « concordo con S. E. Orsini circa opportunità non perdere favorevole occasione nfferta da questione isolotti intorno Castelrosso per esaminare tutte relazioni buon vicinato fra codesto possedimento e costa anatolica. Sarei pertanto in massima disposto accettare proposta turca nomina speciale commissione e pregola volermi telegrafare sua opinione al

(2) Cfr. n. 272.

310

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1821/491. Dumzzo, l lugLio 1927, ore 0,35 (per. ore 4).

Mio telegramma 489 (1).

Ho avuto lungo colloquio con ministro di Francia che aveva ricevuto istruzioni intransigenti da Belgrado, cosicchè era quanto mai deciso di pretendere da questo Governo l'accettazione integrale delle proposte di Belgrado. Dopo avergli nuovamente spiegato il senso che bisognava attribuire alle dichiarazioni di Bodrero, gli ho fatto toccare con mano a quale sicuro insuccesso egli si sarebbe esposto, o mi avrebbe esposto, se la démarche presso Governo albanese fosse stata compiuta da me. Ho potuto quindi ricondurlo a quanto avevamo stabilito nel colloquio dell'altro ieri a Durazzo. Per rimetterlo completamente sul buon cammino e convincerlo a persistervi, ho fatto poi indire una riunione a quattro, nella quale i miei colleghi lo hanno sollecitato ad assumere la responsabilità di rimaneggiare completamente la nota sostitutiva, sopprimendo tutto quanto potesse dare ombra al Governo albanese. Il nuovo testo è stato anzi redatto d'accordo dai quattro, i quali hanno inoltre deliberato:

I -di incaricare ministro d'Italia di riprendere i sondaggi presso Go

verno albanese per indurlo ad accettare la nota a firma de Vaux, in luogo di

quella a firma Sarkovic, che era stata formalmente e solennemente promessa

al Governo albanese;

II -di mettere Belgrado dinnanzi al fatto compiuto eseguendo possibil·

mente domani il ritiro e la sostituzione della nota (testo rimaneggiato);

III -di chiarire in modo definitivo ai rispettivi Governi, con telegramma

da far partire stasera, che Ahmed Zogu è nel suo buon diritto quando pretende

il rispetto di una promessa fattagli e che quindi è incomprensibile l'attitudine

dei rappresentanti delle potenze a Belgrado che nelle loro deliberazioni non

hanno tenuto conto di quanto era stato qui detto e promesso;

IV -i ministri d'Italia, di Gran Bretagna e di Germania dichiarano inol·

tre di dividere la responsabilità del ministro di Francia per il rimaneggiamento

della nota, e si sono impegnati ad interessare i propri Governi a fare presente

a quello di Belgrado che la decisione presa è c:tata dettata dalle circostanze e

nell'intento mettere fine ad una situazione che prolungandosi può diventare

pericolosa.

Il presente telegramma continua.

(lJ Cfr. n. 304.

311

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1823/492. Durazzo, l luglio 1927, ore 2 (per. ore 6,30).

Il presente telegramma fa seguito al precedente. Sciolta la riunione ho cominciato i sondaggi. Ministro affari esteri e segretario generale si sono subito convinti dei miei argomenti, ed hanno riportato la più favorevole impressione del testo della nota rimaneggiata dai quattro rappresentanti delle potenze. Senonchè recatisi presso Ahmed Zogu per appoggiare la soluzione da noi proposta hanno incontrato una negativa assoluta. Ahmed Zogu ha subito espresso il desiderio di vedermi. L'ho trovato turbato e manifestamente irritato. Mi ha detto che poichè le grandi potenze gli mancavano di fede, egli rimetteva il caso alla Società delle Nazioni. Con estrema pazienza gli ho mostrato che la nota a firma de Vaux (così come era redatta) rappresentava per l'Albania un successo ed una soddisfazione più grande di quanto era previsto. Egli era però tormentato dal dubbio che il R. Governo fosse stato insistentemente richiesto da Governo S. H. S. di appoggiarne il punto di vista. Me lo ha domandato all'improvviso. Con accenti di grande sincerità gli ho dimostrato l'assurdità della cosa, assicurandolo che il Governo di Belgrado era all'oscuro della soluzione nuovamente studiata e che noi ci proponevamo anzi di mettere la Jugoslavia di fronte al fatto compiuto. Gli ho parlato a nome delle potenze; mi ha risposto bruscamente che le potenze non mantenevano fede ai patti. Gli ho parlato allora a nome di V. E. mostrandogli che V. E. era stato sempre suo buon consigliere anche quando i suoi confidenti abituali avevano cercato spingerlo su di un falso sentiero. Ho aggiunto che a V. E. il prestigio dell'Albania stava a cuore almeno quanto a lui stesso, e che se a nome di V. E. io gli davo il consiglio di accettare la lettera del barone de Vaux, egli doveva farmi credito e rimettersi ciecamente alla mia parola. Il risultato del lungo colloquio è stato che Ahmed Zogu consulterà domani mattina il consiglio dei ministri e mi farà sapere la sua decisione. Nell'ultima parte dell'intervista, che ha avuto fasi penosissime e che è durata più di due ore, Ahmed Zogu mi è apparso meno corrucciato, e meno diffidente. Non è possibile tuttavia azzardare previsioni. Fondo molto sulla notte che porta consiglio e sull'azione di vari suoi ministri che sono favorevoli alla chiusura dell'incidente. Nel caso la risposta fosse negativa non resterebbe che fare un ultimo sforzo a Belgrado per l'invio della nota a firma Sarkovic. Miei colleghi sono d'accordo sulla necessità, eventuale, tentativo. Nel caso che la risposta fosse favorevole farò in modo che Giuraskovic sia messo in libertà domani stesso. Miei colleghi, e soprattutto ministri di Francia e d'Inghilterra, si sono mostrati profondamente riconoscenti per quanto ho fatto onde arrivare ad una soluzione di questa incresciosa e oramai troppo lunga vertenza. Ho telegrafato quanto precede a Belgrado.

312

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. GAB. RR. 1093/153. Roma, l luglio 1927, ore 22 ,15.

Suo telegramma 178 (1).

Mi compiaccio per risultati finora ottenuti noto negoziato. Rimane inteso che V. S. avrà cura trovare d'accordo con Ras Tafari momento più opportuno per presentazione schema convenzione al Gran Consiglio. Prego intanto telegrafarmi periodo eventualmente concordato con Ras Tafari per concessione uso zona Assab ed estensione detta zona, dati rimasti in sospeso all'articolo quattro del progetto.

313

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1723/544. Budapest, 2 luglio 1927.

Il Dottor Ivo Frank, ex-deputato croato, emigrato in Ungheria fin dal 1922 e capo di questa emigrazione croata, persona seria e dabbene come risulta dalle informazioni da me assunte, aveva da tempo espresso all'Addetto a questo Ufficio Stampa, Signor Widmar, il desiderio di venirmi a vedere.

Giorni sono gli feci rispondere che, in massima, nulla avevo in contrario ad intrattenermi con lui, avendo io l'abitudine di ricevere chiunque volesse meco conferire e che quindi egli non doveva annettere alcun speciale significato alla mia decisione, nè vedervi un consenso ed un incoraggiamento alla sua attitudine anti-jugoslava. Le stesse dichiarazioni gli ripetei personalmente stamane.

Mi rispose che comprendeva perfettamente il mio riserbo, ma che teneva in ogni modo a mettermi al corrente di uno stato di fatto assolutamente incontrovertibile, e mi pregò di voler far pervenire a V. E. l'unito memoriale, compendio delle dichiarazioni fattemi.

Lo stesso deputato Ivo Frank, il 5 luglio 1920, a nome della nazione croata sottoscriveva a Venezia, col suo collega W. Sachs, un Patto d'Alleanza di cui ho il testo firmato pure dallo On. Giovanni Giuriati e da Host Venturi, inteso a condurre un movimento politico e militare contro lo Stato S. H. S.

Tempo fa ebbi sentore che il Blocco Croato avrebbe fatto delle avances a Budapest. Da mie prudenti e riservate indagini è risultato che il capo partito dei cristiano-sociali sloveni, On. Korosecz, era stato infatti a Budapest nel maggio scorso ed aveva avuto dei colloqui con i capi del partito cristiano-sociale ungherese, Huszar e Ernszt. Come vedo ora dai giornali, il Korosecz fu recentemente pure a Sofia. Poco più tardi giunse qui un membro del Blocco Croato, l'On. Pavelich, il quale dopo aver visto i suddetti deputati ungheresi, avrebbe

pure cercato di entrare in contatto col Governo stesso, si vuole per sondare il terreno e stringere relazioni in vista di un eventuale appoggio al movimento separatista croato. Mi risulta però che questo Governo, temendo forse qualche sorpresa ovvero diffidando di queste manovre, avrebbe rifiutato di prendere contatto col Pavelich.

Il Dottor Ivo Frank si è pure incontrato col Signor Pavelich in occasione della venuta a Budapest di quest'ultimo.

ALLEGATO.

MEMORIALE Eccellenza,

I profondi contrasti tra l'Italia e la Jugoslavia che sono venuti alla superficie in questi ultimi tempi da una parte hanno destato nella nazione croata la speranza che sia possibile di scuotere entro un tempo non troppo lontano l'indegno ed insopportabile giogo serbo, dall'altra hanno fatto maturare nell'animo di un certo numero di uomini seri e risoluti che prendono una parte importante alla vita pubblica della Croazia la decisione di partecipare attivamente allo sviluppo delle cose, onde anticipare per quanto possibile tale liberazione.

Secondo l'opini·one di tali uomini il primo passo da farsi è quello di informare del vero modo di pensare dei croati e della meta verso la quale essi tendono la Nazione italiana e il suo Grande Capo e Uomo di Stato, attirando la loro attenzione sul fatto che un aiuto dell'Italia alla lotta dei Croati per la loro redenzione sarebbe non solo di eminente interesse per la coltura europea, ma anche di primaria importanza per lo sviluppo a grande Potenza dell'Italia.

Gli sforzi dei sopradetti uomini politici della Croazia hanno già avuto il risultato di ottenere un accordo di due partiti che rappresentano tutta l'intellettualità del paese, il Blocco Croato e il Partito contadino federalistico croato, e al campo dei quali, appartiene quasi tutta la popolazione cittadina delle regioni croate della Jugoslavia, una parte considerevole della popolazione paesana, e l'organizzazione del Sokol croato, eminentemente disciplinata, organizzata in modo analogo alle organizzazioni fasciste, con più di 40000 membri attivi in tutte le parti del paese. Anche la preponderante maggiorità del partito di Radic si riconosce partigiana degli scopi politici e nazionali enunciati dal raggruppamento sopradetto, benchè per ragioni di partito e di classe, e principalmente per il terrorismo esercitato dal loro capo Stefano Radic non osi ancora proclamarli apertamente.

Nella mia qualità di ex-deputato al Parlamento Croato e di capo della emigrazione croata che lavorò negli anni 1919-20, ed essendo io in conseguenza del mio domicilio all'estero -a Budapest -al sicuro dalle rappresaglie del governo jugoslavo, ho ricevuto dai più influenti capi della azione iniziata il mandato di presentare questo memorandum, che -credo di poterlo dire senza esagerare esprime i desideri e le tendenze dell'SO per cento della nazione croata.

La nazione croata, che contro la volontà sua ha perduto la sua autonomia al momento dello sfacelo della monarchia austro-ungarica, cerca di ricostruirsi in forma di Stato indipendente dalla Serbia o Jugoslavia e sovrano sotto tutti i rispetti.

Basandosi sul loro millenario diritto di Stato e sul principi·o nazionale, i Croati esigono in quanto a territorio tutte quelle indivise regioni amministrative, a suo tempo governate dalla Monarchia austro-ungarica, nelle quali la popolazione croata è in preponderante maggioranza e precisamente:

l) la Croazia e la Slavonia

2) la Dalmazia (nelle sopraindicate (l) limitazioni)

3) la Bosnia e l'Erzegovina 4) il territorio croato della Mur (per questo sarebbe da farsi un accordo con l'Ungheria) 5) quelle fra le isole del Carnaro che attualmente si trovano sotto l'amministrazione jugoslava.

La forma e la costituzione di tale stato dovrebbero, è vero, venire stabiliti in

via di autodecisione del popolo croato, ma data la situazione attuale è quasi certo

che i croati si deciderebbero per una costituzione repubblicana.

Benchè tale stato croato contemplato quale strumento di pace e coltura occidentale tenderebbe naturalmente a vivere in buona armonia con tutti i suoi vicini, esso per la pressione delle condizioni economiche, geografiche e di coltura, anzitutto però per i grandi interessi politici che ha in comune con esse sarebbe portato ad aspirare a più strette relazioni degli altri con l'Italia e con l'Ungheria. Per indicare con più precisione quali sarebbero tali relazioni, sono stato autorizzato a dichiarare che i Croati per le loro relazioni con l'Italia si sono appropriati le massime seguenti:

I) I Croati ritengono che il problema dell'Adriatico orientale non può venire risolto che dai popoli dell'Adriatico quali i Croati, i M-ontenegrini e gli Albanesi, d'acçordo con l'Italia.

II) I croati riconoscono senza alcuna riserva il diritto dell'Italia alla preponderanza in Adriatico e condannano ogni tendenza che volesse tarpare questo diritto

o metterlo in dubbio.

III) I croati riconoscono il diritto dell'Italia ad usufruire per i bisogni del suo territorio troppo densamente pop·olato delle ricche risorse dei Balcani, in ricambio pacifico dei suoi prodotti industriali e a far valere perciò necessariamente la sua possente influenza anche in senso civilizzatore e nel campo della coltura.

IV) I croati sono pronti ad adattarsi al circolo degli interessi italiani tanto politicamente quanto economicamente ed anche dal punto di vista militare.

Da questi principi fondamentali i croati sono pronti a dedurre le più estreme conseguenze, anche al di là dei limiti del trattato di Rapallo e di tutti i patti fatti più tardi in relazione con esso e non ancora ratificati.

Oltre alle disposizioni di indole politica, economica e territoriale contenute in tali patti, che la Croazia riconosce pienamente e senza riserva, la Croazia è decisa: a) di rinunciare al mantenimento di una flotta da guerra, se l'Italia vuole

assumere la protezione della costa croata.

b) di cedere all'Italia per tale scopo le Bocche di Cattaro con quelle alture di importanza strategica sul territorio della Dalmazia e su quello dell'Erzegovina che sono necessarie per stabilire una testa di ponte a completamento del porto di guerra delle Bocche di Cattaro; di concedere inoltre all'Italia nelle isole o sulla terraferma servitù atte a garantire una protezione efficace ed il controllo militare da parte dell'Italia.

c) di fare all'Italia nel campo economico tutte le concessioni che possano condurre alla realizzazione delle massime indicate sotto a III, tanto sul territorio stesso della Croazia quanto attraverso ad essa nei Balcani.

d) la Croazia rinuncia per un certo numero di anni ancora da destinarsi alla costruzione di un porto mercantile per non ostacolare lo sviluppo di Fiume; a questo porto viene garantita la comunicazione con l'Ungheria.

Per ciò che riguarda gli altri territori attualmente amministrati dalla Jugoslavia, la Croazia dichiara il suo disinteressamento assoluto:

l) alla Serbia, alla Vecchia Serbia, alla Macedonia e al Montenegro; ha però l'intenzione di favorire in tutti i modi le aspirazioni all'indipendenza dei montenegrini

2) alla sorte dei territori sloveni (Carniola, Stiria meridionale); è però pronta a favorire gli sforzi che tendono alla costituzione di un confine itala-ungherese

3) in quanto al territorio sloveno della Mur, alla Baranya, alla Baska e al Banato jugoslavo, la Croazia considera suo stesso interesse vitale che tali territori ritornino a far parte del loro paese padre; essa farà in conseguenza tutto quello

che potrà perchè queste regioni vengano incorporate di fatto al Regno di Ungheria. I croati riconoscono le massime e gli obblighi sopraenunciati per il caso della fondazione dello Stato croato indipendente.

Ma anche prima della realizzazione di essa i croati sono decisi di stabilire una collaborazione italo-croata relativamente all'avversario comune per contrapporsi alle aspirazioni serbe sull'Adriatico, cosa tanto più necessaria non potendo esservi dubbio che la Serbia si riunirà prima o poi al circolo di interessi di una Russia risorta, e agirà come esponente di questa sull'Adriatico.

Nel caso di un conflitto militare itala-jugoslavo i miei mandatari dichiarano che i croati I) svolgeranno un defetismo [sic] attivo a danno dell'esercito e dello stato jugoslavo, che influirà su tutte le diramazioni dell'azione militare II) che al momento opportuno, per mezzo dei membri del Sokol che hanno educazione militare inizieranno anche una azione militare contro i serbi III) che forniranno al Comando militare italiano informazioni ed indicazioni importanti.

Negli ambienti intellettuali della Croazia è già in corso una considerevole propaganda in questo senso, contro di essa però la stampa serba ed il Governo jugoslavo lavorano con tutti i mezzi.

Per il rinforzamento della propaganda italofila e per l'indebolimento di quella serba sarebbe di straordinaria importanza se si avesse cura I -che nella stampa italiana ed in assemblee e riunioni vengano evitate per quanto possibile enunciazioni alludenti all'acquisto di territori croati

II -che un membro non ufficiale ma ragguardevole delle organizzazioni fasciste faccia occasionalmente una qualche dichiarazione croatofila, perchè si possa in base a questa giustificare presso il popolo croato il movimento italofilo in Croazia, e dimostrare che l'Italia fa una distinzione precisa fra Serbi e Croati.

Ci rivolgiamo con piena fiducia al popolo italiano al quale dobbiamo in gran parte la nostra coltura e dall'aiuto del quale speriamo prima o poi la nostra liberazione.

La posizione che quattro milioni di croati assumerebbero nel caso di un conflitto con la Jugoslavia non può essere indifferente nemmeno alla potente nazione italiana. E nel caso di una liberazione di essi l'Italia può contare con sicurezza sulla riconoscenza immutabile e perpetua di tutto il popolo croato.

(l) Cfr. n. 305.

(l) Sic, anzichè « sottoindicate ».

314

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1842/497. Durazzo, 3 luglio 1927, ore 0,55 (per. ore 4).

Ministro degli affari esteri albanese ha tenuto ad esternarmi i vivi ringraziamenti del suo Governo per l'assistenza che l'Italia ha dato all'Albania in tutto il corso della questione Giurascovich. Egli mi ha anche espresso sua personale gratitudine per i consigli e direttive da me dategli. Feizi bey si mostra convinto che grazie all'Italia l'Albania ha riportato un grande successo diplomatico. Eguali dichiarazioni mi sono state fatte dal segretario generale. Vedrò dopo domani presidente della repubblica e ne riferirò impressioni.

Ministro di Germania come decano del corpo diplomatico ha tenuto a ringraziarmi per quanto ho fatto [aggiungendo] che egli attribuisce specialmente alla mia opera la soluzione favorevole dell'incidente. Ministro di Grecia mi ha dichiarato che egli considera la soluzione come una vittoria per l'Italia la quale ha enormemente accresciuto suo prestigio in Albania. Rappresentante bulgaro mi ha detto che il successo è stato dovuto esclusivamente alla mediazione italiana. Ministro di Francia ha mandato un corriere speciale da Tirana dirigendo[mi] una lettera di ringraziamento per tutto quanto ho fatto. Àltra lettera di ringraziamento barone De Vaux ha diretto cavalier Cortese, che nella lunga vertenza è stato mio impareggiabile collaboratore. A voce barone De Vaux ha tenuto a ripetermi che egli attribuisce alla efficace e sincera mediazione italiana il favorevole scioglimento della intricata vertenza.

31t}.

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. s. Parigi, 5 luglio 1927.

Le varie notizie raccolte sull'attività massonica di questi ultimi dieci mesi, l'atteggiamento dei giornali e delle istituzioni di influenza massonica a proposito del Patto di Tirana e dell'affare Giuraskovitch, specialmente quando queste faccende sono state portate a soluzione, l'atteggiamento loro in certe fasi ed in certi incidenti delle relazioni Italo Francesi, fanno concludere concretamente alla esistenza di un piano della Massoneria internazionale diretto, a qualunque rischio, anche a quello di una guerra, contro la persona di V. E. e contro il Fascismo. Pure di poter dire che la presenza al potere dell'E. V. e del Fascismo minacciano la pace, queste forze occulte ed irresponsabili sono pronte e lavorano per agitare fino alla guerra. Nel convegno massonico di Belgrado si annunziò la guerra per la primavera: nella intervista del signor de Bruckère all'OeuvTe del 26 scorso giugno, che qui accludo (1), intervista data sotto l'impressione della sconfitta patita col regolamento dell'incidente Giuraskovich, lo scoppio della guerra è rinviato al 1929: ma sempre si parla di guerra e di guerra provocata dall'Italia Fascista. In tutti i giornali massonici si diffonde l'impressione che se l'incidente Giuraskovich è risoluto, la questione del patto di Tirana resta aperta, questa questione riapre quella Adriatica e questa deve essere portata alla soluzione della Società delle Nazioni dove la massoneria internazionale esercita molta influenza. Il solo fatto di vedere l'intervento Ginevrino sarebbe di per sè una vittoria per la Massoneria.

Tutto ciò è certamente già intravveduto da V. E. ed io ne ho scritto solo

come preambolo per venire a dirle che siccome il campo delle relazioni Itala

Jugoslave si è ora chiuso, e su due sconfitte, a questo intrigo massonico, io

prevedo ed aspetto che l'intrigo venga ora trasferito nuovamente in quello delle

relazioni Itala Francesi. Vi è stata in esso una pausa, dal mio arrivo qui, facili

tata dal fatto che si poteva sfruttare il campo delle relazioni !talo Jugoslave: oggi che questo campo diventa meno sfruttabile si cercherà di riagitare quello Italo Francese, esagerando il più piccolo incidente, creandone se i fatti non provvedono da soli. Tutto ciò all'infuori ed al di sopra del Governo Francese, ed anzi colla contrarietà di esso, od almeno di molti, direi della maggioranza dei suoi attuali membri. Ne ho avuta la riprova tre giorni fa quando, prevedendo con un giornalista una ripresa di agitazione da parte di certi giornali nel campo delle relazioni !talo Francesi mi sono inteso rispondere: anche il mio direttore mi manifestava stamane la stessa impressione.

In queste circostanze ho approfittato stamane della visita che il Consigliere dell'Ambasciata ha fatto al signor Léger capo di Gabinetto del signor Briand per fargli leggere la comunicazione confidenziale mia che qui accludo in copia e che ho posto per iscritto solo perchè fosse ripetuta con tutta esattezza, ma che è rimasta del tutto verbale. Il signor Léger se l'è fatta leggere due volte e ha ringraziato dicendo che capiva la amichevole intenzione del mio atto, ha ripetuto che si fa tutto quello che si può ma che si ha che fare con elementi a libertà di azione.

Credo che la mia azione potrà dare qualche pratico risultato: in ogni caso

essa dostituisce un atto di amicizia e di franchezza e ci mette dalla parte di

coloro che prevedono e che prevengono. Ripeto però a V. E. che· io non ho da

lagnarmi dell'atteggiamento del Governo Francese e che vedo anzi dei segnali

che esso, nella misura di tutte le sue circostanze intrinseche ed estrinseche, agisce

per quanto può nel senso dei buoni rapporti tra i nostri due Paesi. Conviene da

parte nostra continuare a fare tutto il possibile per coadiuvarlo e facilitarlo in

questa azione ed in questo atteggiamento. La nostra stampa potrà fare molto

in proposito.

ALLEGATO.

Paris, le 5 juillet 1927.

L'Ambassadeur connait que des forces occultes et irresponsables s'agitent depuis longtemps déjà, mais avec plus grande intensité dans ces derniers mois, sur le terrain des affaires internationales, pour combattre M. Mussolini et le Fascisme qui ont entrepris en Italie une action pour délivrer les Italiens de ces menées secrètes et irresponsables. Au risque de déchainer meme une guerre ces forces occultes visent surtout à troubler les rapports des Italiens avec leurs voisins les Français et les Jougoslaves. Elles travaillent l'opinion publique surtout par le moyen des organes de presse dont elles disposent en France et ailleurs. C'est dans ce sens et dans ce but qu'elles ont exploité la conclusion du pacte de Tirana et l'affaire Djouraskovitch. Battues sur les deux champs elles se sont retournées actuellement sur le champ des relations entre Italiens et Français. L'Ambassadeur connait que sa sensation personnelle que ces forces occultes sont devenues récemment très actives dans ce champ et qu'il faut s'attendre à des exagérations des nouvelles et à de l'agitation, surtout de presse, pour le moindre incident entre France et Italie, est partagée dans des cercles d'information existant à Paris. Il y trouve une preuve que sa sensation est fondée.

24 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) Non si pubblica.

316

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, DE ANGELIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4597/283. Atene, 6 luglio 1927, oTe 0,45 (peT. m·e 4,15).

Le notizie che qui giungono da Parigi sui nuovi colloqui di Michalacopoulos al Quai d'Orsay tendono a fare apparire che il riavvicinamento greco-jugoslavo vada delineandosi e maturandosi sotto gli auspici della Francia. Si parla anche di colloqui a tre, con intervento di Spalaikovic, il quale sarebbe stato ufficialmente incaricato di iniziare le pratiche al riguardo.

317

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

[Roma], 6 luglio 1927.

Stamane è venuto l'Ambasciatore dell'U.R.S.S. È la prima volta che viene

a Palazzo Chigi dopo il giorno in cui gli consegnai la nota per la ratifica della

Bessarabia.

K.[amenev] mi informa che partirà a giorni per Mosca per un breve con

gedo di due settimane, dopodichè, rientrando a Roma egli intende riprendere

più frequenti i rapporti col Governo.

• Le ragioni -egli dice --che hanno creato fra l'U.R.S.S. e l'Italia una nube di freddezza, sono passate •.

K.[amenev] vuole che giungano a S. E. il Capo del Governo le espressioni della sua gratitudine per il servizio di protezione alla sua persona, da parte della P. S. italiana.

K.[amenev] aveva l'aria, anche troppo ostentata, di mostrarsi gentile e cordiale. Gli ho augurato buon viaggio.

318

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1868/301. BucaTest, 9 luglio 1927, oTe 21,45 (per. ore 2,30 del 10).

Ho avuto oggi un primo colloquio col nuovo ministro degli affari esteri.

Titulesco mi ha detto egli si propone di rendere amicizia italo-romena una realtà e questa frase egli ha ripetuto marcatamente più volte nel corso della conversazione. Egli sembra ritenere che manifestazioni esterne di tale rinno

vata amicizia fossero state sufficienti (non voleva dire eccessive); che si trattava di aumentarne quanto possibile il contenuto; che se dal semplice fatto che Governo attuale è succeduto al rovesciamento di quello di Averescu si volesse trarre conseguenza che politica nuovo Governo sarà meno amichevole per l'Italia sarebbe un grande errore. Ho preso atto con soddisfazione di queste dichiarazioni osservando soltanto che anche questa opinione pubblica doveva essere opportunamente diretta ed illuminata in tal senso. Titulesco sempre a proposito del concreto contenuto da darsi alla amicizia italo-romena, venne poi a parlarmi delle trattative commerciali in corso. Mi confermò che tariffa è già in corso rielaborazione: e che nuova tariffa entra in vigore dopo che sarà approvata dal parlamento nel prossimo autunno. In tali condizioni egli aggiunse non converrebbe nè a voi nè a noi impegnar[si] in base a tariffa attuale. Titulesco mi ha poi detto che richiamo Popescu da Roma era stato ritardato appunto per non dare impressione interruzione improvvisa e male intenzionata delle trattative. Ma adesso presenza Popescu qui è appunto per lavorare revisione tariffa. Resta beninteso che si tratta di semplice sospensione dovuta ragioni puramente tecniche e che trattative saranno riprese con noi appena queste difficoltà tecniche saranno eliminate con approvazione nuova tariffa. Il presente telegramma

continua.

319

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1869/302. BucaTest, 9 luglio 1927, OTe 21,45 (peT. oTe 2,30 del 10).

Seguito precedente telegramma.

Titulesco mi accennò poi alle ripercussioni in questa opmwne pubblica

della cresciuta intimità dei rapporti itala-ungheresi dicendo che si tratta sopra

tutto di un'impressione sentimentale. Per conto suo, egli comprende perfetta

mente che, nel quadro della nostra politica generale, l'Ungheria ha il suo valore:

e non si può attendere che noi rinunziamo a valercene allo stesso modo che non

si potrebbe chiedere alla Romania di distanziarsi dalla politica che rappresenta

per la Romania la base migliore che sia stata trovata sino ad ora per sopperire

ai suoi interessi vitali di consolidazione e di difesa. Ma tutto ciò secondo Titu

lesco non può nè deve nuocere romeni. Ungheresi però non fanno loro interessi

quando, come in questi ultimi tempi, si spingono troppo oltre sulla via delle

rivendicazioni territoriali e della revisione dei trattati. Infine Titulesco mi

accennò alla famosa questione degli optanti su cui, com'è noto, egli stesso ha

già impegnato a Ginevra il prestigio del suo paese ed anche il suo personale.

Egli mi disse a questo proposito, ed io lo ascoltai in silenzio, di essere per

suaso che noi non potremo votare contro la Romania : ma che se facessimo il

bel gesto di votare apertamente in suo favore rapporti italo-romeni ne usci

rebbero definitivamente chiariti e rafforzati. Tralascio punti non essenziali della

conversazione che fu lunga e cordiale. Titulesco finì col dirmi che spera venire

nel corso dell'estate a passare qualche tempo in Italia (Salsomaggiore).

320

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI (l)

TELESPR. RR. 235278. Roma, 11 luglio 1927.

Questa Ambasciata di Francia con note del 18 e 20 corrente [sic] ha comu

nicato a questo Ministero:

l) i verbali delle riunioni franco-spagnuole tenute a Parigi il 16 e 28 aprile

scorso circa la questione di Tangeri;

2) le dichiarazioni lette dalle Delegazioni francese e spagnuola rispetti

vamente il 28 aprile ed il 13 giugno u. s.

Rilevo da tali documenti:

l) che avendo la Spagna dichiarato le rettifiche territoriali offertele dalla

Francia ai margini della zona di Tangeri • interessanti • ma insufficienti se non

accompagnate da « possibilità di controllo effettivo • sull'Amministrazione Tan

gerina, il Governo Francese ritiene di non poter accedere

a) alla domanda spagnuola che la popolazione indigena sia amministrata

da un Mendub nominato dal Sultano su proposta del Governo Spagnuolo ed

assistito da un funzionario spagnuolo;

b) a che sia modificata in favore della Spagna la disposizione dello Statuto, che dopo un periodo di sei anni, ammette alle funzioni di amministratori sudditi di tutte le Potenze firmatarie dell'Atto di Algesiras;

c) a che il controllo della dogana sia affidato ad agenti spagnuoli;

d) a che il comando e l'organizzazione delle forze di polizia e gendarmeria

di Tangeri sia affidato ad un Ufficiale spagnuolo.

Il Governo Francese sostiene che l'accoglimento di tali domande significherebbe in fatto, se non di diritto, l'incorporazione della zona di Tangeri nella zona spagnuola; soluzione che gli è impossibile di accettare.

Il Governo Francese mantiene le offerte di rettifiche territoriali in favore della Spagna, mediante le quali una parte importante della zona di Tangeri è annessa alla zona spagnuola, ma rifiuta le ulteriori domande spagnuole di comprendere in tali rettifiche i tre villaggi di Feddan-Chappo, El-Menar, Muinech, e propone di aggiungere all'art. 10 dello Statuto che le persone le quali si renderanno colpevoli di attentati alla sicurezza politica delle zone francese e spagnuola del Marocco saranno deferite al Tribunale Misto di Tangeri. Propone infine una serie di penalità da aggiungere all'art. 139 contro il commercio delle armi.

Si dichiara anche disposto alla creazione di un organo misto di collegamento costituito da un ufficiale spagnuolo e uno francese, che avrebbe per compito di segnalare all'amministratore ed al Mendub i fatti interessanti la sicurezza della zona di Tangeri in relazione con la sicurezza delle zone vicine.

Il Governo Francese ritiene che le sue proposte, conformi allo spirito dello Statuto, non incontrerebbero opposizione irreducibile da parte delle altre Po

tenze, se esse fossero presentate loro dalla Spagna e dalla Francia insieme. Come misure atte a prevenire la resistenza delle Colonie Europee a Tangeri ad una modificazione territoriale che toccherà i loro beni, il Governo Francese (oltre a quella, già ammessa in principio dalla Spagna, che gli europei od indigeni, proprietari nel territorio di cui trattasi avrebbero la facoltà di far riscattare le loro proprietà ad un valore che potrebbe essere fissato, in caso di disaccordo, con una procedura di arbitrato) raccomanda che le nuove autorità assicurino ai loro amministrati il mantenimento delle loro relazioni tradizionali con la città e la zona di Tangeri. Infine, tenendo conto della diminuzione del numero dei contribuenti tra i quali dovrebbero essere ripartiti gli oneri già molto forti della regione di Tangeri, il Governo del Protettorato Francese riterrebbe equo lasciare a Tangeri per il miglioramento del suo porto e per lavori pubblici, il prodotto della tassa speciale del 2 lfz % sulle merci rispedite verso la zona francese.

Il Governo Francese ringrazia la Spagna per aver preso in considerazione la sua domanda intesa alla revisione del regime dei confini tra le zone dei due Governi al Marocco, e di essersi dichiarata pronta a riconoscere l'inclusione della tribù dei Beni Zerual tutta intiera nella zona francese.

Il Governo Francese chiede infine la concessione reciproca del diritto di investigazione e passaggio (droit de suite) nella regione d'Ifni e del Rio de Oro, che gli sembra indispensabile per evitare che elementi di disordine possano impunemente prendere il territorio di uno dei due paesi come punto di appoggio per le loro gesta contro il territorio dell'altro.

Il) Confermo quanto ho comunicato all'E. V. con il mio telegramma del ... (l) giugno scorso, e cioè che ho rilevato nei verbali delle riunioni di Parigi, alcune dichiarazioni del Delegato Spagnuolo, che non possono esser lasciate passare sotto silenzio.

E precisamente nel verbale della seduta del 16 aprile u. s. può leggersi la seguente dichiarazione del Signor Aguirre de Carcer:

«M. -Aguirre de Carcer ne partage pas complètement l'opinion de M. de Beaumarchais en ce qui concerne la nécessité d'obtenir l'assentiment de tout les Etats qui ont adhéré au Statut pour que les modifications éventuelles de la frontière tangéroise puissent devenir définitives. M. -Aguirre de Carcer est d'avis que la délimitation de cette frontière ne concerne que le Gouvernement de la République en tant que mandataire du Sultan et Puissance Protectrice du Maroc, et le Gouvernement Espagnol. Cette frontière a été délimitée en 1912 par un accord exclusif entre ces deux Puissances. La Convention de Paris n'a fait que se référer, en ce qui concerne cette

« La nota spagnola di cui Primo de Rivera le ha dato soltanto ora comunicazione fu presentata a Parigi fin dal 28 aprile scorso, e la risposta francese, che corrisponde effettivamente a quanto le è stato detto costì, po.rta la data del 13 giugno corrente. Ambedue i documenti sono già stati consegnati a questo ministero da questa ambasciata di Francia, mentre il conte de la Vifiaza finora non si è fatto vivo. Comprendo benissimo la prudenza fin qui sempre usata dal Governo spagnolo nel voler assicurarsi il benestare francese prima di metterei al corrente dell'andamento delle conversazioni di Parigi, ma Primo de Rivera dovrebbe a sua volta comprendere che con questo sistema gli riesce a far sì che i francesi ci tengano informati prima e meglio di lui. Ho pure rilevato sui verbali della riunione di Parigi delle strane dichiarazioni del delegato. spagnolo e mi riservo dare al più presto a V. E. preciseistruzioni per la sua azione presso codesto Governo , .

question, à l'accord de 1912. En tout cas, seui l'assentiment de la Grande Eretagne, signataire de la Convention de Paris, pourrait ètre indispensable. Que les trois zones de l'Empire soient réparties d'une façon ou d'autre, c'est une question d'ordre intérieur qui ne regarde que la France, l'Espagne et le Maghzen "·

In verità molto strane e semplicistiche appaiono queste dichiarazioni del Signor Aguirre de Carcer, il quale sembra aver dimenticato che il quadro della zona di Tangeri venne definito dall'atto di Algesiras e che se l'accordo franco spagnuolo portasse alla riduzione a vantaggio della Spagna della zona internazionale, ed, in cambio, il passaggio alla zona francese, del vasto ed importante paese dei Beni Zerual, si tratterebbe di vere e proprie alterazioni territoriali, che dimostrerebbero a chiare note l'avvenuto ampliamento della discussione fuori dell'ambito della questione tangerina, con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe.

Egli dimentica pure la posizione assunta dal R. Governo fin dali 'inizio della questione e che si fonda, non tanto sul trattato di Algesiras, ma sul carattere mediterraneo della questione stessa, per cui l'Italia non potrà mai ammettere che un qualsiasi cambiamento dello statu quo al Marocco avvenga senza il suo consenso.

Confido che il Signor Primo de Rivera non condivida le idee esposte con

alquanta precipitazione dal suo Delegato, tanto più che egli deve riconoscere che

è stato in gran parte grazie all'atteggiamento dell'Italia ed alla nostra non

adesione allo Statuto del 1923, che è stato possibile al Governo Spagnuolo di

riaprire la questione di Tangeri.

Ad ogni modo, occorre che V. E. attiri senza indugio su di ciò l'attenzione

del Signor Primo de Rivera e gli faccia comprendere come io sia stato sfavo

revolmente impressionato dalle dichiarazioni fatte dal suo Delegato a Parigi;

che mantengo sempre il mio punto di vista favorevole alle aspirazioni spa

gnuole, ma che è indispensabile il Governo di Madrid si renda chiaramente

conto come il nostro appoggio debba essere in tutto subordinato:

l) all'adesione esplicita che l'Italia deve essere ufficialmente chiamata a

dare ad eventuali accordi franco spagnuoli, non semplicemente come Potenza

firmataria dell'Atto di Algesiras, ma come Grande Potenza Mediterranea, inte

ressata alla soluzione della questione di Tangeri sullo stesso piede della Francia,

dell'Inghilterra e della Spagna.

2) alla tutela ed alla salvaguardia dei locali interessi italiani, cioè in

brevi parole alla possibilità di ottenere per parte nostra nell'ambito dell'even

tuale preponderanza spagnuola nell'amministrazione tangerina quelle stesse ga

ranzie che avevamo chiesto per accordare il nostro consenso allo Statuto del 1923.

Ma a parte ciò, su cui non credo vi possa essere discussione alcuna con

Primo de Rivera, V. E. vorrà approfittare di tale conversazione per intrattenere

riservatamente il Capo del Governo Spagnuolo su tutto il complesso della que

stione di Tangeri e fargli presente in modo opportuno ed a titolo esclusivamente

personale e confidenziale, le seguenti osservazioni:

Da tutto l'atteggiamento, dalla linea di condotta dei Delegati spagnuoli

nelle conversazioni di Parigi appare come essi siano ora lontani dal sostenere la

tesi estremista di Primo de Rivera della incorporazione di Tangeri alla zona spagnuola, con minaccia di evacuare il Marocco e di proporre una conferenza generale: tesi -è bene ripeterlo -che Primo de Rivera potè affermare soltanto in seguito all'atteggiamento di resistenza dell'Italia ad aderire allo Statuto del 1923, ed alle precise e nette dichiarazioni da me fattegli, che il Governo Italiano -quando gli fossero stati riconosciuti i suoi legittimi interessi avrebbe appoggiato la soluzione del problema di Tangeri che fosse più gradita alla Spagna, preferendo a tutte le soluzioni escogitate anche l'incorporazione di Tangeri alla zona spagnuola.

Nelle conversazioni di Parigi, senza dubbio per la preponderante azione francofila del suo Ambasciatore Quifiones de Leon e per la azione concomitante dell'Ambasciata di Francia a Madrid, la Delegazione spagnuola ha finito per cedere terreno, onde se un accordo si profilasse sulla base delle controproposte francesi, non mi sembra che esso potrebbe costituire un vantaggio serio per la Spagna nè un successo per la politica del suo Governo.

Se invece le conversazioni non avessero, almeno per ora, alcun risultato concreto, sarebbe bene scambiare fra noi e la Spagna qualche idea utile a stabilire una concorde linea di condotta.

È bene che il Governo Spagnuolo sappia come ciò che vivamente preoccupa il Governo Italiano è l'opera di snazionalizzazione intrapresa dalla Francia sui

10.000 italiani residenti nel Protettorato, ove la nostra espansione demografica trova ora un ostacolo ben più grave che in Tunisia. Mentre qui gli italiani sono protetti contro la politica di snazionalizzazione francese dalle note convenzioni del 1896 (le quali, se pur denunziate, costituiscono sempre un punto di partenza per eventuali futuri accordi), nel Marocco francese nessun argomento giuridico è possibile opporre, ostando contro di noi la dichiarazione di disinteressamento italo-francese del 1912, la quale ci rende arduo opporci ad ogni misura contro la nazionalità degli italiani.

La Spagna ha anch'essa, come noi, al Marocco francese, una diecina di migliaia di sudditi, di cui la Francia prepara la snazionalizzazione, ed ha anch'essa sommo interesse allo sfruttamento economico e demografico di quell'esteso e ricco Paese, le cui immense risorse naturali la Francia non è in grado di sfruttare per mancanza di uomini.

Occorre lasciar cautamente intendere a Primo de Rivera che se la Spagna continuerà ad opporre una ferma resistenza contro le pretese francesi, troverà in noi un appoggio non meno fermo nelle successive conversazioni a quattro.

Un fronte unico italo-spagnuolo di ferma resistenza, effettivo se pur non apparente, finirebbe per indurre la stessa Inghilterra ad escogitare qualche accomodamento e qualche compenso nel senso desiderato da Spagna ed Italia.

Nell'autunno scorso, infatti, al semplice delinearsi della possibilità di un siffatto fronte unico italo-spagnuolo, il Governo Britannico si fece subito parte diligente per accontentarci e ci ottenne le fino allora insperate conversazioni a quattro.

Primo de Rivera deve persuadersi essere beninteso interesse del suo Paese allargare, a nostro giudizio, il dibattito anzichè accontentarsi di un successo locale, che potrebbe anche costringerci, qualora non credessimo compatibile con la nostra dignità e con i diritti sanciti nei Trattati aderire ad eventuali proposte di modificazioni e fossimo costretti quindi, nostro malgrado, ad insistere a Tangeri nella nostra legittima politica di resistenza [sic].

V. E. potrà avviare la delicata ed importante trattazione sulla falsariga di quello che è stato sempre il pensiero dominante del Presidente del Consiglio Spagnuolo, e che traspare sovente dalle sue dichiarazioni, cioè la denuncia della Convenzione di Parigi del 1923, con il conseguente ritiro della Spagna dallo Statuto di Tangeri e la convocazione di una Conferenza Generale per il Marocco.

Gli elementi che dovrebbero costituire da parte spagnuola la piattaforma delle rivendicazioni verso la Francia, e che potrebbero essere al caso opportunamente suggerite, sono: il comprotettorato spagnuolo non riconosciuto dalla Francia al Marocco, la snazionalizzazione dei numerosi sudditi spagnuoli in zona francese, sotto l'impero del Decreto Presidenziale 8 novembre 1921, la precarietà della frontiera della zona spagnuola.

(l) Il telespr. venne inviato, per conoscenza, a Parigi, Londra e Tangeri.

(l) Manca. Ma cfr. la seguente minuta di te!. senza data:

321

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Budapest, 11 Luglio 1927.

J'ai l'honneur de prier V. E. de bien vouloir accorder toute confiance au porteur de ma présente lettre, Baron Georges Pronay, sous secrétaire d'Etat parlementaire à la Présidence du Conseil.

Le Baron Pronay est chargé de remettre à V. E. le plan dont nous avons parlé lors de mon séjour à Rome, ainsi que de vous soumettre une question qui est en connexité avec ce plan. Il sera accompagné du Colone! Bangha qui est à meme de donner des explications détaillées à ce sujet.

J'ai chargé en outre le Baron Pronay de Vous parler d'une autre question qui est d'une importance considérable pour nos pays.

322

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1884/366. Costantinopoli, 12 Luglio 1927, ore 22 (per. ore 5,20 deL 13).

Tewflk Russdi bey mi ha detto Ismet pascià, per ragioni salute e di politica interna (elezioni alla assemblea nazionale), aveva rinunciato idea recarsi all'estero; d'altra parte però, convinto utilità di una conversazione generica col capo del Governo italiano per scambio idee, incarica lui, Tewfik Russdi, passare per Italia nel suo prossimo viaggio a Karlsbad, per incontrarsi con V. E. il giorno e nella località per lei conveniente. Nel corso della lunga conversazione ho, in complesso, tenuto anzitutto farmi un'idea dei motivi che inducono Governo turco a desiderare questo incontro, che lo stesso Tewfik pascià definisce azzardato dal punto di vista dei commenti, delle supposizioni che ne deriveranno nei gabinetti e nella

stampa europea verso Turchia..... (l) esistono cordiali rapporti come garanzia contro ogni possibile eventualità anche da punto di vista conflitto anglo-russo; 2) ad Angora si prevedono sulla base di informazioni generiche, complicazioni balcaniche, in particolar modo tra Italia Jugoslavia per l'anno venturo. Governo turco intende premunirsi propria neutralità e conoscere quale valore V. E. dia al fattore Turchia nella suddetta eventualità; 3) Tewfik a Karlsbad s'incontrerà con Benes. Si parlerà anche della situazione balcanica, della Piccola Intesa che Benes vuole ampliare e che Tewfik invece vorrebbe vedere annientata perchè la ritiene elemento di disordine nel centro e nell'oriente europeo, dato legame tra Belgrado e Parigi. Prima però di avventurarsi su tale terreno Tewfik Pascià vorrebbe conoscere direttamente pensiero di V. E. per sentirsi da questo sorretto. Quanto al luogo dell'incontro con V. E., Tewfik Pascià riteneva che V. E. lo avrebbe invitato a recarsi a Milano, a Venezia oppure a Brindisi stesso; ma io gli ho detto potergli fin d'ora dire che a quanto V. E .... (1), a Roma e che non avrebbe potuto ricevere visita che a Roma. Ciò è stata per lui una sorpresa non certo rispondente alle sue previsioni, perchè mi ha risposto francamente non essere oggi per lui possibile recarsi a Roma. E ciò perchè: l) essendo suo principio armonizzare esteriorità con realtà sostanziale degli atti, si recherebbe Roma quando rapporti italo-turchi fossero fissati in un accordo ben chiaro, ben definito. Ma trattandosi oggi di una conversazione generica a carattere preliminare la sua andata a Roma solleverebbe un interesse generale, per ora superiore alla portata dell'atto. Il compiere un atto che poi occorrerebbe forse diminuire dinanzi all'opinione pubblica europea, o con dichiarazione pubblica o con un pellegrinaggio altre capitali, come ha fatto ministro affari esteri greco, sembra a lui non opportuno e non rispondente al sistema realistico che Angora ha imposto alla propria politica estera. 2) Se egli toccasse Roma dovrebbe necessariamente recarsi a Parigi e Londra. Per Parigi ha insistentemente inviti da parte quel Governo che egli non vuole seguire ... (l) appunto ... (l) politica reale lo giustificherebbe. Dai tempi di Franklin Bouillon in poi, Turchia molte parole francesi ha udito, ma poche prove di amicizia reale sicuro disinteresse ha ricevuto dalla Francia. Quanto a Londra, sebbene Governo inglese abbondi in cortesie promesse verso Angora egli non può decidersi, per riguardo Russia. Egli poi ha portato altre ragioni di minore momento come quella della restituzione che sarebbe eliminata se incontro avvenisse in un'altra località qualsiasi. A mia volta ho creduto fargli seguenti osservazioni: nell'eventualità che capo del Governo Italia trovandosi in agosto assente da Roma si decidesse ricevervi altrove, cosa che io ritengo poco probabile, le pressioni francesi dopo questo incontro non farebbero che aumentare su voi e voi vi trovereste costretto recarvi Parigi per eliminare malumori. Tewfl.k pascià mi ha risposto essere troppo sensibile personalmente ad ogni minima mancanza di riguardo per avere fin da ora ben ponderato cosa ed essere deciso a non fare a Parigi visita che sarebbe sgarbo di fronte V. E. Poi ha soggiunto: chi dice dopo il preliminare colloquio con S. E. Mussolini non si apra per me desiderio possibile recarmi a Roma al mio ritorno con uno scopo ben fissato? Egli si è riservato

portare a conoscenza di S. E. Ismet pascià quanto precede. Siccome sua visita al presidente del consiglio che si trova a Brussa non avrà luogo prima di una settimana, io gli ho detto che avrei avuto tempo e modo di fare conoscere risposta di V. E. Egli partirebbe da Costantinopoli col battello del Lloyd Triestino il 4 o 1'11 agosto. Ha aggiunto che del suo incontro con V. E. non ne darà conoscenza a Cicerin (cosa della quale io dubito) e che nel suo viaggio di andata o di ritorno avrebbe visitato presidente della repubblica albanese, verso il quale vanno simpatie del Gazi e del Governo di Angora.

(l) Gruppi indecifrati.

323

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI (l)

T. RR. 3848/161. Roma, 13 Luglio 1927.

Questo ambasciatore di Spagna mi ha comunicato ieri copia della nota consegnata il 2 corr. dalla delegazione spagnuola a quella francese per esporre le ultime e definitive proposte circa conclusione fase attuale negoziati Tangeri. Mi ha consegnato pure un • appunto » in cui si dice che ove tali proposte non fossero accettate delegazione spagnuola riceverà ordini tassativi di dare per ultimati negoziati stessi e ritirarsi a Madrid, astenendosi fin da quel momento il Governo spagnuolo dal trattare qualsiasi questione che a Tangeri si riferisse e, se del caso, trasferire gli interessi generali e quelli dei propri nazionali ad un console di una nazione neutrale nella questione. Il Governo spagnuolo considera che l'attuale situazione di Tangeri è incompatibile con la fastidiosa (sic) missione di protettorato che pesa su esso e ritiene che lo statuto di Tangeri risulta, di fatto, privo della sua efficacia e pertanto di effetto nullo in pratica, per la mancata adesione dell'Italia.

In sostanza le domande spagnuole si riducono: l) alla formazione di un corpo di gendarmeria indigena di 500 uomini suscettibile di successivi aumenti, comandati da ufficiali spagnuoli; 2) alla formazione di una polizia civile di agenti spagnuoli e indigeni comandati da un commissario spagnuolo;

3) alla condizione che i due suddetti corpi di polizia siano messi alle dipendenze dirette del Mendub per il tramite di un capo superiore di polizia, di nazionalità spagnuola, responsabile verso il Mendub e il comitato di controllo non solamente dell'ordine e della sicurezza della zona di Tangeri, ma anche della sua neutralità.

Ho detto a questo ambasciatore di Spagna che dovevu constatare come il suo Governo avesse ridotto ai minimi termini le pretese tanto rigorosamente affermate mesi or sono, e che avevano incontrato il favore del Governo italiano con le dovute riserve per la tutela dei nostri interessi. Conseguenza logica di questo nostro atteggiamento non poteva essere che il consiglio alla Spagna di

• Quanto precede per sua personale riservata conoscenza».

mantenere fermo il primitivo programma anche a rischio di rompere i negoziati. In ogni caso mi correva l'obbligo di avvertire francamente il Governo spagnuolo che, ove la Francia accettasse le suddette ultime: proposte, ciò non avrebbe potuto costituire per noi un motivo di adesione allo statuto del 1923, poichè nulla era mutato nei riguardi delle domande da noi fatte per la tutela degli interessi italiani. La situazione quindi dell'Italia nei riguardi del detto statuto rimaneva la medesima, cioè negativa ed astensionistica, ciò che logicamente non dovrebbe riuscire sgradito al Governo di Madrid. Confermando le istruzioni impartite col mio telegramma per corriere n. 3805 del 10 corrente prego V. E. di voler esprimersi anche da parte sua in tal senso col signor Primo de Rivera.

(l) Il te!. fu inviato, per corriere, a Londra, Parigi e Tangeri con la seguente aggiunta:

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

TELESPR. 235882/287. Roma, 14 luglio 1927.

Il R. Ministro in Vienna mi segnalava in data 22 giugno u. s. (l) che nel transitare in quella città il dottore Ante Pavelich, Vice-Presidente del partito del diritto Croato (il più deciso avversario del serbismo in Croazia) avevagli fatto manifestare il desiderio di avere un incontro con persona autorizzata in occasione di una sua prossima visita in Roma.

Un fiduciario estraneo a questo Ministero ebbe, infatti, giorni addietro in Roma con il dottor Pavelich un colloquio di cui Le unisco il resoconto. Il Pavelich consegnò inoltre al predetto fiduciario un pro-memoria identico a quello trasmesso dall'E. V. col rapporto 172'3/544 in data 2 corrente (2).

Gradirei che l'E. V. volesse attentamente seguire il movimento in parola pur mantenendo il contegno di riserbo che molto opportunamente ha voluto assumere di fronte agli esponenti del partito separatista croato.

ALLEGATO.

COLLOQUIO COL DOTTOR ANTE P A VELié

In seguito alla comunicazione pervenuta al Ministero ho fatto ricercare il dottor Pavelic all'Albergo Flora e l'ho veduto a casa mia due volte. Riferisco.

Personaggio modesto, tranquillo, limitato, ma privo fortunatamente delle solite caratteristiche dell'agitatore e congiurato balcanico. Piuttosto un'ario rurale. Intende bene l'italiano; lo parla a fatica con larghe infiltrazioni di dialetto istriano. Espone pacificamente senza grandi promesse. Ha posto una interessante pregiudiziale: che chiunque possa venire a nome del partito storico croato per fini di intesa con l'Italia, viene ed agisce a proprie spese e senza domandare aiuti pecuniari di sorta. Chi facesse richieste simili sarebbe per questo solo sconfessato.

Esposizione. Il partito storico del quale il Pavelic è emissario si propone la indipendenza della Croazia. Ho potuto controllare la esattezza del memoriale che è presso codesto Ministero e però risparmio di ripeterlo. Il Pavelic mi ha soltanto

aggiun.to che l'azione del partito è necessariamente coperta e cauta senza tuttavia contare una organizzazione segreta; che intanto, pur di combattere il centralismo serbo e svolgere una resistenza legale, il partito agisce d'accordo con i dissidenti radiciani e col gruppo degli indipendenti federalisti, guidati dal dottor Trumbic, l'ex ministro degli Esteri del tempo della Conferenza della Pace. L'intesa col dottor Trumbic sottintende -così mi ha assicurato -l'accettazione da parte di questi e dei suoi seguaci dei fini categorici del partito storico croato. Per ora la azione del Partito non prepara una organizzazione sia civile sia militare antiserba. Più che altro conta sulla netta distinzione e antitesi insuperata ed insuperabile fra la Croazia e la Serbia, come economia, come cultura, come organizzazione militare; e sulla impotenza di Belgrado nel costituire un Governo effettivamente unitario.

Ma poichè considerano forte il prepotere serbo e deciso a tutto si spiega che contino su un conflitto italo-jugoslavo per ottenere ciò che non sperano per forza propria e per effetto di crisi interna.

Sebbene riconoscano che il nucleo di montenegrini decisi all'indipendenza sia quasi nullo per attività, il Pavelic mi ha dichiarato che i croati guardano all'opportunità di sostenere la indipendenza montenegrina.

Richieste. Dichiarazioni e manifestazioni ufficiose da cui risulti che l'Italia non

mira a rivendicazioni territoriali anti-croate. I serbi fanno una propaganda per

dimostrare ai croati che le direttive italiane, in caso di guerra, sono contro il ter

torio e le popolazioni croate, e che perciò la ragione fondamentale deU'antitalianità

jugoslava è una difesa della integrità croata. Il partito croato tende a smentire

questa propaganda serba, che prende pretesto soprattutto dalle rivendicazioni per

la Dalmazia.

Qualora non vi siano pregiudiziali da parte del Fascismo, cominciare a stabilire buone e cordiali intese, e per ora a mezzo di comunicazioni riservate.

Ho risposto dicendo che il Fascismo considera chiusa l'ultima vertenza adriatica, ma intende che sia mantenuta integra la italianità della Dalmazia. Ha convenuto come una Croazia indipendente sotto una protezione italiana risolverebbe automaticamente il problema degli italiani di Dalmazia, cui sarebbero date tutte le garanzie di parità. La politica della Croazia non potrebbe essere che una politica di relazioni stabilite con l'Italia e l'Ungheria, con la preminenza dell'Italia fascista grande potenza. In caso di conflitto con la Jugoslavia la Croazia dovrebbe, sicura di ottenere la indipendenza, favorire le armi italiane direttamente e indirettamente, sia ostacolando le operazioni, sia procurando la massima diserzione croata nell'esercito.

Non ho potuto avere affidamenti precisi sul modo come potrebbero essere volgarizzate dichiarazioni ufficiose fasciste contro la propaganda serba per mantenere aperta la contesa italo-croata.

Ho dato per garantire il segreto di eventuali comunicazioni l'indirizzo di mia moglie col cognome da signorina per far pervenire la corrispondenza senza destar sospetti.

Mi riservo di rendere note queste comunicazioni attendendo istruzioni. Credo sia il caso di non lasciar cadere, anzi di far agire contemporaneamente le nostre autorità consolari e l'ufficio informazioni dello Stato maggiore. Si potrebbe trovare il modo di avviare anche una propaganda culturale in Croazia (conferenze, feste, concerti).

Intanto osservo che in attesa di dichiarazioni che debbono essere concertate e autorizzate e potrebbero essere giornalisticamente preparate, sia il caso di evitare manifestazioni puramente esteriori di un filo-dalmatismo postumo (non ho bisogno di ricordare che cosa ho creduto di compiere per la rivendicazione dalmatica, quando era utile e necessario). Per esempio, qualche giorno fa, si leggeva il resoconto di un'adunata a Genova di un'associazione (?) Coscienza Adriatica, fino a ieri clandestina. Solite conferenze e piccole fiere di vanità. Ma intanto si esibiva un messaggio del Segretario generale del partito, che certamente sarà sfruttato dalla propaganda serba di cui sopra.

(l) -Cfr. n. 286. (2) -Cfr. n. 313, allegato.
325

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI DI EUROPA ED AMERICA

T. GAB. 1146. Roma, 15 luglio 1927, ore 24.

Bisogna reagire tutti ambienti diplomatici, politici, giornalistici, finanziari contro nuova ondata anti-fascista prendente a motivo difficoltà economiche rivalutazione lira. Verità è che dopo intervista Volpi e mio comunicato su quota 90 senso disagio fatale conseguenza rivalutazione è quasi ovunque scomparso.

Esagerazioni che mettono in gioco o pericolo regime sono di una stupidità nauseante. Regime come non mai è semplicemente formidabile nelle sue forze e nella sua unità.

326

APPUNTO DELL'UFFICIO IV EUROPA E LEVANTE RISERVATISSIMO. Roma, ... luglio 1927 (1).

Relazioni itala greche

L'importanza del fattore greco per la politica dell'Italia nei riguardi dell'Albania, della efficienza del nostro predominio navale in Adriatico, della sicurezza di eventuali nostre comunicazioni colla Bulgaria, della garanzia delle nostre vie verso il Dodecaneso e verso le coste estreme del Mediterraneo Orientale è stata valutata al suo giusto peso, ed ha determinato una prudente, ma costante, nostra azione per stabilire colla Grecia buone ed utili relazioni che facessero sentire ad Atene l'efficacia e l'interesse dell'amicizia italiana.

A questa nostra azione, particolarmente delicata e difficile, data la solidità in Grecia di antiche influenze, soprattutto di quella francese, tendente a consolidare un blocco serbo-greco, si è offerta la fortunata occasione dell'attrito fra Belgrado ed Atene, con larghissima eco nell'opinione pubblica ellenica, per la questione di Salonicco, quale hanno preteso risolverla le note Convenzioni Rufos-Gavrilovitch, manifestamente lesive della sovranità greca, col creare uno sbocco jugoslavo all'Egeo in piena Macedonia ellenica.

Gli effetti di tale speciale condizione di cose sono stati visti, in genere, col favore che ha incontrato in Grecia un riavvicinamento all'Italia, in particolare, nell'atteggiamento .corretto ed amichevole tenuto dal Governo di Atene, malgrado gli adescamenti e gli appelli alla solidarietà d'interessi di quello di Belgrado, in occasione dèlla questione albanese e del Patto di Tirana. Atteggiamento di tanto più notevole, in quanto necessariamente in contrasto colle notissime ed antiche aspirazioni greche in Epiro.

Tale atteggiamento ha, indubbiamente, giovato all'Italia, nei confronti che esso ha valso a stabilire di fronte a quello nettamente ostile assunto nella circostanza dalla Jugoslavia, altro paese confinante.

È risultato chiaro, nei recenti contatti da noi avuti col Governo greco, che due punti sono particolarmente ed immediatamente sensibili per l'orientamento della politica ellenica:

l) la preoccupazione che, in un eventuale ravvicinamento fra Italia e Jugoslavia, la questione di Salonicco possa fornire materia di compenso a Belgrado, ai danni della Grecia;

2) che, nella stessa eventualità, si possa fra Italia e Jugoslavia giungere ad accordi che, comunque, equivalgano ad una spartizione, sia territoriale che di influenze, in Albania, con esclusione degli interessi greci. A questo proposito, si è potuto sicuramente constatare che la propaganda a noi ostile ha, con ogni sforzo, rappresentato alla Grecia lo svantaggio per l'elemento ortodosso dell'Albania meridionale di una preponderante influenza italiana, anzichè di quella serba, parimente ortodossa.

Mentre per il secondo dei punti accennati non vi sono stati che semplici e prudenti sondaggi da parte del Ministro Michalacopoulos, per quanto concerne l'atteggiamento dell'Italia nella divergenza greco-serba per Salonicco, il quesito ci è stato nettamente posto da tutti i membri dell'attuale Gabinetto ellenico e da gran parte degli esponenti principali dei circoli politici greci, senza distinzione di partito.

Data la gravità della questione di Salonicco, essa costituisce un assillante problema di obbligatoria soluzione per qualsiasi Governo greco. Il signor Michalacopoulos ha, infatti, costantemente dichiarato -malgrado la sua netta ostilità verso le note Convenzioni greco-jugoslave del regime Pangalos, ed il suo desiderio di opporvi, possibilmente, un'altra soluzione -che, in ogni caso, sarebbe stato impossibile, sia all'attuale, come a qualunque altro Gabinetto, il rifiutare eventuali offerte concrete che venissero fatte da Belgrado, allo scopo di eliminare dalle Convenzioni stesse le clausole inaccettabili dall'opinione pubblica greca (v. nota) (1).

In tale stato di cose, la politica italiana e francese non possono che essere antitetiche nell'azione da svolgere sul Governo greco nella questione di Salonicco e, attraverso di essa, in quella delle relazioni greco-jugoslave.

È evidente che la Francia continuerà a fare ogni sforzo -valendosi di un'etichetta di pacificazione balcanica che non può non allettare una notevole parte dell'opinione pubblica greca --per indurre la Jugoslavia a fare tali offerte alla Grecia, nella contrastata questione dello sbocco jugoslavo attraverso Salonicco, da eliminare la principale ragione di dissenso fra i due Stati confinanti, in modo che ne venga implicitamente facilitato il consolidamento di quella egemonia jugoslava nei Balcani che è nelle mire e negli interessi della politica

francese, che verrebbe a dare effettiva padronanza del tronco greco alla Jugoslavia. (Nota del documento).

francese, coll'avvincere le sorti di Atene a quelle di Belgrado, completando, così, la catena delle sue posizioni nella Balcania. Pertanto, l'atteggiamento dell'Italia nei riguardi della Grecia non può non essere dominato dalle sue direttive nei riguardi della Jugoslavia.

(l) Archiviato il 15. L'appunto fu redatto con ogni probabilità in occasione della visita a Roma di Michalacopoulos e Kafandaris, che ebbe luogo dal 10 al 14 luglio.

(l) NOTA-Esse sono: l) Traffico sulla Ghevgheli-Salonicco, per le provenienze dalla Jugoslavia ed oltre, all'infuori di qualsiasi controllo greco. 2) Diritto di cabotaggio alla Jugoslavia fra gli altri porti greci e la Zona franca S.C.S. di Salonicco, equiparata, così, integralmente a territorio estero. 3) Amministrazione mista greco-jugoslava della Ghevgheli-Salonicco, con surarbitro

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1900/596. Bled, 16 luglio 1927, ore 20,30 (per. ore 2 del 17).

Mio telegramma n. 596 (1).

Ho ripetuto al signor Marinkovich quanto avevo già dichiarato al presidente del consiglio circa assetto definitivo di intima • détente morale • fra i nostri due paesi. Marinkovich che aveva letto il memorandum da me consegnato al signor Vukicevich, mi ha dichiarato che la questione che maggiormente lo occupa e lo interessa è quella delle relazioni con l'Italia e che ad essa intende dedicare la sua principale attività. Mi risulta che ciò egli ha detto anche ai vari miei colleghi.

Egli ha fiducia che l'auspicata détente si farà; ma occorrerà necessariamente qualche tempo; che la vivissima lotta per le elezioni servirà da utile diversivo. Le autorità S.H.S. avranno precise istruzioni di favorire questo mutamento degli animi e di contrastare ogni tentativo di eccitamento.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BELGRADO, BODRERO, A SOFIA, PIACENTINI, E AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. GAB. RR. 1151. Roma, 17 luglio 1927, ore 20,30.

I ministri degli affari esteri e delle finanze di Grecia sono partiti da Roma per Atene il 14 corrente.

Nei colloqui che hanno qui avuto i predetti ministri hanno tenuto in primo luogo a ringraziare S. E. il capo del Governo dell'efficacissimo appoggio accordato agli interessi della Grecia specialmente in occasione dell'ultima riunione del consiglio della Società delle Nazioni ed a metterlo al corrente delle questioni trattate e delle dichiarazioni fatte nel corso delle precedenti loro visite a Londra e Parigi. In particolare, il signor Michalacopoulus ha confermato le sue precise

intenzioni di non voler prendere neppure come base di discussione le convenzioni Pangalos per il regolamento della questione di Salonicco colla Jugoslavia aggiungendo che un accordo in proposito non potrebbe che essere negoziato ex-novo colla più rigorosa considerazione delle esigenze della sovranità ellenica. Ciò egli ha affermato di aver esplicitamente dichiarato a Parigi tanto a Briand che a Spalaikovic coi quali peraltro non avrebbe in alcun modo approfondito l'argomento di un eventuale futuro accordo.

Michalacopoulos ha poi insistentemente ripetuto che uno dei capisaldi della sua politica è e sarà costantemente quello dell'incremento della cordialità dei rapporti fra il suo paese e l'Italia della cui amicizia egli ha mostrato di apprezzare al ,suo esatto valore tutta l'essenziale importanza per la situazione politica ed economica della Grecia. Ha precisato che intende che in ogni caso le future direttive della politica estera ellenica si mantengano quanto più strettamente possibile nell'orbita di quelle italiane.

A riprova di tali suoi intendimenti il signor Michalacopoulos ha anzi tenuto a mettere al corrente, in via strettamente confidenziale, S. E. il capo del Governo di alcune aperture che da fonte indiretta ed ufficiosa gli sarebbero state fatte ultimamente a Ginevra per la conclusione di un patto di non aggressione grecoturco, domandando di conoscere in proposito il nostro modo di vedere. Su tale argomento (del quale Michalacopoulos, secondo egli ha categoricamente affermato, non avrebbe creduto di far cenno nè a Londra nè a Parigi) si è mantenuto da parte nostra un atteggiamento di ovvia riserva e ne informo V. E. (V. S.) soltanto per notizia strettamente personale.

(l) Sic, ma si tratta probabilmente del t. gab. 1879/584/102 trasmesso in data Bled, 11 luglio, nel quale Bodrero riferiva su un colloquio col presidente del consiglio e ministro dell'interno jugoslavo, Vukicevié, relativo alla situazione degli italiani in Dalmazia e alla stampa nonché ad alcune associazioni in Slovenia.

329

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 1153/306. Roma, 17 luglio 1927, ore 24.

Suo telegramma n. 301 (1).

Prendo atto dichiarazioni fattele da codesto ministro per gli affari esteri circa rapporti itala-romeni e direttive che nuovo gabinetto proporrebbesi seguire al riguardo.

Da parte nostra abbiamo dato finora parecchie prove positive della nostra amicizia verso Romania a cominciare dai recenti nostri concorsi finanziari fino alla ratifica del trattato per la Bessarabia che ha dimostrato col fatto che Italia e suo regime sanno mantenere impegni morali assunti.

Ma da parte romena tranne fugaci manifestazioni entusiasmo e verbale simpatia non si è nulla operato per corrispondere alle cordiali realizzazioni italiane.

Questione indennizzi nostri concittadini praticamente spogliati loro beni in seguito alla legge agraria è ancora insoluta nonostante nostro innegabile buon diritto, affidamenti datici ed in taluni casi come per Ruspoli anche deliberazioni già intervenute. Trattative commerciali, per cui rinvio ora militano del resto considerazioni delle quali non dissimulo importanza, non hanno proceduto

con tutta la necessaria correttezza dal canto romeno. Infine assurdi pretesti hanno offerto occasione alla stampa ed a taluni circoli romeni per aspre campagne contro politica del nostro paese e per ostilità crescenti contro iniziative nostre industrie.

Riguardo trattative commerciali riservo istruzioni ma intanto prego S. V. far ben comprendere al signor Titulescu che io mi attendo con fiducia di apprezzare dai fatti intendimenti amichevoli nuovo gabinetto.

Quanto alla nostra politica verso Ungheria posso comprendere, senza beninteso giustificarlo, che essa abbia formato costì oggetto di deformazioni e travisamenti a scopi politica interna. Ben naturale è che Romania elegga, mantenga amicizie e direttive supposte meglio confol'mi ad interessi ed alle tradizioni del paese e non gioverebbe neppure soffermarsi sulla scelta più o meno felice di determinati momenti per ostentazioni sua solidarietà con altri gruppi potenze. Ma non vedrei come un diritto analogo dovrebbe essere negato all'Italia mentre a diplomatico valore ed esperienza signor Titulescu non può sfuggire che grande potenza come Italia deve tener conto nella sua politica generale di molteplici elementi e fattori i quali non possono sempre rientrare nel quadro immediato politica romena. Nostra amicizia con Ungheria non che costituire motivo preoccupazione per Romania può essere, del resto come ho ripetute volte detto, prezioso coefficiente equilibrio moderazione negli interessi rapporti ungaro-rumeni e sua importanza dovrebbe valutarsi costì sotto ben diverso punto di vista.

Prego V. S. conformarsi tali direttive nelle future sue conversazioni col signor Titulescu mantenendo prudente riserva circa delicata questione degli optanti ungheresi in Transilvania.

A parte infatti ogni altra considerazione nei riguardi dell'Ungheria, mi sembra veramente sorprendente che il signor Titulescu metta in relazione il chiarimento e il rafforzamento dei rapporti italo-romeni col nostro atteggiamento in una questione alla quale siamo estranei.

Anzitutto non vedo quale • chiarimento • vi sia da apportare nei nostri rapporti, poichè essi sono sufficientemente chiariti dal patto di amicizia, ed in secondo luogo mi sembra per lo meno ingenuo invocare ancora dei • bei gesti • da parte nostra, quando da parte romena si rimane nella più assoluta inattività per quanto riguarda i nostri interessi.

(l) Cfr. n. 318.

330

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 1152/253. Roma, 18 luglio 1927, ore 3.

Suoi telegrammi nn. 366 (l) e 371 (2). Confermando mie precedenti istruzioni circa impossibilità che un eventuale mio incontro con cotesto ministro degli affari esteri avvenga fuori di

25 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

Roma, prego V. E. far rilevare a Tewfik Russdi bey come il fatto che io mi recassi appositamente in altra località italiana per avere un colloquio con lui si presterebbe certamente a commenti e sospetti ben maggiori di quelli che potrebbero derivare da una sua visita a Roma la quale potrebbe invece essere interpretata come un atto di semplice cortesia.

Supposizioni ed insinuazioni circa politica italo-turca sono del resto già messe in giro, e non faremmo che darvi credito.

(1) -Cfr. n. 322. (2) -T. gab. 1886/371 del 14 luglio, che non si pubblica.
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L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5004/275. Madrid, 18 luglio 1927, ore 21,35 (per. ore 2,21 del 19).

Telegramma di V. E. n. 3848/161.

Suo telespresso 235278 dell'l! corrente (1).

Ho conferito stamane con Primo De Rivera cercando indagare sue intenzioni prima fargli esplicitamente comunicazione di cui al telespresso suddetto. Egli mi ha nettamente confermato intenzione mantenersi sulla posizione di cui ripetutamente telegrafai a V. E. e che sostanzialmente si riduce ad ottenere esercizio effettivo amministrazione e controllo polizia nella zona Tangeri. In caso contrario Spagna romperà i negoziati senz'altro. Gli ho fatto osservare che quest'ultima trincea di resistenza segnava un grande servizio reso alla Spagna e che in nessun caso, nell'interesse stesso del prestigio Spagna, si sarebbe potuto fare rinunzie maggiori con vantaggio della Francia. Egli convenne con me ma aggiunse che, poichè l'ultima proposta spagnuola alla Francia era ormai già notificata e discussa, non gli sarebbe stato possibile per ora avanzarne altre più estensive. Gli ho ripetuto i molteplici vantaggi che deriverebbero per la Spagna da un rigido atteggiamento di resistenza e da uno scambio di idee per una completa linea di condotta della Spagna nelle successive conversazioni circa Mediterraneo.

Mi valsi perciò, aggiungendo di parlare per suo uso esclusivamente personale, degli argomenti di cui al mio [sic] citato telespresso. De Rivera si dimostrò gratissimo delle intenzioni di V. E. pur confermando che allo stato delle cose purtroppo la questione resta subordinata al consenso o meno della Francia alle ultime richieste Spagna. Comunque mi ha dichiarato personalmente, promettendo di confermarlo in giornata per iscritto, che uniformerà sua azione al concetto di una intesa concreta anche se non... (2) Italia e Spagna sulle basi desiderate da V. E. e cioè:

1° Che l'Italia sia chiamata alla futura conferenza a titolo di grande potenza mediterranea;

2o Che con o senza preponderanza spagnuola nell'amministrazione tangerina gli interessi italiani siano salvaguardati e garantiti nel più ampio modo. Inutile dire che ho insistito in confronto... (l) a Primo De Rivera a prospettare i vantaggi che troverà appoggiandosi all'Italia. Egli si è reso perfettamente conto e mi è parso di rilevare in lui un rimpianto di non trovarsi ancora con le mani libere nelle posizioni iniziali. Non bisogna per altro dimenticare che la Francia con la sua possibilità di ordine militare nel Marocco, possiede semplice potente arma per influire sulla politica personale Primo De Rivera imperniata appunto sui successi marocchini, base del suo regime. Quanto alle strane dichiarazioni del delegato spagnuolo nella seduta del 20 aprile egli ha osservato che probabilmente il signor Aguirre ha oltrepassato nell'interesse della discussione del momento i limiti del suo pensiero; del resto ciò, ha aggiunto Primo De Rivera, non ha praticamente ormai più importanza alcuna visto che la Spagna ha completamente respinto le venali proposte francesi circa modificazioni territoriali e di un ... (l) nelle regioni d'lfni e Rio d'Oro (2).

(l) -Cfr. n. 320. (2) -Gruppo indecìfrato.
332

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 1948/983. Bled, 20 luglio 1927 (per. il 25).

Suo telegramma n. 1052 gab. (3).

Per quante indagini abbia fatto non mi è stato possibile avere alcuna indicazione circa intese nuove che starebbero per concretarsi fra Belgrado e Parigi. Credo che trattasi di voce per lo meno esagerata tanto più che non vedo di quale altra intesa potrebbe trattarsi al di fuori del noto patto di amicizia ed arbitrato già pronto dal 1925 e non ancora firmato. Quanto ad intese di carattere militare mi riferisco a quanto ebbi più volte a riferire a V. E. e cioè che uno stretto accordo fra lo stato maggiore francese e quello S. C. S. già è in atto da lungo tempo. Forse ultimamente le relazioni fra i due stati maggiori hanno potuto essere intensificate, sopratutto per i preparativi che indubbiamente si stanno facendo alla frontiera verso l'Italia ove, come ho riferito col mio telegramma posta n. 5175/974 del 18 corrente, si troverebbero già ufficiali francesi travestiti da jugoslavi. Anche questa legazione di Grecia che aveva ricevuto la stessa notizia, di cui al telegramma per corriere di V. E. sopra citato, proveniente pure da Atene, mi ha fatto sapere che non è riuscita a controllar[la] in alcuna maniera.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Sulla base di questo telegramma e di uno precedente che non si pubblica, Mussolini comunicava a Madrid: • non mi appare... chiaro quale accoglienza abbia trovato presso capoGoverno spagnolo nostra apertura circa possibilità linea condotta comune nei riguardi questione delle snazionalizzazioni nella zona francese • (t. rr. 4705 del 25 agosto). (3) -Cfr. n. 290.
333

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN

L. P. Roma, 21 lugLio 1927.

Votre envoyé ajoutera les détails nécessaires.

La préparation des matériaux continue et une partie est déjà prete. Le tout sera pret entre 1928. Maintenant, il s'agit d'étudier le moyen le plus économe pour le transport. Les experts vont étudier la chose très attentivement.

Liquidé le putsch viennois la situation politique sera pour quelque temps stabilisée. Si des nouvelles situations surgiraient, nous pourrons en temps utile préparer un plan commun d'action.

334

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 1179/436. Roma, 23 luglio 1927, ore 3.

Voglia ringraziare molto sentitamente lord Mayor e sir Joynson Hicks-ministro dell'interno -per le loro parole a mio riguardo e riguardo regime. Voglia aggiungere che tali parole hanno suscitato profonda e simpatica impressione in tutto il popolo italiano.

335

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 5906/1011. Bled, 27 luglio 1927.

Con riferimento al telespresso n. 232693/C, confidenziale, del 27 giugno

u. s. (1), ho l'onore di qui appresso esporre quali siano le correnti che prevalgono attualmente in questo paese nei riguardi dei problemi economici centroEuropei ed in particolar modo circa la spinosa questione dell'Anschluss.

Sembrami opportuno rifarmi un po' addietro e particolarmente alla seduta della Scupcina del 13 luglio 1925, che può essere considerata come il punto di partenza della politica della Jugoslavia nei riguardi dell'Europa Centrale.

La discussione avuta nella predetta seduta fu originata da un'interrogazione del deputato sloveno Smodej sulle seguenti questioni: l) Quale attitudine adotterebbe il Governo S. H.S. nella questione dell'uniune dell'Austria alla Germania?

2) Quali sono gli stati che hanno una attitudine analoga a quella del governo S. H. S. nella stessa questione?

3) Quali misure il Governo S. H. S. ha intenzione di prendere contro la campagna dei Tedeschi dei paesi alpestri in vista dell'annessione all'Austria dei territori Sloveni cioè della valle della Drava, ivi compreso Maribor?

4) Quale sarebbe l'attitudine del Governo S. H. S. se in un tempo abbastanza prossimo le più importanti Potenze interessate avessero annuito all'Anschluss? Il Governo S. H. S. ha un progetto concreto e quali sono gli stati con i quali è d'accordo su questo punto?

5) In occasione dei prossimi negoziati commerciali con l'Austria si procederà in modo da facilitare il traffico economico fra i due stati?

Questa interrogazione acquistava uno speciale valore perchè veniva da un deputato della Slovenia, che come dirò in seguito, è la regione più interessata nella questione. Il Signor Nincich rispose, punto per punto, nel modo seguente:

l) Alla prima domanda. Il Governo S. H. S. si sarebbe tenuto alle prescrizioni dei trattati di pace. Secondo l'art. 88 del Trattato di S. Germano l'indipendenza dell'Austria è inalienabile. Per il protocollo No l sulla restaurazione finanziaria dell'Austria che è stato firmato a Ginevra il 4 ottobre 1922 l'Austria ha dichiarato solennemente che essa non vuole alienare la sua indipendenza e si asterrà da ogni negoziato e da ogni impegno finanziario od economico che possa compromettere questa indipendenza direttamente o indirettamente.

Analogo impegno ha preso la Germania coll'art. 80 del trattato di Versailles.

Quindi ogni principio di unione dell'Austria alla Germania, che si effettuasse contro la lettera dei trattati di pace, costituirebbe una infrazione grave ai trattati stessi, ed il Governo S. H. S. non potrebbe certo rimanere indifferente a questa infrazione.

2) Alla seconda questione. Il punto di vista del Governo S. H. S. è d'accordo con quello di tutti gli Stati amici ed alleati che considerano che l'infrazione allo Statuto creato dai trattati di pace rimetterebbe in questione non solo i buoni rapporti, ma probabilmente la pace europea.

3) Alla terza questione. Non sembra che per il momento sia da prendere sul serio la campagna dei tedeschi dei paesi alpestri. Ma se dovesse in avvenire rivestire un carattere più grave, essa verrebbe a costituire una violazione dei rapporti di buon vicinato, ed il Governo S. H. S. sarebbe costretto a ricorrere alle misure adatte ad assicurare la pace e la sicurezza della popolazione jugoslava.

Tralascio le altre risposte date dal Signor Nincich perchè non rivestono speciale importanza.

Nel corso della discussione i deputati Smodej e Trumbich insistettero su di un punto che sollevò l'approvazione piena ed intera della Scupcina: la Carinzia Meridionale, in seguito al plebiscito del 1920, appartiene all'Austria, malgrado che, secondo gli oratori predetti, per la sua costituzione etnica e per la sua posizione geografica debba essere considerata come legata al Regno

S. H. S. Se venisse seriamente all'ordine del giorno la questione dell'unione dell'Austria alla Germania, la Carinzia Meridionale dovrebbe quindi sempre secondo predetti essere messa in condizione di decidersi mediante nuovo plebiscito.

Dal luglio 1925 la questione non è stata più agitata nell'opinione pubblica Jugoslava.

Come ho detto nel mio telegramma n. 606 del 17 corrente, ancora lo scorso anno S. M. il Re Alessandro mi disse che una delle ragioni che rendevano necessaria un'unione più stretta fra l'Italia e Jugoslavia era appunto il timore dell'Anschluss.

Ma, sopratutto dopo il patto di Tirana, si è osservata una generale tendenza sia della stampa che di questi circoli politici per un riavvicinamento alla Germania. Si è parlato perfino della eventuale stipulazione di un trattato di amicizia e di arbitrato fra Jugoslavia e Germania. Manifestazioni di simpatia verso i tedeschi si ebbero qui a varie riprese durante i primi mesi del corrente anno, e questa Legazione di Germania fu il centro preferito della società belgradese (Vedi mio telegramma n. 382 del 29 aprile u. s.).

Nel giugno scorso si sono poi iniziate a Berlino le trattative per un trattato di commercio, che durano tuttora.

La Germania ha saputo approfittare largamente di questa improvvisa corrente di simpatia per spingere la sua penetrazione commerciale. Difatti la statistica dell'esportazione in Jugoslavia del primo trimestre di quest'anno dimostra che la Germania è passata al quarto posto seguendo da presso l'Italia. Inoltre proprio nei primi mesi di quest'anno è stato commesso all'industria tedesca il ponte sul Danubio a Pancevo, che costituirà una delle opere più grandiose dell'Europa Centrale.

Può da ciò concludersi che si sia decisamente formata in Jugoslavia una corrente favorevole all'Anschluss?

In questo paese, Governo ed opinione pubblica non seguono delle linee ben nette di politica estera, ma vivono alla giornata. Oggi il problema che più li inquieta è quello dei rapporti coll'Italia e quindi non ci sarebbe da meravigliarsi se, almeno in certi ambienti, l'idea dell'unione dell'Austria alla Germania sia riguardata con indifferenza, se non con simpatia. Venendo ad un esame più dettagliato e valendomi degli elementi che ho sotto mano, sembrami che la situazione possa essere così riassunta:

l) Il Governo S. H. S. e le sfere ufficiali mantengono inalterato il loro punto di vista annunciato da Nincich nel 1925 di assoluta ostilità all'Anschluss e di solidarietà cogli stati amici ed alleati.

2) Stampa ed opinione pubblica in Serbia sono indifferenti al problema essendo sempre più prese dall'ingranaggio della politica balcanica specialmente dopo il patto di Tirana. In Croazia e più ancora in Slovenia, un osservatore esperimentato può facilmente scorgere i segni di malcelate speranze che desta nei cuori delle classi migliori l'idea di avere alla frontiera la potente Germania, che potrà in un avvenire più o meno lontano affrancarli dalla minaccia Italiana e dall'insopportabile peso della dominazione serba. Come ebbi già a riferire a

V. E., le simpatie delle classi elevate slovene vanno verso l'Austria e la Germania e quelle dei croati verso l'Ungheria, che viene riguardata come rientrante nella sfera di azione germanica.

3) I circoli militari, capeggiati dalle cricche militari, preoccupati dalla minaccia Italiana, sono oggi orientati verso la Germania, il cui assorbimento dell'Austria toglierebbe loro una delle più vive preoccupazioni, quella di vedere in caso di guerra sconfinare l'Italia su territorio Austriaco per venire a colpire più rapidamente il cuore stesso della Jugoslavia. Tale preoccupazione si manifesta anche oggi attraverso i contatti fra lo Stato Maggiore SCS ed il Colonnello Korner dello Schutzbund, avvenuti in questi ultimi tempi a Maribor. La Jugoslavia riguarda quindi il problema dell'Anschluss non sulla base delle conseguenze che esso sarà per avere nella compagine generale europea, ma attraverso le sue peculiari contingenze nel momento attuale e sopratutto in funzione dei suoi rapporti coll'Italia.

Del resto in tutte le manifestazioni della politica estera di questo paese dopo il Patto di Tirana si è smarrito quel senso di Europeo a cui, imperante Pasich e forte del Patto di Roma, si era informato il Governo SCS, per ripiegarsi su di una linea di condotta strettamente balcanica e del momento.

Ciò premesso, i progetti che si stanno ventilando per un riassestamento economico del centro Europeo, che serva a distogliere l'Austria dall'Unione con la Germania, non hanno alcuna ripercussione, almeno per il momento, su questa opinione pubblica, e sono riguardati dal Governo SCS con segni evidenti di assenteismo, almeno fino al momento in cui essi non saranno per prendere forma concreta.

Alla stessa conferenza della Piccola Intesa a Jachimov il signor Marincovich era andato con un programma ben diverso da quello di collaborazione economica, che poi ne uscì. Non è più un mistero per nessuno che Marincovich voleva sopratutto interessare Cecoslovacchia e Rumania ad una più intima collaborazione politica che gli permettesse di fronteggiare con animo più sereno e maggiore autorità il dissidio !taio-Jugoslavo. Di fronte alla resistenza opposta dalle due nazioni alleate, di non ingaggiarsi per una simile strada, fu escogitato il programma di una più larga collaborazione economica fra i tre Stati, che nelle sue dichiarazioni acquistò poi un valore quanto mai platonico ed a lunga scadenza. Egli ebbe infatti a dichiarare subito dopo il convegno: • Non fu elaborato un programma. Si sono scambiati soltanto i punti di vista e fu trovato che è nell'interesse della situazione politica dell'Europa Centrale che si regolino i rapporti economici esistenti anzitutto fra gli Stati della Piccola Intesa, e poi fra noi ed i nostri vicini, e che detti rapporti si conformino allo stato di cose politico esistente •.

Venendo poi in modo speciale all'idea del Signor Benes, ossia alla crea

zione di un nucleo economico dell'Europa Centrale del genere di quello previsto

dall'art. 222 del Trattato di San Germano, dandogli poi non appena costituito

valore e colore politico di una unità centro-europea, mi richiamo a quanto ebbe

a rispondere il signor Nincich all'allora Ministro di Francia Signor Grenard

(vedi mio rapporto No 3115/527 del 10 giugno 1925), il quale aveva appunto

proposto di accordare all'Austria le tariffe preferenziali di cui all'art. 222 del

Trattato di San Germano, e cioè :

l) dover la Jugoslavia proteggere le proprie industrie che stanno for

mandosi;

2) esser legata da Trattati e tariffe coll'Italia (ed oggi con altre nazioni

pure), la quale avrebbe avuto il diritto di chiedere parità di trattamento;

3) non essere opportuno restituire a Vienna l'egemonia bancaria e commerciale che aveva sui Balcani prima della guerra. Oggi le stesse ragioni contrarie persistono e sotto certi punti di vista si sono aggravate.

Come giustamente osserva il R. Ministero della Economia Nazionale nella sua nota a cotesto Ministero del 13 giugno u. s., si può dire che in generale la politica economica seguita da ciascuno degli Stati dell'Europa Centrale è improntata al più rigido nazionalismo. • Il fine supremo di essa è la creazione di una economia, la quale renda ciascuno dei paesi predetti quanto più possibile indipendente, dal punto di vista economico, da ciascuno degli altri».

Infatti lo Stato Jugoslavo dal crollo della monarchia austro-ungarica in poi segue un sistema doganale ultraprotezionista per crearsi un'industria propria. Tale tendenza va a tal punto che con gli alti dazi si mantengono in vita certe industrie che non avrebbero ragioni di vivere e che nacquero da necessità dipendenti dalla guerra e dal fenomeno inflazionista. Potrebbe darsi che la barriera doganale jugoslava fosse aperta solo per certe industrie austriache speciali, ma la Jugoslavia non [sic] cercherebbe evidentemente di trarre vantaggio da ciò domandando una contro concessione per la esportazione dei prodotti granari che sono il caposaldo della sua economia.

Le industrie austriache che potrebbero essere favorite mediante l'introduzione di dazi preferenziali sono appunto quelle che i circoli economici jugoslavi si sforzano di favorire con ogni mezzo sia per ragioni economiche che belliche. Cito ad esempio: le industrie tessili, quelle del ferro, della carta e le industrie minerarie. Ora tutte queste industrie, con immani sforzi e sacrifizi, hanno potuto raggiungere nel Regno S. C. S. un certo grado di sviluppo e sarebbero, se si volesse largheggiare in concesioni doganali a favore dell'Austria, condannate a perire.

I circoli economici, che più si opporrebbero al regime preferenziale suddetto, sarebbero certo quelli della Croazia e della Slovenia, provincie queste ex-austriache le quali hanno industrie che vivono prevalentemente del mercato interno -specialmente della Serbia, che difetta di attività industriale.

Ma i più interessati alla protezione di certe industrie sono i militari, che sognano di mettere questo paese in istato di poter far fronte da solo a tutto l'allestimento bellico, approfittando delle magnifiche risorse di materie prime e di forze idrauliche di cui dispongono. Oggi tutta la politica economica di questo Stato tende a questo scopo prettamente bellico, e non è concepibile che un simile programma possa venire abbandonato per impedire l'unione dell'Austria alla Germania. Soluzione questa che, come ho sopra detto, i circoli militari jugoslavi in questo momento riguardano con occhio di simpatia.

Occorre poi tener presente che non si vede la possibilità di un'intesa economica a base di dazi preferenziali fra Ungheria, Jugoslavia, Rumania e Cecoslovacchia. La prima ha una industria che vuole difendere a tutti i costi, mentre a frontiere doganali aperte, la Cecoslovacchia la ucciderebbe. L'Ungheria ha inoltre una sviluppatissima agricoltura, che chiamerò intensiva mentre Jugoslavia e Rumania hanno un'agricoltura ancora primitiva, ed estensiva. Queste due nazioni che forniscono prodotti a basso costo di produzione, annienterebbero in poco tempo la fiorente agricoltura ungherese. Aggiungerò che sono queste precisamente le ragioni che spingono la Ungheria a non sollecitare la conclusione di un Trattato Tariffario colla Jugoslavia.

Rispondendo quindi alle domande contenute nell'ultima parte del telespresso di codesto Ministero a cui mi riferisco, mi onoro di informare V. E.: l) Non sembra che questo Governo abbia consacrato speciale attenzione

alle iniziative del signor Benes.

2) La questione dell'unione dell'Austria alla Germania e tutti i rimedi che si stanno studiando contro tale eventualità, non interessano che limitatamente questa opinione pubblica.

3) Governo e circoli militari dominanti in Jugoslavia considerano con ostilità qualsiasi iniziativa che venga in qualche modo a menomare la potenzialità bellica e l'indipendenza economica del paese.

(l) Cfr. n. 300.

336

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 5348/791. Costantinopoli, 28 Zuglio 1927.

Faccio seguito al mio telegramma odierno n. 394 (1). Colla lettera testè pervenutami che porta la data del 24 luglio corrente Tevfik Russdi Bei mi comunica quanto segue:

• J'ai eu le plaisir de recevoir la lettre de V. E. datée du 18 courant et ayant trait aux conversations que nous avions eu au sujet d'une entrevue éventuelle avec S. E. M. Mussolini.

Camme il est sans doute à la mémoire de V. E., au cours d'un entretien que j'avais eu avec M. Taliani, j'avais émis l'opinion qu'il serait souhaitable dans l'intérét des bonnes relations des deux pays s'améliorant de plus en plus, qu'une rencontre puisse avoir lieu entre Votre Eminent homme d'Etat S. E.

M. Mussolini et S. E. Ismet Pacha, ou entre Elle et moi, par exemple à Milan, lors de notre voyage à Vichy ou à Karlsbad.

V. E. avait eu alors l'extrème obligeance de s'empresser à me faire savoir que S. E. M. Mussolini voulait bien partager le désir que j'avais exprimé à cet égard.

C'est dans cet ordre d'idées que je comptais profiter de mon congé pour réaliser l'entrevue projetée et j'avais laissé à S. E. M. Mussolini de fixer une date à son choix à partir du premier aout prochain, esprérant que le lieu de rencontre serait celui que j'avais suggéré jadis.

V. E. me fait savoir que S. E. M. Mussolini regrette de ne pouvoir recevoir ma visite en dehors de Rome en attirant à juste titre mon attention sur les commentaires auxquels une telle entrevue pourrait donner lieu.

Comme le but principal de l'entrevue projetée consistait plutot à marquer l'amélioration continuelle des relations d'amitiée des deux Pays et à confirmer

flotre désir commun en faveur du maintien de la paix, il ne serait vraiment pas juste, vu surtout l'inexistence d'un sujet défini à causer, de donner prise à des interprétations erronées, surtout en prenant la voie de Rome qui ne se trouve pas sur le parcours norma! du voyage projeté.

Je serais donc reconnaissant à V. E. de bien vouloir faire part à S. E.

M. Mussolini de mon plus profond regret d'etre privé pour cette fois encore du plaisir de La voir, et de Lui transmettre l'expression de ma plus haute considération •·

Confesso che la decisione del Ministro degli Affari Esteri mi sorprende alquanto perchè alcuni sintomi e la fonte dalla quale mi erano venute le informazioni da me telegrafate mi facevano ritenere che Tevfik Russdi Bei avrebbe finito per decidersi a passare per Roma. Invece egli insiste con gli argomenti già noti per evitare la visita a V. E. nella Capitale Italiana.

Pare a me opportuno che oggi, dopo la comunicazione su riferita, sia da evitare ogni passo che possa dare impressione di soverchio interessamento da parte nostra: e che la cosa, per ora, sarebbe da lasciarsi quietamente cadere.

Resto tuttavia in attesa di quelle istruzioni che piacesse a V. E. d'impartirmi per norma di condotta e di linguaggio.

(l) T. gab. 1964/394, trasmesso il giorno 28 ore 14, per. il 29, ore 0,10, che preannunciava quanto detto nel presente rapporto.

337

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5475/702. Londra, 29 luglio 1927 (per. il 7 agosto).

Telespresso di V. E. n. 236280/C.

Foreign Offi.ce mi assicura non esservi qui alcuna notizia dell'arrivo o del prossimo invio di una missione di slovacchi a Londra per sostenere diritto autonomia loro regione (1).

338

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. PER CORRIERE 4224. Roma, l agosto 1927, ore 21.

Suo telegramma per corriere n. 1579 (2).

Ringrazio V. S. comunicazioni drca colloquio con codesto ministro per gli

affari esteri in relazione ai recenti avvenimenti di Vienna e prendo nota di

quelle che sarebbero idee personali del signor Titulescu sulla questione del

l'. Anschluss • considerata dal punto di vista romeno.

Pretesi indizi riferiti allo stesso Titulescu su intese fra Roma e Budapest per concertare misurEl eli polizia aa prendersi alle rispettiv<! frontiere non hanno fondamento.

Quanto alla domanda dì codesto ministro per gli affari esteri circa pensiero

R. Governo sugli eventuali sviluppi della questione dell' • Anschluss • non sembrami almeno per il momento opportuno entrare in uno scambio di idee con codesto Governo su tale argomento.

V. S. nelle sue conversazioni costì vorrà pertanto mantenersi opportunamente riservato in proposito e solo affermare in tesi generale che il punto di vista italiano rimane P-<i!mpre decisamente contrario ai progetti di unione austrotedesca.

(l) -Annotazione di Mussolini: "Interessante bisogna seguire'· (2) -T. per corriere 5261/1579, del 13 luglio, per. il 21, che non si pubblica.
339

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (V)

T. POSTA 3634/1408. Parigi, 1 agosto 1927.

Mio telespresso N. 2635/986 del 14 giugno u. s. Alla nota da me personalmente rimessa al Signor Briand, comunicata a

V. E. col telespresso sopra ricordato, questo Ministero degli Affari Esteri ha risposto il 12 luglio con quella di cui accludo copia (2). La mia nota aveva contenuto polemico, e la risposta francese non è che la controbattuta dell'Ufficio competente del Quai d'Orsay. Si potrebbe nuovamente replicare con gli argomenti già da noi addotti circa la portata della differenza stabilita dall'art. 1° del Protocollo.

Senonchè a me sembra inutile continuare una polemica di principio che è senza fine. La tesi nostra è stata chiaramente impostata: la tesi francese altrettanto. Il conflitto tra le due tesi è completo. Nessuna delle due parti intendf' cedere in un modo diretto. Il conflitto va dunque composto con una soluzione che oggi, come oggi, non si presenta raggiungibile.

In tali condizioni e coerentemente coll'ultima mia conversazione col Signor Briand la quale ci trovò entrambi consenzienti:

a) nel tenere la lite di principio sotto la cenere per agire sul terreno pratico in modo che non si esacerbino nè i rapporti tra i Governi, nè il sentimento delle due opinioni pubbliche: b) nel risolvere intanto caso per caso i limitati conflitti pratici che si sarebbero verificati: c) attendere così che si formi il terreno fertile per la soluzione generale, io suggerisco a V. E. la procedura seguente: lasciar covare sotto la cenere la questione di principio: tener aperta

t. -3862 del 14 luglio, ore 2,30, di pre,sentare al Governo francese una nuova nota per protestare contro altre vessazioni delle autorità francesi, ,segnalate dal consolato di Tunisi il 5 luglio.

la questione con note sui singoli casi pratici, note che collegandosi con un rife

rimento burocratico alla questione generale, discutano il caso per caso ed otten

gano che praticamente l'atto dei nostri Italiani di Tunisia col quale essi affer

mano la loro volontà di restare Italiani se incontra una azione correzionale

Francese non incontri però una sanzione, e resti così praticamente il vittorioso

(alludo all'ultima parte della nota del Signor Briand).

Nel frattempo converrà che vengano risoluti i problemi cne derivano dal

l'ultimo parere del Consiglio del Contenzioso diplomatico (Telespresso Ministe

riale n. 234837/723 dell'8 luglio u. s.) secondo il quale la 110stra legge del 1912

non difende i minorenni italiani di padre naturalizooto francese, e secondo il

quale la R. Ambasciata è posta in disagio per sostenere la tesi finora sostenuta

in proposito di fronte al Governo della Repubblica, in conformità delle istru

zioni del R. Ministero.

Prego V. E. voler esaminare quanto qui sopra esposto e volermi impartire

le sue istruzioni al riguardo.

(l) -Il documento venne inviato, per conoscenza, anche al console generale a Tunisi. (2) -Non si pubblica. Si tenga presente che Mussolini aveva ordinato a Manzoni, con
340

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 818/269. Tangeri, I agosto 1927.

Il R. Console Generale a Rabat mi ha rimesso copia del rapporto N. 1124 in data 21 scorso, inviato all'E. V., sulle preferenze che un Dahir Sultaniale 11ccorda per la concessione dei lotti di colonizzazione nel Protettorato francese, ai laureati in agraria di scuole francesi.

È evidente anche in questo caso la violazione del Trattato di Algeciras che sanziona la perfetta parità economica ai cittadini delle Nazwni rtrmatarie. Questa come ogni altra clausola di Algeciras è posta in non cale da lungo tempo ma non mi consta che i miei predecessori abbiano svolto azione costante e continua presso le Autorità dei Protettorati e presso il Mendoub per sostenere almeno in linea di principio, in ogni occasione il nostro diritto. Ad eccezione dell'azione svolta dal Conte Vannutelli Rey per una parte delle quistioni doganali e da me continuata anche nei giorni scorsi, non sembra infatti siano stati fatti sempre i passi necessari o siano stati portati a compimento passi iniziati su varie altre questioni come la snazionalizzazione, i dazi di consumo istituiti dallo Statuto di Tangeri, le assegnazioni di zone per lo sfruttamento ecc. Non mancheranno certamente in avvenire le occasioni per ritornare direttamente su tutte le questioni ogni volta che ciascuna di esse si presenterà, ma questo oltre che essere prova di un più energico atteggiamento italiano che io non posso assumere in questo momento senza autorizzazione di V. E. implicherà talvolta un appoggio diretto del R. Governo all'azione che potrà svolgere questa R. Agenzia. Alla stregua dei fatti, indipendentemente da ogni considerazione politica sul mo

mento, un'azione energica tendente ad affermare ancora una volta tutti quanti

i nostri diritti rafforzerebbe a mio modo di vedere, il nostro atteggiamento nei

confronti dello Statuto di Tangeri e di tutta la dibattuta questione marocchina

che Francia e Spagna tendono ogni giorno di più a fare esclusivamente propria

e che l'Inghilterra considera anch'essa secondarissima per il nostro Paese, a

giudicare dalle idee di Chamberlain circa la funzione che noi dovremmo avere

nella Conferenza a quattro.

È mia opinione che nella frase dell'E. V. • purchè gli interessi italiani siano

salvaguardati • rientrino tutti quegli interessi morali ed economici dell'Italia in

tutto il Marocco che furono riconosciuti dall'Atto di Algeciras e non rinunciati

successivamente.

341

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E A WASHINGTON, DE MARTINO

T. GAB. 12(jl. Roma, 2 agosto 1927, ore 2.

Richiamo tutta l'attenzione di V. E. sulle importanti dichiarazioni fatte

nell'odierna seduta del consiglio dei ministri da S. E. il capo del Governo spe

cialmente per quanto riguarda l'incidente serbo-albanese.

Da tali dichiarazioni V. E. potrà trarre norma generale per la sua linea di

condotta nelle diverse questioni trattate da S. E. il capo del Governo.

342

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2002/974. Parigi, 2 agosto 1927 (per. iL 7).

Telegrammi per corriere n. 1052 (l) e 1191 (2) di V. E. del 24 giugno e 28 luglio 1927.

Le indagini mie hanno finora portato a questo risultato: l) al Quai D'Orsay sì afferma decisamente che non esiste alcun trattato segreto; 2) non si arriva a concretare alcuna notizia e tanto meno alcun fatto in contrario, nè per un trattato già esistente, nè per negoziati in corso; 3) vi sarebbe, già minutato, un progetto di patto d'amicizia e d'arbitrato che non verrebbe concretato e firmato per non dare ombra all'Italia.

(l) -Cfr. n. 290. (2) -Con cui veniva ritrasmesso il n. 332.
343

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 1998/321. Bucarest, 4 agosto 1927, ore 19,35 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. gab. 1153/306 (1).

In un lungo colloquio che ho avuto ieri con Titulescu mi sono [espresso] in modo abbastanza reciso nel senso indicatomi da V. E., facendogli comprendere -come credo che abbia compreso -che V. E. non è soddisfatto della stampa romena... (2) in linea di fatto, alle nostre prove di amicizia. Gliene enumerai ragioni ed egli ne prese nota punto per punto. Per ciò che concerne sospensione trattative commerciali mi espressi in conformità a telegramma di V.E. 4020/ 314 (3); mi pregò conferire in merito con ministro delle finanze che vedrò oggi stesso. Per ciò che concerne sospensione affare Ruspoli ed altre espropriazioni cittadini italiani, dissi circa il primo che noi non potevamo più discutere in merito direttive ... (2) e chiedere pubblicazione semplicemente delle recenti delibèrazioni consiglio dei ministri. Ma non ho insistito ora a fondo su questo punto ben sapendo che Titulescu è irremovibilmente contrario ad appoggiare decisioni esecutive al riguardo prima della definizione questione optanti ungheresi che egli teme pregiudicata. Circa attitudine nei nostri riguardi tenuta da buona parte di questa stampa ed anche da quella liberale, dissi che essa era tutt'altro che amichevole e che tono ne doveva essere finalmente modificato se si voleva evitare giustificata reazione e ripercussione in Italia. Quanto a politica italiana verso Ungheria Titulescu stesso mi ripeté di concordare perfettamente col punto di vista espresso da V. E. e sul suo significato in relazione ai rapporti ungaro-romeni; ma era d'altra parte innegabile che ungheresi avevano ritratto dal trattato italo-magiaro ingiustificato incoraggiamento alle loro insofferenze ed agitazioni tendenti a forzare revisione trattati esistenti. Malgrado sforzi da me fatti per evitare che Titulescu tornasse a parlarmi della questione optanti ho dovuto finire ancora una volta con ascoltare impassibilmente sua lunga dissertazione in merito. La mia osservazione che non comprendevo come si volesse mettere questa questione, alla quale eravamo estranei, in stretta relazione coi rapporti italo-magiari lo lasciò evidentemente insoddisfatto: ed egli la contestò sostenendo che la decisione a Ginevra sorpassa di gran lunga oggetto in discus

sione e sarà quindi d'importanza capitale non solo per la Romania ed i suoi amici ma anche tutti i veri amici della pace e dell'ordine in Europa. Titulescu parte 8 corrente e non farà ritorno Bucarest che verso metà settembre, dopo chiusura assemblea Società Nazioni.

Giornali annunziano che egli si reca, prima [che] a Ginevra, a Parigi ed a Londra e che sarebbe raggiunto in questa ultima capitale da ministro delle finanze Vintila Bratianu.

Ma Titulescu me lo ha negato. Egli intenderebbe passare alcuni giorni in forma assolutamente privata a Parigi ove dimora sua moglie che è stata ulti

mamente operata; e recarsi poi a Ginevra circa 20 corr. per preparare terreno a discussione questione optanti che avrà luogo nei primi giorni di settembre in seno a consiglio Società Nazioni. Durante sua assenza interim esteri sarà affidato a ministro interno Duca.

(l) -Cfr. n. 329. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Del 22 luglio, a firma Grandi, che non si pubblica.
344

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 5552/820. Costantinopoli, 5 agosto 1927.

Mi riferisco al mio telegramma odierno n. 402 (l).

Tefik Russdi Bei nonostante il brevissimo tempo a sua disposizione e la consegna che si era data di non occuparsi d'affari, avendo saputo della mia prossima partenza in .congedo, mi ha ricevuto iersera all'albergo dove è sceso. Sapevo per via indiretta che sull'animo suo pesavano la decisione presa di non recarsi a Roma e il silenzio che da parte di Roma e per riflesso da parte mia era seguito.

Ero quasi certo che, dopo aver parlato con il Gazi e Ismet Pascià, Tefik Russdi Bei mi avrebbe ricevuto, quindi ho atteso.

Dopo le prime frasi banali di cortesia, d'interesse per la sua salute, il discorso è caduto, come era naturale, sulla sua decisione di non recarsi per ora a Roma. Egli ha cercato di nuovo di giustificarla con i noti argomenti: commenti malevoli, la sua volontà di non recarsi nè a Parigi nè a Londra, restituzione di visita ecc. Questa volta di nuovo aggiungeva la circostanza della visita dei Ministri Greci a Roma. Sapeva già da parte di Michalacopoulos di cosa era stato parlato nei colloqui con V. E., ma nonostante sincerità (!) dei rapporti oggi esistenti tra Atene e Angora, che per volontà comune saranno sempre più sviluppati secondo le direttive df pacifica collaborazione etc.... non sarebbe mancato chi avrebbe detto essersi lui, Tefik Russdi Bei, recato a Roma, mosso dal sospetto, oppure per stringere un patto turco-italo-greco.

L'ho lasciato parlare per una buona mezz'ora, poi l'ho interrotto cominciando con il dirgli che a quanto io sarei per esprimergli egli doveva dare un valore assolutamente personale, che l'E. V. non una sillaba mi aveva telegrafato nè scritto in seguito alla ·Comunicazione di lui di non recarsi a Roma. Personalmente io mi permettevo però di lamentare che nell'animo di lui i commenti e le critiche di un suo atto abbiano avuto il sopravvento sull'essenza stessa del medesimo. Mi permettevo aggiungere che non mi sembrava che egli si fosse bene reso conto della importanza dei motivi che avevano indotto S. E. Mussolini a indicare Roma come luogo della visita, non solo per il maggiore onore che a lui sarebbe venuto dall'essere ricevuto nella capitale ma anche perchè per ragioni particolari nostre, è dogma seguito verso tutti i Sovrani e Capi di Governo e Ministri degli Esteri stranieri che tutto quanto interessa lo stato italiano, anche nei riguardi con gli altri Governi, avvenga e si svolga a Roma.

Facilmente ho potuto capire che su questo punto egli non aveva portato la sua riflessione. Egli ha cercato, brancolando nel vago, dare nuova giustificazione alla sua decisione, finendo col dire che in fin dei conti l'incontro con

S. E. Mussolini non sarebbe stata una conseguenza dell'invito di V. E., ma sibbene di un atto di cortesia, che egli avrebbe voluto fare traversando l'Italia. Che se un giorno questo invito di recarsi a Roma gli venisse fatto egli sarebbe felicissimo di seguirlo, quando fra l'Italia e la Turchia si fosse arrivati o si potesse arrivare a fissare qualche punto comune nella politica dei due Governi a dilucidazione di ciò, dietro mia spinta, egli accennava alla constatazione del miglioramento progressivo degli amichevoli rapporti, alla salvaguardia del comune interesse della pace nel Mediterraneo.

Tefik Russdi Bei a questo proposito mi pregava di dire a V. E. che egli considera l'aver dovuto rinunziare a vedere V. E. come un'increscevole • malchance • personale poichè per la seconda volta (la prima, per colpa di Suad Bey, quando traversò tre anni or sono Roma) egli vede tramontare la possibilità di conversare con la personalità per la quale egli, non solo, ma Mustafa Kemal Pascià e Ismet Pascià hanno la più profonda ammirazione, ma dal punto di vista dei rapporti tra i due Governi semplicemente come un ritardo, che nulla cambia nè cambierà nelle disposizioni amichevoli del Governo Turco verso l'Italia. Egli rimane fedele alle sue direttive politiche: di considerare i buoni cordiali rapporti con l'Italia come la maggiore garanzia di pace nel Mediterraneo nei Balcani, tutto farà per risolvere le questioni ancora pendenti tra i due paesi in modo che le buone relazioni ne vengano rafforzate. Egli spera che la Commissione per la delimitazione fra le acque di Castellorizzo e dell'Anatolia darà in breve tempo un risultato positivo; e al mio ritorno a Angora cercheremo assieme di trovare una soluzione pratica alla questione della pesca, del contrabbando che possa riuscire utile alla vita e allo sviluppo economico del Dodecanneso. Non è il caso di parlare, secondo lui, di un accordo di buon vicinato, perchè una volta regolate quelle questioni, il buon vicinato tra Rodi e l'Anatolia verrà costituito ipso facto, e perchè quelli finora conclusi dalla Turchia non hanno dato davvero -a sua confessione -buoni frutti.

Il Ministro poi mi ha incaricato di rinnovare la preghiera a V. E. di volere procedere alla firma della Convenzione consolare, che egli dice essere oramai approvata dalle due Delegazioni in tutte le sue disposizioni. Al che io ho risposto che non avevo mancato di farmi interprete del suo desiderio, ma che in pari tempo gli rammentavo esser ancora molte le gravi questioni che attendono la definizione da parte del Governo turco -tra le quali quella dell'esercizio delle professioni, quella dell'Ospedale di S. Antonio, del riconoscimento delle nostre associazioni d'assistenza etc. che sarebbero oramai più che mature per una soluzione a seconda dei nostri desideri.

Tefik Russdi Bei, non parco nel promettere, mi ha assicurato che si sarebbe occupato personalmente delle varie faccende. Egli ha rinunziato ad ogni idea di viaggio all'estero, almeno così dice, e sta convincendo la sua Signora a recarsi da sola a Karlsbad per la cura. Oggi o domani al più tardi rientrerà a Angora.

Riassumendo Tefik Russdi Bei che, nel primo momento fu contrariato dalla decisione di V. E. di non riceverlo che a Roma, decisione che buttava all'aria i

suoi piani più o meno fantastici, si sta accorgendo di aver perduto un'occasione, come raramente gli si ripresenterà, per avere una conversazione con V. E., che sarebbe forse pervenuta a dargli quella completa sicurezza sulle intenzioni dell'Italia, e quella garanzia che da noi si attende in tutte le eventualità che possono presentarsi, nei prossimi anni, nel bacino del Mediterraneo. E questa riflessione è per lui tanto più penosa perchè non mancano personalità politiche influenti presso il Gazi che possono far apparire come un errore dannoso il non aver saputo afferrare l'attimo fuggente.

Dal punto di vista nostro tutto sommato non ritengo pregiudizievole che quella conversazione si sia potuta ritardare in una maniera così insospettabile e netta (1).

(l) T. gab. 2000/402, trasmesso il giorno 5, ore 2,14, per. ore 21, con cui veniva data notizia del colloquio con Russdi Bey.

345

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. 4366/285. Roma, 8 agosto 1927, ore 24.

Rapporto di V. E. n. 53481791 del 28 luglio (2). Concordo parere espresso V. E. di lasciare per ora cadere eventualità incontro.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

TELESPR. s. 241001/45. Roma, 9 agosto 1927.

Strettamente personale.

Ho telegrafato (3) a V. S. di mantenersi riservato nei contatti coi Suoi colleghi esteri e con Ras Tafari circa l'attuale fase delle trattative per il Lago Tzana per le seguenti ragioni:

l) perchè dal Governo Inglese non ci è giunta finora, come pure avremmo dovuto aspettarci, alcuna comunicazione del memorandum consegnato da codesto Ministro d'Inghilterra a Ras Tafari, e sunteggiato nel telegramma di V. S.

n. 147 del 7 giugno scorso (4);

2) perchè quindi non siamo stati ancora richiesti dell'appoggio previsto dalle intese itala-britanniche;

26 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

3) perchè le inframmettenze di codesto Ministro di Germania, pur essendo rivolte ad uno scopo che non sembra in definitiva collimare coi nostri interessi, quale l'interna[zionalizzazione] della costruzione e dell'[esercizio] dello sbarramento, potrebbero però avere per risultato quello di ostacolare un troppo rapido accordo anglo-etiopico che a noi conviene invece per lo meno di ritardare.

Tutto sommato quindi è più opportuno, allo stato attuale delle cose, rimanere come osservatori della fase presente delle trattative, senza prendere alcuna iniziativa, ma continuare a seguirle con ogni diligenza, come V. S. ha fatto molto bene finora, per giudicare se ed a qual punto di esse ci convenga intervenire sia presso il Governo britannico sia presso quello etiopico.

Non bisogna dimenticare infatti che lo scopo principale che il R. Governo si è prefisso ed ha ottenuto colla stipulazione delle sue ultime intese con l'Inghilterra, è stato quello di ridare vita e vigore agli impegni contenuti nell'accordo del 1906, e subordinatamente di aver titolo ad interferire nei negoziati angloetiopici per lo Tzana qualora tali negoziati dovessero passare da una fase teorica ad una fase concreta. Ciò per potere tutelare i nostri interessi e presentarci al Governo etiopico in veste di amichevole mediatore ed anche in certo modo, ove le circostanze lo permettessero, di patrocinatore dei suoi interessi presso il Governo britannico, al fine di rendere meno gravose le condizioni che questo avesse voluto imporre. Ma nessun interes.'>e noi abbiamo mai avuto nè abbiamo di esercitare qualsiasi azione diretta ad affrettare o facilitare il raggiungimento di accordi anglo-etiopici, ed è perciò che V. S., prima della sua partenza per Addis Abeba, ricevette verbali istruzioni di agire con tatto e moderazione presso il Governo etiopico anche quando il R. Governo fosse richiesto da Londra di quell'appoggio che con le note intese si è impegnato ad accordare alle richieste britanniche.

Ella comprenderà quindi come non sia il caso di suggerire per ora a Ras Tafari alcun progetto di soluzione, ma piuttosto cercare di conoscere indirettamente la sua opinione circa le proposte presentategli da codesto Ministro d'Inghilterra, per potere trarne norma nella ulteriore trattazione della questione che in ogni modo deve continuare ad avere per direttiva la linea di condotta suesposta.

(l) -Il telespresso fu inviato in VISIOne a Mussolini, con un appunto dell'Ufficio V Europa e Levante nel quale si commentava favorevolmente che il ministro degli esteri turco non si fosse incontrato con Mussolini, cosa che ha « evitato che una conversazione con V. E. avesse potuto prendere una piega delicata conducendo alla discussione di quello che sembra esser oggi maggiormente a cuore del Governo Turco, lo stabilire cioè qualche punto comune nella politica dei due Governi mediante la conclusione di un accordo con l'Italia con garanziada parte di quest'ultima dell'attuale statu quo territoriale della Repubblica». (2) -Cfr. n. 336. (3) -Cfr. n. 293. (4) -T. gab. s. 1583/147, che non si pubblica.
347

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

L. 3159. Roma, 10 agosto 1927.

È già la seconda o terza volta che il Signor Arnodi Rechberg, avanza l'idea di un blocco franco-tedesco. Stavolta egli ha potuto distendere il Suo piano sulle colonne del JournaL des Débats noto per la sua inveterata e maligna italofobia. Io penso se il Rechberg insiste, gli è che trova qualche eco nell'opinione francese. Non v'è dubbio che le sinistre francesi e taluni elementi costituzionalmente italofobi di destra, vedono con qualche simpatia questo blocco che dominerebbe l'Europa, industrialmente e militarmente. Il Signor Rechberg non parla mai dell'Italia, il che fa supporre ch'egli la consideri quantité négligeabLe alla

quale nel caso da lui auspicato non resterebbe che assoggettarsi alla parte di colonia economica e, forse politica. II Signor Rechberg sta, quindi, diventando un personaggio interessante. Ragione per cui io domando a V. E.:

a) chi è il sig. Rechberg;

b) che cosa vale e com'è considerato in Germania;

c) quale seguito hanno le sue idee in Germania.

Trovi anche modo V. E. di far accostare il Rechberg e di fargli chiedere quale posto toccherebbe all'Italia nella nuova carta politica europea. Tutto ciò a scopo di pura e sempÙce informazione.

Le idee del Signor Rechberg sono -tutto sommato -abbastanza inattuali e anche assurde poichè è evidente che il blocco franco-tedesco sarebbe il blocco del leone (tedesco) col gatto o gallo francese, ma la tenacia con la quale il Signor Rechberg insiste, merita un po' d'attenzione da parte italiana e fa supporre che egli rappresenti qualche cosa e qualcuno oltre la sua più o meno importante persona.

Nessun sintomo va trascurato nè in medicina, nè in politica estera.

348

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. GAB. 2017/35. Tangeri, 12 agosto 1927, ore 15,10 (per. ore 19).

Informo che Hammu capo insottomesso del Souss, desidererebbe riservatissimo colloquio con me ed attende risposta urgenza. Non avendo... (2) italiana interna, mi è facile disporre incontro senza alcuno possa accorgersene. Ritengo utilissimo ascoltare questo capo influente. Domando V. E. autorizzazione.

349

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2018/1025/638. Parigi, 12 agosto 1927, ore 19,20 (per. ore 22).

Mio telegramma n. 1021/636.

Ambasciatore di Spagna mi conferma notizie datemi ieri da Quai d'Orsay.

Ha aggiunto aver egli stesso proposto al suo Governo che ha accettato e poi

a questo Governo che anche ha accettato il rinvio a ottobre, coll'intesa che a

ottobre i francesi daranno loro risposta. Ha ammesso che il negoziato non ha

fatto fare nessun passo avanti, assolutamente nessuno. Continuare negoziati

durante periodo dei congedi equivaleva !asciarli esclusivamente in mano a del funzionari: d'altra parte egli ha ora ottenuto che a ottobre Francia darà risposta. Egli è venuto a questa soluzione con Briand e con Poincaré. A proposito di Poincaré mi ha detto che questi si manifesta irremovibile nell'idea della esclusione dell'Italia dalla questione di Tangeri in base accordo Tripolitania Marocco.

(l) -n telegramma si apre con la formula testuale: « Pel Capo del Governo •. (2) -Gruppi indecifrati.
350

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 2031/282. Ginevra, 12 agosto 1927 (per. iL 15). Ho esaminato oggi con Avenol la questione relativa alla successione dell'attuale direttore della sezione disarmo, ing. De Madariaga, spagnuolo, di sentimenti contrari a Primo de Rivera, il quale lascerà quest'anno il segretariato essendogli stata offerta una cattedra di letteratura spagnuola nell'università di Cambridge a condizioni migliori di quelle che egli ha qui. Ignoro se e sino a qual punto il Governo inglese sia intervenuto in questa combinazione perchè un funzionario, talvolta incomodo per eccessivo zelo societario, lasciasse il segretariato prima dello scadere del suo contratto. Ho compreso quale sia la preoccupazione di Avenol: dovendosi escludere da qual posto, oggi più che mai delicato, un funzionario appartenente ad una nazione più direttamente interessata, egli teme che il segretario generale non ritorni da Londra con la candidatura del solito « neutro • appartenente ad uno degli stati del nord, tedescofilo per mentalità, educazione ecc. Egli si prepara al contrattacco sostenendo che la scelta dovrebbe cadere su di un funzionario del segretariato, che non appartenesse ad una delle grandi potenze, che fosse ben conosciuto avendo fatto le sue prove e via dicendo. Ed ha chiesto a me cosa pensassi della candidatura del greco Aghnides, attualmente membro della sezione politica, assai al corrente delle questioni della sezione disarmo per averci lav~rato qualche anno quando la sezione era diretta da Attolico. Gli ho risposto evasivamente riservandomi di ritornare sull'importante argomento. Penso che qualora Drummond non abbia a prospettare una soluzione più conveniente per noi, del che dubito molto, ci converrà alla fine far nostra la proposta Avenol, per quanto Aghnides, educato in Francia, sia profondamente francofilo. Ma sul terreno del disarmo con la Francia sono maggiori i punti di contatto che di divergenza: se differenze anche gravi si sono presentate nei due programmi, tali differenze hanno carattere particolare e limitato ai due paesi, mi sembra che nelle direttive generali l'Italia e la Francia si siano trovate unite in contrapposto alle tesi anglo-sassoni. Sempre con la riserva che il segretario generale non abbia a prospettare una soluzione a noi più conveniente, pregherei V. E. dirmi se posso appoggiare candidatura greca in sostituzione Madariaga. Nel caso sarebbe bene valorizzare

a suo tempo nostro appoggio anche ad Atene, tanto più che credo potere escludere riuscita funzionario in questione qualora noi ci opponessimo decisamente

351

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. CONFIDENZIALE. Sinaia, 13 agosto 1927.

Benchè un po' in ritardo, penso sia utile che V. E. e, qualora Ella lo ritenesse opportuno, anche il Capo del Governo (l) sieno informati di alcuni accenni corsi nell'ultimo colloquio da me avuto con Titulescu all'eventualità di una sua prossima visita a Roma.

Già nel primo colloquio avuto con lui (mio telegramma 301 del 9 luglio ) (2) egli mi aveva accennato, credo intenzionalmente, alla sua speranza di potersi recare nel corso dell'estate in Italia (Salsomaggiore) per ragioni di cura.

A v evo lasciato cadere tale assaggio.

Da un nipote di Titulescu mi era stato poi detto, molto discretamente, essere sua impressione che Titulescu sarebbe stato tuttaltro che alieno dal recarsi prossimamente a Roma.

Ma mi astenni dal dare seguito anche a questa indicazione, persuaso come ero e come sono che una visita costì di S. E. Titulescu prima della prossima sessione di Settembre del Consiglio della Società delle Nazioni, in cui verrà dibattuta la famosa questione degli optanti ungheresi -dalla quale Titulescu pare veramente ossessionato -non sarebbe riuscita molto gradita costì.

Ma nell'ultimo colloquio che io ebbi con Titulescu il 4 agosto, cioè nel giorno successivo a quello del colloquio da me riferito col telegramma n. 321 (3), non mi fu più possibile evitare l'argomento.

Avendo io cercato di indagare un po' più a fondo dove, a parte Ginevra, e per quali scopi il signor Titulescu si recherebbe durante la sua assenza di circa due mesi, egli mi disse che o prima o dopo Ginevra si recherà a Parigi ed anche a Londra (in quest'ultima capitale per presentare, fra l'altro, le sue lettere di richiamo a Re Giorgio).

Chiesi allora al signor Titulescu se egli non avesse per caso contemplata l'eventualità di passare anche per Roma prima di far ritorno in Romania ed egli mi disse che in massima lo farebbe volentieri se la cosa potesse tornare gradita ed utile. A questo punto, anzi, egli aggiunse di aver ripensato alle lagnanze che io gli avevo esposto il giorno prima (mio telegramma n. 321); volle che gliele specificassi maggiormente dicendo che lui è un uomo pratico, che vuol vedere in faccia le difficoltà che ci possono ancora essere con noi ed eliminarle, mostrandosi in complesso molto ben intenzionato e volenteroso in questo senso.

Tornando all'accenno di una sua visita a Roma nel corso del prossimo autunno, cioè dopo la sessione di Settembre a Ginevra, dissi che a mio avviso essa potrebbe riuscire altrettanto gradita quanto utile: ma lo pregai di non far caso di questa mia opinione, strettamente personale, visto che non avevo peranco

scambiato in argomento alcuna idea con Roma. Aggiunsi anzi che siffatte visite, per riuscire veramente utili, debbono essere ben preparate circa il modo ed il momento; e poichè il Titulescu doveva partire pochi giorni dopo, gli suggerii, se questa sua intenzione si concretasse, di parlarne a Ginevra con S. E. Scialoja, col quale egli mi aveva detto di essere nei migliori rapporti personali.

S. E. Scialoja avrebbe poi potuto da Ginevra fare gli opportuni sondaggi a Roma.

Il seguito che converrà dare a tutto questo dipende, a mio modesto avviso, dall'esito del dibattito sugli optanti, dall'attitudine che noi vi terremo e dalle sue ripercussioni sui rapporti italo-romeni.

Aggiungo soltanto, per ora, che, a quanto mi fu riferito dal predetto nipote del signor Titulescu, nei giorni immediatamente precedenti la sua partenza quest'ultimo ebbe a mostrarsi molto preoccupato ed indisposto per gli articoli apparsi sulla stampa italiana (Lavoro d'Italia, Impero, Resto del Carlino, ecc.) in aperta difesa delle tendenze revisionistiche dell'Ungheria (1).

(l) -La lettera reca il visto di Mussolini. (2) -Cfr. n. 318. (3) -Cfr. n. 343.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DELL'INTERNO, MUSSOLINI, AL MINISTERO DEGLI ESTERI

N. R. 197/15/1. Roma, 14 agosto 1927.

Questo Ministero ha attentamente esaminato il promemoria del Rabbino

Maggiore Dottor Sacerdoti, comunicato col telespresso a cui si risponde (2).

Il Dott. Sacerdoti, in sostanza, sostiene che per potere esercitare una qual

siasi influenza all'estero e, in particolar modo, nel Levante, è necessario che

l'ebraismo si organizzi prima nel Regno, in modo più saldo, rafforzando la sua

organizzazione culturale, assistenziale e gerarchica.

Partendo da questa premessa, il Dott. Sacerdoti propugna una vera e pro

pria riforma di diritto ecclesiastico, comprendente l'istituzione di un Gran Rab

binato Italiano con la ratifica, da parte del Governo, della nomina del Grande

Rabbino. Il nucleo della riforma consisterebbe nell'estendere l'obbligo della

imposta stabilita dalla legge piemontese del 4 luglio 1857 n. 2325 a carico di

tutti gli appartenenti alle comunità israelitiche, commisurandolo alle imposte

che il cittadino ebreo paga allo Stato e al Comune.

La questione, concernente i rapporti tra lo Stato e i culti acattolici, rientra,

da un punto di vista formale, nella specifica competenza del Ministero della

Giustizia e dei Culti. Considerato, peraltro, i riflessi politici che essa presenta,

questo Ministero ritiene opportuno di esprimere brevemente, in via riserva

tissima, il suo pensiero.

Attualmente, la legge fondamentale che regola l'esercizio del culto israeli

tico e la condizione degli israeliti è la legge piemontese del 4 luglio 1857 n. 2325,

estesa alle Provincie Modenesi e Parmensi con decreto 27 ottobre 1860. Per la Toscana hanno vigore i regolamenti approvati con regi decreti 10 marzo 1881, 14 agosto 1881, 4 settembre 1893 e 30 gennaio 1890. Per l'Università Israelitica di Roma vale lo statuto organico approvato con R. D. 2,7 ottobre 1883. Nelle Provincie Verrete e Mantovane sono in vigore regolamenti speciali, approvati dai precedenti Governi, modificati in alcune parti con l'approvazione delle locali Prefetture, succedute alle Luogotenenze austriache nelle speciali attribuzioni a dette Luogotenenze attribuite dalle leggi austriache. In alcune città, come Milano e a Napoli, mancavano antiche leggi, e sono riconosciuti come Enti morali i Tempii, anzichè le Comunità.

Da alcuni giuristi è stato rilevato che il diritto riconosciuto alle Università Israelitiche d'imporre un contributo personale a carico dei Membri ad esse appartenenti non sia in armonia con l'art. 30 dello Statuto del Regno, il quale stabilisce che non può essere imposto o riscosso nessun tributo, che non sia stato consentito dalle Camere e sanzionato dal Re. Peraltro la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto di esazione privilegiata delle Università Israelitiche, intese come Corporazioni di diritto pubblico, anche dopo la pubblicazione dello Statuto.

Comunque, nel momento in cui si chiede che lo Stato intervenga per aggravare quest'obbligo d'imposta a carico degli israeliti, estendendolo anche a quelle parti del Regno dove attualmente non esiste, merita di essere considerato se risponda ai principii della legislazione fascista l'ampliamento di un diritto di tributo di carattere privato ed extra statale.

Da un altro punto di vista, occorre considerare se l'intervento del legislatore fascista, diretto a rafforzare l'organizzazione del culto israelitico in Italia, non possa suscitare dei malumori nel campo della Chiesa Cattolica, specie in seguito alle dichiarazioni fatte di volere ripristinare in pieno l'art. 1° dello Statuto, che dichiara la religione cattolica la sola religione dello Stato, aggiungendo che gli altri culti sono tollerati conformemente alle leggi.

Questo Ministero ben ricorda che l'ulteriore sviluppo della legislazione italiana ha attenuato il significato della espressione • CuLTI TOLLERATI • in quella di « CULTI AMMESSI NELLO STATO » (art. 140 e segg. Codice Penale Zanardelli); peraltro non può dissimularsi che una legge ispirata ai criteri esposti nel promemoria del Gran Rabbino potrebbe prestarsi ad essere interpretata come un particolare riconoscimento statale del culto isra!=litico (si pensi alla ratifica della nomina del Gran Rabbino da parte del Governo Italiano): il che potrebbe dar luogo a inconvenienti di natura politica.

Riassumendo: attualmente una questione israelitica, considerata dal punto di vista del diritto interno, non esiste: esiste soltanto l'esigenza, di carattere internazionale, di avvalersi eventualmente dell'azione di Rabbini italiani per un'opera di penetrazione in Levante. Il Dott. Sacerdoti capovolge la questione, e sostiene che, prima di parlare di una azione da svolgersi all'estero, occorra rafforzar l'organizzazione israelitica nel Regno. Ma, come si è accennato, questo potrebbe far nascere una questione di politica religiosa interna, forse non desiderabile. In ogni modo, appare difficile determinare quali garanzie il Governo Italiano potrebbe avere dal Grande Rabbinato, anche ammesso che fosse opportuno istituirlo. Bisogna, infatti, riflettere che l'ebraismo ha carattere interna

zionale; e, come accade di tutti gli organismi di tal genere, è sempre difficile

controllarne i reali rapporti e le tendenze effettive.

Ciò premesso, questo Ministero esprime l'avviso che non sia il caso di dare,

per ora, ulteriore seguito al promemoria presentato dal Dott. Sacerdoti (1).

(l) -Annotazione marginale di pugno di Grandi: « Guariglia da me •. (2) -Si tratta del telespr. 238860/4056 del 30 luglio 1927.
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L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 868/283. Tan9eri, 15 agosto 1927.

Dopo quanto ebbi a riferire la settimana scorsa circa la venuta in Tangeri di S. E. il Generale Sanjurjo, ho da segnalare il viaggio dello stesso nella zona del Protettorato Francese ave con grande pompa ufficiale gli sono state tributate accoglienze inusitate. Durante il banchetto, il facente funzioni di Residente

M. Blanc, il Generale in Capo delle truppe fr<mcesi ed il Generale Sanjurjo hanno pronunciato brevi discorsi inneggianti alla collaborazione delle due Nazioni. La stampa delle due parti ha per l'occasione sospese le polemiche da me precedentemente segnalate.

Ritengo queste manifestazioni di ostentata fraternità militare, come compiute a fini di politica locale. Indubbiamente l'atteggiamento della Spagna, le sue minaccie di evacuazione della zona di protettorato e le forti polemiche franco-spagnole, hanno avuto in tutto il Marocco forti ripercussioni nell'elemento indigeno, il quale, non va dimenticato, sa che l'estremo sud del Paese, dalla zona montuosa dell'Atlante (a Sud e Sud-est) è tuttora insottomesso e, mi permetto di dire, difficilmente suscettibile di sottomissione. Quale sia la vera situazione in questa larga zona popolata di tribù guerriere, chiamate per eufemismo dai francesi indipendenti, non è molto facile a sapersi in Tangeri, ma è certo ch'essa è focolaio non spento di rivolta e questo preoccupa le autorità militari dei due protettorati.

Il quadro marocchino mi appare oggi nella seguente maniera: Il Paese diviso in quattro zone: Zona internazionale di Tangeri dove il nostro prestigio meriterebbe di essere risollevato con una più decisa opposizione allo stl6tu quo e dove la Francia è riuscita ad imporsi in dispregio ai trattati e alle convenzioni. Zona del Protettorato francese dove la Francia ha compiuto magnifici sforzi di valorizzazione del territorio e raccoglie già frutti abbondanti. In questa zona la rinuncia delle capitolazioni da noi fatta gratuitamente, pone i nostri connazionali in una condizione del tutto simile a quella di Tunisi. Zona del Protettorato Spagnuolo dove per la guerra e la cattiva amministrazione quivi esercitata, non hanno avuto sviluppo finora le possibilità di sfruttamento della regione e dove i nostri connazionali, pochissimi finora, non godono invero di un trattamento molto benevolo. Zona indipendente dove l'elemento indigeno si regge secondo

le sue proprie leggi e non riconosce che i suoi capi. Questa zona è capace di dare inquietudini perchè in essa è vivo lo spirito della guerra. Uno dei capi più influenti di essa è il fratello di El Glaui, pascià di Marrakech, il quale fratello non volle aver mai contatti di sorta con Francesi o Spagnoli e che è circondato di Capi minori, odiatori della dominazione Francese o Spagnola, e capaci di difendere con tutti i mezzi la propria indipendenza.

Due prove inequivocabili dimostrano che la Francia non si sente sicura da questo lato: l) Le attenzioni ch'essa dimostra in ogni occasione al Pascià di Marrakech -che non sembra SI curi di ricambiarle -allo scopo evidente d'impegnarlo a moderare il fratello fieramente insottomesso. 2) Le distribuzioni gratuite e larghissime di viveri fatte a cura delle Autorità Francesi del protettorato ai vasti branchi d'indigeni che scendono talora dall'Atlante in preda alla fame, le intenziom de1 quali potrebbero diventare inqui€tanti e da•· luogo a complicazioni nel protettorato.

Quello che questa zona d'ombra marocchina potrebbe riservare per domani non è dato conoscere ancora. È certo che essa esiste anche se i Capi si limitano per adesso a seguire gll sviluppi delle polemiche franco-spagnole e le vicende della Conferenza di Parigi. Mi preme di sottolineare a questo punto il passo compiuto quattro giorni or sono da Si Hammu e da me segnalato con dispaccio telegrafico n. 35 del 12 corrente (l) e la visita del tutto amichevole resa a questa Agenzia da El Glaui, Pascià di Marrakech, alcuni giorni or sono.

In questa visita che collegata al passo di Si Hammu acquista grande importanza, il Pascià di Marrakech, uomo influentissimo e temutissinw dai francesi, tenne a confermare la grande ammirazione per l'E. V. e per l'Italia ed a stabilire con un invito molto cordiale alla sua Residenza, rapporti di amicizia ch'egli definì affettuosi, con la mia persona.

Potrebbe forse oggi apparire azzardato constderare il Maroccc. non pacificato, ma se per Marocco deve intendersi tutta la vasta regione dell'Impero Sceriffiano da me divisa nelle quattro zone suddette e non soltanto quella delle tre zone che sono oggetto di pmemiche internazionali, allora può essere altrettanto azzardato ritenere superato definitivamente ogni pericolo di c0mplicazioni.

(l) A margine, di pugno di Guariglia: "Atti per ora •.

354

L'INCARICATO D'AFFARI AL CAIRO, TONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5749/342. Alessandria, 16 agosto 1927, ore 18 (per. ore 20,10).

Riferimento mio rapporto n. 566.

In seguito comunicato Ponsot, questo comitato esecutivo siriano e siriani Egitto delineano tendenze avvicinamento Italia per ottenere appoggio contro Francia in Siria. Prego V. E. farmi conoscere come debba comportarmi al riguardo.

(l) Cfr. n. 348.

355

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5751/224. Asmara, 16 agosto 1927, ore 10 (per. ore 22).

Prego telegrafarmi se e quando mi sono state inviate istruzioni di cui al telegramma di V. E. n. 3457/145 in data 26 giugno (l) circa trattative lago Tzana (2). Come prevedevo Ras Tafari mi ha fatto chiedere se sarei disposto a consigliarlo durante le trattative. Ho evitato di rispondere direttamente facendogli dire che non ero al corrente della questione e che l'avrei studiata. Ho consegnato al cav. Cortese, partito oggi, testo definitivo memorandum inglese sul quale sono impostate trattative in via ufficiale.

356

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2037/279. Mosca, 16 agosto 1927, ore 19,05 (per. ore 22).

Mio telegramma n. 268 (3).

Cicerin mi ha parlato a lungo nota Finlandia Società delle Nazioni. Riferisco con rapporto per esteso. Parlando poi del patto di non aggressione mi disse che V. E. aveva parlato a più riprese con Kergenzeff della stipulazione di un simile accordo, ma che trattative erano naufragate avendo chiesto V. E. di appoggiare politica italiana nei Balcani e di astenersi fare politica amichevole verso Turchia. Ho risposto che V. E. mi aveva parlato di tali trattative. Mi sembra del resto che egli ne parlasse accademicamente e non con lo scopo di riprenderle.

357

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5932/326. Santander, 16 agosto 1927 (per. il 23).

Soltanto ieri a Santander, ove mi sono recato per procedere alla firma della convenzione per la navigazione aerea, ho potuto incontrarmi col generale Primo de Rivera che, assente da Madrid e in viaggio di propaganda politica per le provincie del nord, fu per molti giorni irraggiungibile.

Tenendo presente il telegramma per corriere di V. E. n. 4069 R. (l) ebbi una lunga conversazione con lui sulla questione tangerina entrata ormai in un periodo di stasi dopo la annunciata sospensione delle trattative franco-spagnuole di Parigi (mio telegramma n. 318) (2). Mi disse Primo de Rivera che non la • sospensione •, ma la • rottura • dei negoziati egli aveva deciso e notificato a Parigi dopo l'ostinato, poco cortese e male motivato silenzio opposto all'ultima nota spagnuola rimasta senza riscontro.

Fu su insistenze personali del signor Briand ch'egli accettò la • sospensione • delle trattative fino a ottobre ma con la dichiarazione espressa che se a quella data il Governo francese non avrà palesato le sue intenzioni o se la risposta -com'egli continua a ritenere -sarà negativa, il Goveno spagnuolo scioglierà definitivamente la propria delegazione, riservandosi libertà d'azione.

Primo de Rivera, dinanzi al rifiuto francese di accogliere sia pure le ultime ed assai ridotte richieste spagnuole, si è formato la convinzione che la Francia riveli ormai apertamente di voler mantenere una esclusività di influenza e di dominio in Marocco.

Non fu difficile dimostrargli come tale condizione di cose urti profondamente oltre che gli interessi spagnuoli, QUelli italiani e come oggi più che mai debba apparirgli evidente la necessità di quella concorde linea di intesa e di azione, a difesa di comuni interessi, ripetutamente manifestatagli in altri colloqui, secondo le istruzioni di V. E. Due potenze mediterranee e di avvenire come Italia e Spagna non potrebbero tollerare in quel centro vitale lo stabilirsi di una egemonia di fatto a vantaggio di una terza potenza mediterranea. Vano altresì sarebbe, agli effetti concreti e diretti, di estendere pericolosamente il campo della discordia allargando la partecipazione ed il numero di altri • organismi » indifferenti o rivali. La conferenza a quattro, con intervento dell'Italia con posizione e titoli uguali, s'impone come sola conveniente al bene inteso tornaconto politico e dell'Italia e della Spagna.

Primo de Rivera, il quale con continui compromessi e concessioni aveva forse finora coltivato la segreta speranza di ottenere immediati risultati da conversazioni a due, è ora perfettamente entrato nel nuovo ordine di idee suggerito da V. E. Egli infatti mi ha formalmente assicurato che, quando sopraggiungerà in ottobre la prevista inevitabile rottura dei negoziati diretti con la Francia, sosterrà la convocazione della conferenza a quattro, disposto ad ispirare ogni sua attività ad una intesa di metodo e di azione con l'Italia. Egli crede di sapere che anche Chamberlain, il quale si era finora mostrato incerto e neutrale nel dibattito, si dimostri oggi più favorevole ad accedere alla tesi spagnuola avendo compreso come non risponda neppure agli interessi dell'Inghilterra il lasciare che si svolga senza opposizione il piano egemonico francese. Primo de Rivera ha anzi aggiunto a questo proposito essergli noto che il pensiero di V. E. ha notevolmente influito su questo nuovo atteggiamento di Chamberlain.

(l) -Cfr. n. 293. (2) -Con t. gab. per corriere 2113/179, spedito il 13 agosto, per. il 4 settembre, Cora aveva comunicato constargli • che negoziati tra questa legazione britannica ed il Governo etiopico a proposito del lago Tzana sono giunti a una fase ufficiale >. (3) -T. 5531/268 dell'8 agosto, che non si pubblica. (l) -Del 25 luglio. che non si pubblica. (2) -T. 56,35/313 dell'li agosto. che non si pubblica.
358

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 4562/187. Roma, 18 agosto 1927, ore 4.

Suo telegramma n. 224 (1).

Plico contenente istruzioni (2) è stato consegnato a S. E. Gasparini, il quale ha incarico farlo pervenire a V. S. con mezzo sicuro, trattandosi questione riservatissima. Confermando tali istruzioni, lascio al suo tatto e alla sua prudenza di regolarsi con Ras Tafari nel modo più opportuno allo scopo di tenerci al corrente delle sue intenzioni e dargli qualche consiglio che riesca utile per noi, pur senza dare l'impressione agli altri di volere sottrarci agli impegni contenuti nei noti accordi.

359

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2045/36. Tangeri, 18 agosto 1927, ore 20,25 (per. ore 1,45 del19).

Telegramma di V. E. 72 (3).

Consolato generale Rabat informa che noto capo è nipote pascià di Marrakech ed è in buoni rapporti con suo zio. È influente presso tribù ... (4) tanto che disporrebbe di circa 100 mila uomini, qualche cannone e qualche aeroplano. Tali forze non è possibile per ora controllare. Egli prepara per la primavera 1928 una sommossa contro i francesi e desidera colloquio per assicurarsi simpatia ed appoggio italiano. Su attuale situazione Marocco avverto V. E. che in data 15 corrente ho spedito a mezzo corriere a V. E. rapporto n. 868/283 (5) il quale contiene maggiori elementi di giudizio.

360

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2048 bis/160. Sofia, 18 agosto 1927, ore 17,30 (pe1·. ore 21,40).

Causa esodo estivo principali membri questo Governo soltanto oggi ho potuto avere lunga conversazione presidente del consiglio Liapceff che qui riporto nelle sue parti essenziali :

l) Incontro re Boris re di Serbia. Liapceff lo ha letto sui giornali, questo solo fatto deve bastare a dimostrare falsità notizia perchè data perfetta corret

(5} Cfr. n. 353.

tezza costituzionale delineata, date intese fissate con Liapceff prima della partenza sovrano, data infine notoria deferenza e amicizia verso il presidente del consiglio da parte giovane re, questi non avrebbe di sua iniziativa compiuto simile passo senza previa intesa con Liapceff e Buroff, tanto più trattandosi di una questione di così delicata importanza per Bulgaria come rapporti serbo bulgari. Inoltre Liapceff era informato re Alessandro già rientrato Belgrado mentre re Boris doveva essere da Londra probabilmente già in Francia. Infine giornali Monaco Baviera non avrebbero avuto nessun motivo tacere notizia che, data attuale situazione balcanica avrebbe prodotto sensazione. Per questi motivi Liapceff esclude che incontro sia avvenuto pur ripetendomi non aver ancora ricevuto nessuna diretta comunicazione al riguardo da parte re Boris. Ciò che ha sorpreso Liapceff è che notizia sia pur sotto blanda riserva sia stata riprodotta dal Pravda di Belgrado, non solo organo politico di Marinkovich ma da lunghi anni di personale proprietà sua e della sua famiglia. Cercando perciò di spiegare i motivi per cui giornali serbi hanno accolta, diffusa, commentata notizia non vera e tanto più delicata trattandosi due sovrani, Liapceff ha ammesso due ipotesi: Prima, che asprezza lotta elettorale e gravità situazione interna in Jugoslavia avrebbero determinata una delle solite manovre ... (l) uno dei soliti diversivi di politica estera cui ricorre Belgrado nei momenti più difficili di politica interna (qui Liapceff mi ha informato che quando Marinkovich fu di recente a Sofia si espresse con lui molto chiaro circa assoluta necessità di una completa revisione della costituzione dello stato serbo-croato-sloveno).

Il presente telegramma continua.

(l) -Cfr. n. 355. (2) -Si tratta probabilmente del n. 346. (3) -T. 4516/72, del 15 agosto: richiesta di maggiori ragguagli su Si Hammu. (4) -Gruppo indecifrato.
361

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2049/161. Sofia, 18 agosto 1927, ore 21,55 (per. ore 4 del 19).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente numero precedente.

Seconda ipotesi. Attuale tensione rapporti serbo bulgari (2). Esperienza ormai abbastanza lunga del dopo guerra ha ammaestrato Bulgaria che ogni volta che tra Atene e Belgrado rapporti si inaspriscono, Serbia assume immediatamente attitudine più favorevole per Bulgaria ritenendo quindi utile poter impressionare influenza Atene. Così per esempio prima che Pangalos si mostrasse favorevole accordo per Salonicco Belgrado attenuò in certo modo nella stampa, nei discorsi politici ecc. ostilità contro Sofia; quando invece Pangalos cedette per Salonicco avvenne immediato voltafaccia serbo con conseguente invio nota collettiva agosto 1926. Liapçeff ha concluso testualmente: • come vedete anche questo episodio politica estera della Serbia verso Bulgaria varia secondo le stagioni in cui si acutizzano ovvero si calmano suoi rapporti con altre nazioni specialmente Grecia e Italia. Infatti da quando relazioni italo serbe (a datare dimissioni Nincich) sono diventate tese Belgrado ha iniziato tutta una

serie manifestazioni sul tema della intesa serbo bulgara "· Terza ipotesi. ~i riconnette a quest'ultima parola, che cioè Governo serbo sia per ragioni elettorali che per influire su opinione pubblica straniera sia ricorso manovre bluffistiche quasi a testimoniare con fatti salienti come incontro due sovrani sia prova buone relazioni e riavvicinamento Bulgaria Serbia. Fine conversazione Liapceff su incontro due re. Da altra fonte mi risulta insussistenza incontro qui giudicato assurdo. Dichiarazioni Radich a Pravda prodotto Sofia generale sensazione ilarità commista qualche amarezza espressa dai giornali per la insolente leggerezza con cui Radich ha parlato di re Boris. Radich del resto è qui universalmente ritenuto uno squilibrato. Circa mancata smentita ... (l) questo ministro affari esteri dichiara non aver potuto farla senza previe dirette comunicazioni re Boris. Forse a tale prudente per quanto corretta spiegazione non è estraneo il criterio (specie in assenza di Buroff) di non mostrare risentimento per eventualità che re Boris possa incontrare veramente re Alessandro data presente incerta delicata e complessa situazione serbo bulgara. Continua col numero successivo (2).

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Sic, ma evidentemente è da leggersi • serbo grecr >.
362

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 5884. Parigi, 18 agosto 1927 (per. il 21).

Telegramma di V. E. per corriere n. 4486 del 13 corr. (3).

Non mi meraviglia affatto nè che il conte di Chambrun abbia avuto notizia e forse sunto, della mia conversazione col signor Berthelot circa l'Anschluss, nè che egli siasi compiaciuto della cosa e che spinga alla conversazione tra Roma e Parigi. La prima cosa prova che il servizio del Quai d'Orsay mantiene le buone tradizioni in materia di informazioni ai suoi agenti all'estero. La seconda corrisponde ad una tendenza della stampa e della diplomazia francese con lo scopo, per tutti, di ingenerare l'impressione che l'Italia è la principale interessata nella questione dell'Anschluss, per la quale sta quindi all'Italia a prender la parte di leader, e, pei bene intenzionati, di smuovere a far fruttare un terreno considerato come fecondo per una intesa ad una comune azione tra Italia e Francia.

In questo ultimo senso si espresse meco il signor Charles-Roux, attuale ministro di Francia a Praga nel colloquio che ebbi con lui e che riferii nel mio telegramma n. 960 per corriere del 20 luglio u. s. (4). Data la conoscenza che ci lega da molti anni, la meritata stima che egli gode, la possibilità che egli possa presto aver situazione direttiva al Quai d'Orsay (vi è chi lo annunzia

Chambrun si mostrava lietissimo tale colloquio e suoi risultati, attribuendo passo di S. E. Manzoni a istruzioni pervenutegli da V. E. •.

addirittura come probabile futuro ministro degli esteri) presi l'occasione per parlargli molto chiaro, affinchè egli ripetesse al Quai d'Orsay le mie parole. Gli dissi che prima di parlare di intese bisognava chiarire bene il terreno: ciò che non era ancora la situazione di fatto; bisognava cioè che la diplomazia francese desse a Roma la sensazione che la Francia non contrastava gli interessi dell'Italia nel centro europeo e nei Balcani, e non si permettesse, così, a Belgrado, Praga, Vienna, ecc. di giocare tra Roma e Parigi. Mi rispose che Parigi aveva press'a poco analoga sensazione dell'azione diplomatica dell'Italia in quelle capitali, e che sarebbe stata cosa reciprocamente utile il dissiparla. Poi si parlò dell'Anschluss nel senso che V. E. già conosce.

L'Anschluss è fuor di dubbio un pericolo grave di complicazioni estere per l'Italia, per la Francia, per l'Europa centrale. È un terreno sul quale non dico una diffidenza, ma la semplice freddezza tra Italia e Francia può in caso di crisi riuscire veramente dannosa ad entrambe ed a solo vantaggio di un terzo che giochi abilmente la sua parte. Senza impegnar conversazioni a fondo come il Roux ed il Chambrun sembrano indicare, potrà tuttavia essere utile il parlarne tra noi ed i francesi, a Vienna, a Parigi e nelle altre capitali interessate, per la questione in sè e per dare la sensazione ai terzi che Roma e Parigi procedono in contatto in questa che è la più grossa questione dell'Europa centrale.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 365. (3) -Col quale veniva ritrasmesso a Parigi il t. per corriere 5508/106, Vienna l agosto, per. il 7. In questo tel. Soragna riferiva la notizia, comunicatagli dal ministro di Francia Chambrun, di un colloquio lVlanzoni-Bertheloth sull'AnscnLuss: « 11 conte lVIanzoni ed il suo interlocutore sarebbero rimasti d'accordo che Italia e Francia debbono studiare insieme e d'accordo problema, circa il quale punti di vista due potenze sono identici.

(4) Non si pubblica.

363

IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2055/2.70. Praga, 20 agosto 1927, ore 5,55 (per. ore 11).

Benès mi ha stamane spontaneamente intrattenuto della questione dell'Europa entrale. In succinto mi ha detto: • Mia assoluta convinzione è che l'Italia ha e non può che avere una situazione predominante nell'Europa centrale. Nulla Vienna può e potrebbe mai fare in questa parte d'Europa al di fuori o tanto meno contro il volere di essa. D'altra parte gli interessi particolari della Cecoslovacchia hanno una felice corrispondenza con quelli principali dell'Italia, sia per impedire l'Anschluss, che per un eventuale rafforzamento della Germania nell'Europa orientale. Due principali problemi s'impongono infatti prima all'Italia e subito dopo alla Cecoslovacchia (e ciò sia pel fatto della slituazione geografica di quest'ultima che per la somma stessa degli interessi). Essi sono l'Anschluss ed una adeguata sistemazione economica dell'Europa centrale. Ora poichè l'Italia e la Cecoslovacchia sono entrambe contrarie all'Anschluss, nonchè ad una qualsiasi forma di confederazione danubiana e ad una unione doganale con l'Austria, esistono di conseguenza già le basi naturali per un accordo generale fra i due paesi al quale potrebbero in seguito aderire pure altri stati. Ne consegue sicchè la necessità conversazioni itala-cecoslovacche: conversazioni che potrebbero svolgersi a Ginevra con S. E. Grandi durante prossima assemblea. Ho risposto che dopo il nostro colloquio del giugno (mio telegramma n. 548) (l) avevo ritenuto doveroso !imitarmi ad attendere una mag

giore precisiOne del suo pensiero, tanto più che le aperture di alcuni giornali avevano accennato alla sua tesi. Che pertanto adesso prendevo atto delle sue dichiarazioni, pur facendogli notare la opportunità ed anzi la necessità della maggiore esattezza e concretezza. Benès mi ha risposto che gli era assai difficile poter definire un qualsiasi progetto. Tuttavia per quanto concerneva l'Anschluss il problema avrebbe potuto forse risolversi in un patto di mutua garanzia (di cui preferibilmente fosse parte la stessa Austria) e che al problema economico si sarebbe potuto trovare una soluzione partendo dai già constatati armonici concetti dei due stati. Ho replicato che intendevo il suo pensiero nel senso che per la questione dell'Anschluss egli propendesse per una nuova Locarno, e che per il problema economico egli non intendesse fare una proposta qualsiasi, ma solo suggerire un • metodo • giusta il quale le eventuali conversazioni fra Roma e Praga dovessero innanzi tutto rintracciare e definire ciò che le due nazioni non (dico non) reputano rispondente ai loro desideri od ai loro interessi, per quindi studiare fra le possibilità rimaste quali di esse fossero le più opportune, per poi conseguire un accordo od una concorde norma di azione. Che tuttavia io credevo segnalargli nuovamente la necessità delle maggiori possibili precisioni, e ciò anche per una utile e tempestiva mia informazione a V. E. Benès ha dichiarato che suo pensiero era stato da me chiar.amente riassunto e che ad ogni modo noi avremmo potuto avere un nuovo colloquio (probabilmente mercoledì) prima della sua partenza per Ginevra. Benès ha pure aggiunto che se sue conversazioni con S. E. Grandi fossero pervenute, come sperava, a qualche risultato positivo, egli sarebbe pronto a recarsi a Roma per definire ogni cosa con V. E. Mia impressione è [che proposta di Benès sia dovuta]: l) alla sua preoccupazione per il severo contegno da noi assunto in connessione con i suoi ventilati piani economico-politici del centro Europa; 2) alla lenta, ma progrediente persuasione che nulla in realtà egli potrebbe attuare in questo campo contro il volere dell'Italia; 3) al suo probabile desiderio di pervenire, attraverso il reale riconoscimento della preminente situazione dell'Italia nell'Europa centrale, ad un qualche miglioramento dei rapporti generali del suo paese con l'Ungheria, da lui sempre intimamente ritenuto un indispensabile fattore sia per la sicurezza stessa della Cecoslovacchia sia per una sistemazione economica dell'Europa centrale; 4) alla sua determinazione di trovare la maggiore possibile garanzia contro l'eventualità dell'Anschluss.

(l) Numero errato? forse si tratta del n. 266.

364

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. PER CORRIERE R. 4585. Roma, 20 agosto 1927, ore 18.

(Per le Colonie). Prego comunicare al governatore dell'Eritrea il seguente telegramma che ho diretto al R. ambasciatore in Londra: (Per tutti). Con mio telegramma n. 4151 del 28 luglio (l) richiamavo attenzione V. E. su atteggiamento di codesto Governo che poteva apparire da di

chiarazioni di Chamberlain circa politica britannica nell'Arabia meridionale. Le informazioni che mi pervengono dal Mar Rosso confermano miei rilievi circa discordanza fra linea di condotta che noi potevamo credere concordata con Inghilterra e quella che in pratica viene seguita in Arabia da agenti britannici locali. Alla nostra azione sinceramente diretta ad evitare da parte dell'Iman Jahia qualunque manifestazione non corretta verso interessi inglesi, o aggressiva contro altri emirati arabi, non corrisponde un uguale modo di agire da parte agenti politici inglesi. Da un lato infatti Iman Jahia seguendo nostri suggerimenti moderazione si è astenuto, anche con evidente pregiudizio del suo prestigio, dal continuare operazioni militari per completo assoggettamento dell'Assir, dall'altro invece Ibn Saud, che tutto deve far pensare subisca una marcata influenza inglese, ha compiuto un atto nettamente provocatore verso Iman Jahia, inviando un suo rappresentante nell'Assir e pregiudicando in tal modo ogni probabilità di successo delle trattative pacifiche aperte mediante l'invio di messi presso l'Iman Jahia. Considerato infatti che le sorti politiche dell'Assir costituiscono l'oggetto di più acuta contestazione fra l'Iman e Ibn Saud, l'atto di quest'ultimo tendente a dare valore di fatto all'accordo intervenuto con l'Emiro idrissita nel gennaio decorso e che l'Iman ha dichiarato di non poter in alcun modo riconoscere, ha indotto l'Iman stesso a dubitare della sincerità dei propositi di Ibn Saud ed a temere che le trattative non abbiano miràto che a un temporeggiamento utile a Ibn Saud per preparare una azione bellica contro lo Yemen. Tale impressione dell'Iman trova conferma nell'atteggiamento di Ibn

Saud, che in questi giorni a mezzo di suoi emissari tenta di assicurarsi l'appoggio delle tribù dell'Assir in una eventuale azione armata contro lo Yemen, e nelle informazioni da sicura fonte pervenute che egli stia provvedendo ad accumulare viveri e munizioni nell'Assir destinati ad una prossima operazione.

In questa situazione si viene a realizzare l'ipotesi già esposta a V. E. con mio precedente telegramma e cioè che a noi si rende oltremodo difficile di continuare a dare all'Iman suggerimenti pacifici e di moderazione tanto nei riguardi delle relazioni fra lo Yemen e lo Hegiaz che in quelle fra Yemen e l'Assir, se in pari tempo non si ottiene anche dagli altri Emiri dell'Arabia un'uguale manifestazione di propositi pacifici.

Si aggiunge che in questi giorni si trova a Sana Mr. Crawford che sta spiegando una intensa attività sia nel campo economico che in quello politico.

Benchè il Crawford non sembri più far parte dell'Amministrazione britannica pur tuttavia egli agisce d'accordo con autorità britanniche e sembra incaricato di preparare il terreno ad una prossima missione del Generale Clayton in cui si ritenterebbe ancora una volta indurre l'Iman ad un accordo in realtà rivolto a sostituire alla nostra, l'influenza inglese nello Yemen.

Si ripete insomma la tattica usata per le precedenti missioni del Jacob e del Clayton, di agire contemporaneamente a Sana colle lusinghe di un accordo favorevole mentre la minaccia delle ostilità eccitate alla periferia deve costituire la pressione per vincere le resistenze dell'Iman.

27 -Documenti Diplomatici -Serie V1I -Vol. V

Noi non possiamo nè sorprenderei, nè fare addebito agli inglesi dei loro ininterrotti tentativi di acquistare in nostro confronto migliori posizioni nello Yemen. Ma poichè nelle .conversazioni di Roma venne stabilita con molta cordiale franchezza una linea di condotta comune per evitare conflagrazioni nella penisola araba, è necessario richiamare l'attenzione di codesto Governo su quanto precede, per conoscerne le precise intenzioni. Prego pertanto l'E. V. di avere in proposito un colloquio con Chamberlain ed esporgli le ragioni urgenti per cui il R. Governo ha bisogno di conoscere chiaramente quali siano i propositi e gli intendimenti del Governo britannico. Principalmente è necessario che dalle dichiarazioni di Chamberlain risulti se l'Inghilterra abbia volontà, come ne ha il modo, di agire su Ibn Saud perchè egli cessi immediatamente da atti che non possono non ritenersi gravemente compromettenti della pace fra lo Yemen e l'Hegiaz, come quelli che egli sta compiendo nell'Assir.

È bene Ella lasci opportunamente comprendere come non sarebbe praticamente per noi possibile, se non interviene una sollecita modificazione nell'atteggiamento di Ibn Saud, continuare a svolgere noi soli un'azione pacificatrice verso l'Iman, mentre un'influenza in senso analogo non è svolta da Londra su Gedda.

Saremmo costretti quindi a declinare ogni responsabilità per le conseguenze che ne potrebbero derivare, e che potrebbero invece essere evitate mediante una più efficace applicazione da parte britannica nell'Hegiaz, delle conclusioni e dello spirito delle conversazioni di Roma.

Gradirò conoscere appena possibile il risultato della sua conversazione con Chamberlain, che, naturalmente dovrà svolgersi nei termini più cordiali ed amichevoli.

(l) Non si pubblica.

365

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2056/162. Sofia, 20 agosto 1927, ore 17 (per. ore 1 del 21).

Seguito precedente telegramma (1).

Secondo punto conversazione Liapceff. Italia Bulgaria Serbia. Circa argomento della terza ipotesi di cui al mio telegramma n. 161 espongo ancora una volta a Liapceff nei termini più espliciti questione rapporti serbo-bulgari facendogli rilevare che ciò che più colpisce nel presente stato delle relazioni fra i due paesi e nel serio periodo di politica interna jugoslava non è tanto la migliorata attitudine Governo di Belgrado, nè il mutato linguaggio stampa serba, nè inusitate manifestazioni di intellettuali e anche della opinione pubblica, nè visita uomini politici serbi a Sofia, ecc. quanto contegno Bulgaria. Governo bulgaro, infatti, per bocca ministri proclama soltanto necessità ... (2) scopo pace neces

saria ricostruzione interna Bulgaria. Ma gran parte stampa bulgara anche favorevole Governo Liapceff e notevole gruppo uomini politici, dal vecchio ex ministro affari esteri Magiaroff ... (1), propugnano apertamente utilità di più stabili intese. Liapceff mi risponde subito con vivacità e direi quasi con una certa emozione queste testuali parole : • Se noi pensassimo non dico ad una alleanza attiva, ma anche a semplici accordi di carattere negativo o neutrale a favore Serbia in caso di conflitto con l'Italia saremmo dei pazzi (sic) •. Interrompo Liapceff per dirgli che naturalmente io comunicherò testualmente a V. E. sue dichiarazioni. Mi risponde senza esitare di informare che • Bulgaria regolerà sempre sua condotta politica verso Serbia sui rapporti itala-jugoslavi, guardando dal lato dell'Italia •. (Ricordo a questo proposito frase dettami un giorno incidentalmente da Buroff: politiche italiana e bulgara nei Balcani sono parallele). Il presente telegramma continua.

(l) -Cfr. n. 361. (2) -Gruppi indecifrati.
366

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2059/163. Sofia, 21 agosto 1927, ore 13,55 (per. ore 19,45).

Seguito del precedente.

3° punto conversazione Liapceff. Esercito bulgaro. Rispondendo mia domanda circa alcuni accenni stampa Sofia su necessità per Bulgaria essere più fortemente armata Liapceff mi dichiara Governo bulgaro non aver preso, nè intendere prendere per ora alcuna iniziativa al riguardo. Mi informa però che di fatto da qualche tempo alcuni ambienti inglesi, non responsabili ma di seria autorità, cominciavano mutare parere circa convenienza mutamento attuale sistema arruolamento mercenario esercito bulgaro imposto dal trattato di Neuilly, sistema sino ad ora invece sostenuto dall'Inghilterra con assoluta intransigenza. Motivo tale mutamento opinione da parte importanti personalità e istituzioni inglesi, consisterebbe in riconosciuta necessità per la pace europea e balcanica in ispecie, rinforzare Bulgaria onde possa divenire elemento equilibrio invece che punto debole e centro cupidigie intrighi. Suddetti ambienti si proporrebbero diffondere illustrare questione nell'opinione pubblica inglese onde rendere convincente concorde matura eventuale soluzione ritorno servizio militare obbligatorio bulgaro sia pure in limitate proporzioni riguardo forze totali dell'esercito. Liapceff pur confermandomi che il Governo bulgaro non ha avuto nè avrà alcun contatto a tale riguardo col Governo inglese, non ha nascosto sua speranza che anche grave questione esercito possa eventualmente un giorno essere modificata a favore Bulgaria per assicurarle ordine interno e

rispetto dei vicini: due elementi necessari per la pace balcanica. Il presente telegramma continua (2).

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 369.
367

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AL CAIRO, TONI

T. 4625/250. Roma, 22 agosto 1927, ore 24.

Suo telegramma n. 342 (1).

Ascoltare e riferire.

368

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI

T. PER CORRIERE 4636. Roma, 23 agosto 1927, ore 18.

Suo rapporto n. 818/269 (2).

Questo ministero ha sempre ritenuto che fosse necessario affermare e sostenere il nostro diritto contro le violazioni dell'atto di Algesiras e contro le applicazioni dello statuto di Tangeri non riconosciuto dall'Italia. Qualche volta con·· siderazioni di politica generale hanno reso necessario attenuare nostra linea di condotta e per quanto riguarda questione. snazionalizzazione nella zona francese del Marocco V. S. comprenderà come vertenza abbia un carattere ed una portata di tale gravità politica che non si può sperare di risolverla facilmente nè soltanto con un atteggiamento contrario nè tanto meno localmente.

Dal punto di vista strettamente giuridico internazionale la detta questione si presenta anzi in condizioni per noi assai più difficili in Marocco che in Tunisia. Ma ciò non esclude che il compito del R. rappresentante in Tangeri debba essere quello di mantenersi fino ad ordine contrario del R. Governo in una linea generale di intransigenza di fronte ad ogni questione che possa essere considerata dal R. Governo come una violazione di diritti e di interessi italiani.

Tutte le volte che i RR. rappresentanti costì hanno agito in tal modo hanno avuto naturalmente l'appoggio del R. Governo tranne in quei casi in cui ragioni superiori consigliavano delle necessarie attenuazioni. Non ci si può illudere che le nostre proteste e le nostre opposizioni e riserve abbiano sempre e immediatamente degli effetti pratici favorevoli ma è indispensabile affermare in ogni possibile occasione il nostro buon diritto ed evitare di far risultare in apparenza od in sostanza una qualsiasi acquiescenza da parte nostra alle violazioni di esso.

È questo atteggiamento del R. Governo che ci ha condotti al punto in cui siamo nella questione di Tangeri, cioè ad una affermazione energica ed efficace del diritto dell'Italia. È logico che occorra perseverarvi, per giungere a quei risultati che lo sviluppo internazionale della questione renderà possibili.

V. -S. dovrà regolarsi in conformità, con quelle forme che potrà richiedere la delicatezza della situazione locale.

Così pure quindi per quanto concerne la contraddizione esistente fra le disposizioni dell'atto di Algesiras ed il Dahir segnalato dal R. console in Rabat.

(l) -Cfr. n. 354. Toni riferì con rapporto del 9 settembre, al quale Mussolini rispose: « Lasci opportunamente e col dovuto tatto cadere per ora ogni altra conversazione, in attesa ritc,rno ministro Paternò al quale darò istruzioni verbali (t. 5156 del 17 settembre, ore 21. (2) -Cfr. n. 340.
369

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2066/164. Sofia, 23 agosto 1927, ore 19 (per. ore 19 del 24).

Seguito precedente (1). Quarto punto conversazione Liapceff: Macedonia.

A mia domanda su quale sia vero punto di vista Governo bulgaro su questione macedone, Liapceff mi risponde nel modo già noto che costituisce ormai nell'argomento una specie di parole d'ordine tanto degli uomini di Governo quanto della stampa governativa, che cioè Governo bulgaro non ha possibilità legali per intervenire a favore dei macedoni soggetti alla Serbia, come anche delle altre minoranze bulgare soggette ad altri stati. Se (aggiunge testualmente Liapceff) le tre più grandi ed influenti potenze del Consiglio Società Nazioni, Inghilterra Italia e Francia ritenessero conveniente per la pace europea e balcanica interessarsi direttamente della triste situazione dei macedoni, questa grave questione potrebbe forse avere una soluzione sopportabile; ma siccome per le complesse ragioni della politica estera in genere, e balcanica in specie delle tre suddette potenze (particolarmente per i rapporti tra Francia e Belgrado) un unanime consenso per sollevare questione macedone non sembra possa per ora verificarsi, linea di condotta adottata dal Governo bulgaro (cui Liapceff che pure è macedone aderisce in piena convinzione e coscienza) è questa: consigliare la grande organizzazione macedone astenersi da ogni azione terrorismo anti serbo, che non dà alcun utile risultato, anzi non fa che aumentare sofferenze dei macedoni viventi nel territorio oggi serbo; cercare invece mediante disciplinata correttezza verso Serbia di elevare livello intellettuale dei macedoni, onde contrastare, senza provocare violenza, quel processo di serbizzazione che Belgrado insiste considerare possibile, mentre trova e troverebbe ancora più, se macedoni seguissero consiglio del Governo bulgaro, serio ostacolo non solo nel patriottismo dei macedoni, ma anche nella maggiore loro intelligenza, tenace forza di carattere, ed onestà e sobrietà, in confronto del popolo serbo. Purtroppo (conclude Liapceff) non tutti i capi delle organizzazioni macedoni comprendono il valore del nostro consiglio. Così ad esempio Tomaleski che recatosi in Francia perorare causa macedone parlò con quel ministro pensioni Luigi Marin, il quale a nome di Poincaré (vedi mio telegramma n. 135) (l) fece promesse generiche concernenti eventualità di ottenere miglioramenti culturali religiosi in Macedonia: ma la Francia poi riferì la cosa a Belgrado (sic). Risultato fu che illusioni macedoni su Francia caddero mentre Serbia irritata infierì

ancora più duramente in Macedonia proyocando conseguenti reazioni. Fine conversazione Liapceff. Circa sue dichiarazioni relative linea di condotta del Governo bulgaro nella questione macedone osservo che consigli di moderazione e correttezza dati ai macedoni oppressi da incredibile giogo serbo, pure se in apparenza non sono privi di una certa fredda logica, nascondono forse in realtà la nota preoccupazione del Governo bulgaro di non suscitare in Serbia, con una irriducibile attitudine, ripercussioni che non sarebbero utili. per quella delicata politica • buon vicinato • che Sofia da tempo ritiene necessaria, data situazione interna bulgara innegabilmente complessa, confusa in ogni campo, sociale, economico, finanziario, parlamentare. Prova di ciò è che stampa bulgara ... (l) da qualche tempo ignora la verità o non riproduce mai notizie a tutti note circa arresti condanne persecuzioni che per ogni futile motivo si verificano in quelle tormentate regioni. Avrò presto altra conversazione con Buroff che torna per qualche [giorno] Sofia dopo assenza di un mese e ne riferirò a V. E. Sulla situazione generale della Bulgaria sto inoltre preparando completo veritiero rapporto che invierò appena compiuto, basato su elementi lungamente accurata· mente raccolti e vagliati in ogni ambiente di questo paese, che appare oggi forse come nessun altro difficile a comprendere e penetrare sia nelle vere intenzioni dei suoi governanti o uomini politici, sia nel vero animo di tutti i ceti della popolazione dai più alti ai più bassi: paese agitato da nuovi fermenti di vita dopo tanti anni di dolore sconvolgimento del dopo guerra, ma non avente ancora trovato via definitiva che lo conduca verso realizzazione suoi veri interessi nazionali sia di fronte grandi potenze, che agli altri popoli balcanici, e nella stessa vita interna del suo popolo.

(l) -Cfr. n. 366. (2) -T. gab. 1820/135 del 29 giugno. che non si pubblica.
370

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AI MINISTRI A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A BUCAREST, DURAZZO, A BELGRADO, BODRERO, A PRAGA, PREZIOSI, E A VIENNA, AURITI

T. PER CORRIERE 4677. Roma, 25 agosto 1927, ore 18.

(Per tutti meno Parigi). R. ambasciatore Parigi in data 18 corr. telegrafa quanto segue (2):

Ho risposto :

(Per Parigi). Suo telegramma n. 5884.

(Per tutti). Convengo nell'opportunità di tenerci in contatto coi francesi sopratutto per dare ai francesi stessi la sensazione della nostra stretta vigilanza sugli sviluppi della questione dell'Anschluss e per avere la possibilità di seguire l'azione del Quai d'Orsay e dei suoi agenti all'estero. I RR. ministri in Vienna e Praga si sono sinora del resto diligentemente attenuti a tale direttiva, che non può peraltro avere per iscopo di stabilire una linea di politica comune italo-francese, poichè ogni decisione sarebbe ora prematura.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 362.
371

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. 4702/316. Roma, 25 agosto 1927, ore 18,30.

Suo telegramma n. 343 (1).

Sono lieto di poter prendere atto delle dichiarazioni fattele dal signor Michalacopoulos, anche a nome dei suoi colleghi del nuovo gabinetto, circa la politica che questo intende seguire nei riguardi dell'Italia. V. E. lo può assicurare che l'effettiva realizzazione di tali intendimenti troverà il più sincero ed efficace riscontro nell'amicizia del Governo italiano che annette il maggior interesse all'efficienza del fattore ellenico ed all'incremento della cordialità delle relazioni fra i due paesi.

II signor Michalacopoulos incontrerà intanto a Ginevra, per le questioni che interessano la Grecia, le stesse amichevoli disposizioni che gli sono state dimostrate in precedenza e confermate nella sua recente visita a Roma di cui serbo anche io il più simpatico ricordo.

372

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5984/410. Pera, 25 agosto 1927, ore 15 (per. ore 20,20 ).

Odierno Miliet pubblica intervista deputato Ruscen Eschref con Chamberlain. Segretario stato inglese dichiara che sanata divergenza per Mossul non vede altre questioni che possano seriamente turbare rapporti turco-britannici, piccole difficoltà ancora esistenti sono di quelle che anche migliori amici incontrano sul loro cammino e che con un po' di buona volontà saranno regolate amichevolmente senza sforzo. Chamberlain dopo aver accennato che guerra fu un fatto eccezionale nelle relazioni tra Gran Bretagna e Turchia improntate per lunghi anni a sentimenti di amicizia e a sincera fiduciosa collaborazione e che con tali sentimenti e con tale reciproca fiducia l'avvenire sarà garantito per quel che concerne Inghilterra contro ripetizione del conflitto, riafferma sentimenti assolutamente pacifici Governo britannico. Se tali sentimenti animano anche Turchia moderna, si può da ambo le parti esser certi che i buoni rapporti stabilitisi tra i due Governi e i due popoli si rafforzeranno sempre più col passare degli anni.

(l) T. per corriere 5902/343 del 19 agosto, per .il 22: colloquio Arlotta-Michalacopoulos.nel quale quest'ultimo aveva dichiarato « che la politica estera ellenica in generale, ed in particolare nei riguardi dell'Italia, sarebbe rimasta assolutamente immutata, tenendo il nuovo Governo, se possibile anche più di quello ecumenico, che immediatamente lo ha preceduto, a mantenere ottime relazioni col nostro paese •.

373

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 5994/411. Costantinopoli, 25 agosto 1927, ore 19 (per. ore 22,15).

Attiro attenzione di V. E. intervista Chamberlain rapporti turco-britannici da me riferita nell'odierno telegramma in chiaro n. 410 (1). In quanto preciso attuale atteggiamento dell'Inghilterra di fronte Turchia, come ho segnalato nei telegrammi per corriere nn. 872 e 886, conferma inizio di una fase attiva nei rapporti tra i due paesi.

374

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 4709/737. Roma, 26 agosto 1927, ore l.

Stampa jugoslava annuncia che in occasione prossimo incontro fra Marinkovich e Briand a Ginevra si procederà alla firma del patto d'amicizia e di arbitrato franco-jugoslavo. Notizia coincide con accenni al rafforzamento delle relazioni colla Francia contenuti in alcune dichiarazioni di politica estera fatte ultimamente dal noto capo del partito clericale sloveno Korosec, attualmente alleato del gabinetto al potere di cui deve entrare a far parte dopo le elezioni.

Prego V. E. telegrafarmi quale fondamento le risulti abbiano le accennate notizie.

375

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. 4711/550. Roma, 26 agosto 1927, ore l.

Suo telegramma n. 673 (2).

Pregola telegrafarmi che cosa si pens1 m codesti circoli responsabili degli accenni contenuti nel discorso di Korosec e delle notizie di codesta stampa circa prossima conclusione patto franco-jugoslavo e quale sia sua personale opinione al riguardo in base elementi che sono a sua conoscenza.

(l) -Cfr. n. precedente. (2) -Non rinvenuto. Un riassunto del discorso pronunciato il 21 agosto da Korosec, con implicito accenno al patto franco-jugoslavo, era stato trasmesso da Bodrero con t. 5937/674del 23 agosto, ore 20,10, per. ore 3,50 del 24.
376

TL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. 1254. Roma, 26 agosto 1927, ore 13.

Ho letto con molto interesse ì suoi telegrammi nn. 160, 161, 162, 163 e 164 (l) circa la conversazione avuta con codesto presidente del consiglio.

Ella ha fatto benissimo a marcare a Liapceff come, pe:.-quanto concerne le relazioni serbo-bulgare, quello che può dare effettivamente luogo alle più svariate ipotesi sono i recenti atteggiamenti bulgari, governativi e di stampa, e non già gli evidenti motivi delle manifestdzioni e degli approcci jugoslavi nei riguardi della Bulgaria, conformi, del ·resto, alle alternative della politica abitualmente seguita, secondo le circostanze, da Belgrado verso Sofia o verso Atene.

Noto, ad esempio, che fino a questo momento, e dopo molti giorni dalla diffusio!1e della notizia del preteso incontro di re Boris con re Alessandro, nessuna seria smentita, sia pure nella forma più opportuna, risulta sia stata data da So~a. E lo stesso Liapceff, :pur dimostrandosi personalmente convinto che tale incontro non abbia avuto luogo, le ha detto, in sostanza, che si limitava ad attendere eventuali comunicazioni di re Boris.

Prendo, ad ogni modo, atto con piacere delle dichiarazioni formalmente fattele da Liapceff circa la politica che il Governo bulgaro intende seguire nei riguardi dell'Italia. Osservo che tali intendimenti potranno, indubbiamente, essere meglio realizzati per le questioni che maggiormente interessano la Bulgaria e per le quali l'Italia si è già con tanto amichevole ed efficace interesse adoperata, mediante più frequenti e spontanei contatti, da parte di codesto Governo colla S. V., che servano a chiarire completamente una situazione che il tono generale delle risposte datele da Liapceff non ha, per molti punti, reso del tutto evidente. Rilevo, fra l'altro, come Liapceff non le abbia tenuto parola delle relazioni colla Grecia, che pure, nei riguardi della Bulgaria, data la complessa sua situazione di fronte alla Jugoslavia, apparirebbe dover essere, normalmente, elemento di non trascurabile importanza.

Quello, invece, che sembra risultare chiaro è che la tendenza del Governo di Sofia ad assicurare una politica di • buon vicinato » colla Jugoslavia risponde essenzialmente ad esigenze di politica interna bulgara e non già a preoccupazioni di altro genere. E su questo punto che è, evidentemente, di assorbente importanza per noi, per poter utilmente apprezzare la situazione e l'azione futura della Bulgaria, attendo, non appena possibile, il completo rapporto che la S. V. mi ha preannunciato.

Il) Cfr. nn. 360, 361, 365, 366, 369.

377

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI (l)

T. GAB. PER CORRIERE RR. 1253. Roma, 26 agosto 1927, ore 18.

Come V. E. avrà constatato parecchi giornali in occasione della prossima riunione di Ginevra e dell'entrata della Germania nella commissione dei mandanti, risollevano la questione della priorità dell'Italia sulla Germania nell'eventualità dell'assegnazione di un mandato, e parlano anche di trattative che si svolgerebbero attualmente in proposito fra Roma e Berlino. V. E. sa che tali trattative non esistono e che sarebbe per lo meno prematuro il discutere costì della questione. Ma mi sembrerebbe utile che Ella approfittasse di una favorevole occasione per mettere in rilievo presso codesto Governo l'amichevole linea di condotta tenuta dall'Italia nei riguardi dell'ammissione della Germania nella commissione dei mandati, e sopratutto per far comprendere che l'atteggiamento dell'Italia di fronte alle questioni che la Germania eventualmente sollevasse in tale commissione sarà naturalmente influenzato dalla nostra permanente insoddisfazione nella sistemazione coloniale. Tale conversazione amichevole dovrebbe avere carattere di un avvertimento generico e prudenziale.

378

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2077/361. Atene, 26 agosto 1927, ore 22 (per. ore 1,15 deL 27).

Telegramma V. E. 4702/316 (2) mi è giunto per assai fortunata coincidenza, stamane poche ore prima della partenza di questo ministro affari esteri per Venezia e Ginevra, mirabilmente in tempo perchè io potessi recarmi a dargliene lettura al Pireo a bordo del piroscafo del Lloyd Triestino. Nel prendere conoscenza delle così chiare benevole comunicazioni dell'E. V. Michalacopoulos, il quale era già sotto la spiegabile tensione nervosa causatagli dalla recente crisi ministeriale, nonchè sopratutto dal passo indiscutibilmente importante e grave con cui (malgrado le vive influentissime pressioni avute in contrario) ha egli portato ieri notte il parlamento ellenico al rigetto unanime delle convenzioni greco serbe per Salonicco, si è mostrato visibilmente emozionato. Egli si è espresso, in presenza del suo seguito di alti funzionari del ministero ·affari esteri nonchè dei numerosi amici politici che lo avevano accompagnato a bordo, nei termini

di più calorosa ammirazione per V. E., e mi ha pregato con commosse parole che ritengo sincere, di esternare a V. E. tutta la profonda gratitudine sua personale e quella del Governo ellenico. Michalacopoulos ha quindi esclamato testualmente: • Ho già detto e lo ripeto con piena convinzione: le intime, cordiali relazioni che abbiamo oggi coll'Italia valgono per noi e ci uniscono in pratica anche con maggiore forza di qualunque speciale accordo scritto •. Il che non toglie affatto (ha quindi soggiunto parlandomi da solo) che anche ad un tale accordo si possa insieme giungere felicemente al momento opportuno. Mentre mi riferisco all'altro mio telegramma odierno 362 (l) per quanto concerne promessomi favorevole atteggiamento ellenico a nostro riguardo alla imminente riunione della Società delle Nazioni, non mancherò di valorizzare il su citato telegramma 316 dell'E. V. direttamente anche presso Zaimis e gli altri principali componenti di questo Gabinetto.

(l) -Il tel. fu inviato anche a Londra, Parigi e a Paulucci, a Ginevra. (2) -Cfr. n. 371.
379

IL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2134/369. Praga, 26 agosto 1927 (per. il 9 settembre).

Mio telegramma gabinetto n. 270 (2).

Benes mi ha pregato di passare da lui. È tornato ad intrattenermi dei suoi progetti pel centro Europa. Me ne ha anzi parlato lungamente, ma sempre in modo così generico ed impreciso che è difficile riassumere le cose dettemi.

Egli mi ha indicato anzitutto con molteplici esempi la linea direttiva della sua politica. Ha detto in sostanza che la Cecoslovacchia deve seguire una politica che valga a mettere il paese al sicuro d'ogni conflagrazione europea, e che detta politica deve pertanto mantenersi estranea sia al germanesimo che al panslavismo, sforzandosi di essere unicamente realistica e realizzatrice.

Benes mi ha poscia illustrato i seguenti concetti:

l) L'Anschluss rappresenterebbe la penetrazione germanica nel centro Europa e nei Balcani. Riprodurrebbe così la situazione preesistente alla guerra. Occorre quindi provvedere tanto a che l'Anschluss non si avveri, quanto a che l'Anschluss non possa servire neppure di abituale minaccia in momenti internazionali particolarmente delicati. Conseguentemente sembra da effettuarsi un tentativo per una nuova Locarno applicata alle frontiere austriache. Le basi di un siffatto eventuale accordo dovrebbero essere prima gettate dall'Italia e dalla Cecoslovacchia; di poi discusse con la Francia, Inghilterra ed Austria; ed infine da tutte insieme queste potenze proposte alla Germania. Sarebbe questo un negoziato difficile ma non impossibile.

2) D'altra parte occorre assicurare la vita economica dell'Austria. È impossibile fare aprioristici progetti. Pel momento è certo che l'Italia e la Cecoslovacchia hanno qualche armonica direttiva e cioè: a) niente confederazione danubiana, giacchè essa mentre rappresenterebbe per l'Italia il pericolo stesso costituito dall'antica Austria Ungheria, per la Cecoslovacchia rappresenterebbe un complesso politico-economico in cui prevarrebbe l'indesiderato e pericoloso elemento tedesco; b) niente Zollverein centro europeo e niente singole unioni doganali, giacchè queste forme eonomiche sono inattuabili.

Messi così da parte questi punti negativi, l'Italia e la Cecoslovacchia dovrebbero ricercare d'accordo i punti positivi ed atti a formare un terreno d'intesa e di concorde azione in favore dell'Austria.

A questo momento ho cercato scoprire il più possibile il pensiero del mio interlocutore. Ho compreso:

l) che egli esclude che l'Italia e la Cecoslovacchia possano stabilire tariffe preferenziali negli esclusivi rapporti della loro esportazione verso l'Austria, perchè le esportazioni dei due paesi sono similari e quindi concorrenti; e ciò oltre al fatto che, a suo avviso, l'Austria diverrebbe in tal caso un emporio, donde sarebbero smerciati per l'estero i prodotti italiani e cecoslovacchi giuntivi in condizioni di privilegio preferenziale;

2) che egli esclude che entrambi i paesi possano convenire un sistema unitario preferenziale limitato alle rispettive importazioni dall'Austria, giacchè le merci austriache dirette verso l'Italia sono affatto diverse da quelle dirette verso la Cecoslovacchia;

3) che egli quindi propende verso un sistema amalgamato di tariffe preferenziali, nel senso cioè che i tecnici italiani e cecoslovacchi dovrebbero stabilire, sulla base degli interessi diretti dei rispettivi paesi, quella discriminazione di voci doganali che potrà risultare la meno nociva agli interessi generali e divergenti dell'Italia e della Cecoslovacchia.

Se dunque ho ben compreso l'involuto discorso, Benes sarebbe tornato in modo implicito, ma senza volerlo assolutamente ammettere, ai princìpi della proposta italiana di due anni fa rinunziando così alla controproposta da lui medesimo fatta avanzare in allora.

Avendo infine cercato di indagare quale sviluppo territoriale egli intenderebbe dare al progettato complesso economico centro europeo, Benes mi ha risposto in modo da potersi dedurre :

l) che egli esclude un accordo preferenziale con l'Ungheria, stante che l'industria magiara si rifiuterebbe recisamente di essere distrutta da quella prevalente cecoslovacca;

2) che egli esclude accordi preferenziali sia con la Jugoslavia che con la Romania, perchè questi paesi, oltre a perseguire una politica protezionista e nazionalista, hanno pure dimostrato un ben diverso orientamento politico: la Jugoslavia cioè tendendo verso i Balcani e la Romania a farsi parte da se stessa con forti velleità di predominanza.

Benes ha concluso col dire che il suo discorso era un'apertura del tutto privata, e che le conversazioni che egli proponevasi di avere a Ginevra con

S. E. Grandi avrebbero egualmente serbato tale carattere fino a quando non si

sarebbe eventualmente trovata, come egli sperava, una possibile base di fruttuosa intesa, con l'aiuto dei tecnici dei rispettivi paesi.

Desidero infine segnalare che Benes, con ogni probabilità, profitterà del suo soggiorno in Ginevra per abboccarsi pure _e sopratutto con i delegati austriaci. In tal caso le conversazioni che egli si propone di avere colà con S. E. Grandi potrebbero anche servire di limite e di controllo alla complessa sua operosità.

(l) -T. 6063/362, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 363.
380

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2081/1114/677. Parigi, 27 agosto 1927, ore 17,30 (per. ore 19,50).

Telegramma di V. E. 4709/737 (1).

Ho parlato dell' ... (2) direttamente a Briand accennando soltanto alle notizie della stampa jugoslava. Briand ha risposto che esiste un progetto di accordo di amicizia franco jugoslavo di tipo comune che eventualmente sarà depositato Società Nazioni ma per ora è soltanto parafato e dorme in una cassetta dacchè per il tramite di Scialoja il Governo italiano gli fece sentire ... (2) aggiornare la firma. Gli ho detto che continui ... (2) a !asciarla dormire ... (2) rispondere nè pro nè contro. Briand però ha parlato nel senso che firma non avverrà. Egli ha espresso voti di un sollecito chiarimento dei rapporti italajugoslavi. Ha ricordato che ha sempre dato consigli in tal senso a Belgrado; ha detto che vedendo Marinkovich a Ginevra glieli rinnoverà.

381

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2080/680. Bled, 27 agosto 1927, ore 16,55 (per. ore 20).

Mio telegramma 678 (3) e suo telegramma 4711/550 (4).

Circa eventuale firma patto amicizia franco-jugoslavo già da tempo parafato dalle due parti, essa venne da V. E. finora fatta procrastinare servendosi opera delegazione italiana Ginevra. Sono del parere che Marinkovich il quale come ho già telegrafato si reca Ginevra prima elezioni politiche in Jugoslavia, farà di tutto per addivenire alla firma del patto stesso e ciò anche per avere un successo da sfruttare a scopo elettorale oltre per accontentare le correnti francofile dei circoli militari.

(l) -Cfr. n. 374. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -T. 6037/678 del 26 agosto: smentita del Governo jugoslavo alla notizia di incontro fra Re Alessandro e Re Boris. (4) -Cfr. n. 375.
382

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A KAUNAS, AMADORI

T. GAB. 1260/49. Roma, 28 agosto 1927, ore 4.

Telegramma di V. S. 41 (1).

Schema trattato di commercio è stato spedito per posta ieri a V. S. e qualora codesto Governo lo accetti senza modifiche, firma potrebbe avvenire in occasione visita codesto presidente del consiglio. In ogni caso capo del Governo riceverà volentieri sig. Valdemaras che secondo le consuetudini e qualora egli lo gradisca sarà considerato ospite del R. Governo.

Concordo con V. S. circa opportunità di non dare soverchio rilievo alla visita e chiarire che essa rappresenta atto di cortesia diretto facilitare sviluppare rapporti commerciali. Occorre evitare però che visita appaia come appendice a quella compiuta in Vaticano e mettere anzi in chiaro intendimento R. Governo che, come d'abitudine, visita alle autorità italiane deve precedere quella in Vaticano.

383

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A BASILEA, TAMBURINI

T. 4788/11. Roma, 30 agosto 1927, ore 3.

Invito V. S. a seguire con molta attenzione congresso sionisti che terrassi costì a cominciare dal 30 andante e ciò anche in rapporto situazione Palestina. Voglia notiziarmi per telegrafo e con un rapporto finale (2).

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2092/192. Sofia, 30 agosto 1927, ore 21,30 (per. ore 2,25 del 31).

Tensione serbo-greca e incidente serbo-bulgaro Zaribrod hanno prodotto grande impressione questi circoli governativi politici giornalistici e presso opinione pubblica. Questi ultimi giorni ho ripetutamente visitato Buroff e Moloff esortandoli vivamente • avere coraggio e dignità • e reagire sia pure correttamente ma con qualche parola virile nella stampa di Sofia alla riunione [sic] stampa jugoslava che da alcuni mesi, incoraggiata anche da apparenza di rassegnata adesione da parte stampa bulgara, aveva passato ogni limite di verità, di

correttezza e di rispetto. Giornali di ieri e di oggi compreso BuZgarie notoriamente al soldo della Francia con improvviso révirement proclamano impossibile qualsiasi accordo tra la Bulgaria e Serbia accusando quest'ultima (giornale SZovo favorevole al Governo Liapceff) di falsità, invidia, odio e propositi mal celati sotto blandizie ultimi mesi di arrivare un giorno • alla serbizzazione dei bulgari entro i confini della grande Serbia •. Trasmetto per corriere articoli stampa. Mi permetto rispettosamente segnalare grande opportunità che S. E. Grandi a Ginevra intrattenga seriamente sulle relazioni serbo-bulgare in rapporto all'Italia Moloff e specialmente Buroff col quale mi sono ultimamente espresso con e!'trema chiarezza e interesse sull'argomento.

(l) -T. gab. 2071/41 del 25 agosto, che non si pubblica. (2) -Il telegramma, in origine indirizzato a Berna, è di pugno di Mussolini.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2091/523. Berlino, 30 agosto 1927, ore 22,52 (per. ore 3,20 del 31).

Telegramma per corriere di V. E. n. 1253 (1).

Mi sono espresso con Stresemann in conformità del telegramma suddetto, e cioè che atteggiamento Italia di fronte questioni che Germania sollevasse in commissione mandati sarà naturalmente influenzato dalla nostra insoddisfazione nella sistemazione coloniale. Ho poi ricordato a Stresemann che qualsiasi azione dell'Italia di fronte alle potenze ... (2) Londra e di quello della Germania. Stresemann non ha replicato. Parlandosi poi sulle voci di presunti accordi per una prossima distribuzione dei mandati, Stresemann mi ha detto egli non intende per ora fare alcun passo in proposito, poichè considera la questione non attuale. Infatti, egli disse, fino ad ora Francia sarebbe solamente disposta a consentire che si discutessero mandati affidati all'Inghilterra, come Inghilterra i mandati affidati alla Francia. Se e quando situazione variasse Stresemann mi ha detto non mancherebbe di prendere contatti con Roma.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2093/193. Sofia, 30 agosto 1927, ore 21,30 (per. ore 4 del 31).

Dopo lette sui giornali visite re Boris accompagnato da ministri bulgari a Doumergue, Poincaré, Briand e sua manifestazione tomba soldato ignoto, ho accennato a Buroff mia personale impressione che viaggio sovrano uscisse da stretto incognito precedentemente affermato per assumere aspetto quasi ufficiale. Ho accentuato carattere mio personale tale osservazione non avendo rice

vuto istruzioni al riguardo nè avendo avuto risposta mio telegramma 111 gabinetto addì 9 giugno (l) circa possibilità di un mio intervento per includere nel viaggio re Boris visita a Roma date mie personali relazioni col sovrano e suo entourage. Buroff mi ha dichiarato sovrano avere avuto semplici conversazioni cortesia con presidente della repubblica francese il quale si sarebbe limitato consigli al re continuare politica di pazienza e prudenza già bene apprezzata in Europa e che darà certo buoni frutti alla Bulgaria. Quanto a conversazioni con Poincaré e Briand, Buroff non ne aveva ancora notizia ma riteneva avessero avuto stesso carattere cortesia non avendo sovrano nè incarico nè intenzione parlare di politica durante suo viaggio. Buroff poi mi ha spontaneamente aggiunto: • Il re andrà in Italia e credo a Roma». Personalità intima del re e in relazioni amicizia con me, di cui al mio telegramma 167 gab. 22 corrente (2), mi ha riservatamente confermato notizia.

(l) -Cfr. n. 377. (2) -Gruppi indecifrati.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AI MINISTRI A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, A BUCAREST, DURAZZO, E AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. PER CORRIERE 4813. Roma, 31 agosto 1927, m·e 18.

Questo ministro di Romania è venuto ieri a chiedermi l'appoggio della delegazione italiana a Ginevra nella nota questione degli optanti ungheresi. Gli ho risposto in modo evasivo, cercando di mettere in evidenza le difficoltà di una soluzione, per cui sappiamo che Chamberlain è molto preoccupato non sapendo come uscirne. Gli ho poi fatto considerare quanta importanza abbia per la Romania il mantenimento dei buoni rapporti itala-ungheresi, e come sia utile per ambo le parti che l'Italia non prenda nella delicata materia che in realtà ha uno sfondo politico un atteggiamento deciso in favore dell'una o dell'altra. Ciò rischierebbe di metterei in una posizione imbarazzante e costringerebbe, senza alcun bisogno, a scontentare necessariamente uno dei due contendenti. diminuendo così quella posizione conciliatrice che intendiamo conservare nei riguardi dei due paesi e che ad ambedue può riuscire utilissima.

La questione degli optanti ungheresi è uno dei tanti residuati di guerra che è trattata ancora nei due paesi collo spirito dell'immediato periodo post-bellico. Per darle una soluzione che offra qualche garanzia di giustizia e di stabilità e che possa essere accettata dalle due parti, sarebbe forse opportuno, se non si può giungere ora ad un accordo allontanarla nel tempo ed aspettare che si formi un'atmosfera di maggiore serenità. Analogo ragionamento ho fatto a questo incaricato d'affari d'Ungheria che veniva pure a chiedermi l'appoggio della delegazione italiana.

(l) -Cfr. n. 258. (2) -T. gab. 2063/167, che non si pubblica.
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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2124/920. Costantinopoli, l settembre 1927 (per. il 6).

Con consueta eccessiva facondia ministro degli esteri nella lunga conversazione odierna mi ha riaffermato suo sentimento di simpatia e di amicizia per Italia, sua profonda ammirazione per V. E., sua certezza che rapporti tra i due paesi attraverso graduale ma sicuro miglioramento sarebbero giunti a concretarsi in una forma precisa e costante.

Nè conviene, egli ha aggiunto, ripetendo frase dettami lo scorso anno, affrettare un tale processo.

A suo avviso, rapporti italo-turchi da un primo periodo di diffidenza che li rendeva instabili e incerti erano a poco a poco entrati nella presente fase di chiara intesa diplomatica; fase anche questa transitoria in attesa dell'immancabile periodo di realizzazione, basata sulla stessa linea di politica mediterranea, su comunanza di interessi nei Balcani, su collaborazione economica commerciale.

Quando Italia raccoglieva sue forze e noi attraversavamo una crisi che a molti pareva mortale era logico -dice Tefik Russdi -diffidare e sorvegliarsi a vicenda. Col rafforzarsi dello stato fascista e del regime kemalista sempre più si afferma necessità di essere e di agire d'accordo pel bene comune.

Se avesse potuto parlare più apertamente il ministro mi avrebbe detto: c'era pericolo di rottura e di conflitto quando la Turchia era debole. Ora che essa è forte ed armata tale pericolo è lontano e l'Italia è la potenza mediterranea che più proficuamente possa collaborare in ogni campo con la giovane repubblica.

Il ministro si è detto assai dispiacente -ha accentuato il suo dispiacere con frasi che possono essere sincere -di avere mancato ancora una volta l'occasione di abboccarsi con V. E. Mi ha detto che aveva rinunziato a muoversi poichè lo scopo primo del suo viaggio era quello di incontrarla.

Ripetutigli molti motivi per i quali nelle conversazioni circa l'incontro egli era venuto a mettersi dalla parte del torto, ha finito per riconoscerli, afferrandosi però senza cedere alle due note principali ragioni:

a) che un suo viaggio avente Roma per meta unica avrebbe sollevato un putiferio; b) che non trattavasi di un vero e proprio invito fattogli da V. E. di recarsi a Roma.

Comunque quod differtur non aufertur: ed egli ritiene che appena gli sarà possibile (cercherà l'appiglio di una conferenza o di un congresso a Ginevra o altrove) farà in modo perchè abbia luogo incontro con V. E., dal quale ritiene molte cose usciranno chiarite e probabilmente relazioni tra Italia e Turchia saranno avviate senza esitazioni verso quella fase finale da lui preconizzata.

Interrogatomi egli sulle tendenze attuali dei circoli fascisti verso la Turchia, gli ho detto esse erano profondamente chiaramente pacifiste quali V. E. avevale enunciate in più di un discorso e confermate con l'azione diplomatica di ogni giorno, dovunque.

28 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

Ho voluto citargli, a riprova pratica, affare che nostri cantieri stanno trattando con ministero marina turco per fornitura di due navi leggere in 22 mesi senza alcuna garanzia con pagamento in 10 anni (vedi mio telegramma per corriere n. 5823/862 del 15 agosto u. s.). La notizia non chiede commenti ed egli se ne è mostrato compreso e mi ha detto che apprezzandone tutta l'importanza ne avrebbe intrattenuto il Gazi.

Di Mustafà Kemal mi ha detto semplicemente che il suo genio maturava tutto preso dal lavoro immane di costruzione che ancora resta da fare. In politica estera il Gazi pienamente approvava le sue opinioni -frutto di minuzioso esame e di lunga riflessione -su quanto andava svolgendosi nei vari settori della politica mondiale, opinioni ch'io riferisco a parte, a seconda degli argomenti.

389

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI

T. GAB. RR. 1275/80. Roma, 2 settembre 1927, ore l.

Per lei solo. Suo telegramma n. 36 (1). Non (dico non) ritengo sia il caso che V. S. prenda in qualsiasi modo contatto con capo segnalatomi (2).

390

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E A PARIGI, MANZONI

T. PER CORRIERE 4857. Roma, 3 settembre 1927.

(Per Berlino). Ho telegrafato alle RR. ambasciate in Parigi e Londra.

(Per tutti). Dal modo con cui si sono svolte le discussioni e si è addivenuti al conseguente accordo sulla limitazione del corpo d'occupazione renano così come da altri recenti indizi concomitanti traggo l'impressione che da qualche tempo i rapporti fra Quai d'Orsay e Foreign Office sian divenuti più serrati ed assai più intimi orientandosi verso una comune e concorde azione nei vari problemi che si agitano ora nel campo internazionale.

La cosa non può !asciarci indifferenti e va anzi seguita e vigilata con particolare sottigliezza d'indagine e disamina. Mi sarà perciò fin d'ora gradito conoscere anche la personale impressione di V. E. insieme a tutti quei riflessi ulteriori di circostanze che sul luogo le possano essere suggeriti dalla sua quotidiana osservazione.

\2) In un primo tempo, in risposta al telegramma di Bastianini, era stato minutato il seguente telegramma: • non ho difficoltà a che V. S. ascolti capo indicatomi a condizione vi siano sufficienti garanzie che incontro rimanga assolutamente segreto. Se possibile sarebbe meglio farlo ascoltare da persona di fiducia di V. S. Ad ogni modo è da escludersi fin d'ora possibilità accordare da parte nostra aiuti materiali •. Questa minuta reca a margine l'annotazione di Grandi: « telegrafare che non parli col Pascià di Marra[kesh] ».

(l) Cfr. n. 359.

391

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 1814/414. Sofia, 3 settemb1·e 1927.

I giornali di Sofia riproducono dal Berliner Tageblatt una notizia proveniente da Belgrado, secondo cui i circoli politici serbi attenderebbero per la fine di settembre la stipulazione di un patto d'amicizia bulgaro-jugoslavo. Secondo la stessa fonte il Ministro di Serbia a Sofia, Netchich, si sarebbe recato in questi giorni a Belgrado per riferire al suo Governo circa lo stato delle trattative col Governo Bulgaro. Quest'ultima notizia è falsa, il Netchich essendosi precipitato a Belgrado unicamente per cercare di riparare i gravi effetti degli incidenti di Zaribrod e probabilmente per conferire circa le illusioni sue e del suo Governo (da me del resto sempre ritenute insincere), relative al riavvicinamento serbo-bulgaro.

L'ostinata insistenza della Serbia nel lanciare, con una monotonia che sta diventando esasperante, fandonie e ballons d'essai sull'unico tema dei rapporti tra Sofia e Belgrado, non può essere spiegata soltanto con le necessità dell'attuale periodo elettorale in Jugoslavia. Le cause vere vanno ricercate altrove e cioè primo, nel proposito (spontaneo, o suggerito, o le due cose insieme) di far credere all'Europa e a Ginevra che la Serbia è pacifista, amichevole, ben disposta verso i vicini, anche se questi siano le sue vittime di ieri e di oggi; e ciò probabilmente col duplice scopo di attirare o consolidare a suo favore appoggi di altre Potenze, nonchè di nascondere sotto la tentata creazione all'estero di un'atmosfera di simpatia e di fiducia verso questa • brava e tranquilla Jugoslavia "• propositi e forse azioni di ben altra natura; secondo nell'insuccesso clamoroso della qui troppo lungamente tollerata • campagna pel riavvicinamento » condotta in Sofia e in tutta la Bulgaria con manovre e mezzi di ogni genere (anche i più equivoci) e che neanche tra Stati balcanici ha potuto essere continuata indefinitamente senza svelare il suo vero aspetto fondamentale, cioè la permanente inimicizia e l'immutabile odio nutriti dai Serbi verso il popolo bulgaro. Di fronte a questo insuccesso, però, e a malgrado di esso, Serbi continuano a battere imperterriti sullo stesso tema, confidando nel buon risultato del sistema di lanciare invenzioni a traverso la stampa europea, quasi a coprire il mutato suono delle voci provenienti dalla Bulgaria. La reazione vivissima qui provocata dagli incidenti di Zaribrod, ha permesso finalmente a questa R. Legazione (che aveva pazientemente sostenuto sino ad oggi una sorda quotidiana lotta di resistenza) di far toccare con mano al Governo bulgaro la verità di quanto si è sempre sostenuto circa il vero suicidio politico morale cui la Bulgaria andrebbe sicuramente incontro accordandosi con i Serbi, oltre alla sua opposta convenienza di restare interamente libera e indipendente, di fronte al Regno S.H.S., per qualsiasi, oggi imprevedibile, futura eventualità. Non che io abbia mai pensato di dubitare delle dichiarazioni fattemi ad abundantiam da Liapceff e da Buroff (e in loro nome da me ufficialmente comunicate anche di recente a V. E.) circa la totale inesistenza di ogni anche

vaga trattativa con la Serbia e circa il fermo proposito del Governo bulgaro di non concludere nessun • patto » con la Jugoslavia, tranne forse un accordo commerciale, di secondaria importanza, data l'esiguità dei traffici tra i due Paesi. Ma le forme tutte proprie della Serbia e i metodi da essa adoperati (dai

• canti di sirena » al danaro profusamente largito agli agrari bolscevizzanti della Bulgaria e ai rinnegati macedoni emigrati in Serbia, in Austria e in Francia) rendevano obbligatorio che da parte nostra si agisse, qui a Sofia, come se le • possibilità » di stretti accordi serbo-bulgari fossero • vere », Il che si è fatto anche per sostenere il morale dei Bulgari non addentro ai misteri della politica e che avrebbero potuto restare disorientati e incerti di fronte ad una Italia qui non attentamente resistente ed operante.

Ciò dichiarato, mi permetto esprimere un'ipotesi mia personale corroborata dall'odierna esplosione antiserba verificatasi sia nella stampa che nella opinione pubblica bulgara per i fatti di Zaribrod (che non sono stati tuttavia nè i primi nè gli ultimi del genere) ipotesi secondo cui non il solo Governo serbo avrebbe accentuato, per i fini sopra indicati, la sua tendenza verso uno stretto riavvicinamento con la Bulgaria, pur essendo convinto a priori dell'impossibilità di raggiungere tale scopo sino a che durino l'attuale costituzione del Regno S.H.S. e le attuali conseguenti condizioni della politica interna jugoslava, specie di fronte alla minoranza macedone, e sino a che esistano le attuali frontiere del Regno S.H.S. ma anche il Governo bulgaro avrebbe in fondo abilmente • giuocato » per vari mesi il Governo serbo, facendo credere ufficialmente e ufficiosamente di accogliere con interesse -ma sempre fino a un certo punto -il movimento jugoslavo (dico il movimento e non le proposte che non ci furono mai da parte di Belgrado) a favore di un • riavvicinamento » serbo bulgaro. La Bulgaria si sarebbe così assicurata (dopo la famosa Nota collettiva dell'agosto 1926) un buon periodo di vita relativamente tranquilla nei confronti del turbolento e urtante vicino, durante il quale periodo essa ha potuto fare con successo le elezioni generali, e provvedere e studiare molte e gravi questioni interne e sopratutto economiche con maggiore calma di quel che non le fosse concesso nel recente passato, quando ogni mattina Governo e popolo bulgari si destavano domandandosi che cosa avrebbe loro riservato per quel giorno la torbida politica della Sciumàdia (la provincia nucleo della vecchia Serbia, che, per i Bulgari, identifica il nemico implacabile, odiatore e odiato).

È, ripeto, una mia ipotesi, che non pretendo affermare esatta perchè, come ho già avuto l'onore di dichiarare a V. E., ritengo -dopo l'esperienza di un anno -che nell'attuale periodo storico-politico d'Europa, la Bulgaria rappresenti uno dei fattori più ermetici, più incerti, più disorientati e perciò di maggior difficoltà di comprensione e di penetrazione.

Tuttavia, oltre alle esplicite dichiarazioni fattemi dal Buroff, dal Molloff e dal Liapceff, del cui retto galantuomismo (specie dei due ultimi) non è possibile dubitare; dichiarazioni costantemente, categoricamente contrastanti con le vanterie, le dicerie, i bluffs jugoslavi in materia di relazioni serbo-bulgare, oltre a ciò v'è un altro argomento che mi induce a credere che i due Governi, che pure si conoscono bene tra di loro e come gli • auguri • antichi non dovrebbero quindi pensare di potersi reciprocamente ingannare, abbiano invece realmente giuocato • a prendersi in giro », con maggiori mezzi, e maggiori aiuti, e maggiore disinvoltura, e minori scrupoli il Governo serbo; ma ambedue con la furberia che potrebbe dirsi • contadinesca • dei popoli balcanici, rafforzata dalla non lontana lunga comune abitudine all'ipocrisia; mezzi di difesa in vigore all'epoca dell'oppressione ottomana. Tale altro argomento mi è offerto dalle improvvise brevi dichiarazioni fatte da Buroff, al momento di partire per Ginevra, al • Zorà • di Sofia, in cui il Ministro degli Esteri bulgaro ha pubblicamente definito « pura accademia • tutto il lavorio jugoslavo per un serio riavvicinamento con la Bulgaria.

È vero che per un intero anno, forte del nome e delle istruzioni di V. E., io ero stato (V. E. mi perdoni l'espressione famigliare) • addosso • a Buroff (oltre che a Liapceff e Molloff) per trattenerli dal pericolo di ogni minima condiscendenza anche formale di fronte alle pressioni parolaie (perchè in concreto, ripeto, i Serbi non si sono mai compromessi in nulla) provenienti da varie parti del Regno S.H.S. e più specialmente da questo Ministro jugoslavo, brav'uomo in fondo, che distribuisce sorrisi a profusione anche a chi non conosce (il primo giorno che mi vide mi disse che egli ama l'Italia come la sua seconda patria!), ma che cerca di adempiere con tutte le sue forze, e anche più, la missione affidatagli da Belgrado, di buon seminatore della futura alleanza balcanica. La speranza e .la fiducia in V. E. e nell'Italia, hanno dunque -è vero -efficacemente e sempre influito sull'animo e lo spirito di questi governanti (cfr. anche mio telegramma n. 162 Gab. personale per V. E.) (l) sorreggendoli nella delicata situazione in cui si erano posti col mostrarsi, in linea di principio, non alieni da una politica di buone relazioni di vicinanza con la Serbia, con voluta attenuazione delle questioni più spinose, pur affermando sempre (è doveroso il dido) che la Bulgaria non avrebbe mai abdicato nè alla sua dignità di Stato sovrano nè ai suoi diritti, e avrebbe sempre preteso di essere trattata da pari a pari, e non con la condiscendenza di un superiore o di un nuovo-ricco verso un inferiore od un decaduto.

Ma, pur astraendo dall'importante fattore rappresentato nella più recente politica bulgara (specie dalla Nota collettiva agosto 1926) dalla persona e dall'Autorità di V. E., sta di fatto che -d'un tratto tutto il complesso delle manifestazioni ufficiali, ufficiose e giornalistiche della vita pubblica di questo Paese, si è profondamente mutato: rivolta della stampa, impressionante unanimità di giudizi e di rancori da parte di tutti i Bulgari, di ogni ceto, con cui si parli; profonda, seria, cosciente avversione a ogni transazione e ad ogni patteggiamento da parte del corpo degli ufficiali, di ogni arma ed età; e -infine -le inusitate dichiarazioni fatte dall'On. Buroff (la cui prudente riservatezza è proverbiale) al • Zorà • di Sofia, avvalorate dalle fredde risposte dello stesso Buroff date, al suo passaggio da Belgrado, in viaggio per Ginevra, ad un redattore del Politika cui fa riscontro, invece il tono insolitamente minore e quasi nascostamente disilluso e ostile, della breve secca risposta data al Vreme di Belgrado dal Ministro degli Esteri serbo Marincovich, anch'egli di imminente partenza per Ginevra. • Probabilmente (?) -egli ha detto -mi incontrerò col Signor

Buroff a Ginevra. Non so nulla di che cosa pensi il Signor Buroff. Non ho alcun piano per speciali ·Conversazioni col Signor Buroff. Del resto noi continuiamo a lavorare per migliorare per quanto sia possibile le nostre relazioni con la Bulgaria •.

Ora, questo cambiamento a vista delle relazioni serbo-bulgare (relazioni mi permetto ripetere -di apparente volontà d'intesa, perchè, come ho detto sopra, in realtà il Governo bulgaro in nulla ha mai positivamente ceduto alle pressioni e agli allettamenti di Belgrado), questo <:_ambiamento a vista, può avere come sola spiegazione gli incidenti di Zaribrod che -si è già osservato non sono stati i primi nè saranno gli ultimi del genere?... Non è di Liapceff [sic] abbia creduto giunto il momento di dare un colpo di arresto (non ci si può azzardare a dire: troncare) alla linea di condotta sin qui da esso seguita, e fatta seguire dagli organi ufficiosi della stampa bulgara, di mostrar di aderire in principio agli inviti e agli incitamenti di Belgrado circa la necessità di un più stretto riavvicinamento tra Serbia e Bulgaria.

Ma -se questo • colpo d'arresto • è stato veramente voluto da Sofia quali possono essere stati i reali motivi che lo hanno determinato?

l) Una reazione contro l'eccessiva improntitudine jugoslava di questi ultimi tempi, che dalle fantasie irrispettose sull'incontro tra i due Sovrani e sulle offerte di un'eventuale abdicazione da parte di Re Boris, è arrivata al punto culminante del discorso elettorale di Koroseks, col chiaro, preciso e contemporaneo accenno al pericolo italiano contro la Jugoslavia e alla buona via sulla quale erano ormai basate -invece -le relazioni d'amicizia tra il Regno

S.H.S. e la Bulgaria? 2) Il bisogno di tranquillizzare apertamente l'Italia circa i rapporti dì Sofia con Belgrado, in vista del difficile compito, riservato a Ginevra ai Ministri

Buroff e Molloff, di ottenere alla Bulgaria un nuovo grande prestito internazionale? Non bisogna dimenticare che quando il Governo bulgaro, lo scorso febbraio, desiderò in maniera intensa e direi quasi definitiva l'abolizione del

Controllo Militare, fu a V. E. che esso si rivolse per aiuto e consenso, e non ad altri.

3) La speranza di poter modificare (anche in vista della prossima richiesta del prestito stesso) la condotta della Francia, attenuandone l'appoggio a favore di Belgrado, e cercando invece di avvicinarla alla Bulgaria con maggior senso di simpatia e di giustizia di quel che la Francia non abbia sinora fatto per i suoi fini personali, del resto reciprocamente concordati nei nostri riguardi con i fini (e i timori) di Belgrado? Qualche recente segno farebbe pensare alla fondatezza di questo terzo motivo: il viaggio a Parigi di Re Boris, uscito dall'incognito; le sue visite a Doumergue, Poincaré e Briand e il suo gesto sulla tomba del soldato francese ignoto; i soldi francesi agli agrari bulgari e ai macedoni emigrati, da qualche tempo (a quanto mi risulta) sospesi o fortemente diminuiti; l'invio alla Conferenza interparlamentare di Parigi, come capo della Delegazione bulgara, del serbofilo On. Vassileff, il quale con sorpresa di questa pubblica opinione ha pronunciato in quel consesso in nome della Bulgaria un discorso, per verità serio e dignitoso, in cui era chiaramente affermata l'impossibilità di ogni intesa tra popoli balcanici (leggi Bulgaria e Serbia) sino a quando la

questione delle minoranze (leggi questione macedone) non sarà stata regolata secondo giustizia e umanità.

E ciò, proprio per bocca di quella invadente personalità politica bulgara, il Vassileff, che aveva poggiato sinora la sua ambizione e la sua speranza sul farsi paladino di • intese » con la Serbia, coute-que-coute, senza condizioni e senza asprezze.

Quale dei tre motivi su esaminati sia il vero, o se lo siano tutti e tre; o se altri ancora ve ne siano; o se sia anche da prendere in considerazione l'ipotesi più sentimentale (e però da me lasciata per ultima) di una ripresa di coraggio virile e di dignità nazionale da parte del Governo e dei circoli politico-giornalistici bulgari di fronte alla Serbia non mi è possibile precisarlo.

Ho già avuto occasione (mio telegramma 164 Gabinetto (1), in fine) di giudicare questo Governo e questo Popolo come uno dei più difficili a intendere, oggi, perchè la via da seguire verso il risollevamento politico ed economico del paese non è ancora apparsa ben chiara innanzi ai loro occhi.

Mentre assicuro V. E. che nell'ambito delle mie forze e dei mezzi che ho a mia disposizione io vigilo ed agisco nel quadro preciso delle istruzioni già datemi a voce da V. E., e ripetutemi poi nel corso di quest'anno, credo tuttavia opportuno inviare a V. E. (che vorrà perdonare la forma affrettata e non convenientemente riveduta, data la ristrettezza del tempo ed il molto lavoro) le suesposte considerazioni -riferentisi a un momento importante della vita pubblica bulgara, e buono nei riflessi delle nostre fondamentali necessità politiche in questo paese; tanto più avendo S. E. l'On. Grandi l'occasione di incontrarsi tra breve con l'On. Buroff e l'On. Molloff a Ginevra queste mie notizie ed impressioni potranno forse essere di una qualche utilità nell'esame che verrà fatto, della situazione della Bulgaria nei riguardi dell'Italia, della Serbia e delle altre Nr~zioni maggiormentP. interessate alla politicli' balcanica.

(l) Cfr. n. 365.

392

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 6428/206. Sofia, 6 settembre 1927, ore 12 (per. ore 16).

Il seguente telegramma fa seguito al precedente (2).

Trasmetto oggi. il testo dei due articoli che ritengo potrebbero essere util

mente passati per intero alla stampa italiana. Date attuali generali manifesta

zioni contro Serbi&, dimostrazioni contro riavvicinamento bulgaro-serbo sia da

parte dell'opinione pubblica che stampa e circoli politici anche vicinissimi

Governo e data anche attitudine più ferma presa da Buroff (mio rapporto

n. 414 gab. che parte oggi 5 settembre) (3) chiedo venia V. E. se mi permetto insistere su grande opportunità chiarire colloqui con Buroff e Moloff a Ginevra.

Sarebbe a mio avviso necessario oltre che opportuno e utile che nostro atteggiamento Ginevra fosse benevolo incoraggiamento nei riguardi delle richieste bulgare pel nuovo prestito, che qui tutti indistintamente, diplomatici, banchieri, e persino la commissione interalleata controllo giudicano assolutamente indispensabile (vedi lettera a Falletti di cui al mio telegramma segreto a V. E. n. 199 del 1° corrente). Occorre pensare che se Bulgaria vedrà male accolte o respinte sue richieste per questioni vitali e sua resurrezione economica non solo perderà coraggio verso Serbia (che ricomincerà da capo con i suoi allettamenti, intrighi, manovre) ma perderà fiducia di fronte grandi nazioni. È invece per noi assolutamente necessario conservare tale fiducia e non essere eventualmente confusi con altri che avessero a Ginevra ..... (l) bulgaro e non assecondato su profonde speranze.

(l) -Cfr. n. 369. (2) -T. gab. rr. 2121/205 del 5 settembre, ore 20: articoli di stampa bulgari ostili alla Jugoslavia. (3) -Cfr. n. 391.
393

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLl ESTERI, MUSSOLINI, AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. GAB. 1285/222. Roma, 6 settemb1·e 1927, ore 24.

Notabile albanese Hassan bey Pristina di cui le fu fatto cenno durante ultima visita di V. S. a Roma ha preparato nuovo memoriale alla Società delle Nazioni per documentare trattamento fatto da Governo jugoslavo a minoranze albanesi. Poichè Pristina attende mio benestare per presentazione e diffusione del memoriale prego V. S. comunicargli tale mio benestare e tenersi in contatto molto discreto con lui per consigliarlo nelle pratiche relative e nei rapporti con codesto segretariato genPr.l;l.le.

394

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. RR. 1286. Roma, 6 settembre 1927, ore 24.

Approvo sua linea condotta questione optanti ungheresi. Dal mio telegramma n. 4813 del 31 agosto scorso (2) V. E. aveva certamente rilevato che la direttiva che il R. Governo crede più conveniente seguire nella vertenza per gli optanti ungheresi è quella di non prendere iniziative di soluzioni che possano urtare le due parti in contrasto e quindi avere incresciose ripercussioni sui nostri rapporti politici sia con l'Ungheria che con la Romania. Tuttavia se fosse assolutamente inevitabile di prendere una decisione e si dovesse venire ad una votazione, ella dovrà attenersi alle istruzioni contenute nel mio telegramma 2987 del 10 giugno scorso (3) cioè in definitiva appoggiare opportunamente punto di vista ungherese.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 387. (3) -Cfr. n. 263.
395

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2127/699. Belgrado, 6 settembre 1927, ore 21,30 (pe1·. ore 1,15 del 7).

Mio telegramma n. 686 (1).

Signor Stylla mi ha detto oggi che Zena bey è realmente ammalato ma che trattasi di malaria e che fra qualche giorno sarà rimesso. Zena bey gli ha di;chiarato che conta partire per Praga verso la metà corrente mese. Stylla mi ha poi parlato estesamente del colloquio da lui avuto con Marinkovich pochi giorni dopo il suo arrivo a Belgrado (vedi telegramma di questa legazione 650) (2). La parte più importante del colloquio stesso e che lo Stylla aveva finora taciuto a questa legazione è la seguente: Marinkovich disse che egli aveva la sicurezza che il punto di vista inglese circa interpretazione patto Tirana era identico a quello jugoslavo. Che però ciò non gli bastava poichè poteva avvenire un cambiamento nell'opinione del gabinetto inglese e la Jugoslavia venire quindi a perdere quella che considera oggi la sola garanzia efficiente nei riguardi dei possibili equivoci del patto Tirana.

Ragione per cui aveva fatto passi presso Governo inglese perchè si facesse parte diligente presso V. E. per avere una spiegazione su patto stesso che assicurasse completamente la Jugoslavia. Marinkovich avrebbe aggiunto che il Foreign Office ha risposto che la questione era troppo delicata per potere insistere presso V. E. per la spiegazione desiderata e che egli Marinkovich non era soddisfatto di questo e avrebbe cercato di tutto per fare indurre l'Italia a chiarire portata del patto di Tirana.

Marinkovich avrebbe poi soggiunto che egli aveva dato ordini di allontanare dalla frontiera jugoslava tutti i profughi albanesi e che Stylla poteva rassicurare il suo Governo che nessuna azione sarebbe stata mai favorita dalla Jugoslavia contro la sicurezza della repubblica [albanese].

Stylla mi ha fatto invece osservare che gli risultava che erano in corso contatti frequenti fra questo ministero affari esteri ed un emissario, certo Akif Llesci di ... (3) per preparare fra non molto un movimento insurrezionale al ... (3). Su quest'ultimo punto ho già dato istruzioni ai RR. consoli Uskub e Monastir nonchè a Sceldia perchè vengano attivate indagini e mi riservo riferire. Stylla non è riuscito sapere quale sia interpretazione patto Tirana sulla quale sono d'accordo Governo inglese e Governo jugoslavo. Non so quanto si possa credere a Stylla che per quanto abbia studiato in Italia è pur sempre albanese. Certo mi ha sorpreso il fatto che egli abbia atteso circa 20 giorni per riferire un passaggio tanto importante del colloquio con Marinkovich. Egli ha detto di averlo riferito subito al suo Governo e di avere avvertito anche Sola. Il presente telegramma continua col numero successivo.

(l) -Non rinvenuto. (2) -T. gab. 2022/650 del 13 agosto, che non si pubblica. (3) -Gruppo indecifrato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2128/700. Belgrado, 6 settembre 1927, ore 21 (per. ore 0,15 del 7).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente.

Segnalo ad ogni buon fine a V. E. che i giornali locali di questi giorni hanno messo in grande evidenza i • lunghi colloqui • che Marinkovich ha avuto con Chamberlain a Ginevra. Tornano poi a circolare le voci che il patto di amicizia franco-jugoslavo sarà firmato. Mi sembra che possa stabilirsi abbastanza chiaramente quale sia la linea di condotta di Marinkovich, e cioè: approfittare degli incontri di Ginevra per rafforzarsi sia all'estero che all'interno. Nella sua azione estera insisterà per avere un successo formale ed appariscente con la firma del patto con la Francia; col fare opera di persuasione con Chamberlain valendosi a tale proposito dell'opera già da lungo tempo esplicata, e non certo benevola verso l'Italia, da questo ministro d'Inghilterra signor Kennard; col ce:rcare di migliorare i rapporti con i suoi vicini, cioè con la Grecia, con la Bulgaria e con l'Ungheria mediante colloqui coi rispettivi ministri degli affari esteri e incaricati d'affari. Già si preannunzia attraverso la stampa una campagna atta a mettere in luce l'opera di Marinkovich a Ginevra e l'abilità diplomatica ivi dimostrata.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL PREFETTO DI ZARA, CARPANI

T. 4933. Roma, 7 settembre 1927, ore 1,30.

Viene riservatamente riferito che in occasione visita che nostra divisione

navale farà a Zara verso la metà del corrente mese si ventilerebbe in alcuni

ambienti di codesta città intendimento di trarne motivo per manifestazioni ostili

Jugoslavia.

Desidero che nel presente momento politico ciò non avvenga in modo asso

luto e prego V. S. di fare opera persuasiva in tal senso e di prendere eventual

mente preventive necessarie misure.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR. RR. 246409/598. Roma, 7 settembre 1927.

Rapporto di V. E. n. 2333/835 A l del 27 luglio u. s.

Il R. Ministro a Durazzo, cui detti comunicazione del contenuto del rap

porto sopra citato e dei documenti ad esso allegati, relativi al progetto di

Mrs. Aubrey Carnarvon per un prestito all'Albania sotto controllo internazio

nale, ha riferito di essere già a conoscenza di tale progetto, per esserne stato informato dall'E. V. in occasione di una sua recente visita a codesta Capitale, e di averne anzi parlato, dietro suggerimento dell'E. V., al Prof. Villari, espri. mendogli il suo avviso in proposito.

Questo Ministero concorda col R. Ministro a Durazzo nel ritenere che, benchè

non si tratti di iniziativa seria, si debba far di tutto per farla subito tramontare, perchè, ove mai l'Albania ne venisse a conoscenza, essa potrebbe esser tentata di puntare su questa carta, cercando di trasformare quello che dovrebbe, nell'intenzione dei promotori, essere un prestito destinato a scopi di carattere sociale, o addirittura di beneficenza, in un prestito destinato invece a riscattare quello contratto dall'Albania con la S.V.E.A.

Il Prof. Villari dovrebbe quindi cercare di formulare la sua risposta al Sig. Boyle, in modo da scoraggiare le persone che hanno preso l'iniziativa del prestito, pur mostrando di apprezzarne le generose intenzioni.

Lo scopo sarà tanto più facilmente raggiunto, quanto più nella sua risposta egli si asterrà da ogni apprezzamento in linea politica, basandola invece su considerazioni di carattere pratico, su dati di fatto desunti da un esame obiettivo della situazione economico-finanziaria dell'Albania.

Egli potrebbe dire che i cespiti principali di entrata albanesi sono implicitamente destinati al pagamento degli interessi del Prestito S.V.E.A., che, dovendo essere investito in opere di interesse pubblico (strade, ponti, bonifiche, porti ecc.) ha già un carattere eminentemente sociale, dovendo contribuire in maniera assai efficace al risollevamento economico morale ed igienico del paese.

Non vi sono in Albania altri cespiti apprezzabili capaci di garantire il nuovo prestito. Sul tabacco non c'è che una tassa minima essendo il fumo colpito, in maniera indiretta ma abilissima, col monopolio della carta di sigarette, i cui proventi sono già impegnati per il prestito S.V.E.A. (Gli albanesi non fumano che sigarette). D'altra parte, come gravare i modesti redditi fiscali albanesi con altri interessi, per un prestito che, nei riguardi di un paese ad economia povera come l'Albania, costituirebbe un peso economi:co immediato, mentre i benefici risultanti dall'impiego del prestito si farebbero sentire (economicamente) solo a lunghissima scadenza?

Il prestito S.V.E.A., destinato ad attrezzare l'Albania di porti, strade, ferrovie, presenta invece questo peculiare carattere, che esso viene impiegato in beni immediatamente produttivi, non solo dal punto di vista dell'economia generale, ma anche dal punto di vista fiscale (tasse portuali, canoni di bonifiche, pedaggi, oppure tasse di circolazione, ecc. ecc.).

La risposta dovrebbe essere insomma intonata a dimostrare che il nuovo prestito, sarebbe piuttosto un male che un bene per l'Albania, e che esso, in ogni modo, non troverebbe nè nelle risorse fiscali albanesi, e tanto meno nelle sue attuali risorse economiche, una garanzia atta ad iJ;:J.coraggiare i sottoscrittori.

Sarò grato alla E. V. se vorrà pregare il Prof. Villari di prender norma dalle suesposte considerazioni nella sua risposta al Sig. Boyle e ogni qual volta, anche in avvenire, fosse richiesto il suo parere o gli venissero mossi quesiti sulla questione del prestito, tenendo sempre presente che le sue risposte devono avere carattere strettamente personale, evitando ogni apparenza di ispirazioni ufficiose.

Gradirò conoscere il seguito dell'iniziativa di Mrs. Carnarvon.

399

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. POSTA R. 3598. Zagabria, 7 settembre 1927.

Ho creduto opportuno, allo scopo di meglio conoscere le finalità di partito del • Blocco croato » di mettermi in contatto con qualcuno dei principali esponenti del partito del diritto croato che insieme con quello federalista e col Dr. Bue hanno recentemente costituito il Blocco.

Il partito del diritto croato -come è noto -è nettamente antiserbo e separatista, e perciò i suoi componenti sono i più accesi contro l'azione accentratrice panserba.

Ho naturalmente evitato i contatti diretti. A mezzo di interposta persona ho fatto chiedere ad uno dei capi del partito del « diritto croato » che è al tempo stesso membro del Direttorio del • Blocco •, quale sia il programma del partito ed ho ricevuto in tutta segretezza un promemoria, di cui invio la traduzione.

Pur non essendovi in esso alcunchè di nuovo sulle aspirazioni dei separatisti, tuttavia il promemoria è interessante quale documento psicologico di una parte degli intellettuali croati.

È notevole l'odio politico contro Radié che dopo avere sostenuto tenacemente la causa croata, è diventato monarchico, ha aderito alla costituzione, ed ora estende il suo partito dei contadini anche nei territori serbi, dando la preponderanza all'azione sociale di classe, ed escludendo il carattere nazionale croato.

Infatti Radié ha dichiarato che il suo partito non si chiamerà più partito

croato dei contadini, ma partito popolare dei contadini.

Dal promemoria appare inoltre che il « Blocco , non si aspetta di avere

successo nelle prossime elezioni, giacchè al massimo ritiene di poter ottenere 3

mandati. È questo un segno dello scoraggiamento che regna nelle sue stesse

fila, per la mancanza di una forte personalità e di una seria organizzazione.

Esso quindi, nonostante la vittoria amministrativa di Zagabria, sembra rassegnato ad avere una parte ben modesta nella vita politica del Paese, non ha nè fede in se stesso, nè un programma chiaro e si esaurisce nell'odio contro i Serbi dominatori, e contro Radié, traditore degli interessi ed ideali croati, odio che potrebbe giungere sino a far commettere dei singoli atti di violenza per disperazione, ma che non riesce ad ispirare, per ora almeno, una azione di carattere pratico e costruttivo.

Tuttavia questo spirito veemente di ribellione che regna in un partito, sia

pur esiguo, ma composto della classe intellettuale mi sembra degno del mag

giore interesse, e mi propongo di seguirne con attenzione lo sviluppo (1).

ALLEGATO

PROMEMORIA

(Traduzione)

Sull'abisso miHenario fra Roma e Bisanzio, qui spalancatosi, che separa religioni, imperi e colture, è st,ato creato, repentinamente, lo Stato dei Serbi, Croati e Sloveni.

Nella storia dei popoli non è mai stato finora tentato un simile esperimento, di voler cioè riunire con la violenza i residui del cattolicismo, della ortodossia e dell'islam, amalgamare nell'era del massimo conflitto fra l'Oriente e l'Occidente la coltura occidentale dei Croati e Sloveni coi rimasugli serbi del dominio turcobizantino e comprimere in una due storiche nazioni con tradizioni divergenti. E ciò per il motivo che a tale esperimento non si prestano i cardini geopolitici (il bacino danubiano, l'Adriatico ed i Balcani), i cardini delle colture e delle religioni, perchè nella storia dei Croati e dei Serbi manca qualsiasi relativo punto d'appoggio. Perciò tale esperimento non può riuscire e non riuscirà mai.

I Serbi sono una nazione balcano-continentale, i Croati una nazione marittima di tipo prettamente occidentale. I serbi gravitano verso Salonicco, i Croati sono l'anello di congiunzione fra il Bacino danubiano e l'Adriatico.

Già un tempo ed a varie riprese la storia ci ha additato il raggruppamento delle sponde orientali dell'Adriatico ed il suo stretto rapporto con la penisola Appenninica.

Lungo l'Adriatico orientale esisteva nel Medio Evo un potente baluardo cattolico da Trieste fino a Durazzo, eretto da Roma, da Napoli e da Venezia e nel contempo protetto ed energicamente rafforzato dal Bacino danubiano. Appena su di un piccolo palmo di terra, fra le Bocche di Cattario ed il Montenegro, è riuscito all'ortodossia di intaccare tale baluardo.

Questo, eretto dai Papi, dai Re Angiovini di Napoli e dalla Serenissima contro Bisanzio ci dovrebbe essere sempre presente dinanzi agli occhi, ora più che mai, in considerazione che mentre il potente Occidente si sforza di distruggere il bolscevismo e per ripristinare lo zarismo, i bolscevichi si atteggiano a succedere nelle tradizioni alla Russia zaristica, su tutto l'Oriente e nei Balcani.

Rafforzatasi la Russia, sia come bolscevismo sia come zarismo, mercè il suo misticismo slavo, le sue recenti tradizioni storiche e la consanguineità delle dinastie, Belgrado diventa l'avanguardia dell'Oriente russo nei Balcani. In base all'artificio di Versaglia l'S. H. S. scende fino all'Adriatico; perciò in poco tempo l'Italia potrà avere come adiacente marittimo non più H debole S. H. S. ma una potente Russia panslava, i cui precursori, già numerosi, si trovano sul posto, in forma di emigrazione fuoruscita.

L'Ungheria, la Croazia e l'Albania, la prima come un cuneo turanico nel corpo panslavo, la seconda come una nazione cattolica e consorella millenaria dell'Ungheria, la terza baluardo perenne e sfinge romanizzata, sono gli elementi che l'Italia dovrebbe vieppiù rafforzare nel proprio interesse, al cospetto dell'incremento ortodosso panslavo.

In Croazia vi sono le necessarie energie colturali, religiose e storiche, potenti e capaci della attuazione di tali concetti. Dette energie hanno intaccato, già di per sè, la debole corteccia jugoslava che il Governo di Belgrado in vari anni di lavoro ha voluto rinvigorire. Se esse energie non sono scoppiate con la eruttiva violenza di un vulcano e non hanno dilaniato lo Stato S. H. S. ne è colpa esclusiva il radi

cianismo.

È vero che Radié ha incominciato la sua lotta nello Stato S. H. S. sulla base

delle tradizioni croate colturali, religiose e storiche. Purtroppo coll'andar del tempo

ha divagato nelle utopie del bolscevismo russo. Egli ha importato fra la nazione

croata occidentale le idee e le massime di Ghandi, di Tolstoj, persino di Confucio,

ossia le idee dei capisaldi della europeizzazione dell'Oriente. Sotto la sua guida si è verificata purtroppo una apparente inversione, c1oe, che nell'opinione pubblica del grande Occidente appaiono i Croati i pionirri del torbido Oriente, ed i Serbi, bizantino-panslavi, i custodi del progresso occidentale.

La maggioranza degli intellettuali croati ha finalmente raggiunto tale importante visione ed ha formato dai due partiti politici croati, conservativi, il cosidetto "Blocco croato •. Il primo di questi è il partito croato «Del Diritto • (Frankiano), il quale sta sulla base del diritto statale croato su tutta la linea e tende a conservare immutate le massime storiche della nazione croata; il secondo è il partito dei «Federalisti » (Unione croata), il quale trae la sua origine dallo stesso albero del diritto, ma negli ultimi due decenni è stato intaccato dalla ruggine jugoslava e dopo aver fatto coi Serbi le più amare esperienze, ritorna alla massima del Diritto statale.

L'idea di tale Blocco parte dal punto di vista di una conflagrazione fra l'Oriente e l'Occidente e rappresenta il Blocco della borghesia conservativa, diretto contro l'azione distruttiva del bolscevismo di Radié.

Il Blocc·o soffre di due difetti manifesti. Il primo è che gli mancano in testa uomini coraggiosi al punto da mettere a repentaglio le loro esistenze nella lotta per il programma. Veramente non sono gli uomini che mancano, ma questi sono costretti, per il momento, a tenersi in retroscena, contro la loro volontà, perchè alcuni del partito, meno coraggiosi, temono la loro guida. Il secondo difetto di cui il Blocco risente è la mancanza di una stampa sufficientemente forte. La stampa principale di Zagabria (gruppo della Tipografija: Obzor, Vecer, Jutarnji List gruppo della Jugostampa: Novosti, Morgenblatt) si trova concentrata nelle mani dei framassoni Dezman e Schlegel, ed è assai gradita a Belgrado, ove esiste persino un Gabinetto framassone. Ambidue i redattori si vantano della pretesa amicizia di Re Alessandro. Si intuisce già il preludio di una fusione di questi due grandi istituti editoriali per riunirli in un trust.

Sembra che le elezioni politiche addì 11 Settembre porteranno al Blocco da 1 a 3 mandati. Il seggio di Zagabria è per lo meno certo. Il motivo della incertezza degli altri due mandati è da ascrivere al capolista del • Blocco •, nella persona del Dott. Trumbié. Fra i veri Croati, specialmente fra i Frankiani, è questi assai odiato, per il fatto che egli in funzione di Ministro degli Affari Esteri ha concluso il patto di Rapallo, con cui l'Italia ha riconosciuto lo Stato adiacente e con ciò si è disinteressata della " Emigrazione croata •. Per questi motivi molti croati si asterranno dal voto.

Se il Blocco riceverà, diciamo, sia pure un solo mandato appartenente ad un frankiano, si convocherà il Grande Consiglio del partito, il quale prenderà la risoluzione di non autorizzare l'eletto a recarsi a Belgrado. Per il caso che nessun frankiano ricevesse un mandato, vale a dire che soltanto Trumbié fosse eletto, si scioglierà l'attuale Direttorio del partito del Diritto croato (Frankiano), che a sua volta verrebbe assunto da un Sinn-Fein croato.

(l) Annotazione marginale di pugno di Mussolini: • Interessante •.

400

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CONSOLE A MALTA, FILETI

T. GAB. (P.R.) P.RR. 376/31. Roma, 8 settembre 1927, ore 4.

Decifri ella stessa. Ho ricevuto i suoi rapporti del 30 agosto e del 1° settembre numeri 168 e 170.

La lettera diretta da V. S. a codesto vice governatore doveva naturalmente provocare la risposta che le è stata data. Ben altra è l'azione persuasiva che con tatto e prudenza ella dovrebbe esercitare, astenendosi da comunicazioni scritte, specialmente concepite come quelle suindicate. Ma poichè allo stato attuale delle cose non mi sembra che ciò sia più possibile, la prego di astenersi fino a nuovo ordine dal rivolgere al Governo locale ulteriori comunicazioni sull'argomento.

Questo ministero si riserva di giudicare circa il momento opportuno per riprendere le conversazioni con Londra.

401

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2129/328. Ginevra, 8 settembre 1927, ore 0,15 (per. ore 5).

Mazzotti comunica: • In seguito considerazioni di opportunità pratica si è deciso tenere in sospeso nota Hassan bey Pristina riservandosi di presentarla per controbattere eventuali manovre Jugoslavia tendenti inviare Società Nazioni nota dei nazionalisti albanesi richiedenti sgombero Saseno. Sono stati per il momento sospesi colloqui che Hassan bey Pristina aveva intenzione di avere con le personalità principali qui convenute in attesa dell'arrivo a Ginevra di

S. E. Grandi •.

Ho dato comunicazione al Mazzotti del benestare di V. E. di cui al telegramma 222 (1). Tuttavia in relazione al punto di vista su esposto col quale concordo mi sembra opportuno, salvo ordini contrari di V. E. di attendere eventuale manovra avversaria prima di iniziare azione.

402

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 2153/390. Atene, 9 settembre 1927 (per. il 13).

Non vi è alcun dubbio che, col recente unanime rigetto, ottenuto da parte della camera ellenica, di quelle convenzioni greco serbe per Salonicco sottoscritte, in regime di Pangalos, nell'agosto 1926 da Rufos e Gavrilovich, Michalacopoulus, ministro degli affari esteri tanto nel primo che in questo secondo Gabinetto Zaimis, abbia chiuso un ciclo notevole di questa politica balcanica, alla quale siamo naturalmente, in così alto grado interessati.

Ciclo durato esattamente un anno, attraverso il ministero cosi detto • di affari • , presieduto dal generale Condylis, attraverso poi, quello • ecumenico •, e, dall'ultimo luglio, attraverso quello attuale di • concentrazione •.

Tre Governi i quali, successivamente, per quanto diretti nei principali loro dicasteri da uomini appartenenti ai partiti ellenici più tradizionalmente ligi alla Francia hanno seguito in sostanza, bisogna riconoscerlo -malgrado gli inevitabili tentennamenti dipendenti dalle vicende legate alle esigenze personali ed alle debolezze che sempre ricorrono in questa politica interna -con sufficiente determinatezza la direttiva rettilinea che ha condotto, nel punto di chiusura del cennato ciclo, alla inversione della situazione dell'anno scorso.

Qualunque sia la piega che, nel nuovo ciclo che comincia ora a svolgersi, possan prendere gli avvenimenti in base agli adattamenti che facciano recedere dalla rispettiva intransigenza le due parti principalmente interessate in causa, sta di fatto che la firma delle convenzioni aveva segnato un trionfo della politica francese in questa zona, sta di fatto che, oggi, è fermamente radicata nella coscienza di tutti gli ambienti, di tutti i circoli, di tutti i singoli individui, sia indigeni che stranieri, i quali comunque si interessano alla politica estera o di essa si occupano in questo paese, la sensazione che sia stato materialmente possibile alla Grecia riconquistare, nel campo della posizione assunta in questa controversia internazionale, per lei di così vitale importanza, tanta parte del terreno perduto, soltanto in conseguenza dell'atteggiamento così sinceramente amichevole con cui l'Italia l'ha seguita ed accompagnata nel cammino non facile, dal giorno delle precise dichiarazioni pronunciate da V. E., nel novembre scorso, firmando il trattato di commercio.

A tale sensazione si accompagna l'altra egualmente radicata e profonda -posso assicurarne l'E. V. malgrado le spiegabili insinuazioni in contrario che ne vengano da parti tendenziosamente interessate -che l'atteggiamento italiano si sia esplicato senza intrigo diretto contro alcuno; senza impegnarci con questo paese per alcuna azione determinatamente in odio a nessuno; fondando il grandissimo beneficio della nostra assistenza sulla sola comunanza di diritti naturali, e di interessi perfettamente legittimi.

Se nella loro recente visita a Roma, i due ministri greci hanno attinto incontestabilmente dai colloqui personali con V. E., e da tutta l'impressione riportata dai contatti col nostro Governo, così come dalla visione diretta dell'Italia attuale, la forza necessaria a decidersi senz'altra esitazione al passo coraggioso, è del pari senza dubbio la sensazione di cui dicevo poc'anzi -sensazione che al prestigio italiano arreca qui d'altra parte indiscusso assai importante incremento -che ha favorito e permesso l'attitudine che la Grecia, a sua volta, ha saggiamente serbata finora nei riguardi albanesi ed in particolare in quelli del patto di Tirana.

Come ho già riferito all'E. V. in precedente corrispondenza (cfr. per ultimo mio telespresso n. 5441/678 del 7 corrente, trattandovi dell'intervista concessa dal Michalacapoulos al Politika di Belgrado) l'intonazione di tutta questa stampa non di estrema opposizione, risponde con la parola d'ordine agli sforzi dei circoli governativi che vogliono quasi aprioristicamente parare l'accusa d'atto volutamente ostile verso la Jugoslavia, ponendo in particolare rilievo come Michalacapoulos farebbe a Ginevra speciali avances al Marinkovich onde dichiararglisi disposto a riprendere senza indugio amichevoli negoziati per definire le facilitazioni da accordarsi al commercio serbo a Salonicco.

I giornali di stamane hanno qui annunziato che l'incontro tra i due ministri ha effettivamente avuto luogo ieri in occasione del noto pranzo a Ginevra, e si limitano ad aggiungere che è stato assai cordiale.

Ho poi visto il presidente del consiglio, che aveva avuto occasione di ricevere poco prima di me il mio collega jugoslavo testè qui ritornato da Belgrado.

Il signor Zaimis, in un lungo colloquio durante il quale si è mostrato, in contrasto col suo carattere di consueto riservato e taciturno, particolarmente espansivo, dopo avermi confermato l'avvenuto incontro di Michalacopoulos con Marinkovich, mi ha detto che dai telegrammi che aveva finora [ricevuto] a tale proposito nonchè dalle dichiarazioni che gli aveva fatte poco innanzi il signor Popovich, risultava • freddamente • (sic) da parte serba, che l'eventualità di una ripresa di negoziati colla Grecia non avrebbe potuto esaminarsi se non ad elezioni jugoslave ultimate, e dal Governo che da queste verrebbe al potere.

Della interessante conversazione, riassumo quanto mi ha particolareggiatamente esposto e dichiarato il presidente del consiglio nei seguenti punti che hanno il loro valore anche se in parte debbano considerarsi (in rapporto alle possibili attenuazioni avvenire) come espressione della opinione sua personale, giacchè il punto di vista del signor Zaimis ha pur sempre, notoriamente, buon posto nella considerazione degli altri ministri ellenici.

l) Direttive di politica estera assolutamente immutate nei riguardi dell'Italia, colla quale la Grecia ha il massimo interesse ed il fermo intendimento di mantenere la migliore cordialità di relazioni.

2) Necessità di vivere in termini di buon vicinato colla Jugoslavia ma senza sacrifici di sovranità a profitto di quella.

3) Buona e completa disposizione del Governo ellenico a trattare convenzioni colla Serbia per facilitare il commercio di questa attraverso Salonicco con speciali privilegi; ma preciso rigetto della pretesa che tali facilitazioni e privilegi abbiano ad estendersi, per l'intermediario serbo, al commercio di transito coi paesi dell'hinterland.

4) Opinione del signor Zaimis, nettissimamente espressa senza restrizioni, non essere nè necessario nè utile che tali eventuali nuove convenzioni vengano accompagnate da accordo o alleanza politica colla Serbia (alleanza di cui la Grecia ha già sentito tutto il peso in altre circostanze) e quindi speranza che ad accordi di tale natura non abbia ad addivenirsi, specialmente se si verificherà l'auspicata sempre maggiore intimità di amichevoli rapporti con l'Italia.

5) Responsabilità delle deprecate convenzioni del 1926 addossata interamente a Pangalos, incolpandolo sopratutto di non essersi preventivamente accordato in materia con l'Italia, ed esprimendo avviso (sul quale io non posso consentire integralmente) non essere stato il ministro degli affari esteri Rufos che un semplice esecutore d'ordini.

6) Esplicito rigetto di ogni idea di Locarno balcanica • che non farebbe altro che consacrare l'egemonia serba sulla intera penisola •. 7) Conferma in questa posizione di • difesa • in seguito alle note recenti pubblicazioni giornalistiche jugoslave circa costituzione di un • impero slavo •

~~~ -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

nei Balcani, che qui han fatto grande impressione come nuovo sintomo delle serpeggianti pericolose aspirazioni serbe a danno dei vicini.

8) Smentita la più formale, netta e recisa, di qualunque anche lontana idea greca di associarsi alla Jugoslavia, in qualsiasi forma di architettazione contraria all'Italia sia in Albania che in Adriatico o altrove (cfr. anche telegramma di V. E. n. 1265/324 del 30 agosto e mia risposta) (1).

9) Desiderio ellenico di migliorare con ogni sforzo le già buone relazioni colla Bulgaria, e soddisfazione pel buon passo fatto in questi giorni in tal senso, mercè le accoglienze ricevute a Sofia dalla delegazione della· stampa greca (visita sulla quale riferisco a parte con mio odierno telespresso numero 5522/682). Ho naturalmente parlato, a questo proposito, in modo da incitare il mio interlocutore a perseverare per la via indicata.

10) Fiducia che, a causa delle difficoltà macedoni, non abbia a realizzarsi un intimo riavvicinamento serbo bulgaro, ma, ciononostante, e malgrado buona considerazione espressami all'indirizzo di Liapceff e Buroff, innegabile senso di latente apprensione pel persistente lavorìo di approccio jugoslavo. Mi sono valso, discorrendo sui punti 9 e 10, nella misura e nelle forme opportune, dell'interessante materiale informativo tratto dai telegrammi n. 160 e seguenti (2) coi quali il R. ministro a Sofia riferì dettagliatamente all'E. V. in merito alla sua recente conversazione con Liapceff circa atteggiamento bulgaro nei riguardi internazionali e particolarmente jugoslavi.

11) Viva soddisfazione per le notizie testè giunte del favorevole accoglimento a Ginevra delle richieste elleniche per l'assetto finanziario, e sincera riconoscenza verso V. E. e l'Italia per il validissimo appoggio prestato.

12) Il signor Zaimis ha concluso con rinnovate espressioni di calda ammirazione per la persona dell'E. V. e per • mirabili effetti conseguiti dal regime italiano sia all'interno che all'estero •.

(l) Cfr. n. 393.

403

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2137/709. Belgrado, 10 settembre 1927, ore 20 (pe1·. ore 0,10 dell'11).

Per il caso possa avere una qualche utilità nel seguito riunioni di Ginevra informo V. E. che da fonte sicura ho saputo che un mese fa per mezzo legazione S. H. S. ad Atene il signor Marinkovich fece sapere al Governo greco che era disposto a rimaneggiare le convenzioni del 1926 secondo il desiderio dei circoli politici greci a condizione che Grecia si fosse legata alla Jugoslavia con una immancabilissima alleanza diretta contro Italia ed Albania. Michalacopoulos avrebbe risposto era principio immutabile della politica estera greca

mantenersi in costanti rapporti di amicizia con le tre grandi potenze (Italia, Francia, Inghilterra) e che in nessun caso intendeva allontanarsi da tale linea di condotta. Il mio autorevole informatore aggiungeva che in certi circoli politici e giornalistici Atene permane idea dover addivenire ad un nuovo trattato di alleanza con Jugoslavia sul tipo di quello stretto nel 1912 al tempo della prima guerra balcanica. Ma aggiungeva pure che la maggioranza degli uomini politici greci con alla testa Michalacopoulos e Metaxas sono contrari ad un trattato di alleanza che darebbe alla Grecia pochissimi vantaggi mentre la legherebbe al carro della turbolenta ed incerta politica di Belgrado. Con un simile patto non si garantirebbe neppure la rinuncia dei Serbi alle loro aspirazioni su Salonicco, poichè tutti in Grecia sono persuasi che se buona occasione si presentasse il Governo S. H. S. non esiterebbe a fare marciare le sue truppe su Salonicco. Secondo il mio informatore tutto lascia supporre che nei colloqui di Ginevra di Marinkovich con Michalacopoulos il primo si sforzerà di persuadere il secondo dell'utilità di stringere una alleanza fra i due paesi per fronteggiare la penetrazione italiana nei Balcani ma con nessuna probabilità di riuscirvi.

(l) -Si trattava della notizia, proveniente da Parigi. che « circoli greci appoggerebbero fortemente una campagna montata a Belgrado da profughi arbanesi su ispirazione jugoslava intesa ottenere evacuazione Saseno • (t. gab. 1265/324). Arlotta smenti con t. gab. 2090/370, pari data. (2) -Cfr. nn. 360. 361, 365, 366, 369.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. P. 4332/719. Pa1·igi, 10 settembre 1927.

Oggi ho visto il signor Barthou, per dargli risposta a due domande che egli mi aveva fatto nel nostro ultimo incontro. Una di esse si riferiva all'argomento delle relazioni !taio-Francesi, che è stato toccato, perciò, anche nel colloquio di oggi. Ho detto al signor Barthou che non mi risultava esistere uno stato di gallofobia in Italia; -solo qualche caso isolato: -che invece sapevo che in tutti i dipartimenti francesi verso il confine Italiano si era creato, ed esisteva, uno stato di apprensione, di diffidenza, verso l'Italia alla quale si attribuiscono disegni ostili ed aggressivi. Il signor Barthou ha osservato che a lui risultava che addirittura si temeva la guerra dall'Italia: che, reggendo fino a pochi giorni fa il Ministero dei Lavori Pubblici, per l'assenza del signor Tardieu, egli aveva constatato l'esistenza di una viva irritazione nel personale della Paris Lyon Méditerranée di servizio sulla ferrovia di Ventimiglia, per asseriti atteggiamenti non simpatici del personale Italiano e degli Agenti Italiani verso di loro; al punto che minacciavano di declinare il servizio coll'Italia. Ha aggiunto che però questa speciale situazione si era oggi calmata; l'altra, della preoccupazione tra le popolazioni al confine, non lo era.

Gli ho detto che così come credevo di essere esattamente informato della

situazione, stimavo esserlo anche della causa. Sono, gli ho detto, cattivi fiori

di stagione dovuti alla propaganda antifascista dei cosidetti fuorusciti e di

elementi massonici, irresponsabili entrambi ed entrambi operanti in mala fede.

Noi eravamo obbligati a prendere dalla nostra parte delle misure di ispezione

e di sicurezza che consistevano in una vigilante sorveglianza dei passaggi al

confine. Questa era una situazione non piacevole, di fronte alla quale io tro

vavo tranquillità nella persuasione che i Governi erano pienamente ben disposti e ben tranquilli l'uno dell'altro e non vi era perciò da temere disturbi seri. Ma fintanto che i cosidetti fuorusciti e le forze irresponsabili nemiche del Fascismo troveranno un libero terreno per le loro malvagie manovre, non avremmo potuto evitare che le sane impressioni delle popolazioni fossero sovvertite ed avvelenate. Non vi era che tenere saldamente franche ed amichevoli le relazioni tra le Autorità. Io partivo quindi, malgrado tutto, in congedo, contristato, ma non preoccupato. Speravo però che, dopo tanta nostra sopportazione, dopo lo svuotamento pratico che la realtà insegnerà ai Francesi circa le menzogne Fuoruscito-massoniche, si giudicherà più serenamente, di qua dalle Alpi, la condotta dell'Italia e si avrà la corrispondente reazione. Il signor Barthou ha assicurato che il Governo Francese non permetterà alcuna azione nefasta dei fuorusciti; che il Ministero dell'Interno è molto vigilante in proposito; ha fatto voti perchè le sensazioni malsane che si creano tra i due popoli scompajano al più presto ed ha aggiunto che nulla varrebbe di più per chiarire completamente l'atmosfera di una franca dichiarazione amichevole che V. E. rivolgesse spontaneamente alla Francia in una favorevole occasione. Essa, egli ha detto, non contrasterebbe coi sensi che credo animino S. E. il Primo Ministro d'Italia verso la Francia.

Il signor Barthou mi ha pregato di portare a V. E. il suo vivo senso di ammirazione e di amicizia.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2140/3. Ginevra, 11 settembre 1927, ore 17 (per. ore 18,40).

Come preannunziato dai telegrammi del nostro ministro a [Praga] (l) Benes mi ha inflitto con una lunga chiacchierata inconcludente più o meno gli stessi nebulosi argomenti già riferiti da Preziosi. Secondo sua abitudine anzichè giungere ad una conclusione si è riservato formulare proposte precise in un secondo colloquio che egli probabilmente eviterà e che io naturalmente non accorderò.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. (P. R.) 377. Roma, 11 settembre 1927, o1·e 20.

Ricevuto rapporto (2) che ho trovato molto interessante. Comprendo nobili esitazioni Zogu ma egli deve seguire nel suo stesso interesse e in quello presente e futuro Albania linee da me tracciate. V. S. continui quindi ad agire con tutta la discrezione e la tempestività necessarie.

(l) -Cfr. nn. 266, 300. (2) -È il rapp. s. n., 7 settembre. non rinvenuto.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. (P. R.) RR. 378. Roma, 11 settembre 1927, ore 20.

Decifri da sè.

Ricevuto e letto con vivo interesse suo rapporto in data 5 settembre (1). Persona di cui V. S. parla può venire Roma dove sarà ricevuto possibilmente da me ed in ogni caso dai miei più vicini collaboratori e fra questi S. E. Grandi. Per quanto concerne atteggiamento V. S. le sarò preciso dopo i colloqui di Roma.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2139/6. Ginevra, 11 settembre 1927, ore 21,20 (per. ore 2 det 12).

·Ho avuto oggi occasione di incontrarmi con Stresemann col quale ho avuto una larga conversazione. Parlando della situazione interna della Germania e dell'Italia, Stresemann ha fatto elogio della politica finanziaria di Mussolini che non ha esitato ad affrontare difficoltà notevoli pur di risolvere problemi base per la vita di uno stato. Mi ha poi manifestato la sua soddisfazione per i recenti accordi firmati a Roma circa le proprietà tedesche in Italia accordi che avranno secondo lui influenza benefica sui rapporti generali fra i due paesi. Accennando alle relazioni italo-germaniche Stresemann mi ha espresso suo rammarico che esse siano sovente messe in pericolo dalle ripercussioni che hanno nel popolo tedesco alcuni provvedimenti delle autorità italiane in Alto Adige. L'ho interrotto dicendogli che finchè la Germania non avrà dimenticato l'Alto Adige come l'Italia ha dimenticato Nizza, sarà difficile ai due paesi di intendersi. Gli ho ricordato che ogni discussione sullo stato di diritto e di fatto, internazionale ed interno, dell'Alto Adige è... (2); ho aggiunto che sulle condizioni dei cittadini italiani di lingua tedesca molte esagerazioni ed impudenti fandonie sono state scritte sulla stampa germanica. Il Governo italiano deve contemperare le esigenze di poche migliaia di sudditi allogeni con quelle non trascurabili di 42 milioni di italiani. Ho poi richiamato l'attenzione di Stresemann sul carattere artificioso di certe manifestazioni antitaliane specie stampa non disinteressata che tentano prendere piede ogni qualvolta i Governi di Ber

lino e di Roma fanno intendere il reciproco desiderio di intese profonde e durature. Stresemann ha ammesso che notizie alcuni giornali sono state sovente inesatte ed esagerate e mi ha dichiarato avere più volte richiamato i giornalisti suoi amici ad una valutazione equa dei fatti. A questo proposito mi ha pregato di prendere nota che da qualche tempo la stampa tedesca tiene un contegno corretto nei riguardi dell'Italia. Stresemann ha finito con ripetermi che è suo vivo desiderio sviluppare i buoni rapporti con noi. Gli ho naturalmente risposto che questo sentimento è condiviso dal Governo fascista.

(l) -Non rinvenuto. Si riferiva evidentemente al movimento macedone ed a Tomalewski. (2) -Gruppi indecifrati.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2144/10. Ginevm, 12 settembre 1927_. o1·e 9,50 (pe1·. ore 13).

Walko è venuto a vedermi. Riassumo colloquio:

L -Walko mi ha anzitutto comunicato confidenzialmente di avere incontrato Marinkovic e che sono stati presi accordi per una ripresa a fine settembre delle trattative da qualche mese interrotte circa questioni pendenti d'ordine

tecnico. Non si tratterebbe almeno per ora nè di arbitrato nè di accordi aventi comunque portata politica. Sulla questione del transito per Serbia Marinkovich si è mostrato più riservato non nascondendo difficoltà far accettare in Serbia accordo che favorisca transito merci attraverso territorio jugoslavo porto di Fiume. Ha consentito tuttavia che tecnici di ambe le parti inizino conversazioni in tal senso a condizione tali trattative rimangano segrete. Il Governo di Budapest ne terrà informata naturalmente l'Italia. Walko mi ha confermato che da qualche tempo la Jugoslavia si mostra insolitamente proclive fare concessioni all'Ungheria e che Marinkovic ha dovuto nell'ultimo convegno Piccola Intesa giustificare sua condotta di fronte colleghi di Romania Cecoslovacchia i quali ritengono contrario agli interessi comuni l'atteggiamento filomagiaro della Serbia. Walko mi ha anche parlato della possibilità di cointeressare la Serbia alle linee di navigazione progettate dalla Ungheria nell'Adriatico e ciò per assicurare alla costituenda società ungherese il traffico nei porti jugoslavi adriatici. Il Governo ungherese avrebbe già ricevuto da Belgrado un progetto concreto. A questo punto ho dichiarato a Walko che l'Italia non può assolutamente disinteressarsi di ciò e che le concessioni italiane all'Ungheria nel porto di Fiume non possono in definitiva risolversi in un vantaggio del traffico marittimo jugoslavo a danno di quello italiano. Ho concluso dicendo a Walko che l'Italia intende essere tenuta al corrente di tali affari esteri ed altri eventuali con comunicazioni dettagliate e tempestive, del che Walko mi ha dato assicurazioni.

2. -Parlando dell'Austria Walko ha manifestato la sua preoccupazione per la situazione interna austriaca che è, a suo avviso, destinata a delle sorprese.

I socialisti si preparano ad impadronirsi del potere e sebbene la borghesia austriaca dia segno di una certa volontà di organizzazione questa è ben lungi da dare garanzie serie di resistenza.

Il presente telegramma continua.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2145/11. Ginevra, 12 settembre 1927, ore 11 (per. ore 13).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente.

È certo che i socialisti austriaci sono d'accordo con la Francia il cui ministro a Vienna Chambrun lavora attivamente. Benès soffia nel fuoco allo scopo di attrarre l'Austria nell'orbita della Piccola Intesa compiendo così il primo passo verso quell'aggruppamento di stati danubiani ch'è nel sogno della Francia e di Benès. Emissari francesi lavorano anche in Ungheria in mezzo ai partiti di opposizione a Bethlen, il quale viene considerato giustamente l'ostacolo principale al realizzarsi di questo sogno. Walko mi ha anche confidato che il Governo ungherese è in contatto con ... (2) e suoi amici. Siamo rimasti d'accordo di tenerci reciprocamente informati di tutte le notizie sull'Austria e sulle mosse di Benès e francesi, onde poter alla occorrenza concertare tempestivamente una azione comune.

3. --La Czecoslovacchia si mantiene irreducibilmente ostile. Il trattato di commercio recentemente concluso non ha modifi.cato per nulla la situazione. La campagna di Lord Rothermere ha avuto ripercussioni di importanza maggiore di quel che si può credere. Da una parte essa ha naturalmente incoraggiato legittime aspirazioni ungheresi, dall'altra ha accentuato lo stato di disagio già notevole, come giornali accennano, fra popolazioni czeche e popolazioni slovacche. In seno a quest'ultime sta una corrente capeggiata dall'elemento ecclesiastico e cattolico contro il Governo di Praga ed in favore dell'Ungheria, corrente che è considerata ormai fatalmente necessaria ad una revisione delle frontiere. Benès continua a fare l'arrogante a Praga, salvo [che cogli] ungheresi cercando allettarli colle solite proposte di una confederazione Danubio. 4. --Walko mi ha infine intrattenuto della questione degli optanti. Mi ha informato che Chamberlain ha scritto una lettera personale a Bethlen esortandolo ad essere conciliante. Mi ha ringraziato per l'esposto italiano. Ha avuto parole aspre contro la Romania e Titulescu. 5. --In complesso ho trovato Walko, che è un ebreo e che non è stato certo un eccessivo fautore della politica di amicizia italo-ungherese, molto diverso da un anno fa, e visibilmente desideroso di !asciarmi una buona impressione circa il suo atteggiamento e le sue intenzioni.

(l) Gruppi indecifrati.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2154/13. Ginevm, 12 settembre 1927, ore 12,30 (per. ore 15).

Ho avuto oggi con ministro di Bulgaria Buroff un colloquio non privo d'interesse. Buroff ha dichiarato anzitutto che confidava nella mia venuta a Ginevra per avere l'occasione di parlarmi e precisare senza sottintesi l'attuale posizione della Bulgaria nei rapporti con gli stati confinanti, in speciale modo con la Serbia. Si parla molto di una intesa serbo-bulgara. Questa intesa non esiste. Esiste bensì in alcuni circoli serbi la tendenza a considerare oggi la Bulgaria con minore prepotenza di un tempo. La crisi nei rapporti itala-jugoslavi e il rigetto delle convenzioni di Salonicco hanno costretto la Serbia ad una maggiore moderazione verso di noi. Il giuoco è vecchio e la Bulgaria conosce troppo bene i propri vicini serbi per prestar loro la benchè minima fede. È certo poi che questi allentamenti della pressione serba giovano alla Bulgaria e noi saremmo stolti a non profittarne. Ma la Bulgaria non intende assolutamente legarsi ad alcuno. La sua forza sta nel tempo che lavora per essa e la suo libertà d'azione deve rimanere integra e piena.

Il problema macedone è un abisso incolmabile che i serbi lavorano a fare ogni giorno più profondo. Si è parlato di miei contatti e colloqui misteriosi con Marinkovich. Anche questo è un bluff elettorale jugoslavo. Io non ho ancora veduto Marinkovich ma cercherò di incontrarlo prima della fine dell'assemblea per protestare contro la sfacciata protezione che il Governo di Belgrado accorda agli agrari fuorusciti bulgari notoriamente sussidiati e mantenuti dalla Serbia. Dal canto suo l'Italia può avere la certezza che giammai la Bulgaria dimenticherà i suoi doveri di riconoscenza e di devozione versp chi le tese le mani nei giorni tristi. Se si verificassero momenti critici nei Balcani e l'Italia vi fosse impegnata, un contributo positivo ed utile da parte della Bulgaria sarebbe allo stato dei fatti impossibile. Ma con la stessa sincerità vi dichiaro che giammai la Bulgaria si troverà nel numero dei nemici dell'Italia. Ho preso atto di queste dichiarazioni di Buroff pronunciate in modo spontaneo e vivace.

Il presente telegramma continua.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2150/14. Ginevra, 12 settembre 1927, ore 19 (per. ore 23).

Seguito telegramma precedente.

Parlando dei rapporti con la Grecia Buroff mi ha comunicato che essi sono normali, ma che egli ha desiderio di renderli ancora più amichevoli. Avendogli detto che Mussolini avrebbe veduto con piacere un sensibile riavvicinamento tra Sofia e Atene Buroff mi ha dichiarato che sarà grato di quanto

il Governo italiano farà in questo senso. Ho promesso a Buroff che parlerò domani stesso con Michalacopoulos il quale d'altra parte non desidera di meglio e nell'ultima conversazione che ho avuto con lui ebbe a rivolgermi la stessa preghiera di interessamento nei riguardi della Bulgaria. Buroff è disposto ad accantonare la questione dello sbocco al mare Egeo e si accontenta di promesse da parte del Governo greco per un mlg~ore trattamento delle minoranze bulgare che si trovano in prossimità frontiera greco-serbo-albanese a qualche centinaio di chilometri dai confini bulgari che non rappresentano pertanto un pericolo alla compagine dello stato greco. Nei riguardi della Rumenia Buroff ha invece avuto parole roventi chiamando i romeni • gente senza parola e paese privo di ogni appoggio morale •· Non l'ho contradettG. Le promesse fatte dal Governo di Averescu attraverso il tramite e l'intervento legazione di Romania per un equo trattamento delle popolazioni bulgare in Dobrugia hanno avuto come risultato una maggiore crudeltà di trattamento (1). Circa il viaggio di re Boris Buroff mi ha assicurato che nel programma vi è anche la visita in Italia.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2160/16. Ginevra, 13 settembre 1927, o1·e 11,10 (per. ore 14,45).

Ho avuto stamane colloquio con Chamberlain di ritorno da Aix les Bains ove si era recato conferire con Baldwin. Riassumo conversazione che è durata un'ora e mezzo e nella quale Chamberlain mi ha ripetuto con preghiera di trasmetterli a V. E. i suoi sentimenti di deferente e cordiale amicizia verso la persona di V. E. e la sua fiducia nella chiaroveggenza della politica di V. E.

l) Chamberlain si è anzitutto dichiarato soddisfatto dei lavori della Società delle Nazioni di cui ha fatto il consueto panegirico tessendo l'elogio della politica di Locarno e della condotta pacifica e conciliante di Briand e Stresemann. Gli ho naturalmente risposto colle frasi indispensabili confermandogli la fedeltà dell'Italia agli obblighi di Locarno, la sua attitudine verso la Società delle Nazioni ed il carattere pacifico della politica di V. E. rivolta al consolidamento interno e ad una sincera collaborazione internazionale. Sono le frasi di obbligo che pur tuttavia Chamberlain si è sentito ripetere con piacere.

« Burof mi ha parlato di questa persistente attitudine negativa del Governo rumeno in termini assai vivaci richiamandosi al colloquio da lui recentemente avuto in proposito con

S. E. l'On. Grandi a Ginevra e dichiarandomi che se l'On. Titulesco (che a Ginevra ha promesso a Burof di interessarsi delle suddette questioni non appena tornato a Bucarest) non manterrà -cosa di cui Burof è certo -l'impegno preso, il Governo bulgaro sarà costretto a uscire da quella forzata riserva sin qui mantenuta unicamente per volontà di concordia e per non rendere ancora più difficile, con una tensione dei rapporti nei riguardi della Romania, la già difficilissima situazione creata alla Bulgaria dai suoi rapporti con Belgrado.

Burof mi ha anche accennato al fatto che la Bulgaria abbia seguito sinora questa politicadi tollerante attesa verso Bucarest in seguito ai consigli ricevuti direttamente da V. E. a Roma Io scorso anno >.

2) Dopo aver parlato della situazione interna italiana, della battaglia economica e finanziaria affrontata con vigorosa audacia da V. E. e della prova di coesione e di solidarietà fornita dal popolo fascista ancora in questa occasione, mi ha intrattenuto sulle questioni pendenti col Foreign Office, in primo luogo la questione di Tangeri. Chamberlain ha riconfermato gli impegni assunti. Mi ha informato che durante le conversazioni franco-spagnuole più volte egli è stato officiato dalle due parti per un intervento per aiutare a trovare una qualsiasi soluzione. Egli ha costantemente rifiutato non intendendo approvare la procedura stabilita per la quale la questione di Tangeri deve essere esaminata in primo grado dalla Francia e dalla Spagna... (l) screditare potenze. Chamberlain è rimasto con me altresì d'accordo nella necessità di evitare un possibile allargamento della discussione comprendendovi tutti i firmatari di Algesiras.

3) Circa la situazione creatasi in Egitto specie dopo la morte di Zaglul Pascià, Chamberlain ha convenuto nell'utilità che l'Italia sia tenuta al corrente di quanto Inghilterra proporrà eventualmente di fare nei riguardi dei numerosi problemi riflettenti la situazione delle collettività straniere in Egitto. Non appena ritornato a Londra incaricherà il funzionario del Foreign Office, che si è occupato più particolarmente della questione, di rimettere al nostro ambasciatore un pro-memoria dettagliato a complemento di quello già rimesso dal signor Gregory a S. E. Bordonaro. Chamberlain ha escluso di avere fatto concessioni di sorta e mi ha dichiarato di essere stato costretto a parlare duramente con Sarwat Pascià, non intendendo la Gran Bretagna rinunziare ad alcuni dei suoi diritti in Egitto.

4) (Continua col numero successivo).

(l) Sulle relazioni romeno-bulgare cfr. anche il t. posta 2160/507, 18 ottobre, con cui Piacentlni riferiva una conversazione con Burov:

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2156/17. Ginevra, 13 settemb1·e 1927, ore 12,40 (per. ore 15).

Il presente telegramma fa seguito al precedente. Yemen. Chamberlain non mi ha nascosto le sue preoccupazioni a proposito della situazione in Arabia e mi ha espresso il timore che Inghilterra e Italia nonostante la reciproca buona volontà possano di riflesso trovarsi ad un certo momento trascinate ad una situazione per ambedue spiacevole. Mi ha detto che ove egli ritenesse tale eventualità come probabile ne parlerebbe a V. E. Gli ho risposto che se Inghilterra e Italia si manterranno fedeli alle conversazioni di Roma ogni pericolo di complicazioni in Arabia sarà evitato. Come prova della leale politica dell'Italia gli ho comunicato che sono in corso attualmente al~'Asmara trattative per il riconoscimento definitivo di Ibn Saud, ma che d'altra parte bisogna che l'Inghilterra consigli energicamente quest'ultimo a cessare dalle molestie

all'Imam Iahia il che rende più difficile all'Italia la sua opera di persuasione e di pace.

5) Circa il mancato invito all'Italia a partecipare alle trattative per la riduzione delle truppe di occupazione in Renania, Chamberlain ha ammesso che tali trattative sono state svolte esclusivamente tra Parigi e Londra ma che d'altra parte egli ha sinceramente desiderato che tali trattative riguardassero l'esecuzione materiale di una decisione della conferenza degli amba!Jciatori cui aveva partecipato naturalmente l'Italia. Ho fatto presente a Chamberlain che la distinzione fra potenze occupanti e non occupanti non poteva essere accettata dall'Italia in senso assoluto, dato che Gran Bretagna si è in definitiva interessata del problema sia pure indirettamente per quanto concerne le... (l) a prescindere dal diritto general,e che le deriva dallo spirito e dalla lettera dei trattati. Chamberlain ha riconosciuto giustificate le nostre osservazioni e mi ha confermato che all'ultimo momento aveva pregato Briand di accettare le modificazioni proposte da Scialoja al progetto di lettera a Stresemann, il che realmente è stato fatto.

6) Si è venuti naturalmente a parlare della Jugoslavia e dell'Albania. Chamberlain ritiene che la situazione in Albania sia assai migliorata negli ultimi ... (l) e che il regime di Ahmed Zogu sia abbastanza solido. Mi ha detto avere fiducia nella politica di Mussolini e di ritenere superato anche il punto difficile nei rapporti italo-jugoslavi. A Marinkovich che è andato da lui qualche giorno fa per ripetergli le solite doglianze nei riguardi dell'Italia, Chamberlain ha risposto che egli non intende minimamente entrare in tale argomento e poichè è informato dell'accoglienza cortese fatta al Rakich da parte di S. E. Mussolini spetta al Governo S. H. S. e al suo rappresentante di regolarsi come meglio ritengono nei rapporti coll'Italia. Il presente telegramma continua (2).

(l) Gruppi indecifrati.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2159/18. Ginevra, 13 settembre 1927, m·e 13,45 (per. ore 15).

Seguito del numero precedente. Avendogli io accennato ai continui preparativi della Serbia, al richiamo di quattro classi di riservisti per le manovre alla frontiera italiana nello stesso momento in cui l'Italia, accusata all'estero di preparativi bellici, anticipa il congedo della classe sotto le armi, Chamberlain mi ha detto che da sue informazioni gli risulta essere lo spirito serbo pervaso da una vera e profonda paura dell'Italia. Chamberlain mi ha ripetuto che è ottimista sulla situazione italo-jugoslava-albanese, ma che se per avventura dovesse verificarsi improvvisamente una crisi e fosse indispensabile l'intervento del consiglio della Lega delle Nazioni, Chamberlain rivolge fin da ora

\1) Gruppo indecifrato.

preghiera a S. E. Mussolini perchè egli non rifiuti in modo assoluto e preliminare tale intervento poichè ciò gli susciterebbe un ambiente di ostilità e potrebbe mettere in pericolo quello che egli stesso ritiene essere buon diritto dell'Italia nella questione albanese e che nessuno in ultima analisi potrebbe seriamente contestare. Su questo punto ho dichiarato a Chamberlain che l'Italia ha perfettamente le sue carte in regola, che la dichiarazione del '21 è un documento della Società delle Nazioni e delle grandi potenze, e che al contrario la Serbia si trova così a mal partito da essere assai improbabile, come del resto hanno dimostrato i recenti avvenimenti, che essa voglia correre il rischio di essere messa nella condizione di dovere accettare come statuto albanese precisamente la dichiarazione del '21 che essa, pur dichiarandosi membro della Società delle Nazioni, finge ancora di ignorare.

(2) Il paragrafo 6" del presente tel. e l'intero tel. successivo furono ritrasmessi a Berlino. Londra, Parigi, Belgrado il 16 settembre con n. gab. 1313. Il paragrafo 4° fu trasmesso a Londra e a Federzoni (cfr. n. 421).

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2155/19. Ginevra, 13 settembre 1927, ore 16 (per. ore 17,21).

Stresemann mi ha fatto sapere che desiderava continuare la nostra conversazione dell'altro giorno (l) ed è venuto a trovarmi. Ha desiderato informazioni sulla legislazione fascista e sullo stato corporativo, informazioni che gli ho date ampiamente. Venendo a parlare della situazione [politica], dopo aver accennato di sfuggita ai rapporti italo-s.h.s. ed alia penetrazione italiana nei Balcani di cui tuttavia ha riconosciuto il carattere pacifico ed equilibratore, mi ha domandato più particolarmente notizie dei nostri rapporti con la Turchia, raccontandomi che l'ambasciatore di Turchia a Berlino gli prospetta sempre come fatale e prossima la guerra dell'Italia alla Turchia. Gli ho naturalmente detto che trattasi di sciocche fandonie ma ormai così vecchie e rancide che nessuno vi crede più e tanto meno i turchi i quali conoscono benissimo le reali attitudini dell'Italia. Gli ho anche spiegato per uso suo e del suo ambasciatore in Turchia i motivi per cui un conflitto italo-turco non potrà verificarsi. Stresemann è venuto quindi a parlare dei rapporti italo-tedeschi rifacendosi all'anteguerra ed insistendo con enfasi sulla necessità per i due paesi di intendersi reciprocamente, di conoscersi di più, riprendere l'antica fiducia ed amicizia. Ad un certo punto Stresemann mi ha citato la frase che Bismarck soleva dire per i francesi: • noi tedeschi vorremmo sinceramente amarli ma essi non vogliono • aggiungendo che tale frase egli poteva oggi dire per gli italiani. Gli ho risposto che gli italiani si trovano precisamente nello stesso stato d'animo verso i tedeschi e che la frase di Bismarck può essere benissimo capovolta da noi. Se Germania nutre davvero questi sentimenti, niente di meglio per tutti e due i popoli di intendersi più profondamente. Questo è il sincero desiderio degli italiani. Stresemann mi ha dichiarato a questo punto, con preghiera di referirlo a V. E., che egli desidera

che S. E. Mussolini sappia precisamente che la Germania, pur nelle condizioni difficili che attraversa, è perfettamente libera nella sua politica e non si sente affatto legata a quello che si chiama ormai la • politica di Locarno , . Io non gli ho naturalmente risposto ma si capisce benissimo che tutto il discorso insolitamente cordiale pieno di espressioni troppo gentili da parte di un tedesco per Mussolini e per l'Italia era stato fatto soltanto allo scopo di dirmi questo, che contraddice stranamente all'infrancesato e mellifluo discorso pronunciato venerdì alla assemblea. Stresemann continuando mi ha espresso altresì il suo rammarico per avere dovuto rinunziare per tre volte consecutivamente al suo viaggio a Roma ed al piacere di incontrare V. E. per un tempo maggiore di quello che non avesse potuto fare a Locarno. L'ultima volta egli aveva già preso i [biglietti] per Roma ma Hindenburg stesso lo pregò di soprassedere in considerazione della [tensione] italo-jugoslava proprio in quei giorni determinatasi. Stresemann mi ha detto di non volere tuttavia rinunziare a questo viaggio, al che ho risposto se egli verrà, sarà accolto cordialmente. Stresemann si è trattenuto più di un'ora da me e questa visita che io non posso ... (l) ha destato qualche commento nei circoli pettegoli di Ginevra (2).

(l) Cfr. n. 408.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1923/450. Sofia, 13 settembre 1927.

Riassumo due colloqui avuti il 10 corrente, e oggi 13 con questo Presidente del Consiglio, Signor Liapceff.

1° Viaggio del Re Boris. Ad un mio accenno interrogativo sulle manifestazioni parigine di Re Boris, Liapceff mi ha subito francamente dichiarato che se le mie parole volevano alludere al fatto che il Re si fosse recato a Parigi prima che in altre Capitali e vi avesse momentaneamente • rotto il suo incognito » per far visita come Re di Bulgaria ai Signori Doumergue, Poincaré e Briand e per deporre dei fiori sulla tomba del soldato francese ignoto, egli, Liapceff, non aveva nessuna difficoltà ad informarmi che la visita a Parigi di Re Boris, prima che in altre Capitali, fu decisa avanti la partenza del Re, tenendo conto delle circostanze politiche del momento: luglio u. s., quando cioè i rapporti serbo-bulgari si mantenevano in una specie di tregua, e non era ancora cominciato il • revirement » antiserbo della stampa e dell'opinione pubblica cui lo stesso Governo di Liapceff non ha potuto sottrarsi. La Serbia sin dalla concLusione della pace, e specialmente in quest'ultimo anno, durante il quale ha sferrato la sua offensiva pacifista verso la Bulgaria, ha sempre avuto la pretesa che ogni manifestazione bulgara verso altri Paesi, e specialmente

verso le Grandi Potenze, dovesse • passare per Belgrado •. A questa pretesa il Governo bulgaro non ha voluto mai cedere. Tuttavia, date -ripeto -le relazioni di allora tra Bulgaria e Serbia, fu deciso che Re Boris si recasse a Parigi prima che a Londra e a Roma, per attendere [sic] l'inevitabile ira di Belgrado (1). Inoltre, la situazione centrale di Parigi rispetto alle due altre Capitali e la maggior vicinanza con la Svizzera, dove il Re Boris aveva da principio soggiornato, rendevano logicamente comprensibile la prima sosta extra incognito del Re, nella capitale francese.

Quanto alle conversazioni avute dal Sovrano bulgaro col Capo dello Stato e con i dirigenti la politica francese, Liapceff mi ha confermato che il Signor Doumergue si è limitato a raccomandare· che la Bulgaria continui nella sua politica di pazienza e di prudenza, la sola che potrà essere veramente giovevole al Paese; le stesse raccomandazioni sono state fatte a Re Boris dal Signor Poincaré, ma con maggior forza e intensità di persuasione. Quanto al Signor Briand, Liapceff mi ha testualmente affermato avere il Ministro degli Esteri francese fatto uno dei suoi soliti lunghi discorsi ricchi di belle frasi, ma poveri di idee positive e sostanziali a tal punto che il Re Boris, telegrafandone al Signor Liapceff, ha così riassunto la sua impressione sul colloquio:

• Bt~and ha parlato molto, ma non saprei dire, in verità che cosa egli abbia detto di concreto •. (Qui Liapceff ha ironizzato sulla • fluidità • di Briand, dallo pseudo socialismo rivoluzionario di un tempo al pacifismo di oggi).

Il Signor Poincaré, mi ha aggiunto Liapceff, si è mostrato nel colloquio con Re Boris, estremamente preoccupato ed inquieto per i fatti accaduti il 23 agosto a Parigi, e non ha nascosto al Sovrano le sue vive apprensioni per la situazione interna in Francia. Quanto all'omaggio reso dal Re al soldato francese sconosciuto, esso va messo in relazione col fatto che il Sovrano si trovava a Parigi appunto quando si verificò il moto sovversivo e avvenne la profanazione della tomba sotto l'Arco di Trionfo; l'impresl;ione giustamente penosa di tale ignobile atto agì certamente sull'animo squisitamente gentil~ e buono di Re Boris; che, per spontaneo impulso, o per altrui suggerimento, non ha esitato a compiere un gesto di cavalleresca solidarietà morale con l'esercito e la Nazione un giorno nemici del suo Pae.se.

Liapceff giudica assai grave la situazione in Francia nel caso che Poincaré dovesse cedere il posto alle Sinistre. Accenna ai frequenti violenti attacchi ai quali è fatto segno dai giornali francesi di sinistra il suo Governo, tacciato di reazionario, di • fascista •, mentre lo stesso nome di Liapceff viene accomunato dalla ostile campagna demo-socialcomunista francese con quello dell'On. Mussolini • quoique ma personne soit bien modeste en comparaison, je suis bien loin de ma plaindre de ce grand voisinage, au contraire...! •.

Ciò a conferma -se pur ve ne sia bisogno -delle dichiarazioni odierne del SignorLiapceff. (Nota del documento).

Faccio rilevare a Liapceff come il fatto da lui stesso osservato degli attacchi francesi --e di altre Nazioni --~ contro la Bulgaria e l'Italia fascista dovrebbe persuadere tutti i bulgari di buona fede della inconsistenza delle periodiche campagne della stampa straniera contro l'On. Mussolini e contro il Fascismo. Liapceff mi risponde che se i partiti estremi e le vecchie democrazie sono inevitabilmente interessate a combattere nei vari Paesi, nella persona dell'On. Mussolini, la concezione dello Stato Fascista, egli, Liapceff, e con lui molti uomini politici di buona fede, constatano con molta simpatia e soddisfazione il fatto che nelle più grandi Nazioni d'Europa e d'America (come si rileva dalle più serie Riviste politiche ed economiche, specialmente anglo-sassoni) si sia riscontrato, in modo sempre più ampio e deciso, il riconoscimento di quel grande movimento nazionale e sociale che è stato ed è il Fascismo italiano sia come liberazione dell'Italia dal bolscevismo irrompente, che come sviluppo, elevazione e rafforzamento della potenza e del prestigio italiani in ogni campo.

Tornando al viaggio di Re Boris a Parigi, Liapceff, mi ha assicurato che all'infuori delle visite di cortesia a Doumergue a Poincaré e a Briand, nessun discorso, nessun passo di nessun genere di carattere politico era stato fatto a Parigi nè da parte del Governo francese, nè -tanto meno -da parte di Re Boris, confermando così quanto mi aveva dichiarato Buroff il 30 agosto u. s.

• non avere il Sovrano nè incarico nè intenzione di parlare di politica durante il suo viaggio •. (Cfr. mio telegramma 193 Gab. Segreto) (1).

Con l'Italia, soggiunge Liapceff quasi a proseguimento del suo pensiero, anche se non abbiamo accordi speciali, abbiamo tuttavia gli stessi interessi.

• Par conséquent on peut etre tranquille sour nous. Dans vos rapports expliquez bien tout cela à Mr. Mussolini ». (Questa prima parte del mio colloquio col Signor Liapceff risponde al telegramma n. 1292/270 Riservatissimo di V. E. in data 8 corrente) (2).

2° Bulgaria e Serbia. A mia analoga domanda, Liapceff risponde: • Dopo l'incidente di Zaribrod, e il divu~garsi delle sempre più gravi notizie sulle crudeltà della polizia serba contro i Macedoni, non è stato possibile (nè -anche potendolo -noi lo avremmo fatto), contenere più oltre lo sdegno della pubblica opinione bulgara. I due "poli", per così dire, ufficiali della situazione attuale sono i seguenti: p1·imo la definizione di accademici data da Buroff, nella sua intervista sul giornale Zora, ai tentativi serbi di questi ultimi mesi per un riavvicinamento con la Bulgaria; secondo, le dichiarazioni del Ministro degli Esteri bulgaro, che il Ministro degli Esteri serbo voleva quasi far celare il suo dispetto e il suo rancore per l'improvviso crollo del fragile castello del "riavvicinamento serbo-bulgaro".

• Se a ciò si aggiungono le parole recentemente dette dall'On. Davidovitch: " ... però ogni eventuale intesa (serbo-bulgara) deve essere basata sui trattati

• A meno infatti che ciò non debba essere posto in relazione colla futura politica del Governo di Sofia. non sembrerebbe che fosse proprio la Francia a poter far valere i maggiori titoli di benemerenza per il riassetto post bellico della Bulgaria •.

di pace che devono essere scrupolosamente osservati, e per quanto riguarda la Macedonia non se ne deve neppur parlare " -si comprenderà bene come l'intervista Buroff da una parte, e le interviste Marinkovic e Davidovitch dall'altra, bastino per definire l'attuale situazione bulgaro-serba. Le parole di Davidovitch specialmente, ci se1·viranno di lezione... •.

Queste dichiarazioni di Liapceff assumono importanza oltre che per il loro carattere franco e reciso, proprio di quest'uomo intelligente, retto, non diplomaticamente complicato, anche per il fatto che seguono a poca distanza, ribadendole, le precedenti dichiarazioni dello stesso Liapceff, da me trasmesse a V. E. con mio telegramma 162 Gabinetto addì 20 agosto u. s. (l): • Se noi pensassimo non dico ad un'alleanza attiva, ma anche a semplici accordi di carattere negativo e neutrale a favore della Serbia in caso di conflitto con l'Italia, saremmo dei pazzi. La Bulgaria regolerà sempre la sua condotta politica verso la Serbia sui rapporti italo-jugoslavi, beninteso guardando dal lato dell'Italia •. Se oltre a queste dichiarazioni ufficiali del Presidente del Consiglio, e alla più volte citata intervista di Buroff sul Zora, si tenga presente la aperta approvazione del Trattato di Tirana e della politica italiana in Albana e nei Balcani, espressa dal giornale personale del Signor Slaveyko Vassileff, Ministro dei Lavori Pubblici dell'attuale Gabinetto Liapceff (mio telegramma 205 Gab. rr.), sembra si possa concludere con fiducia che realmente la tendenza del Governo di Sofia ad assicurare una politica di • buon vicinato •, o meglio di • non-incidenti •, con la Jugoslavia risponda essenzialmente ad esigenze di politica interna bulgara e non già a preoccupazioni, a direttive, a calcoli di altro genere. Dico sembra perchè su questo punto che, come bene osserva V. E. è di assorbente importanza per noi, non basta la convinzione personale che io posso essermene fatta stando sul posto, ma occorre che il Governo bulgaro continui a dare le prove di questa sua conquistata dignitosa indipendenza, in relazione alle affermazioni e alle dichiarazioni ripetutamente fatte per mio mezzo a V. E. Con ciò rispondo, per il momento.. al telegramma Gab. di V. E. n. 1254 ultima parte (2).

3° Rapporti greco-bulgari. Una troppo apparente e troppo marcata affermazione, ufficiale od ufficiosa, dei migliorati rapporti bulgaro-greci sin dalla risoluzione dell'incidente della Nota collettiva dell'agosto 1926, non sarebbe entrata nel quadro delle direttive politiche del Governo bulgaro, seguite in questi ultimi sei o sette mesi, nei confronti di Belgrado. Il miglioramento tra Sofia e Atene è tuttavia sensibile e largamente sentito da questi circoli politici, giornalistici e commerciali. I rappresentanti della stampa bulgara, recatisi, lo scorso anno, alla Fiera di Salonicco (dove la Bulgaria era ufficialmente intervenuta con una mostra dei suoi prodotti) furono ricevuti con cordiale ospitalità dai colleghi greci e festeggiati da quelle autorità sino ad esser presentati, ad Atene, al Presidente della Repubblica ellenica; vari incidenti di frontiera occorsi durante quest'anno, non solo furono oggetto di contese diplomatiche fra i due Governi, ma furono appianati con pari buona volontà da ambe le parti. Recen

temente un gruppo di giornalisti greci ha visitato la Bulgaria, accolto con

simpatia da autorità, giornalisti e personalità bulgare, dando luogo ad afferma

zioni di amicizia e di solidarietà, come il discorso del Presidente della Camera

di Commercio di Filippopoli invitante i due Paesi • a tendersi la mano per

una cooperazione economica prima, e in seguito politica •.

Citando, fra gli altri, questi segni più caratteristici del riavvicinamento fra i due Popoli, Liapceff mi ha detto che anche i rapporti tra i due Governi sono normalmente buoni, aggiungendo però che il Governo greco non ha mai fatto non solo alcun passo, ma neanche nessun accenno per un speciale consolidamento dei rapporti politici greco-bulgari sin dal principio della tensione fra Atene e Belgrado, dalla caduta di Pangalos al recente unanime voto della Camera Greca contro le Convenzioni Pangalos-Gavrilovitch per Salonicco. Liapceff ha soggiunto che il Governo bulgaro segue con vivo interesse la politica di V. E. verso la Grecia e si compiace della riaffermata amicizia italo-greca, • altra garanzia di forza e di equilibrio nei Balcani •.

Dal punto di vista economico, le relazioni greco-bulgare sono regolate da una convenzione accordante reciprocamente la clausola della Nazione più favorita, in attesa che venga definito il trattato di commercio che è già in avanzata discussione. Liapceff ritiene però che alla Bulgaria convenga più continuare con l'attuale sistema, che non concludere il trattato: comunque, se le difficoltà frapposte dai negoziatori greci saranno eliminate, la Bulgaria non farà opposizione alla firma del trattato stesso.

La vera ragione per cui in Bulgaria (Governo e Popolo) i rapporti con la Grecia sono considerati con minore importanza che non quelli con la Serbia, va ricercata in un fattore essenzialmente psicologico, che cioè, la Serbia oggi divenuta la grande Jugoslavia -è ben~ì profondamente odiata dalla Bulgaria, ma ne è temuta in ragione appunto della sua grandezza e della sua forza militare in confronto della Bulgaria rimpiccolita e quasi disarmata; la Grecia invece, non temuta militarmente, anzi da sempre considerata dai Bulgari con un profondo senso di inferiorità, è per ciò meno odiata ed avversata e, in conseguenza, tenuta in minore considerazione. A questo fattore psicologico, per spiegare la relativamente facile adesione dell'opinione pubblica bulgara all'idea di un serio riavvicinamento economico e politico fra i due Popoli, si possono aggiungere questi due altri fattori: primo la forzata evacuazione dei bulgaro-macedoni dalla Macedonia e dalla Tracia oggi greche, che ha inevitabilmente e sensibilmente attenuato presso il popolo bulgaro la gravità della questione macedone nei riguardi della Grecia; secondo i_ rilevanti interessi del ceto industriale e commerciale bulgaro col commercio e coll'industria della Grecia, specialmente di Salonicco; ed è ben noto quanta influenza possano avere sulle questioni politiche gli interessi economici e finanziari anche per un popolo indubbiamente patriottico come il popolo bulgaro. Un altro elemento ·si può aggiungere ai precedenti, ed è questo: che una di quelle che sembrano le più gravi questioni dividenti i due Paesi, la questione dello sbocco bulgaro sul mare Egeo, è invece qui scarsamente sentita dalla pubblica opinione: seguita in ciò almeno per ora, dallo stesso Governo, per nulla entusiasta di quella che sembra attualmente essere l'unica possibile soluzione: una

30 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

linea ferroviaria attraverso il territorio greco per il trasporto delle merci da e per la Bulgaria. Questa soluzione, che non avrebbe nessun valore reale perchè al primo cenno di ostilità la strada ferrata in territorio greco verrebbe interrotta, produrrebbe invece come conseguenza l'indebolimento economico del porto di Burgas che -data la lenta agonia di Varna -è invece oggetto di speciali cure da parte del Governo bulgaro ed è, effettivamente, in pieno e promettente sviluppo. Con questo terzo punto rispondo al telegramma su citato di V. E. n. 1254 Gab. quarto comma.

4° Situazione finanziaria deLla Bulgaria e domanda di un prestito aLla Società delle Nazioni. Liapceff mi ha informato che il Comitato finanziario della S. d. N., dopo una prima accoglienza un po' fredda e sospettosa « come sempre avviene quando si chiede denaro ", ha poi finito per prendere in più benevola considerazione la domanda bulgara relativa ad un prestito occorrente per la restaurazione finanziaria del Paese. Il Comitato dovrebbe ora riferire sull'argomento al Consiglio della S. d. N. per esser poi da questo investito ufficialmente della questione, in modo da poterla discutere nel prossimo dicembre. Liapceff mi ha ripetuto di sperare molto nell'appoggio dell'Italia oltre che della Francia e dell'Inghilterra, per questa che non è una questione politica, ma puramente economica e finanziaria: che potrebbe però assumere carattere di gravità nella situazione generale balcanica ove si rifiutasse alla Bulgaria quell'aiuto che è materialmente indispensabile per la sua salvezza. A tal proposito Liapceff ha rilevato come il prestito dello scorso anno per i rifugiati fu accettato dalla Bulgaria anche in seguito a pressioni (inglesi?) concernenti il pericolo che poteva costituire per la sicurezza interna del Paese e per le sue relazioni di confine con la Grecia e con la Serbia, il caotico agglomeramento di duecento mila rifugiati lasciati quasi in balìa di se stessi, senza mezzi e senza tetto. Tale prestito costituisce però un grave fardello per la Bulgaria, la quale, già stremata, immiserita e rimpiccolita, ha dovuto e deve sopportarlo per una colpa non sua, anzi per aver accolto i fratelli espulsi dalla Grecia, che nelle terre e nelle case già da essi occupate potrà collocare i rifugiati greci espulsi alla lor volta dall'Asia Minore. A Ginevra, aggiunge Liapceff, • si parlò » l'altr'anno, in occasione appunto del prestito dei rifugiati, che la Bulgaria sarebbe stata in seguito aiutata per il suo assetto, economico e finanziario, così come varie Nazioni belligeranti lo erano state. Ecco perchè, conclude il Ministro, noi ci siamo fatti coraggio a presentare la domanda [per] il prestito, nella ferma speranza che le tre Grandi Potenze, Italia, Inghilterra e Francia, ne riconoscano la giustizia e la necessità. In questa speranza Liapceff è confortato dal fatto che tutti coloro con cui egli ha parlato della questione (diplomatici, finanzieri, fra cui recentemente il Signor Theunis; delegati nella Commissione delle Riparazioni, ecc.) hanno riconosciuto la necessità del prestito per mettere in grado la Bulgaria di risollevarsi economicamente e di poter mantenere quegli impegni cui essa non intende sottrarsi.

5° Liapceff mi ha infine di nuovo trattenuto sul viaggio di Re Boris e sullo scopo principale di esso, cioè il suo matrimonio. Nulla vi è ancora di deciso. Il Governo bulgaro, per ragioni di Stato, continua a fare • pressioni •

sul Sovrano perchè si decida, data la natura del Re, aliena da un matrimonio esclusivamente di convenienza e di opportunità politica. Liapceff accenna qui con molta descrezione a S. A. la Principessa Giovanna. Non entro in merito, !imitandomi ad un'allusione alla questione religiosa, oltre gli altri eventuali motivi che non è dato toccare.

Liapceff mi risponde queste parole testuali: • Ma proprio ora che si parla di un'unione delle Chiese, nella quale il Papa avrebbe certamente un trionfale primato, come potrebbe egli opporsi ad una concessione se questa fosse nel vero interesse di due Popoli cristiani? •. Rispondo evasivamente che il Vaticano è inflessibile nei suoi principi e tronco così questo punto del discorso.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Il tel. fu ritrasmesso a Berlino il 16 settembre con n. gab. 1314.

(l) Col mio telegramma n. 111 del 9 giugno [cfr. n. 258] avevo informato l'E. V. che la visita di Re Boris a Parigi era già stata stabilita, mentre il resto del programma del viaggio era ancora imprecisato.

(l) -Cfr. n. 386. (2) -Col quale Mussolini chiedeva di sapere il perchè della visita di Re Boris a Parigi. (l) -Cfr. n. 365. (2) -Cfr. n. 376.
418

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

TELESPR. R. 2478381619. Roma, 14 settembre 1927.

Mi riferisco ai precedenti telegrammi n. 4671 l 490 (l) e 6427l 496 (2), rispettivamente del 25 e 28 agosto u. s.

Il R. Console Generale in Malta ha fatto tenere a questo Ministero copia della lettera che egli ha inviato a quel Vice Governatore per protestare dell'avvenuta soppressione dell'Italiano nei cartelli, avvisi e formulari degli Uffici Postali e delle Dogane; e copia della risposta che ne ha ricevuto. Di tale cor11ispondenza allego, a mia volta,· copia per l'E. V.

Il procedimento adottato da quel R. Console è semplicemente assurdo, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale. Gli ho perciò telegrafato (3) facendogli presente come di necessità la sua lettera era destinata a provocare la risposta che vi ha avuto, e che ben altra è l'azione persuasiva che con tatto e prudenza egli dovrebbe esercitare, astenendosi da comunicazioni scritte. L'ho invitato, in ogni modo, ad astenersi fino a nuovo ordine anche da ogni contatto col Governo locale sull'argomento aggiungendo che questo Ministero si riserba di giudicare circa il momento opportuno per riprendere a Londra le conversazioni.

Se è indubbio che coi suoi provvedimenti d'inizio di Governo, il signor Strickland ha chiaramente marcate le proprie intenzioni e la propria attitudine, e non ha esitato a venir meno alle esplicite norme della costituzione maltese, è però non meno evidente che noi non possiamo invocare quest'ultima come se si trattasse di una convenzione internazionale in cui la Gran Bretagna si sia impegnata nei riguardi dell'Italia. Ma l'E. V. vorrà egualmente trovar modo e opportunità di far presente a codesto Governo la sfavorevole impressione che tali provvedimenti non lasciano di produrre, e come essi non appaiano in

armonia con quello spirito di piena cordialità che caratterizza le relazioni fra i due paesi e quelle in particolare fra la colonia italiana e l'elemento britannico in Malta.

Gradirò che l'E. V. mi tenga cortesemente informato sull'argomento.

(l) -Tel. a firma Grandi: trasmissione di una conversazione tra il console a Malta e Strickland, il quale « accennò articolo apparso giornale Tribuna del giorno 17 corrente », e 01dine impartito al console di tenersi in buone relazioni con Strickland. (2) -Te!. a firma Grandi: provvedimenti presi a Malta contro l'uso della lingua italiana. (3) -Cfr. n. 400.
419

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

TELESPR. RR. 247844/125. Roma, 14 settembre 1927.

Il R. Ambasciatore a Parigi riferisce quanto segue: • La Sezione francese del Comitato Militare Alleato di Versailles ha sottoposto all'approvazione dei vari rappresentanti militari alleati il progetto di nota che mi onoro accludere in copia, per trasmettere alla Conferenza degli Ambasciatori il rapporto finale dell'Organo di liquidazione del controllo in Bulgaria. Tale rapporto deve essere poi successivamente trasmesso alla Società delle Nazioni.

Allorchè si trattò in sede di Conferenza degli Ambasciatori di procedere al ritiro dell'Organo di liquidazione di Sofia venne deciso, fra l'altro (seduta del 31 maggio 1927):

• ... La Conférence des Ambassadeurs attirera l'attention du Conseil de la S. d. N. lorsqu'elle lui transmettra le rapport de fin d'opérations de l'organe de liquidation, sur les réserves exprimées par cet organe en ce qui concerne notamment l'application des Lois relatives au recrutement et à I'organisation de l'Armée bulgare...•.

Ora, il progetto di nota elaborato dalla Sezione francese del Comitato Militare Alleato, e;;tende le riserve di esecuzione anche alla clausola delle possibilità di mob~!itazione in rapporto coll'organizzazione dell'esercito e colle disposizioni della legge sul lavoro obbligatorio in Bulgaria.

Trattandosi di • re;; judicata • sono del parere che la nota del Comitato Militare alla Conferenza degli Ambasciatori dovrebbe limitarsi -anche per evitare poi eventuali nuove discussioni in sede di Conferenza -a riprodurre il suddetto passaggio della decisione del 31 maggio 1927.

Prima però di autorizzare il nostro rappresentante militare ad agire presso i colleghi alleati per ottenere la modificazione suddetta, gradirei di conoscere al riguardo il pensiero di V. E. •.

Questo Ministero ha provveduto a rispondere che, approvando quanto il

R. Ambasciatore propone di fare, favorendo, così, gli interessi della Bulgaria in una questione che è per essa di qualche importanza, lo autorizza ad agire in tal senso.

Quanto sopra per riservata informazione di V. S., affinchè Ella possa, eventualmente e confidenzialmente, valersene costà quando la questione sarà stata definita e la nota in discorso sarà stata ufficialmente rimessa a destinazione.

420

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIRERE RR. S. N. Sofia, 14 settembre 1927.

Questo corrispondente della Tribuna mi ha consegnato l'unito articolo nonchè-aperta -l'acclusa lettera personale per il Dott. Forges Davanzati (1). Ho • vistato • l'articolo -trattando di materia ormai di pubblica ragione,

e -in effetti -positivamente documentato. Data però l'imminenza dei colloqui con V. E. o con S. E. Grandi della nota persona di cui al mio rapporto del 5 settembre (2), reputo doveroso rimettere a

V. E. sia la lettera che l'articolo suddetti, nell'eventualità che l'E. V. voglia decidere anche sull'opportunità che la stampa italiana si occupi della questione macedone, ed in quei modi, in quei limiti e con quei fini che V. E. crederà di indicarle.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. RR. PER CORRIERE 1310. Roma, 16 settembre 1927, ore 18.

Durante il colloquio avuto il 13 settembre a Ginevra Chamberlain non mi ha nascosto le sue preoccupazioni a proposito della situazione in Arabia e mi ha espresso il timore che Inghilterra e Italia nonostante la reciproca buona voLontà possano di riflesso trovarsi ad un certo momento trascinate ad una situazione per ambedue spiacevole. Mi ha detto che ove egli ritenesse tale eventualità come probabile ne parlerebbe a V. E. Gli ho risposto che se Inghilterra e Italia si manterranno fedeli alle conversazioni di Roma ogni pericolo di complicazioni in Arabia sarà evitato. Come prova della leale politica dell'Italia gli ho comunicato che sono in corso attualmente all'Asmara trattative per il riconoscimento definitivo di Ibn Saud, ma che d'altra parte bisogna che l'Inghilterra consigli energicamente quest'ultimo a cessare dalle molestie all'Imam Jahia !l che rende più difficile all'Italia la sua opera di persuasione e di pace.

(Per le Colonie): Prego comunicare quanto precede al Governatore dell'Eritrea

(l) -Mancano. Cfr. però, nella Tribuna del 21 settembre, una corrispondenza da S::>fia di V. Bentivegna sul fallito tentativo di unione serbo-blgara; e ibid., 25 settembre, altra corri~pondenza sull'irredentismo macedone. (2) -Non rinvenuto. La « nota persona » è evidentemente Tomalewski.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. PRECEDENZA ASSOLUTA 1316. Roma, 16 settembre 1927, o1·e 20,30.

Questa legazione d'Ungheria comunica di aver ricevuto un telegramma con cui il conte Bethlen si rivolge a titolo personale a S. E. Mussolini per informarlo che domani l 7 corrente verrà sottoposta al consiglio della Società Nazioni una proposta del relatore circa la questione degli optanti ungheresi. Il conte Bethlen considera che tale proposta costituisce il .sacrificio completo degli interessi ungheresi e si basa su opinioni giuridicamente erronee anche per quanto riguarda interpretazione trattato di pace. Conte Bethlen desidererebbe che delegato italiano appoggiasse tesi ungherese nel senso che tale decisione catastrofica (sic) fosse chiarita secondo i principi giuridici (sic), e che delegato stesso concedesse proprio appoggio anche nel caso che suoi colleghi votassero in favore della detta proposta.

È assolutamente necessario dare nostro appoggio tesi ungherese. Pregola uniformarsi tali direttive informandomi non appena possibile.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. PER CORRIERE 2208/848. Londra, 16 settembre 1927 (per. il 23).

Telegramma di V. E. per corriere n. 4857 del 3 corrente (1).

L'accordo sulla riduzione dei contingenti di occupazione in Renania non può dirsi essere stato un indizio di più intimi rapporti tra il Quai d'Orsay e il Foreign Office, che anzi le non facili trattative che si sono svolte in tale occasione hanno dimostrato una volta di più le divergenze esistenti tra i punti di vista della Francia e della Gran Bretagna in molte questioni di politica estera. Accanto però a queste divergenze, c'è la ferma volontà da ambo le parti di finire per mettersi d'accordo e la preoccupazione soprattutto di mostrare che si va d'accordo.

In questi ultimi mesi, dalla visita di Doumergue a Londra in poi, l'intimità dell'intesa franco-britannica ha avuto modo di manifestarsi in più di un'occasione nel campo politico, navale, militare ed intellettuale. Ciò non vuoi dire però che non vi siano dissapori dietro le quinte e mi è stato riferito, appunto in questi giorni, che per cercare di regolare e sistemare varie questioni riflet-

Il) Cfr. n. 390.

tenti i rapporti fra i due paesi, sta per riunirsi al Foreign Office una piccola conferenza franco-britannica che dovrà anche esaminare il problema della mano d'opera francese in Inghilterra e le restrizioni imposte dalle leggi locali all'ammissione degli stranieri nel Regno Unito.

Da un punto di vista generale non potrei dire di avere l'impressione che i rapporti tra la Gran Bretagna e la Francia siano divenuti più intimi. Sarebbe più esatto dire che sono tuttora intimi e che nulla lascia prevedere un rallentamento di tale intimità. Tanto Chamberlain che Briand, come pure gli esponenti politici più importanti ed autorevoli dei due Paesi, considerano la stretta amicizia e la concordia di vedute tra Gran Bretagna e Francia nei vari problemi internazionali del momento, come la garanzia più salda e più sicura della pace nell'attuale assetto europeo, più salda e più sicura di qualsiasi platonica affermazione collettiva e di qualsiasi protocollo ginevrino. È interesse della Francia di andare d'accordo con l'Inghilterra come è interesse dell'Inghilterra di andare d'accordo con la sua grande vicina ed è interesse comune di dimostrare al mondo che il fronte unico costituito da queste due grandi potenze occidentali, che hanno insieme combattuto e vinto, conserva tutto il suo peso e tutta la sua autorità moderatrice negli affari dell'Europa e del mondo.

Mi sembra assai diffici~e che questo stato di cose possa subire modificazioni e, per quanto grande e sincero possa essere l'interesse della Gran Bretagna a mantenere rapporti d'intima amicizia con l'Italia, sono perfettamente d'accordo col mio predecessore, che il giorno in cui il Governo britannico fosse assolutamente costretto a scegliere tra la Francia e l'Italia, sceglierebbe -non fosse altro che per considerazioni geografiche -la Francia.

424

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2929/1110. Londra, 16 settembre 1927.

Nel corso di una conversazione con Sir Wi~liam Tyrrell, ho trovato modo

di parlargli dei risultati delle ultime elezioni a Malta e dell'avvento al potere

di Sir Gerald Strickland il quale sin dall'inizio del suo governo ha dimostrato

di voler seguire una politica antiitaliana nell'isola. Non ho voluto avere l'aria

di fare un passo formale ma ho tenuto a mostrare una certa preoccupazione

mia personale per la ripercussione che sui buoni rapporti itala-britannici

avrebbe potuto avere qualche incidente provocato da qualche atto inconside

rato del governo di Strickland.

Sir William mi ha risposto che non bisogna prendere troppo sul serio

Strickland e la sua politica, e che il suo governo, per l'incapacità personale

dello Strickland stesso è destinato ad avere breve durata.

Dai rapporti diretti a codesto R. Ministero, di cui il R. Console Generale a Malta mi ha trasmesso copia rilevo che il fermo atteggiamento del Comm. Fileti, sopratutto in occasione della visita degli studenti milanesi, ha già prodotto buoni frutti. Mi auguro quindi che senza dare soverchia importanza ai gesti di un vecchio esaltato, si possa riuscire a salvaguardare l'italianità di Malta e i nostri interessi nelrisola !asciandone l'iniziativa agli elementi locali e mostrando di mantenerci correttamente estranei alle beghe interne del piccolo territorio autonomo geograficamente ed etnicamente italiano.

425

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL SEGRETARIO GENERALE ALLE COLONIE, ZOLI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

T. 5152. Roma, 17 settembre 1927, ore 2.

(Per Londra Parigi e Colonie). Ho telegrafato Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti). Telegramma di questo ministero n. 499/195 (1). Questa ambasciata inglese mi ha presentata richiesta suo Governo dare istruzioni Vossignoria di associarsi a codesto ministro britannico per svolgere insieme collega francese efficace opera persuasione Ras Tafari per indurlo inviare prossimo mese ottobre delegati Parigi per nota conferenza armi. Data nostra politica generale e precedenti impegni presi, a noi non conviene assumere atteggiamento contrario desideri inglesi e quindi pregola prendere accordi con codesto ministro britannico per concretare passi ritenuti opportuni per raggiungere suddetto scopo. È evidente però che noi non abbiamo interesse .forzare troppo 1a mano su Ras Tafari per indurlo a prendere parte a tale conferenza e quindi V. S. cercherà che eventuali passi siano sempre fatti d'accordo e di intesa con rappresentante Francia e nel caso che questi si astenesse e si mostrasse riluttante

V. S. vorrà moderare sua adesione. Mancata partecipazione Etiopia conferenza Parigi potrebbe del resto far ripresentare possibilità ed opportunità di una conferenza limitata alle tre grandi potenze interessate in Etiopia, come da noi era stata in un primo tempo prospettata.

(Per Londra e Colonie). Ho telegrafato poi alla R. ambasciata in Parigi:

(Per Londra, Parigi e Colonie). V. E. vorrà cautamente cercare di conoscere istruzioni che furono inviate Addis Abeba a quel ministro di Francia e pensiero codesto Governo circa richiesta inglese comunicando che ad essa

R. Governo si è associato. (Per Colonie). Ho telegrafato in seguito a Londra:

(Per Co~onie e Londra). Prego V. E. comunicare Foreign Office che furono inviate ad Addis Abeba istruzioni nel senso richiesto da codesto Governo aggiungendo che nel caso che non sia possibile convincere Ras Tafari sembra al R. Governo più che mai opportuno indurre Governo francese aderire conferenza a tre.

(l) Del 9 settembre, che non si pubblica.

426

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2183/719. Belgrado, 17 settembre 1927, ore 23,25 (per. ore 2,30 del 18).

Ho veduto oggi Marinkovic dopo il suo viaggio a Ginevra. Lo ho intrattenuto su alcune urgenti ed importanti questioni quali quelle degli statuti della

• Lega culturale italiana • per le scuole in Dalmazia, della SURI, del Consolato a Sussak ecc. di cui mi riservo riferire a parte. [Non] abbiamo parlato di questioni politiche, per mancanza di tempo, avendo stabilito che dopo domani lunedì tornerò da lui. Marinkovic mi ha detto ad ogni modo che Chamberlain gli avrebbe fatto presente necessità ristabilire relazioni cordiali fra l'Italia e la Jugoslavia e che quindi le questioni pendenti fra i due paesi vanno risolte. Avrebbe aggiunto che egli avrebbe accettato il punto di vista di V. E. che consigliava prendere ancora del tempo per potere qulndi risolvere questioni secondarie pendenti e rendere il terreno più facile. Marinkovic mi ha detto che, oltre quanto precede, tutto quello che è stato detto sul suo colloquio con Chamberlain e sul preteso intervento di quest'ultimo nella questione itala-jugoslava è assolutamente inesatto. Ha aggiunto che non ha potuto incontrare Grandi perchè questi giunse il giorno prima della sua partenza da Ginevra. Marinkovic mi ha poi aggiunto che egli si augura sinceramente di venire quanto prima ad una ripresa dei buoni rapporti fra l'Italia e Jugoslavia. Mi ha accennato che intervento della larga rappresentanza italiana alla cerimonia per il 75esimo anniversario della fondazione della Camera di Commercio di Zagabria ha fatto ottima impressione in paese ed ha segnato una tappa verso migliori relazioni, Egli ha sempre avuto idea che tale amicizia doveva basarsi su una maggiore reciproca comprensione [e] su interessi effettivi, ragione per la quale occorre intensificare gli scambi culturali ma specialmente economici e commerciali. Ho risposto che tale era anche il nostro desiderio ma che purtroppo non mi era stato possibile costatare la minima buona volontà da parte autorità S. H. S. le quali continuano ad ostacolare appunto quegli scambi culturali ed economici cui egli accennava. Marinkovic mi ha risposto che egli è ben <ieciso ad affrontare tutte le questioni pendenti ed a deciderle con spirito di equità e di amicizia. Mi ha accennato a tale proposito alla sua azione per risolvere la spinosa questione delle proprietà nella zona di 50 chilometri dalla frontiera ed a contrarietà che tale sua azione gli ha procurato. Ho osservato che durante tutta la nostra conversazione si è guardato bene dal fare il benchè minimo accenno all'Albania.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. S. PER CORRIERE 5160. Roma, 17 settembre 1927.

Telegramma di V. E. n. 1107 (1).

Politica francese di snazionalizzazione in Tunisia è evidentemente parte del programma diretto a smantellare le posizioni italiane nella reggenza e ad ottenere quei risultati che furono già raggiunti in Algeria. In tale programma le snazionalizzazioni costituiscono i fatti che possono avere maggiori ripercussioni sulla nostra opinione pubblica e all'occorrenza sull'opinione pubblica internazionale. Lasciare covare il fuoco sotto la cenere in attesa che si forrr:i il terreno fertile per la soluzione generale come V. E. ha proposto nel telespresso n. 3634/1408 (2) mi sembra possa essere un sistema che in definitiva riuscirebbe favorevole solo alla Francia la quale continuerebbe la sua tenace opera in Tunisia, dato anche che purtroppo si deve temere una scarsa forza di resistenza nella maggior parte delle collettività italiane colà stabilite.

Si lascerebbe così creare dei fatti compiuti tali che al momento ritenuto opportuno potrebbero rappresentare dei gravi ostacoli allo sviluppo della nostra azione politica. Risolvere qua\che singolo caso interessa relativamente al R. Governo ossia interessa soltanto dal punto di vista che qualche soluzione favorevole dimostrando chiaramente il vivo interessamento da noi spiegato contribuisca a mantenere salde ed accese le forze di resistenza laggiù. Occorre invece cercare di dare continuamente alla Francia la chiara impressione della sensibilità italiana di fronte ad ogni questione che tocca la Tunisia in modo che essa se vuoi proseguire in un programma che poi non ha obbiettivi vitali da raggiungere debba rendersi conto di tutta la gravità del problema e delle ripercussioni sulle relazioni itala-francesi. La tesi prospettata a V. E. dal signor Briand di condurre le questioni tunisine in modo da non esacerbare il sentimento delle due opinioni pubbliche non è esatta, poichè i provvedimenti che in Tunisia la Francia va prendendo, essendo a solo nostro danno, la reazione del\'opinione pubblica può essere soltanto italiana e può e deve servire come ammonimento al Governo francese. D'altra parte poichè è necessario che una intesa sulla questione tunisina sia pregiudiziale ad ogni nostra eventuale intesa generale con la Francia, mi sembra chiara la convenienza che la questione stessa sia tenuta il più possibile viva. Concordo con V. E. c:!'le non sia nece3· :iario per ogni caso singolo di snazionalizzazione ridiscutere la questione dì principio già impostata, essendo sufficiente che le note siano collegate con un riferimento burocratico alla questione generale, ma per ogni singolo caso converrebbe inviare prima una nota alla Residenza per parte del Consolato di Tunisi e successivamente una nota al Quai d'Orsay per parte di codesta R. amba

(lJ T. per corriere 635111107, del 25 agosto, per. il 4 settembre. che non si pubblica.

sciata, e in dette note sviluppare bene gli elementi di fatto e redigerle in modo che esse possano essere pubblicate all'occorrenza a conforto della nostra tesi.

V. E. vorrà dare le opportune istruzioni al R. consolato generale in Tunisi. Sollecito intanto la competente commissione per le modifiche da apportare alla nostra legge sulla cittadinanza.

(2) Cfr. n. 339.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 5174. Roma, 18 settembre 1927, ore 13,45.

Giornali pubblicano notizia discorso pronunciato da Stresemann in favore tesi ungheresi questione optanti. È assolutamente necessario non !asciarci prendere la mano dalla Germania in questa delicatissima questione che involge in pieno rapporti itala-ungheresi. Intendo che dalle discussioni di Ginevra risulti in modo chiaro e netto che Italia appoggia senza esitazione domande ungheresi. In questo senso ho telegrafato personalmente a Bethlen.

Profilo giuridico della questione non può far passare in seconda linea suo lato ed importanza squisitamente politica, ed è questo che ci importa anzitutto. Prego V. E. regolarsi in conformità (1).

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2203/731. Belgrado, 21 settembre 1927, ore 0,40 (per. ore 6).

Mio telegramma per corriere 6609/1231, 15 corrente.

Il R. consolato generale in Uskub mi conferma notizie datemi dal signor Stylla e da me riferite col mio telegramma per corriere sopra citato, circa accordo fra questo Governo ed Hakif Llesci per movimento rivoluzionario in Albania. Predetto funzionario aggiunge quanto segue: « Mi è stato assicurato che cinque camions di fucili italiani sono stati inviati ad Hakif Llesci perchè vengano distribuiti agli albanesi di Albania nella zona di Dibra albanese. Naim bey Starova, che si trova a Oyaod, e che è in intime relazioni col Zupan di Monastir e col Generale Ristich, comandante la Divisione Vardar, ha avuto incarico procurarsi uomini, ed è abbondantemente fornito di danaro. Ahmed Dakli ... (2) quest'ultimo si è ... (2) a Dibra. A quanto mi viene riferito dal mio informatore, dopo convegno che avrà luogo a Belgrado, sarà deciso il piano dell'azione e questa dovrebbe avvenire nel modo seguente: un'azione dimostrativa di piccoli nuclei nella zona di Scutari, ed un'altra identica nella zona di ... (2) allo scopo di provocare in quella zona il concentramento delle truppe di Ahmed Zogu.

Il grosso del movimento insurrezionale invece sarebbe accumulato nella

zona di Koriza, con preciso scopo di occupare questa città e Elpassan. Hakif

Llesci ha giornalieri contatti con albanesi della Dibra albanese i quali ricevono un compenso pecuniario, mentre loro fucili vengono ritirati e sostituiti con armi e munizioni modello italiano. Come appare chiaro da quanto sopra la tecnica del progettato movimento consisterebbe nel solito vecchio trucco di fare sembrare il movimento come originato nell'interno dell'AI}:>ania e pertanto come prova che gli insorti sono forniti di armi italiane e quindi istigati dalle autorità italiane •.

Il signor Stylla mi riferisce d'altra parte che il signor Marinkovic sta intensificando la propaganda presso ri:llugiati albanesi nel senso insinuare che l'Italia prepari un movimento rivoluzionario per abbattere Ahmed Zogu e mettere al suo posto Hassan bey Pristina (vedi mio telegramma per corriere 6608/122 del 14 corrente) (1). Inoltre nei due colloqui avuti con Zena bey il signor Marinkovich gli ha detto che prevede che l'Italia farà un colpo contro Ahmed Zogu, ma questi avrà sempre nella Jugoslavia un'amica sincera pronta ad aiutarlo. Più preciso ancora sarebbe stato con Zena bey il Jovanovic, direttore generale degli affari politici, il quale gli avrebbe chiaramente detto che l'Italia si prepara a rovesciare Ahmed Zogu ed a mettere al suo posto Pristina. Inoltre il predetto Jovanovic ... (2) presso questa legazione Albania, una sollecita risposta di pieno affidamento ... (2) per la questione delle pretese incursioni di bande armate albanesi in territorio S. H. S. minacciando in caso contrario di ... (2). Tutti questi fatti hanno evidentemente fra di essi una certa connessione e rispondono ad un piano unico che è quello di evitare intralci ai movimenti militari in Albania, facendo poi credere che si tratta di movimento interno fatto con armi ita~iane e quindi provocato dall'Italia per rovesciare Ahmed Zogu a favore di Pristina. Marinkovich si propone in tal modo di ottenere un duplice scopo: l) scuotere la fiducia di Ahmed Zogu verso l'Italia; 2) di dare nuovo coraggio ai rifugiati albanesi in Jugoslavia, che in questi ultimi tempi erano stati presi da sfiducia verso Governo S. H. S. (3).

(l) -La minuta è di pugno di Grandi. (2) -Gruppi indecifrati.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2220/1251. Belgmdo, 21 settembre 1927 (per. il 26).

Mio telegramma n. 726 (4).

Come ho riferito a V. E. col mio telegramma sopra citato, da vari indizi ho avuto l'impressione che il signor Marinkovich non abbia riportato dalla conversazione avuta a Ginevra col signor Briand quegli effetti che si ripro

metteva. Non vi è dubbio intanto, che Marinkovich nutriva, come ho più volte riferito, la speranza di poter firmare il patto di arbitrato ed amicizia già da tanto tempo approntato, e che i chiari accenni fatti al riguardo dal signor Koroscec nel suo discorso del 21 u. s., nonchè da questa stampa, compreso l'ufficioso Pravda, erano diretti a sondare e preparare il terreno. Il non essere riuscito ad indurre il ministro francese degli affari esteri a firmarlo, ha rappresentato per Marinkovich una prima disillusione, ancora più grave dall'avere resa vana l'aspettativa che da detta firma si riprometteva nei riguardi della sua posizione.

Ma sembra che il signor Briand non si sia limitato a questo atto negativo, ma che abbia approfittato dell'occasione per insistere presso il signor Marinkovich per un sollecito regolamento dei debiti di guerra della Serbia verso la Francia. Ne è prova la riunione di esperti finanziari e giuridici che questo ministero delle finanze, d'accordo con lo stesso signor Marinkovich, si è affrettato ad indire in questi giorni, ossia subito dopo il ritorno del ministro degli esteri a Belgrado.

Mi riservo di tornare sull'argomento.

(l) -Non si pubblica. Il te!. reca il n. 2189/122 ed è pervenuto il 18 settembre. (2) -Gruppi indecifrati. (3) -Cfr. anche quanto comunicava Bodrero con tel. gab. rr. 2222/741 del 27 settembre, ore 1,40: il movimento verrebbe preparato dalle c autorità civili, auspici il Signor Marinkovic ed il Signor Jovanovic. Le autorità militari sarebbero state finora tenute al corrente senza peròdare la propria opera. La rivolta stessa sarebbe affrettata perchè Governo S.H.S. è vivamente preoccupato dal fatto che molti fuorusciti albanesi si orientano verso l'Italia ». (4) -T. gab. 22041726 del 20 settembre, che non si pubblica, nel quale non si parla, peraltro, del colloquio avuto da Marinkovié con Briand, bensì di quello con Walko.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. 1332/295. Roma, 22 settembre 1927, ore 19,45.

Vedo dai giornali ungheresi che rinvio ginevrino annosa questione optanti ha sollevato vivaci proteste mondo ungherese. Non conosco quale giudizio si dia nelle sfere responsabili ungheresi dell'atteggiamento tenuto dall'on. Scialoja nella controversia. Walko che trovasi a Ginevra avrà già informato Governo ungherese. Comunque se V. S. avesse occasione toccare questo tasto con Bethlen faccia comprendere quanto segue e cioè: l) se si fosse venuto a una decisione esplicita i~ senatore Scialoja avrebbe votato per la tesi ungherese perchè questi erano gli ordini tassativi che io gli avevo trasmesso; 2) colla sua proposta rinvio on. Scialoja ha voluto evitare di urtare Chamberlain che nella controversia aveva assunto oramai una peDsonalissima posizione nonchè lasciare aperto il varco a una transazione onorevole; 3) non conviene nemmeno agli ungheresi prendere di petto Chamberlain. Gioverà ricordare ad essi che le voci favorevoli all'Ungheria partono in Inghilterra da ambienti assai vicini al Chamberlain stesso; 4) una troppo ostentata solidarietà italiana alla tesi ungherese potrebbe nuocere all'Ungheria stessa coll'aumentare i sospetti e quindi la pressione e quindi accerchiamento anti-magiaro da parte della Piccola Intesa. V. S. non faccia passi di nessun genere, nè prenda iniziativa di spiegazioni, ma se il discorso cadesse sull'argomento, tenga presente per sua norma di linguaggio questo telegramma (1).

(l) Non si pubblica il telespr. 22, del 24 settembre, nel quale Scialoja riassumeva il complesso delle discussioni ginevrine sulla questione degli optanti.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2206/670. Londra, 22 settembre 1927, ore 20,45.

A proposito delle voci di stampa su un incontro fra V. E. e Chamberlain, ho chiesto oggi a Tyrrel se gli risultava quale fondamento avessero tali voci. Tyrrel, dopo avermi detto che non ne avevano alcuno e che prima ancora di partire da Londra Chamberlain aveva escluso un possibile incontro per evitare ripetersi delle inutili speculazioni cui aveva dato luogo anno scorso convegno Livorno, mi ha aggiunto: • e poi è successo qualche cosa ultimamente a Ginevra che, a parte ogni altra considerazione, non giustificherebbe oggi un incontro fra Mussolini e Chamberlain •. Avendo io insistito perchè chiarisse suo pensiero, Tyrrel parlandomi in via del tutto confidenziale e personale mi ha detto che Chamberlain era rimasto molto dispiaciuto delle tassative linee di massima date a S. E. Scialoja di votare a favore dell'Ungheria nella questione degli optanti ungheresi in Romania. Tyrrel ha avuto l'aria di dire che l'adesione italiana è mancata per ragioni politiche più che per ragioni giuridiche e questo avrebbe provocato risentimento di Chamberlain il quale, come relatore della laboriosa questione, era specialmente interessato a che si giungesse ad una equa soluzione. Sempre in materia di un incontro fra V. E. e Chamberlain mi risulta che ufficio stampa del Foreign Office interpellato da codesta ambasciata britannica ha smentito di avere dato al corrispondente del Giornale d'Italia conferma della notizia come ha telegrafato Rodolfo Foà (1).

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IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 2117/303. Gerusalemme, 22 settembre 1917.

È arrivato in questi giorm m Palestina S. E. Monsignor Pasquale Robinson che fu già varie volte visitatore apostolico in Terrasanta, che doveva essere delegato apostolico in Egitto, e che alla conferenza della Pace seguì per incarico del Vaticano le questioni dei Luoghi Santi insieme col padre Diotallevi. Egli è ritornato qui sempre in veste di visitatore apostolico, per risolvere le infinite questioni che affannano questo mondo religioso di rito latino. Sono andato a trovarlo stamane e durante un lungo colloquio ho portato il discorso sui tre punti che potevano interessare noi italiani. Era interessante sentire il punto di vista della Santa Sede nei riguardi: primo, del Cenacolo; secondo, della questione dei Luoghi Santi; terzo, sulla minaccia di orientalizzare il cattolicesimo del Levante valorizzando i riti orientali ed il clero arabo in confronto al rito latino ed al clero europeo.

Monsignor Robinson che mi onora della sua confidenza è stato esplicito in tutte e tre le questioni. Per quanto riguarda il Cenacolo ha dichiarato che la Santa Sede non ha alcun dubbio sul diritto della Casa Reale di avere la proprietà del Cenacolo comprato dai reali di Napoli, ma ha soggiunto che il riconoscimento di un tale diritto viene ostacolato sopratutto dalla Francia che vede con terrore qualunque atto aumentante la influenza o il prestigio italiano in Oriente. Egli mi ha ricordato che quattro anni or sono una forte opposizione al riconoscimento del diritto italiano veniva fatta anche dalla Spagna, e come egli stesso leggesse una lettera inviata dal Re di Spagna al Re d'Inghilterra rivendicante diritti spagnoli in proposito ed esortante a nulla concedere alla famiglia reale italiana. Tale lettera fu fatta leggere a Monsignor Robinson dallo stesso Ambasciatore della Spagna a Londra che era il fratello del cardinale lVIerry del Val. Ma oggi, secondo informazioni date al Robinson dal nunzio vaticano a Madrid, la Spagna non farebbe più opposizione alla eventuale cessione del Cenacolo all'Italia mentre il governo inglese anche vi sarebbe favorevole. La sola tenace opposizione è quella della Francia in omaggio alla quale la Santa Sede non si sente di prendere atteggiamenti precisi se non quando vi sia costretta.

Per quanto si riferisce ai Luoghi Santi, il Robinson che è incaricato di s2guire la questione, è del parere che nessun momento sarebbe favorevole come questo alla soluzione delle secolari controversie. Infatti, siccome le contese sono soprattutto tra cattolici e greci ortorossi, il momento sarebbe favorevole ai primi perchè alle spalle dei secondi non è più la Russia imperiale e non è neppure la Grecia che non ha forza e non se ne cura. Se la Società delle Nazioni si occupasse ora della questione il momento gioverebbe grandemente alla tesi cattolica. Ma ad ogni discussione in proposito si oppongono francesi e belgi, i quali fanno sul Vaticano pressioni continue favorevoli allo statu quo; quindi anche di qu~~to argomento non pare sia ora il caso di parlare.

Di maggiore attualità è invece l'orientamento che va prendendo la Chiesa a proposito dei riti orientali e dei cleri indigeni. Ho ricordato a Monsignor Robinson che poco tempo fa una rivista svizzera aveva pubblicato un articolo riprodotto dalla Rassegna delle Riviste Este1·e edita dal Ministero, nel quale articolo venivano affermate le predilezioni del Pontefice per dare più largo sviluppo ai riti asiatici e maggiore autorità ai vari cleri indigeni dei paesi d'Oriente. Insomma, il Pontefice avrebbe desiderato di attenuare la latinità della Chiesa con forti iniezioni di asiatici imme&si nelle posizioni di comando entro i rispettivi paesi.

Padre Robinson mi ha esplicitamente confermata la notizia. Egli mi ha detto che il Papa ha parlato con lui personalmente di questa sua tendenza « almeno tre volte dal maggio all'agosto » insistendo per il Levante e per la Palestina sulla necessità di valorizzare il rito greco cattolico ed il rito siriano al posto del rito latino, sulla opportunità di sostituire i preti europei con preti arabi e siriani, o almeno greci cattolici. Secondo il Pontefice il bolscevismo dilagherebbe in Asia dove il suo aspetto sarebbe la xenofobia e la Chiesa dovrebbe prevedere la rivolta dei popoli di Oriente contro ogni ingerenza occidentale, quindi è necessario di preparare cleri indigeni pronti a raccogliere la successione degli europei, ed anzi anticipare con una rapida organizzazione il nuovo assetto ecclesiastico nei paesi oltre Mediterraneo. In parole povere il Papa ragiona per la paura, e sostiene una tesi aberrante che è pericolosa soprattutto per il prestigio dell'Europa di fronte ai popoli orientali. Egli sacrifica di fatto la latinità a preoccupazioni fantastiche ed aiuta il sentimento xenofobo dei popoli asiatici, invece di attenuarlo, dimenticando che il gi?rno in cui l'Oriente si destasse sui serio contro l'Europa il primo bersaglio dei popoli mussulmani o indu, o buddisti, o bramani sarebbe pur sempre la religione cristiana.

Da questo concetto erratissimo del Pontefice ne deriva che in Transgiordania il cattolicesimo che oggi è nelle mani del Patriarcato Latino passerà in quelle dei greci cattolici, e cioè dei francesi perchè il clero greco cattolico è qui educato dai padri bianchi del cardinale Lavigerie. Bisogna parare il colpo, e per questo sono in trattative col vescovo greco cattolico Monsignor Agiar che fino a qualche tempo fa era fervido francofilo, ma che da qualche mese è diventato aperto amico degli italiani. Spero poter dar presto buone notizie in proposito.

(l) Cfr. Il giornale d'Italia del 20 settembre, corrispondenza da Londra a firma r. f. «Prossimo incontro tra MussoHni e Chamberlain •.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. (P.R.) S. 385/297. Roma, 23 settembre 1927, ore 21.

Sottosegretario Grandi ha ieri ricevuto Tomalewski col quale si è lungamente intrattenuto. Tomalewski ha ripetuto sostanzialmente quanto V. S. riferiva nel suo rapporto del 5 corrente (1). Ho fatto confermare al Tomalewski la maggiore benevolenza e vivo interessamento del fascismo alla causa macedone. Macedoni troveranno in Italia d'ora in avanti la più amichevole ospitalità. Darò disposizioni nostri consolati Albania specie quelli di Valona e di Koritza perchè favoriscano passaggio macedoni, che saranno segnalati dal comitato O.R.M.I., attraverso Albania. Mi riprometto al momento opportuno attirare attenzione stesse autorità albanesi sopra la possibilità di pratiche ed utili intese. Per ora ho promesso a Tomalewski di interessare Governo Ahmed Zogu per una maggiore vigilanza sopra attività che serbi stanno svolgendo fra popolazioni bulgare dei distretti di Dibra e Koritza, facenti parte dello stato albanese, allo scopo di costituire centri di resistenza alla propaganda macedone. Ho disposto perchè il Tomalewski sia cordialmente accolto ed ascoltato dai direttori maggiori giornali italiani, Giornale Italia, Tribuna, Popolo Italia, Corriere Sera. Ho consigliato al Tomalewski di costituire in Italia un bureau di collegamento per rendere più facili e rapidi i contatti e per non gravare soverchiamente sulla R. legazione a Sofia la cui delicata posizione rispetto alle autorità bulgare ufficiali è da tenere presente. Tomalewski è rimasto soddisfatto della visita. Sottosegretario Grandi lo rivedrà ancora prima che riparta da Roma. È superfluo che io ripeta a V. S. come [sia] importante per la nostra

politica balcanica seguire da vicino il movimento rivoluzionario macedone. Tenere costantemente viva la fiamma della agitazione macedone significa rendere praticamente più difficili se non impossibili i tentativi di riavvicinamento bulgaro-serbo. È quanto a noi sopratutto importa. V. S. continui colla diligenza e coll'interesse di cui ha dato sinora prova ad esplicare attività in questo senso.

(l) Non rinvenuto.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2216/579. Berlino, 24 settembre 1927, ore 20,45 (per. ore l del 25).

Telegramma di V. E. 1334/350 (1).

Notizia segnalata pare provenga da pubblicazione fatta su Tribuna del 22 corrente datata Berlino 21 dove com'è noto [giornale] non ha attualmente corrispondente. Non risulta che a riunione Lubecca abbia partecipato alcun

• gran duca Von Oldenburg •. Ufficio stampa mi assicura, se pure è stata pubblicata da giornali tedeschi, non ha avuto qui alcuna ripercussione. Invio per corriere giornale Stahlhelm uscito oggi che contiene per intero il discorso di Seldte. Avendo chiesto informazioni a questo ministero affari esteri mi è stato risposto che Direzione dello Stahlhelm ha assolutamente smentito che si sia parlato del Tirolo • italiano •. È vero che si rivendica l'Anschluss con l'Austria e col Tirolo, ma in questo caso, hanno detto al ministero degli affari esteri del Reich, il Tirolo significa Tirolo austriaco non quello italiano, perchè se si fosse voluto alludere a questo ultimo si sarebbe detto • Sud Tirolo •. Anche direzione dello Stahlhelm darebbe questa interpretazione. L'interpretazione è evidentemente ingenua e capziosa, ma ha un valore il fatto che tanto lo StahLhelm che questo ministero degli affari esteri abbiano voluto darmela.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, PEDRAZZI

TELESPR. 249221/71. Roma, 24 settembre 1927.

Con particolare vivo interesse ho letto il Suo rapporto n. 1988/263 del 2 corrente, nel quale Ella, con realistica visione, ha tratteggiato il quadro della attuale situazione religiosa in Terra Santa e dei nostri rapporti con le varie Istituzioni Cattoliche, e mi compiaccio con Lei della chiara esposizione fattami delle ultime vicende che hanno determinato costì degli spostamenti a vantaggio delle religioni scismatiche di fronte al Cattolicismo.

Sono pienamente d'accordo con la S. V. sulla necessità di fare qualche cosa da parte nostra di fronte al decadimento della italianità nella Custodia

Sl -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

di Terra Santa. Già negli anni decorsi, di fronte all'accresciuto invio di frati stranieri, e specialmente spagnuoli, questo R. Ministero ebbe ad interessare, ma purtroppo senza notevoli risultati, la Casa Generalizia Francescana per un più intensificato invio in Terra Santa di frati italiani, onde rafforzarne la compagine nel seno della Custodia.

Dati i felici mutamenti avvenuti nell'Ordine in questi ultimi tempi, sarà provveduto, e spero con esito migliore, a nuove insistenze in tal senso: mentre, d'altra parte, sarà segnalata al Ministero della Guerra la necessità (dalla S. V. fatta opportunamente presente) che le disposizioni regolanti la dispensa provvisoria dal servizio militare siano rigidamente applicate, in modo che di esse possano fruire soltanto quei giovani che dall'Ordine siano effettivamente destinati alle missioni.

Non mancherò poi di tener presenti le considerazioni della S. V. circa l'opportunità di un viaggio in Terra Santa di S. A. R. il Principe di Piemonte.

Nei riguardi del Patriarca Latino, Monsignor Barlassina, prendo atto di quanto Ella mi riferisce circa il mutato suo atteggiamento e le ragioni che potrebbero anche giustificare, fino ad un certo punto, il suo precedente contegno, compiacendomi soprattutto con Lei per la cordialità dei rapporti stabiliti fra il Patriarcato e codesto R. Ufficio, che la S. V., con felice intuito, ha giustamente messo nella sua vera situazione, al di sopra ed al di fuori di ogni bega fra il patriarcato stesso e la Custodia di Terra Santa.

Posso infine assicurarLa che farò seguire, con la più vigile attenzione, sia un'eventuale ripresa da parte di • Propaganda Fide » del già naufragato progetto di riforma dello Statuto Custodiale che, ammettendo un Custode anche straniero, darebbe un grave colpo al principale puntello della italianità in Terra Santa, sia un eventuale cambiamento si intendesse portare in danno del Patriarcato in favore dei riti greco-scismatici, con la sostituzione del Patriarcato Latino con un Patriarcato Orientale.

(l) T. gab. 1334/350 del 22 settembre. che non si pubblica: richiesta di notizie su di un congresso dello Stahlhelm che avrebbe votato un ordine del giorno a favore dell'Anschluss compreso il Tirolo.

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IL CONSOLE AD ADEN, CANERO MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. S. N. Asmara, 25 settembre 1927.

Ho l'onore di riferire all'E. V. che durante la mia permanenza in Eritrea ho potuto controllare e meglio vagliare alcuni elementi informativi raccolti in Aden e riguardanti la situazione nei paesi meridionali d'Arabia.

Sulla scorta di questi elementi mi propongo col presente rapporto di far risaltare la linea di condotta e l'azione che gli inglesi da un anno a questa parte vanno esercitando con notevole intensità in Arabia sia direttamente e sia valendosi di taluni organismi locali la cui esistenza è intimamente collegata coll'appoggio e coll'aiuto dell'Inghilterra.

La presente situazione nei paesi meridionali d'Arabia, se osservata nel quadro generale della situazione nel resto della penisola, ci rivela che l'Inghilterra, quale potenza occidentale maggiormente interessata nei problemi d.;-1

l'oriente, mentre volge e adatta in modo vario la sua attività e la sua influenza verso i molteplici avvenimenti locali, mira, con uniformità di vedute, ad un fine unico che è quello di preparare la formazione di un assetto e di un ambiente che possano assicurarle l'assoluta preponderanza su tutta la penisola e rappres.entarle la necessaria garanzia lungo le vie del suo impero.

Questo che in sostanza è un principio secolare della politica inglese in Arabia e in oriente, è sempre tenuto di vista ed ha finora costituito la meta finale dei vari atteggiamenti assunti dall'Inghilterra e degli aspetti talora contrastanti della sua azione di fronte alle vicende politiche della penisola Arabica.

Per rimanere nel quadro della situazione nei paesi meridionali d'Arabia, osserviamo subito che l'Inghilterra, dopo aver incontrato una metodica e sistematica resistenza per lo stabilimento della sua influenza nello Yemen, si indusse a rivolgere, con particolare intensità, i suoi tentativi verso l'Assir e l'azione politica inglese verso quest'ultimo organismo si è rivelata maggiormente attiva e palese dopo il noto accordo Italo-Yemenita del settembre 1926, atto questo che sanciva in forma solenne il preciso intendimento dell'Imam Jahia di opporsi alle richieste e alle mire inglesi nello Yemen.

È di fatti di quell'epoca la dichiarazione rivolta dalla Residenza di Aden· all'Emiro dell'Assir di procurarsi cioè armi e munizioni ovunque, mentre è noto che l'Inghilterra si è sempre riservata la fornitura e il controllo dell'introduzione delle armi nei vari emirati d'Arabia.

Questo atteggiamento e l'azione sistematica degli inglesi, predisposta e svolta con larghi mezzi, doveva in sostanza influire e guidare gli elementi ad essa favorevoli, per creare tutto un ambiente esterno di decisa ostilità e minaccia verso lo Yemen col fine ultimo di intimorire l'Imam Jahia e indurlo ad accettare quelle condizioni che gli inglesi ritengono indispensabili per assicurare la loro supremazia in Arabia.

L'adozione di questo programma, col suscitare ambizioni di capi e col rafforzare lo spirito di ostilità in alcune tribù poco ligie all'Imam, ha determinato la creazione di fattori esterni che in certo senso hanno allargato sempre più il campo di minaccia verso il Re dello Yemen.

Gli intrighi e le manovre in Assir sono opera della Residenza di Aden, l'accordo che stabilisce il protettorato dell'Heggiaz sull'Assir, sebbene non completamente rispondente al piano degli inglesi, è stato certamente inspirato e si è perfezionato mediante l'azione indiretta degli inglesi allo scopo di dare una portata ancor più rilevante alla minaccia verso lo Yemen.

L'impianto in Aden nel gennaio corrente anno di una forte base aeronautica e le continue dimostrazioni di forza nei territori di confine con lo Yemen non rappresentano che un aspetto dello svolgimento del programma inglese e questa pressione ha avuto un vero carattere di aperta e diretta minaccia. A un certo momento questa pressione fu tale che sembrò l'Inghilterra stesse per inviare all'Imam un • ultimatum •. Fu di fatti in seguito a queste frequenti dimostrazioni compiute in grande stile che l'Imam si determinò ad accogliere favorevolmente una proposta della Residenza in Aden di inviare cioè un suo rappresentante in quella città o di consentire che persona

incaricata dal Governo inglese si recasse a Sana per trattare le questioni

tuttora esistenti tra l'Inghilterra e lo Yemen.

Come ebbi a riferire nei miei precedenti rapporti e telegrammi questa

situazione minacciosa nei territori di confine di Aden dal gennaio c. a. si pro

trasse fino al mese di maggio u. s.

Da quest'epoca si è avuto quasi repentinamente un arresto nell'impiego

dell'aviazione che però si mantiene alla propria base sempre pronta ed in

piena efficienza.

In Assir invece il programma inglese, pure attraverso difficoltà e con

trasti, ha continuato il suo sviluppo dopo la pubblicazione del noto patto di

protettorato fra Ibn Saud e l'Emiro Sayed Hassan.

A questi fattori della situazione nei territori di confine collo Yemen va aggiunto un terzo elemento anche esso da ritenersi di ispirazione inglese: il tentativo cioè del Re dello Heggiaz di avvicinarsi all'Imam Jahia per stabilire un accordo collo Yemen e ottenere il riconoscimento del protettorato sull'Assir.

Riferendoci alla situazione quale si presenta ancora oggi osserviamo che dal mese di maggio corrente anno l'atteggiamento inglese verso i paesi meridionali dell'Arabia si è orientato per tre vie distinte ma con obiettivo unico di ristabilire i rapporti anglo-yemeniti possibilmente per mezzo di accordi e comunque per assicurare all'Inghilterra un elemento di notevolissima importanza per l'assetto della penisola Arabica secondo i suoi fini imperialisti.

Qui di seguito esaminerò partitamente questi tre fattori poichè lo sviluppo di essi e meglio ancora la finalità cui mirano ha indubbiamente una grande importanza per l'avvenire delle nostre relazioni collo Yemen:

l) SVILUPPO DELL'INFLUENZA INGLESE IN ASSIR: Quivi l'azione inglese particolarmente intensa ed attiva, pur attraverso contrasti e difficoltà di ogni sorta, ha potuto conseguire una utilità economica con la concessione per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nell'Isola di Farsan e un vantaggio politico colla stipulazione del patto di protettorato, patto che recentemente ha avuto una pratica esecuzione con l'invio a Gizan di un rappresentante di Ibn Saud in qualità di • adviser • dell'Emiro Sayed Hassan.

L'invio di truppe in Assir da parte di Ibn Saud almeno per ora sarebbe prematuro. Una tale determinazione avrebbe finito col provocare avvenimenti locali di certa gravità ed avrebbe pregiudicato quell'azione che gli Inglesi svolgono per altre vie verso l'Imam Jahia.

L'Emiro Sayed Hassan ha dovuto, suo malgrado accettare questa imposizione a fare anche buon viso al luogotenente venuto in Assir dato che Ibn Saud ha modo di minacciare e di intimorirlo colla prospettiva di inviare in Assir l'ex Emiro Sayed Ali, ora alla Mecca, il quale, per il favore che ancora gode fra molte tribù, sarebbe in grado di provocare un colpo di Stato e sostituirsi all'attuale Emiro.

Con tutto ciò l'aspetto dell'Assir è tutt'altro che definitivo e la posizione dell'Inghilterra in questo Emirato poggia ancor oggi su basi molto fragili. Per contro è interessante constatare in Assir, specie in questo momento una notevole corrente di simpatia verso l'Italia e molti Capi influenti di quel

l'emirato sperano in un appoggio del nostro Governo per opporsi ad un ulteriore assorbimento del loro paese da parte di Ibn Saud.

2) INVIO DI UNA MISSIONE DI IBN SAUD A SANA PRESSO IL RE DELLO YEMEN: Immediatamente dopo la pubblicazione del patto di protettorato fra Ibn Saud e l'Emiro Sayed Hassan, sembrò inevitabile una forte reazione da parte dell'Imam Jahia e quindi un conflitto fra le truppe Zeidite e quelle Wahabite.

Mi consta che a quell'epoca specialmente la Residenza di Aden fosse molto preoccupata della possibilità di questo conflitto ed anche oggi è facile comprendere che l'Inghilterra non ha nessun interesse a che si avveri questo conflitto mentre essa non è in grado di dominare la situazione. Il successo ed il conseguente rafforzamento di uno dei due contendenti potrebbe rappresentare oggi una seria minaccia per la posizione dell'Inghilterra nella penisola Arabica.

Per allontanare la possibilità di questo conflitto lbn Saud nei mesi scorsi indubbiamente consigliato dagli inglesi si decise di inviare una missione presso l'Imam Jahia, missione, che come è noto, ha fatto ritorno alla Mecca senza aver nulla concluso. Gli inglesi hanno sempre timore che possa da un momento all'altro scoppiare un conflitto prima ancora che essi riescano a conseguire quei risultati favorevoli che sperano dall'opera che per altra via stanno svolgendo presso l'Imam e prima ancora che sia consolidata la loro influenza in Assir.

3) TENTATIVI DEGLI INGLESI PER ADDIVENIRE AD UN ACCORDO COLL'IMAM JAHIA: Questa azione ha avuto particolare sviluppo, immediatamente dopo la cessazione delle minaccie inglesi da Aden e si è praticamente svolta da prima con un intenso scambio di corrispondenza fra Aden e Sana e recentemente coll'invio a Sana del Capitano Crawford il quale, a quanto si dice, dovrebbe preparare l'ambiente per ulteriori trattative che dovrebbero essere riprese dal Generale Clayton.

Dei tre aspetti dell'orientamento inglese nei paesi in esame, questo indubbiamente è il più importante in quanto che dalla soluzione di esso dipenderà un più deciso atteggiamento degli inglesi nei riguardi dello Yemen e non è da escludersi che esso possa anche determinare un orientamento affatto nuovo della politica inglese nei paesi d'Arabia.

Intanto pare che il capitano Crawford siasi recato a Sana non come rappresentante della Residenza di Aden ma piuttosto con incarichi direttamente avuti da Londra o da Cairo e come avanguardia dello stesso Generale Clayton.

Non credo che fra gli argomenti di cui dovrà trattare Crawford siavi compreso quello di principale interesse per gli inglesi riguardante cioè la zona di protettorato di Aden in gran parte ora occupata dall'Imam.

Da informazione risulterebbe che Crawford si è presentato al Re dello Yemen, apparentemente come esponente della Eastern Generai Syndicate di cui fa parte per trattare le questioni inerenti alla concessione di Salif, di miniere e forniture varie allo Yemen.

A proposito di Salif lo stesso Crawford lo scorso anno ebbe ad esprimersi che per tale concessione già accordatagli dall'Emiro dell'Assir aveva avuto anche una specie di benestare da parte dell'Imam Jahia.

Ho sensazione che gli inglesi annettono grande importanza alla concessione di Salif che travasi sulla costa araba di fronte all'Isola di Caraman che essi già occupano di fatto.

Specialmente dopo il fallimento dei tentativi fatti da Ibn Saud di accordarsi coll'Imam Jahia, gli inglesi, come si è visto, prevedono che da un momento all'altro possa scoppiare un conflitto fra i due potentati dell'Arabia. E in tale ipotesi qualora Ibn Saud dovesse effettivamente far avanzare le sue truppe nello Assir ed anche oltre Medi, gli inglesi pur senza intervenire direttamente nel conflitto, avrebbero, con la concessione di Salif, un punto d'appoggio sulla Costa Araba rispettato dallo stesso Ibn Saud. Una ipoteca a Salif metterebbe gli inglesi in grado di dominare meglio la situazione fra i due contendenti ed anche in condizioni di giustificare un eventuale loro intervento in quella località per proteggere interessi di Società inglesi.

Dal complesso della situazione emerge che l'impostazione di questo programma inglese a base di intrighi e di manovre tende svalutare la nostra posizione e la nostra influenza già in pieno incremento nello Yemen.

L'azione che specialmente in questo momento viene spiegata dal Governo dell'Eritrea è attivissima e si dimostra particolarmente vigile ed efficace riuscendo a controbilanciare le manovre inglesi. Grazie a questa nostra politica tutto oggi fa prevedere che lo stato dei nostri rapporti collo Yemen non possa essere danneggiato o comunque turbato da questi intrighi, tanto più che il nostro programma d'azione, mirando a stabilire nello Yemen quelle condizioni di fatto necessane per lo sviluppo economico del paese, collima perfettamente coll'interesce e colle aspirazioni dell'Imam Jahia e della maggioranza dei suoi sudditi, mentre gli inglesi secondo un punto di vista diametralmente opposto mirerebberu a .iare dello Yemen un organismo debole e politicamente ad essi soggiogato.

Non è però da escludere che gli inglesi dopo il fallimento di altre missioni nello Yemen, questa volta, pur di raggiungere un successo sia pure limitato, si inducano, almeno in un primo tempo, a tener sospese le loro pretese specie quelle riflettenti la sistemazione della zona del protettorato di Aden, dato che Aden, passando per la parte politica e militare sotto il controllo diretto di Londra, la questione cui accenno potrebbe costituire oggetto di una ripresa di trattative fra la nuova Autorità di Aden e l'Imam Jahia.

Ho inoltre la sensazione che questa volta il programma di richieste inglesi debba subire una riduzione pel fatto che oggi la posizione dello Yemen per quanto riguarda i rapporti esterni è notevolmente mutata da quella che era due anni fa.

L'accordo coll'Italia ha determinato un succedersi a Sana di missioni provenienti da vari paesi, ed ha avuto e ha tuttora una notevole ripercussione morale verso gli altri organismi della penisola Arabica. Il favorevole interessamento della stampa per l'incremento dello Stato yemenita e le frequenti dichiarazioni ufficiali ·ed ufficiose circa l'indipendenza e l'integrità dello Yemen, hanno impressionato molto favorevolmente l'opinione pubblica islamica verso lo Yemen, il cui Re ha notevolmente guadagnato in considerazione, in autorità, in prestigio.

Gli inglesi sono molto preoccupati di questa nuova situazione e già si determinano a mutare linea di condotta nelle relazioni cogli organismi arabi prova ne è che recentemente, per la prima volta una nave da guerra britannica ha

sostato davanti a Hodeida rendendo a quella piazza yemenita tutti gli onori

in uso fra Stati indipendenti.

Come ho accennato avanti la nostra posizione nello Yemen oggi non può essere menomamente turbata dalle manovre inglesi; ma non mi dissimulo che per l'avvenire dovremo vigilare molto attentamente non per il timore dello stato dei nostri rapporti collo Yemen ma per la eventualità di cospicui vantaggi che potrebbero essere offerti dagli inglesi atti ad allettare l'Imam e trarlo nella loro orbita. Vantaggi che in un primo tempo potrebbero essere non solo economici ma sopratutto politici qualora, come non sarebbe da escludersi, gli inglesi prospettassero all'Imam Jahia di valersi della sua opera per contrastare a momento opportuno la potenza di Ibn Saud.

Un atteggiamento dell'Inghilterra in tale senso, come si è visto da principio, sarebbe del resto perfettamente consono col principio di politica inglese di predominio nella penisola Arabica e in oriente.

Che se poi anche questa volta le trattative inglesi dovessero avere esito negativo, ben difficilmente l'Inghilterra si adatterebbe a rinunziare al suo programma di richieste per la parte riguardante i confini meridionali dello Yemen e molto probabilmente è da ritenersi essa riprenderebbe con più attività l'opera di intrighi e di manovre esterne contro la compagine dello Yemen.

P.S. -Copia del presente rapporto viene presentato al R. Governo dell'Eritrea ed inviata al R. Ministero delle Colonie, alla R. Ambasciata a Londra e alla R. Legazione in Cairo (1).

438

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2223/242. Asmara, 26 settembre 1927, ore 13 (per. ore 22).

Per Lei solo. Decifri Ella stessa.

Ho ricevuto telespresso n. 45 in data 5 agosto (2). In attesa istruzioni di V. E. avevo cercato evitare colloqui in genere; ma in occasione di una conversazione fra noi due soli per il noto negoziato abbiamo parlato anche questione lago. Il Ras Tafari m'informò in via strettamente confidenziale della risposta che si proponeva di dare memorandum inglese e mi chiese mio parere. lo mi tenni sulle generali insistendo... (3) e nell'assicurarlo che il R. Governo avrebbe potuto col tempo agire da mediatore, assistere suo Governo se richiesto. Sono perciò rimasto nei limiti istruzioni di V. E. Secondo quanto mi ha detto Ras Tafari elementi principali risposta che è stata consegnata Ministro d'Inghilterra

(,3) Gruppi indecifrati.

tre giorni fa sarebbero seguenti: Etiopia riconosce necessità Sudan in relazione acque lago ma non può ammettere che Inghilterra costruisca ed esercisca sbarramento. Governo etiopico ... (l) da una società etiopica e si riserva di controllare acqua non ritenendo memorandum protegga sufficientemente diritti rivieraschi mentre fra qualche lustro bisogna coltivare ... (1). Se Governo britannico respinge questa proposta Governo etiopico passa posizione seconda linea proponendo affidare costruzione sbarramento ad una società internazionale. Si vede da quanto precede che la questione non corre per il momento rischio di ricevere pronta soluzione. È da notare frattanto che il Governo etiopico ha risposto in settembre ad un memorandum dei primi giorni di maggio. È sintomatico poi che ad un anno dall'entrata del Governo etiopico nella Società delle Nazioni esso si rivolga Ministro italiano per consigli e lo metta al corrente direttive del suo Governo mentre Ministro d'Inghilterra non mi ha ancora fatto parola di avere ricevuto risposta al suo memorandum, una risposta

per lui ben riservata.

(l) -Annotazione marginale di Mussolini: c Importante •. (2) -Sic, per 9 agosto. Cfr. n. 346.
439

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 2189/658. Durazzo, 26 settembre 1927.

Ahmet dopo essersi a lungo consultato con se stesso (soltanto con se

stesso?) mi ha dato stasera la sua adesione di massima all'intero programma

politico che V. E. mi aveva incaricato di esporgli e i cui punti fondamentali

sono: l) Alleanza difensiva Itala-Albanese. 2) Creazione del Regno d'Albania.

3) Matrimonio di Ahmet bey Zogu inteso ad assicurare l'ordine di successione

al trono.

Ahmet si è reso conto che i tre punti suddetti sono interdipendenti.

Circa l'alleanza difensiva egli mi ha detto che si riservava di chiedere

~lcune leggere varianti che toccano ,soltanto la forma, ma non la sostanza del

progetto elaborato dal R. Governo. Non ho mancato di far osservare al Presi

dente che nel nostro progetto la • forma • acquista valore sostanziale, dato il

modello a cui esso si inspira e da cui non è bene allontanarsi. Ma non ho

portato più lontano le mie obiezioni essendomi sembrato inutile aprire una

discussione che sarebbe rimasta puramente accademica visto che non era giunto

il momento di iniziare lo studio del trattato articolo per articolo, cosa che

sarà fatta in uno dei prossimi colloqui.

Fondamentale era l'adesione di Ahmet agli altri due punti. Nell'ultimo rap

porto (2) avevo fatto prevedere a V. E. la favorevole risposta. Le esitazioni di

Ahmet dipendevano anche dal fatto ch'egli si è visto presentare in forma con

creta, e di realizzazione immediata, un progetto che certamente egli accarezzava

da tempo, e per il quale si preparava a sostenere chi sa quale lunga e paziente

schermaglia. La forza di controllo ch'egli ha sui moti dell'animo gli ha permesso di allontanare, come se fosse un amaro calice, la coppa offertagli, in cui egli berrà solo dopo aver negoziato l'accettazione del nostro dono.

Anche oggi, nel darmi la sua adesione, egli ha voluto rivestirla di una ultima riserva, formulandola così:

• In cima ai miei pensieri sta soltanto la mia Patria. Nella mia decisione deve esulare ogni mia ambizione personale. Io desidero che il Signor Mussolini sia il giudice finale dell'opportunità di attuare il suo programma. Il Signor Mussolini ha acconsentito ad incontrarsi con me. È mia intenzione esporgli tutte le difficoltà, interne ed esterne, che potrebbero opporsi alla realizzazione del programma espostomi. Se dopo le mie spiegazioni il Signor Mussolini mi confermerà le sue decisio'1i, io confermerò <1. mia volta la mia adesione •.

Prima dì continuare il colloquio mi ha fatto leggere il testo di un telegramma in data 24 corrente col quale il suo ministro degli esteri gli dà conto della udienza che V. E. ha testè accordato a Roma al ministro stesso. Ilias bey gli fa noto che V. E. aderisce alla richiesta di abboccamento con Ahmet, richiesta che era stata decisa, come ho riferito a V. E., prima dell'inizio delle attuali trattative di Tirana. Ho domandato al Presidente quando egli sperava che l'incontro potesse aver luogo. Ha accennato a Novembre. Visto la relativa lontananza di tale data, ho fatto intendere ad Ahmet l'opportunità ch'egli cominciasse subito col farci conoscere gli ostacoli, esterni od interni, ch'egli prevedeva e temeva, affinchè V. E. potesse studiare fin d'ora il modo di prevenirli o eliminarli. Il colloquio da lui sollecitato avrebbe potuto rappresentare così non una fase del negoziato, bensì il suo momento conclusivo.

Il presidente si è mostrato lieto della piega che il discorso prendeva, ed ha cominciato col dichiarare subito che veramente gravi difficoltà esterne egli non ne prevedeva, dato che l'Italia sl era offerta di tenere a battesimo il nuovo Regno, e che V. E. avrebbe fatto sentire la sua parola, al momento opportuno, presso le varie cancellerie europee. Restavano però le difficoltà interne. Egli doveva ricordarmi che l'Albania era abitata da una popolazione divisa in tre differenti religioni. In quanto ai Cattolici del Nord essi erano favorevoli alla costituzione del Regno. I malissori, a Scutari, lo avevano acclamato Principe. Il clero cattolico, invece, aveva finora osteggiato il regime. Ma il • concordato •, che poteva dirsi virtualmente couc:luso, e che sarebbe stato definitivamente approvato dal Consiglio dei Ministri entro una decina di giorni, sarebbe valso a tirare dalla sua parte anche il clero. Nessuna preoccupazione, dunque, da questo lato. In quanto agli ortodossi del centro e del sud, egli doveva distinguerli in due frazioni. Quelli di razza albanese ma di lingua greca, e le minoranze di origine ellenica. I primi, di sentimenti nazionalistici, avrebbero visto con favore la creazione del Regno. I secondi, di sentimenti grecizzanti, si disinteressavano della cosa pubblica albanese, ed erano quindi presso a poco indifferenti a una trasformazione del regime. Restavano i mussulmani. Questi avrebbero visto con entusiasmo la sua elevazione al trono.

Gli ho fatto rilevare ch'Egli all'atto stesso che elencava le possibili difficoltr interne me ne dimostrava la reale inconsistenza.

Momento di silenzio e di imbarazzo, dal quale non ho aiutato Ahmet ad uscire. Poi il Presidente ha soggiunto:

• La vera difficoltà è di carattere finanziario. Io non posso, per soddisfare la mia ambizione, imporre sacrifici alla stremata economia del Paese. Occorrerebbe quindi un Prestito, o studiare qualche altra cosa •.

Non ho lasciato cadere l'allusione, ed a misura che io mi addentravo nella risposta un sorriso illuminava Ahmet, affiorando dall'animo al volto. Ho detto:

c Il Signor Mussolini nel formulare il suo programma non ha mancato di prospettarsi che la Corona avrebbe pesato non soltanto sul capo di V. E. ma anche sul bilancio albanese •.

Si possono porre molte ansiose domande conservando il silenzio. Ahmet ha taciuto: ma io, rispondendo ad ognuna delle sue silenziose domande, ho continuato:

c L'Italia è disposta a venirvi in ajuto anche nel campo economico. Noi, beninteso, non possiamo apertamente finanziare il bilancio albanese, nè è il caso di pensare a prestiti. È intenzione però del Governo italiano sottrarre determinati pesi, in modo da alleggerire, indirettamente, il vostro bilancio. Ci siamo anzi già messi su questa strada. L'armamento del vostro esercito è in gran parte a nostro carico. Gli ingegneri di cui abbisogna il vostro Ministero dei Lavori Pubblici saranno pagati col ricavato del Prestito della Svea. Una convenzione a tal uopo è già allo studio. Siamo disposti a dare anche alle altre amministrazione dello Stato, e specialmente alle Finanze, alla Sanità, all'Istruzione Pubblica, un certo numero di funzionari o insegnanti italiani, i quali non solo non peseranno sul bilancio albanese, ma contribuiranno a riorganizzare su basi meno dispendiose, e più produttive, la vostra amministrazione. Tutto ciò potrebbe formare oggetto di opportuni studi e negoziati fra me e persona di vostra fiducia •.

Ahmet ha aderito, suggerendomi di discutere questa materia con Gemil Dino, nome che ho delicatamente scartato. Siamo rimasti d'intesa che ne avrei invece trattato con il nuovo Ministro delle Finanze non appena sarà nominato, e col Presidente della Camera, Signor Kotta.

Ho poi continuato:

• Comprendo che ciò non basta. Restano le spese inerenti alla funzione della Corte. Questa materia non può essere da me negoziata con i vostri ministri •.

Ahmet ne ha vivacemente convenuto.

c

Essa farà dunque oggetto di mie ulteriori conversazioni con Voi. E dato che su questo argomento non è possibile concludere un accordo fra i due paesi, sarebbe necessario, a me sembra, addivenire ad una convenzione con la vostra persona •.

Nuovi segni del più assoluto consenso. Il prosieguo del discorso è stato rimandato ad un successivo colloquio.

Io penso che le conversazioni con gli uomini del Governo (a cui per espressa volontà di Ahmet viene celato il quadro politico allo studio) potrebbero cominciare fra una decina di giorni, quando il nuovo Gabinetto sarà entrato in funzione. Sarebbe mia intenzione di ottenere, con modesto sacrificio finanziario, che si limi

terebbe a qualche indennità per una dozzina di nostri funzionari, quella infiltra

zione nella amministrazione Albanese cui ho accennato in un precedente mio

scritto. Si dovrebbe arrivare, se possibile, ad ottenere anche la nomina di una

specie di controllore delle Finanze Albanesi.

Per le conversazioni con Ahmet circa l'appannaggio della Corona io ho

bisogno di più precise istruzioni che mi facciano noti gli intendimenti del

R. Governo. Ritengo dovremmo attenerci a cifre piuttosto ristrette.

Ahmet, in complesso, conduce vita abbastanza modesta, e non mi pare affetto

da vera mania di grandezza. Sta a noi non guastarlo. Sarebbe consigliabile, -a

mio avviso, che si scambiasse con lui qualche impegno scritto, che desse tran

quillità a lui, e diritti a noi. Gliene ho vagamente accennato e non mi sembra

alieno. Gli inglesi considerano principe vassallo non quegli che paga tributi alla

Corona Britannica, bensì quegli che dalla Corona è sussidiato.

Le nobili esitazioni di Ahmet hanno, nella conversazione odierna, mostrato

un po' la corda. V. E. era a ciò preparata.

Non è stata, comunque, facile cosa indurre Ahmet a confidarsi. Ma il discorso, anche quando ha abbordato argomenti sonanti, è stato condotto da entrambi con una certa eleganza.

Ahmet mi ha raccomandato di non tenere a giorno i miei segretari dei negoziati economici concernenti la di lui persona. • Sono giovani • mi ha detto

• che di qui a trent'anni ritirandosi dalla carriera vorranno scrivere le loro memorie... e ... •.

Egli si vede, fra trent'anni, Monarca autorevole e stimato. E pensa fin d'ora quanto gli dorrebbe se dovesse leggere un giorno un capitolo • Gli inizi di un Regno • dovuto alla penna salace, brillante, arguta d'un vecchio diplomatico italiano (1).

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -È il rapporto 200, 13 settembre, non rinvenuto.
440

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2228/748. Belgrado, 28 settembre 1927, ore 16,30 (per. ore 18,45).

Non è certo sfuggito a questi circoli governativi jugoslavi la tendenza dei fuorusciti albanesi di rimpatriare, o per lo meno di lasciare il territorio S. H. S. Come ho già riferito a V. E. col mio telegramma n. 741 per impedire appunto tale esodo Governo S. H. S. intenderebbe promuovere un movimento insurrezionale in Albania, che dovrebbe rianimare moralmente animo profughi alquanto depresso (2). Mi si riferisce oggi che, sempre allo scopo di impedire ai fuorusciti albanesi di lasciare la Jugoslavia, queste autorità avrebbero impartito severissimi ordini alle prefetture nelle cui giurisdizioni si trovano nuclei di fuorusciti, di sorvegliare attentamente la loro attività e di non permettere loro cambiamenti di residenza, senza preventiva autorizzazione di questo ministero affari esteri.

Ad alcuni fuorusciti che si trovano attualmente a Belgrado è stato ordinato prendere stabile dimora a Cattaro, oppure a Tusla in Bosnia. Per tal ragione, oltre i casi di Belegu (vedi mio telegramma posta n. 6713/1277) e Paolo Nikaj (vedi mio telegramma n. 740 PR) già segnalati all'E. V. e per i quali chiederei una risposta fra qualche giorno, altri fuorusciti albanesi intenderebbero lasciare subito la Jugoslavia e chiedono l'aiuto finanziario di questa Legazione. Tenuto conto che V. E. col telegramma n. 3521/499 del 27 luglio scorso mi ha pregato di non sorpassare la somma di lire italiane 200.000 (le quali devono servire anche per i profughi di Vienna) nell'espletamento dell'opera di allontanamento in generale dei profughi albanesi dalla Jugoslavia, prima di acconsentire a nuove richieste prego V. E. voler autorizzarmi a sorpassare eventualmente tale somma. Il fuoruscitismo albanese in Jugoslavia è oggi indubbiamente in pieno sfacelo e sarebbe peccato non disgregarlo ora completamente.

V. E. sa che Governo S. H. S. spende somme forti per mantenere in Jugoslavia i fuorusciti albanesi e per servirsene poi ai suoi fini particolari.

(l) -Annotazione marginale di Mussolini: • Vedi pag. 9. Interessante e Riservatissimo •. La pag. 9 corrisponde al passo contenuto nell'ultima parte della pag. 428 e nel primo capoverso (2) -Cfr. p. 414, nota 3. ·
441

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 7066/130. Vienna, 28 settembre 1927 (per. L'l ottobre).

Capitano provinciale Tirolo Stumpf parlando con un privato di mia conoscenza gli ha detto che, se pericolo rosso si accentuasse in Vienna, provincie le lascerebbero qualche località dove sovversivi predominano e staccherebbero resto territorio dalla Capitale, per renderlo da essa indipendente. Ripresa libertà azione permetterebbe Tirolo darsi regime tipo fascista che certo avrebbe appoggio Italia di cui capo Governo non potrebbe non essere desideroso estendere internazionalmente fronte antisocialista.

Riferisco queste chiacchiere per due ragioni: perchè indicano stimarsi a Innsbruck che se fra Italia e Tirolo vi sono divergenze di politica estera, vi sono però convergenze di politica interna, e perchè mostrano maggiore tensione rapporti fra provincie conservatrici e capitale socialista derivata da disordini luglio u. s.

442

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (Ed. in VEDOVATO, pp. 45-46)

T. GAB. RR. 2237/429. Addis Abeba, 29 settembre 1927, ore 21,30 (per. ore 3,15 del 30).

Decifri Ella stessa.

In una conversazione confidenziale col Ras Tafari gli ho domandato motivo sosta verificatasi nelle trattative per la convenzione stradale di Assab. Il Ras Tafari mi ha accennato ad alcune difficoltà nel Gran Consiglio, ma senza darvi troppa importanza ed assicurandomi ancora, nel modo più formale, che per parte sua egli considera la questione come definita in principio. Ras Tafari mi ha in pari tempo pregato, in via assolutamente confidenziale, di non fare pressioni nel momento attuale spiegandomi che egli non ritiene possibile firma nostra convenzione prima che trattative lago Tzana abbiano preso certezza di avviamento. • Il Governo etiopico si lamenta di avere atteso 25 anni una soluzione e noi non potevamo concludere con voi ciò che fu ... (l) senza prima avere almeno risposto al memorandum britannico. Ora abbiamo risposto. Lasciate che veda effetto prodotto da nostra risposta e state tranquilli •.

Queste sono state parole testuali del reggente il quale evidentemente ed a ragione teme che il Governo britannico possa servirsi del fatto della conclusione di una convenzione con noi per ottenere dal Governo etiopico l'accettazione sue richieste per il lago Tzana. Inoltre Ras Tafari [ha] capito che questa legazione ... (l) Francia trovano che egli si lascia un poco attrarre nella nostra orbita da qualche tempo. Ad ogni modo se vi fossero gravi difficoltà Ras Tafari mi avrebbe avvertito immediatamente. Le difficoltà del Gran Consiglio mi risultano dovute al Ras Wuassà non per ostilità a noi ma per il suo spirito di fronda verso Ras Tafari che cercherò di superare * come ho potuto già fare per il vaccinogeno *.

443

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.RR.S. 7018/416. Atene, 29 settembre 1927, ore 21,50 (per. ore 11,15 del 30).

Mio telegramma odierno n. 415 (2).

Presidente del consiglio Zaimis mi ha confermato verbalmente notizia mancato attentato dinamitardo di Salonicco. L'ho trovato visibilmente preoccupato di questa azione di comitagi macedoni in cui vede (quantunque egli, come ho avuto recentemente occasione di riferire, fosse stato convinto fautore dell'attuale tendenza al riavvicinamento greco-bulgaro) una voluta tolleranza se non addirittura la connivenza del Governo di Sofia. Mi ha fatto chiaramente comprendere come questo così sensibile risveglio dell'azione macedone nella zona di frontiera serbo-greca, ed ora proprio dentro Salonicco, ha per fatale conseguenza quella di spingere nuovamente la Grecia verso la Serbia, sotto pena di essere logicamente accusata da quest'ultima di favorire in territorio greco atti violenti di dirette ostilità contro di lei. Mi ha anche lasciato intravedere possilità di un passo comune greco-S. H. S. di protesta a Sofia. Mi permetto sottoporre all'E. V. eventuale convenienza che (prego V. E. non partecipare quanto dettomi confidenzialmente da Zaimis) venga da noi richiamata nella forma più opportuna attenzione del Governo bulgaro sul reale interesse che ha la Bulgaria di non prestarsi al giuoco della Serbia, specialmente poi in un momento in cui la Grecia si mostrava ben disposta ad appianare con Sofia in modo conciliante le antiche divergenze.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -T. s. 7015/415, che non si pubblica.
444

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, PER IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

Roma, ... settembre 1927.

Persona di fiducia, recentemente giunta dalla Dalmazia, ha riferito che il

Cav. Castagnetti, R. Console a Spalato l'ha pregata di informare questo Mini

stero di quanto sotto è esposto, riservandosi di fare della questione oggetto di

rapporto non appena sarebbero state meglio precisate alcune circostanze.

Risulterebbe al Cav. Castagnetti che ultimamente sono giunte da Bel

grado alle Autorità provinciale e comunali della Dalmazia ed isole istruzioni

scritte, in vista dell'eventualità di una prossima presentazione ed approvazione

alla Skupcina delle Convenzioni di Nettuno, di fare opera persuasiva sopra gli

organi di stampa locali e sulla popolazione jugoslava, affinchè non abbiano ad

allarmarsi e conseguentemente ad agitarsi qualora ciò effettivamente avve

nisse. Le Autorità debbono dare assicurazioni che, in ogni caso, anche dopo

l'approvazione delle Convenzioni di Nettuno, esse disporranno sempre delle

facoltà necessarie a garantire gli interessi della popolazione jugoslava nelle

questioni nelle quali vi può essere contrasto con quella italiana.

Coincide con tale affermazione la sicura notizia, pervenuta all'Ufficio Jugoslavia di un lungo giro che, per istruzioni avute da Belgrado, ha in questi giorni compiuto in Dalmazia il Console Generale S. C. S. a Roma, allo scopo di rendersi conto e di riferire circa la situazione degli interessi italiani.

Queste informazioni indicherebbero:

l) la possibilità che il Governo S. C. S. intenda porsi prossimamente sulla via della ratifica delle Convenzioni di Nettuno, conferendo a questa precipuamente un carattere politico;

2) che, d'altro canto, nei riguardi pratici, disponga l'animo fin d'ora a contrastarci passo a passo il terreno nell'applicazione delle disposizioni di Nettuno in quella parte di esse che concerne non interessi reciproci ma i pochi interessi italiani che le stesse salvaguardano (1).

445

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 7100/363. Ginevra, l ottobre 1927 (per. il 3).

Con la chiusura dei lavori del consiglio e dell'assemblea considero esaurito il preliminare perwdo di tirocinio dell'esercizio delle mìe nuove funzioni. Esso mi ha permesso di valutare l'efficienza reale dell'organismo societario e le sue possibilità di azione nel giuoco degli interessi che gravitano attorno

ad esso. Mi permetto di sottoporre a guisa di bilancio di questo primo semestre alcune osservazioni di indole generale:

l) Premetto che sarebbe grave errore ritenere che la Società delle Nazioni possa in un avvenire più o meno lontano disgregarsi. La sua larga base e la sua rispondenza agl'interessi tanto delle grandi che delle piccole potenze le assicurano una considerevole solidità. La politica dei piccoli stati europei ed extraeuropei s'impernia sempre più sulla Lega.

A torto taluni giudicano questo organismo in base alle sue manifestazioni rettoriche, perdendo di vista le innegabili realtà, che si nascondono sotto le sue demagogiche forme verbali.

2) Ginevra diviene sempre più un centro importantissimo di propaganda mondiale. Non è del tutto vero ch'esso sia infeudato alla politica di una determinata potenza. Il suo orientamento è determinato da chi meglio sa usarlo e più abilmente agire, nonostante talune situazioni di fatto che creano posiziom privilegiate a una o due potenze. Naturalmente in tale lotta di influenze occorre saper interpretare i sentimenti della maggioranza dei piccoli stati e trarne opportuno profitto.

Nessun luogo come questo, al quale convengono grande numero di ministri degli esteri, di parlamentari, di finanzieri, d'alti funzionari riflette con uguale fedeltà le varie correnti dell'opinione pubblica mondiale e gl'interessi contrastanti dei vari stati.

Nello stesso tempo questo centro è una vera e propria pietra di paragone per valutare l'effettivo prestigio dei singoli stati e le influenze ch'essi esercitano.

3) Il fenomeno più saliente dell'ultima assemblea è stato un'insolita tendenza dei piccoli stati ad agire di loro iniziativa e di riportar la discussione sul noto trinomio: sicurezza-arbitrato-disarmo. In fondo il problema per essi dominante è di ottenere una garanzia solidale della loro esistenza che si risolve in un onere per le grandi potenze. Nei dibattiti svoltisi nell'assemblea il problema è stato nettamente posto e discusso.

L'Inghilterra ha dichiarato senza ambagi che non intende assumere altre obbligazioni che quelle derivanti dal patto e dagli accordi di Locarno. Scialoja ha insistito sull'attuale impossibilità di effettuare il sistema previsto dal protocollo del 24. Analoghe affermazioni, mascherate da una :forma volutamente rettorica, sono state fatte da Briand. Il gruppo delle potenze dell'Intesa è stato fiancheggiato nella difesa della sua tesi dall'abile eloquenza di Politis principale artefice del protocollo del 24. Ho motivo di ritenere che non siano stati inutili al riguardo i miei quotidiani contatti con lui e la promessa di appoggiare i desiderata della Grecia nelle questioni qui pendenti.

La maggioranza dei piccoli stati ha manifestato un evidente malumore per tale atteggiamento delle grandi potenze.

4) Di questo malumore ha approfittato la Germania per accentuare manifestamente la sua politica societaria. La Germania, benchè entrata da soli pochi mesi e benchè sia il paese che più di ogni altro avrebbe ragione di svalutare un organismo creato dall'Intesa per consolidare i risultati della vittoria, con abile politica, viene ostentando il più geloso attaccamento alla difesa degli interest.>i societari.

La politica del Governo tedesco è fianche~giata da disciplinate manifestazioni della stampa allo scopo evidente di sfruttare questa arma e convergerla contro i suoi primitivi artefici. In tal modo la S. D. N. appare come un possibile strumento del Governo tedesco per risolvere i problemi per esso fondamentali e precisamente quelli di ricostitui:Qsi un sistema di clientela, di disarmare l'Intesa, di proteggere le sue minoranze, di controllare le amministrazioni di Sarre e Danzica, d'iniziare una nuova politica coloniale, e tendere a una nuova organizzazione economica dell'Europa che faciliti il piazzamento della sua esuberante produzione industriale. La Germania non ha nessun motivo per rifiutare ai piccoli stati la desiderata garanzia che ha, nella sua attuale condizione di disarmo, un valore pratico assai limitato. Tale atteggiamento societario assicura alla Germania l'adesione delle potenze minori. Tutta l'azione di Streseman nell'ultima assemblea ha mirato a costituirsi nella S. D. N. una numerosa clientela. Tale è il significato delle sue dichiarazioni che gli accordi di Locarno hanno una portata che si estende all'Ovest come all'Est e la sua adesione alla clausola facoltativa della corte d'arbitrato dell'Aja. Di fronte a tale preciso atteggiamento tedesco la politica francese nell'ultima assemblea è apparsa esitante specialmente per quanto riguarda il problema del disarmo. In tale lotta d'influenza tra Francia e Germania nell'ambito della Società delle Nazioni è possibile che la Germania finisca per avere il sopravvento.

In ogni modo, si consolida il sistema [di] clientele. Si determinano tra gli altri: il gruppo della Gran Bretagna e dei Dominions; il gruppo della Francia e della Polonia e della Piccola Intesa; il gruppo della Germania, dell'Austria, dell'Ungheria e degli stati scandinavi. Indeciso è l'atteggiamento dell'America latina.

5) Tutto ciò rende necessario un attento esame della nostra situazione nella Società delle Nazioni.

L'Italia, per il suo intervento in guerra e per l'assenza della Germania, della Russia e degli Stati Uniti ottenne senza eccessive difficoltà, al momento della fondazione della Lega un posto predominante accanto all'Inghilterra e alla Francia. Purtroppo l'atteggiamento della nostra stampa e il disinteressamento della pubblica opinione hanno sinora impedito che l'Italia consolidasse la sua posizione e si creasse delle larghe clientele in questi ambienti. Ciò ha fatto sì che la Germania ha già potuto costituirsi a differenza di noi un largo seguito.

Meno sensibile è stata finora la penetrazione tedesca nel segretariato dove ha potuto conservare il terzo posto direttivo con una continua e tenace azione. È inutile nascondere che la Germania nulla tralascerà per guadagnare terreno anche qui. Sarà difficile mantenere la nostra attuale posizione senza un attivo interesse dell'opinione pubblica e un abile coordinamento dell'azione del Governo e della stampa.

6) Solo conservando una posizione di preminenza potremmo svolgere a Ginevra un'azione efficace. Basta considerare ad esempio l'importanza dei risul

tati ottenuti in questi ultimi mesi, sia sventando delle pericolose manovre avversarie sia facendo trionfare delle nostre iniziative, per rendersi conto della necessità di un continuo nostro interessamento negli affari della Lega.

Accennerò per quanto riguarda il periodo della mia permanenza al segretariato i seguenti fatti: aver sventato la manovra del segretario generale e di Avenol di interessare la Lega in favore della Jugoslavia nel periodo della tensione dei rapporti per il patto di Tirana, ritardando il viaggio di Avenol a Belgrado e privandolo d'importanza politica; aver sventato la manovra degli amsterdamiani tendente a creare un grande organismo internazionale da essi dominato per controllare le forze economiche mondiali; aver sventato la manovra della lega dei diritti dell'uomo diretta a ottenere una carta internazionale ai rifugiati politici; aver contribuito alla non rielezione del Belgio nel consiglio. È da menzionare altresì il successo di tre progetti italiani al concorso mondiale per la costruzione della sede della Lega, il pieno successo della conferenza per l'unione internazionale di soccorso, l'accettazione del progetto di creare un istituto internazionale del cinema educativo, il valido fiancheggiamento della politica del Governo verso la Grecia appoggiandola nella questione del prestito e nella controversia per l'incrociatore Salamis.

Tali risultati sono stati effetto di un'aspra, tenacissima lotta nella quale quasi sempre abbiamo dovuto agire da soli. Assai minori difficoltà incontrano l'Inghilterra e la Francia e la Germania nel perseguimento dei loro fini grazie al giuoco delle loro clientele e delle simpatie che incontrano.

7) Non insisterò mai abbastanza sul danno che produce a nostro riguardo

l'atteggiamento già accennato della nostra stampa verso la Lega. Le diffidenze

ch'essa crea nell'opinione pubblica dei piccoli stati decisamente societari ha

per effetto d'isolarci svalutando la nostra collaborazione negli affari della Lega

e rendendo sempre più difficile la nostra azione per la tutela dei nostri inte

ressi qui ed altrove. Occorre che la stampa italiana si renda conto di tale

pericolo, assecondi la politica del Governo, si sforzi di modificare le preven

zioni a nostro riguardo.

8) Ottima è la nostra posizione nel consiglio grazie alla grande influenza

personale di S. E. Scialoja, divenuto il decano autorevolissimo della S. D. N.

e grazie altresì all'intima collaborazione con Chamberlain di cui è ascoltato

consigliere. Ma l'eccessivo allargamento del consiglio mentre permette nel suo

seno manovre di gruppi a vantaggio degli stati che dispongono di clientele,

ha innegabilmente diminuito il suo prestigio.

9) Concludendo la S. D. N. è divenuta per tutti gli stati uno strumento

di politica estera di cui sarebbe vano disconoscere l'importanza. L'Italia che

nel giro di pochissimi anni ha saputo potentemente rafforzarsi all'interno e

presentarsi all'estero come un blocco granitico, deve ora convergere tutti i

suoi sforzi per potenziarsi nel mondo. Considero a tal fine come un elemento

principalissimo di successo l'assicurarsi una posizione di predominio in questo

importante organismo mondiale.

32 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) Annotazione marginale: « Visto da S. E. il Capo del Governo. Manganella •.

446

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. s. 1359/632. Roma, 3 ottobre 1927, ore 3.

Decifri Ella stessa.

Agitatore macedone Tomalewski ha insistito per essere ricevuto da persona di mia fiducia. Ho pregato S. E. Grandi di ascoltarlo.

È superfluo che io indichi a V. S. come sia importante per la nostra politica balcanica seguire da vicino il movimento rivoluzionario macedone. Tenere costantemente viva la fiamma dell'agitazione macedone significa rendere praticamente più difficili se non impossibili i tentativi di riavvicinamento bulgaroserbi. È quanto a noi sopratutto importa. Ho perciò fatto confermare a Tomalewski la maggiore benevolenza e vivo interessamento del fascismo alla causa macedone. Macedoni troveranno d'ora in poi in Italia la più amichevole ospitalità.

Durante conversazione Tomalewski ha lungamente parlato dell'Albania come punto di osservazione e di passaggio per i macedoni. Egli ha espresso necessità che Governo albanese vigilasse più di quanto non faccia attualmente l'attività che jugoslavi stanno svolgendo tra popolazioni bulgare nel distretto di Coritza ed in quella parte del distretto di Dibra che rientra nei confini dello stato albanese allo scopo di costituire centri di resistenza alla propaganda macedone. Ho fatto promettere che ne avrei interessato codesto Governo per mezzo di V. S. a cui rivolgo quindi preghiera di agire in questo senso spiegandone motivi al signor Zogu.

Tomalewski ha anche parlato del modo di favorire passaggio di macedoni attraverso Albania. Egli propone un sistema di intese fra consolati italiani più prossimi da una parte e dall'altra alla frontiera albanese-macedone, sistema su cui mi propongo darle precise istruzioni se esso apparirà rispondente a ragioni di prudenza.

Infine nostra attenzione è stata richiamata sulla situazione di due macedoni nominati Ivan Zlataroff ed Assenkoff i quali sono stati espulsi dall'Albania e si trovano il primo a Trieste il secondo a Roma. La libertà di movimento di essi in Albania sarebbe utile alla causa macedone. Prego V. E. segnalare tale utilità a S. E. Zogu chiedendo se crede di potere revocare misura espulsione.

Queste pratiche di V. S. con Zogu debbono avvenire senza testimoni essendo purtroppo nota la presenza nell'entourage di lui di elementi fedeli alla Jugoslavia.

Tutti i discorsi debbono poi essere fatti nel senso di dimostrare la necessità di avere con noi la pedina bulgara facendo leva unicamente per questo sulla questione macedone ma sconsigliando ed evitando ogni impegno in una linea di azione contro lo statu quo interno jugoslavo, linea che il R. Governo non solo non vuole considerare per sè ma non intende consigliare ad un Governo amico.

Queste parole prudenti dovrebbero evitare che una rivelazione delle conversazioni di V. S. con Zogu possa costituire contro di noi un capo di accusa di provocatori torbidi.

Attendo poi suo riscontro sulla parte relativa alla sorveglianza nelle regioni di Coritza e Dibra e su quella relativa ai due espulsi.

447

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. P. PER CORRIERE 2286/1317. Belgrado, 3 ottobre 1927 (l) (per. il12).

Con riferimento al telegramma-posta della E. V. n. 243141/624 del 20 agosto u. s. ed al mio telegramma riservatissimo personale n. 765 del 4 corrente (2), ho l'onore di informare l'E. V. che non ho creduto opportuno di procedere finora al passo di cui è questione nel predetto dispaccio, circa gli incidenti italo-jugoslavi e la situazione generale fra i due paesi.

Le ragioni che mi impedirono di eseguire finora le istruzioni dell'E. V. furono:

1° Assenza del signor Marinkovic, che trovavasi a Ginevra;

2° La convenienza di attendere il risultato delle elezioni politiche per vedere se l'attuale Gabinetto jugoslavo rimanesse al potere o meno.

Poichè oggi il Gabinetto del signor Vukicevic sembra costituito su basi che (per quanto sia ben difficile in questo paese fare delle previsioni), offrono sufficienti garanzie di stabilità, ho proceduto alla redazione di una nota verbale che invio qui unita in copia, sembrandomi opportuno sottometterla al definitivo giudizio della E. V.

Mi permetto di fare presente che, sebbene il tono della nota stessa corri'Spondente al contenuto del telegramma-posta cui mi riferisco -colla sola aggiunta di altre, ma ben più importanti manifestazioni di ostilità verso l'Italia -sia giustificato in fatto e in diritto, pur tuttavia occorre fare alcune considerazioni al riguardo :

1° Detta nota verbale aprirà indubbiamente una polemica con questo Governo, specialmente per quanto concerne gli incidenti di frontiera, essendo sicuro che questo ministero degli affari esteri ribatterà le nostre affermazioni allegando altri incidenti e circostanze in cui possa in qualche modo entrare la nostra responsabilità;

2° Dal maggio scorso ad oggi ho attentamente studiato la personalità del signor Marinkovic e il suo contegno nei riguardi dell'Italia quale potevo dedurlo dai suoi atteggiamenti sia psicologici che di fatto.

Ho dovuto constatare che le previsioni fatte al momento della sua salita al potere, dedotte dai suoi discorsi e dal suo modo di fare durante la gestiom Nincic, e anche durante quella Ferie (cito il fatto che egli ebbe più volte a dirmi che se fosse stato ministro degli esteri le convenzioni di Nettuno sarebbero state senz'altro approvate; i consigli dati, me presente, a Rakic prima che partisse per Roma), non sono venute a coincidere con la sua condotta come ministro, se si eccettua una maggiore competenza giuridica, che ho potuto sfruttare, per esempio, nella questione, certamente importante, delle proprietà nella zona dei cinquanta chilometri ed una minore aggressività della stampa di Belgrado, non di quella di provincia.

È oggi chiaro che i legami del Marinkovic con gli elementi più ostili all'Italia, che si riattaccano ai noti circoli militari, nonchè alla massoneria, sono strettissimi.

Oggi non mi € più possibile farmi illusioni sulla sincerità del signor Marinkovic, dopo fatti di non dubbia gravità nei quali, come nel caso delle promesse e non mantenute istruzioni a Tirana per l'affare Giuraskovic o più recentemente nel caso Conestabile, i suoi affidamenti sono venuti a mancare.

Ma più interessante ancora appare la trasformazione operatasi nel signor Marinkovic dal maggio ad oggi nella questione generale dei suoi rapporti con l'Italia.

Sotto l'influenza dei predetti circoli militari, ed obbedendo alle correnti massoniche internazionali ed antifasciste, il signor Marinkovic, sopratutto dopo i suoi contatti di Ginevra, dà la impressione fondata di essersi persuaso che i rapporti itala-jugoslavi difficilmente potranno tornare quali erano una volta e che d'altra parte, date le condizioni odierne dell'Europa, non vi possa essere pericolo di un conflitto con l'Italia. Tolto di mezzo il timore, che i Governi precedenti hanno sempre più o meno avuto, di una tensione grave fra i due paesi, Marinkovic sembra aver adottato nei nostri riguardi un contegno di ostentata sicurezza rilevata da chi ha avuto occasione di avvicinarlo ed anche da me, per quanto abbia con me mantenuti costanti rapporti della maggiore cordialità.

Ciò spiega il fatto della poca premura da lui manifestata a Ginevra di venire a contatti con uomini politici italiani e di arrivare in linea generale a quella « détente morale » a cui V. E. ha accennato nel suo colloquio con Rakic.

Così pure si spiega la ripresa di attività poco chiara nei riguardi della politica jugoslava verso l'Albania. Ho poi ragione di credere che, permanendo la situazione attuale, meno che mai vi sia probabilità che le convenzioni di Nettuno siano portate alla Scupcina.

Ciò stante, mi permetto esprimere subordinato avviso che la presentazione della nota di cui trattasi, redatta in termini abbastanza gravi, possa determinare da parte di Marinkovic o di questo governo una reazione che ci potrebbe mettere in condizione di dovere, per la tutela della nostra dignità, entrare in una via di cui solo V. E. potrà giudicare la convenienza o meno nel quadro della nostra politica generale.

Sarò pertanto grato alla E. V. se vorrà farmi conoscere quali siano le sue determinazioni al riguardo.

ALLEGATO.

PROGETTO DI NOTA

Le Ministère Royal des Affaires Etrangères SHS aura pu remarquer que dans le courant de cette année 1927, on a du enrégistrer de nombreux incidents, qui se sont produits sur la frontière SHS ou ailleurs dans le Royaume SHS et dont la fréquence ne pourrait ne pas préoccuper très sérieusement tous ceux qui croient dans la nécessité des bons rapports entre les deux Pays.

La Légation d'Italie croit utile de produire la liste suivante, qui contient les principaux parmi les incidents en question.

Une certaine partie de ces incidents n'a pas formé objet d'une spéciale communication, mais ils sont portés dans la liste pour donner une claire idée de l'état d'esprit existant:

l) Coups et insultes à Monsieur De Nichilo, pour port du distinctif fasciste (Dubrovnik -29 janvier 1927).

2) Défense imposée par un groupe d'officiers de la Marine Militaire SHS à un groupe de sous-officiers et marins appartenant au Paquebot italien • Mameli • de jouer les hymnes nationaux italiens (Zelenika -Cattaro -café Boka le soir du 2 mars 1927).

3) Perquisitions, abusivement opérées sur la voie publiq_ue, à un groupe de bateliers et pécheurs de l'Ile de Lagosta (le 18 mars 1927 à Curzola). 4) Agressions et blessures des miliciens de frontière Cicimbri et Musina (le 15 mai 1927 sur la route S. Pietro del Carso-Postumia, en localité Selze). 5) Agression contre les hommes d'équipage des bateaux italiens • Carlo Martinolich • et • Ansaldo » ancrés à Sebenico (22 mai 1927 -voir Note Verbale

n. 54177 en date 12 juillet 1927 du Ministère des Affaires Etrangères SHS).

6) Incidents et actes de violence contre l'équipage du bateau à moteur • Edmondo Rossoni • (Prigrodica-Ile de Korciula, 21-22 mai 1927 -voir Note Verbale de la Légation Royale n. 789 en date 25 juillet 1927).

7) DémonstraUons, aggressions et insultes contre les ressortissants italiens à leur retour des fétes nationales de Trieste (Gruz, 27 mai 1927 -voir Note Verbale de la Légation Royale n. 3670/549 en date 28 mai 1927).

8) Offense aux drapeaux italiens arborés sur les voiliers • Anna Maria •,

• Due Rosine • et • Unione D. • qui se trouvaient à l'ancre à Gruz le 11 avril 1927 (voir Note Verbale de la Légation Royale n. 838 en date 13 aoiì.t 1927).

9) Agression contre des paisibles ressortissants italiens sur la route de Gruz à Dubrovnik 12 juin 1927 (voir lettre du Ministre d'Italie à S. E. le Ministre des Affaires Etrangères SHS n. 602 en date 14 juin 1927).

10) Agression contre des marins appartenant à l'équipage du paquebot italien

• Uguaglianza • (18 juin 1927 Sibenih). 11) Démonstrations contre l'équipage du cutter italien • Alalà •, Dubrovnik 11 juillet 1927. 12) Envoi de lettres de menace, au nom de personnalités italiennes, aux habitants de la région de Polianc (Slovenia, zone de Zaviatee, 12 juillet 1927). 13) Démonstrations contre le paquebot « Palatino • dans le port de Split 17 juillet 1927 (voir Note Verbale de la Légation Royale n. 871 en date 17 aoiì.t 1927). 14) Coup de feu contre des gardes frontière italiennes à Bauber (région ~e Case di Caccia et Varco Molini) 16 aout 1927. 15) Agression contre le soldat italien Del Negro Romano, en service sur la frontière (Monte Ressi-Cave Revil 22 juillet 1927).

16) Attaque de la caserne des Gardes de Finances italiennes à Gruden (nuit entre le 22-23 juillet 1927; voir Note Verbale de la Légation Royale n. 875 cn date 20 aoiìt 1927).

17) Coup de feu contre des patrouilles italiennes -25 aoiìt 1927 zone de Hotodrazica à est de Montenero Idina.

La liste précitée est déjà assez significative par elle meme, mais elle acquiert une valeur bien plus grave, si on la met en relation avec les autres manifestations d'hostilité préconçue envers l'Italie et les ltaliens, qui est due principalement à l'attitude des autorités locales SHS.

A cet égard il suffit de rappeler:

l) Les difficultés de toute sorte par lesquelles les autorités SHS entravent le séjour, l'exercice commerciai et industrie! ainsi que le travail des ouvriers italiens. Cela outre que nuisible aux relations politiques des deux pays, est très préjudiciable aussi au développement et à l'augmentation des échanges commerciaux, malgré qu'il soit du plus haut intérét pour les deux nations de les intensifier.

2) Toute la question concernant la règlementation des écoles privées italiennes en Dalmatie, dont le Traité de Rapallo ,et les Conventions de Sainte Margherita ont reconnu le plein droit d'existance, est toujours en discussion, à commencer par l'approbation des Status de l'Institution préposée à ces écoles mémes (Lega Culturale Italiana). A ce propos, il est à remarquer que la Légation Royale d'ltalie par suite des nombreux contacts avec le Ministère Royal des Affaires Etrangères SHS, et notamment avec le très regretté Docteur Ottokar Rybarz, qui avait été spécialement chargé de traiter cette question, avait toujours cherché, pro bono pacis, de parvenir à une solution définitive de la question, et était venue à la rencontre des désires exprimés par le Gouvernement SHS en arrivant jusqu'à renoncer au droit des Italiens en Dalmatie, de voir respecter l'existance juridique de l'ancienne • Lega Nazionale •. Cette Institution qui existait déjà depuis longtemps sous l'ancien Empire Austro-Hongrois, et qui avait été supprimée par ce dernier au moment de l'entré en guerre de l'Italie n'a pas trouvé son droit de survivre après la conclusion de la Paix m:Jlgré la guerre combattue còte à còte [par] la Serbie et l'ltalie contre l'ennemi commun.

3) Il y a encore de ces cas (Giulini pour l'Etablissement de Moste) où la levée dcs séquestres de guerre n'a pas encore été ordonnée pour des biens appartenanl à des sujets italiens; il y a un cas d'absolu déni de justice concernant Mr. Ludovico Rovina.

4) Il est à rappeler que des intérétes très importants de grandes Societés Commerciales et Industrielles ltaliennes attendent aujourd'hui encore une équitable solution et que l'activité et le développement de ces Sociétés sont continuellement empechés par les autorités SHS.

H suffit de citer les cas de la • Sufid •, de la • Compagnia d'Antivari • et du

• MonopoHo Tabacchi del Montenegro •.

Tout cet état de choses, dans ses différents aspects politiques, économiques et culturels, contribue à déterminer une malaise entre les deux Pays, dont les rapports doivent étre nécessairement suivis et fréquents étant donnée leur sitaution d'Etats limitrophes.

De sorte que, si les deux Gouvernements ne s'efforcent pas, moyennant une acti:on continue et appropriée, à maintenir leurs relations dans une ligne normale, il pourrait s'ensuivre dans un certain délai une situation dont la gravité ne pourrait pas etre mise en doute.

Les incidents, qui se sont produits à Zara dans le mois d'aoiìt dernier, doivent etre considerés comme un symptome très significatif d'un état d'esprit, qui est en train de se former en Italie et qui est le produit d'une réaction très naturelle et justifiée, après les nombreuses et continuelles manifestations antitaliennes dans le Royaume SHS.

Le Gouvernement ltalien, de son còté, a accompli et accomplira son devoir pour réprimer tout acte hostile à l'Etat SHS. Mais il importe principalement de ne pas arriver à un tel point, où ses efforts puissent devenir impuissants à empecher de plus sérieuses conséquences.

Pour les raisons susdites, la légation d'ltalie, d'ordre du Gouvernement de Sa Majesté, à l'honneur de faire présent au Ministère des Affaires Etrangères du Royaume SHS, la nécessité pressante d'une intervention énergique, de la part du Gouvernement SHS afin de faire cesser un état de choses aussi anormal, qui non seulement est en contraste avec les intentions à plusieurs reprises déclarées en faveur du rétablissement des relations amicales entre les deux Pays, mais pourrait en outre déterminer une situation, laquelle porterait en elle meme les germes d'une tension bien plus grave que le Gouvernement ltalien, de son còté, désire très sincèrement d'éviter.

(l) -Questa la data del documento. Ma, come risulta dal contesto, esso fu spedito più tardi, probabilmente il 5. (2) -Cfr. n. 450.
448

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, TALIANI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2288/1016 Costantinopoli, 3 ottobre 1927 (per. il 14).

Mio telegramma n. 920 in data del 1° settembre (1).

A titolo di informazione complementare, credo utile riferire a V. E. quanto in materia di rapporti italo-turchi mi hanno confidato, a titolo personale, ambasciatore di Germania e ministro di Polonia testè rientrati da Angora dove si sono lungamente intrattenuti con Tefik Russdi Bey.

Ambasciatore di Germania ha anzi fatto il viaggio di ritorno con lo stesso ministro degli esteri, e dall'intimità derivatane le dichiarazioni di Tefik Russdi sono uscite, al dire dell'ambasciatore del Reich, insolitamente semplici e sincere.

Il signor Nadolny mi ha ripetuto che Tefik Russdi bey considerava i rapporti italo-turchi intimi e sereni come non mai fino ad oggi. Che sperava essi sarebbero entrati prima o poi in un periodo fattivo.

Queste esplicite affermazioni colpirono in modo speciale l'ambasciatore tedesco perchè venivano dopo parole di disillusione per la politica francese in Turchia: incerta come sempre, falsata da promesse che non era possibile mantenere, peggiorata recentemente da nuove discussioni per la frontiera siriana e dal contegno di troppa parte dell'opinione pubblica francese dopo la decisione per il • Lotus •.

Dalle parole del ministro pareva quasi trasparire il desiderio che l'Italia approfittasse del buon momento. Il Signor Kowalsky mi ha riferito la stessa cosa in termini analoghi. Ha aggiunto la sua impressione che la Turchia intenda prima o poi -appena alleggerita del giogo russo -far dell'Italia il ponte su cui operare il passaggio definitivo alla politica occidentale. Essa infatti oltre ad avere con noi comuni interessi si sente a noi unita per due principali motivi: la politica balcanica -evitare ogni possibilità di conflitto -, la politica arabica nella quale segue con favore le nostre iniziative (vedi mio telegramma odierno n. 1015) (2). Anche Kowalsky mi fece rilevare le incertezze e il nervosismo della politica francese in Oriente ed ebbe per essa parole di disapprovazione

severa.

Ebbe invece parole di lode per l'azione diplomatica svolta da V. E. ed aggiunse che la Polonia, la quale segue attualmente una politica di amicizia con Ungheria, vede con piacere lo sviluppo dell'influenza italiana non solo nei Balcani ma anche nel prossimo Oriente. Un ulteriore miglioramento nei rapporti italo-turchi sarebbe visto a Varsavia con simpatia ed egli -a quanto mi ha lasciato comprendere -avrebbe istruzioni di seguirlo e, per quanto possibile, di facilitarlo.

(l) -Cfr. n. 388. (2) -T. gab. per corriere conf. 2287/1015, che non si pubblica.
449

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2243/764. Belgrado, 4 ottobre 1927, ore 22,30 (per. ore 5,35 del 5).

Suo telegramma per corriere 5276 (1).

Il signor Howard Smith del Foreign Office è giunto a Belgrado da qualche giorno. Questo ministro Inghilterra signor Kennard gli è andato incontro ed insieme ha fatto un lungo giro visitando Slovenia Bosnia Dalmazia e persino Zara. Lo Smith ha avuto già un lungo colloquio a questo ministero affari esteri con signor Marinkovich, e Kennard gli ha offerto un pranzo al quale era fra i convitati Marinkovich. Anche io ho avuto occasione di incontrarlo in casa Kennard in un pranzo al quale non assistevano altri convitati. Smith si è mostrato molto al corrente delle questioni esistenti fra Italia e Jugoslavia e mi è sembrato uomo di sicuro giudizio e animato da propositi non certo ostili all'Italia. Ad ogni modo ben diversi da quelli nutriti al riguardo dal signor Kennard notoriamente jugoslavofilo. Mi ha chiesto vari chiarimenti sulle principali ragioni attrito fra i due paesi ed ha mostrato di rendersi conto perfetto delle difficoltà che incontra l'Italia nel mal volere e nella disorganizzazione del regno S. H. S. Mi ha detto anche a più riprese che l'Italia come grande potenza potrebbe mostrarsi più arrendevole. Ha infine insistito nel dire che era da sperare che si giungesse ad una chiarificazione dei rapporti fra i

due paesi ciò che sarebbe stato appreso con grande compiacimento a Londra. Su questo punto mi sono mantenuto naturalmente molto riservato. Il giorno dopo predetto incontro è venuto a vedermi il signor Dard ministro di Francia rientrato solo il lo corrente da Parigi ove era in congedo. Anche egli, come se rispondesse ad una parola d'ordine, si è intrattenuto lungamente sull'opportunità di una presa di contatti fra il Governo italiano e quello S. H. S. per eliminare questo stato di malessere che, mi ha detto, non è consono allo spirito di pace che anima l'Europa e del quale il signor Briand è il più fiero paladino. Su questo punto ha insistito soprattutto, aggiungendo che Briand aveva a più riprese ed anche recentemente a Ginevra svolto opera di energica

moderazione sul signor Marinkovich. Mi ha chiesto anche lui molti chiarimenti sulle questioni pendenti fra i due paesi ed, al contrario del signor Smith, ha dimostrato la più grande incompetenza nella materia ignorando egli persino l'esistenza delle principali clausole del trattato Rapallo e delle susseguenti convenzioni di Santa Margherita. Siccome Dard è però uomo equanime e ben disposto verso l'Italia, non mi ha nascosto che si rendeva perfettamente conto di quanto fosse difficile dovere trattare con questo paese, che ha qualificato come un vicino certo molto incomodo. Ha aggiunto che noi ci ingannavamo se credevamo che gli jugoslavi amassero la Francia, e mi. ha citato un numero veramente rimarchevole di questioni sulle quali attende risposta da più di un anno. Mi ha detto anzi che verso di noi questo ministero affari esteri usa un trattamento che ha chiamato preferenziale. Ha terminato infine come Smith col dire che si doveva pure trovare il mezzo di mettere in contatto il Governo italiano e quello jugoslavo per dirimere le questioni più spinose, esclamando che • poichè si discute anche fra nazion~ dichiaratamente nemiche, ciò dovrebbe essere più facile nel caso dell'Italia e della Jugoslavia che non sono tali •. Mi ha citato a questo proposito l'esempio della F'rancia e della Germania la cui

" incomprensione •, ha detto Dard, non è certo minore di quella fra noi e jugoslavi. Continua col numero successivo.

(l) Del 26 settembre, che non si pubblica.

450

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2244/765. .'3elgrado, 4 ottobre 1927, ore 22,30 ('9er. ore 4,35 del 5).

Seguito del numero precedente.

V. E. potrà meglio di me giudicare il valore ed il movente di questa azione quasi simultanea di un rappresentante del Foreign Office proveniente da Londra e del signor [Dard] proveniente direttamente da Parigi. Mi permetto solo di aggiungere che se i discorsi e le raccomandazioni dei predetti sono, come sembra, effetto della preoccupazione dei Gabinetti di Londra e di Parigi per il-prolungarsi di questa situazione, tale preoccupazione potrebbe essere aumentata dopo gli incontri di Ginevra e dopo i colloqui dei signori Chamberlain e Briand con Marinkovic. Non è un mistero per nessuno che Marinkovic persuaso oramai che la pace in Europa è decisamente voluta dalla Francia e dall'Inghilterra si senta più sicuro ed abbia quindi, d'accordo con re Alessandro e con i noti circoli militari serbi, creduto di potere assumere nei riguardi dell'Italia un contegno meno timoroso, come quello del più debole che, dopo di essere stato lungamente sotto la paura, si convince di non aver pel momento almeno più nulla da temere dal più forte. Questo nuovo contegno, poichè

anche Ninko Per[ic] subito dopo il patto di Tirana ha sempre dimostrato un certo timore dell'Italia e di V. E., non è certo sfuggito ai Governi francese e inglese come non è sfuggito qui a diplomatici e giornalisti competenti, e ciò a mio avviso spiegherebbe l'aumento di preoccupazione di quei Governi per l'avvenire delle relazioni itala-jugoslave.

451

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. 1367/311. Roma, 5 ottobre 1927, ore 24.

Mio telegramma n. 291 (1).

Perché Ella possa opportunamente valersene con codesto Governo la informo che in questi giorni addetto finanziario presso questa ambasciata di Francia ha chiesto al ministero delle finanze se nostro Governo avesse preso qualche deliberazione nei riguardi della commissione dei tecnici che deve recarsi a Sofia per il nuovo prestito, dicendo che dava massima importanza alla questione delle riparazioni e che riteneva molto pericoloso fare delle concessioni in proposito. Ha aggiunto che dovrebbe esserci perfetta concordanza di vedute fra Italia e Francia, adducendo:

a) la comunanza d'interessi fra i due paesi quali creditori di riparazioni bulgare (Italia e Francia hanno come è noto le maggiori aliquote);

b) le ripercussioni che a suo avviso ogni concessione fatta alla Bulgaria, avrebbe sul problema ben più grave e complesso delle riparazioni germaniche, ripercussioni che non sarebbe secondo lui, possibile di evitare.

Ha naturalmente taciuto ragioni che inducono Governo francese ad osteggiare, nella sua politica generale e particolarmente balcanica, quanto può significare ripresa e progresso Bulgaria, e a cercare di averci alleati nella sua azione, ragioni che sono evidentemente a base della sua mossa.

Ora è bene che codesto Governo sia opportunamente messo al corrente di questo tentativo francese e che sappia che Governo italiano non vi si presterà. Al ministero delle finanze, che mi ragguagliava della conversazione dell'addetto finanziario, facendosi eco del lato finanziario della cosa, ho infatti risposto che, pur non potendo prescindere dalle cautele indispensabili che impone il problema delle riparazioni -sopratutto in quanto, mentre siamo creditori per le riparazioni medesime, dobbiamo in esse trovare i mezzi per soddisfare i nostri debiti -la nostra linea di condotta generale verso la Bulgaria rimaneva immutata, e quindi disposta a favorire, per tutto quello che era ragionevolmente possibile, il Governo di Sofia. In modo particolare mi sono riferito alla conversazione con Bouroff dello scorso settembre (mio telegramma n. 1318 Gab. del 17 settembre) (2).

(l) -T. gab. 1.327/291 del 20 settembre: questione del prestito internazionale alla Bulgaria. (2) -Con cui Grandi comunicava a Piacentini la richiesta di appoggio, rivoltagli a Ginevra da Buroff, nella questione del prestito alla Bulgaria.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROGERI

T. GAB. 1370. Roma, 6 ottobre 1927, ore 24. (Per Colonie). Ho telegrafato a Londra quanto segue: (Per tutti). Questo incaricato d'affari di Inghilterra mi ha consegnato promemoria per informare che truppe Imam Jahia hanno recentemente fatto una incursione nel territorio protettorato Aden procedendo incendi e saccheggi sino vicinanze Turan. Essendo tale incursione aperta sfida ammonimenti rivolti da Governo britannico allo Imam che egli sarebbesi esposto misure rappresaglia in caso ulteriori invasioni detto territorio, aviazione britannica lascerà cadere sui luoghi occupati da truppe jemenite avvisi contenenti diffida che se tali luoghi e gli altri villaggi immediate vicinanze frontiera protettorato non verranno evacuati entro il 6 ottobre sarà proceduto operazioni bombardamento. Ad assicurare efficacia azione, bombardamento potrà anche essere eseguito contro località nel territorio dello Jemen. Promemoria termina con dichiarazione che questo nuovo sviluppo della situazione è dovuto unicamente azione Imam in spregio espliciti ammonimenti rivoltigli da Governo britannico. Questo Ministero ha fatto rilevare al signor Wingfield che la comunicazione veniva ad esso fatta soltanto la sera del giorno in cui scadeva termine ultimatum Imam e quindi Governo italiano trovavasi nella impossibilità di tempestivamente usare sua influenza per consigli di moderazione che avrebbe ugualmente inviato. Incaricato d'affari ha risposto che forse autorità possedimento di Aden avevano di loro iniziativa inviato ultimatum in seguito nuova invasione territori da parte forze jemenite. Prego V. E. far rilevare Governo britannico tale ritardo comunicazione ed attirare attenzione su parte ultimatum concernente sgombero territori precedentemente occupati e su minaccia bombardamento località Jemen, cosa che renderebbe sicuro conflitto armato di cui Governo britannico non può non considerare tutte possibili difficoltà. Telegrafo governatore Eritrea per avere informazioni invitandolo esercitare se ancora in tempo ogni possibile opera persuasiva presso Imam Iahia per pacifica soluzione incidente. (Per Colonie). Prego V. E. portare di urgenza quanto precede a cono

scenza governatore Eritrea invitandolo agire immediatamente nel senso suindicato.

453

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

L. Roma, 6 ottobre 1927.

S. E. il Capo del Governo ha preso visione del Suo rapporto in data 26 u. s. (l) e approva completamente la linea seguita. Non rimane altro che camminare sulla via tracciata.

Circa la misura. di una eventuale lista civile o appannaggio della Corona, Ella può tenere come base 2-3 milioni di lire carta annue. Mi pare che la cifra sia nè poco nè troppo.

Per quanto concerne la visita in Italia, Ella sa già che Ilias Vrioni ha fatto del suo soggiorno a Roma come oggetto principale gli accordi in merito allo svolgersi di tale visita. Io mi sono tenuto molto sul generico, anche per lasciare nelle mani del nostro Ministro a Durazzo la completa trattazione

della cosa.

I. Vrioni accennò come data alla seconda quindicina di ottobre. Io ho annuito, ma per tale data non è possibile. Lo svolgersi delle Sue trattative confidenziali con Zogu potranno indicare quale dovrà essere il periodo meglio adatto.

Ottimamente per quanto concerne l'organizzazione di controllo su tutti i gangli vitali dello Stato Albanese. In attesa di Sue notizie, mi creda...

(l) Cfr. n. 439.

454

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 7265/138. Vienna, 6 ottobre 1927 (per. il 9).

Quando l'altro giorno segretario generale Peter mi parlò delle comunicazioni che cancelliere aveva incaricato cotesto ministro d'Austria fare V. E. gli dissi che me ne compiacevo. Anche lasciando da parte vantaggio Austria cercare procurarsi nostro appoggio in questioni che la interessano, mi sembrava per essa utile, che qualche rapporto meno indiretto si stabilisse da parte cancelliere con V. E. e che qualche conversazione di carattere politico un po' generale e di intonazione un po' intima avesse luogo fra Roma e Vienna. Sapevo benissimo che speciale situazione Austria le imponeva grande riserva consigliandole astensione qualsiasi politica attiva e mantenimento buone relazioni con indistintamente tutti suoi vicini, come condizione per favorevole prosecuzione sua ricostituzione economica così bene avviata. Tuttavia mi pareva rincrescevole che nostri rapporti dovessero sempre limitarsi a quelli che, con espressione parlamentare, potrebbero designarsi come affari consueti di ordinaria amministrazione. Non mi sembrava utile agli interessi austriaci, e in genere alle nostre reciproche relazioni, che mie conversazioni dovessero, nel loro generico contenuto, essere sempre qui più o meno analoghe a quelle che può avere ad esempio ministro d'America o di qualsiasi altro stato il quale si trovi nei riguardi Austria in situazione simile a quella dell'America, e tanto diversa dalla nostra. Un meno raro scambio idee del cancelliere con

V. E. oltre gli specifici vantaggi che potrebbe addurre all'Austria, contribuirebbe a produrre tra essa e noi un'atmosfera di maggiore cordialità nella quale anche affari consueti di ordinaria amministrazione troverebbero più facile e pronta soluzione.

Peter sembrò riconoscere si fosse qui alquanto trascurato in questi ultimi tempi stabilire qualche diretto contatto di Seipel con V. E. con l'intenzione di migliorare i reciproci rapporti così sensibili ai turbamenti che possono derivare dal contegno dei vari partiti austriaci a nostro riguardo. Convenne con me nelle mie considerazioni e mostrò sperare, e voler adoperarsi per ottenere, che a questo nuovo gesto austriaco non segua una nuova stasi.

Ragioni suesposte valgono in parte anche per l'Italia. Ne valgono altre che si riferiscono alla speciale importanza che Austria, sotto molteplici punti di vista, ha per noi. Esse mi sembrano consigliarci non lasciar cadere questo segno di un qualche avvicinamento del cancelliere a V. E. per quanto lieve. Valore degli atti è in rapporto alle difficoltà di compierli. Cancelliere, benchè ammiri V. E., benchè approvi specialmente la sua politica a favore della Chiesa e quella contro i socialisti, è obbligato agire con grande prudenza trovandosi, per quanto concerne sue relazioni con l'Italia, in una delicata situazione di fronte alla sua stessa maggioranza nella quale, se i suoi partigiani cristianosociali non si possono dire nostri amici, possono anche meno dirsi tali i suoi alleati pangermanisti.

Mi parrebbe quindi utile facessimo, almeno formalmente le migliori accoglienze alle comunicazioni di Egger mostrando apprezzare l'atto del cancelliere e ci adoperassimo a valerci dello spunto che esse ci offrono per cercare apportare qualche sia pur piccolo miglioramento nelle nostre relazioni con l'Austria che se non sono glaciali non sono certamente neanche molto calorose.

455

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, ROGERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2264/715. Londra, 8 ottobre 1927 (per. ore 19).

Mio telegramma n. 714 (1).

In relazione alla mia conversazione di ieri mi è stato fatto stamane al

Foreign Office comunicazione del contenuto seguente: che il Foreign Office

aveva incaricato propria ambasciata Roma far notificare a R. Governo non

appena informato azione Imam Yahia e ultimatum britannico da competente

Colonia! Office, che quest'ultimo considerava [assurdo modo procedere] Imam

Yahia, malgrado ripetuti ammonimenti, esigere pronta reazione per salvaguardare

prestigio britannico; che azione punitiva britannica, eventualmente anche su altre

parti territorio Imam Yahia era pienamente giustificata; che data però evacua

zione località occupate in questi ultimi giorni da Imam Yahia, Colonia! Office

in vista anche nostro desiderio prospettatogli da Foreign Office, intendeva

sospendere misure contro Imam Yahia concordemente con autorità Aden; che

infine Governo britannico apprezzerebbe se anche R. Governo rappresentasse

vivamente ad Imam Yahia pericolo cui si esporrebbe con inconsulte azioni del

genere.

(l) T. gab. s. 2250/714 del 7 ottobre: conversazione col sottosegretario Wellesley in merito alla questione di cui al n. 452.

456

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2265/238. Sofia, 8 ottobre 1927, ore 20,30 (per. ore 23,45).

Per Lei solo.

Ho avuto colloquio con Buroff tornato Sofia da due giorni. Data urgenza riassumo sommariamente: l) quale riconoscenza del Governo bulgaro per assicurazione di amicizia e appoggio del Governo italiano (colloquio S. E. Grandi) conferma esplicitamente che nessun accordo nessun trattato verrà effettuato tra Bulgaria e Serbia; Bulgaria però non potrà impegnarsi in accordi che implichino eventuali ostilità militari contro Serbia. 2) Ho informato Buroff contenuto telegramma di V. E. 1367/311 (l) circa passo fatto Roma presso nostro ministero delle finanze e conseguenti decisioni di V. E. nei riguardi della riconfermata amicizia italiana verso Bulgaria. Buroff ha preso atto con vivo compiacimento rinnovando espressioni viva gratitudine per V. E. assicurando ancora Governo bulgaro seguirà linea di concorde politica con l'Italia [stabilita a] Ginevra. 3) Buroff è tornato su argomento malafede Romania assicurando avere prove positive che ogni atto o passo di qualsivoglia importanza politica concernente Romania viene preventivamente sottoposto da Bucarest ad approvazione Belgrado. 4) S. M. re Boris ha telegrafato in termini vivissimi soddisfazione circa visita in Italia e incontro con V. E. Se S. M. ritelegraferà maggiori dettagli Buroff me li comunicherà, ma probabilmente S. M. affretterà suo ritorno Sofia dati avvenimenti macedoni. 5) Opinione pubblica dà scarsa importanza congresso Unione Associazione Società Nazioni. Discorsi Liapceff nella conferenza (mio telegramma 237) (2) sono stati redatti in modo da far comprendere che se Bulgaria non può ufficialmente parlare delle sue minoranze questa questione tuttavia esiste ed è grave e quindi tanto Unione Associazione Società Nazioni quanto, e più specificamente, Società Nazioni, se vorrà fare vera opera equa giustizia dovrà finire per riconoscere questione minoranze Bulgaria.

Il presente telegramma continua col numero seguente.

457

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2266/239. Sofia, 8 ottobre 1927, ore 20,30 (per. ore 23,35).

Per Lei solo. Decifri ella stessa. Il presente telegramma fa seguito a quello col numero precedente. 6) Governo bulgaro è stato penosamente impressionato clamori per incidente circa sventato complotto Salonicco. Buroff mi ha comunicato che ... (3)

mentre generale comandante terzo corpo ... (l) intendeva procedere immediatamente sommaria esecuzione persone arrestate, Governo di Atene glielo ha impedito ordinandogli rimettere istruttoria competente autorità giudiziaria ... (1).

Generale ha ceduto soltanto dopo due giorni di • tiraillements • dichiarando però che con ciò egli declinava [ogni responsabilità] circa sicurezza Tracia e frontiera bulgara. Buroff mi espresse ipotesi che modo di procedere del comandante del terzo corpo (ricorrere cioè a giustizia sommaria in periodo di relazioni più [che] normali fra i due paesi) potrebbe essere stato determinato dal suo desiderio e suo interesse a che giustizia regolare non investigasse troppo addentro nell'affare che da un complesso di circostanze apparirebbe straordinariamente montato ed esagerato.

7) Situazione serbo-bulgara non è grave. Fino ad oggi otto ottobre ore undici antimeridiane Serbia non ha fatto a Sofia nessun passo diplomatico implicante imposizioni o minacce ovvero richiedente ... (l) in seguito atti terroristici commessi dal comitato macedone in questi ultimi tempi e specialmente uccisione generale Kovacevic a [Stip]. Soltanto questo ministro di Serbia Nesic si è recato ieri da Buroff cui in forma corretta e tono addolorato -• il avait les larmes aux yeux » -ha dichiarato a nome di Marinkovic che prolungandosi tale situazione presenza ministro jugoslavo a Sofia sarebbe divenuta insostenibile. Buroff ha risposto dichiarando genericamente che Governo bulgaro avrebbe esaminato situazione con dovuta chiarezza e coscienza della cosa ed ha pregato Nesic agire Belgrado per raccomandare non prendere decisioni ab irato, non far prevalere opinioni violente circoli militari ed esaminare situazione con fermezza e sangue freddo.

Il presente telegramma continua con il numero di protocollo successivo (2).

(l) -ctr. n. 'i<H. (2) -T. 7260/237 dell'8 ottobre, che non si pubblica. (3) -Gruppi indecifrati.
458

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2268/784. Belgrado, 8 ottobre 1927, ore 23 (per. ore 1,30 del 9).

Mio telegramma n. 779 (3).

Fin dal primo annunzio della uccisione del generale Kovacevic a Stip, specie nella stampa di provincia apparvero più o meno velate allusioni a pretesi aiuti ed incoraggiamenti dell'Italia all'opera del generale Protogeroff e del comitato rivoluzionario macedone.

Queste insinuazioni ed accuse sono divenute più frequenti e più chiare sulle pubblicazioni della stampa di ieri e di oggi anche della capitale.

Tali voci hanno trovato anche diffuso credito nell'animo della popolazione che è sempre vivamente eccitata. Mi consta che Marinkovich nei suoi colloqui coi ministri di Francia e di Inghilterra ha deplorato vivamente l'imprudente linguaggio della stampa.

Ma poichè questa non accenna a cessare, mi propongo di intrattenere oggi stesso fermamente il signor Marinkovich. Nessun nuovo elemento si è determinato oggi nella situazione del Governo e i circoli governativi mantengono il più assoluto riserbo. La nota società patriottica • Narodna Obrana » aveva organizzato per domani, data dei funerali dell'ucciso generale Kovacevic, un comizio. La polizia lo ha proibito. Il re Alessandro è rientrato a Belgrado.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 459. (3) -T. 7232/779 del 7 ottobre, che non si pubblica: preoccupazioni di Belgrado per la situazione in Macedonia.
459

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2267/240. Sofia, 8 ottobre 1927, ore 21,30 (per. ore 4 del 9).

Per lei solo. Decifri ella stessa.

Seguito telegramma precedente (1). Buroff commentando situazione mi ha detto: Condizioni ... (2) in Serbia sono molto eccitate. Siamo in presenza dell'attuazione di un programma terroristico [della] organizzazione interna rivoluzionaria concretato da parecchio tempo primi arresti a scopo tortura degli studenti macedoni a Uskub. I capi della O.R.M.I. Mihailoff, Tomaleski, Protogheroff ... (2) così facendo agiscono non solo contro masse popolari macedoni, che espongono a crudeli repressioni e allontanano sempre maggiormente da regime di vita almeno sopportabile, ma anche contro Governo mettendolo in questa alternativa: o di procedere con estremo rigore contro organizzazioni macedoni in Bulgaria con pericolo di ripercussioni politica interna di cui approfitterebbero comunisti ed agrari sempre in agguato e tuttora esercitanti notevole influenza nel paese; ovvero di esporre Bulgaria ad azioni diplomatiche da parte Serbia così gravi da non consentire ... (2) poteri Governo, senza escludere eventualità, che Buroff ritiene possibile, di un'azione militare isolata improvvisa da parte esercito serbo ove prendano sopravvento circoli militari Belgrado direttamente colpiti uccisione generale Kovacevic. Si annunziano altri due gravi incidenti in Macedonia di cui mancano dettagli. Consiglio ministri riunitosi ieri dalle 3 alle 9 ha discusso situazione ed ha in massima deciso ricorrere provvedimenti estremo rigore contro agitatori macedoni in territorio bulgaro. Buroff non ha spiegato in che cosa questi provvedimenti consisteranno ma ho avuto impressione [che possa] arrivarsi anche a forzato scioglimento O.R.M.I.

Continua col numero successivo.

(l) -Cfr. n. 457. (2) -Gruppi indecifrati.
460

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2269/241. Sofia, 9 ottobre 1927, ore 12,30 (per. ore 17,05).

Seguito precedente telegramma.

Buroff mi ha pregato rappresentare situazione nella sua [gravità] a V. E. ripetendomi che, come V. E. [sa], in presenza avvenimenti che possono compromettere sua stabilità politica sia estera che interna e distruggere tenace lavoro di orientamento politico morale di fronte estero cui da anni paese lavora, è fermamente deciso • rendersi padrone della situazione , nei riguardi delle organizzazioni rivoluzionarie e terroristiche macedoni. Buroff mi ha informato che Nesic gli ha ieri comunicato di essere al corrente delle mie relazioni con Tomaleski. Ho risposto aver visto una volta Tomaleski così come lo vedono altre legazioni, rappresentando egli elementi politici nella vita attuale della Bulgaria, che chi deve conoscere questo paese non può ignorare così come non ignora principali fattori politici parlamentari ecc. Buroff mi ha subito assicurato che Governo bulgaro non formulerà menomo dubbio su ciò ma che ha creduto suo dovere informarmi della comunicazione di Nesic a riguardo. Buroff ha soggiunto che stampa di Bucarest commentando uccisione generale Kovacevic esprime opinione trattarsi opera O.R.M.I. dietro la quale troverebbesi ... (l); stampa romena dubita che il Governo bulgaro abbia possibilità fronteggiare situazione senza intervento Società Nazioni.

Il presente telegramma continua.

461

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2272/242. Sofia, 9 ottobre 1927, ore 15,30 (per. o1·e 19).

Seguito precedente telegramma.

Non ho potuto intrattenermi più a lungo con Buroff, che era occupatissimo, circa possibili sviluppi situazione che appare oggi a questi circoli governativi come assai preoccupante e di cui terrò al corrente V. E. Mi sono limitato ad assicurarlo che avrei informato di tutto V. E. e a raccomandare a lui ed a Liapceff stesso sangue freddo da loro raccomandato a Belgrado. Esprimo intanto personale, efficace, rispettoso, franco parere circa opportunità avvertire Tomaleski tuttora Roma errore politico di azione terroristica anti-serba continuata con attuale intensità che allo stato delle cose non ha scopo utile. Un conto è perse

33 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

guire azione di resistenza, di lotta, di propaganda onde non consentire mai affievolimento spirito macedone, e non facilitare opera serbizzazione voluta da Belgrado, ed altro conto è provocare emozioni, preoccupazioni, risentimenti, per questioni balcaniche in una Europa oggi indiscutibilmente contraria a quaisiasi avventura ed a qualsiasi sentimentalità.

Il presente telegramma continua.

(l) Gruppo indecifrato.

462

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2273/243. Sofia, 9 ottobre 1927, ore 16 (per. ore 21).

Decifri Ella stessa. Seguito al numero precedente.

Se V. E. ha creduto appoggiare in tempo domanda Tomaleski, e se questi può avere quindi compreso lo stato delle cose, che sussistenza questione macedone si inquadra in politica balcanica italiana, da ciò O.R.M.I. non deve credere risolversi con troppo rapido salto, nè arguire che è giunto per essa momento di azioni ardimentose e in grande stile. Ciò non conviene neanche a noi, che se ci occupiamo dei macedoni ai nostri legittimi e realistici fini, non possiamo prescindere dalla Bulgaria e dalla sua adesione alla nostra politica, sopratutto non possiamo consentire che azioni precipitate come attuale compagna terroristica debbano compromettere nostro tenace lavoro contro riavvicinamento serbo bulgaro, mettendo altresì Bulgaria in tali condizioni di imbarazzo difficoltà da dovere (dato suo attuale stato di debolezza politica economica militare) capitolare di fronte precisa volontà Belgrado, dietro cui trovasi non solo Francia consenziente, ma anche Inghilterra consenziente e spingente risolutamente verso stabile accordo tra i due paesi, con definitivo esplicito abbandono di ogni idea sulla Macedonia, territori e popolazione. Una Bulgaria non scossa, non preoccupata esternamente nè internamente, non sottoposta a minacce di pericoli e di umiliazioni, noi possiamo tenerla balcanicamente isolata e guidarla secondo nostri fini: una Bulgaria che dovesse tornare allo stato di continuo incubo degli anni scorsi, potrebbe invece sfuggirei di mano. Il Governo Liapceff Mollof Buroff, malgrado suoi difetti è il solo cui presenza al potere oggi ci convenga: altri eventuali governi non potrebbero essere che slavizzanti serbofili ovvero agrari bolscevizzanti. Quanto a Tomaleski e ai macedoni, pur restando immutate direttive V. E. occorre che essi specialmente oggi che hanno trovato in Italia unico loro appoggio, manifestino molta abilità fatta essenzialmente di senso di opportunità e di tempo per evitare per quanto è possibile reazioni odierne. Circa comunicazioni di Nesic a Buroff su miei rapporti con Tomaleski, esclusa nettamente possibilità indiscrezioni da parte legazione, restano ipotesi: o di indiscrezioni da parte macedone al corrente delle cose, ovvero (ciò che è più probabile e che stesso Buroff mi ha fatto capire) di spionaggio serbo tra le file della organizzazione macedone.

463

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

T. GAB. A MANO 1384. Roma, 10 ottobre 1927, ore 15.

Il R. incaricato d'affari a Londra ha telegrafato quanto segue:

(come nel telegramma da Londra n. 2264/715 Gab.) (1).

Nel portare a conoscenza governatore Eritrea quanto precede V. E. vorrà invitarlo a far risaltare presso Imam Yahia opera svolta da Governo italiano a Londra nel di lui interesse facendogli comprendere assoluta necessità astenersi da simili sconfinamenti nel territorio del protettorato di Aden e ove essi avvenissero per iniziative di tribù locali prendere ogni necessario provvedimento per impedirli. Gradirò avere assicurazioni da parte governatore Eritrea da poter utilmente comunicare Governo inglese.

464

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2278/790. Belgrado, 10 ottobre 1927, ore 19 (per. ore 21,50).

Mio telegramma 775 (2).

Il signor Marinkovich mi ha detto stamane di aver telegrafato a Rakich dandogli istruzioni di sottoporre a V. E., come ha fatto contemporaneamente a Parigi, a Londra, a Berlino ed a Praga, i dettagli della situazione colla Bulgaria in relazione ai recenti attentati terroristici in Macedonia dopo uccisione del generale Kovacevic. Egli avrebbe altresì comunicato la deposizione ... (3) dei tre uccisori del generale, dalla quale risulta ... (3) bulgaro per mandato ricevuto da lui e dai suoi compagni a Sofia dal comitato macedone.

Marinkovich mi ha nuovamente dichiarato che il Governo S. H. S. non voleva fare risalire al Governo bulgaro la responsabilità diretta dei recenti avvenimenti, ma che questo ha dimostrato di non sapere o potere prendere le misure necessarie atte ad impedire che nel suo territorio si preparino ed ordiscano operazioni • di guerra latente • (sic) contro uno stato vicino, il che implica secondo lui una responsabilità indiretta. Egli ha soggiunto che la Bulgaria, secondo il trattato di Neuilly, dovrebbe disporre di una forza di 20.000 uomini che allo stato di fatto sono 30.000, più che sufficienti per essere padrona della situazione e sottomettere il comitato armato e renderlo inoffensivo.

Che se ciò il Governo bulgaro non si sente di fare vuol dire che è debole e che è diventato strumento del comitato macedone, che governa in Bulgaria senza avere la responsabilità del Governo.

Marinkovich mi ha detto di avere sottoposto il quesito e la questione alle grandi potenze e si chiede :

« quale via seguirebbero le altre potenze qualora avvenisse ad esse ciò che è avvenuto alla Jugoslavia in questi giorni •. Egli spera che le grandi potenze troveranno il modo di risolvere il problema e che daranno a Sofia gli opportuni consigli ed appoggi morali per mostrare forza contro il comitato macedone.

Che se le potenze non riuscissero o non volessero far tale esortazione a Sofia allora egli valendosi degli articoli 11 e 12 del patto sottoporrebbe tutta la questione alla Società delle Nazioni.

Mi ha anzi dato lettura di detti articoli.

Marinkovich si è mostrato in ultimo sdegnato contro il segretariato Società Nazioni per avere questo accettato il noto memorandum del comitato macedone (negando nuovamente che esista una minoranza macedone) ma altresì e peggio per avere tale memorandum trasmesso al Governo S. H. S.

Egli dice che tale documento contiene espressioni offensive per il Governo

S. H. S. ed il segretario generale della Società delle Nazioni non avrebbe dovuto corroborarlo della propria firma. Ho colto l'occasione per raccomandargli di conservare nelle conversazioni con Sofia uno spirito più amichevole e sereno di quello che l'opinione pubblica attraverso la stampa jugoslava aveva verso la Bulgaria e non ho mancato di insistere sul fatto che se egli, come mi aveva nella lunga conversazione più volte accennato, teneva al giudizio equanime dell'E. V., sarebbe stato ... (l) indispensabile che avesse frenato lo sconveniente linguaggio della stampa nei riguardi dell'Italia, linguaggio che cominciava a destare giustificati risentimenti dell'opinione pubblica italiana.

(l) -Cfr. n. 455. (2) -T. gab. 2253/775 del 7 ottobre: uccisione del generale jugoslavo Kovacevié ad opera dei nazionalisti macedoni. (3) -Gruppi indecifrati.
465

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI

Roma, ... ottob1·e 1927 (2).

In attesa di conoscere quanto V. E. avrà certamente avuto cura di indagare circa il convegno di dieci giorni fa tra Chamberlain e Primo de Rivera La prego di tener presenti, per Sua norma di linguaggio e di condotta, i seguenti punti.

l) È nostro interesse che la questione di Tangeri rimanga aperta più a lungo possibile per consentirci di valorizzare meglio la nostra colonia in quella città, per prolungare a nostro vantaggio il dissenso franco-spagnolo e per non

chiudere la via alla eventualità, non probabile ma neanche impossibile, che gli sviluppi di essa questione riaprano in qualche modo quella del Marocco, troppo frettolosamente e con scarso frutto chiusa per noi dai governi anteriori al Fascismo. Occorre quindi che V. E. incoraggi per quanto possibile, ed in maniera da non destare alcun sospetto presso gli agenti di Francia e d'Inghilterra, ogni menoma resistenza spagnola persuadendo codesto Governo e codeste sfere dirigenti che la Spagna ha tutto da guadagnare e niente da perdere dal mantenimento dell'attuale situazione tangerina, piena di conflitti potenziali, mentre una sistemazione intempestiva sulla base di un nuovo accordo formale, pur offrendole qualche soddisfazione locale immediata, paralizzerebbe ogni sua ulteriore azione politica di più vasta portata.

2) Una iniziativa parallela dell'Italia e della Spagna in merito al problema delle snazionalizzazioni nel protettorato francese del Marocco e la possibilità di innestarlo nelle future discussioni su Tangeri, o per lo meno di farne oggetto di due identiche affermazioni di principio da parte italiana e spagnola in occasione di quelle discussioni, presentano per noi il triplice vantaggio di meglio garantire i nostri connazionali nell'Impero sceriffiano, di stabilire, in caso di successo totale o parziale, un utilissimo precedente da invocare a Tunisi e di costituire, anche in caso di insuccesso, una solida piattaforma per un futuro comune fronte di resistenza italo-spagnolo verso la Francia in una questione che è • sentita • da codesta intera nazione dove nessun partito ignora o dimentica i trecentomila spagnoli del dipartimento di Orano divenuti forzosamente francesi nell'ultimo quarto di secolo; mentre la determinazione ferma e concorde dell'Italia e della Spagna di tener testa ai decreti arbitrari del 1921 su basi incontestabili di diritto e di equità potrebbe sortire altresì l'effetto di affievolire l'appoggio del governo britannico alla politica francese. Bisogna perciò che V. E. trovi opportunamente e cautamente la via per confermare Primo de Rivera nella opinione favorevole espressa al riguardo nel colloquio cui al Suo telegramma n.... (l) e per guadagnare a tale opinione quanti più possibile di coloro che influiscono sulle tendenze e decisioni del direttorio.

3) Nel caso in cui Primo de Rivera si fosse formalmente impegnato verso Chamberlain a riprendere le conversazioni con la Francia, è interesse della Spagna e nostro che la ripresa non abbia luogo a Londra come da varie parti si vocifera. A Londra infatti i delegati spagnoli resisterebbero alle pressioni inglesi in favore della tesi francese assai meno efficacemente di quanto vi resistettero a Parigi dove inoltre la loro resistenza era istintivamente maggiore trovandosi essi nella capitale del principale avversario. Quanto all'Italia poi una riunione franco-spagnola a Londra sarebbe pregiudizievole al suo prestigio inquantochè, anche se il Governo britannico si astenesse scrupolosamente da ogni interferenza sia apparente che effettiva, sarebbe tuttavia inevitabile l'impressione generale di una conferenza di fatto • a tre • contraria alle intese di un anno fa le quali stabilirono che la conferenza • a due • dovesse esser seguita da una

conferenza • a quattro •. V. E. vorrà pertanto adoperarsi, ove del caso, perchè il Governo spagnolo escluda Londra come sede dei negoziati e farà osservare, se necessario, che, poichè nessuno pensa di proporre a tale scopo Roma, la scelb di Londra significherebbe una violazione della oramai da tutti riconosciuta parità di titoli dell'Italia e dell'Inghilterra ad intervenire nella questione di Tangeri.

Gradirò conoscere il risultato dell'azione che V. E. avrà occasione di svolgere sui tre punti suesposti avvertendola che, data l'importanza e la maturità dell'argomento, qualora tale occasione tardasse troppo a presentarsi converrà abilmente crearla.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Si inserisce setto il 10 ottobre, tenendo conto del riferimento nel testo al • convegno di 10 giorni fa tra Chamberlain e Primo de Rivera » e del fatto che il convegno stesso ebbe luogo a Palma di Maiorca la sera del 30 settembre.

(l) Manca il numero di protocollo. :>Ia cfr. n. 357.

466

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2279/249. Sofia, 11 ottobre 1927, ore 18,30 (per. ore 23).

Con autorizzazione telegrafica di re Boris, Governo bulgaro ha proclamato stato assedio provincie bulgaro-macedoni Petric Kustendil; ha inoltre convocato Sobranje in sessione straordinaria per il 15 corrente per ratificare provvedimento costituzionale. Governo serbo, dopo visita Nesic a Buroff, di cui al mio telegramma n. 239 (l) personale per V. E., non ha più fatto alcun passo in alcun senso presso Governo bulgaro: ciò che è stato rilevato • con preoccupazione • da questo Governo che avrebbe preferito escandescenze Belgrado abituali simili casi e che finivano per mettere Governo serbo dalla parte del torto. Data attitudine riservata della Jugoslavia (dovuta certamente ad azione personale Marinkovic) Governo bulgaro ha dovuto, pur non sentendo responsabilità, dare soddisfazione tanto a Belgrado quanto all'Europa prendendo provvedimento stato d'assedio assai penoso per Governo e popolo bulgaro ma destinato provare volontà Bulgaria mantenere pace nei Balcani. Ciò mi è stato dichiarato da segretario generale affari esteri, il quale ha aggiunto che, però, nè Serbia, nè Europa debbono farsi illusioni sulle conseguenze pratiche dello stato d'assedio nei due dipartimenti bulgaro-macedoni. Questione macedone sarebbe troppo semplice se dipendesse da chiusura frontiera bulgara. Questione è tra Belgrado e Macedonia ed ora che la Bulgaria ha !atto quanto poteva e doveva prendendo provvedimenti eccezionali di frontiera, che applicherà con rigore, se avverranno altri incidenti Governo bulgaro potrà con sicura coscienza opporre la sua lealtà contro eventuali provocazioni o accuse di Belgrado, mentre, alla loro volta, i macedoni, oggi sudditi serbi, potranno affermare con sicurezza che Sofia non entra per nulla nella loro attività la quale è determinata unicamente dalla crudele politica di Belgrado.

Continua col numero successivo

(l) Cir. n. 457.

467

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2280/250. Sofia, 11 ottobre 1927, ore 21,36 (per. ore 23,50).

Seguito mio telegramma 249.

Voci di richiamo di questo ministro Serbia, diffuse in tutti i circoli politici di Sofia, ricevono oggi smentita. Situazione viene giudicata con più calma e si spera che pronta azione Liapceff darà soddisfazione a Belgrado. È tuttavia opinione generale che il Governo si proponga approfittare di questa occasione per marcare, astenendosi da solite ... (1), suo desiderio riavvlcinamento con Bulgaria. Questo ministro Francia Cambon mi ha detto oggi che Nesich aveva comunicato a Buroff da parte Marinkovic di avere • cora~gio come lo aveva avuto lui Marinkovic fronteggiando nei primi momenti eccitazione i propositi dei circoli militari Belgrado ». Ieri Cambon e ministro d'Inghilterra Erskine si sono recati separatamente da Buroff a nome dei loro Governi per consigliare

Governo bulgaro re di Bulgaria [agire] con energia e sangue freddo. Non avendo ricevuto istruzioni al riguardo, non ho giudicato opportuno rivedere Buroff dopo mio lungo colloqnio dell'8 corrente (miei telegrammi personali p~r V. E. 238243) (2) ed è perciò che mi sono recato dal segretario generale affari esteri, cui ho anche mostrato corrispondenza di Valori nel Corriere della Sera dell'8 corrente, come indice del sereno giudizio stampa italiana sugli avvenimenti.

Il presente telegramma continua (3).

468

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 7244/1366. Belgrado, 12 ottobre 1927.

Questo Addetto Militare mi ha presentato l'unita relazione (4) sulla questione macedone.

Il Colonnello Visconti ha compiuto uno studio chiaro e preciso del grave e spinoso problema riguardandolo nel quadro degli interessi dello Stato S. H. S. e delle relazioni di questo con la Bulgaria, con l'Albania e di conseguenza con la politica generale dell'Europa e del nostro Paese in ispecie, che ha più diretti e vitali interessi nella penisola Balcanica.

Sulla questione Macedone ho avuto spesso occasione di riferire all'E. V. Il concetto fondamentale dei miei rapporti mirava a dimostrare soprattutto due fatti sui quali è necessario aprire bene gli occhi nell'interesse della pace generale e in quello particolare nostro nella Penisola Balcanica :

l) La questione Macedone costituisce un pericolo permanente e insanabile per la pace; 2) La questione Macedone rappresenta il punto più vitale e vulnerabile nella compagine politica, militare e statale dello Stato S. H. S. La relazione del Colonnello Visconti vale ad illustrare e confermare pienamente tali concetti.

Nel presentarla all'E. V. mi si offre la gradita occasione di esprimere ancora una volta il mio vivo compiacimento per la collaborazione solerte e intelligente che il Colonnello Visconti apporta nel R. Servizio in questo Stato.

ALLEGATO.

LA MACEDONIA E IL PATTO DI TIRANA

... Il sistema di violenta repressione instaurato dai Serbi in Macedonia, abolendo le libertà religiose e culturali già tollerate dai Turchi, a danno di una popolazione di sentimento nazionale ardente, ai danni di una razza indomabile come quella bulgara sostenuta dagli elementi emigrati in Bulgaria, e più o meno larvatamente dallo Stato bulgaro, che può frenare, ma non può reagire contro il sentimento irredentistico del paese, hanno prodotto nella Macedonia una situazione quanto mai tesa e che potrebbe, con una reazione improvvisa come quella del 1903, dimostrare ancora una volta ai più zelanti fautori delle teorie serbe sulla Macedonia, quanto esse siano false e pericolose per la pace europea. Perciò è cura del governo jugoslavo, o meglio del partito militare nazionale serbo, di chiudere ogni accesso all'osservazione degli stranieri in quella regione. La porta di accesso macedone più vicino all'Europa è verso l'Adriatico: quella albanese. Perciò, assicuratosi col Trattato di Neuilly il possesso macedone, la Jugoslavia volendo chiudere quel pericoloso accesso adottò fin dall'immediato dopo guerra il metodo di giungere ad una decisa predominanza politica in Albania inasprendo le contese del giovane Stato di civiltà primordiale e vagheggiando il sogno di approfittare delle circostanze per occuparne una parte o tutta. Ad ogni modo un'Albania lacerata dalle discordie non poteva costituire una via per una serena osservazione e per una efficace penetrazione europea nell'inferno macedone.

Il Trattato di Tirana ha sollevato le maggiori apprensioni dei Serbi ed è stato un colpo di fulmine per le loro aspirazioni. La Jugoslavia teme che una predominanza morale e politica bene assodata dell'Italia in una Albania tranquilla e capace di difendersi renda inevitabile il controllo del mondo civile nella vicina Macedonia e valga ad appoggiare, direttamente o indirettamente le aspirazioni di quelle regioni all'indipendenza.

Era quindi naturale la levata di scudi serba contro il Trattato di Tirana le cui ripercussioni potrebbero far crollare il castello mal sicuro dell'egemonia interna serba, risvegliare il problema macedone ed insieme quello analogo del Montenegro. La questione macedone è uno dei punti più sensibili e più pericolosi per la politica serba. La sola minaccia che l'Italia si faccia osservatrice della questione macedone e forse promotrice in Europa di un controllo internazionale in quella regione, viene considerata come esiziale per la compagine dello Stato S.C.S. Di questo timore, conviene tener conto, perchè la nostm azione politica possa approfittarne per avere un punto di presa sulla fuggevole politica e psicologia jugoslava ...

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. nn. 456, 457, 459, 460, 461, 462. (3) -Con t. gab. 2283/251 del 12 ottobre: pacifica manifestazione degli irredentisti macedoni a Sofia. (4) -L'allegato è in realtà solo uno stralcio della relazione.
469

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. RR. 1394/614. Roma, 13 ottobre 1927, ore 19.

Decifri Ella stessa.

Ho ricevuto ed esaminato suo interessante rapporto n. 1317 del 3 corrente (l) e l'annesso progetto di nota verbale che approvo. Data tuttavia presente situazione generale non ritengo ancora giunto il momento di dar seguito a tale passo.

470

L'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2289/52. Tangeri, 13 ottobre 1927, ore 18,20 (per. ore 24).

Noto Capo cui si riferisce telegramma di V. E. n. 1275/80 del 2 settembre (2) rinnova insistenze, nonostante mia accuratezza evitare contatti, e dichiarasi pronto inviare persona di fiducia a Roma o altrove per ottenere armi ex tedesche da qualunque privato venditore. Dichiarasi disposto vendere o cedere larghissime sue proprietà nell'Atlante a cittadini italiani. Riafferma sua intenzione sollevare tribù contro la Francia appena disporrà dei fucili che cerca. Avverto che qualche pilota tedesco ed un pilota italiano sono già presso di lui con qualche apparecchio.

471

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2292/801. Belgrado, 15 ottobre 1927, ore 0,15 (per. ore 3,35).

Mio telegramma per corriere n. 6724/1251 del 21 settembre scorso (3).

Questo ministro di Francia si interessa attivamente presso questo Governo, anche in seguito a pressioni avute da Parigi, per ottenere che l'annosa questione contributo debito anteguerra della Serbia verso la Francia venga sollecitamente regolata, in conformità delle richieste francesi circa il pagamento in oro dei cuponi. Il signor Dard, che come i suoi predecessori, si è urtato finora in gravi difficoltà per ottenere tale risoluzione, tiene in modo particolare a condurla a buon fine, anche per ricavarne un successo personale.

D'altra parte mi risulta che il signor Marinkovic insiste sempre presso il mio collega francese, perchè venga firmato il noto patto franco-jugoslavo. Ed in

relazione a ciò rilevo la presenza a Belgrado in questi giorni del signor Spalaikovic.

Sembra che il signor Marinkovic, pur di ottenere la firma del patto, intenderebbe appoggiare presso il ministro delle finanze le richieste francesi circa il debito.

Non è quindi improbabile che, se da parte jugoslava si accedesse ai desiderata francesi, la firma del patto possa seguire fra breve.

(l) -Cfr. n. 447. (2) -Cfr. n. 389. (3) -Cfr. n. 430.
472

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. PER CORRIERE 5691. Roma, 15 ottobre 1927, ore 18.

Seguo da tempo benchè senza sopravalutarlo atteggiamento rozzamente ostile osservato nei nostri riguardi dalla stampa romena non esclusi giornali in genere favorevoli Governo. Taluno fra gli organi più importanti oltrepassa ogni misura e richiamo personale attenzione di V. S. su articolo Adverul riassunto rassegna stampa n. 94 che in occasione recente congresso Bucarest stampa latina trova di buon gusto scagliarsi contro • Governo latino del paese più latino • che avrebbe fra altro • venduto dopo numerose contrattazioni e contro moneta sonante » ratifica trattato Bessarabia.

Affermazioni siffatte non depongono a favore serietà e buona memoria loro autore ma possono contribuire non di meno deviare codesta opinione pubblica creando atmosfera penosi malintesi. E al Governo signor Bratianu, che ha tenuto più volte attestare immutate sue buone disposizioni verso Italia, non dovrebbero certo mancare mezzi per raffrenare intemperanze polemiche ispirate così scarso senso responsabilità.

Sono sicuro che V. S. lo avrà già fatto rilevare ma la prego comunque trovare opportunità far seriamente comprendere allo stesso signor Bratianu come tali eccessi della stampa romena possano alla lunga provocare spiacevoli reazioni anche nella nostra opinione pubblica e diffondere nelle relazioni fra i due paesi U'l senso di malessere che sarebbe interesse reciproco eliminare.

473

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. P. 2298/257. Sofia, 15 ottobre 1927, ore 14,30 (per. ore 19,40),

Decifri ella stessa.

Questo console di Francia ha dichiarato a Giannini che questa legazione di

Francia nutre apprensioni per azione Italia nei riguardi dei macedoni. Console

ha poi confidato a Giannini che programma francese, circa questione macedone e relazioni serbo-bulgare, sarebbe il seguente: l) autonomia della Macedonia sotto sovranità Jugoslavia con aggiunta del territorio macedone oggi bulgaro di Petric. 2) Soppressione milizia mercenaria in Bulgaria. 3) Sostituzione del ministero Liapceff con gabinetto democratico agrario senza Tzankoff con Kalfoff presidente. 4) Prepararsi difendere unione serbo-bulgara, pur non nascondendosi difficoltà derivanti da situazione di re Boris nonchè da pretese delle altre nazionalità componenti stato S.H.S. 5) Escludere idea grande federazione balcanica. Queste confidenze fatte in amicizia a Giannini dal console Francia che egli conosce da vari anni, pur non costituendo che uno dei molti progetti che pullulano in ogni centro politico di Sofia, vanno tuttavia tenute presenti sia per la fonte diretta sia perchè trovano qualche parziale riscontro all'estero nelle mie informazioni sicurissime di origini tutt'affatto diverse. In attesa che V. E. mi dia istruzioni se io possa valermi col dovuto tatto e in opportuni limiti di modo e di tempo di tali confidenze presso Liapceff, Buroff e Mollof, permettomi attirare attenzione di V. E. sul fatto sicuro che questo ministro Inghilterra da molto tempo sta spingendo Liapceff perchè faccia entrare nel Gabinetto uno o due di quelli del partito agrario stambuliskiano di cui sono noti stre~ti rapporti con Belgrado. Quanto Kalfoff, generale di riserva, ex ministro affari esteri gabinetto Tzankoff, va considerato per la morbosa ambizione che lo domina, per l'ipocrisia del carattere e per la costante abitudine dell'intrigo come uno degli elementi più infidi della presente vita politica bulgara. Benchè abbia studiato a Torino e ostenti deferenza e cordialità verso Italia e gli italiani, sta in continui stretti rapporti con legazioni di Serbia e di Francia.

474

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2302/618. Durazzo, 17 ottobre 1927, ore 2,50 (per. ore 8,20).

Mi risulta che il Beby (1), assassino di Zeno bey (2), godeva di una borsa di studio del Governo albanese a Roma ove frequentava il liceo scientifico Cavour facendo recapito a via Urbana n. 110. Fu raccomandato nell'agosto del 1926 a questa legazione per concessione nostra borsa che però non gli venne accordata. Mi venne allora descritto come giovane studiosissimo. Negli ambienti politici della capitale si sostiene che il Beby aveva poche settimane fa tentato procurarsi una udienza presso Ahmed Zogu e che inoltre aveva sollecitato un invito per assistere alla seduta di inaugurazione dei lavori parlamentari il 15 settembre scorso. Gli si attribuisce quindi l'intenzione di commettere un attentato contro presidente repubblica. Si vocifera che mano del Beby sarebbe stata armata dai

rifugiati albanesi della Jugoslavia i quali volevano punire una supposta recente conversione di Zeno bey ad una politica italofila. Era stata in un primo tempo diffusa la voce che assassinio costituiva una vendetta dei partigiani di Bairam Zuri, ma essa non regge dinanzi alle notizie che circa il delitto pervengono da Praga. Accanto alla versione dirò così ufficiale, diffusa in tutti gli ambienti, ma ben sotto voce, [circola] una versione assai diversa e assai precisa.

(l) -Algiviadh Bebi. (2) -Zeno bey ministro di Albania a Praga, già ministro a Belgrado, fu assassinato il 14 ottobre.
475

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 2338/713. Durazzo, 17 ottobre 1927.

È mio dovere registrare un atto di lealtà di Ahmet bey Zogu. Quanto appresso riferisco a V. E. si riporta al mio recentissimo scritto del 9 ottobre

n. 683 (1).

Recatomi giorni or sono a Tirana ho nuovamente intrattenuto il Presidente sui rapporti fra Albania e Yugoslavia. Nel corso della conversazione egli ha voluto informarmi, di sua propria iniziativa, che Marinkovich gli aveva fatto pervenire, per il tramite di Zeno bey, un'offerta di garanzia e di assistenza per tutto il periodo della sua carica presidenziale nell'eventualità che i rapporti italaalbanesi si fossero guastati a causa del dissidio per la Banca.

Ho subito domandato al Presidente come mai il Signor Marinkovich aveva creduto scorgere un dissidio itala-albanese che mai era esistito. Il Presidente ha completato allora la sua confidenza, aggiungendo che nella comunicazione di Zeno bey era cenno ad una conversazione fra Ilias bey e lo stesso Marinkovich, a Ginevra, in cui il primo aveva parlato della probabilità di conflitto italaalbanese per motivi di carattere finanziario. Ahmet bey Zogu aveva subito chiamato Ilias bey per chiedergli conferma del suo preteso accenno, ma Ilias bey gli aveva smentito nella maniera più formale di avere mai intrattenuto Marinkovich sulla possibilità di un attrito fra Italia e Albania.

Nonostante la smentita opposta da Ilias bey Vrioni, io sono perfettamente d'accordo nella osservazione di Bodrero, contenuta nel suo rapporto del 22 Settembre, n. 1258, e cioè che Marinkovich non poteva inventare di sana pianta la cosa, e tanto meno fare il nome di Ilias bey. Questi dunque ha parlato. Come ho già rappresentato a V. E. il fatto mi era apparso fin dal primo momento plausibilissimo, data la natura dell'uomo. Ilias bey è forse il meno infido degli albanesi: ma chiacchierone, amante della • boutade •, desideroso di mostrarsi sempre bene informato, incapace di tenere un segreto in bocca, egli, pur non essendo autorizzato dal Presidente, e dirò anzi di più, pur essendo già tramontata la situazione che aveva fatto nascere nell'animo del Presidente il macchinoso pro

getto cui ho accennato nel mio precedente scritto sull'argomento, non ha saputo

resistere alla tentazione di lanciare con Marinkovich un'allusione ad eventuali

accordi con la Yugoslavia per il caso si fossero verificate complicazioni con

l'Italia.

Marinkovich del resto che a Ginevra non aveva preso molto sul serio il

discorso di Ilias bey, giunto a Belgrado, ove nel frattempo erano pervenute da

altre fonti notizie dubitative circa l'esito finale delle mie trattative per la garanzia

aurea del fondo LL.PP., ha creduto, « pour acquis de conscience •, lanciare ad

Ahmet bey Zogu il suo richiamo di sirena baffuta.

Ho chiesto ad Ahmet bey Zogu che cosa egli aveva risposto a Zeno bey Mi ha assicurato che gli aveva dato incarico di « ringraziare vivamente Marinkovich per la sua gentile profferta di appoggio e di simpatia alla sua persona e al regime, profferta cui egli era assai sensibile. Ma in quanto alla eventualità di un dissidio con l'Italia egli era in grado di escluderla, perchè proprio in quel momento l'Italia aveva generosamente dato all'Albania novella prova della st<a benevolenza accordandole la propria garanzia per il valore aureo del prestito destinato ai lavori pubblici •.

Questo è quanto mi ha detto Ahmet Bey Zogu. Sarebbe però interessante se il Signor Stylla (che tanti utili servizi ci sta rendendo a Belgrado e che durante la sua permanenza qui ho colmato di cortesie, facendogli anche ottenere la riconferma della sua destinazione a Belgrado, contro la volontà di Zeno Bey che aveva posto il suo veto) potesse rintracciare il testo preciso del telegramma di risposta del Presidente.

Secondo le mie impressioni e salvo l'intervento di fatti nuovi, i rapporti fra Albania e Jugoslavia vanno in questo momento normalizzandosi. Io non vedo, oggi, nè l'inizio nè tanto meno l'avanzata preparazione di un nuovo colpo di mano jugoslavo contro l'Albania. Come dico in altro mio recentissimo scritto, i dirigenti jugoslavi appaiono disorientati. Unica forma di attività jugoslava ai danni dell'Albania sembra essere il tentativo di impedire il rimpatrio dei profughi, e la preparazione di qualche piccola banda che dovrebbe esercitare piuttosto azione di spicciolo brigantaggio su questo territorio, anzichè tentare una vera e propria • poussée • in forze. D'altra parte è evidente che Ahmet Bey Zogu e Marinkovich non intendono rompere e anzi procurano di mantenere, anche nei loro rapporti personali, un contegno riguardoso e persino cordiale. Si è andato anche troppo oltre: si è cioè procurato di sottolineare, specialmente da parte del Ministro di Francia a Tirana, la cordialità dei dstabiliti rapporti fra Albania e Jugoslavia. È certo che il Barone de Vaux non si risparmia. Questa nuova era, questa nuova atmosfera nelle relazioni fra i due Paesi corrisponde sia al comune bisogno di una pausa di respiro dopo un burrascoso periodo che è durato un anno e quattro mesi (e cioè dal giugno 1926 epoca della denunzia albanese alle Potenze per il preteso ultimatum di Aloisi) sia alla mutua convenienza di lasciare una porta aperta nelle rispettive relazioni, per l'eventualità di una crisi nei rapporti Italo-Albanesi. L'episodio delle dichiarazioni di Ilias Bey a Marinkovich è rivelatore.

C'è da domandare. È più conforme ai nostri interessi che i rapporti fra Albania e Jugoslavia siano tesi, e quindi precipitino di crisi in crisi, ovvero ci è più utile (specialmente durante i presenti negoziati) una momentanea • détente •? Viste le cose di qui, sembrerebbe più conforme ai nostri interessi una

• détente •, purchè essa non sia preludio ad un troppo intimo riavvicinamento che sbocchi a sua volta in una intesa politica.

Ho già prevenuto Ahmet Bey Zogu, come non tralascio di prevenire suoi Ministri, che noi non sapremmo tollerare una ostentazione di cordialità fra i due Paesi. Il popolo Italiano sta facendo troppi sacrifici per l'Albania per potere ascoltare, senza sgradevole sorpresa e giustificabile diffidenza, un linguaggio senza misura degli uomini rappresentativi dell'Albania. Ciò per quanto riguarda l'apparenza delle cose.

Per quanto concerne la sostanza sembrami del tutto fuor di posto il temere, in questo momento, un reale riavvicinamento fra Albania e Jugoslavia. Ahmet è troppo entrato nel nostro giuoco politico (dal quale del resto trae i più tangibili benefici) per permettersi una conversione a sinistra. Egli segue V. E. sul cammino che gli va tracciando davanti. Ma forse io abuso della espressione: • in questo momento •. Spingiamo lo sguardo al prossimo futuro. In esso io non so scorgere, in preparazione, altro che lo sviluppo del piano politico ideato da V. E. Finchè tale sviluppo sarà nella sua fase crescente, non v'è possibilità di un accordo fra Albania e Jugoslavia. Quando esso avrà raggiunto la sua fase risolutiva, avremo ~enza dubbio la crisi, ma sarà crisi di turbamento fra Albania e Jugoslavia, perchè Belgrado è troppo impreparata agli avvenimenti che si preparano. E se qualche passerella sarà stata nel frattempo gettata fra i due Paesi è da credere che i futuri avvenimenti la spezzeranno anzichè consolidarla.

E dopo? Più lontano non ci è dato guardare, perchè usciremmo dal campo delle ragionate previsioni politiche, per entrare in quello delle ipotesi.

(l) Non rinvenuto.

476

L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, CARISSIMO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2305/317. Praga, 18 ottobre 1927, ore 2 (per. ore 4,30).

Mio telegramma n. 315.

Segnalo all'E. V. che alcuni giornali riportano stamane insinuazioni tenden

ziose circa pretese relazioni che uccisore Zeno bey avrebbe con centro albanesi

esistenti in Italia, traendo allusioni da questa circostanza ad un preteso favo

reggiamento italiano. Dette insinuazioni sono apparse finora in forma piuttosto

vaga. Ove però questi giornali accentuassero insinuazioni stesse, prego V. E. tele

grafarmi se debbo darvi pubblica smentita (1).

(l) Annotazione a margine di Mussolini : « sempre •.

477

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 2315/453. Atene, 18 ottobre 1927 (per. il21).

È venuto a trovarmi stamane in legazione il ministro di Grecia a Belgrado, signor Polychroniades, il quale, come è noto (cfr. mio telegramma n. 355 del 24 agosto) (1), si trovava qui da circa due mesi in congedo, per ragioni politicofamiliari.

Egli mi ha detto di essere stato ricevuto un momento prima in lungo colloquio dal ministro degli affari esteri Michalacopoulos, qui giunto ieri dall'Italia, e di disporsi a ripartire entro i prossimi giorni per raggiungere il suo posto.

Pur avendo dato alla visita carattere di cortesia per commiato, ho compreso come egli avesse con ciò ricercato il modo -quasi certamente d'accordo col proprio ministro -di farmi delle precise dichiarazioni prima della sua imminente partenza.

Mi ha detto in modo esplicito:

l) Che il Michalacopoulos gli aveva descritto • con entusiasmo • (sic) quanto l'Italia aveva fatto per la Grecia a Ginevra, e manifestato la sua gratitudine per V. E. e per S. E. Grandi, ponendogli bene in rilievo i particolari del nostro atteggiamento così favorevole nella questione della votazione per l'ammissione della Grecia al Consiglio della Lega delle Nazioni; ed in quelle del

• Salamis • e del prestito.

2) Che le attuali buone relazioni italo-greche non potevano che intensificarsi nell'interesse comune dei due paesi, e che la constatazione dell'esistenza di tali interessi valeva in pratica forse più che accordi scritti. Che egli peraltro continuava a ritenere convenienti per la Grecia (e, pertanto, a sperare che si potessero presto raggiungere) intese concrete nei riguardi della politica balcanica della quale è evidente non potersi l'Italia disinteressare.

3) Che devesi riconoscere come l'attuale politica italiana in Albania (penetrazione economica ed indipendenza territoriale) rappresenti per la Grecia una condizione di cose più vantaggiosa di quella che sarebbe venuta a determinarsi se alla libera ingerenza ed alle mire jugoslave di conquista sul territorio albanese, non fosse stato posto alcun freno.

4) Che l'atteggiamento assunto dal Michalacopoulos e dal Governo ellenico nei riguardi del patto di Tirana, malgrado le vivissime incitazioni S.C.S. in senso contrario, è conseguenza di tale convinzione.

5) Che la Grecia non desidera e non potrebbe desiderare di far politica espressamente ostile alla Serbia; ma che le convenzioni di Salonicco quali erano state concluse dal Pangalos devono considerarsi ormai definitivamente sepolte a meno di un ritorno di questi al potere, e che • fintanto che lui, Polychroniades, sarà a Belgrado ciò sarà segno che nulla di simile sarà ripreso • (sic).

6) Che l'alleanza politica greco-serba tipo 1912 e 1913 non ha più alcuna ragione di essere per la Grecia e che quindi dev'essere • cosa morta da non farsi risuscitare •.

7) Che sperava assai sinceramente di poter continuare a Belgrado le cordiali, franche ed amichevoli relazioni già sperimentate in passato con S. E. Bodrero e col cav. Petrucd, quale intima ed efficace collaborazione dei [due] paesi in quella capitale.

Mi ha detto tutto quanto precede con enfasi e decisione, in presenza del proprio fratello (l'italofilo professar Polychroniades, persona intelligente e di buon senso, di cui spesso mi valgo per azione di propaganda in questi circoli sociali presso i quali mi consta adoperarsi egli, con vedute larghe, in modo favorevole ai nostri legittimi interessi in Grecia) il quale assisteva alla visita, e lo riferisco all'E. V., perchè, date le speciali circostanze, dovrebbe costituire sintomo delle istruzioni, per lo meno di massima, con cui il mio visitatore ritorna al suo posto.

Per quanto concerne la recente azione degli emissari del comitato macedone, il Polychroniades ha mostrato ritenere che essa non avrà, nelle condizioni del momento, ripercussioni serie per la pace. In quanto ai precedenti tentativi allettatori della Jugoslavia verso la Bulgaria per una intesa o riavvicinamento, ha espresso l'avviso che tale intesa non si verificherebbe.

Intesa che, del resto -ha soggiunto -non dovrebbe dopo tutto essere specialmente paventata dalla Grecia, perchè la costituzione del • fronte slavo del Sud • sarebbe tanto pericoloso per tutti, che dovrebbero allora fatalmente le grandi potenze compatte provvedere a spezzarlo.

(l) T. 5969/355 che non si pubblica: decisione di Michalacopoulos di sottoporre all'esame del parlamento le convenzioni Pangalos.

478

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AGENTE DIPLOMATICO A TANGERI, BASTIANINI

T. GAB. s. 1406. Roma, 19 ottobre 1927, ore 24.

Decifri ella stessa.

Telegramma V. S. n. 52 (1). Occorre rispondere con cortese rifiuto insistenza noto capo, ed evitare ad ogni modo che in codesti ambienti interessati sorgano sospetti circa azione codesta agenzia diplomatica.

479

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. RR. 1412/332. Roma, 20 ottobre 1927, ore 24.

Suo telegramma n. 257 (2).

Non posso aver nulla in contrario a che V. S. faccia opportunamente l'uso proposto delle confidenze ricevute circa il programma francese nei riguardi delle relazioni serbo-bulgare. Lascio poi alla S. V. di giudicare, in base all'esperienza

personale che ella ha dell'assegnamento che può farsi sopra la discrezione dei membri di codesto Governo, se convenga meglio tacere la fonte di tali confidenze. Ciò che ad ogni modo intere::;sa in modo specialissimo è controllare e seguire le disposizioni francesi per quanto concerne la soppressione della milizia mercenaria in Bulgaria, soppressione che come è noto ha già incontrato qualche favore in alcuni circoli britannici. Interessa infatti che, qualora l'occasione dovesse presentarsi di porre seriamente in campo tale questione, non fossimo prevenuti da altri.

(l) -Cfr. n. 470. (2) -Cfr. n. 473.
480

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E ALL'INCARICATO DI AFFARI A LONDRA, ROGERI

T. GAB. PER CORRIERE S. 1418. Roma, 21 ottobre 1927, ore 21.

(Per Colonie). Prego V. E. far pervenire S. E. Gasparini il seguente telegramma, dal quale ella potrà desumere il mio pensiero circa il telegramma del governatore dell'Eritrea comunicatomi col telespresso del 15 ottobre corrente

n. 2406.

(Per Londra). S. E. il governatore dell'Eritrea ha comunicato tramite R. ministero delle colonie quanto segue:

• (13689 -A 6136 e 6137). Al mio telegramma con cui prospettavo minaccia atti ostili da parte inglesi se non venivano ritirate truppe da territorio protettorato e facevo vivissime raccomandazioni togliere ogni motivo a tale reazione, Imam mi risponde con lungo telegramma che riassumo: Imam comincia coll'esprimere sua viva gratitudine per amichevole interessamento Governo italiano nell'attuale situazione, afferma tenere in altissimo conto nostri consigli per una pacifica soluzione dell'incidente, dichiara essere suo desiderio e sua speranza arrivare ad un accordo in via amichevole col Governo inglese. Egli mi rivolge poi preghiera di suggerirgli linea di condotta da seguire nelle attuali contingenze. Il telegramma si dilunga poi in una dimostrazione dei diritti che egli ritiene di avere sul territorio di Aden, per concludere colla consueta affermazione di principio già presentata in tutte discussioni con gli inglesi, della impossibilità di rinunziare a tali diritti. Ho risposto allo Imam che mentre mi riservavo di esaminare possibilità dargli utili suggerimenti nella questione generale dei suoi rapporti cogli inglesi, credevo intanto prospettargli necessità risultasse che nessuna nuova occupazione è stata fatta in questi ultimi tempi dalle truppe yemenite oltre i limiti territoriali esistenti di fatto fra lo Yemen e il Protettorato di Aden. Da quanto precede risulta come anche in questa occasione nostra azione si è svolta conformemente a quei principi di amichevole collaborazione stabilita nelle conversazioni di Roma. Devo però prospettare a V. E. che gli sviluppi di questa situazione, anche perchè da parte inglesi nostro compito non appare facilitato, possono metterei di fronte a complicazioni suscettibili di pregiudicare nostra posizione in Arabia. E su due punti credo necessario richiamare più specialmente attenzione V. E.

34 -Documenti Diplomatici -Serie VII-Vol. V

Primo. La nostra influenza nello Yemen è il risultato a noi favorevole di

una competizione che però esiste ancora vivissima fra le varie potenze che si

interessano a quel paese.

Se l'Imam avesse il dubbio che la nostra influenza anzichè svolgersi nel

l'esclusivo interesse dell'Italia e dello Yemen, si rivolgesse anche a sostenere gli

interessi inglesi quando fossero in contrasto con quelli dello Yemen ne derive

rebbe un non dubbio raffreddamento e forse anche una modificazione nell'orien

tamento ai nostri riguardi. L'Imam poi stenta a comprendere come al nostro

atteggiamento amichevole verso l'Inghilterra non corrisponda un uguale atteg

giamento amichevole degli inglesi nei riguardi delle nostre posizioni nello Yemen,

ciò che potrebbe scuotere il valore che egli ascrive alla nostra amicizia e poichè

presso di lui continuano a brigare altre potenze e specialmente Turchia e Ger

mania, è da temersi che egli finisca per dare ascolto alle loro continue allettanti

profferte.

Credo che questo, oltre a rappresentare per noi un serio pericolo, costi

tuisca anche per l'Inghilterra una previsione non favorevole per la situazione

futura in Arabia. Il telegramma di Anisi pascià, che trasmetto con mio tele

gramma 13701, che è proprio di oggi, lascerebbe supporre un atteggiamento

meno deciso di quello risultante dal mio telegramma 12899 del 27 settembre

ultimo scorso nelle disposizioni dell'Imam verso i tedeschi.

Pertanto, pure avendo presente ogni considerazione di politica generale,

sottopongo a V. E. l'opportunità di subordinare ogni no~tro passo verso l'Imam

alla essenziale necessità di non pregiudicare le nostre posizioni nello Yemen.

Secondo. L'invito rivoltomi dall'Imam di suggerirgli una linea di condotta

nelle attuali contingenze rappresenta indubbiamente una significativa prova di

fiducia. Non mi nascondo però le difficoltà di corrispondervi data la scarsissima

probabilità di trovare una soluzione nei riguardi del confine fra Protettorato e

Yemen che possa riuscire accettabile all'Inghilterra e all'Imam. Da parte nostra

l'unico suggerimento che potremmo dare all'Imam senza andare incontro alle

conseguenze prospettate sul primo punto, sarebbe quello di non turbare lo stato

di fatto nei riguardi del limite territoriale esistente fra Yemen e Protettorato,

sempre che però l'Inghilterra come aveva dichiarato nelle conversazioni di

Roma, rinunziasse per un tempo indeterminato a far valere le sue pretese di

rivendicare i territori occupati precedentemente dall'Imam.

Soltanto così ulteriori trattative potrebbero svolgersi, anche con il nostro appoggio, in una atmosfera che ne possa rendere probabile una pacifica pratica soluzione. Come ho detto più sopra, ho preso tempo a rispondere all'Imam su questa delicatissima questione per potere prima avere su di essa le decisioni di V. E. che pregherei comunicarmi urgenza.

Aggiungo da ultimo che Imam non sembra soverchiamente preoccupato dall'ultimatum inglese e dichiara che soltanto se attaccato provvederà a difendere suo territorio. Sulla situazione di frontiera nessuna nuova notizia, solamente l'Imam mi comunica che sono state bruciate alcune capanne non si sa se dalla

cabilia ribelle o dagli inglesi ».

Ho risposto :

(Per tutti). Telegramma di V. E. n. 13689. La soluzione dei recenti incidenti alla frontiera fra lo Yemen ed il possedimento di Aden sembrami abbia mostrato che da parte del Governo britannico non si intende abbandonare almeno per ora la linea concordata nelle conversazioni di Roma. Delegati britannici infatti affermarono esplicitamente che Governo inglese avrebbe reclamato allo Imam territori occupati nel possedimento ma che non avrebbe ricorso a misure militari se non nel caso che l'Imam continuasse nei suoi sconfinamenti. Essendo ciò recentemente avvenuto (quali che siano stati i motivi che hanno indotto l'Imam a sconfinare) Governo britannico ha inviato noto ultimatum il quale in realtà è risultato non essere stato un pretesto per azioni di maggior portata perchè in seguito al ritiro delle truppe yemenite dal territorio recentemente occupato ed alle assicurazioni date da noi a Londra, ultimatum non ha avuto alcun seguito. Ciò farebbe ritenere che Governo britannico non desidera per ora forzare la situazione nello Yemen. Ma esso naturalmente non vuole e non può permettere anche per evidente questione di prestigio la lenta corrosione del territorio del possedimento da parte dello Imam. Governo italiano non può non riconoscere legittimità di tale linea di condotta inglese e non solo non può certamente sostenere a Londra pretese dello Imam su Aden, ma nemmeno suoi ulteriori e sia pure provvisori sconfinamenti. Bisogna senza equivocazioni far comprendere ciò allo Imam Jahia dimostrandogli come sia pazzesca una sua azione politico-militare in tal senso. Se noi, come facciamo del resto, dobbiamo continuare ad agire a Londra per evitare pressioni sull'Imam e fare comprendere al Governo inglese l'utilità per la stessa Inghilterra del mantenimento e dello sviluppo della nostra

influenza nello Yemen; d'altra parte dobbiamo anche renderei conto che la nostra posizione in Arabia sarebbe compromessa in modo forse irrimediabile da un conflitto armato fra l'impero britannico e lo Yemen. Bisogna quindi a tale scopo non portare soltanto a Londra le nostre lagnanze (che d'altronde in un momento di forte tensione potrebbero anche rimanere sterili) ma agire contemporaneamente sull'Imam per indurlo ad irrigidire la sua attuale frontiera verso il possedimento ed impedire ogni incursione fatta per qualsiasi ragione e pretesto da tribù da lui dipendenti. So che l'azione di V. E. si svolge su tali direttive, e perciò non ho bisogno di raccomandarle di cercare di renderla sempre più efficace. I nostri consigli di moderazione nei riguardi dei territori inglesi corrispondono interessi Imam molto più che il persistere nell'attuale momento in impossibili rivendicazioni in tale direzione gli toglierebbe ogni libertà di movimenti nella penisola arabica, e metterebbe a repentaglio il suo stato che va ora riorganizzandosi e che mercè nostra attiva e vigile collaborazione potrà costituirsi in stato moderno ed avere quindi maggiore peso nelle relazioni internazionali. Nè Germania né Turchia del resto potrebbero dar consigli e specialmente efficaci aiuti per una diversa azione; solo incitamenti per provocare conflitto armato potrebbero venire all'Imam da parte bolscevica ma certo non nell'interesse dello Yemen. Circa competizione altre potenze per acquistare influenza Sanaa R. Governo se ne rende ben conto e non tralascia occasione di farla presente a Londra per mostrare utilità nostra azione e convenienza per Inghilterra di !asciarla sviluppare, ma Imam Jahia da parte sua ha già avuto molte prove del vantaggio affidarsi

nostra collaborazione e dovrebbe ormai essere in grado comprendere come essa più che quella di qualsiasi altra potenza possa essergli utile in avvenire.

V. E. potrà dunque in base a quanto precede regolarsi per le comunicazioni da fare a Sanaa. Non mi nascondo i pericoli che si possono presentare e la delicatezza che occorre apportare nella nostra azione presso l'Imam per evitare che in lui sorga il sospetto che da parte nostra si voglia sostenere interessi inglesi, ma sta proprio in questo la difficoltà della politica che andiamo svolgendo b Arabia e che noi abbiamo affrontata con piena coscienza della sua gravità sperando di portarla in un sicuro consolidamento. Dopo avere felicemente messo il piede sull'altra sponda del mar Rosso, occorre cercare di mantenerlo. Siamo quindi ora passati alla seconda fase della nostra azione, fase che presenta forse maggiori difficoltà che la prima e richiede in maggior grado oculatezza e prudenza. V. E. la cui opera si è svolta finora in modo così intelligente ed efficace sulle direttive del Governo Nazionale ed ha portato tanto vantaggio alla politica di quest'ultimo, si trova quindi ora di fronte ad un compito arduo che ho fiducia ella assolverà in maniera ugualmente vantaggiosa. Per aiutarla il R. Governo non mancherà di svolgere contemporaneamente ogni più efficace azione a Londra, ma, come ella del resto ben riconosce, occorre tener conto delle necessità di politica generale alle quali in definitiva va subordinata ogni nostra azione locale che ha come suoi naturali limiti appunto le dette necessità. La chiara visione di questi limiti dovrà servire appunto ad evitare che la nostra opera fallisca per averli oltrepassati.

481

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2318/812. Belgrado, 21 ottobre 1927, ore 23,50 (per. ore 3 dei 22).

Mio telegramma 801 (1).

Da persona autorevolissima che riferiva un discorso del sovrano ho appreso che il signor Marinkovic aveva in questi giorni proposto al Quai d'Orsay la soluzione entro tre mesi della questione del debito anteguerra, previa la immediata firma di un patto franco-jugoslavo. Il Quai d'Orsay avrebbe risposto che il patto non sarebbe stato firmato se non fosse stata prima regolata la questione del debito e dava come tempo un mese. Intanto mi risulta in modo indubbio che questo ministro di Francia ha chiesto al ministro degli Stati Uniti di unirsi a

lui nella pressione su Marinkovic per affrettare la definizione di tale questione, essendo interesse anch8 degli americani. Questo ministro Stati Uniti ha risposto trattarsi di due prestiti solo per una somma di poche centinaia di dollari e che non credeva quindi unirsi all'azione del ministro di Francia anche perchè non aveva istruzioni in proposito dal suo Governo.

(l) Cfr. n. 471.

482

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GASPARINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

N. 14312 RR. Asmara, 22 ottobre 1927.

Ho già riferito a V. E. con un pro-memoria in data 23 luglio u. s. dell'importanza assunta dalla missione di Monsignor Lépicier in Eritrea. Un fatto nuovo, venuto a mia conoscenza in questi giorni, mi induce a ritornare sull'argomento.

Già nei miei colloqui avuti all'Asmara con Monsignor Lépicier avevo potuto comprendere come nella mente dell'insigne prelato si fosse formato il convincimento che non solo in Eritrea, ma anche in Etiopia, l'azione religiosa della Chiesa di Roma potesse assumere più ampi sviluppi e maggiore portata, e come si rendesse necessario a tal fine integrare l'opera delle esistenti missioni, con nuovi elementi e nuovi mezzi adeguati allo scopo da raggiungere.

Durante la mia permanenza in Italia, avendo avuto occasione d'incontrarmi col Cardinale Bonzano, ho avuto l'impressione che la Santa Sede s'interessasse direttamente della questione e stesse vagliando i risultati della missione Lépicier per concretare quelle provvidenze che meglio potessero rispondere alle esigenze politico-religiose di un'intensificazione dell'azione cattolica in questa parte dell'Africa.

Delle conseguenze di tale esame ho avuto in questi giorni una conoscenza indiretta, secondo l'uso della diplomazia vaticana, attraverso le parole riferìtemi da un mio funzionario, il prof. Brunetti, di ritorno dalla licenza.

Il prof. Brunetti, che, per il fatto di avere un fratello gesuita, ha numerose conoscenze in quell'ambiente, è stato intrattenuto dal padre gesuita Camillo Beccari -il quale, come ha dichiarato, parlava per incarico del Cardinale Sincero -su un'idea che il Vaticano gradirebbe realizzare per approfondire ed estendere l'influenza della Chiesa di Roma nell'Africa Orientale. L'idea consisterebbe nel creare all'Asmara un grande seminario, che potesse raccogliere tutti gli allievi indigeni di una zona che comprendesse la Somalia italiana, inglese e francese, l'Etiopia e l'Eritrea. Dato che per reggere un'istituzione di questa portata i cappuccini della Missione eritrea non avrebbero elementi sufficienti ed adatti, verrebbero inviati per l'esercizio del Seminario alcuni missionari della Consolata, lasciando al proprio posto i francescani attuali, che continuerebbero come ora a sYolgere la propria attività missionaria entro i limiti della Colonia.

Il padre Beccari ha pregato il prof. Brunetti di parlarmi della progettata iniziativa, per conoscere se ad essa fossi in principio favorevole, prima di iniziare le trattative sia ufficiose che ufficiali necessarie a portarla a compimento. Nel riferirne a V. E. non nascondo che l'idea mi sembra oltre che praticamente attuabile, molto utile ai fini perseguiti dalla nostra politica in armonia coll'opera religiosa delle nostre Missioni.

È infatti innegabile che il raccogliere in una colonia tutti quegli elementi che poi dovrebbero diffondere in Etiopia (' nelle colonie straniere viciniori il verbo della Chiesa Romana, rappresenterebbe fra queste popolazioni un notevolissimo aumento di prestigio per l'Italia.

In un seminario di così grande importanza, retto da missionari di provata italianità, quali quelli della Consolata, dove l'istruzione dovrebbe essere necessariamente impartita in lingua italiana, verrebbero a crear[si] direttamente e indirettamente delle correnti favorevoli a quella attività civilizzatrice che mira a consolidare nelle terre dell'Impero etiopico la nostra influenza locale, dalla quale il nostro paese può ritrarre utili risultati sia nel campo politico che economico. E tanto più cospicua diverrebb'i! questa influenza se, come non è da escludersi, la Chiesa Cattolica trovasse m.I futuro la possibilità di una maggiore affermazione fra le genti cristiane di rito copto. Per intanto l'iniziativa in questione sarebbe utilissima per neutralizzare in Abissinia il pregiudizio che ci arreca l'attività di altre missioni, sia protestanti che cattoliche, di nazionalità straniere, la quale attività si svolge per necessità di cc>3e in modo non favorevole alla nostra influenza e al nostro pi'estigio.

Vi è poi un altro aspetto della questione che deve essere considerato. A V. E. è noto di quanta utilità sarebbe un istituto di coltura che potesse raccogliere all'Asmara i figli dei Capi etiopici e i migliori elementi destinati ad esercitare nel proprio paese delle funzioni direttive. Sono pure note le difficoltà, sopratutto di carattere politico oltre che finanziario, che ci hanno impedito di affrontare questo problema e risolverlo radicalmente, non avendo potuto far altro in questo campo che inviare qualche giovane abissino negli istituti del Regno, con risultati non del tutto soddisfacenti. Se nel Seminario dell'Asmara potessero essere ammessi, come del resto si pratica anche negli altri seminari, dei giovani non destinati alla carriera ecclesiastica, il problema troverebbe la migliore dell• soluzioni, dato che i capi abissini preferirebbero usufruire di un istituto confessionale piuttosto che d'un istituto in cui l'ingerenza del Governo italiano apparisse in una forma troppo diretta.

Per queste considerazioni mi onoro di sottoporre all'esame di V. E. la opportunità di appoggiare l'iniziativa che, secondo quanto mi viene riferito, sarebbe in animo della Santa Sede di prospettare al Governo.

483

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA (l)

T. 5843. Roma, 24 ottobre 1927, 01·e 16.

Questa ambasciata britannica ha comunicato che date tergiversazioni Governo etiopico inviare delegato proposta conferenza a quattro per controllo importazione armi in Abissinia e prevedendo inutilità ulteriori insistenze, Governo britannico ha fatto opportuni passi Parigi per indurre Governo francese aderire proposta originale italiana per riunione a tre, ricordando grande interesse britannico regolare sollecitamente questione e scarsi affidamenti dati da codesto Governo di mantenere impegni nell'eventualità ratifica convenzione

Ginevra. Essendo funzionario inglese che dovrebbe partecipare lavori impegnato dopo 5 novembre, Governo britannico insisteva per riunione almeno preparatoria entro corrente settimana per scambiare vedute su principali problemi e decidere materiale necessario per una più dettagliata riunione fine dicembre o primi gennaio. R. Governo ha risposto essere pronto inviare subito Parigi suoi delegati, ma secondo quanto comunica ora questa ambasciata britannica, Governo francese non avrebbe aderito riunione proposta rimanendo ancora in attesa esito nuovi passi costì per indurre Ras Tafari inviare suo delegato conferenza.

Prego V. S. voler cautamente indagare se vi siano possibilità modificazione atteggiamento assunto da codesto Governo circa sua non partecipazione conferenza e riferire. Per sua personale conoscenza aggiungo che R. Governo non ha potuto naturalmente esimersi dall'aderire all'iniziativa inglese, anche per la forma in cui era fatta, ma è sempre del parere che sia preferibile aggiornare riunione a quattro.

(l) Il telegramma fu trasmesso anche al ministero delle Colonie e alle ambasciate a Londra e Parigi.

484

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2329/372. Bucarest, 24 ottobre 1927, ore 12,30 (per. ore 16,35).

Con Titulescu, giunto 19 corrente da San Remo ove soggiornò tre settimane, ho avuto ieri lunga conversazione sulla quale riferirò più dettagliatamente dopo che mi [sarò] incontra[to] con presidente del consiglio che, in seguito desiderio da lui già ripetutamente espressomene per vie indirette, andrò a vedere fra qualche giorno.

Del colloquio con Titulescu mi limito riferire oggi argomento più urgente su cui egli ritornò di sua iniziativa; e cioè sua prossima eventuale visita a Roma. Egli mi disse che ne avrebbe voluto accennare a Grandi ed a Scialoja a Ginevra ma che Grandi si sottrasse a sue ripetute domande di un colloquio e lo stesso ad un dipresso fece Scialoja. Malgrado ciò e malgrado dispiacere causatogli da nostra attitudine nel dibattito optanti egli volle recarsi subito dopo a San Remo anzichè a Nizza per marcare sua viva insopprimibile simpatia per il nostro paese e per sua popolazione.

Da San Remo avrebbe voluto tastare terreno per visita a V. E. a Roma ma se ne è astenuto mancandogli tramite di fiducia. Egli potrebbe passare a Roma nell'ultima settimana novembre prima di recarsi Ginevra per sessione consiglio Società Nazioni.

Dopo sessione stessa egli si recherà a Parigi e a Londra; ma vorrebbe cominciare da Roma.

Per non entrare troppo in merito mi astenni dal chiedere se e quali scopi precisi egli si proponeva venendo a Roma: mi parve ad ogni modo che nel complesso egli fosse veramente animato da buona ferma volontà di fare tutto il possibile per chiarire e dissipare qualsiasi causa di nostro malumore nei riguardi della Romania.

Il presente telegramma continua col numero successivo.

485

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2330/373. Bucarest, 24 ottobre 1927, ore 15,40 (per. ore 18,25).

Seguito al numero precedente.

Feci osservare però a Titulescu che se eventuale visita avesse luogo prima della sessione Ginevra di dicembre sarebbe difficile evitare impressione, anche se tale non fosse in realtà, che egli va a Roma unicamente e sopratutto per cercare di modificare nostra attitudine nella questione optanti. Egli mi rispose che tale non sarebbe effettivamente sua intenzione, ma che si rende conto di tale difficoltà. Osservò d'altra parte che, se nostra attitudine nella prossima sessione ginevrina rimanesse sostanzialmente avversa alla Romania, gli sarebbe difficile giustificare davanti opinione pubblica romena, sua visita Roma subito dopo sessione medesima. Ho avuto cura di dare a tutta questa conversazione un carattere strettamente personale, in modo da non impegnare per nulla libertà di decisioni di V. E. Poichè non potrò ritardare mio colloquio con presidente del consiglio oltre fine questa settimana, prego V. E. telegrafarmi istruzioni per mia norma di linguaggio circa eventualità visita Titulescu a Roma. È stata qui largamente discussa e commentata intervista Bratianu pubblicata sul Giornale d'Italia 15 corrente. Essa ha causato anche una certa sorpresa, per tono di calda ed insolita cordialità usata nei nostri riguardi dal presidente del consiglio, e sopratutto per accenno abbastanza esplicito a comunanza di interessi italo-romeni, in vista della possibilità di ricostituzione di un blocco slavo nell'Europa orientale e nei Balcani. È probabile che presidente del consiglio, parlandomi, ripeterà, forse con maggior precisione ed insistenza, cose dette nell'intervista sulla situazione attuale dei rapporti italo-romeni e possibilità di svilupparli in linea di politica e fatto compiuto [sic]. Anche su questo argomento, d'ordine più generale, prego telegrafarmi se vi sia qualche speciale considerazione che V. E. desideri che io faccia presente, in suo nome, a Bratianu.

486

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. Budapest, 24 ottobre 1927.

Lors de ma visite à Rome, V. E. a eu l'amabilité de consentir sur ma proposition à ce qu'une commission, composée de fonctionnaires de l'Etat hongrois, eiìt l'occasion d'étudier à Rome les institutions et les réformes réalisées depuis l'avènement du fascisme.

Cette commission, présidée par le baron Pronay, sous secrétaire d'Etat, se rend maintenant à Rome et je me réjouis de pouvoir profiter de l'occasion pour remercier V. E. de la sollicitude pleine de sympathie qu'Elle a témoigné à la Hongrie en lui ouvrant la possibilité de voir de près ce travail d'un élan extraor

dinaire auquel l'Italie de nos jours doit sa renaissance et en lui permettant de

méditer sur les enseignements de cette étude pour y puiser des idées susceptibles

de réalisation dans l'organisme de l'Etat hongrois.

J'y vois une garantie nouvelle de cette amitié séculaire dont les racines

plongent dans les ames italienne et hongroise, si près l'une de l'autre par la

nature, qui s'est raffermie au cours de l'histoire et par le développement paral

lèle de la civilisation des deux peuples et qui, avec l'aide de Dieu, manifestera

peut-ètre ses effets bienfaisants à l'avenir.

J'ai le sentiment qu'il manquerait quelque chose à cette lettre si je n'exprimais pas à V. E. mes chaleureux remerciements pour l'appui aussi bienveillant qu'efficace que la délégation italienne ne cessait de prèter à la cause hongroise au cours de la dernière session de la Société des Nations à Genève, à propos du différend roumano-hongrois portant sur les procès agraires. Plus une nation se heurte à l'indifférence et à l'hostilité, plus elle nourrit dans son creur un sentiment de reconnaissance envers ceux qui, aux jours de l'adversité, lui tendent une main secourable avec bonne grace et amitié.

J'ai appris avec un plaisir extrème la nouvelle de l'heureuse naissance d'un fils dans la famille de V. E. A cette occasion, je Lui présente mes meilleurs vreux et souhaits, un peu tardifs, il est vrai, mais venant non moins du creur.

487

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A PARIGI, MANZONI, AI CONSOLI A STRASBURGO, FIANDACA, E A METZ, GIORDANO

T. (P.R.) 7996. Roma, 26 ottobre 1927, ore 23,55.

Prego V. E. (V. S.) inviare d'ora innanzi con rapporti separati, indipendentemente da invii per rassegna stampa estera, articoli codesta stampa riguardanti questione alsaziana. V. E. (V. S.) vorrà seguire ogni diligenza manifestazioni movimento autonomista segnalando con la maggiore frequenza qualsiasi nuovo aspetto del problema e andamento opinione pubblica nei suoi riguardi.

488

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. GAB. (P.R.) RR. 401/391. Roma, 26 ottobre 1927, ore 24.

Viene riferito che noto Salvemini si proporrebbe organizzare a Colonia fuori o dentro recinto esposizione internazionale stampa mostra per suo conto.

Occorre pel momento assumere precise informazioni perchè ove notizia fosse confermata, tolleranza codesto Governo verso noto fuoruscito e detrattore suo paese d'origine e Governo nazionale sarebbe assolutamente inammissibile. Governo italiano dovrebbe riesaminare possibilità sua partecipazione esposizione stampa Colonia di fronte certa reazione opinione pubblica italiana.

489

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AI MINISTRI DELLE FINANZE, VOLPI, DELL'ECONOMIA NAZIONALE, BELLUZZO, DELLE COMUNICAZIONI, CIANO, DELLA GIUSTIZIA, ROCCO, AI SOTTOSEGRETARI ALLE CORPORAZIONI, BOTTAI, ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO, SUARDO, AL SEGRETARIO GENERALE DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA, TURATI, AL GENERALE BAZAN (1), E AGLI ONOREVOLI ROSSONI E GRAY

L. 3889. Roma, 26 ottobTe 1927.

Negli ultimi giorni di ottobre (probabilmente il 27 o il 28) giungerà a Roma una Commissione di funzionari ungheresi, che, presieduti dal Sottosegretario alla Presidenza Barone Giorgio Pronay, verranno fra noi per studiare le istituzioni e le riforme fasciste più notevoli.

È certamente inutile che io richiami la tua attenzione sulla non comune importanza di tale missione. È la prima volta, infatti, che un Governo estero invia ufficialmente una commissione di suoi funzionari a studiare ciò che il Fascismo ha rinnovato ed ha creato in Italia ed è quindi la prima volta che formalmente ed ufficialmente viene da un paese straniero un così netto riconoscimento del valore che la rivoluzione fascista ha nel mondo come guida e come insegnamento. Il fatto è ricco di significato e i suoi echi ed i suoi contraccolpi possono essere assai vasti e di non trascurabile importanza.

La missione ungherese si presenterà a te per avere notizie e schiarimenti. Ed io, per incarico di S. E. il Capo del Governo, ti rivolgo viva preghiera perchè tu voglia, accogliendola con la tua consueta cortesia, dedicarle un po' del tuo tempo, esserle largo di informazioni e amichevolmente guidarla affinchè possa adeguatamente valutare ed apprezzare quanto il Fascismo ha fatto nel campo che è di tua competenza.

490

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 2363/2729. Budapest, 26 ottobTe 1927 (peT. il 30).

Nel corso di questo ultimo mese ho dedicato particolare cura allo studio delle relazioni fra Ungheria e Germania.

Ho anche riferito a V. E. di alcune manifestazioni che mi sono sembrate

degne di qualche rilievo in questi ultimi tempi: telegramma posta n. 2551/844

A 2 del l o ottobre, telegramma per corriere 2560 A l del 4 ottobre; t. p.

n. -2562/850 A l del 4 ottobre, telegramma per corriere n. 2615 A l del 10 ottobre, t. p. n. 2636/877 A 1 del 18 ottobre, t. p. n. 2638/879 A 2 del 18 ottobre, t. -p. n. 2639/880 A l del 18 ottobre.

Credo di aver raccolto sufficienti elementi per fare ora a V. E. una relazione approssimativamente precisa.

Per quanto concerne l'opinione pubblica effettivamente vi è della simpatia giustificata dalla guerra combattuta insieme, dall'aiuto decisivo prestato dall'esercito tedesco nel 1915 quando le armate russe stavano per invadere la pianura ungherese, dall'abitudine dovuta a tanti anni di dominazione austriaca che permise la penetrazione nel paese della cultura e dello spirito tedesco, da una certa analogia di situazioni create in ambedue i paesi dalla guerra perduta, dalla speranza di profittare di un'eventuale azione tedesca tendente a mitigare le conseguenze dei trattati di pace, infine dal rispetto ingenito che l'ungherese 1ha per tutto ciò che significa autorità e forza.

Negli ar:-:bienti militari la simpatia è naturalmente molto diffusa poichè Germania ha sempre significato militarismo. E questa simpatia è stata alimentata dai continui contatti mantenuti nel periodo post-bellico per accordarsi sulla maniera di eludere le clausole dei trattati di pace, dallo scambio di ufficiali fra i due stati maggiori e dall'invio continuato di ufficiali ungheresi per lo studio delle condizioni interne del Reich.

La stampa naturalmente rispecchia questo stato d'animo e non è mai accaduto, che io ricordi, che giornali ungheresi serii abbiano attaccato la Germania. Ogni occasione è stata buona, al contrario, per esaltarne le virtù e per proclamare l'ingiustizia delle condizioni impostele dopo la guerra.

Elemento discordante è rappresentato dalla questione delle minoranze tedesche in Ungheria, per la quali il Governo del Reich chiede continue speciali concessioni. E queste richieste non sono minimamente giustificate, come mi diceva lo stesso conte Klebelsberg (in altri tempi anche lui germanofilo ed ora decisamente orientato verso il nostro paese) poichè il Governo di Budapest ha interesse a fare alle minoranze un trattamento molto liberale. Questa infatti è una delle armi di cui si serve l'Ungheria per elevare protesta contro le vessazioni di cui sono oggetto le minoranze magiare negli stati limitrofi.

Negli ambienti politici ho notato varie correnti, che vanno dalla germanofobia dichiarata alla germanofilia ad oltranza. La prima ha origine dal famoso pericolo del germanesimo in marcia verso il sud, la seconda (probabilmente più forte) dalle ragioni sopra riportate e da altre di carattere pratico che espongo qui di seguito.

Già da vario tempo avevo rilevato che poco o nessun timore suscitavano negli ambienti politici responsabili i rumori sollevati a più riprese a proposito dell'Anschluss. Ciò è dovuto alla convinzione generalmente diffusa che una eventuale unione dell'Austria alla Germania costituirebbe una buona ragione per riavere i territori dell'Ungheria occidentale, oggi austriaci. Di contro a questo vantaggio stanno però le non lievi conseguenze di un confine comune con la Germania che, fatto il primo importante passo verso il sud, graverebbe con tutto il suo peso sull'Ungheria.

Di questo pericolo, credo, gli ungheresi si rendono conto, ma esso è considerato un minor male rispetto alla pressione soffocante esercitata dalla Piccola Intesa. La Germania, in tal caso, costituirebbe anzi un elemento di equilibrio. Oltre a ciò, la maggiore dipendenza dell'Ungheria dalla Germania, nell'eventualità dell'Anschluss, non è considerata con pessimismo poichè il paese verrebbe a far parte di un sistema politico economico importantissimo, rispettato

e temuto.

Ora sono venuto a conoscenza che la concezione politica del conte Bethlen

in questo campo tende a concretarsi in un vero programma. Il presidente del

consiglio, seguendo la solita politica strettamente utilitarista, penserebbe che

per assicurare all'Ungheria i mezzi più idonei al recupero dei territori perduti,

non basta il solo appoggio dell'Italia ma occorre anche quello della Germania.

Perciò egli sarebbe fautore di un riavvicinamento ungherese alla Germania,

che dovrebbe avvenire contemporaneamente ad un riavvicinamento italo-tede

sco. L'intesa italo-ungaro-tedesca dovrebbe realizzarsi prima nel campo econo

mico e poi produrre i suoi effetti in quello politico.

Ne deduco come logica conseguenza che, nella concezione di Bethlen,

l'Anschluss costituirebbe in questo giuoco politico un centro di attrazione e non

una causa di disgregazione. L'Austria sarebbe il punto di sutura di un T im

menso che, distendendo le sue braccia fra il Mar del Nord ed il Mediterraneo

e seguendo il corso del Danubio, separerebbe l'Oriente dall'Occidente e gli slavi

del nord da quelli del sud.

Mi è sembrato capire che i temuti attriti fra Italia e Germania nella even

tualità che le due nazioni venissero ad avere frontiere comuni, potrebbero eli

minarsi con uno scambio delle popolazioni allogene dei territori contigui e,

forse, con un patto di garanzia delle frontiere.

Questo non sarebbe un piano appena abbozzato, ma una linea di condotta

politica già in azione. Agente di tale idea è per ora il barone Sztereny (di cui

allego il curriculum vitae) (l) il quale si recherà la settimana prossima a Berlino

per sistemare alcune questioni finanziarie e coglierà l'occasione per intrattenere

Stresemann sulle idee di Bethlen. Del resto mi è risultato che dei « pourparlers »

in merito erano già avvenuti precedentemente con uomini del mondo politico

e finanziario tedesco. So anche che, alla prima occasione, Sztereny intende fare

delle dichiarazioni su questo argomento in sede di commissione per gli affari

esteri della camera alta (della quale è autorevole membro) dove incontrerebbe

un'eco favorevole.

A me ufficialmente non è stata mai fatta parola di quanto sopra; il signor

Walko anzi, con la sua reticenza (mio telegramma per corriere n. 2615 A l del

10 ottobre) (2), aumentò i sospetti che io nutrivo da qualche tempo a questa parte.

Anche i deputati italofili più convinti, come l'onorevole Bogya, sono completa

mente all'oscuro delle idee di Bethlen al riguardo.

(l) Al generale Bazan la lettera venne scritta col Lei.

491

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1440/667. Roma, 28 ottobre 1927, ore 24.

Nell'ultima parte del telegramma n. 40 dell'8 gennaio scorso il barone A1oisi mi comunicava che codesto Governo gli aveva fatto conoscere, per mezzo di Gemi! Dino, che esso non poteva che gradire tutti i contatti certamente utili

agli scopi dello stesso Governo albanese che questo ministero avrebbe potuto procurarsi per il bene della causa comune.

Da allora questo concetto ha avuto come V. S. conosce ogni possibile sviluppo. Considerati i pericoli che la situazione del signor Ahmed Zogu poteva presentare non tanto per la forza intrinseca dei fuorusciti quanto per quella che l'azione jugoslava poteva acquistare masche1·andosi sotto quella dei fuorusciti, il Governo fascista ha creduto necessario di impedire anzitutto i contatti tra profughi albanesi e Governo jugoslavo per far seguire poi a questa azione negativa una vera e propria azione positiva di accostamento dei profughi alla politica dell'Italia e quindi a quella del signor Ahmed Zogu. Era sembrato da principio che il rigore stesso delle nostre misure avesse portato come conseguenza diretta una reazione dei profughi a favore della Jugoslavia; ed infatti non furono pochi i casi di gente che, anche con mezzi clandestini, abbandonò il suolo italiano per trovare asilo in quello jugoslavo. Ma, come suole sempre avvenire, la collaborazione jugoslava che sembrava così attraente ai fuorusciti albanesi quando guardata da lontano, dovette rivelarsi dura, egoistica e diretta a fini non certo conformi ad un ideale di indipendenza albanese; mentre la perduta collaborazione italiana cominciava a mostrarsi certo più desiderabile. Di questo momento di resipiscenza ha profittato il Governo italiano per incanalare, nei punti di più facile penetrazione, un'azione persuasiva e di allettamento che ha dato frutti rapidissimi. La condizione prima ed assoluta che è stata lealmente posta innanzi di prendere contatto con qualsiasi esponente albanese è stata quella che tale contatto non doveva autorizzare neppure lontanamente la illazione che il R. Governo apportasse una rinunzia o menomazione anche minima al suo appoggio ad Ahmed Zogu per venire a patti coi profughi; e che erano invece i profughi che venivano a patti con l'Italia come sostenitrice di Zogu.

La irreducibile animosità contro la Jugoslavia di alcuni profughi di Kossovo; la constatazione dell'accresciuto prestigio ed assicurata sicurezza dell'Albania in seguito alla garanzia offerta dall'Italia col patto di Tirana; l'atteggiamento di forza e poi di generosità assunto da S. E. Ahmed Zogu hanno condotto alcuni gruppi, fra i maggiori, di fuorusciti albanesi a rivedere la propria posizione ed a fare atto di solidarietà con l'Italia, la quale, per il migliore esito della sua azione, non ha voluto imporre che tale solidarietà si manifestasse in clamorosi atteggiamenti che avrebbero attirato forse il biasimo di altri gruppi ed avrebbero impedito di allargare gli accordi; mentre avrebbero messo in guardia la Jugoslavia costringendola a cercare nuove forme di intrighi abbandonando alcune pedine sulle quali invece essa si illude di potere ancora contare.

Il complesso di questi risultati permette di considerare con fiducia sempre maggiore la situazione interna ed esterna del signor Ahmed Zogu e sono lieto di potergli comunicare tali miei apprezzamenti in una occasione che dimostra ancora una volta il grandissimo interessamento del Governo fascista verso la persona di lui e l'ordine di cose da lui costituito in Albania. Nel comunicare al signor Ahmed Zogu quanto precede è bene che V. S. gli dia anche un'idea dei gravi sacrifici che il R. Governo ha dovuto affrontare a questo scopo. Tutti

gruppi a contatto con noi sono, individuo per individuo, nella materiale impossibilità di procurarsi in paese estero ogni mezzo di sussistenza e sono praticamente a carico del R. erario.

Il Governo albanese che troppe volte sorvola sui benefici ricevuti per considerare solo quelli da ricevere non deve più oltre ignorare come il Governo italiano abbia spiegato anche in questo argomento una sollecitudine che lo sostituisce quasi al più diretto interessato nell'assicurare la tranquillità e la solidarietà del regime esistente in Albania. Ed al signor Ahmed Zogu riuscirà più significativo di apprendere ciò in questo momento in cui la stampa di molti paesi cerca di creare pretesti di diffidenza tra i due Governi.

(l) Manca.

(2) Allude con ogni probabilità "l t. 7450 del 10 ottobre, per. il 16, che non si pubblica: · convers,Eione ccn Walko sull'Anschluss.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS

T. GAB. s. 1443/325. Roma, 28 ottobre 1927, ore 24.

In una conversazione avuta il 24 ottobre (l) con il R. Ministro a Bucarest il signor Titulescu ha detto che malgrado il disappunto provato per l'atteggiamento dell'Italia a Ginevra nella questione degli optanti egli avrebbe voluto recarsi a Roma per vedermi durante il breve soggiorno recentemente da lui fatto a San Remo dopo la sessione della Società delle Nazioni. Ha affermato di non avere potuto sondare il terreno per tale visita essendogli mancato un tramitr: di fiducia ed ha aggiunto che sarebbe suo desiderio venire a Roma nell'ultima settimana di novembre prima di recarsi a Ginevra per la riunione della Società delle Nazioni.

Il R. ministro ha fatto osservare in via strettamente personale che se la visita avesse luogo prima della sessione di Ginevra sarebbe difficile evitare l'impressione che precipuo scopo di essa fosse tentativo modificare nostra attitudine nella questione degli optanti.

Il signor Titulescu rispose che tale non sarebbe effettivamente sua intenzione ma osservò d'altra parte che se la nostra attitudine nella prossima sessione ginevrina rimanesse sostanzialmente avversa alla Romania gli sarebbe difficile giustificare davanti alla opinione pubblica romena la sua visita a Roma dopo la sessione medesima.

Da questo colloquio apparirebbe che in realtà il desiderio del signor Titulescu di recarsi a Roma non è determinato unicamente dalla questione degli optanti ma piuttosto in generale dalle preoccupazioni che ha destato nel Governo romeno lo sviluppo sempre maggiore dei nostri rapporti coll'Ungheria e sopratutto dalla convenienza per esso Governo nella delicata situazione interna ed internazionale in cui esso si trova di migliorare i rapporti coll'Italia della cui freddezza esso deve sentire tutta la colpevole responsabilità.

In tali condizioni non credo opportuno nè utile lasciar cadere il desiderio del signor Titulescu ed impartisco quindi istruzioni al R. ministro a Bucarest di fargli conoscere che la sua visita potrà effettuarsi all'epoca indicata (2). Ri

:ll La conversazione avvenne il 23. Cfr. nn. 484, 485.

tengo però conveniente che V. S. informi immediatamente di quanto precede il conte Bethlen in via assolutamente personale e riservata. V. S. aggiungerà che ha avuto espresso e diretto incarico da parte mia di fargli conoscere anzitutto che la visita del signor Titulescu non potrà avere alcuna influenza sull'atteggiamento del Governo italiano nella questione degli optanti e tanto meno sulle direttive politiche generali del R. Governo verso l'Ungheria. Ho fiducia nella saggezza politica del conte Bethlen e degli ambienti ungheresi per credere che la visita in questione non si presterà in Ungheria ad interpretazioni equivoche e sospettose del genere di quelle cui dà luogo in Romania ogni manifestazione delle amichevoli relazioni itala-ungheresi. Ma ad ogni modo sarà bene richiamare l'attenzione del conte Bethlen sulla convenienza di ispirare misuratamente ed accortamente codesta pubblica opinione e codesta stampa per evitare che abbiano incautamente a prestarsi al giuoco di terzi interessati. V. S. aggiungerà pure che se i rapporti itala-romeni potranno avviarsi gradatamente verso un miglioramento sostanziale, ciò senza dubbio riuscirà vantaggioso alla stessa Ungheria. Al conte Bethlen è noto tutto il mio pensiero in proposito e come sia nel mio intendimento di cooperare appunto nei limiti della possibilità al riavvicinamento ungaro-romeno, ciò che potrebbe soltanto realizzarsi sotto gli auspici di un'Italia che fosse in rapporti realmente chiari ed amichevoli con la Romania.

Comunicazioni in questo senso ho già fatto fare a questo ministro di Ungheria che mi riservo di vedere al più presto per ascoltare da lui personalmente quanto il conte Bethlen lo ha incaricato di dirmi circa la questione degli optanti. Fin d'ora però Ella può assicurare il conte Bethlen che farò tutto il possibile per tener conto dei suoi desideri.

(2) Cfr. n. 493.

493

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. 1444/391. Roma, 28 ottobre 1927, ore 24.

Suo telegramma 373 segreto (1). A prescindere da quelli che possano essere i reali obbiettivi del signor Titulescu trovo significativo che insolita cordialità verso di noi da parte stesso Titulescu e del signor Bratianu coincida con imminente ripresa questione optanti Ginevra e con attuali difficoltà Romania.

Comunque V. S. senza affatto accennare alla predetta questione e senza neanche entrare in discussioni particolari circa lo stato attuale dei rapporti italo-romeni per i quali non è davvero da parte nostra che occorre un chiarimento come signor Titulescu ebbe già ad accennare potrà far conoscere a quest'ultimo che accogliendo il suo desiderio, sarò lieto vederlo a Roma nell'epoca da lui indicata.

(l) Cfr. n. 485.

494

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2352/822. Belgrado, 29 ottobre 1927, ore 23 (per. ore 1,05 del 30).

Mi risulta che questo direttore generale degli affari politici al ministero degli affari esteri, signor Jovanovich, avrebbe detto a vari diplomatici che Ahmed Zogu comincia a mostrarsi poco soddisfatto della sua politica di amicizia con l'Italia e che in ciò verrebbe indotto dal grave malcontento delle popolazioni sopratutto del nord dell'Albania. La situazione è stata aggravata dall'uccisione di Zena bey, che dalle popolazioni della regione Giacova e della parte occidentale dell'Albania verrebbe attribuita ad Ahmed Zogu.

Contemporaneamente i giornali locali pubblicano notizie dall'Albania che riproducono fedelmente le dichiarazioni dello Jovanovich. Il che lascia supporre intenzione da parte jugoslava di preparare l'opinione pubblica per lo scoppio di una sommossa interna già da lunga mano preparata, servendosi di Alì Klissura (vedi miei telegrammi precedenti) o che per lo meno si cerchi, seguendo il solito invariato sistema, di fare opera di discordia spargendo tali voci fra gli albanesi.

D'altra fonte, esatte notizie confermano che questi circoli governativi non possono darsi pace per vedersi sfuggire i migliori fra i profughi albanesi e che il più dolente per ciò è il predetto signor Jovanovich, il quale cerca tutti i modi per riallacciare relazioni con i predetti. A tale ordine di idee ed ai preparativi per un'eventuale sommossa può essere attribuito l'arrivo a Belgrado di Alì Klissura da Vienna. Egli ha avuto, non appena arrivato, un lungo colloquio con questo ministro affari esteri.

495

IL VICESEGRETARIO GENERALE DEI FASCI ITALIANI ALL'ESTERO, FREDDI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

L. P. Roma, 29 ottob1·e 1927.

Mi pregio informarti che il nostro Delegato per la Grecia mi assicura di aver dato, dietro precise istruzioni di questa Segreteria Generale, ordini tassativi a tutte le organizzazioni dipendenti perchè abbiano a mantenere il più rigoroso riserbo, nei confronti delle neo-organizzazioni fasciste elleniche.

Tali disposizioni si sono rese necessarie in seguito alle pretese intese tra fascisti ellenici e fasci italiani pubblicate dalla stampa ateniese.

Tali notizie sono state immediatamente smentite sia direttamente che indirettamente dal nostro Delegato Statale, il quale d'accordo con la R. Legazione d'Italia in Atene, ha fatto rilevare il dignitoso riserbo mantenuto in tale occasione dai Fasci Italiani in Grecia (1).

(l) Annotazione marginale di Grandi: • Prego informare Arlotta •·

496

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2359/639. Durazzo, 30 ottobre 1927, o1·e 20,40 (per. ore 24).

Farò domani ad Ahmed Zogu le importanti comunicazioni contenute nel telegramma di V. E. n. 1440/667 (1). Esse giungono in buon punto perchè questi circoli politici cominciavano a mostrare segni di viva inquietudine ed apprensione alle notizie, diffuse da fonte jugoslava, che Italia ha assoldato Hassan bey Pristina per sostituirlo ad Ahmed Zogu. Ministro affari esteri mi aveva fatto ieri un accenno in proposito, lo stesso Ahmed Zogu non sapendo vedere molto chiaro nel nostro giuoco. Mi auguro che le franche leali dichiarazioni che io gli farò varranno a diradare ogni suo dubbio.

497

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. (P. R.) 453/350. Berlino, 31 ottobre 1927, ore 21,05 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. n. 401/391 (2).

Informazione non ha ancora base. Direzione generale esposiZIOne Colonia dà assicurazioni e affidamenti conformi nostro desiderio per il caso eventualità prospettata si presentasse. Segue rapporto.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 3354/1291. Londra, 2 novembre 1927.

Soltanto oggi ho potuto intrattenere Chamberlain secondo le istruzioni impartitemi col telespresso del 22 Settembre u. s. n. 248791/633.

Chamberlain ha ascoltato con molta attenzione i vari argomenti da me espostigli, ha accennato agli ultimi incidenti che si sono verificati nel protettorato di Aden e dopo aver preso atto con soddisfazione delle assicurazioni da me dategli circa la politica italiana nel Mar Rosso mi ha dichiarato che il Governo Britannico intende continuare a mantenersi nello spirito delle con

:15 ·-Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

versazioni di Roma dell'anno scorso e riconoscere l'opportunità di una cordiale e sincera collaborazione itala-britannica per il mantenimento della pace nella penisola arabica.

Nei riguardi dell'Yemen mi ha detto che egli spera sempre arrivare ad un accordo con quel paese ma che base dell'accordo non potrà essere che l'evacuazione almeno parziale dei territori abusivamente occupati dall'Imam Jaja nel protettorato di Aden. Lo affidamento dato a noi a Roma che soltanto in caso di allargamento dell'occupazione il Governo Britannico avrebbe reagito ma che non avrebbe preso dei provvedimenti per l'evacuazione dei territori già occupati non significa rinunzia ai diritti vantati dal protettorato di Aden. Sono appun·w questi territori, sui quali il Governo Britannico mantiene tutte le sue riserve, che dovrebbero formare la base di un eventuale accordo con lo Yemen.

Quanto all'Assir la tesi britannica è diametralmente opposta alla nostra. Anche oggi Chamberlain mi ha ripetuto che i diritti che l'Imam vanta sull'Assir sono a suo giudizio assolutamente infondati e che non si può non trovare naturale che l'Idrissi cerchi la protezione dell'Hedjaz contro le mire Yemenite.

Ancora una volta Chamberlain mi ha ripetuto che il ma'1tenimento dei buoni rapporti di amicizia tra l'Italia e la Gran Bretagna ha molto più valore di tutte le contestazioni tra i piccoli Stati della Arabia e che non bisogna sacrificare quelli a queste. Ma dubito molto che queste buone intenzioni riescano a modificare la situazione in Mar Rosso, quale si è venuta sviluppando dopo il nostro trattato con lo Yemen.

La Gran Bretagna ha visto in questo trattato un turbamento o per lo meno la possibilità di un turbamento del suo tradizionale programma di indisturbato predominio della così detta via delle Indie. Ha fatto buon viso a cattivo giuoco perchè non poteva contestare il nostro buon diritto e la correttezza del nostro procedere. Ma costretta a modificare il suo programma lo farà cercando di salvare quanto più è possibile di esso, senza compromettere i suoi buoni rapporti con l'Italia e senza farsi cogliere in flagrante.

Questa tacita, corretta, ma tenace lotta di influenza dobbiamo, a mio avviso, essere preparati a sostenere anche in avvenire. Finchè saranno fatti dei passi a Londra su questa questione la risposta sarà sempre la stessa: rispettiamo gli accordi, non vogliamo turbare la pace, non vogliamo turbare i rapporti italabritannici, ma per il prestigio e l'interesse britannico dobbiamo mantenere le nostre posizioni e non possiamo rinunciare ai nostri diritti.

È dunque tutta una delicatissima azione da svolgersi localmente. Data l'abilità tradizionale degli agenti britannici e i vasti mezzi di cui l'Impero dispone sarà difficile smascherare con evidenti prove la responsabilità britannica in tutto ciò che avviene nel Mar Rosso e in Arabia contro lo Yemen e a danno dell'Italia. Ma l'abilità dei nostri rappresentanti e dei nostri agenti locali non è inferiore a quella degli inglesi, e il prestigio di cui l'Italia gode ogni giorno di più nel mondo varrà ad acquistarci presso le popolazioni indigene sempre maggior credito e sempre maggior fiducia per la tutela e l'espansione dei nostri interessi.

(l) -Cfr. n. 491. (2) -Cfr. n. 488.
499

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. RR. 1458/345. Roma, 3 novemb1·e 1927, ore 23,30.

Ambasciata britannica ha rimesso a questo ministero un memorandum (l) di cui riservomi comunicarle testo nel quale in sostanza si dice:

l) che risulta come fino al 23 ottobre il Governo bulgaro non si fosse valso dei poteri conferitigli dalla legge marziale nei distretti macedoni di frontiera per dimostrare effettiva sua buona fede nella repressione agitazioni macedoni; 2) che alle sollecitazioni rivoltegli da codesto ministro d'Inghilterra il signor Buroff si era limitato a promettere che il Governo bulgaro non avrebbe mancato agire, ma che non poteva precisare quando tale azione avrebbe potuto avere inizio necessitando preventivamente stabilire sua autorità nei distretti macedoni; 3) che Chamberlain non è ancora convinto della fermezza delle intenzioni del Governo bulgaro e ritiene utile che grandi potenze si uniscano nel consigliarlo a troncare indugi. Si chiede ciò stante che a S. V. vengano impartite istruzioni agire presso Governo bulgaro analogamente a quanto è stato già fatto ed eventualmente dovesse ancora fare suo collega inglese.

Per norma della risposta che mi accingo a dare prego V. S. accertare riservatissimamente ed esattamente e telegrafarmi massima urgenza se effettivamente nulla siavi da obiettare alla pretesa inerzia del Governo bulgaro in relazione ai passati ed ai possibili futuri avvenimenti nei distretti Macedonia bulgara.

500

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE PEPPO

T. 6097/242. Roma, 3 novembre 1927, ore 23,30.

Commento giornale Sol circa visita divisione navale italiana Tangeri mi ha vivamente sorpreso. Occorre che codesto Governo si persuada della convenienza di provvedere affinchè opinione pubblica spagnola non sia fuorviata con articoli inesatti ad antipatici come quello del Sol da S. V. segnalatomi, tanto più nel momento attuale in cui significato attribuito da certa stampa straniera a visita nostre navi richiama pubblica attenzione su questione Tangeri.

A tale proposito non è inutile che io richiami a V. E. opportunità di

adoperarsi col dovuto tatto, in conformità delle mie precedenti istruzioni, allo

scopo di mantenere codesto Governo nella sua linea intransigente di fronte

ad una eventuale maggiore condiscendenza del Governo francese.

(l) Del 28 ottobre. che non si pubblica in quanto riassunto nel presente telegramma.

501

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 8018/273. Sofia, 4 novembre 1927, ore 22,50 (per. ore 2,35 del 5).

Questo ministro Francia Cambon è venuto a vedermi in legazione e mi ha chiesto per ordine del suo Governo se fosse vero che V. E. mi avesse ordinato di far passi in suo nome presso Governo bulgaro per avvertirlo di mantenere nei riguardi della Serbia e della questione macedone condotta assolutamente corretta e riservata • altrimenti Bulgaria correrebbe rischio compromettere sua indipendenza •. Ho risposto essere sorpreso di tale domanda, notizia essendo assolutament~ priva di ogni fondaw~nto.

502

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 3393/1300. Londra, 4 novembre 1927.

Nell'ultimo colloquio avuto con Sir Austen Chamberlain questi mi parlò spontaneamente del suo incontro col Generale Primo de Rivera e dello stato attuale della questione di Tangeri.

L'incontro fu provocato da Primo de Rivera, il qnale fece esprimere a Chamberlain, quando questi era ancora a Ginevra, il desiderio di vederlo qualora, durante la sua crociera nel Mediterraneo, avesse toccato porti spagnoli. Per un cumulo di circostanze dovute sopratutto alle necessità della navigazione e alla scarsa disponibilità di tempo del Primo Ministro spagnolo, l'incontro -come è noto -ebbe luogo a Palma anzichè a Barcellona come era stato divisato, e fu di breve durata.

Il Generale de Rivera pranzò a bordo dell'yacht sul quale Sir Austen navigava. Argomenti principali del colloquio sono stati il ritorno della Spagna alla

S. D. N. e la questione di Tangeri.

Circa il primo punto Chamberlain avrebbe fatto rilevare a de Rivera l'errore commesso dalla Spagna nell'allontanarsi da Ginevra dove avrebbe molto facilmente potuto mantenere il suo posto nel Consiglio, se non si fosse irrigidita nell'esigere un seggio permanente. Chamberlain mi ha detto di aver riportato l'impressione che Primo de Rivera non sarebbe alieno dal far tornare la Spagna a Ginevra se gli si offrisse il modo di farlo senza menomazione di prestigio.

Quanto alla questione di Tangeri, Chamberlain avrebbe consigliato a de Rivera di far riprendere i negoziati con la Francia ma non dalla stessa com

missione che non è riuscita finora a condurli a termine, ma da conversazioni dirette tra Briand e l'Ambasciatare di Spagna a Parigi. De Rivera, pur senza impegnarsi, avrebbe dimostrato di apprezzare il suggerimento.

Nessuna data sarebbe stata fissata per la ripresa delle conversazioni francospagnole ma Chamberlain ha fiducia che esse possano giungere ad un accordo, dopo di che egli è sempre dell'avviso che Italia e Inghilterra dovranno averne comunicazione ed essere invitate a parteciparvi.

Chamberlain non ha fatto alcuna allusione alla recente visita delle navi italiane e di S. A. R. il Principe di Udine a Tangeri.

Io gliene ho parlato di mia iniziativa e pur dicendogli di non aver ricevuto nessuna comunicazione in proposito, gli ho espresso la mia impressione che il clamore suscitato da tale visita non fosse nè voluto nè giustificato.

Chamberlain ha mostrato di non attaccare importanza alla cosa.

503

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE PEPPO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8066/439. Madrid, 5 novembre 1927, ore 18,06 (pe1·. ore 21,30).

Telegramma di V. E. n. 6097/242 (1).

Ho avuto oggi lungo colloquio con Presidente Primo de Rivera cui ho mostrato Sol che egli non conosceva ed ha letto in mia presenza. Ha riconosciuto che articolo era poco simpatico, ma non mi ha nascosto difficoltà di esercitare censura preventiva quando si tratti non di attacchi personali e scorretti, ma di esposizioni di esagerazioni. Avendogli io fatto presente che articolo come quello del Sol poteva fuorviare opinione pubblica in un momento come attuale, mi ha detto essere noto che Sol è giornale opposizione e che articolo incriminato è precisamente una risposta al precedente articolo Debate oggi diventato quasi giornale ufficioso. Mi ha assicurato che anche ultimamente ha dato ordini severi alla censura per impedire ogni pubblicazione offensiva o ingiuriosa per l'Italia e persona di V. E., ma ha ripetuto essergli difficile fare censurare dichiarazioni di esagerazioni che si mantengono in forma corretta. Ha poi soggiunto che tutta la stampa locale aveva dimostrato grande serenità nel dare notizia della visita della divisione navale italiana Tangeri. A proposito tale visita egli mi ha detto, senza peraltro precisare, che ne avrebbe approfittato per dare istruzioni agli ambasciatori di Spagna in Londra e Parigi nel senso che fosse ... (2) l'occasione opportuna per spingere ad una decisione. Continua col numero successivo.

\l) Cfr. n. 500.

(2) Gruppo indecifrato.

504

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE PEPPO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8075/440. Madrid, 5 novembre 1927, ore 23 (per ore 3 de~ 6).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente.

La conversazione essendosi estesa alla questione di Tangeri, Primo de Rivera mi ha detto che Ambasciatore Viiiaza gli aveva comunicato compiacimento di V. E. per notizie trasmessegli per suo tramite circa intervista Palma di Maiorca [mi ha] confermato che punto di vista Spagna non è modificato e che egli mantiene e manterrà sue richieste formanti oggetto dell'ultima nota indirizzata a Parigi e concernente carattere spagnolo da darsi alla polizia di Tangeri benchè sottoposta al Mendub ed al Comitato Controllo. Egli è tuttora in attesa della risposta francese che pare non tarderà. Mi sono valso dell'occasione per ribadire argomenti già ripetutamente sviluppati da

S. E. l'Ambasciatore in precedenti conversazioni con lo stesso Presidente e cioè la convenienza da parte della Spagna di non cedere ulteriormente di fronte eventuali nuove controproposte francesi; l'appoggio [che l']Italia, una volta riconosciuto suo diritto, darebbe alla tesi spagnuola nel caso di successive conversazioni a quattro; l'interesse comune Italia e Spagna di stabilire un fronte unico contro le pretese francesi. Mi ha ascoltato attentamente, ma si è riservato di riprendere la conversazione quando sarà di ritorno Re Alfonso che dovrebbe a Napoli avere conversazione in proposito con S. M. il Re e con V. E. (1).

A quel momento sarà in sede anche S. E. Medici.

505

IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 2380/385. Bucarest, 6 novembre 1927, ore 14 (per. ore 19,55).

Telegramma di V. E. Gabinetto segreto 1444/391 (2).

Ho comunicato a Titulesco che V. E., accogliendo suo desiderio, sarà lieto di vederlo a Roma nella ultima diecina mese corrente. Titulesco accolse tale comunicazione con evidente soddisfazione. Dopo aver parlato con presidente consiglio, Titulesco mi ha confermato ieri sera che conta giungere e fermarsi per due o tre giorni a Roma, fra venti e trenta corrente, e si è riservato precisare ulteriormente data arrivo. Titulesco desidera che la notizia sua visita a Roma sia intanto tenuta segreta e sia resa pubblica soltanto tre giorni prima del giorno che sarà fissato per sua partenza da Bucarest. Prego V. E. telegrafarmi se d'accordo. Titulesco ha intenzione chiedere anche udienza a Sua Santità in vista imminenza ratifica del concordato tra Romania e Santa Sede firmato sin da maggio scorso.

(l) -Re Alfonso si era recato a Napoli per presenziare alle nozze Aosta-Orléans. (2) -Cfr. n. 493.
506

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2381/838. Be~grado, 7 novembre 1927, ore 9,30 (per. ore 13).

Mio telegramma n. 812 (1).

Poichè ormai la stampa jugoslava ed estera parla della firma del patto di amicizia ed arbitrato fra Jugoslavia e Francia che avverrebbe fra pochi giorni, ho creduto opportuno di consultarmi col signor Dard, ministro di Francia a Belgrado. Ieri l'ho infatti visto e nella conversazione si è toccato anche l'importante argomento. Egli mi ha detto che realmente la firma del patto è prossima, e che riteneva che il Quai d'Orsay l'avrebbe annunziata qualche giorno prima al nostro ambasciatore a Parigi. Ha aggiunto che si tratta dello stesso patto, la cui firma venne ritardata per attendere che l'Italia si decidesse o a intervenire per dar luogo pure a un patto a tre, o a concluderne uno di alleanza colla Jugoslavia e poichè tale eventualità si era andata allontanando, la Francia aveva creduto che non vi fossero più ragioni sufficienti per ritardarne la firma. Che si trattava ad ogni modo di un patto simile a quello che la Francia ha già colla Cecoslovacchia e colla Romania, diretto quindi a stringere solidamente i vincoli della Piccola Intesa; è quindi nello spirito di questa, che era stata notoriamente formata per salvaguardare lo statu qua derivante dai trattati di pace. Mi sono limitato a dirgli che non dubitavamo dello spirito pacifico del patto, ma che, venendo esso in un momento in cui rapporti itala-jugoslavi non erano certo dei migliori, avrebbe incoraggiato l'opinione pubblica jugoslava e relativa stampa verso una attitudine di più aperta ostilità verso l'Italia, come del resto era stato già dimostrato dagli articoli dei giornali di questi giorni. Gli ho poi colla dovuta cautela fatto presente che la prolungata presenza del generale Pecich, capo di stato maggiore jugoslavo, in Francia nel periodo precedente firma del patto, non era certo atta a dimostrare che il patto stesso aveva quella natura platonica e pacifista che gli si voleva attribuire; e ciò tanto più non si vedeva quale

contributo potesse portare la Jugoslavia nel sistema di accerchiamento tedesco, essendo essa separata dalla Germania ed in palese tenerezza con essa. Dard mi ha detto Pecich era stato in Francia per una cura, ma non gli fu detto che fosse stato a Parigi. Che ad ogni modo anche nel caso [vi] si fosse recato

o che fra i due stati maggiori fossero avvenuti contatti, questi sarebbero rimasti soltanto sulla carta, poichè la politica estera in Francia la faceva il Quai d'Orsay al di fuori di qualsiasi influenza militare, e che il Quai d'Orsay non voleva in nessun caso dare al patto di cui trattasi un valore di ostilità verso Italia.

Continua col numero successivo.

(l) Cfr. n. 481.

507

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2383/839. Belgrado, 7 novembre 1927, o1·e 14.15 (per. ore 18,55).

Seguito telegramma col numero precedente.

Si è poi discusso sulla questione delle relazioni dell'Italia e Jugoslavia facendone la storia e dicendo che patto di Roma del 1924 era andato anche al di là dell'aspettativa francese al riguardo. Che era notorio come Nincich fosse italofilo e desse un valore limitato all'amicizia colla Francia. Ma che il trattato di Tirana, venendo ad urtare in pieno uno dei punti fondamentali della politica jugoslava, riassunta nella formula • i Balcani ai popoli balcanici , aveva tolto ogni possibilità di giungere ad una forma stabile di amicizia itala-jugoslava.

Ciò almeno fino a quando l'Italia fosse rimasta ferma nel suo punto di vista di non voler ammettere una discussione sul patto Tirana. Ho risposto che egli non poteva ignorare come la formula predetta nascondeva un programma di supremazia assoluta della Jugoslavia nella penisola balcanica, per cui l'Italia aveva dovuto preoccuparsi di salvaguardare la sua posizione vitale sull'altra sponda dell'Adriatico, così come l'Inghilterra aveva salvaguardato, mediante grave sacrificio, il Belgio dall'invasione straniera.

Dard mi ha interrotto dicendo: • ma l'Inghilterra ha protetto l'indipendenza assoluta del Belgio senza ricorrere ad un patto del genere di quello di Tirana •. Al che ho ribattuto: • il giorno in cui l'Albania e Balcani si troveranno nello stesso grado di civiltà in cui si trova Belgio ed Europa settentrionale in genere, l'Italia non avrà bisogno di patti per garantire i suoi interessi •. Dard ha subito ritorto questa mia argomentazione. Ho continuato dicendo che non era un mistero, per quanti giudicano la situazione in buona fede e con serenità, come la presa di posizione dell'Italia in Albania per garantirne l'indipendenza abbia suscitato tanto rumore ed eccitamento in Jugoslavia non certo per amore verso gli albanesi ma principalmente perchè Jugoslavia teme che, dall'osservatorio di Tirana si possa vedere a fondo cosa succede in Macedonia e in Montenegro. E rispondendo su questo punto Dard mi ha, contro la mia aspettativa, dato ragione. In conclusione mi è sembrato di rilevare che anche alla vigilia della firma del patto franco-jugoslavo nelle .sfere diplomatiche francesi vi è molta incertezza e fondato timore che la stampa jugoslava approfitti colla sua conosciuta intemperanza della circostanza per prendere nuova lena nei suoi attacchi contro il nostro paese, provocando una viva reazione nella opinione pubblica e nella stampa italiana. Difatti lo stesso giornale ufficioso Pravda di ieri sera, pubblica che patto franco-jugoslavo metterà Jugoslavia al coperto da qualsiasi aggressione, essendovi una clausola che dice che, in caso uno dei due stati sia aggredito, l'altro deve intervenire in suo favore, e prende occasione per aggiungere, ironicamente, che ciò non farà certo piacere a qualche Gabinetto europeo.

508

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2384/840. Belgmdo, 7 novembre 1927, ore 14,20 (pe1·. ore 17,55).

Mio telegramma n. 838 (1).

È venuto oggi a vedermi Kennard, ministro d'Inghilterra, il quale mi ha parlato del patto franco jugoslavo. Egli mi ha detto che aveva parlato col ministro di Francia, signor Dard, e che non aveva potuto sapere quando sarebbe stato firmato. Mi ha detto chiaramente che egli temeva che tale patto avrebbe potuto aggravare la situazione già non buona dei rapporti italo-jugoslavi. Ha aggiunto pure che a Londra si riteneva che detto patto fosse quello già a suo tempo parafato, ma che tuttavia sul suo contenuto effettivo non si avevano notizie precise e che anche Dard si era mostrato piuttosto riservato; che sarebbe andato domani a vedere Marinkovic e gli avrebbe chiesto esplicitamente di essere messo a conoscenza del contenuto del patto. Lo sorprendeva il fatto che due volte questo ministro di Francia gli aveva dichiarato di non avere avuto visione del patto. Dard gli aveva altresì detto che circa un mese fa l'ambasciatore di Francia a Roma era andato da S. E. Grandi e gli aveva sottoposto l'invito all'Italia di entrare a fare parte del patto, ma che ne aveva avuto risposta negativa. Nel complesso del suo discorso Kennard si è mostrato pessimista sulle conseguenze del patto nel momento attuale. Mi viene riferito da buona fonte che il corrispondente del Temps a Belgrado avrebbe detto che la Francia non desidera che sia fatto troppo rumore sulla firma del patto colla Jugoslavia, e che perciò questo non verrà firmato a Belgrado e non a Parigi [sic] come era stato detto. Per contro sembra che Marinkovic debba partire per Parigi alla fine della settimana e si parla anche del viaggio del re Alessandro a Parigi. Avverto, ad ogni buon fine,. che vedrò Marinkovic domani mattina e che non (dico non) entrerò affatto in discorso con lui circa il patto franco-jugoslavo, poichè il Governo francese potrà darne notizia sia a Roma che a Parigi a mezzo del conte Manzoni.

509

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, DE ASTIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2388/310. Budapest, 7 novembre 1927, ore 14 (per. ore 21,25).

Telegramma di V. E. gabinetto 1443/325 (2).

Conte Bethlen ringrazia V. E. per comunicazioni che gli sono state • preziose». Egli ricorda perfettamente pensiero di V. E. in proposito e non [dubita]

che atteggiamento R. Governo rimarrà sempre presente [sic] tanto nella questione degli optanti quanto nelle direttive politiche tra Ungheria e Romania. Parlandomi dell'impressione che il viaggio Titulescu potrà fare su opinione pubblica e stampa ungherese, presidente del consiglio non ha escluso che potrebbe manifestarsi in esse un certo senso di irritazione. Ho fatto osservare che se il viaggio Titulescu si volesse qui mettere in relazione con questione optanti, esso costituirebbe indirettamente successo politico per Governo ungherese dato che nessuno può ormai dubitare sentimenti italiani verso Ungheria e che mossa rumena rivelerebbe una premura non scevra da timori. Siamo rimasti d'accordo che stampa sarà prudentemente inspirata. Bethlen ha aggiunto che certamente Titulescu parlerà a V. E. della questione degli optanti. A questo proposito egli mi ha detto che il Governo ungherese intenderebbe abbandonare lato giuridico della questione e cercherebbe invece fare mettere d'accordo parti interessate su terreno finanziario. Governo rumeno dovrebbe concedere ai proprietari una indennità adeguata (ha parlato dell'BO o del 60 per cento). Indennità potrebbe essere resa possibile mediante prestito in America dove Governo ungherese gode larghe simpatie e credito. Bethlen ha espresso desiderio che R. Governo interponga suoi buoni uffici perchè si possa addivenire ad equa soluzione nel campo finanziario fra Governo di Bucarest da un lato ed optanti dall'altro. Ricevo in questo momento comunicazione che il presidente del consiglio desidera vedermi nuovamente

mercoledì 9 corrente.

(l) -Cfr. n. 506. (2) -Cfr. n. 492.
510

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. RR. 1462/348. Roma, 7 novembre 1927, o1·e 23.

Suo telegramma n. 273 (1).

I recenti avvenimenti macedoni non hanno occasionato alcun contatto

nostro col Quai d'Orsay che possa comunque giustificare domanda rivoltale da

codesto suo collega di Francia. A meno quindi che essa non sia in relazione

col passo britannico oggetto del mio telegramma Gabinetto n. 1458 (2) che

a quest'ora V. S. deve aver ricevuto, potrebbe supporsi che il discorso del

signor Cambon avesse essenzialmente scopo informativo circa atteggiamento

italiano. Ad ogni buon fine sarà utile che V. S. trovi modo opportuno accer

tarsene ed accertare altresì che cosa esattamente abbia voluto dire Cambon

parlando di pericoli per l'indipendenza della Bulgaria.

(l) -Cfr. n. 501. (2) -Cfr. n. 499.
511

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2387/842. Belgrado, 7 novembre 1927, ore 22,20 (per. ore 2 dell'B).

Mio telegramma 840 (1).

Marinkovic mi ha detto che parte domani per Parigi onde procedere alla firma del patto franco-jugoslavo. Si fermerà a Parigi tre giorni. Senza che io entrassi in argomento Marinkovic mi ha assicurato di aver telegrafato quattro giorni or sono a Rakich di chiedere una udienza a V. E. per comunicarle in relazione all'impegno derivante dal patto di Roma i termini del patto che sarà firmato a Parigi con incarico di illustrarlo a V. E. a voce ovvero per iscritto qualora non gli fosse stato possibile vedere V. E. Egli ha soggiunto che in occasione della nota interpellanza sulla politica estera avrebbe avuto buon giuoco per far dichiarazioni tali da dare pubblica prova sulla ferma intenzione del Governo jugoslavo di riesaminare l'insieme delle relazioni fra i due paesi per giungere ad una soluzione che riesca di piena soddisfazione al Governo italiano. Ho preso atto di tali dichiarazioni senza chiedere alcuna spiegazione. Mentre mi riservo di meglio chiarire a voce le parole di Marinkovic informo V. E. che Kennard mi ha detto di avere d'ordine del suo Governo e per iscritto espresso al signor Marinkovic in forma • consiglio • il desiderio del Governo inglese di vedere riprendere il lavoro per rendere migliori le relazioni con l'Italia. Come mi aveva già accennato il signor Kennard, questo ministro Francia mi ha detto che anche Governo francese ha fatto analoghe raccomandazioni a questo Governo. Tutto lascia supporre che questi passi dei Governi inglese e francese sono in connessione col patto francojugoslavo venendo quasi ad esserne un correttivo.

512

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2394/1433/815. Parigi, 8 novembre 1927, ore 18,15 (per. ore 21,05).

Insistenza e precisazioni delle voci diffusesi estero ieri sera circa prossimo arrivo Marinkovic e prossima firma trattato di amicizia franco-jugoslavo, ed anche silenzio di V. E. mi hanno fatto supporre che voci avevano fondamento. Ho tuttavia deciso di interrogare stamane Quai d'Orsay per potere, nel caso di conferma informarmi se V. E. era stato prevenuto ed attirare attenzione Quai d'Orsay su ingiustificata e pericolosa deviazione già constatata a Belgrado e Parigi nel trattato di alleanza Italia Francia. In tal modo ogni

deviazione, al mio avviso, avrebbe trovato gm la responsabilità del Quai d'Orsay. Quai d'Orsay ha risposto che trattato sarà firmato tra giorni in occasione visita Marinkovic; che una clausola del preambolo comportava firma entro sei mesi dalla parafatura e che il Governo francese non ha potuto più sottrarsi insistenze jugoslave. Quai d'Orsay ha preso nota della mia comunicazione circa deviazioni predette le quali mirano dare un significato anti patto di Tirana anti italiano?] alla firma del trattato ed ha detto che attirerà in proposito attenzione Belgrado. Quai d'Orsay ha assicurato che già da un mese V. E. era stato prevenuto da codesto incaricato d'affari di Francia della prossima firma del trattato. Ha aggiunto che nell'occasione dell'accordo per la firma aveva fatto nuovamente presente a Belgrado desiderio della Francia vedere presto iniziate le conversazioni jugoslave con [Italia]. Confermo d'altra parte la dichiarazione Berthelot circa Marinkovic di cui al mio telegramma

n. 1404 per corriere (1).

(l) Cfr. n. 508.

513

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO

T. GAB. RR. 1465/399. Roma, 8 novembre 1927, ore 24.

Suo telegramma Gab. 385 (2).

D'accordo.

514

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 8225/153. Vienna, 8 novembre 1927 (per. l'll).

Uno dei principali redattori della Neue Freie Presse di ritorno da Berlino mi ha detto avervi visto Stresemann il quale gli ha dichiarato che la Germania non pensa per ora all'annessione, e che egli spera che la stampa austriaca non metterà la sua prossima visita a Vienna in rapporto con quella questione. Tuttavia Stresemann si è mostrato alquanto preoccupato delle notizie apparse anche nella stampa tedesca secondo cui il fascismo aiuterebbe con armi e danaro queste • Heimwehren " : ciò, se fosse vero, darebbe al fascismo un gran potere in Austria, il quale sarebbe di ostacolo all'effettuazione dell'annessione il giorno in cui fosse possibile.

Il redattore ha aggiunto di aver avuto cattiva impressione della situazione economica della Germania attuale. Troppa apparenza e troppo poca sostanza.

(l) -T. 8056/1404 del 3 novembre, per. il 5, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 505.
515

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2396/650. Durazzo, 9 novembre 1927, ore 21,45 (pe1·. ore 23,50).

Telegramma di V. E. n. 667 e seguito mio telegramma n. 639 (1).

Ho affrontato con Ahmed Zogu la questione dei rifugiati. Egli ha riconosciuto che nostra attività in tale campo era stata originata da una sua esplicita domanda. Ha riconosciuto anche l'ampiezza dei sacrifici da noi fatti e l'utilità che da essi ne potrà derivare al regime. Non mi ha celato però che della nostra azione approfittino elementi i quali fanno doppio giuoco e si servono dei larghi mezzi da noi messi a disposizione, per intrighi ai suoi danni. Ha avuto parole assai severe contro Hassan bey Pristina e l'opera che questi sta spendendo in Albania contro il regime. Ho risposto che certi inconvenienti erano fatali ma che egli doveva sopratutto tener conto dei risultati attivi della nostra politica nei riguardi dei rifugiati. Sebbene Ahmed Zogu non si sia mostrato troppo persuaso comunque la maniera aperta e leale come io ho affrontato la discussione su questo penosissimo argomento ha valso, io ritengo, a diradare i dubbi più affannosi radicati nel di lui animo. Sull'importante colloquio riferirò verbalmente a V. E. in modo più diffuso.

516

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, ROCCO

L. RR. P. 257743/1826. Roma, 9 novembre 1927.

Nel dicembre del 1926, fra la Santa Sede ed il Governo Francese, vennero conclusi a Parigi due accordi relativamente agli onori liturgici, da rendersi, nelle Chiese Cattoliche del Levante, ai Rappresentanti della Francia.

Il punto di vista del R. Governo circa tali accordi, venne già da me personalmente fatto presente al P. Tacchi Venturi S. J.: ma siccome, nel corso di conversazioni avute sull'argomento col Governo Spagnuolo dal R. Ambasciatore a Madrid, è stato a questo ultimo riferito che la Santa Sede aveva dichiarato di non conoscere ancora il pensiero del Governo Italiano sulla questione, mi preme che la Segreteria di Stato del Vaticano abbia la conferma del nostro punto di vista, in modo da non poter ulteriormente eccepirne l'ignoranza.

Ti unisco quindi un pro-memoria, che contiene il pensiero del R. Governo circa tali accordi.

Date le numerose questioni che il tuo Dicastero tratta con la Santa Sede, di tali informazioni ti potrai -credo -giovare alla prima favorevole occasione e lascio a te di giudicare circa la possibilità e convenienza di stabilire una interdipendenza tra la presente questione e qualche altra in corso di trattazione fra il tuo Ministero ed il Vaticano.

Per tua norma personale, ti aggiungo che noi non saremmo alieni dal venire incontro alla Santa Sede nel senso di esaminare, d'accordo con essa, le modalità per modificare l'attuale situazione (che suscita risentimento e proteste della Francia e che non è quindi scevra di inconvenienti) della Parrocchia Latina di Alessandretta, attualmente affidata a religiosi italiani, con adeguata contropartita che potrebbe essere p. es. il passaggio a religiosi italiani della Parrocchia Latina di Salonicco, situata in territorio ove la Francia non ha speciali diritti, e che pur dovendo servire ad una collettività cattolica composta, nella sua grandissima maggioranza, di italiani, è tuttavia affidata ai Lazzaristi francesi.

La Santa Sede deve in sostanza comprendere che non è possibile sia tur

bato lo statu quo esistente nel Levante, nella questione degli onori liturgici,

a danno del prestigio e degli interessi dell'Italia, all'insaputa ed in contrasto

con il R. Governo, tanto più che essa è bene a conoscenza degli accordi che

nel 1911 furono presi fra il Governo Italiano e quello Francese, al momento

del passaggio di protezione delle missioni italiane in Oriente, ed in special

modo, di quella dei Carmelitani Scalzi.

Ti ringrazio, ed in attesa di un tuo cenno di assicurazione...

ALLEGATO.

PRO-MEMORIA

Roma, 25 ottobre 1927.

Il R. Governo ha avuto già occasione (colloquio di S. E. il Sottosegretario di

Stato per gli Affari Esteri On. Grandi con Padre Pietro Tacchi Venturi S. J.

del 23 aprile 1927), di far presente H suo punto di vista circa gli accordi conchiusi

a Parigi, nel dicembre 1926, fra la Santa Sede ed il Governo della Repubblica Fran

cese, relativamente agli onori liturgici da rendersi nelle Chiese Cattoliche nei vari

Paesi del Levante ai Rappresentanti della Francia.

Il R. Governo non può riconoscere tali accordi, anzitutto perchè ad esso sembra

che contrasti con i sentimenti di nazionalità dei religiosi italiani -di cui essi hanno

sempre dato, e continuano particolarmente in Levante a dar prova -il fatto che

essi debbano fare pubblici atti di omaggio a Rappresentanti politici di Stati stranieri

e pubblicamente pregare per la prosperità di una Nazione che non è la loro: e

poi perchè ritiene che la Francia, non solo per l'abolizione delle capitolazioni in

Levante e quindi della protezione religiosa, ma in particolar modo per le inequi

vocabili dichiarazioni di San Remo, fatte in occasione dell'assegnazione definitiva

dei mandati in Siria, Palestina e Mesopotamia, ha a tali onori conseguentemente

rinunziato.

D'altra parte tali onori non sembra possano essere considerati una graziosa

concessione fatta dalla Santa Sede alla Francia in riconoscenza dei passati servizi

da essa resi alla Cattolicità in Oriente, poichè in tal caso essi non avrebbero formato oggetto di apposite Convenzioni, nelle quali non può disconoscersi la contropartita ottenuta dalla Santa Sede; mentre la dipendenza della questione degli onori liturgici da quella del Protettorato religioso, porta come logica e naturale conseguenza che abolito il Protettorato con la rinuncia di San Remo, restano aboliti anche gli onori che non erano se non l'appannaggio dell'esercizio del Protettorato stesso. A parte la considerazione che la situazione creatasi dopo la guerra in Oriente non consente alcuna preminenza sia pure formale di una Potenza cattolica sulle altre, le cui benemerenze verso la Chiesa non sono minori.

Ciò in linea di massima, in pratica poi tali accordi potrebbero modificare stati di fatto esistenti a favore di altre Potenze, come accadrebbe se essi venissero estesi, per esempio, alla Chiesa dei RR. Padri Carmelitani in Alessandretta ove finora, in virtù del diritto di patronato, esercitato dall'Italia su quella Missione Italiana, esisteva come stato di fatto (che di fronte alla Francia era anche uno stato di diritto, in base alle intese del 1911) la concessione degli onori liturgici al Rappresentante Italiano.

Non possono quindi gli accordi Briand-Maglione, essere definiti come res inter alios acta, quando la loro applicazione produce delle turbative negli stati di fatto esistenti nei Paesi del Levante a favore di altre Potenze Cattoliche: e nel caso particolare della parrocchia di Alessandretta, questa turbativa -che può esser fonte di spiacevoli incidenti -è stata riconosciuta dalla stessa Santa Sede, quando in occasione della Pasqua del 1927, vennero impartite istruzioni al Superiore della Missione Carmelitana di astenersi dall'accordare gli onori liturgici tanto al Rappresentante Italiano, quanto al Francese.

(l) Cfr. nn. 491, 496.

517

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, MARCHETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 5604/1405. Washington, 9 novembre 1927.

Quel Milo Petrovich Niegoche sul quale quest'Ambasciata ha riferito

all'E. V. con vari rapporti e da ultimo con uno dell'8 ottobre u. s. n. 1277,

mi ha pregato di far pervenire all'E. V. la lettera che qui accludo.

Tale lettera (l) mi è pervenuta al momento di chiudere la valigia e non

ne ho potuto tener conto nel mio rapporto sul movimento montenegrino agli

Stati Uniti, n. 1368 in data 31 ottobre c. a.

Il principe Milo Petrovich Niegoche si rivolge all'E. V. per chiedere fondi

e motiva questa sua richiesta con delle affermazioni sul movimento montene

grino che io non credo esatte. Io non ho che a confermare quanto ho già scritto

e a deplorare di nuovo che i montenegrini di Ginevra abbiano scelto a loro

rappresentante un volgare arrivista fanatico avversario del fascismo come il

signor Criscuolo (2).

(2l Per i rapporti col movimento montenegrino, cfr. t. gab. 1516/672 del 18 novembre 1927 col quale Grandi comunicava a Bodrero che Plamenatz, il quale aveva fatto sondaggi, c potrebbe incontrarsi Milano con capitano Mazzotti attualmente Vienna •. Cfr. anche quanto rispandeva Bodrero con t. gab. rr. 2752/938 del 5 dicembre: « data influenza che il Plamenatz conserva tuttora in Montenegro e anche in questi circoli politici sarei d'avviso che si dovrebbe in misura giusta venire incontro alla richiesta del medesimo considerando inoltre che egli attraverso la stampa jugoslava continua a difendere l'attività dell'Italia •.

ALLEGATO.

MILO PETROVIé NIEGOs A MUSSOLINI

Los Angeles, 3 novembre 1927.

I would like to call your attention to a few facts which I believe will be of

interest to you.

There are in the United States some ten thousand Montenegrins, and ninety

five per cent of these are firm nationalists. Ever since Serbia forcibly annexed

our country we have naturally had no good feelings for either Serbia or France.

The recent pact signed by these two aggressive countries is as much a blow to

us as to Italy, and there is a strong organization of Montenegrins throughout the

United States who feel that the time is ripe for greater exposure of the avaricious

aims of Serbia and France.

The Montenegrins organized under my direction are planning therefore, at

the present time, to quicken their efforts in making propaganda against these two

countries which are alike enemies of Italy and Montenegro.

The Montenegrin organizations in the United States are much stronger than

those in Europe, and their activities already are dreaded by Serbia.

Can you help me in this work? Would you be willing to give me a credit

from your government? As you must know, ten years of struggling for our own

country have completely exhausted our meagre resources, and against the com

bined propaganda of France and Serbia, we have no chance. Now, with the open

blow to Italy by this new pact, can we not work together and be '1f mutuai aid

against this scheme of aggrandizement?

In San Francisco recently, a new publication, « The Montenegrin Mirror •, just started under my direction, and this is but one of the means we are taking in our work. This magazine is printed entirely in English, and is rapidly gaining a wide circulation among American readers, in American public libraries, etc. Serbia has made several efforts to have it stopped. All of our magazines and newspapers feel very keenly the activity of Serbian agents, and with our lack of funds we can do little to combat them. The press, also, is continually giving the Serbian viewpoint on question which could be contradicted if I had the support to continue the work. With the help of Italy, Montenegro could one day regain her independence, and could be of mutuai help and assistance to Italy in counteracting the schemes of Belgrade.

Everything now is in your hands. The present is an exceptionally good tirne to launch a more definite campaign of propaganda in the United States, and I await your reply with eagerness.

If desiderable, the matter can be handled through the Royal ltalian Embassy in Washington, or the Royal Italian Consulate in San Francisco.

(l) È una copia di quella già pervenuta. (Nota del documento).

518

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2409/790. Londra, 10 novembre 1927, ore 20,50 (per. ore 23,35).

Mi si riferisce da fonte di solito bene informata, che Chamberlain avrebbe fatto sapere, in via molto amichevole a Parigi, che riteneva inopportuno, nel momento attuale, il prestarsi a pericolose interpretazioni firma del trattato franco-jugoslavo. Informatore credeva che Chamberlain fosse stato spinto da me a fare tale passo. Ciò non essendo, notizia che non sono stato ancora in grado controllare acquisterebbe, se vera, maggiore valore.

519

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. 1473/931. Roma, 10 novembre 1927, ore 24.

Suo 1433/815 (1).

V. E. non aveva ricevuto comunicazioni circa arrivo Marinkovich costà e firma trattato franco-jugoslavo perchè non era mio intendimento fare alcuna comunicazione al Quai d'Orsay e tanto meno svolgere un'azione qualsiasi in tale occasione presso il Governo francese.

V. E. vorrà pertanto astenersi da ogni altro intervento presso Quai d'Orsay come pure vorrà possibilimente evitare di vedere Marinkovich.

520

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8249/680. Berlino, 10 novembre 1927, ore 23 (pe1·. o1·e 4 dell'll).

Miei telegrammi 592 e 601 (2).

Stampa annunzia particolari viaggio Marx e Stresemann a Vienna per dove due ministri partiranno domenica prossima. Parlando col capo di Gabinetto segretario d'ambasciata, capo dell'ufficio Austria a questo ministero affari esteri, signor Lindner, insisteva sul carattere di pura cortesia che avrebbe visita imminente. Egli ricordava che Marx appartiene ad un partito cattolico come Seipel; che Marx ha incontrato recentemente Seipel a Dortmund promettendo restituirgli visita, ecc. Per provare che si è voluto togliere ogni apparenza politica del viaggio Lindner citava fatto che cancelliere e ministro non saranno accompagnati da alcun funzionario del ministero affari esteri che si occupa delle questioni relative all'Austria, nè da lui, Lindner, nè dal capo dell'ufficio che tratta gli affari economici: si recheranno a Vienna solo due segretari di Gabinetto del signor Stresemann e capo ufficio stampa. Visita durerà due giorni che saranno assorbiti da numerose cerimonie. Nel secondo giorno avrà luogo visita che durerà tutto il pomeriggio ad interessante chiostro vicinanze Vienna. Se si parlerà di questioni pendenti fra i due paesi, come di eventuali aggiunte da apportare al trattato commerciale vigente, ciò non potrà avvenire che in termini generali perchè i rappresentanti tedeschi non sarebbero bene al corrente dei dettagli di tali questioni. Anche i discorsi, soggiungeva, si manterranno nei termini generici che si possono fin da ora prevedere. La Taegliche Rundschau oggi, nel dare conto del viaggio e delle persone che accompagneranno ministri, scrive quanto segue: • Nella visita del cancelliere e del ministro degli affari esteri del Reich si vedrà espressione relazioni cordiali esistenti fra Austria e Reich germanico. Certamente saranno

:JG -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

esaminate anche le questioni politiche pendenti. Ma non è da ritenersi che viaggio possa servire ad alcun fine politico di attualità •.

Ho considerato se fosse il caso di vedere Stresemann prima del suo viaggio a Vienna e condurre discorso su ... (l) con un eventuale preventivo monito sull'opportunità colà evitare qualsiasi accenno Anschluss. Ma mi è sembrato più opportuno desistere da tale proposito, sia perchè secondo le direttive di

V. E. io non devo ammettere, nè quindi provocare discussioni qualsiasi con Stresemann sull'Anschluss e Stresemann lo sa: sia perchè in questo momento non mi pare convenga all'Italia farsi parte dirigente nella questione alla quale sembra si interessi fervidamente Francia o almeno ministro di Francia aspirante (?). Un elementare buon senso dovrebbe sconsigliare sia Marx che Stresemann dal sollevare in questo loro viaggio questione Anschlusl" che secondo dichiarazioni recenti di Stresemann non è attuabile. Bisogna tuttavia ricordare che cancelliere austriaco Ramec venendo a Berlino ne parlò (miei telegrammi 103 e 104). Certo una imprudente dichiarazione tedesca apparirebbe sfida alla Francia nel momento firma trattato con Jugoslavia, che esclude Anschluss. Anche perciò ho giudicato opportuno astenermi da azione preventiva. Faremo sempre a tempo, se necessario, a muovere dopo fatti eventuali, un preciso giustificato rimprovero, stando in posizione più favorevole, e nei modi e nei limiti che V. E. giudicherà più opportuni.

(l) -Cfr. n. 512. (2) -T. 7057/512 (sic, ma deve leggersi evidentemente 592), e t. 7215/601, dell'l e 7 ottobre, che non si pubblicano.
521

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 2431/155. Vienna, 10 novembre 1927 (per. ill3).

Mi si riferisce da fonte privata:

Questo ministro di Francia è andato ad esprimere al cancelliere le preoccupazioni sue e del suo Governo per la prossima visita di Marx e Stresemann. Il cancelliere ha cercato tranquillarlo.

Anche questo ministro di Cecoslovacchia è andato a parlare con Seipel dello stesso argomento. Lo ha però assicurato in nome di Bènes che il Governo cecoslovacco, lungi dal rammaricarsi di tale viaggio se ne rallegra, in quanto vi vede la prova che l'Austria non è vassalla della Germania ma ha con questa quei rapporti di completa uguaglianza che sono attestati da simili scambi di visita. La razza tedesca gode in Cecoslovacchia della più grande considerazione come quella che rappresenta un alto livello di coltura; il recente discorso di Svehla lo conferma. È desiderio di Praga che i vincoli tra l'Austria e la Cecoslovacchia si migliorino e si stringano anche di più in avvenire. Il cancelliere ha risposto di apprezzare molto questo savio e pratico modo di considerare la situazione, il quale conferma le qualità politiche di Bènes.

Il ministro di Cecoslovacchia ha aggiunto -ma senza specificare se parlasse in nome del suo Governo o soltanto proprio -che i veri interessi del

l'Austria devono porsi in questi più intimi legami con Praga. Vienna non può pensare a stringere maggiormente i suoi vincoli con Berlino perchè ne diventerebbe la vassalla. Ma neanche con Roma: la questione dell'Alto Adige sarà sempre il muro che separerà i due Stati, muro che le notizie qui giornalmente pubblicate dai quotidiani, di sempre nuove misure contro i tedeschi di quella regione, elevano e rafforzano ognora più. Il trattamento dei tedeschi in Italia, così diverso da quello in Cecoslovacchia, mostra a quale tra questi due Stati possa avvicinarsi l'Austria.

Il cancelliere non ha risposto a queste insinuazioni contro l'Italia. È rimasto però meravigliato che la Cecoslovacchia si sia così apertamente espressa a nostro riguardo, ciò che sembra non sia fino adesso mai avvenuto. È tuttavia rimasto incerto se il ministro parlasse, su questo argomento, di propria iniziativa o per istruzione di Bènes.

Quanto questo ministro di Cecoslovacchia ha detto sulla opportunità di più stretti legami tra il suo paese e l'Austria conferma ciò che m'era stato ripetuto circa le idee di Bènes a tale riguardo e a modificazione dei progetti di Berthelot, secondo ho riferito con il mio telegramma n. 259 (1).

(l) Gruppi indecifrati.

522

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2413/1458/824. Parigi, 11 novembre 1927, ore 16,45 (per. ore 19,30).

Telegramma di V. E. n. 1473/931 (2).

Marinkovic era presente stamane cerimonia ufficiale anniversario armi

stizio. L'ho evitato fino all'ultimo momento, quando si è reso inevitabile il

semplice scambio di saluto. Ma il ministro di Serbia, per due volte, mi ha

detto che Marinkovic desidera vedermi. Ho evitato di rispondere.

523

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. RR. 1476/355. Roma, 11 novembre 1927, ore 24.

Decifri Ella stessa.

Governo britannico dimostra vivissime premure perchè siano impartite

a V. S. istruzioni di cui al memorandum che le ho riassunto col mio tele

gramma Gab. n. 1458 (3).

Non ritengo conveniente procrastinare ulteriormente risposta in attesa

degli elementi richiesti a V. S. col mio citato telegramma. Nel presente momento

politico stimo utile, nello stesso interesse della Bulgaria, che non appaia comunque per la delicata situazione serbo bulgara attuale un dissenso di vedute fra noi e Londra che potrebbe render meno efficace il nostro costante amichevole interessamento per codesto paese e forse potrebbe contribuire ad una stretta collaborazione anglo francese in favore della Serbia.

Prego perciò V. S. di far sapere subito a codesto suo collega britannico che Ella si terrà in contatto con lui per agire d'accordo nel consigliare il Governo bulgaro in quanto possa servire ad eliminare le preoccupazioni manifestate da Chamberlain. Ella potrà fare opportunamente comprendere al suo collega inglese come sembri opportuno che tali passi anglo italiani non abbiano ad assumere forme di soverchia pubblicità nè di eccessiva durezza che potrebbero pregiudicare la situazione dell'attuale gabinetto bulgaro creando possibilità di incognite nella politica interna della Bulgaria che andrebbe a tutto detrimento dello scopo perseguito e ci addosserebbe una responsabilità che l'Italia non intende assolutamente di assumere.

Il Governo bulgaro dovrà d'altra parte comprendere agevolmente che il Governo italiano, accettando di collaborare con quello di Londra in quanto possa mettere in luce la ' buona fede • dei poteri responsabili bulgari nella questione dell'agitazione macedone, lo fa nella sola intenzione di approfittare dell'occasione che gli è offerta di giovare agli interessi ed alla sicurezza della Bulgaria, nel momento stesso in cui la Francia si schiera nettamente a lato della Jugoslavia.

Conto sopra la S. V. per la più opportuna e prudente esecuziOne di queste mie istruzioni, e desidero essere tenuto telegraficamente al corrente. Le invio per corriere copia del memorandum britannico e della mia risposta.

(l) T. 8103/259 del 6 novembre, che non si pubblica.

(2) -Cfr. n. 519. (3) -Cfr. n. 499.
524

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI

T. GAB. RR. P. 1478/306. Roma, 11 novembre 1927, ore 24.

Dal suo rapporto 1230 rilevo che il signor Cicerin ha ripetuto un'altra volta l'affermazione che le conversazioni avvenute nel settembre 1926 con

S. E. Kergentzeff per la conclusione di un patto di non aggressione italasovietico si erano arenate in seguito alla mia richiesta che l'URSS si impegnasse ad appoggiare la politica italiana nella penisola balcanica e si astenesse dal fare una politica amichevole verso la Turchia (suo telegramma 279) (1). Come informai verbalmente V. E. al momento della sua nomina ad ambasciatore a Mosca, nei colloqui avuti con Kergentzeff mai si fece parola della Turchia e quanto ai Balcani mi limitai a dichiarare che l'Italia non intendeva rinunciare alla sua politica nei paesi danubiano-balcanici, senza dare però a tale

politica un significato di ostilità alla Russia (v. anche mio tel. 1968 del 6 giugno 1926) (1).

Prego pertanto l'E. V., appena se ne presenti l'occasione, far notare al sig. Cicerin come siano poco esatte le sue affermazioni e come Italia non abbia mai chiesto appoggio russo per sua politica nei Balcani o in Turchia. Lascio a V. E. trovare il modo più opportuno di fare tali rettifiche, evitando peraltro che esse possano essere comunque interpretate come nostro desiderio di riprendere conversazioni per un patto di non aggressione, ciò che non è pel momento nelle intenzioni del R. Governo.

(l) Cfr. n. 356.

525

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2416/462. Angora, 11 novembre 1927, ore 14,30 (per. ore 3,30 del12).

Ho avuto ieri sera prima conversazione Tewfik Russdi bey, che ho mantenuto sul campo politica generale evitando entrare particolari che esamineremo domani. Ho voluto anzitutto rendermi conto pensiero del ministro affari esteri in merito imminenza conclusione trattato di amicizia franco-jugoslavo. Tewfik ha cominciato col dire che questo avvenimento non l'ha sorpreso, perchè, da informazioni costavagli da qualche tempo avere Nincic, allora ministro affari esteri, firmato protocollo con cui Francia e Jugoslavia si obbligavano firmare accordo quando una delle parti contraenti lo richiedesse. Egli definisce in linea generale accordo come passo pieno rischi e che fra gli stati balcanici avrà grande ripercussione riattivando colà vari centri incendio. Governo jugoslavo aumenterà valore [sic] su Governo bulgaro, per indurre Sofia avvicinarsi a nuovo gruppo. Nonostante incerta condotta Buroff, Bulgaria non si presterà al giuoco jugoslavo. Presidente del consiglio bulgaro ed elementi macedoni costituiscono contro quella pressione argine sicuro secondo Tewfik Russdi. Quanto a Grecia, ministro affari esteri ritiene che Governo attuale, nonostante contraria dichiarazione non mancherà rispondere affermativamente quando da Belgrado venga formulato preciso invito aderire patto neutralità e amicizia. Venizelos e altre personalità stanno livellando terreno.

Tewfik, sebbene a me abbia dichiarato assistere con calma svolgimento nuova situazione, è preoccupato (come ha detto al ministro Albania) di fronte presentarsi sulla scena balcanica possibile egemonia jugoslava e minaccia jugoslava su Costantinopoli. A me e a collega albanese ha osservato che unico contrappeso a questa azione jugoslava è amicizia italo-turca, che favorirà costru

zione di quell'argine balcanico meridionale basato sulla assistenza Italia e costituito da Albania, Bulgaria, Turchia, che solo potrà difendere pace nei Balcani, nel Mediterraneo e costituire potente contrappeso nuova duplice ... (l) Jugoslavia Cecoslovacchia, Romania.

Il presente telegramma continua col numero successivo.

(l) Col quale Bordonaro comunicava di aver dichiarato all'amb'l5~iatore sovietico • che l'Italia pur intendendo non rinunciare per nulla alla sua politica nei paesi danubiano-balcanici, non intende dare a questa politica un significato di ostilità alla Russia, colla quale non ha modificato nè intende modificare i suoi rapporti •. La dichiarazione era stata fatta a proposito delle relazioni italo-romene.

526

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2414/463. Angom, 11 novemb1·e 1927, ore 14,30 (pe1·. ore 22).

Costruzione di quell'argine di cui è questione nel mio telegramma precedente, osserva Tewfik Russdi bey, riuscirà oggi più facile e più solida, dati migliorati rapporti italo-turchi (che da Parigi, da Belgrado tutto fu fatto per intorbidire) dato che Italia e Turchia hanno avuto tempo riorganizzarsi sotto potente mano di due alti capi di Governo e di ricostruire proprie forze. Forze militari di cui dispone ora Turchia sono superiori a quelle di qualsiasi gruppo balcanico. Mentre stato degli albanesi e spirito popolazione albanese nella Jugoslavia sono tali che permetterebbero all'Italia di non diminuire proprie forze nel continente [sic] e non impegnarsi nell'Albania, i Governi Italia e Turchia secondo Tewfik Russdi bey devono oggi concentrare propria azione a Sofia per aiutare quel popolo che sebbene guidato da parlamentari tentennanti e inetti, nè provvisto di mezzi finanziari adeguati, costituisce un forte mezzo d'azione per tenere a bada Jugoslavia. Nuovo trattato franco-jugoslavo concludeva Tewfik Russdi bey costituisce un rafforzamento della Piccola Intesa. Il che non sarà certo ben visto a Mosca. Il fatto di essere rimasti ..... (l) dimostra che amicizia con l'Italia rimane principio salda politica estera turca.

Dal colloquio ho tratto sicura impressione che oggi qui è sommamente valutata e ricercata amicizia coll'Italia e che ci si attende con qualche impazienza conoscere [atteggiamento] del R. Governo di fronte nuovo trattato francojugoslavo.

Prego V. E. analizzare presente... (l) pazienza per quelle comunicazioni

che Ella crederà affidarmi.

527

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. 649. Roma, 12 novembre 1927, m·e 20.

Ricevo sua cara lettera (2). Trattasi sciocche assurde voci che non hanno benchè minimo fondamento. Ella si prepari rimanere Londra almeno venti anni. Affettuosamente (3).

l3) La minuta è di pugno di Grandi.
(l) -Gruppi indecifratì. (2) -Non rinvenuta.
528

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2420/279. Sofia, 12 novemb1'e 1927, o1'e 15 (per. m·e 20,10).

Telegramma di V. E. riservatissimo 1458/345 (1). Al memorandum inglese possono farsi seguenti obbiezioni: l) non è esatto che Governo bulgaro non si sia valso dei poteri consentitigli dalla legge marziale nei distretti macedoni di frontiera; durante tutto il mese infatti, da che è stato proclamato stato d'assedio, non si è verificato nei predetti distretti, neanche minimo incidente. Le due provincie di Petric e Kustendil furono sottomesse al Governo di un generale con amplissimi poteri e ordini perentori applicarli rigorosamente mediante truppe inviate per l'occasione stato d'assedio. Dato ciò e data, ripeto, assoluta mancanza incidenti di frontiera riconosciuta da questo stesso ministro di Serbia, non si comprende su quale base possano fondarsi dubbi del Governo inglese circa buona fede Governo bulgaro.

2) Questo ministro d'Inghilterra ha già effettuato un passo presso il Buroff in termini insolitamente vivaci, tanto da determinare un colloquio che Buroff ha definito • agro dolce • e che Liapceff mi ha dichiarato avere rivestito carattere quasi di minaccia, persino in relazione alla questione del prestito bulgaro. Buroff ha replicato non nei termini indicati nel memorandum inglese, bensì facendo osservare a Erskine che Governo bulgaro aveva preso la misura eccezionale dello stato d'assedio ( • forzando • a tale fine la parola e lo spirito della costituzione) soprattutto per dare soddisfazione Europa e calmare eccitazione casta militare serba; che stato d'assedio fu deciso e veniva applicato in perfetta buona fede e senza nessuna arrière pensée di sfuggire ai doveri da esso imposti; che altre misure pretese da Inghilterra quali ad esempio arresto capi organizzazioni macedoni e scioglimento di queste non solo sarebbero state pericolose per ... (2) (dato il mezzo milione di macedoni qui stabiliti e la solidarietà con essi della popolazione bulgara) ma sarebbero anche riuscite vane, perchè i capi eventualmente arrestati sarebbero immediatamente stati sostituiti da altri, mentre O.R.M.I. non è una regolare società o un club che possa essere disciolto con provvedimento di polizia, ma una fratellanza non raggiungibile nella sua indefinita vastità; che gravità questione macedone profondamente radicata nell'animo balcanico in generale e bulgaro in specie non può assolutamente imputarsi a mal volere tanto meno a complicità Governo bulgaro, nè essa può ridursi neutralità [e] semplice questione polizia politica bulgara, come invece vorrebbero credere gli inglesi; questione macedone ormai secolare, è estremamente complicata, e involge elementi politici, etnici, economici, sentimentali, così da sorpassare grandemente limiti attuali della frontiera locale per costituire vera e propria questione europea; che comunque Governo bulgaro, conscio sue necessità pace e

suoi doveri internazionali cercava con ogni mezzo compatibile con la sua sicurezza interna, di frenare movimento macedone in Bulgaria, pur non potendo arrivare al disconoscimento della ingiustizia sancita dai trattati, specialmente nei riguardi della non applicazione ai macedoni dei diritti elementari delle minoranze.

(l) -Cfr. n. 499. (2) -Gruppi indecifrati.
529

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2422/280. Sofia, 12 novembre 1927, ore 14,30 (pe1·. o1·e 20).

Il presente telegramma fa seguito a quello col numero precedente.

A questo ed altri argomenti di Buroff questo ministro d'Inghilterra non ha potuto replicare, anzi ne ha riconosciuto fondatezza limitandosi dichiarare 'a Buroff che passo analogo a quello da lui compiuto a Sofia era stato eseguito dal ministro d'Inghilterra a Belgrado, dove però Inghilterra aveva avuto sensazione che stato d'animo di quel mondo militare [era] assai pericoloso, e minaccie unanimi potevano determinare da un momento all'altro un conflitto armato di non prevedibile gravità, ove Sofia non avesse dato altre e maggiori soddisfazioni a Belgrado.

3) Opinione di Chamberlain che Liapceff non sia fermo e deciso non può in coscienza essere condivisa. Liapceff ha dato prova in questa circostanza difficilissima non solo di fermezza di carattere e di coraggio, ma anche di grande saggezza. Egli è padrone della situazione, conosce come pochi la questione macedone essendo macedone egli stesso ed è meglio degli altri in grado [di valutare fin] dove un Governo bulgaro può spingere la sua azione di repressione per avvenimenti svoltisi in regioni politicamente appartenenti ad altri stati. Esponendomi molto [fermamente] la sincerità dei suoi [propositi] e rivendicando diritto di essere creduto quando egli afferma di avere fatto il massimo che gli era concesso, Liapceff mi ha espresso suo rammarico per memorandum di Londra improntato certo ad una non chiara ed esatta visione della realtà.

Il presente telegramma continua col numero successivo.

530

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2423/281. Sofia, 12 novembre 1927, ore 18,:W (per. ore 23,35).

Presente telegramma [fa seguito a quello col numero precedente].

Un nuovo passo di una o più grandi potenze presso Governo bulgaro sarebbe oggi, a mio avviso, assolutamente fuori luogo e non potrebbe trovare alcuna giustificazione di fronte al Governo stesso e alla pubblica opinione di questo paese. Oltre infatti alla constatazione di fatto già fornita (e che Governo buigaro avrebbe ogni ragione di far valere) che stato d'assedio ha pienamente raggiunto sino ad oggi scopo per cui fu decretato, devesi tener presente duplice assassinio di Istip nelle persone del padre e del fratello del capo supremo dei comitagi Ivan Mihailoff. Tale delitto (per vendetta o [di] macedoni-serbi o di federalisti macedoni legati ai serbi) fornirebbe a Liapceff, in caso di un nuovo passo diplomatico da parte delle Grandi Potenze, ottimo argomento in appoggio tesi sempre sostenuta da Governo bulgaro, e da Buroff, come si è visto, ancora una volta ripetuta a Erskine, che questione macedone non è affatto di politica interna bulgara e neanche jugoslava (come dimostra il fatto che Jugoslavia malgrado potenti mezzi di cui dispone e metodi di cui usa, non è neanche essa capace, nonchè di risolverla neanche di attenuarla) ma è questione europea che solo con grandi Potenze potrebbe sistemarsi mediante seria Commissione inchiesta, che portasse alla concessione ai macedoni dei diritti fondamentali delle minoranze (chiese, scuole, lingua) unico mezzo rendere ingiustificata, o meglio meno giustificata, di fronte popolo bulgaro azione organizzazioni macedoni. Ma oltre difficoltà provenienti da linea politica attuale di alcune grandi potenze (quella di Francia era unita a quella jugoslava) Liapceff (e con lui chiunque conosca questi paesi) è convinto che Serbia mai accetterebbe inchiesta in Macedonia.

Il presente telegramma continua col numero successivo.

531

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.GAB. RR. 2424/282. Sofia, 12 novembre 1927, ore 19,40 (per. ore 2 del 13).

Seguito del numero precedente.

Resterebbe altra soluzione, che grandi potenze, senza proporre inchiesta influissero su Belgrado per concessione ai macedoni diritti minori o anche ridotti al minimo: signor Liapceff mi ha a questo proposito riservatamente dichiarato essere interamente convinto che anche se Belgrado mostrasse di accettare consigli o pressioni grandi Potenze, in realtà non farebbe nulla di nulla, • spirito della Serbia di oggi, divenuta grande Potenza balcanica, essendo rimasto identico a quello della piccola Serbia di avanti guerra, aggressivo, astioso, avido di potere concentrato in Belgrado, senza visione delle nuove realtà storiche e con la permanente illusione di potere " serbizzare " altri popoli aventi sufficienti [caratteri] etnici ben definiti e qualità morali sociali intellettuali superiori a quelle dei serbi stessi ». Questione macedone, nel presente stato delle relazioni delle grandi potenze tra loro e di alcune di esse con la Serbia è quindi oggi di ben difficile soluzione: si ritorna in conclusione alla affermazione già più volte ripetuta e che indiscutibilmente è vera, [che] non è giusto pretendere che tale soluzione venga trovata od applicata dalla Bulgaria; è questa nazione che, per la forza stessa delle cose, soluzione della questione macedone potrà subirla, ma non certo idearla od attuarla secondo desiderio e gli interessi antagonistici di un'altra nazione per di più odiata nemica.

Continua col numero successivo.

532

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2425/283. Sofia, 12 novembre 1927, ore 19,40 (pe1·. ore 2 de! 13).

Presente telegramma fa seguito al telegramma precedente.

Questo ministro d'Inghilterra è venuto a vedermi per chiedermi se V. E. mi avesse dato istruzioni di unirmi a lui per il passo previsto dal memorandum inglese. Ho risposto di non aver ancora istruzioni in tal senso. Ho aggiunto a mio nome, del tutto personale, che non comprendevo la necessità di un tale passo, che mi sembrava inopportuno e non tempestivo per i motivi suesposti, cioè buon risultato dello stato di assedio e duplice assassinio di Istip. Erskine ha convenuto meco come già aveva convenuto con Buroff. Gli ho domandato se egli avrebbe ugualmente eseguito il nuovo passo ordinatogli: mi ha risposto che vedendo Buroff gli avrebbe accennato, a titolo di consiglio e di esortazione da parte Governo britannico, alla necessità raccomandare sorveglianza tanto alla frontiera che nel paese per impedire formarsi qui di complotti antiserbi da svolgersi poi in Macedonia. Limitata a questa forma generica di raccomandazione (che del resto rientra nei limiti normali dei rappresentanti delle grandi potenze presso i Governi balcanici) un mio passo separato da quello del ministro inglese potrebbe anche, a mio avviso venire effettuato ove V. E. avesse motivo volere aderire, pure soltanto in parte, predetto invito britannico. In tal caso crederei opportuno, per i motivi già esposti, non entrare di nuovo nell'argomento della efficacia, più o meno, dello stato d'assedio nè tanto meno accennare alla insostenibile richiesta di arresto dei capi e di scioglimento della O.R.M.I. bensì di trarre occasione dal recente delitto serbo di Istip per richiamare attenzione del Governo bulgaro su possibile, anzi probabile eventualità di rappresaglie o vendette da parte comitagi, il che riaccenderebbe di nuovo gravemente la pericolosa questione.

Il presente telegramma continua col numero susseguente.

533

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2426/284. Sofia, 12 novembre 1927, ore 20 (pe1·. ore 2 de! 13).

Seguito del numero precedente.

Attendendo istruzioni di V. E. informo che (vedi telegramma di V. E. gab. riservatissimo 1462) (l) non avevo sino a ieri ricevuto nessuna istruzione in relazione alla richiesta fatta a V. E. da Chamberlain. Cambon inoltre mi ha dichiarato di condividere pienamente mio parere circa inopportunità ed infondatezza nuovo eventuale passo diplomatico presso questo Governo ... (2). Circa

verità passo che io avrei eseguito presso Governo bulgaro d'ordine di v. E. (mio telegramma n. 273 gab.) (1). Cambon mi ha chiarito trattarsi di notizia apparsa su un giornale francese sulla quale egli mi aveva interpellato a titolo puramente informativo.

Mi ha poi detto non ricordarsi bene tenore notizia quindi di non confermare esattamente frase concernente indipendenza Bulgaria. Ho (anche per l'insieme della condotta di Cambon a mio riguardo gentilmente investigativa) impressione precisa che Francia è vivamente preoccupata di conoscere quale sia sostanza nostri rapporti con Bulgaria, specie per quanto riguarda Macedonia, e ciò in particolar modo, da qualche mese in qua, da quando cioè campagna serbo-francese per riavvicinamento serbo-bulgaro ha subito netti colpi d'arresto, mentre opinione pubblica bulgara ha accentuato sua fiduciosa orientazione verso Italia. Specialissima preoccupazione del Cambon, che non riesce a nascondere, è eventualità matrimonio re Boris con S.A.R. principessa Giovanna.

Continua con numero succcessivo.

(l) -Cfr. n. 510. (2) -Gruppi indecifrati.
534

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2427/285. Sofia, 12 novembre 1927, ore 20 (per. ore 0,20 del13).

Il presente telegramma fa seguito al numero precedente.

Per fornire a V. E. tutti gli elementi decisione circa mio passo presso il Governo bulgaro nei limiti ristretti su accennati informo che tanto re Borìs quanto Liapceff Buroff e Mollo fff l mi hanno personalmente espresso loro grande soddisfazione e loro viva gratitudine per V. E. per avere avuto fiducia nella Bulgaria, non ordinandomi di partecipare con Cambon e Erskine al passo compiuto presso Governo bulgaro dopo uccisione generale Kovacevich. Mi permetto infine pregare V. E. volermi dare istruzioni se nelle presenti circostanze (come è mio rispettoso parere) io debba agire con tutta prudenza e riservatezza imposta dalla mia delicatissima posizione, presso note persone (che saranno Sofia tra pochi giorni) onde consiglif!re moderazione in seguito duplice delitto Istip, ovvero se debba astenermi da ogni intervento.

Fine del telegramma.

535

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, PETRUCCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 2456/1471. Belgrado, 12 novembre 1927 (per. il15).

Per quanto abbia cercato, non mi è stato possibile di avere sicure notizie circa le ragioni che hanno affrettato la firma del patto fra Jugoslavia e Francia.

Ma da varie circostanze e da voci provenienti da differenti parti sembrami poter dedurre quanto segue:

Ragioni di carattere generale.

Il patto predetto rientra nell'azione che sta perseguendo con una rinnovata

energia la social democrazia massonica ebraica internazionale con principale

obbiettivo: la lotta contro l'Italia fascista. Ai grandi patroni della congrega

predetta: Briand e Benes, oggi si è aggiunto Marinkovic, massone di vecchia

data, che ha larghe aderenze nel mondo ebraico essendo sua madre ebrea. Il

campo di azione fra i tre predetti è oggi ben delimitato: Briand opera in occi

dente, Benes nell'Europa centrale, e Marinkovic nei Balcani. Dietro quest'ultimo

stanno compatte più che mai le forze fattive jugoslave, ossia: S. M. re Alessandro,

la cui effige con relativo stemma, da quanto mi è stato riferito, sovrasta il trono

del grande architetto nella sala delle riunioni di questa loggia centrale massonica;

le cricche militari con a capo il venerabile generale Pera Givcovich, comandante

della guardia reale, ed oggi più che mai padrone di questo paese; l'alta banca

con a capo il gran maestro Vaifert, direttore generale della banca nazionale; le

società segrete, prima fra tutte la « Narodna Obrana ", notoriamente emana

zione massonica, la stampa ecc.

Oggi non vi può più essere dubbio che la Jugoslavia è, per opera dell'ele

mento serbo dominatore, infeudata al grande oriente di Francia e costituisce

la pedina avanzata nella lotta contro l'Italia fascista.

Ragioni di carattere particolare ma non immediato. Come ebbe a riferire questa legazione, da più mesi la Francia stava trattando col Governo SHS per il pagamento degli interessi in oro dei prestiti di anteguerra, e per la sistemazione dei debiti di guerra contratti dalla Jugoslavia. Specialmente sulla prima questione si manifestarono da parte SHS grandi diffi· coltà per venire ad un accomodamento, volendo la Francia avere il pagamento integrale in oro, e chiedendo la Jugoslavia invece di pagare in moneta carta francese. Questo Governo credette ad un certo momento di poter chiedere che il regolamento delle due questioni predette fosse subordinato alla firma del patto di amicizia già da tempo parafato. La Francia, e per interesse pecuniario e per quello politico generale, entrò in questo ordine di idee, e si iniziarono trattative in proposito, che non furono molto facili, come V. E. potrà rilevare dal telegramma di questa R. legazione n. 812 del 21 ottobre scorso (1).

Ragioni di carattere pa1·ticolare ed immediato. Le cose stavano al punto sopra esposto, quando da parte francese venne l'improvvisa richiesta di procedere subito alla firma del patto. Questa circostanza mi è stata riferita da persona degna della massima fede. Quale la ragione di tale richiesta? Tutto concorda nel far ritenere che la Francia abbia voluto rispondere con questo gesto alla mossa italiana su Tangeri, e forse anche all'incontro di Chamberlain con Primo de Rivera. La Francia non ha perciò abbandonato le questioni del pagamento dei coupons in oro e dei prestiti di guerra

che nella fretta di firmare il patto erano rimaste sospese, ed a ciò deve, molto presumibilmente, essere attribuita la voce raccolta da giornali francesi e jugoslavi, che la ratifica del patto non avrebbe seguito immediatamente la firma. La Francia ha voluto evidentemente riservarsi un'arma di pressione per ottenere la liquidazione dei suoi crediti, ben conoscendo quanto questo stato sia cattivo pagatore.

Effetti del Patto franco-jugoslavo e sua portata.

a) Sulla politica interna: esso è stato l'ossigeno che ha permesso a Marinkovic ed al Gabinetto Vukicevich di vivere almeno sino a gennaio prossimo. I maggiori benefici Ii ritrarrà Marinkovic stesso che, oltre la fama di grande diplomatico, che gli assicurerà per lungo tempo ancora il portafoglio degli affari esteri, viene a prendere una posizione predominante nella politica interna sopratutto per il fatto che ormai la maggioranza del partito democratico seguirebbe lui e non Davidovich.

Vukicevich ha poi profittato subito del vento in poppa per chiudere la Scupcina sino a gennaio. Già si nota poi come questo patto sarà sfruttato dalle società patriottiche per creare un terreno comune sul quale le tre razze si incontreranno: l'amore per la Francia, che servirà di contrapposto ed alimento all'odio contro l'Italia. Il primo è venuto quindi a rinforzare il secondo e tutti e due formano, per ora almeno, l'unico cemento delle tre stirpi dello stato trino.

Difatti la • Narodna Obrana •, governativa e massonica, ha già indetto in tutte le città della Jugoslavia una serie di feste in onore della Francia (leggi in odio all'Italia) e, non senza un significato, Lubiana è stata prescelta per iniziare le feste stesse. I giornali odierni riportano che ieri si ebbero grandi manifestazioni di giubilo nella predetta città, con cortei, discorsi, ecc. Oggi è la volta di Belgrado. Auguriamoci che queste manifestazioni non provochino grida ostili contro l'Italia. Intanto non è certo di buon augurio il fatto che oggi, fra le altre manifestazioni, vi sarà qui una • conferenza sulle popolazioni slave giacenti sotto la schiavitù italiana •.

b) Nella politica estera. Conoscendo a fondo l'anima primitiva di questo popolo, so che i sentimenti prendono in esso sempre forme violente e quindi il patto colla Francia getterà olio bollente nel fuoco di odio che già divampa contro l'Italia, renderà le cricche militari, già tanto oltracotanti, più aggressive che mai, darà buon giuoco a tutti gli innumerevoli profittatori delle calamità pubbliche per spingere il paese verso azioni sconsiderate. Questo è l'aspetto principale sotto il quale l'atto internazionale odierno va esaminato; giuridicamente il patto può sembrare inquadrato nelle finalità della Società delle Nazioni; politicamente esso è un errore fenomenale poichè parte da un presupposto psicologico errato: quello che la Jugoslavia sia uno stato normale, compos sui e che abbia la libera determinazione dei suoi atti. Esso è invece un corpo infermo, affetto da disfacimento organico cronico, e che ha quindi bisogno di continui eccitanti per tenersi in piedi. Questo del patto colla Francia è un magnifico eccitante; ma vi sono probabilità che esso sia troppo forte e conduca l'ammalato a passi estremi!

Del resto gli stessi francesi di buon senso hanno già avvertito il pericolo, e solo l'odio cieco della setta massonica, quell'odio che non ha perdonato durante secoli nè al trono nè all'altare, può spiegare un atto simile, in un simile momento. Venendo ad esaminare particolarmente gli effetti del patto franco-jugoslavo nei riguardi esteri, sembrami di poter dedurre:

l) Nei 1·iguardi italiani. Vi sarà il tentativo già in atto di fare nuove e pm impellenti pressioni per ottenere che si inizino delle conversazioni, le quali dovrebbero contemplare, evidentemente, il trattato di Tirana. Questi tentativi saranno appoggiati dalla Francia, in nome della pace europea, sopratutto con una larga campagna di stampa che avrà il precipuo scopo di gettare cattiva luce sull'Italia. Ciò tanto più se V. E. vorrà mantenersi sulla posizione precedentemente presa di non volere entrare in conversazioni di sorta, finchè questo stato non abbia dimostrato con i fatti che intende creare un'atmosfera d'intesa fra i due paesi.

II fallimento di questi tentativi servirà a mascherare la manovra, cui ho sopra accennato, dei circoli militari e patriottici di questo paese, diretta ad aumentare l'eccitamento di questa opinione pubblica contro l'Italia. Tutto ciò gioverà ai fini dello stato maggiore SHS, il quale tende notoriamente a creare l'unione delle tre stirpi (che sul terreno interno hanno avuto sempre tendenza a dividersi), ed a seminare odio e discredito contro quelle nazioni che si prevede contrasteranno alle mire imperialistiche serbe.

2) Nei rigum·di deH'Albania. Duplice azione: su Ahmed Zogu per staccarlo dall'Italia, facendogli apparire la posizione internazionale di quest'ultimo indebolita e scossa; sui fuorusciti albanesi per cercare di riprenderli tutti in mano, e per p o tersi così preparare ad attuare un colpo di mano sull'Albania, il quale, essendo condotto apparentemente da tutto il fuoruscitismo albanese, dovrebbe apparire all'estero come una riscossa degli albanesi contro Ahmed Zogu.

3) Nei riguardi della Grecia. Approfittare della mediazione francese e dell'aumentato prestigio jugoslavo per rivedere con altri criteri la questione del transito per Salonicco, e rimettere sul tappeto l'idea di un trattato di alleanza. Questo programma viene già accennato nel giornale ufficioso Pravda di oggi a proposito di una visita che il signor Politis avrebbe fatto al signor Marinkovic a Parigi. Secondo il predetto giornale, Politis avrebbe dichiarato che egli è vecchio amico della Jugoslavia, e che desiderava vedere rinnovarsi al più presto l'alleanza politica greco-serba.

4) Nei 1·iguardi della Bulgm·ia. Spingere in tutte le maniere la Bulgaria a riavvicinarsi alla Jugoslavia sul terreno dell'unione degli slavi del sud. Sebbene col mio telegramma per corriere odierno n. 7829/1467 (l) abbia prospettato come fra Jugoslavia e Bulgaria si sia ancora molto lontani da qual

siasi forma di intesa, purtuttavia lo sforzo delle forze combinate massoniche internazionali, e sopratutto jugoslave e francesi, è e sarà più ancora in avvenire tale, che delle sorprese potrebbero anche avverarsi da un momento all'altro.

Ad appoggio di questa mia tesi riporto un periodo del giornale La Bulgarie del 10 corrente. Questo periodico, che nei passati giorni ha sempre avuto un contegno molto ostile alla Jugoslavia per quanto si riferiva alla questione macedone, commentando il patto franco-jugoslavo, scrive:

• L'opinion bulgare estime que l'amitié franco-yougoslave est appelée à exercer une influence salutaire sur les relations interbalkaniques dans le sens des idées généreuses dont s'est de tout temps inspirée la politique française. Souhaitons que l'idéal de l'union slave puisse sous son impulsion devenir une réalité palpable •.

Mi riservo di prospettare in un prossimo rapporto quali possano essere gli effetti del patto suddetto nei riguardi della Piccola Intesa e dell'Ungheria.

(l) Cfr. n. 501.

(l) Cfr. n. 481.

(l) T. gab. 246317829/1467, per il 15. del quale si pubblica solo il capoverso finale: ··Tenuto fermo il punto che la Macedonia costituisce pur sempre il centro di gravitazione politica,sentimentale, sto;rica e culturale della Serbia... , questa si trova per forza di cose inchiodata, paralizzata dall'attività del predetto comitato rivoluzionario. La vita di questo è dunquenecessaria: a) per mantenere una barriera insormontabile fra Bulgaria e Jugoslavia così che l'ideologia degli apostoli dell'unione di tutti gli slavi del sud perda ogni contenuto pratico di fronte all'affermazione violenta, ma concludente, della volontà del popolo macedone di non essere assimilato; b) per impedire che l'irrequietezza delle sfere dirigenti serbe, e sopratutto di quelle militari, riversino [sic] la loro turbolenta attività sulle altre due grandi vie della vagheggiata espansione imperialistica serba: Salonicco e l'Albania>.

536

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 1481/402. Roma, 13 novembre 1927, m·e 19.

Secondo notizie di fonte parigina si negozierebbe un trattato politico fra Francia e Grecia al quale dovrebbe far seguito in un secondo tempo un trattato fra Grecia e Jugoslavia. lVIi dica se tali notizie corrispondono a verità.

537

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8319/488. Atene, 13 novembre 1927, ore 16,30 (per. ore 20).

Telegramma di V. E. n. 6224/395 (l) incrociatosi col mio n. 483 (2).

D'accordo con Loraine ho fatto per iscritto a questo ministro degli affari esteri dichiarazione analoga a quella inglese. Mi riservo inviare testo col prossimo corriere. Michalacopoulos venuto a farmi visita ufficiale in occasione 11 novembre, mi ha espressamente pregato di esternare all'E. V. assai viva riconoscenza sua personale e del Governo ellenico per autorizzazione data al ministro delle finanze Cafandaris circa nota dichiarazione, che egli farà pubblicamente alla Camera soltanto se risulterà indispensabile. Si varrà intanto senza dubbio del concorde atteggiamento itala-inglese per l'ulteriore condotta delle trattative tuttora in corso a Parigi per la sistemazione dei debiti di guerra. Michalacopoulos ha poi osservato che firma del patto franco-serbo non doveva essere

::ausa di speciale emozione per il Governo greco avendo dato sanzione a uno stato di cose preesistente e perfettamente noto. Ha aggiunto spontaneamente subito dopo che prendeva volentieri occasione della suddetta visita per confermarmi ancora come restasse anche più saldo l'intendimento di questo Governo delle più amichevoli relazioni con l'Italia.

Si è poi confidenzialmente !agnato della intransigenza di Poincaré osservando che se il signor Briand non fosse risentito per l'avvenuto rigetto delle convenzioni di Salonicco, non avrebbe lasciato così mano libera al Poincaré in una questione che ha tanta attinenza con la politica.

In complesso ho l'impressione che il Governo sia preoccupato per il rincoramento che la firma del patto procura alla Jugoslavia e che esso cerchi pertanto attualmente una qualche soluzione che gli permetta di rabbonirsi la Francia.

(l) -Del 9 novembre, ore 18, che non si pubblica, relativo alla progettata dichiarazione italo-inglese al Governo greco sul suo debito di guerra. (2) -T. 8149/483 dell'8 novembre, ore 21,25, per. ore 23,35, che non si pubblica.
538

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2433/288. Sofia, 13 novembre 1927, ore 17,30 (pe1·. ore 20,30).

Assolutamente confidenziale.

Essendo stato informato che ieri ed [oggi] comitato centrale O.R.M.I. riunivasi in provincia per discutere ed eventualmente decidere azione rappresaglia a seguito uccisione padre fratello Mihailoff, ho ritenuto necessario avvertire segretissimamente Tomaleski non precipitare avvenimenti e venire Sofia parlare con me.

Tomaleski tornerà Sofia domani e lo vedrò certamente martedì con assoluta

sicurezza di segreto. Per martedì mattina sarei grato a V. E. se volesse inviarmi

istruzioni riguardo ultima parte mio telegramma Gabinetto 285 (l) nonchè in

genere su considerazioni da me svolte nei miei telegrammi 242 e 243 del 9 ottobre

scorso (2).

539

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2432/286. Sofia, 13 novembre 1927, ore 17,30 (peT. ore 21).

Telegramma di V. E. Gab. riservatissimo 355, giunto dopo partenza miei

279 a 285 (3).

Parere da me espresso circa limiti e forma mio eventuale intervento coin

cide con precise istruzioni di V. E. che eseguirò subito, assicurando V. E. che

mio passo sarà attuato in modo che Governo bulgaro ne comprenderà intera

mente motivi e sentirà in essi nuova prova interessamento amicizia Italia. Rife

rirò immediatamente.

(l) -Cfr. n. 534. (2) -Cfr. nn. 461, 462. (3) -Cfr. nn. 523, 528, 529, 530. 531. 532, 533. 534.
540

PROMEMORIA DEL SOTTOSEGRETARO AGLI ESTERI, GRANDI (l)

Roma, 13 novembre 1927.

La Delegazione Ungherese per lo studio delle riforme fasciste giunta a Roma il 28 Ottobre ne è ripartita 1'11 corrente (si allega l'elenco del suo personale).

Essa ha seriamente studiato il complesso delle riforme introdotte in Italia dal Governo Fascista dimostrando sempre il più vivo interesse e spesso la più grande ammirazione.

La Delegazione Ungherese è sembrata principalmente desiderosa di studiare i problemi sindacali, le iniziative di assistenza sociale e di propaganda, l'organizzazione del Partito e delle formazioni giovanili.

Il Barone Pronay e vari Membri della Delegazione ripeterono a più riprese che fra i motivi della loro venuta a Roma vi era il fatto della formazione spontanea in Ungheria fra i minatori di Salgotarian di un partito a base nazionale e anticomunista che ha assunto il nome di Partito Fascista. Il Governo desidererebbe evidentemente di dare a questo Partito un contenuto programmatico che permettesse l'avvicinamento dell'attuale Regime conservatore con le forze popolari e specialmente con quelle dei contadini.

I vari Membri della Delegazione non si nascondono tuttavia le difficoltà di creare in Ungheria, Paese a tradizioni essenzialmente feudali e ove tuttora domina la grande proprietà terriera, un movimento analogo al Fascismo. Tanto più che il ceto medio, nel quale meno forti sono abitualmente gli egoismi di classe ed è più sviluppato il sentimento nazionale, risulta in Ungheria composto principalmente da ebrei. Questi ultimi che formano circa 1'8 per cento della popolazione dello Stato e costituiscono la quasi totalità dei giornalisti, medici, avvocati, banchieri e commercianti dell'Ungheria, sono per la maggior parte internazionalisti e ostili ad una concezione autoritaria dello Stato. Rimane quindi difficile affidare ad una classe media veramente ungherese, poco numerosa e formata quasi soltanto di ricchi contadini, di Funzionarì, e di ex ufficiali appartenenti alla piccola nobiltà provinciale, i compiti tecnici e direttivi attraverso ai quali si stabilisce in Italia il contatto e si diminuiscono gli attriti fra i datori di lavoro e i lavoratori.

Appare in ogni modo evidente, lasciando in disparte quanto ai Membri

della Delegazione è piaciuto di far sapere, anche in· occasione dell'intervista

concessa dal Barone Pronay il 2 novembre al Lavoro d'Italia, che il Governo

.,. -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

del Conte Bethlen si preoccupa oggi di assicurarsi quella collaborazione popolare che fin qui gli è mancata. Il Governo del Conte Bethlen, formatosi a Szeged, mentre Budapest era ancora in mano ai comunisti, assunse il potere effettivo nella Capitale dopo l'evacuazione romena e l'effimero Governo Friedrick, grazie a favorevoli circostanze abilmente sfruttate da un piccolo gruppo di uomini capaci ed alla fedeltà della vecchia burocrazia. Ma il Conte Bethlen non disponeva e non dispone tuttora di alcun Partito a larga base popolare. Egli ha governato appoggiandosi ai grandi, ai piccoli proprietari terrieri e ad alcune personalità che ebbero in passato notevole parte nella vita pubblica ungherese ed imponendosi al Paese pervaso dal doppio timore del comunismo

e degli Stati vicini.

Di fronte oggi al rallentarsi delle due minaccie il Conte Bethlen, preve

dendo un rafforzamento delle tendenze socialiste soprattutto nel grande prole

tariato agricolo, vuole evidentemente venire incontro al movimento attirandolo

entro i quadri di governanti oggi al potere. Il tentativo è quindi in parte analogo

a quello fatto in !spagna dal Generale De Rivera. L'esperimento è tuttavia par

ticolarmente difficile per un Governo che ha condotto per sette anni una po1i

tica necessariamente reazionaria. Gli uomini che si propongono oggi il nuovo

compito sono in ogni caso di provata abilità ed animati dal più ardente spirito

nazionale.

Il Barone Pronay malgrado la diversa preparazione mentale e storica, ha

mostrato di comprendere e sentire le linee direttive del pensiero fascista. Specie

in alcune occasioni egli ha avuto slanci di sincero entusiasmo per i programmi

e le realizzazioni del Regime.

Ciò è avvenuto specialmente in occasione della Rivista a Villa Glori, delle

appassionate e chiare esposizioni fatte dagli Onorevoli Turati, Rossoni e Ricci

rispettivamente sulla organizzazione del Partito, dei Sindacati e dell'Opera

Nazionale Balilla, nonchè a seguito del colloquio con S. E .. Rocco che illustrò

ampiamente il carattere giuridico delle Riforme Fasciste, sottolineando le carat

teristiche della dottrina cui si informa il Fascismo in assoluta antitesi con quella

della Rivoluzione Francese.

Negli ultimi giorni della sua permanenza a Roma il Barone Pronay ha

inoltre a più riprese espresso la sua soddisfazione per i risultati ottenuti dalla

sua Missione grazie alle cordiali accoglienze fattegli in tutti gli ambienti delle

Amministrazioni Statali, Parastatali e del Partito. Dovunque egli ha ricevuto

chiare ed esaurienti risposte orali e scritte alle varie questioni, d'ordine politico,

tecnico od amministrativo, che da lui erano poste. Si allega l'elenco di tali que

stioni e dei colloqui avuti dal Barone Pronay e dagli altri Membri della Dele

gazione.

Il Barone Pronay è partito 1'11 sera diretto a Budapest. Egli ha portato

con sè un largo materiale di pubblicazioni ufficiali ed ufficiose che saranno tra

dotte e studiate a Budapest. Compiuto questo lavoro il Governo ungherese chie

derà nuovamente al R. Governo di permettere ad alcuni Membri della Delega

zione di tornare a Roma per approfondire lo studio di alcune questioni.

(l) Manca il destinatario. Si tratta con ogni probabilità di Mussolini.

541

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2440/491. Atene, 14 novemb1·e 1927, ore 13 (per. ore 14,50).

Mio telegramma n. 2437/489 (1).

Michalacopoulos mi ha confermato esplicita dichiarazione che stato trattative Parigi per debiti non ha fatto ancora alcun concreto passo innanzi. Esclude che siano comunque in corso approcci per conclusione patto tra Francia e Grecia i cui accenni attribuisce a semplici fantasticherie giornalistiche di ispirazione jugoslava. Egli conferma calda riconoscenza per atteggiamento italiano e sincero interessamento mantenere con noi più amichevoli rapporti. Tutta questa stampa non di opposizione porta larghe note di evidente intonazione del ministero degli affari esteri colle quali si fanno risultare infondate le notizie pubblicate dalla Pravda circa portata dell'intervista con Politis. Michalacopoulos ha fatto inoltre pubblicare sull'Estia un particolareggiato commento politico nel quale dopo confermata la smentita circa patto franco-ellenico, si afferma nettamente che nell'interesse stesso dei buoni rapporti colla Francia la Grecia non (ripeto non) deve stringere con questa legami politici, che siano di carattere più esclusivista di quelli che la uniscono alle potenze alleate (ossia Inghilterra e Italia).

542

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. PER CORRIERE RR. 1483. Roma, 14 novemb1·e 1927, ore 18.

Mando a V. S. alcune osservazioni supplementari testo trattato. Articolo quattro il verbo venire va posto all'indicativo non al soggiuntivo. Si deve dire venga non venisse. Quanto alla durata propongo di ridurla a venti anni, tempo sufficiente al maturare di molti eventi. Italia non ha mai concluso patti che avessero tale durata. Inoltre numero 25 non piace agli italiani che lo hanno abolito sino nella loro carta moneta. Bisogna evitare che il termine della durata dia un carattere quasi eccezionale o troppo singolare al trattato. Venti anni bastano e sono del resto il doppio dei dieci anni stabiliti dal recente trattato franco jugoslavo. Quanto alle specificazioni dell'articolo sei credo che potrebbero essere trasportate di sana pianta in una nota da scambiarsi e che annessa al testo verrebbe resa di pubblica ragione e registrata a Ginevra. Comunque su questo punto non insisto, mentre insisto nella riduzione della durata. Se Ahmed Zogu portasse discorso su trattato franco jugoslavo V. S. ricordi quanto le ho verbalmente detto.

(l) Del 13 novembre, che non si pubblica.

543

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. P. S. 1486/345. Roma, 14 novembre 1927, ore 24.

Ho ricevuto i telegrammi 462 e 463 (l) coi quali V. E. mi ha riferito le idee che in occasione della firma del patto franco-jugoslavo le sono state esposte da codesto ministro degli affari esteri circa i rapporti della Turchia con la Jugoslavia e la Bulgaria e le possibilità ed i vantaggi dell'amicizia italo-turca nei riguardi dell'equilibrio balcanico.

In realtà le considerazioni di Tewfik Russdi bey hanno fondamento e valore per quanto concerne lo sviluppo della nostra azione politica nei Balcani destinata ad impedire dei perturbamenti dannosi per i nostri interessi e nello stesso tempo ad accrescere e favorire questi ultimi.

Le immoderate aspirazioni jugoslave servono inconsciamente la nostra causa avvicinando a poco a poco all'Italia quelli che se ne sentono minacciati, ed il linguaggio di codesto ministro degli affari esteri costituisce un sintomo evidente della sensibilità che anche la T:1rchia comincia ad avere della presente situazione balcanica valutandone le incognite ed i pericoli ed intravvedendo la strada che si può tentare di prendere per evitarli. Ma se è possibile che il fattore Turchia rappresenti un giorno un valido elemento di appoggio alla nostra politica balcanica, non mi sembra però che siano ancora mature le condizioni generali indispensabili per approfittarne. Anche a prescindere dalle scarse garanzie che presenta il carattere di Tewfik Russdi bey e dal valore che si può attribuire alle sue parole, è certo che un accordo più o meno palese col Governo turco in materia balcanica avrebbe attualmente delle ripercussioni pericolose sulla nostra politica generale e potrebbe anche comprometterla specialmente nei riguardi inglesi e della politica dell'Inghilterra verso la Russia, cui la Turchia più o meno sinceramente è legata.

D'altra parte nelle attuali incertezze della situazione politica generale, non vedrei alcun vantaggio a legarci esplicitamente con la Turchia precludendoci inutilmente delle possibilità che, sebbene lontane e per ora inattuabili, nulla ci costringerebbe ora ad escludere deliberatamente per l'avvenire, ove mutassero le presenti condizioni europee.

Stando così le cose, a noi conviene svolgere una sagace e discreta azione per confortare codesto Governo nella visione politica espostale da Tewfik Russdi bey animandolo a seguire verso la Bulgaria e l'Albania la linea di condotta da questi indicata ed assicurandolo d.el favore con cui il R. Governo vedrebbe un tale consolidamento di rapporti. Se il Governo turco continuerà in tal modo ad avere una esatta coscienza dei suoi interessi, i rapporti italaturchi ne verranno indirettamente ma sicuramente rafforzati ed i buoni frutti potranno essere raccolti quando realmente se ne presenterà l'occasione perchè

le due nazioni si troveranno automaticamente v1cme al momento necessario, senza bisogno almeno per ora di intese, di patti espliciti che allarmano il mondo e nulla aggiungono alla realtà.

Quanto precede per norma dell'azione politica di V. E. che deve tendere insomma a coltivare e rafforzare le buone disposizioni che -per la forza naturale delle cose -vanno nascendo nel Governo turco, senza giungere ad impegni attualmente pericolosi o quanto meno inutili.

(l) Cfr. nn. 525, 526.

544

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. S. 1487/358. Roma, 14 novembre 1927, ore 24.

Decifri Ella stessa.

Ultima parte suo telegramma n. 285 (l) e suo telegramma n. 288 (2). È necessario che V. S. mantenga contatti con note persone pur con indispensabile prudenza e riservatezza e le consigli nel senso proposto.

Dati però inconvenienti che eventuali e sempre possibili indiscrezioni possono presentare sarà bene che tali contatti, anche con lo stesso Tomaleski, vengano tenuti anzichè personalmente da V. S. per tramite altra persona di sua fiducia.

545

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 1489/654. Roma, 14 novembre 1927, ore 24.

Non espressamente ma scegliendo occasione propizia richiami attenzione di Chamberlain sulle oramai evidenti conseguenze del patto franco-jugoslavo nel Regno S. H. S. Tali conseguenze sono già evidenti e sono le seguenti. La ripresa degli. elementi militaristici che dominano il Governo risulta in un senso anti-italiano ancora più accentuato di prima. Una ondata di italofobia imperversante in tutta la Jugoslavia. n riaffiorare di tutta la megalomania jugoslava che già si vede padrona di Salonicco, Scutari, Sofia.

Faccia sapere a Mr. Chamberlain che nonostante notizie giornali francesi, la verità è che opinione pubblica italiana è rimasta perfettamente tranquilla. Ora si parla a Parigi e a Belgrado di un vero tentativo di accerchiamento dell'Italia nel quale dopo la Jugoslavia dovrebbe entrare anche la Grecia. Sarà bene richiamare attenzione Chamberlain sui pericoli evidenti di siffatta politica che

male si accorda colle dichiarazioni pacifiche e locarniste fatte a Parigi. Naturalmente Governo non chiede nulla al Governo inglese, ma reputa necessario prospettargli i termini di una situazione che può diventare sempre più delicata e, data la tradizionale intemperanza serba, racchiude seri pericoli per la conservazione della pace europea.

(l) -Cfr. n. 534. (2) -Cfr. n. 538.
546

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2448/393. Mosca, 14 novembre 1927, ore 21 (per. ore 1,45 del 15).

Telegramma di V. E. 1478/306 (1). Nel corso della conversazione avuta ieri con Cicerin avendomi detto che Unione Sovietica è contraria patto di garanzia collettivo e fautrice patto amicizia e non aggressione mi fu agevole trarre argomento per fare rettifiche di cui telegramma di V. E. 306.

Cicerin dopo aver riflettuto alquanto disse che della Turchia era stato parlato certo a Kergenzev; pensando bene, credeva però che gliene avesse fatto cenno S. E. Contarini (2). Egli non dimostrò alcuna intenzione riprendere quella conversazione.

547

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. PER CORRIERE 6349. Roma, 14 novembre 1927.

(Per Londra, Parigi e Vienna). Il R. ambasciatore in Berlino telegrafa quanto segue : (riprod. teleg. di collez. n. 8249/680) (3).

Ho risposto :

(Per Berlino). Suo telegramma n. 680.

(Per tutti). Concordo con V. E. nell'inopportunità di un preventivo monito a codesto Governo nei riguardi delle conversazioni e forse anche manifèstazioni relative all'Anschluss che potranno avere luogo a Vienna in occasione del prossimo viaggio di Marx e Stresemann. Tale monito mentre praticamente sarebbe inutile ed inefficace, diminuirebbe la fermezza del nostro atteggiamento contrario all'Anschluss scoprendo timori e preoccupazioni che potrebbero essere interpretati come sintomo di debolezza, e d'altra parte ci toglierebbe la possibilità di approfittare indirettamente dei passi che potrà fare la Francia.

Meglio dal modo in cui la visita si svolgerà trarre norma per la linea di condotta che ci converrà seguire.

(Per Londra, Parigi e Vienna). Quanto precede anche per norma di V. E.

(Per Berlino). Corrispondenti istruzioni ho dato ad ogni buon fine ai RR. ambasciatori in Londra e Parigi e al R. ministro a Vienna.

(l) -Cfr. n. 524. (2) -Passo di lettura incerta. Il testo decifrato reca: • pensando bene, credeva però che non gliene avessi fatto cenno a S. E. Contarini •. (3) -Cfr. n. 520.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, BETHLEN

L. 258631/45. Roma, 14 novembre 1927 (1).

Ringrazio V. E. per la cortese Sua lettera in data 24 Ottobre (2), rimessami in occasione della visita a Roma della Commissione di alti funzionari ungheresi che, sotto la guida di uno tra i più distinti collaboratori dell'E. V., è venuta a svolgere il suo programma di studi delle istituzioni e delle riforme compiute in Italia dal Governo Nazionale Fascista.

L'attività di tale Commissione, la serietà coscienziosa delle sue indagini hanno lasciato presso di noi la migliore impressione: onde io confido che l'opera così iniziata sarà feconda di risultati e agevolerà una sempre più intima comprensione fra i nostri due Paesi, uniti da reali sentimenti di amicizia e di reciproca fiducia.

Sono stato lieto di constatare che il Governo ungherese ha riconosciuto come una nuova prova delle nostre cordiali relazioni l'appoggio prestato in Ginevra dalla Delegazione Italiana alle questioni interessanti l'Ungheria, in circostanze di cui V. E. ben conosce la delicatezza.

A mia volta esprimo a V. E. i miei vivi ringraziamenti per le simpatiche accoglienze fatte nella Capitale ungherese ai rappresentanti italiani, venuti per associarsi alle onoranze tributate ad un Grande Ungherese, il cui nome tanto riassume della storia comune ai due Popoli.

V. E. ha voluto, con gentile pensiero, ricordare anche un evento di famiglia particolarmente caro al mio cuore. Io tengo a manifestarLe il mio animo grato per questa testimonianza di una amicizia personale e di una simpatia che interamente e sinceramente ricambio.

549

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 2507/2397/562. Sofia, 14 novembre 1927.

Tomalewski mi ha pregato di inviare a V. E. la seguente dichiarazione della

• Rappresentanza all'estero della O.R.M.I. • perchè venga pubblicata dai giornali italiani:

• O.R.M.I. -La liberté ou la mort-n. 312-2 novembre 1927 -Représentation à l'étranger -: La notizia dell'agenzia telegrafica di Belgrado • Avala " che il padre ed il fratello di Ivan Mihailoff, membro del comitato centrale della O.R.M.I., siano stati uccisi da qualche organizzazione macedone federalista per vendetta, non corrisponde alla verità. Non si può avere alcun dubbio che l'assassinio di questi due uomini innocenti è stato organizzato dalle autorità serbe. Neanche la Turchia di Hamid non [at]tentava sulla vita [di] coloro che erano parenti dei rivoluzionari macedoni ma non prendevano parte nella lotta rivoluzionaria. Un simile delitto mostruoso -uccidere il padre ed il fratello per l'attività del figlio e del fratello -non è ricordato nella storia di nessuna lotta per la libertà fra conquistatori e soggiogati. La Serbia una volta ancora dimostra di essere uno stato del più acre terrore. Dalla Rappresentanza all'estero della

O.R.M.I. •.

Giudicherà l'E. V. se allo stato delle cose sia il caso o meno di dar corso a tale pubblicazione (l).

(l) -Il documento è stato minutato 1'11 novembre, come risulta da una annotazione marginale. (2) -Cfr. n. 486.
550

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO A PRAGA, PREZIOSI

T. GAB. RR. 1494. Roma, 15 novembre 1927, ore 18.

R. ministro a Vienna telegrafa: (come nel telegramma di Gabinetto n. 2431/155) (2). Il linguaggio del ministro di Cecoslovacchia a Vienna anche se non ispirato esplicitamente da Bènes corrisponde alle idee e alla mentalità di quest'ultimo.

Segnalo quanto precede alla R. legazione a Praga non perchè ne faccia oggetto di conversazioni e tanto meno di rimostranza, ma per sua buona norma nei riguardi del Sig. Bènes.

551

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2460/298. Sofia, 15 novembre 1927, m·e 17,30 (per. ore 20).

Decifri Ella stessa.

Liapceff e Buroff mi hanno pregato esprimere a V. E. a nome intero Governo bulgaro i più sentiti e sinceri ringraziamenti per accoglienze fatte re Boris durante suo soggiorno in Italia da S. M. il re, dalla reale famiglia, da V. E. e dalle autorità. Liapceff mi ha informato re Boris essere stato particolarmente sensibile al gentile pensiero di Sua Maestà di invitare a pranzo a San Rossore il fratello principe Cirillo, nonchè al fatto che V. E. siasi recato rendergli visita

per primo a differenza di Poincaré Briand, ciò che ha anche prodotto (ha soggiunto Liapceff) molta impressione nel Governo e nel mondo politico bulgaro. Tanto Liapceff che Buroff mi hanno ripetuto vivissimo compiacimento re Boris per colloquio con V. E. I due ministri mi hanno anche accennato al matrimonio di re Boris informando non aver Sua Maestà preso nessuna decisione. Liapceff ha aggiunto testualmente: • I suoi pensieri, il suo cuore sono per la principessa Giovanna. Sin dal primo incontro a San Rossore re Boris ha telegrafato in modo molto caldo (sic). Sua Maestà non mi ha dato ancora altri dettagli. Quanto al popolo bulgaro io, che ne sento il polso, posso dire che per intuito e per sentimento, esso ritiene il matrimonio con la principessa Giovanna cosa ormai sicura , . Buroff si è espresso presso a poco nei medesimi termini confidandomi riservatamente che re Boris è • très pris • e che sembra che vi sia chi cerca di appianare difficoltà. Ho ascoltato !imitandomi ripetere ancora una volta che sull'argomento non ho mai avuto nè ho alcuna informazione di nessun genere.

(l) -La dichiarazione non risulta pubblicata. (2) -Cfr. n. 521.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI

T. GAB. 1495/431. Roma, 15 novembre 1927, ore 23.

Desidero che l'ufficio stampa segua e mi segnali tutte le manifestazioni della stampa tedesca nei confronti dell'Alsazia-Lorena.

553

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2465/472. Angora, 15 novembre 1927, ore 23,30 (per. o1·e 5 del16).

Presidente del consiglio Ismet pascià mi ha ricevuto tenendomi quasi un'ora in amichevole colloquio. Egli non mi ha nascosto sua preoccupazione per situazione che è venuta a formarsi con la firma del trattato franco jugoslavo. Sua preoccupazione ha duplici motivi: da una parte prevede crescente infatuazione (sic) del Governo jugoslavo, aumento della mania che esso dimostra verso ... (l) e dall'altra parte teme (questo l'ho capito attraverso frasi assai contorte) che l'Italia per sistemare le sue questioni con Jugoslavia si decida a fare [un trattato?] di amicizia d'intesa. Nella sua mente come in quella di Tewfik Russdi bey hanno fatto presa le informazioni qui giunte circa incitamenti che Jugoslavia avrebbe ricevuto da alcuni circoli francesi tendenti a spingerla verso Costantinopoli, incitamenti che questo [ambasciatore] di Francia ha corroborato ad arte e con scopi [sic] mediante notizie raccolte a Sofia. Ismet pascià mi ha domandato se al R. Governo consti che al trattato recentemente firmato a Parigi siano annesse stipulazioni di carattere militare. Gli ho risposto non

avere finora alcuna comunicazione da Roma sul trattato, nè sulle pretese stipulazioni militari. A parere mio però, che esistano o non stipulazioni formali militari ha un valore relativo, perchè effettivamente per la .Jugoslavia il recente appoggio di una grande potenza sarà un incentivo ad assumere attitudine più intraprendente mentre costanti rifornimenti di armi e munizioni da parte Francia e della Cecoslovacchia le procurano uno strumento di cui a un certo momento può essere tentata servirsi.

Egli ritiene che anche Grecia finirà per unirsi alla .Jugoslavia e si è dimostrato meno sicuro sulla .... (l). Solo nell'Albania ha fiducia ed avendo domandato notizie [su] questo paese io ho cercato di rinforzarla esponendo quello che ho appreso a Roma circa progressi del paese e sul miglioramento della posizione personale del presidente di quella repubblica.

Mettendo in evidenza linguaggio della nostra stampa ho cercato di calmare molte apprensioni per quanto riguarda possibilità che R. Governo possa senz'altro dare ascolto alle voci in qualsiasi modo provenienti da Belgrado. Gli ho detto che non avrei mancato informarlo appena a conoscenza del pensiero di V. E.

Egli mi ha assicurato che è sua intenzione di migliorare sempre più i rapporti coll'Italia e di renderli sempre più fiduciosi. Gli ho domandato di darci su ciò una prova reale favorendo ora accordo desiderato per Dodecanneso. A sua volta mi ha ripetuto che per Turchia sarebbe una grande soddisfazione se

R. Governo si decidesse riconoscere senz'altro sovranità turca sugli isolotti di Castelrosso. L'accordo per Dodecanneso non manca, ho detto, era linea di principio [sic] Governo italiano pur sapendo che quegli isolotti appartengono all'Italia è deciso a venire incontro per quanto è possibile ai desideri del Governo turco e pensa che nell'interesse stesso dell'amicizia tra i due paesi sia giunto momento sistemare scambi con la costa, pesca delle nostre isole ponendo termine ai continui incidenti oggi lamentati da una parte e dall'altra. Ismet pascià mi ha promesso parlare con ministro affari esteri prima del nostro colloquio di giovedì.

(l) Gruppi indecifrati.

554

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 2806/1162. Vienna, 15 novembre 1927.

Mazzotti mi prega comunicare quanto segue:

• Ieri ha avuto luogo una conversazione fra Hassan Bey Pristina -da me sollecitato ed orientato -e l'ex generale di corpo d'armata austriaco ed ex governatore della Croazia, Sarkotic. Il Pristina, amico personale del Sarkotic capo spirituale ed organizzatore del movimento separatista croato, ha potuto entrare nel nodo della questione che l'aveva portato a cercare il colloquio. E cioè: in previsione dei futuri avvenimenti che si profilano nei Balcani per l'atteg

giamento aggressivo della Jugoslavia, studiare un'azione unica da seguire e addivenire ad un accordo generale fra gli e.sponenti delle nazionalità oppresse dal Regno S. H. S.

Il generale Sarkotic ha accolto la tesi del Pristina con entusiasmo. Egli ha promesso d'invitare per la prossima settimana il Colonnello Duic, un certo Pejanovic che col generale Sarkotic formano il triumvirato d'azione, a presenziare col Pristina ad una riunione a quattro per concretare un'intesa, o probabile alleanza. In un secondo tempo alla stipulazione dell'accordo sarebbe invitato il deputato croato Pavlevic, oppure il Trumbic. Il movimento separatista croato capeggiato dal generale Sarkotic si appoggia sopratutto sui centri intellettuali croati e sulla Lega segreta degli ufficiali in servizio S. H. S. e viene sovvenzionato dalle banche e industrie croate ».

(l) Gruppi indecifrati: Bulgaria?

555

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2467/497. Atene, 16 novembre 1927, ore 20,40 (peT. oTe 23,30).

Mio telegramma n. 0049/6094 (1).

Questo ministro affari esteri Michalacopoulos mi ha espressamente pregato stamani di comunicare all'E. V. in suo nome le seguenti categoriche dichiarazioni: l) nessun negoziato è in corso, nè per la conclusione d'un accordo politico tra la Francia e la Grecia, nè per l'adesione di quest'ultima al patto testè sottoscritto tra Francia e Jugoslavia; 2) nessun approccio è mai stato fatto in tal senso, sotto nessuna forma, nè dal Governo greco presso quello francese, nè da quest'ultimo presso quello di Atene; 3) nulla assolutamente è mutato (nè questo Gabinetto ha in animo di mutare) nell'orientamento perfettamente leale ed amichevole verso l'Italia della politica ellenica, orientamento col quale non sarebbe pertanto consona la conclusione di accordi politici o patti speciali con altre grandi potenze, ai quali l'Italia non fosse compartecipe, oppure all'insaputa dell'Italia; 4) nessun passo avanti è stato fatto, fino a questo momento, circa la eventuale ripresa di negoziati con la Jugoslavia per la questione di Salonicco, la quale è pertanto allo stesso stadio in cui si trovava quando Michalacopoulos fu l'ultima volta a Roma, tornando da Ginevra, nell'ottobre scorso. Fine delle dichiarazioni.

Ho l'impressione che le suddette dichiarazioni, le quali mi sono state fatte nel senso di spontanea franchezza (esse mi sono state indirettamente, pienamente confermate, nella loro sostanza, in particolareggiati colloqui avuti col direttore degli affari politici, Giovanni Politis, e col capo di gabinetto Kiru) corrispondano alla verità. Michalacopoulos ha soggiunto poi a titolo esplicativo, che telegramma da lui inviato al ministro ellenico a Parigi, per chiedergli chiarimenti non appena si ebbe notizia delle prime voci della famosa pubblicazione della Pmvda, si è incrociato con altro telegramma di Politis, nel quale questi di

mostravasi indignato per le pretese dichiarazioni attribuitegli dai corrispondenti

jugoslavi, ed in seguito alle quali si ebbero le note smentite fatte subito pub

blicare in tutta questa stampa.

A titolo semplice conoscenza informo V. E. che non ho in questo periodo

scambiato idee al riguardo, in tutto questo affare, col mio collega britannico,

trovandosi Loraine da circa una settimana in breve congedo a Costantinopoli.

(l) Numeri errati. Cfr. n. 541.

556

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. s. 1497/409. Roma, 16 novembre 1927, ore 2'1.

Suoi telegrammi nn. 488, 489, 491 e 492 (1).

Sono lieto delle dichiarazioni fatte a V. S. dal signor Michalacopoulos a proposito voci che si fanno in questo momento circolare di trattative per un patto franco-greco.

Conto sopra l'esperta azione della S. V. per esercitare sopra Michalacopoulos ed in genere su codesti ambienti responsabili efficace opera di convinzione circa i reali vantaggi che per l'attuale governo ellenico e per la Grecia hanno rappresentato ed anche più rappresenteranno in avvenire l'amicizia sincera e l'appoggio fattivo dell'Italia, che verrebbero senz'altro a mancare nel caso in cui_ ad Atene si dovesse pensare ad entrare nell'orbita francese. Stimo inutile fornire a V. S. gli argomenti. Nessuno stato ha quanto l'Italia diretto ed effettivo interesse alla piena indipendenza ed al progressivo rafforzamento del fattore ellenico nella politica mediterranea ed alla sua difesa dalla sempre più incombente e grave minaccia jugoslava. L'amicizia italiana rappresenta per la Grecia ben altra cosa che le platoniche simpatie francesi che hanno ormai definitivamente scelto la via di Belgrado per giungere ad Atene.

Segua colla massima attenzione e riferisca.

557

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 2476/474. Costantinopoli, 16 novembre 1927, ore 20,25 (pe1·. ore 2 del 17).

Rispondo telegramma di V. E. Gab. n. 1486/345 (2).

Esso è arrivato come quasi tutti i telegrammi ad Angora in parte indecifrabile. Se ben comprendo, azione politica di questa R. ambasciata deve tendere rafforzare disposizioni di questo [Governo] da me riassunte con telegrammi nn. 462 e [4631 (3) senza giungere attualmente ad impegni più espliciti.

Questa politica di cui riconosco assoluta urgenza è facilitata dal vivo desiderio del Governo di Angora di mantenere fiducioso contatto con noi, di non essere da noi trascurato, ma pur anche da evidente proposito di non legarsi a noi nel solo caso altre potenze occidentali nelle attuali condizioni mediante accordi politici [sic]. Lo constato anche nella questione sistemazione pesca nel Dodecanneso. Se anche in essa si piegherà al nostro desiderio, del che ancora non sono sicuro, all'accordo eventuale [non] intenderebbe dare parvenza politica nè intaccare [propria] indipendenza: « accordo di buon vicinato ». Ciò sia per rispetto di direttive fondamentali della politica estera Governo turco che vuole mantenersi libero nelle questioni del continente ... (l) che ha procurato qui viva disillusione sia per riguardo verso la Russia. Ai fini nostra politica però ci interessa mantenerlo nelle disposizioni attuali dell'animo suo, perciò occorre nei nostro ... (l) mantenimento prudenza ... (l) mantenere viva apprensione Governo turco contro disegno egemonia jugoslava su Costantinopoli. Sarebbe utile inoltre mediante condiscendenza da parte nostra in questioni che in realtà hanno importanza relativa o ormai giunte a maturazione, come convenzione consolare, rendere questo Governo sempre più sospetto a Belgrado approfondendo fossa che oggi divide Turchia da Jugoslavia.

(l) -Cfr. n. 541, il solo che si pubblica. (2) -Cfr. n. 543. (3) -Cfr. nn. 525, 526.
558

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2470/805. Londra, 16 novembre 1927, ore 20,50 (per. ore 3 del 17).

Telegramma di V. E. n. 1489 /654 Gab. segreto (2).

Non mancherò di cogliere prima propizia occasione per esprimermi con Chamberlain secondo le istruzioni impartitemi da V. E. Intanto oggi avendo visto Tyrrel l'ho lungamente intrattenuto sull'argomento e gli ho anche dato lettura [dei telegrammi] riferentisi alle dimostrazioni antitaliane di Ragusa, Lubiana e Belgrado, [mettendo in evidenza loro connessione con patto franco-jugoslavo]. Gli ho detto che non [sono] i termini di questo patto che preoccupano

R. Governo [ma] importanza ad esso attribuita da jugoslavi che si riterranno ora autorizzati a tutto osare nella loro [impudente] megalomania ed italofobia. Tyrrel ha convenuto nella possibilità di questo pericolo e sulla delicata situazione che ne può derivare, ha detto però che gli jugoslavi saranno presto delusi e che il ~averno francese li richiamerà alla realtà delle cose e alla necessaria moderazione più [efficacemente] di quanto non poteva far prima stipulazione dell'accordo. Di fronte ai dubbi da me espressi sull'efficacia dei consigli francesi, Tyrrel ha accentuato sua assoluta fiducia sugli intendimenti pacifici non solo di Briand ma anche di Marinkovic. Ho ribattuto che in regime parlamentare Briand e Marinkovic possono sparire dalla scena politica ed essere travolti dagli odi eccitati delle masse e dalle [programmatiche] ambizioni di un partito militarista molto

influente. Ho anche messo in evidenza moderazione linguaggio stampa italiana, cura del R. Governo di evitare ogni reazione nell'opinione pubblica italiana, la quale rimane perfettamente tranquilla come si conviene ad una grande potenza di fronte alle impertinenti nervosità di una potenza minore, ma ho fatto rilevare che questo stato di cose costituisce un permanente pericolo perchè ad ogni momento può sorgere un incidente imprevisto o una provocazione intollerabile. Tyrrel mi ha detto anche che Governo britannico non era stato nè preavvisato nè consultato circa firma accordo franco-jugoslavo il cui testo è stato comunicato ieri al Foreign Office e viene ora esaminato dagli uffici competenti.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 545.
559

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. P.t:R CORRIERE 8535/1481. Pa1·igi, 16 novembre 1927 (per. H 20).

Mio telegramma corriere n. 1342 (1).

Il mio collega di Spagna, interrogato 1'11 corrente da me, rispose che non aveva ancora ricevuta la nota responsiva francese, si mostrò sicuro che la risposta sarebbe data.

Gli chiesi se credeva riceverla per il 15 novembre e rispose che non vi era mai stata questione di una data precisa. Ho l'impressione che siamo nuovamente di fronte a un ritardo per la ripresa del negoziato.

560

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2474/303. Sofia, 17 novemb1·e 1927, ore 12,30 (peL ore 15).

Decifri Ella stessa.

Avendo Erskine dichiarato di aver già da tempo compiuto presso Buroff passo ordinatogli da Chamberlain, mi sono recato da Buroff ed ho eseguito precise istruzioni di cui al telegramma di V. E. 1412/332 Gab. riservatissimo per me (2). Riferirò dettagli. Informo intanto V. E. che Buroff congedandomi, mi ha incaricato di ringraziare V. E. e di dichiararle che egli ha preso atto delle comunicazioni da me fattegli delle quali aveva interamente compreso le ragioni e vivamente apprezzato il benevolo spirito informatore.

(l) -T. 7722/1342 del 24 ottobre, che non si pubblica: dichiarazione dell'ambasciatore di Spagna che il negoziato franco-spagnolo per Tangeri sarebbe stato ripreso alla metà di novembre. (2) -Cfr. n. 479. Ma il richiamo di Piacentini è evidentemente errato, e deve invece riferirsi al n. 523.
561

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2488/886. Belgrado, 18 novembre 1927, ore 15,15 (per. ore 17,50).

Mio telegramma per posta n. 7706/1495 del 7 corrente.

Vengo informato che il noto Mustafà Kruja è rigorosamente sorvegliato dalla polizia di Zara dopo il suo ritorno colà da Vienna e non si comprende per quali ragioni. Risulta ancora che il sacerdote Sciantoja trovasi in condizioni assai difficili a Vienna cosicchè ha fatto sapere qui che accomodamenti con Roma erano falliti, creando malcontento e preoccupazioni in quegli elementi che si erano già schierati con noi contro questo Governo. Sembrerebbe che ogni attività riguardante ritorno dei fuorusciti in Albania sia cessata, attendendo istruzioni da V. E. conformi agli accordi presi fra capitano Mazzotti e capi fuorusciti albanesi a Vienna. A mio avviso un ulteriore ritardo non potrebbe che recare danni all'intesa raggiunta con gli elementi albanesi all'estero e la situazione potrebbe essere facilmente sfruttata da questo Governo in quanto questo ministero affari esteri sta lavorando attivamente per attirare a sè quegli elementi che finora non avevano mai voluto avvicinarsi a Belgrado come ad esempio Mustafà Kruja, Kozuli ed altri. Pertanto sarei grato a V. E. se vorrà disporre che venga loro concessa libertà di movimento e corrisposta la sovvenzione promessa. Inoltre prego V. E. volermi dare istruzioni circa rimpatrio fuorusciti predetti.

562

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.GAB. s. 2490/1483/839. Parigi, 18 novembre 1927, ore 16,30 (per. ore 21).

Apprendo da un collega, al quale notizia è stata data stamane dallo stesso signor Briand, che il signor Briand ha telegrafato ieri o ieri l'altro a Belgrado istruzioni di indurre signor Marinkovic di recarsi a Roma da V. E.

563

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8538/477. Costantinopoli, 18 novembre 1927, ore 18,40 (per. ore 21,30).

Tewfik Russdi bey mi ha ricevuto dopo una lunga conferenza con Fejzi bey pascià, capo stato maggiore dal quale, egli mi ha detto, ha cercato ottenere consenso per darmi risposta che quanto più possibile, dato interesse Governo turco, si avvicini ai nostri desiderata.

Quanto alla questione della delimitazione acque Castelrosso egli propone: a) ricorso all'Aja. b) Ha aggiunto che egli per ragione politica generale preferirebbe [compromesso] secondo il quale Italia manterrebbe in pieno possesso isolotto San Giorgio riconoscerebbe sovranità Turchia su scogli e isola Ipsili. Turchia si obbliga mantenere in funzione faro risarcendo Governo italiano spese che [saranno] pagate alla società dei fari. Commissione delimitazione si riunirebbe di nuovo Angora per realizzare questo compromesso e potrebbe esaminare questione diritti acquisto. Si permette presentare a V. E. queste due soluzioni esprimendo desiderio di una sollecita risoluzione e promettendo a [mia] richiesta di dare subito istruzioni autorità locali militari onde evitare ogni incidente.

Quanto clausole sistemazione pesca acque Dodecanneso Tewfik Russdi bey ha detto che pesca essendo riservata in Turchia ai nazionali nulla può mutare stato esistente. Quanto scambi delegazione che negozierà nuova convenzione commerciale tra i due paesi prenderà in benevolo esame i desiderata specialmente nei riguardi isole del Dodecanneso. Quanto alla repressione contrabbando e misure sorveglianza, Governo turco [parla] di concessioni che Governo italiano sarebbe stato disposto fare a vantaggio Turchia come corrispettivo di accordi speciali per pesca e navigazione; questa non essendo oggetto di negoziati, nulla domanda. Sarebbe solo grato che nell'interesse di un'amichevole convivenza continuassero tra consoli di Turchia e autorità italiane amichevoli scambi di notizie e di servizi.

Ministro degli affari esteri mi ha incaricato di mettere in evidenza condiscendenza del Governo turco in una questione come quella della delimitazione nella quale esso trae dal trattato di Losanna suo buon diritto. Governo di Angora sarebbe lieto se Governo italiano, dando la prevalenza alle considerazioni d'indole politica generale sull'interesse ben piccolo che Governo italiano ha su qualche isolotto, volesse dargli una soddisfazione che avrebbe sull'opinione pubblica, e, per conseguenza, sui rapporti italo turchi, effetto più di un accordo scritto ... (1). Personalmente ho impressione che compromesso per isolotti è tutto quello che di più favorevole potremmo ottenere e che Tewfik Russdi bey solo con grande fatica e perchè assistito dalla volontà di Fejzi pascià ha potuto strapparlo dal capo di ... (1).

Lascio V. E. di fare a Rodi quelle comunicazioni che crederà opportuno.

564

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2494/661. Dumzzo, 18 novembre 1927, ore 20 (per. ore 21,35).

Oggi ho avuto contatto (?) col Governo. La vera e propria trattativa sulle clausole è esaurita. Da domani cominciano conversazioni con i presidenti delle camere, e con qualche ministro intimo del presidente. Ho impressione che tra lunedì e giovedì potrebbe essere tutto compiuto. Ilias Vrioni mi ha fatto rilevare

che non è possibile mantenere il segreto per più dì 48 ore dopo la firma. Entro tale termine il trattato dev'essere presentato al parlamento per la ratifica. Ciò per evitare che le fantasie si sbriglino, e che le polemiche della stampa internazionale influiscano sfavorevolmente su opinione pubblica che il trattato francojugoslavo ha reso nervosa e apprensiva. Prego quindi V. E. autorizzarmi a marciare come le circostanze consiglieranno.

(l) Gruppi indecifratì.

565

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2502/308. Sofia, 18 novembre 1927, me 21 (per. me 0,30 del 19).

Alberti (l) comunica quanto segue: • Le deduzioni di carattere generale che sembra lecito trarre nel loro primo esame sommario dalle condizioni economiche finanziarie della Bulgaria, fatte sulla base degli elementi esposti in seduta plenaria della delegazione della Società delle Nazioni sono seguenti: Dopo l'emanazione della nuova legge che conferisce alla direzione e al consiglio d'amministrazione della Banca Nazionale una maggiore autonomia sono stati fatti sforzi considerevoli per accrescere la copertura della circolazione. Però la quasi totalità delle divise che attualmente figurano di proprietà della banca potrebbe giuocare ove le operazioni di riporto e gli impegni a scadenza derivanti da crediti ottenuti dall'estero per l'intermedia azione delle banche private, non venissero rinnovati. Resterebbe in tal caso a copertura il solo stok di oro e di argento metallico ammontante a qualche cosa più di 60 milioni di franchi oro. Per consolidare definitivamente il cambio bulgaro e rafforzare la fiducia occorrerebbe una maggiore disponibilità permanente di almeno un milione di sterline. Dal punto di vista del bilancio dello Stato per liquidare i reliquati passivi e conferire la necessaria liquidità ed elasticità alla tesoreria, sarebbero necessari tra uno e due milioni di sterline. Un altro milione rappresenterebbe il minimo per la rimessa in efficienza delle ferrovie che devono essere completamente restaurate, nessuna riparazione essendo stata eseguita dalle guerre balcaniche in poi. Un milione di sterline sarebbe richiesto per la dotazione dei capitali necessari per la riattivazione della Banca Agricola, della Banca Cooperativa ecc., private dei mezzi di lavoro dalla svalutazione della moneta bulgara. In totale si tratterebbe come fabbisogno ristretto, ma sufficiente per la ricostruzione bulgara di circa cinque milioni di sterline, ossia circa 25 milioni di dollari, cifra questa relativamente

ingente da un punto di vista relativo per la scarsa ricchezza e il piccolo credito della Bulgaria, non cospicua però in sè stessa. Per questa cifra di 25 milioni di dollari, la Bulgaria, cui il prestito sarà certo fatto cadere molto dall'alto dal

38 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

Comitato finanziario, dovrà probabilmente consentire di dare soddisfazione sotto una forma o sotto l'altra:

All'evidente, sebbene non dichiarato interesse inglese di controllare azionariamente la Banca Nazionale di Bulgaria subordinandola alle direttive economiche e politiche della Banca d'Inghilterra. Nomina probabile di un commissario controllore straniero.

Alla accentrazione delle ferrovie, della Banca Agricola e della Cooperativa in imprese autonome con corso e ingerenza di cosidetti • tecnici stranieri ». Bisogna per equità rilevare che la statolatria economica in Bulgaria è estremamente spinta e che risente di un certo comunismo primitivo slavo che non è da confondere col bolscevismo ma che è comunque antitetico con la mentalità occidentale ed in ispecie anglo-sassone. All'accoglimento di un consulente esperto per la rifQrma del bilancio e il riordinamento tributario. In ultima analisi egli sarà anche uno strumento di pressioni politiche. In seno al comitato si è manifestata evidentemente la tendenza a limitare l'inchiesta ai funzionari dei singoli servizi, e in via subordinata dei ministeri, contando sulla loro mentalità unilaterale di attenzione di rigorismi e formulari... (l) che urterebbero troppo le suscettibilità bulgare, il varo di questo macchinismo societario ad_incremento solo dell'influenza finanziaria inglese e della politica francese e Piccola Intesista per una subordinazione della Bulgaria alla Jugoslavia. Che se indipendenza bulgara effettiva e non formale ne valesse il prezzo e se tale prezzo non rappresentasse per lo stato italiano uno sforzo troppo grave, potrebbesi anche esaminare l'ipotesi se non convenga all'Italia di mettere essa esperti speciali per dedurre dalle loro dichiarazioni argomenti a sostegno della tesi intervenzionistica straniera nell'organamento e nel funzionamento degli organi fondamentali della vita economica finanziaria e quindi anche politica della Bulgaria. È da ritenere che, se attuato, il prestito societario di 25 milioni di dollari finirebbe col privare la Bulgaria della libertà dei più delicati movimenti politici. Di fronte tali prospettive viene fatto di chiedere nell'interesse della Bulgaria di favorire, con qualche ... (l) da sola o eventualmente in unione con un gruppo americano a disposizione Bulgaria di venticinque milioni di dollari necessari per assicurarne la ricostruzione finanziaria senza il sacrificio della sua indipendenza. Si troverebbero qui certamente i pegni sufficienti per garantire il prestito in epoche normali, mentre in momenti di crisi il sacrificio finanziario potrebbe essere compensato da altri elementi che non spetta a me di valutare. In tempi di tranquillità la Bulgaria sarà in grado di pagarci un interesse superiore a quello che i dollari possono costare a noi in America. Se l'ipotesi qui avanzata dovesse avere la fortuna di incontrare il favore di V. E. converrebbe lasciare che le velleità di ingerenze e di controllo da parte anglo-francese venissero sentite in pieno dai bulgari, senza attenuazione per opera nostra, per poi intervenire con la nostra offerta. Comunque se prestito sotto gli auspici della Società delle Nazioni venisse fatto, nelle condizioni che ora si prospettano e nell'ambiente politico che le matura, la Bulgaria certo risulterebbe vincolata nella sua libertà politica. Alberti ».

(l) Alberti era il rappresentante italiano nella delegazione della S. D. N. incaricata di studiare le modalità del prestito alla Bulgaria. Gli altri paesi rappresentati nella delegazione erano Inghilterra, Francia, Belgio, Cecoslovacchia.

(l) Gruppi indecifrati.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, LEQUIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2495/401. Bucarest, 18 novemb1·e 1927, ore 19 (pe1·. ore 1,50 deL 19).

Mio telegramma n. 400 (1).

Nel colloquio che ho avuto ieri sera con Titulescu, questi si è mostrato alquanto preoccupato per un telegramma ricevuto ieri l'altro da Lahovary in cui questi gli riferisce che recentemente S. E. Grandi si è lamentato con lui del linguaggio della stampa romena nei riguardi dell'Italia. Titulescu teme che atteggiamento R. Governo nella sua prossima visita non potrà essere così cordiale come egli si ripromette ed ha aggiunto che per legge stampa vigente in Romania Governo non ha mezzi a sua disposizione per frenare giornali.

Gli ho risposto che se egli non avesse espresso desiderio vedermi avrei sollecitato una udienza per parlargli appunto della questione e che se quanto mi diceva poteva essere vero pei giornali indipendenti e di opposizione, malgrado anche questi pochi giorni [fa] durante processo Manoilescu siano stati ampiamente censurati, Governo potrebbe esercitare assai bene sua sorveglianza e sua azione moderatrice su stampa liberale e semi-ufficiosa ... (2). Gli feci poi leggere due articoli che avevo portato con me dell'Indépendance Roumaine, giornale diretto dall'attuale sottosegretario di stato agli interni signor Franasovici. Ho aggiunto che questi articoli nettamente contro il nostro paese e oltraggiosi per nostra politica estera che vengono pubblicati alla vigilia partenza ministro affari esteri romeno per l'Italia, non sono certamente fatti per rassicurarci e per produrre buona impressione su nostra opinione pubblica. Titulescu si è mostrato spiacente detti articoli che mi ha detto non avere ancora letto e mi ha assicurato avrebbe immediatamente provveduto per fare cessare questa campagna antitaliana della Indépendance Roumaine dandomene sua formale promessa. Invio per posta V. E. riassunto articolo Indépendance Roumaine con rassegna stampa nn. 128 e 129.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLlNI

T. GAB. RR. 2498/480. A.ngora, 18 novembre 1927, ore 19,50

(per. ore 4,10 deL 19).

Tewfik Russdi bey ha fatto venire a sé colonnello Liberati nostro vice console Trebisonda qui di passaggio cui è legato da antica amicizia per sua gratitudine per servizi personali ricevuti durante gli anni ... (2). Dichiarando volere parlare con lui, l come J non gli è consentito in forma ufficiale, ha detto: Ces

sione Castelrosso all'Italia fu voluta dalla Francia per creare causa permanente di dissidio tra Italia e Turchia il che favorisce azione francese nei Balcani nel Mediterraneo. Verbale conferenza di Losanna agevoia secondo lui fede nella sua asserzione. Francia finì per adenre richiesta turca per la Siria mentre dette tutto il suo appoggio all'Italia per Castelrosso. Perspicacia Mustafà Kemal Ismet pascià da un lato, e quella di V. E. dall'altro hanno finito per agevolare giuoco francese. Stato maggiore turco, seguitava Tewfik Russdi bey, persiste nel considerare Castelrosso come un osservat m io m nostre mani.

Se fino ad ora Italia e Turchia entramoe per ragioni di dignità sono rimaste ferme sulle proprie posizioni, dopo firma trattato franco-jugoslavo devono muoversi incontro.

Turchia Italia non devono dare spettacolo discordia, perciò gli sembra non opportuno ricorso all'Aja per gli isolotti. Delimitazione della frontiera nelle acque di Castelrosso deve venire regolata amichevolmente. A ciò mira appunto compromesso propostoci. Riconoscimento a noi isola San Giorgio darà origine a recriminazione da parte stato maggiore.

Ministro degli affari esteri è convinto che l'Italia un giorno dietro compenso in altri campi restituirà amichevolmente Castelrosso alla Turchia liberandosi specialmente da una minaccia sia pure presunta e da un peso inutile che potrebbe forse essere fomite di malintesi.

(l) -T. gab. 2487;400 del 18 novembre: conferma del viaggio a Roma di Titulescu. (2) -Gruppi indecifrati.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2496/479. Angora, 18 novembre 1927, ore 23,15 (per. o1·e 5 del19).

Ho dato lettura a ministro degli affari esteri riassunto ad usum delfini del telegramma di V. E. Gab. 1486/345 (1). Egli si è mostrato molto soddisfatto per approvazione da parte di V. E. delle idee da lui espostemi e della politica da seguire nei Balcani. Fino a che da Belgrado, egli diceva, si vedrà un sud balcanico sconnesso senza l'appoggio di una grande potenza, continueranno intrighi e pressioni su Bulgaria Grecia. Ministro Turchia a Atene ha telegrafato qui avere avuto in un colloquio quel ministro affari esteri preannunziata ripresa negoziati con Belgrado per Salonicco cui andrebbero connessi quelli per amicizia. Quando a Belgrado si constaterà che amicizia e comunanza interessi tra Italia e Turchia nel Mediterraneo e Balcani sono fattori indistruttibili allora azione di quel Gabinetto si intorpidirà. Turchia che si era preparata a respingere eventuali duplici attacchi delle potenze mediterranee e delle potenze balcaniche, sicura ora dell'amicizia dell'Italia può all'occorrenza inviare sul fronte balcanico un milione uomini muniti di un armamento moderno tale da procurare sorprese ai meglio informati addetti militari esteri qui residenti.

Quanto poi alla Francia, Tewfik ben poco teme poichè azione di questa nel bacino orientale è vincolata da sua sistemazione nella Siria, dove si può reggere

solo se ha assenso di Turchia. Egli ritiene che Francia servirà da moderatrice aspirazioni [della Jugoslavia?]. Soddisfatta comunanza vedute con V. E., libera da preoccupazioni e dai pericoli, Turchia è decisa mantenere buone relazioni e si adopererà con calma svolgere programma d'azione indicato. Alle immancabili profferte amicizia che gli arrecherà nuovo ministro di Serbia, di cui è imminente arrivo, preparasi rispondere con parole cortesi ma insistendo su restituzione beni da parte della Jugoslavia. Tewfik parlando trattato franco-jugoslavo ha detto non risultargli esistenza vera e propria convenzione militare con clausola secondo cui Francia si in,pegr->~. difendere territorio jugoslavo in caso di attacchi.

(l) Cfr. n. 543.

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MEMORANDUM DEL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, PER L'AMBASCIATORE INGLESE A ROMA, GRAHAM

CONFIDENZIALE. Roma, 18 novembTe 1927.

Il R. Governo ha seguito colla maggiore attenzione gli avvenimenti recentemente svoltisi nella Macedonia serba, animato dalle stesse preoccupazioni e dallo stesso interesse del Governo di S. M. Britannica che non ne risultassero inasprite le relazioni serbo-bulgare.

Il R. Governo è, quindi, particolarmente lieto che il Governo di S. M. Britannica gli offra, ora, occasione di poter procedere di concerto nello spiegare un'azione concomitante anche in questa particolare circostanza.

In conformità del suggerimento contenuto nel Memorandum dell'Ambasciata di S. M. Britannica del 28 Ottobre scorso (1), sono già state impartite telegrafiche istruzioni (2) al R. Ministro a Sofia, nel senso che egli dovrà prendere subito contatto col suo Collega Britannico per agire d'accordo nel consigliare, nel modo che risulterà più efficace, il Governo Bulgaro ad offrire ogni possibile dimostrazione della lealtà della sua azione nella questione.

Si deve, peraltro, aggiungere che le informazioni che risultano al R. Governo, coincidono nel considerare particolarmente delicata e difficile la situazione nella quale il Governo di Sofia deve esercitare la sua azione, per le attuali inquietudini dell'opinione pubblica bulgara, che ha già dimostrato di aver subìto con qualche insofferenza le misure -come quella della proclamazione dello stato d'assedio nei circondari di Petric e di Kustendil -prese dal Governo bulgaro.

È quindi concepibile che il Governo di Sofia pur agenào efficacemente -e risulterebbe, infatti, che dalla proclamazione dello stato d'assedio nessun nuovo incidente si è verificato nei due menzionati circondari -tenga conto della convenienza di non urtare, senza una reale ed immediata necessità, la suscettibilità del Paese.

L'agitazione macedone è del resto, tale, per vastità e per profonde ed antiche radici sentimentali fra le popolazioni della frontiera bulgaro-jugoslava, che non sembra certo poter essere nei poteri, per quanto estesi e lealmente e rigorosa

mente applicati, dell'autorità bulgara, di farla d'un tratto cessare, senza chE mtervenga una metodica e sincera opera di pacificazione sopra tutto da parte del Governo di Belgrado.

Tenuto presente quanto sopra, il R. Governo crede di dover suggerire anz1 tutto che, contemporaneamente all'interessamento che, per la questione, i Rappresentanti Diplomatici Britannico ed Italiano spiegheranno a Sofia, analoghe premure vengano fatte presso il Governo jugoslavo e che i consigli che verranno dati al Governo bulgaro abbiano seguito in forma opportuna e tale da non dar luogo a pubblicità. Ciò per non rendere ancora più difficile la posizione dell'attuale Gabinetto di Sofia e non creare possibilità e responsabilità di incognite nella situazione politica interna bulgara, che potrebbero, eventualmente, andare a detrimento degli scopi che i Governi Brit;mnico ed Italiano -'>i debbono prefiggere nella circostanza.

(l) -Non si pubblica. Ma cfr. n. 499. (2) -Cfr. n. 523.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 54134/215';'. Parigi, 18 novembre 1927.

Questo Ministro di Romania dopo avere avuto, prima della venuta a Parigi del Signor Marinkovich, un colloquio col Signor Briand mi chiese un appuntamento pel 14 corrente per riferirmi la conversazionè avuta col Ministro degli Affari Esteri francese circa le relazioni italo francesi.

Il Signor Diamandi mi disse che, secondo la linea indicata dal Signor Mitilineu, egli seguiva molto da vicino le relazioni italo francesi nel vivo desiderio di vedere stabilirsi i migliori rapporti possibili tra le due Nazioni alle quali vanno l'amicizia e la simpatia del suo paese. Nel suo pensiero la pace dell'Europa non può essere meglio garantita che dalle 'ouone relazioni tra le Grandi Potenze dell'Intesa, Italia Francia ed Inghilterra.

Nel colloquio avuto col Signor Briand egli aveva fatto voti di vedere presto stabiliti rapporti di franca, chiara amicizia tra Italia e Francia. Il Signor Briand gli aveva risposto ciò era nel suo vivo e sincero desiderio, ma che egli aveva nel febbraio scorso preso un'iniziativa a tale scopo con Roma: che Roma aveva rinviato la cosa a dopo il mio arrivo qui: che al mio giung2re egli mi aveva interrogato subito, ma aveva constatato che io era senza istruzioni. Egli quindi sentiva di aver fatto da parte sua quanto poteva, come iniziativa. Ripetè di essere benissimo dispo.sto per un accordo con l'Italia e di tenere questo accordo tra i suoi più vivi desideri.

Il Ministro di Romania, facendo valere le favorevoli disposizioni d'animo del Signor Briand; osservando che sempre il Signor Briand si era con lui mostrato favorevole alla intesa con l'Italia; e che difficilmente noi avremmo potuto trovare un Ministro degli Esteri che avendo vissuto la guerra ed essendo stato varie volte in Italia, durante e per la guerra fosse meglio disposto verso noi e meglio a conoscenza dei problemi nostri; che le prossime elezioni avreb-. bero quasi certamente portato il Governo verso sinistra rendendo le probabilità di accordi italo-francesi meno facili per un periodo di tempo assai lungo e potrebbero anche inasprirle alquanto; che perciò dovevamo ben ponderare di non lasciar sfuggire la presenza attuale al Quai d'Orsay di un uomo ben disposto e la linea politica attualmente predominante; mi disse che egli sarebbe stato ben lieto di poter conoscere le nostre disposizioni e di poter parlarne nuovamente al Signor Briand.

Dissi al Signor Diamandi che nel febbraio scorso le relazioni itala-francesi non erano pronte per un accordo: occorreva intervenisse prima un periodo di calma preparatoria dell'accordo: che questa calma si era in parte già realizzata, ma che mentre si poteva sperare di entrare nello stato di stabilizzazione della calma, da Parigi era venuta l'ondata turbativa, tra le due opinioni pubbliche, del trattato Franco Jugoslavo. A mio giudizio personale questo Trattato era almeno un errore di tattica. La stessa maggioranza della stampa francese indipendente, compresa quella socialista, non lo approvava. Io avrei personalmente fatto tutto il possibile per salvaguardare le relazioni Italo Francesi da nuovi turbamenti, ma mi pareva che bisognasse preoccuparsi anche di sbarazzare il terreno delle relazioni tra Italia e Jugoslavia che poteva ormai influire anche su quello Italo Francese; e che la iniziativa doveva venire da Belgrado dove i consigli francesi dovevano farsi sentire dirimentemente in tal senso: che io non ero autorizzato a nessuna trattativa e che questa mi pareva più che mai riservata a persone direttamente responsabili, persone dei Governi, che essendo padrone di fare prevalere idee larghe, ed agendo con spontaneità e senza calcolo di assunzione di iniziativa, profittando di incontro normale si parlassero e venissero ad un accordo largo e rapido. Gli incontri di Ginevra possono, dissi, prestarsi in tal senso e se il Signor Briand vuole approfittarne anche alla prima occasione, purchè sia disposto a largo accordo, io potrei sentire le disposizioni di Roma, circa le quali però io non poteva dire assolutamente nulla, nulla impegnare senza prima sentire. Non accennai al Signor Diamandi ad alcuna particolare questione. Misi bene in chiaro due punti; che parlavo a solo titolo personale: che era necessario, se si voleva giungere a qualcosa, essere pronti a largo accordo, così come il Briand ha progettato con l'America e l'Italia ha concluso con la Svizzera; due fatti ai quali accennai solo per dare l'idea che le disposizioni del Signor Briand dovevano avere di fronte a sè non il quasi ormai litografato accordo di amicizia ed arbitrato ma una intesa larga, larga sotto tutti i rapporti, che rivoluzionasse insomma l'atteggiamento storico francese verso l'Italia e ponesse la base di una nuova era tra esse e nel Mediterraneo. Ma non una parola ho fatto di tali problemi al Signor Diamandi col quale mi sono limitato all'accenno personale al progetto Briand con l'America ed al Trattato d'arbitrato Itala-Svizzero. Mi permetto di insistere nel dare questa assicurazione a V. E. al fine che nessun dubbio possa sorgere che io possa avere superato benchè minimamente, in sì delicato campo, i limiti della più assoluta prudenza.

Oggi il Signor Diamandi mi ha detto di avere parlato al Signor Briand della conversazione avuta meco. Il Signor Briand bene impressionato per parte sua si preparerà a parlare con l'Inviato Italiano a Ginevra se saprà che questi sia autorizzato. Il Signor Diamandi mi ha riassicurato che il Signor Briand è nelle migliori disposizioni.

Ho fatto notare subito al Signor Diamandi che non bisogna correre troppo e che tutto quello che io potevo fare era di informare al [più] presto V. E. perchè

non ero in grado di dire niente nè sulle disposizioni momentanee di V. E. nè di quelle della opinione pubblica, quest'ultime avendo potuto essere più o meno impressionate sfavorevolmente dal Trattato Franco-Jugoslavo e dal conseguente atteggiamento della stampa jugoslava.

Questi i fatti. Mi permetto ora di esporre il mio pensiero.

Effettivamente, come telegrafai avantieri, esiste da alcuni mesi un movimento ascensionale della corrente favorevole all'Italia nel pubblico Francese. Non parlo della persona di V. E. che, meno dai settari ciechi, è rispettata ed ammirata da tutti. Le elezioni prossime andranno, a previsione odierna di tutti, a sinistra, nel senso di un preponderante aumento socialista che consentirà il Ministero socialista. Il Trattato Franco Jugoslavo, che si dice firmato ora perchè per ragioni di situazione interna Belgrado hà messo al muro Parigi in base alla lettera impegnativa scambiata al momento del parafamento del Trattato che obbliga un contraente alla firma definitiva se decisamente chiesta dall'altra parte, sarebbe annullato dall'intesa Italo Francese e la sorte lo avrebbe così fatto essere lo strumento di conferma, se bisogno vi fosse, di quello di Tirana. Non vi è del resto atto altrui che debba fermare l'Italia dal fare quel passo che essa giudica corrispondere al suo largo interesse. Le elezioni Francesi influiranno anche su quelle Inglesi che se non nel 1928 saranno nel 1929 e che esse pure, come quelle in Germania e in Polonia nel 1928 tenderanno, dalle previsioni che possono farsi ora, verso sinistra (per la ragione che in quei paesi occorre l'andata a sinistra per girare verso quel risanamento politico di cui l'Italia è ora l'antesignana). Il Signor Briand mi risulta realmente ben disposto. Del resto è da tutti, meno dai Blum e dai massoni ciecamente settari, spinto verso l'accordo con l'Italia da alcuni rimproverato anzi di non correre da V. E. Conviene, date le disposizioni attuali, nella direzione della politica estera Francese del Signor Briand, lasciar cadere l'occasione di un incontro preparatorio a Ginevra? Può essere l'ultima occasione per vari anni.

Questo è il mio franco pensiero.

V. E. può essere certa di una cosa: che, nel prestarmi al colloquio col Signor Diamandi, non mi sono fatto parte diligente di nulla, non sono entrato in particolare alcuno, non ho impegnato nulla, ho soltanto agito tenendo in vista il mio dovere di porgere all'azione di V. E. una possibilità nelle fasi delle relazioni Italo Francesi se V. E. crede che sia il caso di raccoglierla e di svilupparla.

Le sarò grato Eccellenza, di volermi fare conoscere le sue decisioni in proposito, pronto a qualunque suo ordine.

571

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. R. 2500/334. Budapest, 19 novembTe 1927, oTe 21 (pe1·. oTe 1,02 del 20).

Bethlen mi prega di fargli conoscere se V. E. con la quale gradirebbe assai poter conferire si recherà Ginevra per prossima sessione. Egli desidera che sua andata colà rimanga tuttavia segreta anche per codesta legazione elvetica.

572

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO AL CAIRO, PATERNÒ

T. GAB. S. 1523/312. Roma, 20 novembre 1927, ore 24.

Mio telegramma n. 5156/271 del 17 settembre (1).

Considerando anche scissioni polemiche avvenute nel campo comitati siriani agitazione reputo opportuno che V. S. si astenga dal prendere con essi impegni e mantenga contatto soltanto in modo da non compromettere codesta legazione.

V. S. vorrà però continuare a seguire il n'ovimento ed a dettagliatamente riferire.

573

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2556/1489. Parigi, 20 novembre 1927 (pe1·. il 24).

Approfitto della partenza per Roma, tra due ore, del barone Alberto Blanc, per dirigere a V. E. questo telegramma che fa seguito al mio rapporto segreto

n. 5484/2157 del 18 corrente (2).

Non vi è bisogno che lo dica, perchè V. E. lo avrà intuito, ma è mia impressione che tutta la manovra Diamandi è combinata dal Signor Briand. Il Diamandi vi si è prestato perchè è chiaro l'interesse romeno delle intime relazioni tra Italia e Francia. Egli ha fatto la parte sua: io la mia, la quale è stata diretta da due guide, non compromettere nulla nè impegnarsi a nulla, vedere fino a che punto si intende andare e se vi è una strada di utile percorso per noi tenerla aperta. Giacchè il periodo in cui siamo è difficile e quanto mai di movimento verso situazioni più determinate e ogni iniziativa altrui va tenuta aperta fino a decisione del R. Governo.

Il 1928 sembra voler preparare in Europa una situazione di maggiore contrasto della attuale tra ordinamenti costruttivi ed ordinamenti distruttivi di civiltà e di economia. Noi, ossia il fascismo, è all'avanguardia del primo movimento e considerato dagli avversari come il nemico contro il quale operare pel primo e da abbattere quale condizione sine qua non per vincere. In Francia vi è un movimento ascensionale di avvicinamento a quel tanto di fascismo che i francesi, nel loro fondo laico-repubblicano, possono permettersi. Un governo personale in Francia non si sosterrebbe e non si avvererebbe senza assumere forma napoleonica. Non vi è via di mezzo in Francia tra repubblica e napoleonismo. Intendo dire che la situazione odierna non ammette in Francia la situazione nostra. Molti, forse molti più di quanti crediamo, sentono che il paese va verso una situazione che reclamerà qualcosa di simile, ma non di identico, perchè il temperamento francese non è quello italiano bensì più eccessivo. La lotta tra le azioni distruttrici e quelle sane, in Francia, è assai più forte, a sen

sazione mia, di quanto sembri in apparenza. Probabilmente assisteremo tra poco a qualche presa di posizione per le prossime elezioni che confermeranno questa mia impressione. L'avanzarsi delle correnti sane procede, a mia impressione, assai sensibilmente. Queste correnti guardano a noi, ci invidiano la persona di

V. E., e come simpatia, camminano verso noi. Il trattato franco-jugoslavo che ha fatto loro nascere il timore che possa creare situazione ancora meno buona tra Italia e Francia, le ha dispiaciute, così come dispiace loro di vedere che le forze massoniche ebraiche che lavorano per abbattere a qualunque costo, anche di una guerra, il fascismo, abbiano a prendere il sopravvento. Ora questo elemento di fatto appare a me uno di quelli da tenersi molto in considerazione per gli interessi nostri. Non bisogna alienarcelo, ma, senza comprometterci in un definitivo quadro politico internazionale, nell'attesa che le situazioni si svolgano a maturità, conviene forse fare qualcosa per conservarcelo e per attrarre a noi la sua crescente forza, perchè è essenzialmente in questo elemento che noi possiamo pensare di trovare una corrente che venga verso noi quando il conflitto di grandi tendenze che si svolgerà nel 1928 e nel 1929 si acutizzerà e imporrà prese di situazione.

L'intesa con l'Italia (dirò meglio limitando la cosa al chiarimento di relazioni ed ai buoni rapporti tra Italia e Francia alla quale tenta di giungere la mossa del Signor Briand) è nel programma della sopra descritta massa politica francese. Essa ne sarà soddisfatta e ne prenderà spinta per guardare ancora più al di là delle Alpi. Ed a noi converrà, anche per stimolare questo movimento, che il chiarimento sia potenziale in quel tanto di più possibile che gli interessi nostri nei quali si potesse subito raggiungere un assestamento favorevole ci permetteranno.

Questa è una visuale per le deliberazioni di V. E. in relazione al contenuto della mia lettera segreta del 18 corrente, che la riflessione mi ha consigliato di sottometterle. Come per dirle che, nel mio modesto avviso, senza prendere decisioni che ci leghino, anzi evitandole, appare conveniente che di fronte alla manovra riassumentesi nella mossa del signor Briand noi pure si manovri, non per concretare, ma per mantenercì le posizioni sulle quali al suo momento si deciderà se servircene per fondamenta o se operare per demolirle, e per intanto sistemare nostri interessi se veramente si intende soddisfarli.

(l) -Cfr. p. 358, no.ta l. (2) -Cfr. n. 570.
574

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 2965/996. Budapest, 20 novembre 1927.

Nel corso di una lunga conversazione ieri avuta col Conte Bethlen, questi mi chiese ripetutamente notizie sulle nostre relazioni con la Germania. Gli risposi che, da quanto mi constava, esse erano -in massima -ufficialmente, più che corrette, cordiali. Se ne compiacque ed osservò che infatti aveva potuto rilevare come anche quella stampa aveva recentemente alquanto migliorato il suo tono nei nostri riguardi, occupandosi pur con minore acrimonia dell'Alto Adige. • Da un p<1io d1 mesi -continuò --ho avuto ripetute occasioni di

incontrarmi con personaggi tedeschi e con influenti personalità delle associazioni patriottiche che particolarmente si occupano di agitare la pubblica opinione in favore delle minoranze tedesche all'estero. Senza ambagi esposi loro il mio pensiero, meravigliandomi che la pubblica opinione e la stampa tanto si preoccupassero dei 200.000 (l) tedeschi dell'Alto Adige, quando milioni di loro consanguinei vivevano in massa in altri paesi, preoccupazioni che portavano a discussioni e polemiche tali da perturbare profondamente le relazioni italogermaniche, mentre tutti i vitali interessi dei due Paesi mi pareva dovessero spingerli ad intendersi ed accordarsi. Come ancora confessai loro che non riuscivo completamente a rendermi ragione della politica seguita dal Signor Stresemann, il quale sembrava voler giuocare le sorti della Germania su di una sola carta: "l'accordo ad ogni costo con la Francia" politica di accordo che a mio parere non sarebbe mai stata sincera ed anzi era destinata a far subire ancora parecchi disinganni alla Germania nel corso dei prossimi anni, specialmente per quanto riguarda un sollecito sgombro dei territori ancora occupati ".

Al dire del Conte Bethlen, i suoi interlocutori si mostrarono in genere dello stesso avviso non solo, ma espressero il loro convincimento che la maggioranza della pubblica opinione non seguisse ormai più il Signor Stresemann e cominciasse anzi a dare qualche segno non dubbio del suo malcontento. Tanto che --gli avrebbe dichiarato recentemente un'alta personalità -era da ritenersi che, qualora il R. Governo addivenisse alla riapertura di alcune scuole tedesche nell'Alto Adige ed in genere allentasse la pressione antitedesca in quella provincia, la Germania « di sua propria volontà ed iniziativa • si decidesse a garantire la frontiera del Brennero. Al che il Conte Bethlen rispose invitando il suo interlocutore a parlare della questione con Stresemann ed a ritornare quindi a Budapest per esporgli il risultato del suo passo.

Non essendo io in grado di conoscere il pensiero di V. E. in proposito, nè autorizzato a far dichiarazioni, mi limitai a rappresentare al Conte Bethlen come per noi non esistesse una questione dell'Alto Adige, ma solo si trattasse dell'applicazione di misure aventi carattere di politica interna e che tuttavia però mi rallegravo di apprendere che anche in Germania si cominciasse a considerarle da un punto di vista più equo, adattandosi al fatto compiuto.

So -concluse il Presidente -che questo è un punto sensibilissimo per l'Italia e per questo non ritengo sia possibile trattarne in via diplomatica, ma forse conversazioni private di amici dei due Paesi potrebbero ottenere buoni

frutti.

Anche da questi accenni fattimi, è lecito supporre che, come già fu riferito da questa R. Legazione, intimo pensiero del Conte Bethlen sarebbe di preparare cautamente il terreno per un accordo italo-ungaro-germanico.

Tenni a riferire subito la conversazione avuta con questo Presidente del Consiglio perchè è probabile egli ne tenga parola con S. E. Grandi, qualora questi si rechi a Ginevra in occasione della prossima sessione di dicembre.

Nel caso V. E. lo credesse opportuno, non mi manca certo l'occasione di ritornare quando io voglia sull'argomento " di mia privata iniziativa ". in conversazioni puramente amichevoli e di carattere informativo.

(lJ Annotazione marginale: "150.000 "·

575

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2519/312. Sofia, 21 novembre 1927, o1·e 11,20 (per. ore 20).

Per Lei solo, decifri Ella stessa.

Mio telegramma gabinetto segreto 298 (1).

Personaggio di questa corte, intimo di re Boris, confermandomi profondi

sentimenti destati nel sovrano dalla visita a San Rossore, mi ha confidenzialmente informato che questi ministri d'Inghilterra, Francia e Belgio cercano attivamente influire sul Governo bulgaro per impedire eventuale progetto di matrimonio tra re Boris e S.A.R. principessa Giovanna. Secondo predetto personaggio Governo bulgaro, dopo un primo tempo di esitazione determinato (specialmente in Buroff) da pressioni anglo-franco-belghe, nonchè da preoccupazioni concernenti Belgrado, sarebbe ora incline seguire aspirazioni sentimentali del re, che Liapceff vedrebbe realizzare particolare simpatia. Quanto precede per doverosa informazione di V. E.

576

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. 6495/972. Roma, 21 novembre 1927, ore 24.

Telegramma V. E. 1481 (2).

Prego V. E. seguire attentamente corso conversazioni franco-spagnuole per Tangeri astenendosi però dal dimostrare che noi abbiamo interesse alcuno che esse diano e presto un qualche risultato.

577

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2522/7770/85. Monaco di B~vie1·a, 21 novembre 1927, ore 22 (per. ore 2 del 22).

Sono confidenzialmente informato che ieri sera, riunitosi direttorio dei gruppi bavaresi delle due più importanti organizzazioni ex combattenti tedeschi

• Elmo di acciaio , e • Bandiera del Reich » ha deciso unanimamente che, nella eventualità di un conflitto italo jugoslavo, ex combattenti tedeschi dovranno essere sempre contro Francia e Jugoslavia (3).

(l) -Cfr. n. 551. (2) -Cfr. n. 559. (3) -A margine annotazione di Mussolini: " Chiedere ulteriori informazioni •. Cfr. n. 605.
578

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2520/891. Belgrado, 21 novemb1·e 1927, ore 22,30 (per. ore 2,05 del 22).

Ho avuto questa mattina un colloquio con Marinkovich al quale ho prospettato necessità risolvere al più presto alcune tra le principali questioni ancora pendenti quali quella della regolarizzazione della • Lega culturale italiana " quella delle proprietà nella zona di 50 kilometri ecc. Marinkovich è entrato poi a parlare delle relazioni itala-jugoslave e mi ha detto che si propone di fare dopo domani alla Scupcina in occasione della risposta alla nota interpellanza, dichiarazioni tali che « o le relazioni stesse prenderanno un corso del tutto diverso dall'attuale poco buono, o egli si dimetterà da ministro •. Mi ha detto inoltre di avere telegrafato a Rakitch che alla prima occasione dovrà dichiarare a V. E. che anche egli, Marinkovich, è persuaso che dev'essere creata una détente morale fra i due popoli; ma che intanto i due Governi devono intendersi, per gettare le basi di tale détente, e sul programma così stabilito lavorare per suscitare nuove correnti di simpatia, di stima e di comprensione reciproca, tanto più che da ultime statistiche si rileva che le correnti economiche fra i due paesi seguitano a rimanere formidabili (?) nonostante i tiepidi rapporti politici. Egli ritiene che non vi siano ragioni serie nei dissensi dominanti ma piuttosto dei malintesi che sono andati aumentando così da rendere la situazione sempre più intrigata. A tal proposito Marinkovich ha aggiunto che, dopo il suo discorso alla Scupcina di mercoledì prossimo, intende chiamarmi per fare uno spoglio delle questioni in sospeso fra i due paesi ed iniziare un lavoro immediato di rimozione delle medesime. Ho preso buona nota delle dichiarazioni senza aggiungere niente di mio. Ho solo chiesto se avrebbe presentato alla Scupcina, per la sua approvazione, il trattato franco-jugoslavo e se la Francia avrebbe fatto altrettanto. Marinkovich mi ha risposto che trattandosi di trattato politico era sufficiente la ratifica del sovrano senza approvazione della Scupcina. Che anche la Francia si preparava a ratificare il trattato fra pochi giorni senza presentarlo al parlamento. Ho rilevato l'impressione generale che Marinkovich si sente molto più forte di prima della conclusione del patto franco jugoslavo e che cercherà almeno pro forma, di fare cosa grata all'Italia. Su tali determinazioni non devono essere estranee forti pressioni del Quai d'Orsay, ma finchè le parole di Marinkovich non siano materiate dai fatti e finchè ai suoi atti pacifisti corrispondono atti di ben altra natura come quello odioso del forzato stanziamento per la ferrovia Kragujevaz Mitrovitza (vedi mio telegramma 879) (l) mi sembra che sia il caso di non abbandonarsi a soverchio ottimismo. Per ora vi è una sola cosa di veramente sicuro e cioè che continua la montatura nel paese per il patto

franco-jugoslavo (vedi telegramma 5363 del 19 corrente) (l) montatura creata da organi segreti del Governo e dalla stampa per fini di politica interna più che estera. Ma di ciò non bisogna preoccuparsi nè occorre fare nulla per sgonfiarla, poichè essa avrà il risultato di mettere di fronte agli occhi dell'Europa e del mondo nella sua vera luce, le vere intenzioni e finalità di questi circoli governativi e mostrerà quale sia il significato reale del patto franco-jugoslavo.

(l) T. gab. 2462/879, del 15 novembre, a firma Petruccì, che non si pubblica.

579

IL MINISTRO A VARSAVIA, MAJONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 2239/877. Varsavia, 21 novembre 1927.

Riferimento al telespresso di V. E. del 20 Giugno u. s. n. 230982/1362

E. L. uff. II pos. Polonia l.

Torna ad affiorare voce negoziati in corso per conclusione patto amicizia polacco-ungherese. Persona che per le sue funzioni dovrebbe essere in grado di conoscere fondamento notizia ne ha dato conferma. Sembra che attuale presenza Varsavia ministro Polacco a Budapest sia dovuta appunto ai negoziati in corso che sembrano molto avanzati. Notizia vien tenuta segreta per riguardo Jugoslavia e Romania (2).

580

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. 2559/511. Atene, 21 novembre 1927 (per. il 24).

Dopo aver ricevuto il telegramma di V. E. n. 1497/409 in data 16 corrente, incrociatosi col mio n. 497 dello stesso giorno (3), ho nuovamente a lungo conferito con questo ministro degli affari esteri, signor Michalacopoulos (e poi anche col direttore degli affari politici, signor Giovanni Politis il cui avviso è notoriamente tenuto in gran conto dal ministro) in merito all'atteggiamento greco sia nei confronti della Francia che in quelli della Jugoslavia.

Michalacopoulos mi ha in primo luogo confermato le sue esplicite dichiarazioni di cui ai primi tre punti enumerati nel citato mio telegramma, circa assoluta inesistenza di qualsiasi tentativo di negoziato per patto franco-greco ed immutate direttive politiche nei riguardi dell'Italia.

L'ho poi portato espressamente a parlare più dettagliatamente del punto quarto, ossia dei negoziati con la Jugoslavia, essendo capitate opportune le dichiarazioni fatte in proposito da Marinkovich ai giornalisti che lo intervistavano subito dopo il suo ritorno a Belgrado circa eventuali trattative per un

patto balcanico. Il chiaro accenno infatti del ministro jugoslavo alla necessità di risolvere « la questione di Salonicco • prima che trattative di altra natura potessero essere iniziate con la Grecia, ha grandemente impressionato questa opinione pubblica, che vi ha visto un rimbaldanzimento delle mire serbe dopo

• il successo di Parigi •.

Da tale stato d'animo, senza mostrare alcun senso di speciale ostilità verso la Francia, ho preso partito per attirare l'attenzione del ministro sulle logiche conseguenze che si devono trarre non appena si paragoni, nei riguardi degli interessi ellenici, l'azione politica francese, la quale deve inevitabilmente sostenere la Serbia verso l'egemonia che questa vuol conquistarsi nei Balcani a danno finanche della sovranità greca, e l'azione italiana, per contro, che quegli interessi ha già dato prova così efficacemente di sostenere. Michalacopoulos, convenendo su tali considerazioni, e visibilmente seccato per le dichiarazioni di Marinkovich, mi ha subito confermato le proprie • controdichiarazioni • pubblicate da questa stampa (ne rimetto traduzione con telespresso a parte n. 6940/847) circa la " non esistenza di una questione di Salonicco • e la esplicita affermazione che nessun Governo greco si presterebbe ad una • alleanza • colla Jugoslavia che triennalmente, come nelle convenzioni di Pangalos, avrebbe per conseguenza nuove concessioni e sacrifici forse anche territoriali verso l'alleata. • Questo pubblico e reciso scambio del rispettivo punto di vista in un argomento così delicato • ha poi subito osservato il mio interlocutore, • non è certo fatto per facilitare i negoziati sulle agevolazioni di transito commerciale per Salonicco •. Per tali negoziati, dunque, lo stadio sarebbe tuttora il seguente, secondo quanto mi ha esplicitamente dichiarato, in risposta alla mia domanda, il Michalacopoulos: nell'estate scorsa, intorno all'epoca del rigetto delle convenzioni di Pangalos, furono da questo Governo comunicati a Belgrado documenti amministrativi e statistici da servire di appoggio nell'esame, che il Governo stesso ha poi replicatamente offerto (e per ultimo ancora verbalmente per bocca dello stesso Michalacopoulos al Marinkovich, nel noto incontro di Ginevra in settembre) a quello serbo di fare in comune, basandosi peraltro esclusivamente come punto di partenza sulle convenzioni del 1923, per quelle modificazioni da apportare eventualmente a queste ultime onde provvedere alle necessità del commercio S.H.S. che risultassero d'accordo comprovate. A tali offerte completate dall'altra (fatta per dimostrare la buona volontà greca) che le trattative avessero ad essere condotte, per maggior facilità, in via diplomatica, nell'una

o nell'altra capitale, senza il peso di apposite delegazioni che ne avrebbero ritardato la conclusione, nessuna risposta concreta o controprogetto qualsiasi sarebbe dunque finora, tanto secondo il Michalacopoulos quanto secondo il Giovanni Politis, qui pervenuta.

Michalacopoulos mi ha detto chiaramente ancora una volta che egli, quando avesse provveduto alla ineluttabile necessità in cui qualunque Governo greco deve trovarsi, della sistemazione, coi minori sacrifici possibili, delle relazioni commerciali di transito, con criteri di buon vicinato da regolarsi colla Jugoslavia, non avrebbe alcun desiderio di conchiudere, nella mutata situazione attuale per rispett::J al 1913-1914, una alleanza colla Serbia. Ha aggiunto che secondo quanto ha, del resto, esposto anche verbalmente all'E. V., mentre non può considerare opportunamente realizzabile una generale Locarno balcanica (leggasi egemonia della Serbia attraverso la Francia la quale risulterebbe in sostanza la potenza garante) non potrebbe rifiutare a priori, e qualora l'offerta gliene venisse fatta, la conclusione di un eventuale accordo colla Jugoslavia, di carattere arbitrale ed esclusivamente • difensivo balcanico , ~vale a dire -ha rilevato con particolare intenzione -il quale oltre a non essere di natura offensiva per nessun terzo stato, non riguarderebbe neanche lontanamente sotto alcuna forma una qualche potenza extra balcanica). Ciò gli verrebbe imposto specie da quella larga parte dell'opinione pubblica greca che ritiene indispensabile premunirsi dai sempre minacciosi appetiti jugoslavi, col circoscriverli per quanto possibile nei limiti di un riconoscimento dello statu qua territoriale consacrato da un accordo in aggiunta ai trattati esistenti. Non ho mancato di portare il mio interlocutore a considerare gli evidenti argomenti che dimostrano nel caso speciale la fallacia di tale garanzia, ed egli ha ancora osservato che non sembra poi così vicina l'eventualità della conclusione di un accordo, neanche del genere.

Michalacopoulos è pel momento tuttora preoccupato, come gli altri membri del Gabinetto, della necessità di sistemare la questione finanziaria interna, che la Francia collega destramente con quella dei debiti di guerra, per servirsene di pressione politica nei riguardi greco-jugoslavi. La discussione sulla politica finanziaria del Governo si inizia per l'appunto questa sera alla Camera ellenica, e, fino ad ora Kafandaris non ha fatto la minima dichiarazione sulle trattative colla Francia, nella speranza di ricevere da un momento all'altro qualche notizia concreta in proposito da Parigi.

Come ho già più volte riferito all'E. V. ho l'impressione che le dichiarazioni del Michalacopoulos nei nostri riguardi (confermatemi ampiamente dal Politis) siano sincere, e che, per conseguenza, salvo gli imprevisti che potrebbero realizzarsi con un cambiamento di verso assai desiderato, sia pur reconditamente, dagli svariati nostri concorrenti, le relazioni della Grecia colla Jugoslavia non siano per volgersi contro di noi. Non vi è dubbio, però, c·ne in occasione del prossimo terzo viaggio di questi ministri a Ginevra (sessione di dicembre del consiglio della Lega) un lavorìo anche più attivo di quello che si svolge qui attualmente da parte francese per un riavvicinamento alla Jugoslavia sarà messo in atto: mi risulta intanto che questo ministro di Francia, signor Clément Simon, ha lasciato comprendere al collega di Polonia di avere istruzioni di far intendere a questo Governo come Parigi sarebbe disposta a premere su Belgrado per rendere questa più conciliante nei riguardi del punto di vista greco per Salonicco. pur di ottenere un miglioramento nelle relazioni greco-serbe.

Nell'assenza del rappresentante britannico, del quale non posso riferir

l'avviso, trovandosi Loraine tuttora in congedo a Costantinopoli, dirò come il

ministro di Turchia Gevad bey (che non mi nasconde il nessun favore con cui

il suo Governo vedrebbe ogni tendenza d'intima unione politica tra Grecia e

Jugoslavia) consideri ottimiste le previsioni di coloro che annunziano prossima

l'intesa tra Belgrado ed Atene.

Aggiungerò come, da una mia particolareggiata conversazione politica avuta

con questo mio collega rumeno, signor Langa Rascanu (di personali sentimenti anti-serbi e notoriamente italofilo) io abbia riportato l'impressiune che le istruzioni colle quali egli è recentem-ente ritornato dal suo lungo congedo in Rumania siano nel senso di far comprendere a Michalacopoulos come si giudichi colà assai troppo violenta la sua azione pel reciso rigetto delle convenzioni di Salonicco.

Dirò finalmente a titolo semplicemente informativo, come il signor Danceff, incaricato d'affari di Bulgaria, il quale si dimostra, naturalmente, il più preoccupato di tutti in merito alle possibilità e conseguenze di un riavvicinamento greco-serbo, mi abbia confidato che il suo Governo crederebbe fermamente alla esistenza di una precisa intesa tra Francia ed Inghilterra, in base alla quale quest'ultima avrebbe consentito di lasciar mano libera alla prima, pel rafforzamento della sua influenza nei Balcani attraverso la Jugoslavia, pur di giungere al conseguimento di quella Locarno balcanica propugnata da Chamberlain di cui ricomincerebbero a manifestarsi sintomi abbastanza allarmanti nella stessa Bulgaria.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Nell'aprile e nel maggio 1927 erano circolate sulla stampa polacca notizie, peraltro smentite a Budapest, circa la prossima stipulazione di un patto polacco-ungherese. (3) -Cfr. nn. 555, 556.
581

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI IN EUROPA, E AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE (l)

T. GAB. 1535. Roma, 2.2 novembre 1927, ore 20.

Ho diretto alla R. ambasciata a Londra seguente telegramma il cui contenuto (astrazione fatta naturalmente per gli accordi particolari che si riferiscono alla Gran Bretagna ed ai suoi rapporti con l'Italia) dovrà servire di base anche a V. E. per chiarire ove occorra portata del nuovo atto itala-albanese e per ribattere presso codesto Governo erronei apprezzamenti: • un anno di politica itala-albanese, ecc. • fino alla fine (come nel telegramma di Gabinetto in partenza n. 1533) (2).

582

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1540/702. Roma, 22 novembre 1927, ore 22.

La esposizione che V. S. mi ha fatto delle diffidenze sorte in Ahmed Zogu per i nostri contatti con i fuorusciti albanesi mi ha indotto ancora di più -malgrado l'esplicito parere di V. S. che non convenisse neppure in questo momento rompere tali contatti -a considerare la situazione sotto il prisma

39 -Documenti Diploma.tici -Serie VII -Vol. V

albanese ed a non creare nulla che non sia esplicitamente richiesto oltre che ammesso da Ahmed Zogu.

Ho pertanto sospeso per il momento ogni corresponsione di sussidi (ciò che prelude naturalmente ad una rottura) per rimettere ogni decisione al riguardo al signor Ahmed Zogu. Se egli si convince che tutta questa nostra azione è stata ed è per assicurare la solidità sempre maggiore del suo regime e la sicurezza della sua persona e se egli crede perciò che l'azione del R. Governo sia utile a continuare e vorrà farmi in questo senso una richiesta che io sarò lieto di accettare, l'azione sarà continuata, nell'interesse di lui, ben inteso rimanendo a carico dell'Italia le spese non indifferenti che essa ci costa.

In caso diverso sarà abbandonata. In quest'ultima ipotesi, per quanto sia penoso al mio animo affacciare eventualità che non corrispondono al voto di tranquillità che io formulo per il popolo albanese mi è doveroso avvertire che non potrà essere addebitata alla responsabilità ovvero a difetto di sollecitudine e di premuroso consiglio da parte dell'Italia alcuna delle conseguenze che il ritorno dei fuorusciti albanesi nelle braccia della Jugoslavia potrebbe apportare non tanto per forza intrinseca dei fuorusciti stessi quanto per la possibilità che la Jugoslavia riacquisterebbe di muovere elementi suoi delle zone miste coprendo tale movimento sotto la mascheratura dell'organizzazione degli oppositori albanesi.

Attendo quindi che V. E. mi comunichi la risposta del signor Ahmed Zogu che elimini su questa questione ogni ragione di equivoco.

(l) -Il telegramma non fu inviato a Londra, Belgrado e Durazzo. (2) -Cfr. n. 588.
583

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB.RR. 1538/372. Roma, 22 novembre 1927, ore 24.

Suoi telegrammi n. 311 e precedenti (1).

Prego dire ad Alberti che ho letto con particolare interesse quanto ha riferito circa lavori codesta delegazione della Società delle Nazioni per prestito. Idea da lui avanzata di un prestito alla Bulgaria da parte dell'Italia è stata oggetto di attento esame. Per quanto la sua realizzazione incontrerebbe nel

momento presente serie difficoltà di carattere finanziario, non v'ha dubbio che essa potrebbe molto bene inquadrarsi nelle direttive politiche del R. Governo e possibilità di realizzarla nell'avvenire non deve quindi essere scartata senz'altro. Per queste ragioni, mentre confermo direttive già impartite, prego continuare a tenermi esattamente informato dei lavori della delegazione e della situazione in generale.

(l) Si tratta dei t. gab. 2502/308, 2503/309, 2504/310, 2505/311 del 18 e 19 novembre, di cui solo il primo è pubblicato (cfr. n. 565).

584

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL GOVERNATORE DI RODI, LAGO, E ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. GAB. 1541. Roma, 22 novembre 1927, ore 24.

(Per Rodi). R. ambasciatore a Costantinopoli telegrafa: come da tel. collez. 8539/477 da Costantinopoli (1).

Da quanto riferisce Orsini Baroni risulta che allo stato attuale delle cose non è possibile ridurre il Governo turco a più ragionevoli consigli. Delle due soluzioni proposte, la seconda si risolverebbe a tutto vantaggio del Governo turco e non sarebbe diversa da quella che già i delegati turchi hanno fatto intravvedere ai nostri delegati costì cioè il riconoscimento all'Italia del solo isolotto di San Giorgio. Escluso ogni accordo per la pesca, tutto quanto si potrebbe ottenere dai turchi sarebbe la promessa (che forse potremmo richiedere ai turchi di tradurre in una formula scritta) di trattare e definire nei futuri negoziati per la convenzione commerciale la questione degli scambi fra il Dodecanneso e l'Anatolia. Potremmo forse ancora tentare, senza troppe illusioni, di persuadere il Governo turco a concretare anche in una formula generica (da specificare in ulteriori trattative) il principio del regime delle acque promiscue delle zone in cui le acque territoriali si sovrappongono con piena libertà di navigazione per le rispettive bandiere e dietro previa comunicazione dei battelli adibiti a tal traffico. In ogni caso, prima di addivenire a qualsiasi accordo, occorrerebbe definire il regime dei diritti privati dei castelrossini negli isolotti di cui eventualmente riconoscessimo la sovranità alla Turchia.

Ma anche se riuscissimo ad ottenere tutto ciò, la cui pratica applicazione

potrebbe da parte turca essere fatta poi in modo insoddisfacente, resterebbe da

considerare se sarebbe preferibile affrontare i rischi di un giudizio alla corte

dell'Aja allo scopo di poter difendere fino all'ultimo la nostra tesi circa gli

isolotti di Castelrosso, e per non concludere coi turchi un accordo volontario

senza un reale vantaggio per noi.

In realtà un giudizio all'Aja, mantenuto nei limiti sereni di una contro

versia giuridica non dovrebbe poter nuocere sostanzialmente ai buoni rapporti

fra i due paesi, e quindi mi sembrerebbe, al postutto, la via preferibile. Le con

siderazioni contrarie fatte nel mio precedente telegramma erano infatti, come

V. E. comprenderà, destinate precipuamente ad uso del Governo turco per cercare di persuaderlo alla soluzione transattiva da noi desiderata.

Prima però di dare una risposta definitiva ad Angora, prego telegrafarmi il parere dell'E. V. su quanto precede, tenendo presente che se è vero che nell'ora presente non abbiamo una rigorosa necessità di accontentare il Governo turco in vista di ipotetiche sue favorevoli disposizioni nei Balcani, è anche vero che non abbiamo alcun mezzo pratico per imporgli la nostra volontà nella questione degli isolotti, e che d'altra parte potrebbe essere svantaggiosa una seria tensione

dei rapporti politici italo-turchi ancor più se determinata da incidenti militari che la Turchia eventualmente provocasse per la cessione delle isole. (Per Constantinopoli). Ho comunicato il suo telegramma n. 477 al governatore Rodi aggiungendo quanto segue: « come da tel. sopratrascritto ». Per norma di condotta di V. E. stimo utile dirle che sembrami Tewfik Russdi bey si sia valso dell'attuale momento politico per cercare di impressionare il

R. Governo ed indurlo ad una soluzione favorevole circa gli isolotti di Castelrosso, accentuando le possibilità di una cooperazione italo-turca nei Balcani. Gli ingenui accenni fatti al maggiore Liberati (l) confermano anche questa impressione che del resto corrisponde all'eterno metodo turco di approfittare dei dissensi di terzi a proprio vantaggio. Se pure infatti, in date condizioni e circostanze, noi potremmo contare su di un atteggiamento della Turchia favorevole all'Italia in questioni itala-jugoslave, è lecito escludere, almeno per ora, la possibilità di sottrarre in tali questioni il Governo turco ad influenze francesi.

(l) Cfr. n. 563.

585

IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB.S. 2543/315. Sofia, 22 novembre 1927, ore 20 (per. or~> 24).

Alberti comunica quanto segue: • La delegazione della Società delle Nazioni ha voluto oggi, per iniziativa di Niemayer, avere delle spiegazioni dirette col presidente del consiglio Liapceff. Niemayer ha esposto con molta durezza al signor Liapceff i dogmi finanziari della Lega delle Nazioni, concludendo che o la Bulgaria li accetta oppure deve rinunziare a qualsiasi speranza di prestito estero nel quale caso essa si troverà in condizioni disperate ed il suo cambio crollerà. [Se] la Bulgaria invece accetterà la trasformazione della Banca di Stato in banca privata, se ammetterà una trasformazione del bilancio e un suo più rigido controllo, se distaccherà le ferrovie trasformandole in azienda autonoma, se riforme:rà la banca agricola e la banca cooperativa, allora essa potrà contare probabilmente su di un prestito di numero insufficiente [sic] milioni di sterline. Liapceff con molto tatto ha risposto dichiarando impossibile solo la trasformazione della banca in anonima perchè tutti amici e avversari lo accuserebbero di aver venduto la banca di emissione agli stranieri. Concluse dicendo che pre· feriva restare nelle difficoltà attuali piuttosto di affrontare la marea delle diffi· coltà interne che solleverebbe la trasformazione della banca, i cui attuali statuti, osservò, sono appunto quelli elaborati dalla Banca d'Inghilterra ed approvati meno di un anno fa dal parlamento.

Nella conversazione allacciata fra tutti i membri della delegazione ed il signor Liapceff io cercai di mettere in evidenza i punti sui quali la delegazione avrebbe potuto dare soddisfazione alle condizioni psicologiche bulgare durante

un periodo eccezionale. La separazione da Lbpceff avvenne restando ognuno sulle sue posizioni e dopo che Niemayer nuovamente ebbe a vaticinare sciagure e malanni per la Bulgaria in caso di non accettazione. Co~sultato[mi] col ministro Piacentini ed in sua compagnia, dopo questo incontro fra la delegazione ed il signor Liapceff, ho ritenuto opportuno di avere un colloquio particolare e segreto col presidente del consiglio bulgaro. Gli ho detto che io sinceramente mi auguravo che si potesse trovare un nuovo accomodamento d'accordo col comitato finanziario della Lega delle Nazioni. Gli ho ripetuto però che malgrado i miei tentativi di una soluzione transattiva il comitato nella sostanza era irreducibile e che non bisognava farsi delle illusioni. Gli ho detto che il comitato finanziario sopratutto per volontà inglese era intransigente sulla questione della lJanca privata, aggiungendo che ove più tardi egli Liapceff avesse ritenuto di trans;gere avrebbe potuto con questa concessione assicurarsi migliori condizioni di quelle che avrebbe potuto [ot]tenere cedendo subito. Gli ripetei ancora il consiglio d'arrivare al limite estremo delle concessioni pur di concludere alla fine l'accordo con il comitato finanziario. Mi sono però permesso di aggiungere che ove proprio la Bulgaria non potesse accettare le condizioni del comitato e si trovasse nelle gravi difficoltà che il lugubre sirenotto le ha preconizzato e che io non condivido, io avrei in Italia il modo di aiutare la Bulgaria nei limiti delle nostre modeste possibilità. Gli annunziai che io avrei impetrato da V. E., tenuto pre9ente che alla partenza mi aveva dato istruzioni precise di aiutare la Bulgaria in seno al comitato, di voler considerare la possibilità di un appoggio anche fuori del comitato stesso. Con questo passo che è sembrato indispensabile a me come è parso opportuno al ministro Piacentini, so di aver ecceduto il mandato, sebbene abbia fede di aver obbedito nel miglior modo allo spirito degli ordini di V. E. Alberti •.

(l) Cfr. n. 567.

586

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2538/897. Belgrado, 22 novembre 1927, ore 22,30 (per. ore 2 del 23).

Oggi il barone Forster, col quale mi sono intrattenuto circa il patto francojugoslavo, mi ha detto che esso è evidentemente rivolto contro l'Italia, per quanto riguarda la questione adriatica, e contro l'Ungheria e la Germania in quanto viene a rinforzare la Piccola Intesa, la quale è notorio avere per scopo il mantenimento dello statu quo nell'Europa centrale, e quindi è diretto ad impedire la revisione del trattato del Trianon, voluta dall'Ungheria, e l'Anschluss. Forster si è mostrato quindi fautore di un riavvicinamento sempre più stretto fra l'Italia e l'Ungheria, limitando l'azione dell'Ungheria, nei riguardi della Jugoslavia, ad accordi e convenzioni che sviluppino le relazioni economiche e di buon vicinato dei due paesi. Egli ha riconosciuto che vi sono forze che lavorano anche per un accordo politico ungaro-jugoslavo, ed in via confidenziale ha aggiunto che queste forze sarebbero animate e spinte dalla solita fonte, la massoneria. Questo spiegherebbe il pio desiderio del giornale Pravda di vedere instaurato in Ungheria un Governo democratico-massonico. Sempre sullo stesso argomento riferisco ad ogni buon fine ed a titolo di notizia facilmente controllabile a Budapest, ciò che persona molto al corrente di questioni interne ungheresi mi ha detto: • Mentre il conte Bethlen è deciso partigiano della politica di intima amicizia con l'Italia, il ministro affari esteri Walko presterebbe orecchio ai repubblicani francofili del suo ... (l) Weiss banchiere israelita. Il capo ufficio stampa del ministero affari esteri di Budapest, signor Bardossy, non è italofilo •· Nell'immediato entourage di Bethlen, trovasi poi il conte Khuen Hedervary, capo del personale, il quale non avrebbe esitato a definire falsa la politica italofila del suo capo, osservando che Ungheria ha bisogno dello sbocco al mare e che perciò deve intendersi con Belgrado. Egli avrebbe anzi pronunziato questa frase: • acqua spinge verso Belgrado •. La quale frase trova una certa corrispondenza in altra frase che il signor De Hory ebbe a dire ad un giornalista italiano mentre era ancora a Belgrado e cioè : • Come volete voi italiani penetrare nei Balcani se non vi intendete con Belgrado? •

Da quanto ho sopra esposto mi sembra poter concludere che la Jugoslavia, appoggiata dalla Francia e dalla massoneria farà nuovi e più efficaci sforzi per influire sul Governo ungherese per indurlo ad un riavvicinamento politico fra i due paesi facendo leva sugli incontestabili interessi economici, che spingono Budapest verso Belgrado e sulla corrente in favore riavvicinamento stesso, che sarebbe tanto forte da penetrare sino nell'entourage dello stesso conte Bethlen.

587

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8594/896. Belgrado, 22 novembre 1927, ore 23,30 (per. ore 3,40 del 23).

Mio telegramma posta n. 7983/1498.

Giornale Pravda di ieri pubblica un articolo editoriale dal titolo • La nuova politica dell'Ungheria • nel quale si prevede a breve scadenza il ritiro del conte Bethlen e del suo Gabinetto. Il nuovo Governo sarebbe secondo il giornale predetto a fondo democratico e favorevoie ad un riavvicinamento alla Jug.oslavia, e ciò specialmente dopo la conclusione del trattato franco-jugoslavo. Vengono poi riportati alcuni brani del Pesti Naplo lodanti la politica di Marinkovich, e l'articolista giunge alla conclusione che Governo Jugoslavia anche verso Ungheria fa opera di pace. A tale proposito informo V. E. che mi risulta il signor Marinkovich s'interessa vivamente all'azione che il gruppo ungherese, che fa capo all'ex ministro degli esteri, signor Gratz autore dell'articolo sul Vreme di cui al mio telegramma n. 6722/1249, sta svolgendo qui ed a Budapest per un riavvicinamento ungherese-jugoslavo. Tale azione dovrebbe culminare in un accordo politico a gennaio prossimo, al momento cioè della firma delle numerose

convenzioni attuali in trattazione. Il fatto non meriterebbe eccessivo rilievo se non mi risultassero esattamente due circostanze: primo: il segretario del signor Nikl mi ha oggi assicurato che, contrariamente a quanto sembrava tempo fa, (mio telegramma n. 785) (1), le trattative per le convenzioni predette procedono meglio per impulso del signor Marinkovich e che si ritiene di potere giungere ad un accordo anche sulle questioni che sembrano più controverse, tanto che si spera di poter firmare tutto il blocco delle convenzioni stesse a gennaio prossimo; s~condo: che l'azione di riavvicinamento ungherese jugoslavo è segretamente inspirata ed appoggiata dal consigliere di questa legazione d'Ungheria signor Wodianer, e contro le direttive del ministro d'Ungheria barone Forster. Ciò mi sembra tanto più importante in quanto che il Wodianer è stato ultimamente trasferito alla legazione d'Ungheria a Roma, che non ha ancora raggiunto perchè vorrebbe ultimare le azioni predette. Il Wodianer è uomo di molto ingegno, ma ha tratto dalla sua origine israelitica una tortuosità di procedere ed un amore all'intrigo, che, uniti a grande ambizione ne fanno un elemento pericoloso, e sul quale bisogna tenere bene gli occhi aperti, ciò tanto più che

è notorio che De Hory, ministro a Roma, che lo ebbe qui come suo consigliere, ne subisce completamente l'influenza.

(l) Gruppi indecifrati.

588

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 1533/670. Roma, 23 novembre 1927, ore 5,30.

Un anno di politica italo-albanese imperniata sui rapporti creati dal patto di Tirana ha dato la misura dell'interesse che l'Italia annette alla conservazione della integrità e della sovranità albanese. In questo anno le occasioni non sono mancate per potere osservare le applicazioni che l'Italia ha inteso fare del patto di Tirana anche in momenti in cui le disposizioni di detto patto avrebbero potuto -secondo le predizioni dei maligni -prestarsi facilmente a quelle deprecate forme di intervento che sono desiderate unicamente da coloro che tendono condurre l'Italia in una trappola internazionale. La minacciosa situazione del marzo scorso offrì la prova della intenzione dell'Italia di non creare nè ammettere modificazioni alla vita libera e normale dello stato albanese mentre se essa avesse voluto cercare occasioni per dare al patto di Tirana le applicazioni maliguarnente attribuitele le sarebbe bastato lasciar correre gli avvenimenti per pescare nel torbido. La successiva crisi albanese-jugoslava fornì una seconda prova più ampia che mise in luce come l'Italia non si limitasse a volere una pacifica applicazione del patto di Tirana ed una semplice politica negativa nei riguardi dello statu quo ma tendesse ad una forma attiva di collaborazione con tutte le potenze per assicurare all'Albania il mantenimento e lo sviluppo dei migliori

rapporti di amicizia con tutti gli altri stati e sopratutto con i suoi vicini che non sono tuttavia i migliori sostenitori della tranquillità e del progresso ordinato del popolo albanese.

Il Governo italiano, attraverso la sensazione stessa di fiducia che esso ha ispirato al Governo albanese, ha finito col considerare, d'accordo con quest'ultimo, i vantaggi che una collaborazione sempre più stretta avrebbe apportato alla reciproca situazione, per assicurare ad una delle parti il concorso dell'influenza conciliante dell'altra in tutte le evenienze capaci di sboccare, sotto uno sforzo comune, ad una soluzione pacifica sommamente desiderabile, e per affrontare solidalmente le ragioni della comune difesa in caso di insuccesso di tali sforzi col conseguente determinarsi di un'aggressione a danno di una di esse, e da esse non provocata.

Questi obiettivi sono stati considerati in un trattato di alleanza che è stato ora concordato e della cui firma mi è grato dare notizia prima di ogni altro al signor Chamberlain ed al Governo britannico, sia per ragioni di personale deferente considerazione verso codesto ministro degli esteri, sia come riconoscimento verso codesto Governo della costante opera di buona e serena amicizia da esso svolta verso l'Italia non meno che per l'interessamento verso le condizioni di stabilità della pace in Europa e nel mondo che esso persegue così nobilmente.

Nelle circostanze da me richiamate in questo telegramma e nell'atteggiamento generale del Governo italiano il signor Chamberlain avrà tratto ormai conferma sempre migliore del desiderio che io ho di collaborare con lui sulla via della pace e del rafforzamento dell'ordine attuale in Europa; e poichè l'Albania ha dovuto sempre questi ultimi anni essere considerata come elemento non ultimo di peso nella bilancia mutevole dei destini dell'Europa, ritengo di compiere opera sempre più meritoria verso la sicurezza di tali destini facendo gravare il peso della politica italiana verso una politica che la impegni, nella maniera che le sue ragioni geografiche e quelle riconosciute della sua sicurezza le impongono in maniera particolare, a concorrere alla difesa dell'assetto internazionale attuale nei Balcani ed a scongiurare con una leale e preventiva presa di posizione le velleità diverse che possono serpeggiare altrove contro indipendenza albanese.

V. E. vorrà portare quanto precede a conoscenza del signor Chamberlain sotto forma di comunicazione orale dicendogli che io mi affretterò a telegrafare il testo del nuovo trattato appena firmato e che sarei lieto di poter far ciò sin da adesso se non mi trattenesse lo scrupolo di evitare al signor Chamberlain la veste di averlo quasi tenuto a battesimo come erroneamente gli si volle attribuire pel patto di Tirana. V. E. avrà cura di far notare, se pure occorra, che il nuovo atto della politica lineare dell'Italia verso l'Albania è l ungi dal rappresentare un atto di risentimento o di reazione al trattato franco-jugoslavo sebbene lo stato di animo dell'opinione pubblica europea e particolarmente di quella jugoslava dopo quel trattato possa far credere ad un diritto dell'Italia di tutelarsi nell'Adriatico.

A chi conosce la mentalità albanese ed il modo di trattare di quel Governo riesce invece facile convincersi che il nuovo trattato di alleanza itala-albanese non può essere stato originato che da una lenta maturazione a cui lo spirito di esaltazione nazionalista e di suscettibilità da cui le sfere albanesi sono animate non avrebbe permesso di dare veste formale se non ad iniziativa stessa di quelle sfere.

Inoltre V. E. aggiungerà che particolarmente al popolo inglese non deve riuscire sgradito di apprendere che le principali clausole del trattato che sarà registrato alla società delle nazioni hanno avuto come testo esemplare le disposizioni dei trattati analoghi conclusi dal Regno Unito che hanno avuto la massima efficacia storica per la tutela o per il ristabilimento dell'assetto normale in una Europa sovvertita da incomposte ambizioni.

(l) T. 7250/785 dell'8 ottobre, che non si pubblica: conversazioni di Bodrero con Nikl, delegato ungherese per le trattative con la Jugoslavia.

589

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 2546/682. Durazzo, 23 novembre 1927, ore 18,50 (pe1·. ore 21).

Ahmed Zogu ha mandato Gemil Dino a Durazzo per comunicarmi che ministro di Serbia e ministro di Francia hanno chiesto di vederlo e che egli non avrebbe potuto celare avvenuta firma del trattato con l'Italia (1). Ho risposto Gemil Dino che ringraziavo il presidente della cortesia usataci con l'informarmi della sua decisione, ma che io non ero il Governo italiano, bensì soltanto un rappresentante del Governo di Sua Maestà. Ho aggiunto che, in regime di alleanza, era necessario in tutti gli atti che concernevano la politica comune una previa intesa. Non bastava quindi un semplice preavviso. Era necessario un comune accordo, e questo non poteva raggiungersi parlando semplicemente a fatto compiuto. Era bensì indispensabile mettermi in grado di comunicare con

V. E. per averne telegrafico assenso. Gemil Dino si è profuso in scuse e mi ha pregato vivamente a nome del presidente di tener conto dello stato d'animo di Tirana e di prospettare a V. E. le cose sotto la migliore luce. Ho risposto che lo avrei fatto. Dato però che oltre Inghilterra anche Jugoslavia e Francia sarebbero state questa sera ufficialmente informate della esistenza del trattato noi eravamo esposti al grave pericolo che la notizia fosse resa pubblica, e naturalmente deformata, dalla stampa internazionale a noi avversa. Io avrei quindi suggerito a V. E. di pubblicare nei giornali della sera di domani giovedì il testo del trattato, mentre presentavo Ahmed Zogu la formale richiesta, fatta salva l'approvazione di V. E., che trattato fosse presentato venerdì parlamento albanese. Ahmed Zogu mi ha mandato a chiamare di urgenza e lo vedrò questa sera a tarda ora.

(l) Testo del tratta:o -c'i 7 aTt:coE -" delle due lettere nnn<esse di Sola e di Ilias Vrioni, in data 22 novembre. in Trattati (:! CO'n?)en,zinn; €f'C.. xxxvrr (1927). DI). tl.f-',~-4118. Vedili anche in A. SoLMr, Italia e Francia nei problemi attua!i delta politica europea, Milano, 1931, pp. 201-204. Ibidem, pp. 198-201, anche il testo del trattato franco-jugoslavo dell'li novembre 1927.

590

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2544/825. Londra, 23 novembre 1927, ore 20,55 (per. ore 3,50 del 24).

Ho fatto a Chamberlain alle 4 e mezzo comunicazione di cui ai telegrammi di V. E. nn. 697 (l) e 674 Gab. (2). Chamberlain non ne è stato sorpreso perchè dell'imminenza firma del trattato alleanza italo-albanese era stato informato due giorni fa dal ministro d'Inghilterra a Durazzo, al quale aveva subito telegrafato di indurre Ahmed Zogu, se ancora in tempo, a non firmare prima che egli stesso Chamberlain avesse potuto avere uno scambio di idee in proposito con V. E. Risposta da Durazzo arrivata oggi lo aveva informato che trattato era stato già firmato e che Seeds si era adoperato perchè almeno annunzio della firma fosse ritardato, come Sola deve aver comunicato a V. E. Chamberlain mi ha poi detto, con molta franchezza, di essere preoccupatissimo della situazione che da questo nuovo trattato verrà creata, una situazione che egli considera sin da ora • molto pericolosa •. Egli mi ha detto presso a poco: • Nel consiglio dei ministri d'oggi avevo espresso mia disapprovazione pel trattato franco-jugoslavo, che considero come un errore politico, quando mi fu portato telegramma nostro rappresentante a Durazzo e fui costretto ad attirare attenzione miei colleghi di Gabinetto sull'aggravamento della situazione che dal nuovo trattato viene a crearsi nei Balcani ed in Europa. Non fui consultato per il trattato franco-jugoslavo, come non lo sono stato per quello italo-albanese. Declino quindi ogni responsabilità per quello che può succedere e non nascondo il mio pessimismo. Ma, per l'amicizia che ho tanto per l'Italia, quanto per l'Albania, e per amore della pace europea, tento tutto quello che è ancora possibile tentare per evitare il peggio. Vi prego fare sapere subito al signor Mussolini che io confido che il Governo italiano vorrà non solo prorogare ancora di qualche giorno pubblicazione comunicato, ma anche prendere in seria considerazione un suggerimento che io vorrei dare per ridare fiducia e tranquillità all'Europa ed eliminare tutti i malintesi. Forte del suo trattato di alleanza coll'Albania egli dovrebbe cercare di trasformarlo in un patto di garanzia per la sovranità e la indipendenza dello stato albanese al quale anche la Jugoslavia fosse invitata a partecipare. Questo potrebbe essere fatto con un invito diretto dell'Italia a Belgrado oppure per mio tramite qualora ne fossi autorizzato e fossi sicuro nel caso di accettazione da parte jugoslava di non trovarmi di fronte ad un rifiuto italiano. Il mio intervento potrebbe apparire o autorizzato ed avrebbe certamente più efficacia, o spontaneo secondo quello che preferirebbe il signor Mussolini. Trattato di alleanza italo-albanese, di cui non conosco ancora testo che mi riservo di studiare, da quello che presumo non appare diretto contro qualcuno, e dato stato d'animo attuale non fa che aggravare pericolosamente una situazione già grave di per se stessa. Da un anno a questa parte

la situazione è andata sempre peggiorando, non voglio indagare per colpa di chi, ma è giunta ad un punto in cui è interesse di tutti correre ai ripari. Vi prego dire al signor Mussolini che il mio suggerimento è il suggerimento di un buon amico, che gli si è sempre dimostrato tale e tale vuole rimanere e che sono sicuro, se egli lo seguisse, di procurare all'Italia, oltre al raggiungimento di quelli che sono stati i suoi scopi nel firmare il trattato alleanza con l'Albania, anche un titolo d'onore grandissimo per la pace europea di fronte a tutto il mondo •.

Non ho bisogno di dire che nel corso della conversazione ho spesso interrotto Chamberlain per rettificare alcune sue impressioni che mi sembravano errate e ristabilire verità della situazione. Così quando col testo del patto di Roma e con quello della dichiarazione del 1921 alla mano egli mi ha detto che ci eravamo impegnati con la Jugoslavia ad una intesa preliminare per ogni accordo riguardante Europa centrale e che all'Italia era stato già quasi riconosciuto dalle grandi potenze diritto di intervenire in caso di disgregazione Albania. Così quando [egli ha definito] protettorato nostra alleanza con Albania. Gli ho poi detto che [la conoscenza diretta] che ho potuto acquistare durante mia permanenza a Roma del pensiero di V. E. mi portava ad escludere quasi a priori [o a mettere] per lo meno fortemente in dubbio l'accettazione del suo suggerimento da parte di V. E. che l'avrei [però] comunicato senza indugio riservandomi di fare conoscere risposta di V. E. al più presto possibile. Posso assicurare V. E. che preoccupazione Chamberlain è evidente e sincera come evidente e sincero mi sembra suo desiderio di essere aiutato evitare altre complicazioni. Devo anche aggiungere che, malgrado le mie dichiarazioni, ho avuto netta impressione che firma nuovo trattato è considerata da Chamberlain come una risposta a quella del trattato franco-jugoslavo per lo meno per il momento in cui è avvenuta. Infatti ad un certo punto ha detto che • se il trattato franco-jugoslavo è stato un errore non bisognava rispondervi con un altro errore •. Altra impressione che ho avuta dalla conversazione è stata che Chamberlain è spiacente di non essere stato informato che a cose fatte. Più di una volta ha· ripetuto, pur dichiarando di non lamentarsene, che non era stato consultato nè dalla Francia nè da noi.

Resto in attesa del testo del trattato e delle istruzioni di V. E.

(l) -Numero errato, ma cfr. n. 588. (2) -T. gab. 1544/674 del 23 novembre: ordine di comunicare a Chamberlain l'avvenuta firma del trattato italo-albanese.
591

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2550/686. Durazzo, 23 novembre 1927, ore 23,40 (per. ore 4 del 24).

Siamo d'accordo con Presidente che egli dirigerà a V. E. domani o dopodomani un vibrante telegramma saluto da essere pubblicato. Ahmed Zogu mi prega sottoporre a V. E. l'opportunità che nel telegramma di risposta, da essere parimenti pubblicato, nuovo patto itala-albanese sia presentato come nuovo contributo al rafforzamento della indipendenza albanese.

592

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 1537/680. Roma, 24 novembre 1927, ore 6.

Ho diretto alla R. ambasciata a Londra seguente telegramma il cui contenuto (astrazion fatta naturalmente degli accenni alla politica britannica e degli apprezzamenti che hanno carattere di asprezza verso codesto Governo) dovrà formare oggetto di una sua breve e sommaria comunicazione orale a codesto Governo. È escluso che V. E. possa dare spiegazioni e interpretazioni che non siano contenute nel testo del telegramma. La sua comunicazione dovrà avvenire immediatamente dopo la recezione del presente telegramma.

Ecco ora il testo del telegramma a Londra:

(Come nel telegramma Gab. in partenza n. 1533) (1).

593

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1552/710. Roma, 24 novembre 1927, ore 13.

Precedenza assoluta.

Comunichi immediatamente a Zogu che risposta al suo telegramma che attendo sarà di sua pienissima soddisfazione (2). Obiettivo Italia è soprattutto ed esclusivamente salvaguardia indipendenza Albania e pacifico sviluppo Albania. Attendo dunque telegramma Zogu intonato all'importanza del momento.

594

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1555/712. Roma, 24 novembre 1927, ore 13.

Precedenza assoluta.

Autorizzo colonnello Pariani a stipulare tutti gli accordi militari ad integrazione del Trattato.

(1J Cfr. n. 588. \2) Cfr. n. 5&1.

595

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2565/909. Belgrado, 24 novembre 1927, ore 14 (per. ore 17,50).

I fatti che dovranno seguire immediatamente alle parole dimostreranno quanto siano sincere le affermazioni di amicizia di Marinkovic nei nostri riguardi

o se non siano una semplice manovra ad uso esterno. Debbo, però, lo ripeto, riconoscergli di avere avuto del coraggio e questo è uno dei sintomi che mi fa credere che oggi si stia realmente formando, in una parte della opinione pubblica, una opposizione crescente alla politica di avventure voluta dai circoli militari, opposizione che, sotto certi aspetti, ed in sordina, non sarebbe disapprovata decisamente dallo stesso re Alessandro. Vi sono, certo, due fattori che spingono i ben pensanti di questo paese verso una politica più cauta e riflessiva: l) il fatto1·e diplomatico. Non vi è dubbio che in questo momento la Francia ha dovuto gettare tutto il peso della sua alleanza sulla bilancia al fine di farla rovesciare dalla parte della pace e delle buone parole verso l'Italia. A ciò e più di ciò, ha poi contribuito certamente l'azione decisa dell'Inghilterra. Oltre ad avvertimento scritto dato da Kennard a Marinkovic (vedere il mio telegramma 842 (l) mi è stato detto dallo stesso Kennard che l'altro ieri ancora, d'ordine di Chamberlain, il suo consigliere Roberts, in sua assenza, aveva dichiarato di nuovo a questi giornali che il Governo britannico desiderava che i rapporti tra l'Italia e Jugoslavia sortissero dall'attuale stato di tensione per avviarsi verso una fase di mutua amicizia e comprensione. Chamberlain avrebbe anzi fatto aggiungere che ciò doveva avvenire indipendentemente dalle conversazioni dirette le quali avrebbero potuto essere iniziate più tardi. 2) Il fattore economico. Nel mentre mi riservo di riferire dettagliatamente sul progetto di bilancio per l'anno 1927-1928 testè presentato alla Scupcina, mi preme intanto far rilevare che esso appare molto elevato nelle uscite, mentre è noto che le entrate tendono a diminuire in una maniera impressionante. Stefano Radic ha dichiarato ieri ad alcuni giornalisti che il bilancio, così come è stato presentato, darà un deficit di 3 miliardi, dovuto ai debiti volanti (sic) importanti un miliardo e mezzo, al pagamento degli interessi dei debiti alla Francia per circa un miliardo (Radic ha dichiarato che il patto è stato firmato a condizione che si effettuasse tale pagamento), mentre lo stesso ministro finanze ha riconosciuto che il deficit sarà di 230 milioni. Radic ha aggiunto che se si tiene conto poi delle prevedibili minori entrate, il deficit potrà elevarsi anche a quattro miliardi. Anche ammettendo che Radic abbia esagerato, è certo che lo stesso ministro delle finanze ha riconosciuto la gravità della situazione finanziaria ed ha perciò minacciato, a più riprese, di andarsene. E tale preoccupazione comincia a trapelare nel pubblico.

Il presente telegramma continua col numero successivo (2).

(l) -Cfr. n. 511. (2) -Cfr. n. 597.
596

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2563/826. Londra, 24 novembre 1927, ore 13 (per. ore 18).

Benchè nella conversazione di ieri, Chamberlain non me ne abbia fatto parola, apprendo stamane da un informatore sicuro, che la tensione dei rapporti tra Francia e Italia preoccupa molto il Foreign Office. Governo francese avrebbe attirato attenzione del Governo britannico sulla situazione che diventa sempre più pericolosa, sulle dimostrazioni che hanno avuto luogo in varie città d'Italia, con grida apertamente anti-francesi, e sulle vessazioni del Governo italiano verso la Francia, per esempio sul divieto fatto ai legnaioli italiani di traversare la frontiera per il consueto taglio annuale dei boschi nelle Alpi. Si sa qui che, ad un passo fatto dall'ambasciata di Francia a Roma, ministero degli affari esteri avrebbe risposto che dimostrazioni anti-francesi erano fuori proprio controllo. Sempre dalla stessa fonte si riferisce che Governo francese avrebbe fatto tutto il possibile per calmare impressione sfavorevole e che la frase relativa all'Italia nel discorso di Marinkovic alla Scupcina sarebbe stata inclusa dietro consiglio rappresentanti francese ed inglese. Sir Ronald Graham avrebbe ricevuto istruzioni di prendere pretesto dal discorso di Marinkovic per raccomandare a V. E. ripresa di conversazioni con la Jugoslavia non riuscendo Rakich a farsi ricevere da V. E. Marinkovic avrebbe detto a Kennard che, se Rakich fosse trattato meglio, egli sarebbe disposto recarsi Roma personalmente per trattare con V. E. migliori rapporti. Nessuna notizia è ancora pervenuta a questi circoli giornalistici circa trattato alleanza italo-albanese.

597

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8645/910. Belgrado, 24 novembre 1927, ore 18 (per. ore 22).

È infatti sintomatico un articolo Politika di ieri dal titolo « Il bilancio

della guerra e la economia , nel quale è detto che è ora che i militari cessino

dall'avanzare sempre nuove pretese per nuovi fondi sotto la scusa della sicu

rezza dello stato, e chiede che la ferma venga ridotta da un anno a sei mesi e

che effettivamente il bilancio della guerra sia molto diminuito. Questa è la

prima volta che un grande giornale serbo osa in pieno ... (l) la megalomania

dei generali serbi, e perciò mi sembra molto sintomatico.

Concludendo, le assennate dichiarazioni di Marinkovich nei nostri riguardi, non impediranno a certi circoli militari e governativi di seguitare a pescare nel torbido e non impediranno alle società segrete, quali Oriuna e Narodna Obrana, di seguitare nella campagna di odio contro di noi. Esse però vanno

messe in relal'lione con una certa rea~ione che si va facendo strada, in questi ultimi tempi, contro la politica di avventure dei circoli militari e di quelli politici più fanatici, reazione che si appoggia sopratutto sulle preoccupazioni per la crisi economica, sia privata che statale, ed acquistano un certo valore di cui mi sembra che si debba, almeno apparentemente, tenere un certo conto. E poichè la lotta fra Governo ed opposizione, fra corona, sostenuta dalle relative cricche militari, e socialismo, fra guerrafondai amanti di spendere e quelli che vedono con spavento aumentare la crisi economica e finanziaria, infine fra popolazioni di oltre Sava (ex austro-ungarici) e quelle di qua dalla Sava (serbi) si va facendo sempre più violenta, mi permetto di esprimere a V. E. il franco parere che da parte nostra sarebbe opportuno sostare per qualche tempo nella campagna di reazione contro la Jugoslavia, al fine di non offrire al Governo

S. H. S., con diversivi tratti dall'estero, il modo di sortire da quel lavorìo di disgregazione interna, che lo sta travagliando, e non essere proprio noi che cementiamo l'unione fra le tre parti di questo regno.

598.

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, A BUCAREST, DURAZZO, A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, E A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. 1561. Roma, 24 novembre 1927, ore 24.

Le ho inviato in chiaro testo trattato alleanza itala-albanese e relativi annessi. Prego V. S. comunicare testo a codesto ministro affari esteri facendone oggetto di un colloquio e sviluppando le situazioni particolari che possono interessare codesto paese oltre quelle generali di cui al mio telegramma n. 1535 (1).

Se poi ella sentisse la necessità di rafforzare nel corso del colloquio il carattere di pura difesa della integrità ed indipendenza albanese che noi intendiamo dare al nuovo trattato e che è una salvaguardia generale balcanica, ella potrà mettere in luce le garanzie spontaneamente offerte dall'Italia all'Albania nel caso di operazioni combinate.

(l) Gruppo indecifrato.

599

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 2561/691. Dumzzo, 24 novembre 1927, ore 23,10 (per. ore 0,30 del 25).

Ministro d'Inghilterra ha ricevuto istruzioni Foreign Office fare massimo sforzo per ottenere sospensione pubblicazione trattato e sua ratifica per dar tempo al suo Governo di prendere contatti a Parigi, Roma e Belgrado. Ahmed Zogu con naturalezza gli ha risposto che era impegnato con me ed ha quindi rimandato a me il signor Seeds. Da parte mia ho negato in modo cortese, ma

fermissimo, mio consenso. Ho fatto notare suddetto rappresentante britannico essere vitale interesse dell'Italia non permettere che notizia trattato fosse diffusa e svisata da Parigi e da Belgrado. Mi risultava che copia del trattato era già nelle mani dei ministri di Francia e di Jugoslavia. Avevo penato ieri sera per fermare

telegrammi che legazione jugoslava aveva direttamente inviati all'agenzia Avala. Lo pregavo di non insistere su istruzioni oramai sorpassate dagli avvenimenti. Gli ho quindi dichiarato che !ungi dal dare mio consenso io avrei rinnovato istanze a V. E. perchè trattato fosse pubblicato in serata. Eguali insistenze avrei compiuto presso Governo albanese. Mio atteggiamento di assoluta intransigenza ha piegato il signor Seeds, il quale cavallerescamente concluse rendersi conto della giustezza mio punto di vista. Ho soltanto ammesso che fatto compiuto venisse portato alla ratifica parlamentare sabato invece di venerdì, avendo constatato che non erano state ancora espletate tutte le necessarie procedure parlamentari.

È probabile che Foreign Office insisterà presso V. E. per una ulteriore dilazione ratifica. Faccio presente a V. E. necessità nostra intransigenza.

Ogni ulteriore rinvio non potrebbe che compromettere ratifica. Governo albanese si mantiene per ora anche esso fermissimo. È stato redatto stasera comunicato che trasmetto con telegramma in chiaro. Esso sembrami ottimo. Date le circostanze ed il nostro interesse di impegnare Governo albanese, ho creduto che non si dovesse perdere nemmeno un'ora e mi sono permesso dare il via, sicuro di interpretare il pensiero di V. E.

(l) Cfr. n. 581.

600

L'INCARICATO DEGLI AFFARI D'ALBANIA, LOJACONO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, DE MARTINO

TELESPR. RH. 260758/806. Roma, 24 novembre 1927.

Dal principe Milo Petrovich, della Real Casa del Montenegro, è pervenuta a S. E. il Capo del Governo la lettera che si acclude in copia a V. E. (1), nella quale si parla della possibilità di organizzare costà un centro nazionalista montenegrino e si chiedono aiuti.

Prego V. E. di voler far assumere, nel modo il più riservato, informazioni circa l'attività del principe e le circostanze esposte nella lettera allegata, provvedendo, qualora la cosa si presentasse sotto un aspetto favorevole ed interessante, a far prendere, in modo opportuno, contatto, e per il momento a solo scopo informativo, col principe stesso.

Gradirò, in ogni caso, e non appena possibile, un cenno degli accertamenti compiuti e del valore che, ad avviso dell'E. V., la questione può realmente presentare, ad ogni buon fine, per la nostra azione oltre Adriatico.

In argomento, il consigliere di codesta R. Ambasciata, conte Marchetti, potrà fornire all'E. V. notizie circa i precedenti di personalità e di organizzazioni montenegrine, delle quali egli ebbe ad occuparsi durante la sua permanenza al R. Ministero.

(l) Manca. Ma cfr. n. 517.

601

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2573/914. Belgrado, 25 novembre 1927, ore 14,20 (per. ore 16,30).

Suo telegramma 1559/686 Gabinetto (1). Sino a questo momento ore 12, non mi è ancora pervenuto testo del Trattato di alleanza italo-albanese e relativo annesso, mentre giornali Politika, Vrerne ed altri di questa mattina lo publicano. Questo ritardo mi pone in una situazione ancora più imbarazzante poichè, nel vedere fra poco Marinkovich, mi sarà impossibile comunicargli il testo del Trattato stesso come avrei desiderato fare per diminuire la sfavorevole impressione che non mancherà certamente di causargli il fatto che ancora una volta da parte nostra si è mancato all'obbligo che ci incombeva in base all'articolo primo del protocollo addizionale al Patto di Roma che stabilisce in modo chiaro per tutti impegno reciproco di comunicarsi gli accordi che interessano la politica dei due stati nell'Europa centrale. Tale impegno come è noto a V. E. fu poi ribadito in numerose conversazioni verbali avvenute col signor Nincich con speciale riguardo all'Albania.

602

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2575/915. Belgrado, 25 novembre 1927, ore 15,15 (per. ore 21,30). Telegramma n. 914 (2).

Non essendomi stato possibile di vedere Marinkovich, perchè occupato in consiglio dei Ministri, e non volendo tardare più oltre, ho fatto a Pavlovic, ministro aggiunto degli affari esteri, alle ore 11 la comunicazione orale di cui al telegramma di V. E. n. 1537/680 (3), senza aggiungere interpretazioni o spiegazioni che non fossero nel testo del telegramma (il che del resto non mi sono mai permesso fare). Anzi trascrivo qui appresso precise parole da me dette a Pavlovic: • un anno di vita del patto di Tirana ha dimostrato l'uso anodino che l'Italia ne ha fatto. Lo ha dimostrato chiaramente in occasione della crisi jugoslavo-albanese. L'Italia avendo la sicurezza di avere conquistato anche la piena fiducia dell'Albania, il Governo italiano ha creduto opportuno di esaminare la possibilità di giungere ad una collaborazione ancora più intima fra Albania ed Italia, e ciò con lo scopo di potere esercitare, da parte di ciascuna delle due parti contraenti, una azione conciliativa ancora più efficace, nel caso che sia necessario fare sforzi per giungere ad una soluzione pacifica, o per

40 -Do~wnenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

affrontare solidalmente i pesi della comune difesa, in caso di insuccesso di tali

sforzi, col conseguente determinarsi di una aggressione a entrambe o ad una di

esse e da esse non provocata. Questi obbiettivi sono considerati in un trattato

alleanza che è stato concordato in questi ultimi giorni, e del quale il Governo

italiano dà, per mio mezzo, notizia al Governo S.H.S.

Il Governo italiano tiene a fare presente a V. E. e al Governo S.H.S. che

il trattato attuale è ancora una prova del desiderio che esso ha di mantenere,

rafforzare la pace in Europa. Il Governo italiano tiene pure a fare conoscere

al Governo S.H.S. che detto trattato non è minimamente dovuto a risentimento

o reazione pel recente franco-jugoslavo. Trattato alleanza italo-albanese è stato firmato a Tirana il 22 corrente e sarà registrato alla Società Nazioni •. Pavlovic ha preso nota di questa mia comunicazione e mi ha ringraziato. Ha aggiunto che egli e Marinkovich avevano avuto conoscenza del testo del trattato fino da ieri mattina, 24 corrente, alle ore dieci e che il giornale Pravda possedeva il testo stesso ieri nel pomeriggio, e che non lo pubblicò nella edizione pomeridiana dietro invito deì ministro esteri. Si è meravigliato per il fatto che fino a quel momento il testo non mi era ancora pervenuto. Ho pregato Pavlovic di indurre la stampa locale a non voler dare, al trattato stesso, una interpretazione diversa da quella che la sua natura pacifica e perfetto inquadramento suo nelle direttive della Società delle Nazioni e lo spirito della mia comunicazione comportavano. Pavlovic mi ha assicurato che agirà in tal senso, e sono convinto che farà del suo meglio: sarebbe pertanto opportuno che la stampa italiana non fosse eccessiva nel parlare dell'avvenimento in modo da non provocare la reazione di questa stampa.

(l) -Del 24 novembre, ore 24, col quale era annunciata l'avvenuta trasmissione del testo del trattato italo-albanese. (2) -Cfr. n. 601. (3) -Cfr. n. 592.
603

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2576/701. Durazzo, 25 novembre 1927, ore 19 (per. ore 21,30).

Ministro di Inghilterra mi ha detto di avere telegrafato fin da ieri a Londra ragioni che giustificavano nostro punto di vista per immediata ratifica del trattato. Egli non aveva fino ad ora ricevuto istruzioni e si augurava non riceverne, perchè riconosceva che, al punto in cui erano giunte le cose, non sarebbe stato utile arrestare la ratifica, a meno che Chamberlain non avesse in mente piano di azione. Signor Seeds non mi ha nascosto che il signor Chamberlain è rimasto addolorato e sorpreso, non per il trattato in se stesso, ma per il momento in cui esso arriva, e per la reazione cui può dar luogo a Belgrado. I serbi si considerano un popolo guerriero, e, irresponsabili come sono, potrebbero lasciarsi trascinare a qualche gesto irriflessivo capace di • compromettere la pace in Europa •. Signor Seeds mi ha però confidato che egli non era così pessimista come Chamberlain, ed io l'ho intrattenuto in questo più moderato stato d'animo. Egli sta compiendo opera assai utile per noi, presso i colleghi qui accreditati, ai quali cerca presentare il nostro trattato con colori meno foschi ed a cui ripete

tutti i miei argomenti sui motivi che ci hanno consigliato a scegliere questo momento, e sulla sostanza della pattuizione così come gli è stata da me presentata. Questo Governo si è mantenuto anche oggi fermissimo nella sua decisione di portare il trattato alla ratifica parlamentare domani sabato alle ore sedici.

Salvo ordini contrari di V. E. io forzerò al massimo la situazione nel caso interventi estranei dell'ultim'ora tentassero di arrestare il corso dell'azione parlamentare.

604

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2583/702. Durazzo, 25 novembre 1927, ore 20,15 (per. ore 22,30).

Notizia trattato desta entusiasmo in larghe sfere di questa opinione pubblica, che si sente fiera del fatto che Albania sia stata posta sullo stesso piano di una grande potenza. Trattasi di un argomento che qui fa grandissima presa, e che sarebbe quindi opportuno che stampa italiana ritoccasse e svolgesse. Fra gli avversari al regime, trattato è accolto come un fierissimo colpo. Si era diffusa la convinzione che l'Italia tradisse Ahmed Zogu e che i rifugiati sarebbero presto tornati col nostro appoggio. Le prime critiche al trattato sono le seguenti: l) Venti anni sono troppi. Ho spiegato che a mano a mano che ci allontaniamo dalla guerra, i patti internazionali, data la relativa stabilizzazione della politica europea, vanno allungandosi. Dai consueti tre anni si è passati ai cinque dei vari patti di amicizia. Dai dieci del patto tra Francia e Jugoslavia, ai venti della alleanza italo-albanese. 2) Che, in analogia col trattato anglo-portoghese, mette Albania in uno stato di soggezione politica all'Italia. Spiego che Portogallo è nazione completamente sovrana, e che nell'ultima guerra ha persino aiutato l'Inghilterra. Queste sono le prime avvisaglie. Critiche più serie non mancheranno: sarà mia cura segnalarle, volta per volta, a V. E. affinchè stampa italiana, specialmente quella letta in Albania (Giornale d'Italia, Corriere della Sera, Tribuna) possano confutarle. In quanto alla Gazzetta di Puglia sto orientandola attraverso suo corrispondente qui.

605

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CONSOLE A MONACO DI BAVIERA, SUMMONTE

T. GAB. R. 1566/68. Roma, 25 novembre 1927, ore 24.

Notizia di cui suo telegramma n. 7700/85 (l) ha particolare interesse. Prego

V. S. controllarne per quanto possibile esattezza telegrafandomi ogni ulteriore informazione che le risultasse in proposito.

(l) Cfr. n. 577.

606

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA

T. GAB. R. 1568/352. Roma, 25 novemb1·e 1927, ore 24.

Suo 334 (1).

Non (dico non) mi recherò Ginevra per prossima sessione consiglio. Pregola peraltro comunicare conte Bethlen che se egli traverserà l'Italia viaggio per Ginevra sarei lieto incontrarmi con lui Trieste e accompagnarlo frontiera svizzera senza dare incontro alcun carattere ufficiale o ufficioso, e mantenendolo riservato.

607

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI

T. GAB. s. 1580/378. Roma, 25 novembre 1927, ore 24.

Decifri Ella stessa.

Mio telegramma Gab. n. 1487 (2).

Gli attentati compiuti in questi giorni sulle ferrovie jugoslave vengono prospettati dalla stampa di Belgrado come una ripresa dell'attività terroristica macedone e come una prova di dolosa inerzia del Governo bulgaro di fronte a tale attività.

Non so che cosa risulti a V. S. delle reali intenzioni dei dirigenti il movimento macedone, nè se eventualmente Ella abbia avuto modo e convenienza di far valere presso gli stessi, beninteso indirettamente e con mezzo sicuro, le giuste considerazioni espostemi nel suo telegramma riservatissimo n. 243 del 9 ottobre scorso (3).

Ad ogni buon fine, credo opportuno riassumere a V. S. quello che penso sull'argomento: l) Conviene indiscutibilmente all'Italia favorire i macedoni agli effetti ed entro il quadro delle posizioni attuali della sua politica nei Balcani.

2) Allo scopo occorre che il movimento rimanga saldamente in potenza e si sviluppi efficacemente ed anche utilmente. È da deprecare la possibilità che esso abbia ad essere sia pure provvisoriamente soffocato colla violenza. È anche da deprecare che esso abbia a provocare un intervento diplomatico, sia pure collettivo, che potrebbe finire col ridurre l'acutezza della questione alle modeste proporzioni di un numero dell'ordine del giorno delle riunioni di Ginevra. Il verificarsi di una qualunque di queste due ipotesi non potrebbe sul momento

che recare danno grave a quell'efficienza che a noi giova del fattore bulgaro, attutire l'importanza politica attiva dell'agitazione macedone, indebolire quindi la forza delle posizioni che intendiamo stabilire nella Balcania. È infatti evidente che una crisi favorevole del movimento macedone non può attendersi che dopo una migliore e più efficace opera di propaganda a favore del movimento stesso sull'opinione pubblica europea. E ciò è tanto vero che a Belgrado si mostra di temere assai più in questo momento gli effetti di una simile propaganda che quelli di attentati terroristici macedoni che possono essere fatti valere a giustificazione delle violenze jugoslave in Macedonia e di eventuali pressioni ed azioni in grande stile. Le opinioni pubbliche di gran parte degli stati d'Europa non sono affatto sufficientemente illuminate sopra la gravità e la portata della questione macedone e sono tuttora indotte a scorgervi soltanto un pretesto di periodiche violenze balcaniche suscettibili di turbare l'assetto pacifico di regioni ove sono importanti interessi europei.

3) In quest'ordine di idee, e allo stato ?-ttuale delle cose, è fortemente da dubitare della convenienza per i macedoni di proseguire sulla via rischiosa di sporadici attentati piuttosto che su quella di una vasta ed intelligente diffusione delle ragioni del loro movimento politico.

4) In questa forma utile della loro attività essi possono t1vere l'appoggio italiano, che è l'unico efficace sul quale essi possono veramente contare, e chP può porli nella situazione di opinione pubblica sulla quale è necessario i macedoni possano fare assegnamento per poter intraprendere una qualsiasi azione risolutiva.

Quanto sopra per riservata sua direttiva.

(l) -Cfr. n. 571. (2) -Cfr. n. 544. (3) -Cfr. n. 462.
608

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2582/524. Atene, 25 novembre 1927, ore 23,30 (per. ore 5,10 del 26).

Impressione prodotta in questa capitale dall'annunzio del trattato di alleanza itala-albanese pubblicato in extenso da tutti i giornali di stamane quasi senza commenti è stato di vivissimo interesse, peraltro senza eccessivo allarme dato questa opinione pubblica risulta generalmente portata a considerarlo come una forma integrativa dal patto di Tirana, dalla quale Italia non avrebbe potuto esimersi dopo la firma del trattato franco-serbo. Mi sono recato a vedere stamane questo ministro affari esteri subito dopo aver ricevuto il telegramma n. 428 (l) dell'E. V. e gli ho comunicato il testo ufficiale del trattato illustrando in un colloquio con tutti gli opportuni argomenti tratti principalmente dall'ora citato telegramma n. 428 e dall'aitro telegramma n. 1535/419 dell'E V. (2), le ragioni

che hanno indotto il Governo italiano alla conclusione del trattato stesso. Michalacopoulos ha mostrato di seguire con particolare interesse la parte della mia esposizione relativa al peso della politica italiana nel concorso alla difesa dell'assetto internazionale • attuale • dei Balcani, nonchè la dimostrazione fondata sull'esempio della direttiva sempre rettilineamente da noi tenuta anche attraverso le vicissitudini che altri tentarono di provocare nell'ormai non breve periodo succeduto al patto di Tirana.

Inoltre non avere la nostra odierna necessaria presa di posizione altro scopo se non quello di assicurare, per quanto sarà in noi pacificamente, il consolidamento di vitale assetto [sic]. Il ministro degli affari esteri mi ha pregato di trasmettere all'E. V. i suoi ringraziamenti per la pronta comunicazione fatta al Governo ellenico di questo atto internazionale certamente importante ed ha poi aggiunto di non potere esprimere in merito allo stesso un pensiero determinato qualsiasi prima di averne parlato in seno al Gabinetto. Avendomi poi chiesto se potesse ritenersi autorizzato a riferire in consiglio dei ministri le mie dichiarazioni circa la direttiva politica italiana essenzialmente pacifica che ha ispirato il nuovo trattato, e circa la conseguente inesistenza nella portata di esso di qualsiasi mira specifica contro terzi; gli ho risposto senza esitazione affermativamente. Michalacopoulos mi ha chiesto infine di assicurare V. E. che egli nell'esame di tutte le contingenze della politica internazionale [conserva] la maggiore calma e serenità, nonchè di dichiararle che la politica del Governo ellenico nei riguardi dell'Italia continuerà ad ispirarsi alle più amichevoli direttive.

(l) -Cfr. n. 598. (2) -Con cui veniva comunicato il te!. a Londra del 23 novembre (cfr. n. 588).
609

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2593/722. Berlino, 26 novembre 1927, ore 3,30 (per. ore 5).

Stresemann, che ho veduto stasera, mi ha detto che più della situazione russo polacca egli era preoccupato della situazione derivante dal patto di Tirana. Il testo del trattato itala-albanese è, a suo avviso, molto più forte e pericoloso di quello franco-jugoslavo che mi hà detto di conoscere. Mi sono espresso con Stresemann in conformità del telegramma di V. E. n. 438 (1). Stresemann ha anche ricordato un incidente che sarebbe occorso a Parigi con Manzoni, il quale avrebbe pubblicamente voltato le spalle a Marinkovich. Ho detto che avevo anche io appreso la notizia, ma che proveniva da un giornale così screditato che non potevo crederla.

(l) Si tratta probabilmente del testo trasmesso a Berlino del n. 581.

610

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. PER CORRIERE 1571. Roma, 26 novembre 1927, ore 10.

Poichè a V. E. risulta in modo positivo che il Governo britannico è preoccupato da una pretesa • tensione • dei rapporti italo-francesi ritengo necessario che Ella abbia opportuni elementi per servirsene nelle sue conversazioni col Signor Chamberlain sulla questione. E ciò tanto più che le notizie giunte al Governo britannico sembrano realmente provenire attraverso il tramite di codesta ambasciata di Francia, dall'incaricato d'affari francese a Roma, il quale per la sua angusta mentalità non è certo il migliore informatore su tale delicato argomento. V. E. dirà al signor Chamberlain che la situazione lungi dall'essere • pericolosa • come gli si vorrebbe far credere resta tuttavia quella che è, inevitabilmente determinata da una serie di circostanze e di cause sulle quali da anni il R. Governo ed i suoi rappresentanti in Francia richiamano invano l'attenzione del Governo francese. Queste circostanze e queste cause si possono riassumere tutte nella magnanima ospitalità per non dire protezione che il Governo francese accorda ai peggiori elementi rifugiatisi nel suo territorio e che non avendo di italiano che il nome, cospirano, trafficano e delinquono ai danni dell'Italia, più o meno coprendosi con l'etichetta di teorie sociali, allo scopo di meglio confondersi nella grande massa del sovversivismo internazionale. Il Governo italiano si rende perfettamente conto delle necessità della politica interna del Governo francese che determinano anche per quest'ultimo pericoli e debolezze interne nonchè difficoltà di ordine internazionale, ma non può esimersi dalla responsabilità di richiamare l'attenzione dei dirigenti francesi su questo stato di cose che, senza nostra colpa, contribuisce a creare uno stato d'animo diffidente tra i due popoli e, in momenti particolarmente delicati determina delle manifestazioni popolari che a loro volta sono esagerate dagli interessati per i loro loschi fini politici. Così, le relazioni di politica estera fra l'Italia e la Francia subiscono il peso di contrasti di direttive nella politica interna fra i due paesi, ai quali contrasti, come pure moltissimi autorevoli esponenti politici francesi riconoscono, dovrebbero invece essere sottratti. D'altra parte non è possibile che il R. Governo (il quale pure ha ormai rinunciato alle sterili proteste contro gli ignominiosi attacchi che una parte della stampa francese dirige quotidianamente contro il fascismo ed il suo capo, che è nello st~sso tempo il capo del Governo di una grande nazione della cui amicizia la Francia ha evidentemente bisogno) rimanga spettatore impassibile di quanto ai suoi danni si viene tramando da una banda di malfattori rinnegati italiani ed internazionali, i quali non rifuggono nemmeno dai reati di sangue pur di sfogare il loro odio criminoso contro coloro che hanno purgato l'Italia dei suoi elementi nocivi. Di qui discende la necessità di una serie di misure di polizia, specialmente ai confini, che possono sembrare esagerate se si prescinde dall'attuale situazione determinatasi in Francia, ma che in realtà sono perfettamente giustificate dalla suprema necessità dello stato di difendere la propria compagine. Senza dubbio tale rigorosa sorveglianza provoca di quando in quando

incidenti spiacevoli (spesso a danno di innocenti e pacifici viaggiatori) ma se sistematicamente la stampa ed il Governo francese non dessero a tali incidenti una portata più vasta di quella che essi meritano, nessuna ripercussione essi produrrebbero sulle relazioni itala-francesi. Questi incidenti che sono specialmente • estivi • per la frequenza dei viaggi in tale stagione, sono avvenuti alla frontiera itala-svizzera ma nessuno ha pensato che essi abbiano influito sulle buone relazioni itala-svizzere. Perchè dunque farne pretesto di malcontento soltanto da parte della Francia? Dirò di più. I francesi debbono bene comprendere che le misure di polizia da noi adottate sono molto gravose per noi stessi, sia a causa delle spese che comportano, sia a causa delle ripercussioni che possono avere sul movimento turistico. Non chiederemmo quindi di meglio che poter fare a meno di tali misure, ma è d'uopo che cambi prima la presente situazione in Francia e che il Governo francese cominci ad esercitare in casa propria quell'azione di prevenzione e di repressione che da tempo invano chiediamo. Parlare di intorbidamento di rapporti politici citando il caso dei legnaiuoli sarebbe addirittura ridicolo, se tale citazione non rivelasse appunto l'assoluta incomprensione da parte del Governo francese della situazione che poco a poco esso ha lasciato creare e dei doveri internazionali che la Francia spesse volte dimentica, unicamente preoccupata della sua interna demagogia. Quanto alle recenti dimostrazioni che hanno avuto luogo in Italia in occasione del patto franco-jugoslavo esse pure sono state falsate dai terzi interessati. Ma i rappresentanti accreditati della Francia in Italia avrebbero dovuto informare il loro Governo che tali manifestazioni sono state unicamente una reazione a quelle che hanno avuto luogo contro l'Italia in Jugoslavia. Nessuna eccezione ha mosso il Governo italiano contro il patto franco-jugoslavo e nemmeno l'opinione pubblica se ne è allarmata o preoccupata. Il contegno della nostra stampa nei primi giorni è stato di una calma esemplare e le migliori critiche contro il gesto della Francia sono partite proprio dalla parte più illuminata della stampa francese ed anche di quella inglese. Tali critiche si riassumevano essenzialmente in ciò che noi stessi vedevamo di pericoloso nella firma del patto, cioè la possibilità di dare pretesto agli agitatori jugoslavi di interpretare il patto stesso come rivolto contro l'Italia, di sentirsi spalleggiati nelle loro provocazioni dalla protezione del Governo francese e di fare quindi delle divergenze itala-jugoslave delle divergenze itala-francesi. Tali previsioni si sono disgraziatamente avverate e per festeggiar la firma di un atto diplomatico destinato a consolidare la pace sono avvenute in Jugoslavia delle dimostrazioni contro l'Italia al suono della Marsigliese. È stato allora che una reazione si è prodotta anche da noi, reazione diretta essenzialmente contro le intemperanze jugoslave ma che sarebbe stato strano pretendere che avesse potuto per incidenza prescindere totalmente dalla Francia. Tutto ciò è stato bene e fin troppo diffusamente spiegato a questa ambasciata di Francia che avrebbe dovuto comprenderlo da se stessa e ridurre le cose alle loro vere proporzioni astenendosi da assurde proteste le quali non avevano per di più ragione di essere dato che nessun fatto grave, nessuna violenza, era avvenuta. Non è vero che è stato risposto da parte nostra che i dimostranti fascisti erano fuori del controllo del R. Governo. Si è detto di più. Che cioè il Governo non si sentiva il diritto nè avvertiva la necessità di reprimere delle così giustificate manife

stazioni del risentimento popolare, quando esse si svolgevano in perfetta calma e quando tutte le misure erano state prese per tutelare l'ordine pubblico e prevenire qualsiasi incidente. L'autorità che il R. Governo ha saputo stabilire i!l Italia e la forza che esso ha nel paese dovrebbero infatti, secondo alcuni, essere sfruttate in curioso modo a vantaggio degli altri. In Francia il Governo non può reprimere il disordine nè frenare la stampa. Da noi si può fare l'uno e l'altro. Ne risulterebbe che in Francia si è liberi di dire e di fare ciò che si vuole a danno nostro, mentre da noi il Governo dovrebbe impiegare la propria autorità a ciò che non può fare il Governo francese. È questa in sostanza la puerile teoria che si sostiene da alcuni e della quale non di rado si avvale questa ambasciata di Francia. Ma, a parte queste passate o recenti manifestazioni che rivestono importanza del tutto secondaria, è bene che codesto Governo sia da V. E. informato del mio reale pensiero politico riguardo alle relazioni italo-francesi. Ella lo troverà riassunto chiaramente nel telegramma n. 682 che le trasmetto a parte e che fin dal 14 aprile scorso indirizzai al R. ambasciatore in Francia (1), proprio agli inizi della sua missione. Ma non è da quella data che cominciano i tentativi ed i contatti per la cosidetta • chiarificazione • dei rapporti fra i due paesi. Essi hanno avuto inizio sin da quando le questioni politiche fra di noi pendenti cominciarono ad acutizzarsi (vedi specialmente Tangeri e Tunisi) ed a più riprese ci vennero da Parigi accenni generici di

• chiarificazioni • senza però che tali accenni mai contenessero alcunchè di concreto per una possibile soluzione delle questioni suddette. Nè gli accenni vennero da noi lasciati cadere, poichè più volte l'ambasciatore Romano Avezzana ne parlò per mio incarico al Governo francese e si disse pronto ad entrare in conversazioni purchè queste fossero precedute da una dimostrazione della buona volontà francese. Specialmente nella questione tunisina lasciando da parte ogni altra possibilità di soluzioni immediate, feci dire a Parigi che mi accontentavo di una più o meno lunga proroga delle convenzioni del '96, pur di allontanare tale questione del tempo necessario a creare un'atmosfera più serena fra i due paesi. Ma come sarebbe possibile al Governo italiano entrare con la Francia in conversazioni teoriche per un contratto di amicizia vuoto di qualsiasi contenuto e che lasciasse tutte le questioni pratiche allo stesso stato di prima? All'indomani della conclusione di questo artificioso contratto le questioni risorgerebbero con la stessa se non con maggiore forza ed i nostri paesi ed anche l'opinione pubblica internazionale avrebbero diritto di chiedersi se i rispettivi Governi hanno voluto ingannare se stessi o ingannare i loro popoli. Nulla ho da mutare, anche oggi, a quella che è stata da tempo la linea politica diritta coerente e realista del R. Governo. Il mio punto di vista circa i rapporti italo-francesi rimane sempre lo stesso ma se il Governo francese non lo comprende o non ha la forza di comprenderlo la colpa non è certo da attribuirsi all'Italia ed è bene che il signor Chamberlain sia di ciò esattamente informato per evitare che anche nel suo animo e nel pensiero del Governo britannico si accumulino equivoci e malintesi e si spostino a torto le responsabilità di due Governi dei quali giustamente egli sente l'interesse di consolidare le relazioni per la vera garanzia della pace europea.

(l) Cfr. n. 137.

611

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2586/704. Durazzo, 26 novembre 1927, ore 15,10 (per. ore 16).

Questo Governo da me spalleggiato ha resistito al passo del ministro d'Inghilterra. Trattato verrà oggi presentato alla camera dei deputati da cui sarà approvato all'unanimità. Essendo domani domenica e lunedì 28 festa nazionale albanese, trattato potrà essere presentato senato soltanto martedì o mercoledì. Questa è l'unica fiche de consolation che questo Governo ha dato al rappresentante britannico che si è dichiarato soddisfatto di tale sospensiva. Ad evitare signor Seeds rinnovi sue istanze per ritardo presentazione al senato, urge che da Londra gli pervengano precise istruzioni di non interferire ulteriormente nella libera espressione della volontà albanese.

612

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 1586/690. Roma, 26 novembre 1927, ore 24.

R. ministro a Durazzo telegrafa quanto segue: 1° telegramma: • come nel telegramma Durazzo n. 703 • (l); 2° telegramma: • come nel telegramma Durazzo n. 704 • (2).

Prego V. E. chiarire al signor Chamberlain che le semplici dilazioni al perfezionamento delle ratifiche del trattato di alleanza non fanno che ingenerare turbamento e raggiungere effetto opposto sulla opinione pubblica dando adito a credere che sia facile dare uno scacco alla politica italo-albanese ed intrattenendo quindi velleità di ripicche destinate unicamente ad invelenire una situazione che per me è chiara ma che se non è chiara per il signor Chamberlain lo dovrebbe indurre maggiormente ad evitare cause di inasprimento.

D'altra parte se il signor Chamberlain mi ha rivolto esortazioni in merito alle quali io non mi sono rifiutato ad intrattenere con lo spirito più sereno ed amichevole questo ambasciatore inglese, non mi rendo conto della contemporanea azione del suo ministro a Tirana improntata a direttive non del tutto concordi.

Del resto in questo momento arriva telegramma che annunzia avvenuta approvazione alla unanimità del trattato da parte della camera albanese ciò che dimostra che vi è una convinzione ed un sentimento di tutto un popolo intorno a questa politica che si vuole far credere tenebrosamente ordita fra Gabinetti se non addirittura fra persone.

Prego quindi il signor Chamberlain di impartire le necessarie istruzioni al signor Seeds perchè non insista onde ottenere rinvio ratifiche senato, anche perchè

tale insistenza non avrebbe successo e l'Italia sarebbe forzata a considerarla come non amichevole. Il patto è un patto di pace ed è un fatto compiuto. Assicuri sir Austen Chamberlain che l'Italia non farà nulla che possa turbare la pace che ci è preziosa almeno quanto agli inglesi.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 611.
613

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO

T. GAB. 1587/691. Roma, 26 novembre 1927, ore 24. Questo ambasciatore d'Inghilterra è venuto ieri a parlarmi nello stesso senso di cui al telegramma di V. E. n. 426 (1). Ho calmato le sue preoccupazioni circa la situazione determinatasi in seguito ai recenti accordi e circa le intenzioni che si attribuiscono al Governo italiano. La nostra linea politica tende soltanto a stabilire delle garanzie di pace, ma invece di perseguire a questo scopo formule idealistiche vuote di contenuto pratico, noi intendiamo mettere su basi solide e realistiche la situazione internazionale di un paese come l'Albania particolarmente suscettibile di pericolose agitazioni interne ed estere i cui sviluppi potrebbero portare a delle conseguenze deprecabili non solo dall'Italia ma anche dall'Inghilterra. Ciò premesso, ho attirato l'attenzione di Graham sul fatto che ora come prima, ma molto più di prima, non si può cercare soltanto fra Belgrado e Roma la via più adatta a condurre in un'atmosfera più serena le relazioni politiche internazionali e specialmente la situazione balcanica. L'unica via che può condurre a tale meta è quella Parigi-Roma, poichè è evidente che solo a Parigi esistono degli efficaci mezzi per calmare le agitazioni ed infrenare le pretese jugoslave, e solo da Parigi possono partire per Belgrado quei consigli atti a far comprendere il vero stato delle cose agli elementi politici e militari tanto responsabili quanto irresponsabili della Jugoslavia. Ma come è possibile sperare un cambiamento di rotta da parte dei francesi fin quando esiste da parte della Francia una generale incomprensione della politica italiana ed una pregiudiziale antifascista ad uso interno che si risolve praticamente in una pregiudiziale anti-italiana in politica estera? Il problema dell'assetto e della tranquillità dei Balcani è essenzialmente un problema dei rapporti italafrancesi. La sensibilità politica di Chamberlain non può essere sviata dalle manovre francesi che vorrebbero presentare al mondo isolatamente un conflitto italo-jugoslavo sottraendo a qualsiasi responsabilità ed a qualsiasi critica la politica che la Francia persegue nei riguardi dell'Italia sia direttamente sia indirettamente dietro le spalle del Governo jugoslavo e della Piccola Intesa. Graham ha mostrato di convenire in quest'ordine di idee e di essere soddisfatto della conversazione avuta meco. Ma è necessario che V. E. esponga anche da parte sua personalmente a Chamberlain questi concetti e gli illustri dettaglia

tamente lo stato attuale dei rapporti italo-francesi affinchè egli si renda esatto conto delle vere cause delle difficoltà che ne intralciano un fiducioso sviluppo

come delle responsabilità che possono incombere all'uno e all'altro dei due Governi. Le ho inviato stamane per corriere speciale due esaurienti telegrammi che le serviranno di norma per le sue conversazioni con il signor Chamberlain (1).

(l) Deve trattarsi del t. gab. 2544/825 del 23 novembre (cfr. n. 590).

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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2611/710. Durazzo, 26 novembre 1927, ore 23 (per. ore 24).

Ministro d'Inghilterra è riuscito a strappare l'affidamento che trattato, il quale è stato oggi approvato dalla camera con votazione plebiscitaria, non sarà presentato al senato se egli non avrà prima avuto un nuovo colloquio con Ahmed Zogu. Signor Seeds giustifica sua domanda di sospensiva col desiderio di Chamberlain di sottomettere a V. E. certe proposte. Ho ottenuto da ministro d'Inghilterra sua parola d'onore che non farà cenno a nessuno di [questa] promessa. La sospensiva sembrerà a tutti cosa naturalissima visto che senato non si riunisce nè domani domenica, nè lunedì giorno in cui ricorre la più grande festa nazionale albanese.

Lascio considerare tuttavia a V. E. quale collasso spirituale qui si produrrebbe se martedì prossimo apparisse chiaro che il corso naturale della procedura parlamentare fosse stato ritardato o arrestato da un intervento estraneo. Signor Seeds che è un galantuomo, lascia trasparire suo profondo turbamento per la cattiva azione che egli sta compiendo e di cui si sente umiliato. Occorre parlare a Londra. Interferenza inglese, nella libera espressione della volontà popolo albanese, non può trovare alcun giustificativo. Essa, apparentemente diretta fine di bene, è soltanto disturbatrice anche nei riguardi dei rapporti itala-albanesi. Come avevo preannunziato a V. E. oggi ho forzato la situazione, ottenendo che il trattato fosse portato alla ratifica della Camera. Altrettanto mi propongo di fare, salvo ordini in contrario di V. E. martedì o mercoledì prossimo. Ma non nego a V. E. che io sto mettendo a durissima prova questo Governo, e che quindi sarebbe meglio per tutti se entro lunedì il veto inglese fosse ritirato.

615

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. RR. 2608/345. Budapest, 26 novembre 1927, ore 11,27 (per. ore 1,20 del 27).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 352 (2).

Bethlen sarà lietissimo incontrare V. E. al suo ritorno da Ginevra su tra

gitto confine svizzero Trieste. Si riserva fare comunicare in tempo utile data

suo passaggio. Informai anche Bethlen del passo fatto stamane presso Walko.

Si disse contentissimo della conclusione trattato di alleanza itala-albanese.

(l) -Cfr. n. 610. (2) -Cfr. n. 606.
616

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2604/917. Belgrado, 26 novembre 1927, ore 23,40 (per. ore 2 del 27 ). Mio telegramma 909

Ho veduto oggi Kennard il quale mi ha detto che aveva avuto istruzioni dal suo Governo di presentare a Marinkovich le sue • più vive • congratulazioni per le dichiarazioni alla Scupcina e specialmente per quella parte del suo discorso che riguarda Italia. Con ciò Marinkovich avrebbe dato prova di aver seguito il consiglio che gli veniva da Londra. Quanto al patto italo-albanese, Kennard mi ha detto che Chamberlain sapeva già del patto stesso quando l'ambasciatore Bordonaro glielo comunicò e che anche egli, Kennard, ne aveva avuto notizia da Tirana, il 23 corrente, ma non ne aveva fatto parola, nell'attesa che Marinkovich pronunciasse ieri discorso alla Scupcina. Egli supponeva però che anche Marinkovich fosse già a conoscenza che qualche cosa si stesse concludendo fra l'Italia ed Albania, nel momento in cui egli pronunciava le note dichiarazioni riguardo l'Italia. Il che, secondo Kennard, conferisce maggior valore alle dichiarazioni stesse. Kennard andò il 24 mattino da Pavlovich per pregarlo di impedire che i giornali locali facessero troppo rumore sul trattato italo-albanese e venissero così a distruggere l'effetto delle buone parole pronunciate da Marinkovich alla camera. Disse pure a Pavlovich che era in corso importante conversazione a riguardo fra i Gabinetti di Roma e di Londra.

(1).
617

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2613/918. Belgrado, 26 novembre 1927, ore 23,40

(per. ore 2 del 27).

Mio telegramma n. 913 (2).

Sono stato ricevuto da Marinkovich oggi a mezzogiorno. Gli ho ripetuto la comunicazione fatta ieri [a Pavlovié] circa il trattato italo-albanese. Egli mi ha risposto testualmente: • ero a conoscenza che un trattato era in gestazione a Tirana e ciò non pertanto ho fatto le dichiarazioni che voi conoscete alla Scupcina. Certo che queste sarebbero state ancora più amichevoli verso l'Italia se non avessimo avuto la preoccupazione che si potesse conoscere alla Scupcina in quel momento tale circostanza. Avrei certo preferito che Voi mi aveste annunziato tale trattato prima che fosse firmato •. Gli ho risposto che in base al protocollo aggiun

tiv o al patto di Roma non vi era un tale obbligo per quanto riguarda l'Albania. Marinkovich mi ha detto: • So che voi non avete tale obbligo poichè il protocollo aggiuntivo al patto di Roma parla di "Europa centrale" ma avrei tuttavia preferito esserne informato prima, il che del resto non avrebbe cambiato in niente il tenore delle mie dichiarazioni •.

Mi ha poi con parole molto riguardose e circospette fatto rilevare che non comprendeva come l'Italia cercasse di sollevare l'Albania alla sua altezza e come tale politica non fosse giustificata da fatti del Governo S.H.S. che potessero dare [adito] a preoccupazioni. Gli ho subito risposto che c'era un atto ultimamente emanato da questo Governo in circostanze particolarmente rumorose; e cioè la deliberazione presa dal consiglio dei ministri presieduto da S. M. il re per lo stanziamento di una somma rilevante per la ferrovia strategica Ginevaz-Mitrovitza, fatto questo tanto più significativo se si considera che era deliberato durante assenza di lui Marinkovich. Questa mia risposta lo ha evidentemente imbarazzato. Mi ha replicato che detta ferrovia fa parte della sistemazione ferroviaria del regno S.H.S. Ha poi aggiunto che egli rimane sempre fedele a quanto ha detto nel suo discorso alla Scupcina circa la necessità di avere rapporti non solo di amicizia, ma di alleanza con l'Italia e che non intende abbandonare tale posizione in attesa degli avvenimenti. Mi ha assicurato che egli farà di tutto per frenare la stampa, e si augura che uguale misura vorrà prendere il R. Governo nei riguardi della stampa italiana. Il colloquio è stato i:nprontato alla massima cordialità. Marinkovich aveva la calma dell'uomo che sa di avere superato momenti difficili e di essere ora sicuro del fatto suo. Credo che a tale sua calma fiduciosa abbia molto contribuito la conversazione che egli aveva avuto poco prima con Kennard.

(l) Cir. n. 595.

(2) T. gab. 2567/913 del 15 no.vembre: annuncio di prossima comunicazione a Marinkovié della avvenuta firma del trattato italo-albanese.

618

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2623/531. Atene, 26 novembre 1927, ore 22,15 (per. ore 2,35 del 27).

Mi ha detto ieri Michalacopoulos che essendosi egli recato per chiarimenti (malgrado la nota divergenza formale che tempo addietro lo distaccò dal suo primo maestro) a fare visita a Venizelos, questi ha espresso parere di piena approvazione per la politica estera da lui seguita, e ciò marcatamente nei riguardi dell'Italia. La signora Venizelos venuta ieri stesso a fare lunga visita in questa R. legazione e scusando l'assenza del marito costretto tuttora al riposo per malattia recente, ha insistentemente affermato (dopo reiterate espressioni di simpatia per S. E. Mussolini e l'opera da lui compiuta in Italia) come l'ex presidente ellenico sia convinto sostenitore della possibile convenienza di una intima collaborazione italo-greca. Mi ha confermato il proposito di Venizelos di recarsi in Italia a ... (l) per le feste natalizie.

(l) Gruppo indecifrato.

619

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, AURITI

T. GAB. 1595/381. Roma, 27 novembre 1927, ore 15,30.

Se discorso Seipel è quello pubblicato giornali italiani nella parte riguardante Alto Adige, non posso !asciarlo passare senza una netta e immediata protesta. Parlare di una piaga alto atesina che impedisce le relazioni cordiali fra Italia e Austria è pericoloso e inopportuno. Non ammetto che si parli di una questione che non esiste e comunque inesatta con manifestazioni oratorie simili che la piaga può essere sanata [sic]. Questi interventi nella politica interna italiana sono assolutamente inammissibili. Si rechi da Seipel e glie lo dica in chiare lettere. Discorso Seipel avrà conseguenze circa tenore rapporti italaaustriaci.

620

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 15931721. Roma, 27 novembre 1927, ore 15,45.

Le spedisco copia del telegramma (l) che ho mandato a Londra perchè finiscano le inutili manovre ritardatrici del signor Seeds. Intanto nell'attesa delle istruzioni che signor Seeds riceverà da Londra, V. S. faccia possibile ed impossibile perchè ratifica senato abbia luogo martedì o al più tardi mercoledì. Ratifica senato prima martedì o mercoledì mi permetterà di presentare trattato alla ratifica della camera italiana nella prima seduta che avrà luogo giovedì p. v. Tutto sarebbe naturalmente disposto perchè assemblea tributasse una grande manifestazione di simpatia a S. E. Ahmed Zogu e al popolo albanese. Dica ad Ahmed Zogu che sono lieto ch'egli abbia resistito alle pressioni di Seeds e gli aggiunga che gli inglesi amano gli uomini che vanno diritti senza tentennamenti o pentimenti per la loro strada. Gli strong men, in una parola, e Zogu è di questa razza.

621

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, E AL MINISTRO A DURAZZO, SOLA

T. GAB. 1594. Roma, 27 novembre 1927, ore 16

(Per Durazzo). Mio telegramma 1593 (2).

Ho telegrafato a Londra quanto segue:

(Per tutti). Come V. E. sa la camera albanese ha ratificato alla unanimità e per appello nominale il trattato itala-albanese sventando la manovra Seeds.

Volontà popolare si è dunque espressa in maniera chiara e solenne. Ora ministro inglese Seeds è riuscito ad ottenere da Zogu una specie di sospensiva per la ratifica del senato, dichiarando che agiva per ordine di Chamberlain. V. E. si rechi immediatamente da Chamberlain e lo preghi di mandare istruzioni al signor Seeds perchè desista da questa singolare forma di ostruzionismo diplomatico che forse non ha troppi precedenti nella storia e per le seguenti ragioni: l) non è bello nemmeno da un punto di vista estetico e meno ancora morale questa specie di ricatto che l'Inghilterra tenta contro la piccola Albania violandone la libera disposizione; 2) se l'Albania è indipendente tale sua indipendenza dev'essere rispettata; 3) qualora si conoscesse questo atteggiamento dell'Inghilterra non si potrebbe evitare un senso di disagio nella opinione pubblica italiana mentre la cosa si presterebbe alle più fantastiche interpretazioni nel mondo internazionale; 4) dopo la ratifica della camera è perfettamente ovvio che ci sia quella del senato e quindi pressione inglese sarà perfettamente inutile e quindi signor Seeds si esporrà a un sicuro insuccesso; 5) è naturale che Governo italiano contrasterà azione ritardataria Seeds e questo rivelerà un dissidio anglo-italiano che è mia gelosa cura di evitare in ogni circostanza. Sono sicuro che Chamberlain si arrenderà a queste chiare semplici considerazioni. Se lo ritiene discreto [sic]

V. E. dica a Chamberlain che gli sono grato per il fatto di non aver comunicato alla Francia suo punto di vista circa trattato italo-albanese e riaffermandogli la mia inalterabile simpatia personale gli ripeta che l'Italia ha bisogno della pace e non farà nulla per turbarla.

(l) -Cfr. n. 612. (2) -Cfr. n. 620.
622

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. PER CORRIERE RR. 1596. Roma, 27 novembre 1927, ore 18.

Il R. ambasciatore in Londra ha telegrafato quanto segue: • come nel tele

gramma da Londra n. 2563/826 Gab. del 24 novembre • (1).

Ho risposto: • come nel telegramma in partenza n. 1571 • (2).

Contemporaneamente ho inviato al R. ambasciatore a Londra il telegramma

che indirizzai a V. E. il 14 aprile scorso col n. 682 (3).

Credo opportuno informare di quanto precede l'E. V. non solo per sua

norma generica di condotta, ma anche in relazione a quanto V. E. mi ha riferito

col suo rapporto n. 5484/2157 e col suo telegramma n. 1489 del 18 e del 20 no

vembre corrente (4) circa le sue conversazioni con codesto ministro di Romania.

Se quest'ultimo abbia parlato di propria iniziativa o per incarico del signor

Briand, è questione che poco importa, poichè nel primo caso non è ammissibile un

intervento del rappresentante di una piccola potenza in questioni così delicate

di interesse generale europeo e nel secondo caso, essendo ugualmente inammis

sibil tale intervento, non dobbiamo mostrare di averlo neppure rilevato. Ma io

voglio credere piuttosto ad una iniziativa del signor Diamandi, poichè altrimenti la cosa o sarebbe ridicola, o dovrebbe essere destinata a rafforzare l'impressione che il signor Briand non abbia ancora l'esatta visione di ciò che occorre fare per migliorare i rapporti italo-francesi e si illuda di poter salvare le sue responsabilità facendo dei passi che in realtà non lo compromettono, ma che in definitiva non possono evidentemente condurre ad alcun risultato.

Dai telegrammi che ho diretto al R. ambasciatore a Londra e che le comunico risulta invece chiaramente e senza tortuose intromissioni il pensiero del Governo italiano, e risulta altresì evidente come le pretese iniziative del Governo francese, anche quando avanzate direttamente e senza il tramite di un ministro balcanico, come quella del signor Besnard in data 7 febbraio scorso, siano rimaste poi lettera morta, malgrado che da parte mia avessi dichiarato di attendere la comunicazione mai avvenuta degli annunziati progetti francesi, e nello stesso tempo avessi munito codesta ambasciata delle istruzioni necessarie per lo svolgimento delle eventuali conversazioni. Dopo quasi un anno di silenzio francese dalla comunicazione di Besnard del 7 febbraio, abbiamo però avuta la firma del trattato franco-jugoslavo. Bisogna supporre che o la buona volontà del signor Briand era puramente teorica e non tale da comprendere tutta la vastità integrale del problema dei rapporti itala-francesi, oppure che essa si sia infranta contro ostacoli insormontabili. Ma in ambedue i casi la responsabilità non può attribuirsi certo al Governo italiano.

Ciò premesso è logico che io non impartisca alcuna speciale istruzione ai rappresentanti italiani a Ginevra per eventuali conversazioni col signor Briand. Se questi vuole realmente parlare non ha che a farlo apertamente e francamente pel tramite di V. E. o per quello dell'ambasciatore di Francia a Roma.

Quanto al signor Diamandi, V. E. pur non rifiutandosi di parlare genericamente con lui della questione, a titolo puramente personale potrà in modo opportuno accennargli agli sterili accenni fatti a noi dal Governo francese per chiarificazione dei nostri rapporti senza alcuna base e senza alcun seguito pratico: e ciò al solo scopo di fargli comprendere da quale parte realmente si manchi di buona volontà.

(l) -Cfr. n. 596. (2) -Cfr. n. 610. (3) -Cfr. n. 137. (4) -Cfr. nn. 570, 573.
623

L'AMBASCIATORE A MADRID, MEDICI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. P. 1847/810. MadTid, 27 novembTe 1927.

Il giorno stesso del mio ritorno in sede chiesi udienza da Re Alfonso per fargli le comunicazioni indicatemi verbalmente a Roma da V. E. Il Sovrano, però, appena allora rientrato alla capitale dopo una lunga crociera in Mediterraneo, ripartiva il mattino seguente per un soggiorno di caccia in campagna. Soltanto stamane ho potuto conferire con Lui.

Immediatamente prima di me Re Alfonso aveva ricevuto il Nunzio Apostolico con cui s'intrattenne non meno di tre quarti d'ora. Ritengo che l'incidenza delle due udienze non sia stata fortuita. Al ricevermi, difatti, Re Alfonso mi ha

H -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

testualmente detto: • Sono stato fino a poco fa il vostro Ambasciatore. Dovete ora essere il mio •. E mi narrò in termini, com'egli suole, vivaci e coloriti, la Sua conversazione col Nunzio sul cosidetto incidente del Cardinale a Napoli (1). Poichè anche il colloquio con me, che si estese ad altri argomenti, si protrasse circa per un'ora, mi ridurrò a riassumere le conclusioni, aggiungendo che ho trovato Re Alfonso visibilmente ancora infervorato del tema; ciò che mi fa ritenere sincera la Sua affermazione di aver parlato al Rappresentante del Vaticano

• chiaramente e seccamente •.

l) Re Alfonso riferì al Nunzio le tre o quattro spiegazioni che dell'incidente circolavano nel pubblico a Napoli e che del resto • le public lui-meme ne prenait pas au sérieux •· Sotto questo aspetto dunque l'atto del Vaticano si ridusse ad una • gaffe • e finì in un pettegolezzo. Queste sue parole non suonavano punto piacevoli al Nunzio, ma egli vi insistette espressamente per dar

evidenza alla • gaffe •.

2) Quali che fossero le sue particolari ragioni, doveva il Vaticano evitare all'ultimo momento un duplice sgarbo: al Re d'Italia in presenza del Re Cattolico e al Re Cattolico ospite d'Italia. Se il Vaticano riteneva di dovere, senza preoccuparsi d'altro, piegarsi alle pressioni franqesi, certamente ricevute, poteva, così piacendogli, scomunicare il Duca di Guisa e magari tutta la sua Casa; ma egli, Re Cattolico, non poteva tollerare in silenzio, nè tollererà, il duplice ingiustificato affronto.

3) Invitava quindi formalmente il Nunzio a chiedere una esplicita spiegazione al Vaticano sui motivi dell'atteggiamento tenuto ed a farglieli ufficialmente conoscere. Desiderava che la risposta giungesse presto; in caso diverso avrebbe Egli provveduto a fare illuminare la propria opinione pubblica mediante comunicati sulla verità dei fatti e coi commenti che comportavano. Aggiunse, parlando meco, Re Alfonso, che oltre che allo sgarbo subito, questa sua condotta gli era dettata da certi movimenti di cui ha sentore fra i cattolici del suo paese fra i quali, per quanto egli sorvegli ogni sua personale manifestazione ed ostentatamente faccia sempre sfoggio di rigorismo praticante, persino nelle più elementari forme rituali esteriori, incomincia a serpeggiare sul suo conto qualche mormorazione. Ma egli ha creduto buona tattica parlando col Nunzio e per evitare l'impressione di agire unicamente per fatto personale, di associare anzi di far primeggiare l'offesa gratuita fatta in Napoli alla Casa Reale italiana. Da parte nostra -e mi pregò di dichiararlo all'E.V. -si dovrebbe per contro, se v'è modo, dare rilievo specialmente all'affronto fatto, in Italia, al Re Cattoliao. Un'azione così integrata avrebbe di certo maggior peso sui circoli responsabili del Vaticano, il quale, mi disse, « ne se rend pas compte de la betise qu'il a faite •, dopo tutte le buone volontà mostrate dal governo fascista a suo riguardo.

Secondo le verbali istruzioni dell'E. V. toccai pure, con Re Alfonso, il tema di Tangeri per dirgli, con franchezza, che giunta ormai al limite dei ripiega

menti, la Spagna doveva mostrarsi intransigente e ferma con la Francia verso la quale coltiva timori sproporzionati. Su questo punto la conversazione di Re Alfonso si diffuse in lungo, passando saltuariamente dalla questione particolare a considerazioni generali di ogni ordine ed in ogni campo. Procuro di riassumere.

La Spagna non intende cedere, ma le circostanze le impongono un contegno di prudenza e di temporeggiamento. Conosce perfettamente le simpatie e l'appoggio dell'Italia per la tesi spagnuola ed è personalmente riconoscentissimo all'E. V. N o n dimenticherà: ed userà ogni influenza per una sempre più intima cooperazione italo-spagnuola. Conviene tuttavia procedere a tappe. È sua convinzione che l'Inghilterra, • qui persiste à demeurer aveugle " sia piuttosto disposta a sostenere ed appoggiare la Francia. Questa, a sua volta, continua a sottovalutare la Spagna e forse anche l'Italia. Ma oggi la Spagna non è ancora in condizione di affrontare apertamente il fronte unito anglo-franQese e soprattutto, da un punto di vista militare, il fronte inglese. Egli non si sente oggi abbastanza forte su due punti: Gibilterra e la Gallizi<>. • Fra quattro anni » -disse -• quando sarà più progredita la sua organizzazione militare, navale ed aeronautica, la Spagna potrà più efficacemente far udire la propria voce ed anche l'Italia allora ". " Voi siete già oggi --disse -superiori alla Francia dal punto di vista navale, come spirito e come tecnica: non lo siete ancora -certamente lo sarete presto -come materiale. Del resto non bisogna illudersi. Il Governo inglese propende per la Francia. La flotta inglese è con voi, ma il Foreign Office, no. E la Francia, cieca essa pure, erra nella sua politica e non pensa che in una futura guerra troverà contro di sè Italia e Germania. Questo è il suo vero pericolo ".

Re Alfonso passò quindi a discorrere delle Sue impressioni sull'Italia e suJ fascismo. Oltre alla cordialità delle accoglienze ricevute, allo spettacolo d'ordine veduto nel quadro della vita normale, lo aveva colpito profondamente lo sfilamento delle associazioni fasciste nella ricorrenza dell'anmversario di Vittorio Veneto: spettacolo mirabile di gioventù, di fede e di energia disciplinata. Pii,. di tutto l'inquadramento e la sfilata delle assoqiazioni dei balilla ritenne la sua ammirazione. « Mussolini -disse -ha creato ed ha in suo pugno una stupenda forza. Saprà egli contenerla, signoreggiarla quanto più essa andrà crescendo ed allargandosi? È una domanda da porsi. Ma io credo che precisamente nel consolidamento delle classi giovani, nella creazione d'una massa nuova, originariamente fascistizzata e spiritualmente conservatrice, sta la garanzia e la sicurezza del domani ".

M'è superfluo notare che non ho mancato di rettificare imprecisioni od inesattezze a misura che ne apparivano in talune di queste affermazioni dell'Augusto interlocutore.

Nell'accomiatarmi Re Alfonso mi affidò l'incarico di ripetere la Sua simpatia a V. E. di cui è convinto ammiratore. « Ditegli -così s'è chiuso il colloquio -di parlarmi o farmi parlare sempre con franchezza, sicuro di trovarne sempre altrettanta da parte mia ".

(l) Il cardinale Ascalesi, arcivescovo di Napoli, aveva declinato all'ultimo momento l'invito a partecipare alle nozze Aosta-Orléans, per protesta contro una lettera indirizzata pubblicamente da Anna di Francia a Maurras.

624

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2646/488. Costantinopoli, 28 novembTe 1927, aTe 18,50 (peT. oTe 0,15 del 29).

Notizia circa alleanza difensiva itala-albanese è stata accolta nei e:ircoli governativi Angora con compiacimento poichè si pensa che essa chiarisca situazione provocata dall'accordo franco-jugoslavo e sani squilibrio derivato nell'assetto balcanico. Tewfik Russdi ha felicitato vivamente ministro Albania ed anche Ismet Pascià ha espresso in modo esplicito sua soddisfazione.

Infatti preoccupazioni manifestate da questi governanti, dal Gazi a Tewfik Russdi bey, all'indomani firma trattato Belgrado Parigi e che in seguito ai ... (l) colloqui erano rimaste sopite avevano avuto nuova esca dalla notizia lanciata dall'ufficioso greco Ikubme1·ini che cioè, essendosi Politis rivolto a Briand per trattenerlo circa un trattato tra Francia e Grecia analogo a quello concluso con Serbia, era stato rimandato a Belgrado. Più che mai appariva pericolosa situazione creata nei Balcani con una Grecia che si sente attratta nell'orbita jugoslava ed una Bulgaria troppo debole per rimanere isolata. Verso politica da V. E. seguita nei Balcani e nel Mediterraneo si accentrano interessi e sim patie di Angora.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2651/437. Mosca, 28 novembTe 1927, aTe 22 (peT. oTe l del 29).

Telegramma di V. E .... (2).

Durante visita fatta ieri, Cicerin mi parlò del trattato itala-albanese, aggiungendo subito che per ora almeno Unione Soviettica non aveva particolari interessi politici nei Balcani in generale, ed in Albania in particolare. Mi espressi nel senso del telegramma di V. E. sopra menzionato facendo rilevare come trattato mirasse essenzialmente all'indipendenza Albania; in generale osservò che era indubitabile carattere difensivo del Trattato. Egli si domandava soltanto chi potesse avere interesse a ledere indipendenza dell'Albania. Erasi domandato se, per il fatto che molti albanesi si trovavano fuori dal territorio nazionale dell'Albania (antico Villajet di [Kossovo] ad esempio era popolato tutto da albanesi) non avrebbe potuto verificarsi presto o tardi anche nei Balcani ciò che stava accadendo ora nella parte ovest d'Europa. In altre parole qualche male intenzionato avrebbe potuto provocare incidenti tra l'Albania ed uno stato finitimo suscitando movimento nazionale fra le popolazioni albanesi soggette ad altri stati e sconvolgere così pace del mondo. Gli pareva infatti che se Alba

nia avesse in tal caso preso le armi per liberare popolazioni irredente le sarebbe stato impossibile sostenere di essere stata provocata. L'Italia avrebbe dovuto dare suo appoggio incondizionato e sarebbe scoppiata nuova guerra europea. Feci osservare al signor Cicerin che la sua argomentazione conteneva anche la risposta alla sua domanda poichè, da quanto aveva detto risultava chiaro che maggiore pericolo per l'indipendenza Albania era costituito dalle ambizioni jugoslave.

Il presente telegramma continua.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Manca il numero. Ma si tratta probabilmente della trasmissione del testo del trattato italo-albanese.
626

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2649/438. Mosca, 28 novembre 1927, ore 1720 (per. ore 23).

Seguito precedente telegramma. Cicerin mi disse allora che la sua impressione era che lo scopo recondito del trattato fosse quello di sostenere Ahmed Zogu ad ogni costo. Ciò gli sembrava tanto più pericoloso che Ahmed Zogu era esponente del capitalismo albanese medioevale autoritario e latifondista. Il signor Mussolini aggiunse testualmente è stato socialista estremista e sa quindi che, per costituire Governo forte, occorre esso [si appoggi] in ogni paese esclusivamente sul popolo. In Albania aveva iniziato questa politica Fan Noli, che definì uomo dabbene, e essere stato da principio appoggiato anche dall'Italia. D'Annunzio, quando era a Fiume ed aveva mandato emissari in Albania, aveva pure cercato di ... (l) nell'anima dei contadini albanesi. Discorse a lungo del problema albanese con D'Annunzio e della visita che gli aveva fatto all'epoca conferenza di Genova. Risposi, a parte quali che fossero state teorie professate da V. E., dimostrazione pratica data del modo con cui Ella comprendeva Governo popolare provava che anteponeva ad ogni altra considerazione stabilità di un Governo nella sua forza basata sopra ferma disciplina. Albania era stata da tempo lontano sconvolta da lotte intestine non solo fra cattolici ortodossi e musulmani ma talvolta anche fra tribù della stessa religione. Ora che Governo albanese si era messo lavorare con fede per il bene del paese occorreva dargli credito per qualche anno soprattutto qualche anno. Benessere popolo è raggiunto più facilmente quando Governo è sicuro di non essere ogni giorno esposto ad attacchi esterni ed a intrighi o complotti interni. Governo può allora metodicamente compiere quanto è premessa indispensabile per il progresso del popolo. In un paese senza strade, senza ospedali,

senza igiene, malarico, provvedere alle costruzioni necessarie ed ai servizi sanitari era assai più importante che divisione delle loro terre per darle ai contadini senza parlare dell'utopia di dare potere a questi ultimi.

Il presente telegramma continua.

(l) Gruppo indecifrato.

627

L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2650/439. Mosca, 28 novemb1·e 1927, 01·e 19 (peT. ore 23,50).

Seguito precedente telegramma.

Cicerin mi chiese allora: « All'atto pratico, se Francia attaccasse l'Italia, poichè Albania in forza del trattato sarebbe alleata dell'Italia, che aiuto potrebbe essa darvi? •. Osservai che la politica incauta che la Francia perseguiva mirava a far sì che l'Italia in caso di guerra dovesse condurre le ostilità su due fronti. La Jugoslavia che non era certamente una nazione meno forte, ma con gli stessi difetti accresciuti, sarebbe dunque stata alleata della Francia ed avrebbe attaccato oltre l'Italia anche l'Albania con la quale noi avremmo fatto causa comune.

• Dunque -disse Cicerin -avreste da combattere su tre anzichè su due fronti •. Obbiettai che poteva essere più vantaggioso militarmente di fare guerra su due fronti diversi contro lo stesso nemico che su un fronte solo. Fan Noli fu a Mosca per de~ennale rivoluzionario bolscevico e fu membro presidenza congresso mondiale dell'Unione Soviettica (mio telegramma n. 387 dell'H corrente). Egli probabilmente ha visto Cicerin ed ha ottenuto da Comintern che avrebbe assicurato il suo appoggio per eventuali suoi tentativi insurrezionali in Albania.

628

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2634/844. Londra, 28 novembre 1927, ore 21,35 (per. ore 1,15 del 29).

Telegramma di V. E. n. 1594 (l) e precedenti.

Chamberlain mi ha detto che sono state già impartite a Seeds [istruzioni] perchè desista da opposizione ratifica trattato da parte senato albanese. Mi ha spiegato che istruzioni chiedere sospensiva erano state date quando ancora egli sperava che annunziata firma del trattato potesse essere ritardata.

629

IL MINISTRO A VIENNA, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2643/185. Vienna, 28 novembre 1927, ore 21 (per. ore 3,45 del 29).

Telegramma d,i V. E. n. 1595/381 (2). Non so come giornali italiani abbiano riprodotto discorso Seipel. Posso soltanto osservare che parola da lui usata è stata • Wunde " la quale, come è

noto V. E. significa tanto ferita quanto piaga. Ad ogni modo trattandosi di una sfumatura verbale che non modifica di molto pensiero cancelliere, sono andato da lui e gli ho comunicato istruzioni di V. E. con chiarezza prescrittami. Cancelliere mi ha risposto che suo ultimo discorso non differisce nel contenuto da altri quale quello dello scorso anno in cui accennò anche ad Alto Adige e che tuttavia non dette luogo a proteste di V. E. Ha aggiunto che egli ha parlato dell'Alto Adige in relazione alle ripercussioni cui dà luogo in questa opinione pubblica le quali impediscono miglioramento rapporti con l'Italia. Quali siano queste ripercussioni risulta dalla proposta Ellenbogen per appello aiuti. Per di più discorsi vari deputati e commenti Arbeiter Zeitung provano difficoltà sua situazione. Nelle sue ultime dichiarazioni ha parlato dell'Italia come non ha parlato nè dell'Inghilterra nè della Francia. Credo di avere con ciò soddisfatto, e prontamente, al desiderio di V. E. di illuminare questa opinione pubblica su opera Italia a favore Austria.

(l) -Cfr. n. 621. (2) -Cfr. n. 619.
630

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2640/845. Londra, 28 novembre 1927, ore 21,35 (per. ore 4,35 del 29).

Telegrammi di V. E. n. 1587 gab. e n. 1570 e n. 1571 per corriere speciale (1).

Chamberlain mi ha ricevuto oggi alle cinque. Egli aveva già da Graham notizia del rifiuto opposto da V. E. alla sua proposta ed aveva preso conoscenza del testo del nostro trattato di alleanza con l'Albania. L'ho trovato visibilmente contrariato e soltanto dopo che gli ho letto testualmente le frasi con le quali

V. E. mi incaricava di assicurarlo che l'Italia non farà mai niente che possa turbare la pace ha riacquistato in parte la consueta sua serenità. La lunga esposizione da me fattagli basandomi principalmente sulle istruzioni ricevute e sviluppandole con gli argomenti più persuasivi, tanto sulla portata e gli scopi del nuovo trattato di alleanza, quanto sui rapporti italo-jugoslavi e su quelli italafrancesi non è riuscita a convincerlo. Quando ho finito di parlare mi ha detto non poteva condividere interamente il pensiero di V. E. nei riguardi della Francia poichè [la Francia] che io gli avevo dipinto non corrispondeva [alla Francia] quale egli conosceva e quale gli risultava che fosse anche da un [recentissimo] telegramma di Briand di cui mi ha anche letto un brano. In questo telegramma Briand dichiara il suo vivo desiderio di eliminare ogni malinteso e di giungere ad un accordo con l'Italia. In queste condizioni di cose Chamberlain mi ha dichiarato che non credeva di potere più fare niente, di sentirsi impotente a trovare una via di uscita e che spettava alla Francia e all'Italia intendersi direttamente; che per l'affare dei fuorusciti si trattava di una questione di legislazione interna della Francia troppo delicata perchè potesse espri

mere un giudizio giacchè egli stesso si troverebbe molto imbarazzato se la

stessa questione fosse posta [negli stessi] termini in territorio britannico; rche)

per la questione di Tunisi egli non aveva sufficienti elementi di giudizio per pro

nunciarsi anche se avesse voluto. Circa i rapporti itala-jugoslavi Chamberlain

mi ha dichiarato che gli constava [nel modo più preciso] come la Francia avesse

sempre dato consigli di calma e di moderazione a Belgrado in ogni circostanza

e che il fatto che fu la Francia a suo tempo a spingere Jugoslavia a concludere

un patto di amicizia anche con l'Italia dimostra che essa non ha mai avuto

intenzione di fomentare una politica antitaliana nei Balcani. Ha poi constatato

una volta di più come malgrado ripetute sue amichevoli pressioni V. E. si sia

sempre rifiutato ricevere Rakich o [lo abbia ricevuto] per conversazioni brevi e

senza importanza. Ha aggiunto: • Signor Mussolini ha avuto evidentemente le

sue ragioni per seguire questa politica, come la più corrispondente agli interessi

del suo paese. N o n spetta a me giudicare •.

Venendo poi al recente trattato di alleanza con l'Albania mi ha ripetuto

che egli ne ha deplorato stipulazione come prima deplorò quella del trattato

franco-jugoslavo e mi ha detto che dopo letto ed esaminato testo, ne ha ripor

tato un senso di malessere come di un documento non atto a preservare e man

tenere pace. La conversazione in cui ho cercato di ribattere punto per punto

ogni falsa impressione di Chamberlain si è svolta nel tono più cordiale ma con

una punta di amarezza da parte sua. Dopo di me è entrato da Chamberlain

ambasciatore di Francia. Chamberlain parte [sabato] per Ginevra dove si incon

trerà con Briand.

(l) Cfr. nn. 610, 613.

631

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 1614/438. Roma, 29 novemb1·e 1927, m·e 24.

Suo telegramma n. 524 (1).

V. S. può comunicare al signor Michalacopoulos il mio compiacimento per le assicurazioni che egli mi ha fatto trasmettere da V. S. circa le direttive del Governo ellenico nei riguardi dell'Italia. Tali assicurazioni mi confermano nel convincimento che già avevo della chiaroveggenza di Michalacopoulos il quale dimostra di apprezzare realisticamente come la leale azione politica italiana diretta ad un sano equilibrio balcanico che non comporti imposizioni e pericolosi turbamenti giovi in primissima linea alla situazione della Grecia ed agli sviluppi della sua politica estera.

A questo proposito, gradirò che V. S. mi chiarisca maggiormente carattere e portata dell'accordo colla Jugoslavia, di cui al suo telegramma Gab. per corriere n. 511 (2), che Michalacopoulos, qualora gli venisse offerto da Belgrado, non sarebbe alieno dal concludere, e se cioè esso dovrebbe essere soltanto un patto di sicurezza o qualche cosa di più.

(l) -Cfr. n. 608. (2) -Cfr. n. 580.
632

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 1619/705. Roma, 29 novembre 1927, 01'e 24.

Giornali francesi pubblicano che Governo jugoslavo intenderebbe impugnare presso Società delle Nazioni trattato itala-albanese. Mi telegrafi se notizia corrisponde a verità.

633

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8794/850. Londm, 29 novembre 1927, ore 20,15 (per. ore 24).

Mi viene riferito che Stresemann avrebbe espresso a Lindsay sue preoccupazioni per tensione rapporti itala-francesi manifestando sua intenzione di conferire in proposito con Briand e Chamberlain a Ginevra.

634

IL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, BARDUZZI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2662/19795/87. Marsiglia, 29 novembre 1927, o1·e 20,55 (per. ore 24 !.

Da inchiesta da me fatta eseguire a Tolone dal Cav. Natali di questo consolato, ho potuto appurare che da circa un anno si tengono presso quella base navale e presso quelle di Cherbourg, Lorient, Brest, corsi sulle specialità della marina da guerra ai quali prendono parte oltre cento ufficiali jugoslavi alla volta. Il corso di Tolone, il più importante, è iniziato da tre mesi e addestra al lancio torpedini da siluranti,... (l) da sommergibile ed al collegamento, esplorazione ed offese da aereo. Attualmente risiedono a Tolone una quarantina di ufficiali jugoslavi, alloggiano nei vari alberghi della città, sotto falso nome e si dichiarano di nazionalità greca. Parlano sempre anche fra loro in cattivo francese. Circa un mese fa provenienti da Ventimiglia giunsero a Tolone e presero alloggio al Grand Hotel oltre cento di tali ufficiali. Dopo quattro giorni di per

manenza in detto albergo, la maggior parte di essi proseguirono verso Marsiglia probabilmente diretti a Cherbourg, Lorient, Brest. Spero poter ottenere nomi degli appartenenti ... (l) che trasmetterò a V. E. unitamente alle altre notizie eventuali (2).

(l) Gruppi indecifrati.

635

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, LEQUIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2665/426. Bucarest, 29 novembre l927, ore 22,15 (per. ore 2 deL 30).

Mio telegramma 409 (3).

Oggi sono andato domandare notizie salute Titulescu e questi ha voluto ricevermi malgrado si trovi ancora letto con forte febbre. Ministro esteri ha tenuto anzitutto a dirmi che ciò che più gli rincresce è di non poter subito vedere

V. E. come si riprometteva, ma spera di poter partire il giorno 7 per Ginevra e di venire poi subito costì dopo la riunione del Consiglio della Società delle Nazioni. A tale scopo ha già domandato a Budapest di rinviare di qualche giorno la discussione della questione degli optanti che vuole trattare lui stesso, e non lasciare al ministro di Romania a Berna Petrescu come è stato annunziato da qualche giornale. Ministro degli affari esteri mi ha poi mostrato gli appunti del messaggio che Bratianu voleva inviare all'E. V. e mi ha detto che questa è stata l'ultima cosa che il defunto uomo di stato disse. Titulescu intende inviare ugualmente a V. E. il messaggio in parola per quanto, egli ha aggiunto, le parole di Bratianu subito dopo conclusione patto franco-jugoslavo avrebbero avuto una ben altra importanza. Oltre a frase del messaggio già riportata nel mio telegramma 409 (4) ministro affari esteri ha voluto riferirmi anche le seguenti che citò a memoria: " Il Governo romeno ricordando ancora una volta come i primi passi per un riavvicinamento fra l'Italia e Romania siano stati fatti dal partito liberale, vuole che la collaborazione fra i due paesi si faccia sempre più intima. Governo romeno intende appianare ogni difficoltà, ma si augura che vi siano ancora difficoltà da risolvere per avere frequenti contatti con l'Italia. Politica estera Romania con Serbia è politica di solidarietà di frontiera. Romania meglio di ogni altro stato comprende come Italia tema pericolo slavo perchè se l'Italia è minacciata dagli slavi solo da una parte, per la Roma

nia tale minaccia grava invece su quasi tutte le frontiere. Egli (Bratianu) desidera imitare politica di Bismarck che si servì della Francia per battere l'Austria e poi dell'Austria per vincere la Francia. La politica della Romania con la

Serbia è politica di oggi, quella con l'Italia è invece politica di ieri, [di oggi] e di domani •. Ho chiesto al ministro affari esteri se messaggio di Giovanni Bratianu sarà anche quello di Vintila Bratianu ed egli mi ha subito risposto che quest'ultimo era presente quando fratello redigeva la sua missiva a V. E. e che suoi sentimenti per l'Italia non differiscono da quelli del defunto presidente.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Annotazione marginale di Mussolini: «importante», (3) -T. gab. 2512/409 del 21 novembre: rinvio del viaggio in Italia di Titulescu. costretto a letto da una malattia. (4) -La frase riportata diceva: «L'attuale politica Romania colla Serbia è politica di oggi: la politica della Romania coll'Italia è politica di ieri, di oggi e di domani •.
636

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2676/852. Londra, 30 novembre 1927, ore 21,40 (per. ore 3,15 dell'l dicembre).

Ho avuto oggi lunga conversazione con Tyrrel. Mi premeva conoscere a :fondo suo pensiero e sue impressioni, non solo su trattato di alleanza italaalbanese e sulle sue ripercussioni, ma anche sui [sentimenti di] Chamberlain dopo ultimo colloquio che io avevo avuto con lui. Ho [cominciato col] fargli esposizione chiara e precisa delle ragioni che hanno indotto R. Governo raffor:?.are, con un atto di sincerità, rapporti itala-albanesi, dato atteggiamento sempre più aggressivo e minaccioso Jugoslavia. Gli ho riferito dichiarazioni fatte da Marinkovich al R. Ministro a Belgrado ed ho aggiunto che, se esse erano confortanti, non erano però un sicuro pegno di garanzia, perchè altri sentimenti di ben altra natura e facenti capo molto in alto potevano, da un giorno all'altro, rovesciare Marinkovich e creare una situazione diametralmente opposta. Gli ho fatto rilevare che quando V. E. assicura di non voler provocare una guerra, .l'assoluta fiducia nelle sue parole risiede [anche] nella garantita stabilità del suo Governo e certezza che V. E. sa impor! si] a tutta la nazione. Questa fiducia e questa certezza non può riscontrarsi nè per Marinkovich, nè per Briand, esposti ai capricci di un voto parlamentare. Non si può quindi rimproverare all'Italia di garantirsi contro ogni eventualità. Ho parlato anche dei rapporti itala-francesi e dei veri e propri complotti che si tramano in Francia contro l'Italia e dei quali si ha un'impressione molto vaga ed imprecisa a Londra.

Tyrrel mi ha detto con molta franchezza che l'impressione di Chamberlain e sua di fronte al patto itala-albanese è stata che questo patto non fosse necessario e che l'effetto che esso produce a Belgrado, a Parigi e a Londra non sembra poter essere compensato dai vantaggi che può arrecare alla sicurezza dell'Italia. Riassumo le sue parole: « Non spetta ad uno straniero giudicare di un atto che un Governo crede dover compiere ed ha il diritto di compiere per il suo Paese. Ma in politica internazionale bisogna sempre tenere conto anche delle ripercussioni che si possono avere in altri campi. Ora l'Italia aveva già una posizione fortissima in Albania, riconosciuta dalle Grandi Potenze e ribadita dal trattato di Tirana dell'anno scorso. Questa posizione unita all'effettivo dominio dell'Adriatico le dava già una sicurezza incontrastata. Il nuovo patto

è apparso come una sfida atta a turbare le opinioni pubbliche e i governi di ,-ari paesi. Il testo del trattato non contiene letteralmente niente che sia contrario al patto della Società delle Nazioni ma il suo spirito non è certo quello che i governi si sforzano di ispirare ai popoli dopo l'ultima guerra ».

637

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2680/853. Londra, 30 novembre 1927, ore 21Aù (per. o1·e 3,45 dell'l dicembre). Seguito del precedente.

Ho detto a Tyrrel, a questo punto, che credevo, invece, che la franchezza del nostro trattato, unito al suo carattere puramente difensivo doveva farlo apprezzare più dei tanti patti di amicizia e di non aggressione che si sono moltiplicati tra gli stati, dalla guerra in poi, e che finiscono per non avere valore, perchè si elidono a vicenda e fanno sempre sospettare delle clausole segrete. È appunto questa sincerità, senza che si adoperino infingimenti, che ha forse spaventato l'Europa. Tyrrel mi ha risposto che in politica estera le impressioni valgono talvolta più dei fatti e delle buone intenzioni. Venendo poi a parlarmi personalmente di Chamberlain, mi ha detto che egli è stato più che altro • scoraggiato » e che la grande simpatia e fiducia personale che egli aveva in V. E., sul cui appoggio aveva sempre contato, sono state un poco scosse. Ha aggiunto che l'amicizia fra i due paesi resta sempre la stessa e non ne soffrirà, ma che i sentimenti di Chamberlain sono momentaneamente un poco offuscati. Già nel settembre scorso, a Ginevra, nella questione degli optanti ungheresi, Chamberlain aveva cominciato a dubitare dell'amicizia di V. E. ma questa impressione si era a poco a poco dileguata, quando i fatti recenti l'hanno fatta rivivere, col sentimento che egli non possa più contare, come prima, sull'Italia nell'opera così difficile del riassetto europeo. Tyrrel mi ha detto, in amicizia, che malgrado tutto egli è ottimista e che l'orizzonte si rischiarerà ed ha aggiunto che se V. E. potesse incontrarsi con Chamberlain a Ginevra la settimana prossima, sarebbe cosa assai opportuna importante e benefica. Ho creduto mio dovere sottoporre con tutta franchezza quanto precede a V. E., a conferma di quanto ebbi già l'onore di telegrafare avant'ieri (1), circa l'esistenza di questa nube che si è improvvisamente formata nei rapporti itala-inglesi. So bene che V. E. non potrà andare a Ginevra, ma ritengo che sarebbe per lo meno utilissimo se le istruzioni ai nostri delegati alla prossima riunione del consiglio, fossero nel senso di secondare, per quanto è possibile, punto di vista inglese nelle varie, delicate questioni che saranno discusse, per non aggravare una situazione che, a mio remissivo parere, è nostro interesse di raddrizzare per ciò che riguarda l'amicizia di questo paese.

1l) Cfr. n. 630.

638

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2727/1533. Parigi, l dicemb1·e 1927 (per. il 4).

Mio telegramma per posta n. 5680/2234 del 28 novembre u. s. e mio telegramma odierno n. 1532/850.

Ieri l'altro seppi che una mia mossa per addivenire ad un regolamento dello stabilimento degli italiani in Francia, sarebbe stata ora accolta favorevolmente e ieri vidi il signor Berthelot.

Ric:ordando il passo fatto al Quai d'Orsay nello scorso agosto gli presentai la formula di modus vivendi che accludo in copia (1).

Il signor Berthelot osservò che questa formula regolava essenzialmente interessi italiani in Francia, perchè la cifra degli italiani in Francia supera di molto quella dei francesi in Italia; che occorreva curare la contropartita, ossia la materia delle società commerciali, industriali ed altre per le quali la Francia 2 interessata in Italia tanto e forsanco più dell'Italia in Francia. Poi, aggiunse, che il modo di vedere del Quai d'Orsay era che, anzichè ad un modus vivendi, si addivenisse subito al negoziato di una convenzione; e a tale intenzione egli mi rimise il progetto di convenzione che qui accludo (1). Replicai che la sua osservazione circa il contenuto del modus vivendi era certamente condivisa anche da noi, essendo intenzione di fare accordo di reciproca equità; dissi che avrei riflettuto sul metodo proposto dal Quai d'Orsay, che avrei esaminato il progetto consegnatomi e gli avrei al più presto fatto conoscere il mio pensiero.

Oggi ho scritto al signor Berthelot la lettera di cui accludo copia (l) colla nuova redazione del progetto di modus vivendi.

A questo punto è oggi arrivata la trattativa.

Come V. E. vedrà il mio progetto di modus vivendi tiene esattamente conto dei tre capisaldi postimi da lei col suo telespresso n. 139441 (assoluto carattere di provvisorietà dell'atto; azione attiva per la preparazione, per le trattative e per la conclusione della convenzione; non espressa menzione della materia tributaria). Perchè non nascesse equivoco sull'esclusione della materia tributaria dal modus vivendi ho fatto di essa cenno nel l<> capoverso, e l'ho esclusa dalle specificazioni del 3° capoverso.

Quanto al progetto di convenzione consegnatomi dal signor Berthelot, V. E. vedrà che è il testo stesso della convenzione franco-belga (mio rapporto

n. 4713/1854 dell'ottobre scorso) con una esclusione nell'art. 4", con un articolo 5" completamente non definito, con un articolo 11" limitato al regime dei lavoratori. Queste limitazioni indicano i punti del futuro negoziato che più interessano la Francia.

Mi resta a spiegare la frase iniziale del primo capoverso dell'odierna mia lettera al signor Berthelot. Del fatto di un'intesa che intervenga o per iniziare, secondo la tesi francese, il negoziato (tale potendosi considerare la effettiva

consegna a me del progetto di convenzione) o per addivenire, secondo la tesi italiana, ad un modus vivendi provvisorio da far seguire al più presto da un negoziato di convenzione, si desidera per trarre profitto in un senso anche di smorzamento dell'impressione di malessere nei rapporti itala-francesi creata dalle polemiche di stampa delle ultime tre settimane. Appena siasi giunto a qualcosa di concreto si intenderebbe renderla pubblica a mezzo di stampa con una notice di ispirazione ufficiosa, moderata e precisa, che dia la sensazione di contatto normale tra i due Governi, una sensazione tranquillizzatrice. lo mi sono valso di questa intenzione per argomentare a favore della conclusione del modus vivendi.

(l) Non si pubbl;.ca.

639

IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2693/723. Durazzo, 2 dicembTe 1927, oTe 0,35 (pe1·. oTe 6,30).

In numerose interviste avute con Ahmed Zogu egli ha sempre battuto su un chiodo: nostre relazioni con la Turchia. Ogni volta ho spiegato al presidente che V. E. persegue verso la Turchia una politica di cordialità che si avvia rapidamente verso intimità. Due giorni dopo la firma del trattato ebbi cura di darne notizia a questo ministro di Turchia. Ahmed Zogu che ha conosciuto il mio passo ha dimostrato esserne profondamente compiaciuto. Oggi poi egli ha voluto darmi conoscenza di un lungo rapporto del suo ministro in Angora. Signor Rauf ha riferito ad Ahmed Zogu alcune confidenze fatte a codesto ministro dal ministro affari esteri turco, il quale gli avrebbe detto di avere appreso con grande favore la notizia dell'alleanza itala-albanese, alleanza che il signor Tewfik Russdi bey avrebbe assai volentieri veduto mutarsi in una più larga intesa che comprendesse altresì la Turchia e la Bulgaria. Signor Tewfik Russdi bey [ha] aggiunto di aver fatto una allusione in tal senso anche al R. ambasciatore Costantinopoli ma che poteva parlarne con il rappresentante albanese, [in modo] meno velato, e quindi, più esplicito. Confesso che io ignoro quanta fede meritino le parole del signor Raufiz il quale sebbene goda in questo momento la fidu,cia di Ahmed Zogu è però considerato in certi ambienti come persona non tro.ppo seria e sopratutto non molto sincera. È certo però che il suo rapporto ha prodotto in Ahmed Zogu grande impressione. Il fondo del pensiero del presidente è che se l'Italia stringesse una alleanza con la Turchia ciò servirebbe a condurre nel nostro aggruppamento anche la Bulgaria sulle cui direttive politiche egli nutre molti più gravi dubbi. Inutilmente io mi sono più spesso sforzato di fargli comprendere che un troppo grande abisso separa Sofia da Belgrado perchè esso possa essere veramente colmato. Ahmed Zogu mi ha risposto sempre: • sono slavi e degli slavi io non mi fido ". Qualunque siano gli apprezzamenti che V. E. vorrà fare su questo tentativo di Ahmed Zogu di gettare uno sguardo al di là del piccolo guscio che si chiama Albania, era mio

dovere registrare il sentimento di Ahmed Zogu il quale nello sviluppo della politica italiana verso Turchia e alleanze in Oriente e nei Balcani vede sopratutto un rafforzamento del trattato firmato a Tirana il 22 novembre e della sicurezza per l'Albania che dal trattato stesso deriva.

640

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, ROCHIRA (l)

T. PER CORRIERE 6794. Roma, 2 dicembre 1927, ore 18.

Viene segnalato come la vivace campagna che Trumbich conduce, specialmente sulle colonne del • Hrvat •, contro il Governo di Belgrado e particolarmente contro la megalomania della sua politica nei Balcani, abbia destato costà molto rumore perchè vi si è scorto il segnale di un aperto movimento separatista croato.

Prego V. S. seguire tale campagna con tutta l'attenzione che essa merita da parte nostra, tenendomi esattamente al corrente dei suoi sviluppi (2).

641

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 8918/322. Addis Abeba, 2 dicembre 1927, ore 20,40 (per. ore 0,15 del 3).

Telegramma di V. E. Gab. n. 30 (?) a S. E. Gasparini.

Come prevedevo il Ras Tafari mi ha fatto pervenire una domanda per autorizzazione di acquisto in Italia seguenti armi: 5000 fucili moderni di cui 1000 moschetti per la cavalleria; 24 mitragliatrici con trepiedi; 48 mitragliatrici pic.oole; 50 rivoltelle moderne per ufficiali; 3 milioni di cartucce per il tutto. Questo Governo richiede autorizzazione analogamente a quanto fu fatto per fornitura del Governo anzidetto dal Governo francese e prezzo se fornitura effettuata dal R. Governo. Come l'E. V. vede il richiesto quantitativo è un poco superiore a quello già fornito dalla Francia ed Inghilterra, ma naturalmente starà a noi ridurlo a proporzioni corrispondenti alle altre forniture. Io non ho dato alcun affidamento al Ras Tafari !imitandomi a dirgli che avrei trasmesso sua richiesta a V. E. Ma per motivi esposti nel predetto telegramma e data nostra attuale politica verso l'Etiopia, non mi pare sia possibile esimerci dal fare noi una fornitura di armi. Sono sicuro che una nostra risposta favorevole rafforzerebbe definitivamente i sentimenti amichevoli del Ras Tafari verso di noi e, nel caso, sarebbe mia cura di ottenere senza ulteriore indugio

firma nota convenzione stradale. Circa modello fucili, forse proporrei fucili ex-austriaci se ne rimangono ancora in numero sufficiente ed in buono stato. Non ho fatto alcuna comunicazione al riguardo ai miei colleghi Inghilterra e Francia.

(l) -Il tel. fu inviato per conoscenza anche a Belgrado. (2) -Il te!. è lo sviluppo del seguente appunto di l\Iussolini: " Dire al Console a Zagabria di seguire la campagna Trumbic ».
642

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2706/862. Londm, 2 dicembre 1927, ore 20,35 (per. me 1,'30 del 3).

Secondo le notizie che sarebbero qui pervenute e che mi sono state riferite da fiduciario che si dice bene informato, Stresemann avrebbe fatto comunicare a Briand dichiarazioni fattegli da Aldrovandi su trattato di alleanza italo-albanese e sui rapporti itala-francesi (1). Stresemann avrebbe definito tali dichiarazioni come perfide. Si ha qui impressione, non so quanto fondata, che Stresemann stia cercando di sfruttare abilmente tensione italo-francese, per un riavvicinamento con la Francia e che si propone di intensificare tale manovra nei colloqui che egli avrà a Ginevra con Briand.

643

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2723/993. Belgmdo, 2 dicembre 1927, ore 23,25 (per. ore 1,30 del 3).

Oggi Marinkovich che mi ha ricevuto colla consueta cortesia, mi ha detto che Lazar Markovic capo della delegazione jugoslava alla conferenza del disarmo era da lui autorizzato, qualora ne avesse occasione, a prendere contatto a Ginevra con personalità italiane al fine di svolgere azione di chiarificazione e di conciliazione nei rapporti itala-jugoslavi, sempre tenendosi però nel quadro della politica da Marinkovich stesso tracciata nel suo ultimo discorso alla Scupcina. Mi ha poi confermato che egli intende continuare nella politica di riavvicinamento all'Italia e come prova di questa sua ferma intenzione mi ha detto che nella prossima settimana intende cominciare con me lo spoglio di tutte questioni pendenti tra i due paesi per risolverle una ad una uscendo dal sistema finora usato della trattazione per iscritto e mettendosi su un terreno di pratica e rapida azione. Ho preso atto di queste dichiarazioni e l'ho pregato di studiare le questioni più gravi pendenti fra i due paesi , quali quella della sistemazione della lega culturale italiana in Dalmazia, delle proprietà nella zona dei 50 chilometri, della ... (2) dell'asilo De Marchi, ecc. Sarò grato a V. E. se vorrà farmi conoscere quale sia ulteriore linea di condotta da tenere di fronte alle profferte del signor Marinkovi.oh.

(l 1 Cfr. n. 609.

SQJ.

/ '

(2) Gruppi indecifrati.

644

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2705/863. Londra, 2 dicembre 1927, ore 20,35 (per. ore 2 del 3).

Discorso Briand nei riguardi dell'Italia è stato qui molto apprezzato come un'avance della Francia per rimettere su basi normali rapporti italo-francesi. Dopo il discorso di Marinkovic e di Briand si attende anche probabilmente una parola conciliativa dell'Italia. Io mi sforzo a non dare troppa illusione in proposito, a chi me ne parla. Giornali d'altra parte riproducono stamane critiche stampa italiana al discorso di Briand. Al Foreign Office si vuole far credere che parole di Briand siano state consigliate oggi qui, il che toglierebbe loro valore. Io non lo credo, date le esplicite dichiarazioni fattemi da Chamberlain di non volere intromettersi nella questione e di non voler prendere partito nè per l'uno nè per l'altro dei due contendenti.

645

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO (l)

TELESPR. R. 262429/827. Roma, 2 dicemb1·e 1927.

Telespresso di V. E. n. 3354/1291 del 2 novembre (2).

Ho preso atto con soddisfazione delle rinnovate assicurazioni date a V. E. dal Signor Chamberlain, che il Governo Britannico vuole mantenersi nello spirito delle conversazioni di Roma dello scorso anno e continuare la cordiale e sincera collaborazione italo-britannica per il mantenimento della pace nella penisola arabica.

Come è noto a V. E. il R. Governo ha dato recentemente frequenti prove di tener conto nella sua politica nella penisola dei legittimi interessi e del prestigio inglesi in quella regione, con le istruzioni date a S. E. il Governatore dell'Eritrea sviluppando un criterio che fu già nelle conversazioni di Roma dello scorso anni ritenuto il più utile ai due Paesi nella loro azione in Arabia, di agire cioè con linee parallele e non contrastanti. Tale linea di condotta il Governo Italiano continuerà a seguire cercando di persuadere l'Iman Jahia essere nel suo interesse stabilire una frontiera sia pure provvisoria fra lo Yemen ed il Possedimento inglese di Aden, e ciò corrisponde al beninteso interesse di codesto Governo che certo non può ritenere vantaggioso ai suoi fini arrivar agli estremi di un'azione armata contro lo Yemen. Ma perchè un tale intento possa essere raggiunto sembra necessario che sian dati da

Londra consigli di moderazione e di prudenza alle Autorità locali del Possedimento, le quali sembrano invece essere persuase di poter raggiungere i loro scopi con le minaccie, che per contro hanno poco presa, se non effetto del tutto contrario, su di un Paese geograficamente così ben disposto per essere difeso come è lo Yemen.

E ciò senza rilevare che una azione inglese di continue minaccie e pressioni sullo Yemen; senza obbiettivi e ragioni definite, non serve certo a rafforzare il nostro prestigio e la nostra opera colà diretta appunto a moderare nei sioni sullo Yemen, senza obbiettivi e ragioni definite, non serve certo a rafforsconfinamenti, dettati spesso da ragioni locali, le tribù di frontiera.

Il R. Governo desidererebbe che questa nostra azione fosse apprezzata costì al suo giusto valore, ed è tanto persuaso di far cosa in realtà conforme agli interessi della Grande Nazione amica, che ha dato istruzioni al R. Console in Aden di tenersi in continuo contatto con quelle Autorità britanniche, allo scopo di poter tempestivamente servire come collegamento nella nostra opera di riavvicinamento in riguardo alle questioni di frontiera del Possedimento.

Circa l'opinione del Signor Chamberlain sui diritti accampati dallo Yemen sull'Assir, molto vi sarebbe da obiettare: certo essi sono maggiori storicamente e geograficamente di quelli che potrebbe vantare l'Hegiaz. Ma la questione non è questa: il possesso dell'Assir costituisce il pomo di discordia fra i due maggiori Potentati della Penisola: nell'interesse della pace che i Governi Inglese ed Italiano perseguono colà, la migliore soluzione è certo quella di fare dell'Assir uno stato cuscinetto, in modo da togliere possibilità di attriti e ragioni di conflitto. In ogni caso, poichè è appunto per il predominio su tale Stato che lo Yemen e l'Hegiaz potrebbero in un avvenire più o meno lontano venire a guerra e poichè in tal caso tanto l'Impero Britannico che l'Italia manterrebbero, in conformità delle dichiarazioni fatte ed anche del loro interesse la neutralità fra i due contendenti, sembra che la migliore politica sia quella di non compromettersi fin d'ora a ric.onoscere da parte nostra valido un Trattato, dando così forza alle ragioni di una parte contro quelle dell'altra, e quindi rendendo meno facile una intesa fra i due Stati arabi su tale questione, che è la soluzione certamente desiderabile nel momento attuale per evitare un conflitto.

Se le considerazioni poi che V. E. fa nel telespresso a cui mi riferisco circa lo stato d'animo inglese di fronte alla nostra penetrazione nello Yemen sono esatte, come non dubito, bisognerà che l'E. V. non tralasci oc.casione perchè esse siano modificate e risultino corrispondenti alla reale situazione politica di quella parte dell'Arabia. La tensione dei rapporti fra la Gran Bretagna e lo Yemen, e le difficoltà di trovare un terreno di intesa fra loro, sono precedenti alla nostra azione nello stato Zeidita e quindi al nostro Trattato di amicizia. Le questioni territoriali del Possedimento di Aden, forse la non convenienza da parte inglese a rafforzare alle spalle del loro Possedimento un potente Stato arabo, la politica britannica diretta a favorire nella stessa Penisola l'unico forte contendente dello Iman, Ibn Saud, che è a capo non soltanto di un movimento politico ma di un movimento religioso, sono state le cause per cui, nonostante che sia stata tentato, non è stato possibile raggiungere finora l'accordo fra lo Yemen e l'Impero. Ove, in tali circostanze, non fosse intervenuta l'azione italiana di interessamento e di amicizia verso lo Yemen, non vi è dubbio che esso si sarebbe rivolto, e sarebbe stato facilmente oggetto alla propaganda anti-inglese bolscevica, che avrebbe agito a Sanaa, anche se non direttamente, a mezzo di agenti turchi e forse anche tedeschi. Si sarebbe così creato un focolare di agitazione antinglese per tutti i Paesi Arab~ e con influenza in altre parti dell'Impero, in uno stato ove sarebbe stato ben difficile all'Inghilterra agire direttamente con forza: l'azione italiana ha reso finora impossibile che lo Yemen cada in mano della propaganda nazionalista bolscevica, ma ciò avverrebbe immediatamente ove la nostra azione c.essasse.

Quindi se gli agenti britannici lavorano contro la nostra influenza nello Yemen, dubito che alla fine facciano poi gli interessi del loro Paese, e se la ristretta visione locale toglie loro la possibilità di veder chiaramente quale sarebbe alla fine il risultato della loro opera, V. E. appunto non vorrà perdere occasione per illustrare costà la situazione e fare opera di persuasione presso codesto Governo ed i circoli dirigenti britannici, che il rafforzamento della nostra posizione nello Yemen non è per nulla contrario agli interessi dell'Impero.

(l) -n telespresso venne inviato per conoscenza al Ministero delle Colonie, insieme al n. 498. (2) -Cfr. n. 498.
646

IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2704/101. Ginevra, 3 dicembre 1927, ore 4,10 (per. ore 5,15).

In una conversazione avuta col Drummond al mio ritorno da Roma il discorso è subito caduto sui trattati franco-jugoslavo e italo-albanese. Ho ritenuto opportuno, data l'attitudine inglese nei riguardi dei due trattati, esporgli le linee precise della situazione quale è veduta in Italia, parlandogli con quella franchezza che l'amicizia personale tra noi ed i cordiali rapporti tra i due paesi mi permettevano d'usare. Avendo subito intuito un atteggiamento critico da parte sua l'ho prevenuto coll'esprimergli il disappunto prodotto a Roma dal fatto che nei circoli politici inglesi non si era giustamente valutata la politica svolta in questi ultimi tempi dall'Italia. Tale disappunto è anche alimentato dal dubbio che il Foreign Office si sia lasciato influenzare nei suoi apprezzamenti da informazioni provenienti dalle sfere francesi che manifestamente danno prova di una profonda incomprensione della situazione attuale. Drummond si è affrettato ad assicurarmi che trovandosi egli a Londra pochi giorni fa aveva saputo che Chamberlain disapprovava sia il trattato francojugoslavo che quello italo-albanese. Ho risposto che nell'avere accomunato

nello stesso giudizio tali trattati, il Chamberlain forse non si rendeva esatto conto della profonda diversità sia nello spirito che negli scopi di quei due atti internazionali.

(Continua numero successivo) (1).

647

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. 1653/1018. Roma, 3 dicembre 1927, ore 12.

Decifri da sè.

In relazione sua lettera (2) S. E. il capo del Governo la invita ad andare molto adagio nelle proposte di preambolo contenente accenni politici, la cui importanza è assolutamente sproporzionata all'atto modesto in corso di negoziazione.

648

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI

T. GAB. 2725/1550/873. Parigi, 3 dicembre 1927, ore 19,25 (per. ore 21,45).

Decifri Ella stessa. Telegramma di V. E. n. 1653/1018 (3).

Frasi iniziali delle due note sono state contenute in formule generiche usuali che precedono normalmente atti consimili. Non esiste uno speciale preambolo.

649

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2726/994. Belgrado, 3 dicembre 1927, ore 23,25 (per. ore 1,05 del 4).

R. addetto militare mi comunica quanto segue: • Da fonte seria sarebbero in corso trattative .Jugoslavia e Romania per accordo militare in caso conflitto fra Italia e .Jugoslavia ». Mi riservo controllare la notizia e riferire.

(l) -T. gab. 2720/102, del quale si pubblica solo la prima parte relativa alle dichiarazioni di Paulucci a Drummond: « Il trattato franco-jugoslavo non poteva non rendere più difficile alla Francia ed alla Jugoslavia l'avviamento di cordiali rapporti coll'Italia. Né poteva più giustificarsi col pretesto più volte dichiarato di calmare le preoccupazioni jugoslave, giacché le manifestazioni anti-italiane inscenate mostravano quale esca avesse dato tale trattato all'irrequieta Jugoslavia. L'accordo con l'Albania, al contrario, le cui trattative erano state iniziate da vario tempo, ma che certo erano state affrettate dall'inconsulto gesto della Francia e della Jugoslavia, mirava a chiarificare i rapporti tra l'Italia e l'Albania ed a dare una prova evidente all'opinione pubblica mondiale che la politica italiana non tendeva, come si era detto al momento del patto di Tirana, ad esercitare un protettorato più o meno camuffato in Albania, ma ad avere con essa dei rapporti da pari a pari, trattandola come stato assolutamente sovrano. Di ciò facevano anche fede le clausole militari di alleanza aggiunte al trattato •. (2) -Non rinvenuta. Ma cfr. n. 638. (3) -Cfr. n. 647.
650

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2728/541. Atene, 3 dicembre 1927, ore 23,25 (per. ore 4 del 4).

Telegramma di V. E. gab. 1614/438 (1). Chiusosi il ciclo della celebrazione Foscoliana col pranzo ufficiale alla

R. legazione durante il quale questo ministro degli affari esteri ha di nuovo calorosamente brindato, in presenza della legazione italiana e di tutti i principali ministri del Gabinetto ellenico, alla sempre maggiore cordialità dei rapporti italo-greci, il signor Michalacopoulos è partito ieri mattina per Ginevra, giusta il previsto.

Recatomi a salutarlo a bordo del piroscafo italiano, gli ho fatto la comunicazione di cui al citato telegramma di V. E. n. 438 accompagnandola con tutte le considerazioni del caso. Egli ha mostrato di comprenderne il valore confermandomi ancora l'immutata direttiva politica amichevole verso l'Italia e rilevando inoltre in modo particolare come i contatti dei Governi e le manifestazioni reciproche in occasione dei recenti festeggiamenti siano stati efficacissimi per rinsaldare i vincoli che uniscono, dei quali non è la sola Grecia a sentire il bisogno in questo momento; che se la Jugoslavia chiedesse la stipulazione di un accordo del genere (cosa che mi ha esplicitamente assicurato non essere ancora avvenuto) la Grecia non potrebbe a priori rifiutarsi dall'esaminarne la eventuale possibilità di attuazione; ma che in nessun caso tale accordo politico non potrebbe avere altra portata che quella puramente difensiva ed esclusivamente balcanica (ha insistito molto su questo punto) e che la sua natura dovrebbe essere, se mai, preferibilmente di patto d'arbitrato o sicurezza ed in nessun caso aggressivo verso terzi stati.

Ho l'impressione che Michalacopoulos effettivamente non (ripeto non) desideri rinnovare alleanza fra i due popoli.

Circa un eventuale accordo politico coi S.H.S., mi ha detto nettamente: l) che nè egli nè attuale Governo ellenico lo desiderano e che pertanto non sarà certo egli a domandarlo; 2) che restando fermo nella posizione assunta col rigetto delle convenzioni Pangalos per Salonicco, si è dichiarato pubblicamente pronto studiarne delle nuove purchè non ledano la sovranità greca; 3) che la intera popolazione ellenica è d'accordo sulla opportunità di scindere le trattative per le nuove convenzioni portuarie e di transito da qualsiasi eventuale negoziato per un accordo politico con la Serbia, ma non vi è dubbio che a Ginevra saranno messi in movimento tutti i lotismi [sic] e tutti gli allettamenti jugoslavi se non pure tutte le pressioni di carattere finanziario e politico francesi per portare la Grecia ad un riavvicinamento con Belgrado.

Ho poi avuto stamane col ministro di stato generale Metaxas (influente capo del partito realista del centro nazionalista, sul quale si appoggia molto attuale Gabinetto coalizione) un lungo colloquio confidenziale di carattere politico, nel corso del quale ci siamo trovati perfettamente d'accordo sull'inte

resse reciproco di procedere in intimità, se non addirittura mediante espliciti accordi coll'Italia. Egli mi ha di propria iniziativa pienamente confermato quanto esposto al punto 3° sopra citato, ed ha espresso con convinzione l'avviso che, sempre quando possa la Grecia sentirsi sicura da un'eventuale minaccia jugoslava, non vi è convenienza per lei di unirsi in alleanza colla Jugoslavia.

(l) Cfr. n. 631.

651

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2763/1550. Parigi, 3 dicembre 1927 (per. H 6).

Miei odierni telegrammi nn. 1546/869 -1547/870 -1549/872 -1550/873 (1).

Accludo le copie delle note scambiate stamane (2).

La conclusione del modus vivendi ha proceduto con grande rapidità ed io ne ho approfittato per giungere ad un risultato che pur rimanendo nei limiti delle istruzioni datemi, regola situazioni ed interessi privati italiani assai importanti finora sempre rimasti senza garanzia convenzionale, e non dà a quelli francesi in Italia nulla di più, e forse meno, di quel che godono attualmente.

Ora vi sarà da dare esecutività all'intesa intervenuta: vi sarà pure da provvedere per l'apertura del negoziato della convenzione di stabilimento. Circa questo futuro negoziato il ministro degli esteri francese mi ha diretto la nota odierna di cui unisco copia (3), la quale corrisponde all'ultimo paragrafo dello schema francese inviatomi ieri dal signor Berthelot (mio telegramma n. 1541/ 866) (3). Si fa, insomma, sapere a noi che i francesi negoz,ieranno sulla traccia dell'accordo di stabilimento franco-belga, e particolarmente del suo articolo 9. Se noi considereremo ciò come una effettiva diminuzione dello stato di diritto creato dal modus vivendi, ne trarremo motivo per corrispondenti riduzioni agli interessi francesi in Italia: in ogni caso potremo servircene come argomento di manovra a favore nostre tesi. Ma io non escludo che il R. Governo possa esso stesso trovare lo schema del trattato propostoci una base di utile negoziato.

Gli italiani non avevano mai avuto uno stato convenzionale di stabilimento in Francia. Il Governo nazionale fascista oggi glielo ha dato. Tutte le conversazioni precedenti erano rimaste senza conclusione: quella attuale è stata rapidamente conclusiva.

652

IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2741/936. Belgrado, 4 dicembre 1927, ore 18,20 (per. ore 20,30).

Suo telegramma 16191705 (4). In seguito ad accertamenti fatti ho motivo di ritenere che sia da escludere che Governo jugoslavo intenda portare davanti Lega delle Nazioni questione

albanese. Rimane a vedere se questione stessa non vi sarà portata da qualche altra potenza. Aggiungo che la stampa locale sta facendo una vivace campagna perchè la questione venga sollevata a Ginevra.

(l) -Si pubblica solo l'ultimo (cfr. n. 648). (2) -Non si pubblicano. (3) -Non si pubblica. (4) -Cfr. n. 6.32.
653

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

[Roma], 4 dicembre 1927.

MINIMO

l) Accoglimento benevolo delle richieste italiane per Tangeri,

2) Rinnovo per 20 anni delle Convenzioni Tunisine del 1896,

3) Confini meridionali ed occidentali della Tripolitania,

4) Mano libera nei Balcani e nel Mediterraneo Orientale in modo che la

espansione politica, economica italiana non trovi impacci diretti o indiretti francesi, 5) Questione snazionalizzazione, 6) Questione diritto di asilo, 7) Revisione • Mandati •.

654

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2749/3. Cinema, 5 dicembre 1927, ore 19,35 (per. oTe 21,15).

Stamane, prima della seduta, ho avuto lungo e cordiale colloquio Chamberlain, col quale mi sono intrattenuto dei lavori del consiglio della Società delle Nazioni. Abbiamo anche parlato delle relazioni italo-francesi, e Chamberlain, col quale mi sono intrattenuto sui lavori del consiglio della Società Mi disse che aveva constatato in Briand le disposizioni più favorevoli e che sperava quindi nel buon risultato della convenzione (l) che potrà intervenire fra i due Governi. Accennando ad un possibile incontro di V. E. con Briand, Chamberlain ha espresso opinione che contatti diretti potranno certamente essere utili quando siano preceduti da un'opportuna preparazione e che venga scelta occasione favorevole per l'incontro. Chamberlain ritiene che la questione di Tangeri potrebbe forse fornire occasione propizia in quanto accordo, che sembra

ormai prossimo fra i due Governi francese e spagnuolo, dovrà essere sottoposto ai Governi italiano e britannico. Chamberlain pensa che tale occasione potrebbe dare luogo ad un incontro di V. E. con Briand. Chamberlain mi ha detto che oggi vedrà Litvinoff.

(l) Sic. Con ogni probabilità deve leggersi " conversazione "·

655

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 46-47).

T. GAB. s. 2762/323. Addis Abeba, 6 dicembre 1927, ore 13 (per. ore 20,30).

Decifri Ella stessa.

Da fonte sicura mi risulta che Ras Tafari, pel tramite del ministro plenipotenziario Lagarde, avrebbe voluto sondare atteggiamento del Governo francese in vista conclusione Convenzione con il R. Governo per la strada camionabile Dessiè-Assab, e per la zona in Assab. Governo francese non avrebbe ancora fatto conoscere suo pensiero al riguardo. Gradirei conoscere se, da Parigi, si è avuto sentore di quanto precede. Il mio informatore mi assicura che Ras Tafari sarebbe deciso a mantenere la parola dataci anche se Governo francese non vedesse di buon occhio accordo italo-etiopico. Tuttavia, se V. E. approva, io mi proporrei di far presente al Ras Tafari che la sua mossa è inopportuna ed inutile, essendo ben nota antica tenace ostilità diplomazia francese verso di noi, tanto più che Governo francese ha sempre rifiutato concedere zona franca al Governo etiopico nel porto di Gibuti. Se ora, sotto la pressione avvenimenti, Governo francese dovesse invece concedere zona franca Gibuti, ciò toglierebbe molto del suo valore alla Convenzione italo-etiopica. *Anche in relazione alla richiesta armi, di cui al mio telegramma n. 322 (1), sarebbe perciò opportuno non dilazionare troppo oltre firma Convenzione*.

656

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 1682/717. Roma, 6 dicemb1·e 1927, ore 24.

Suo telegramma n. 993 (2).

Mi auguro che intenzione manifestatale da Marinkovich e della quale V. E. ha preso atto possa avere effettivamente serio e sollecito seguito. V. E. mantenga il contatto con Marinkovich per l'esame delle questioni più urgenti in sofferenza mantenendo naturalmente la discussione nel campo dei singoli argomenti senza che essa abbia a dilagare in quelli di carattere più generale.

(l) -Cfr. n. 641. (2) -Cfr. n. 643.
657

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2796/1568. Parigi, 6 dicembre 1927 (per. H 9).

Mi risulta che signor Dubarry, direttore della France de Nice et du Sud Est ha ricevuto da personalità del Quai d'Orsay invito a cessare sua azione turbatrice delle relazioni itala-francesi.

658

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE S. CONF. 2798/1567. Parigi, 6 dicembre 1927 (per. H 10).

Persona del mondo finanziario francese recatasi poche settimane fa a Berlino vi ha avuto un colloquio con von Schubert. Questi gli ha insistentemente parlato nel senso di un avvicinamento tra Francia e Germania dicendo che la Germania si sarebbe incaricata di tenere a bada l'Italia.

Quanto precede mi risulta in modo del tutto sicuro per quanto indiretto e costituisce una prova delle manovre della Germania per intralciare un eventuale avvicinamento tra Francia ed Italia (1).

659

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. R. 2761/9. Ginevra, 7 dicembre 1927, ore 1,55 (per. ore 4,30).

Oggi ho avuto con Briand un colloquio durato oltre due ore durante il quale abbiamo discusso nella forma più amichevole, e con la massima franchezza di linguaggio, questione dei rapporti itala-francesi. Mi astengo dal riferire in modo particolareggiato corso della nostra conversazione !imitandomi a dire che dal suo complesso ho riportato impressione che Briand desidera vivamente e sinceramente fare quanto possibile per migliorare le relazioni con l'Italia. Circa possibili pratiche e modalità di procedura abbiamo esaminato assieme spontaneamente ipotesi, scartando tutte quelle da cui non si potrebbe sperare alcun risultato concreto. In conclusione Briand si è fermato sui punti seguenti:

Conformemente all'idea messa innanzi da Chamberlain (mio telegramma

n. 3 di ieri) (2), Briand ha detto che quando questione di Tangeri sarà arrivata allo stato conclusivo, cioè quello dell'accordo fra le 4 potenze interessate, conversazioni sullo stesso argomento potrebbero marcare anche agli occhi del pub·

blico la ripresa di una più cordiale collaborazione franco-italiana. Conclusione formale dell'accordo potrebbe poi fornire occasione di una riunione V. E. con Primo de Rivera, Chamberlain e Briand. Per la questione dello statuto degli italiani in Francia e in Tunisia, che abbiamo classificato essere uno dei punti controversi più gravi per le difficoltà che le recenti leggi francesi oppongono ad una soluzione soddisfacente per l'Italia, Briand mi ha assicurato che anche in questo campo egli sarebbe disposto a fare tutto il possibile per giungere ad un accordo. Come inizio della trattazione della questione si è prospettata la possibilità della creazione di una commissione mista itala-francese la quale sarebbe incaricata di studiare il problema sotto tutti i suoi aspetti, in modo che in un futuro incontro con V. E. terreno fosse già preparato per una soluzione.

Briand ha tenuto a dire che naturalmente ove V. E. preferisse anzichè riunione a quattro, prospettata per questione Tangeri, un incontro a due, egli sarebbe volentieri disposto anche a ciò.

(l) -Secondo Aldrovandi « Stresemann cercava in questo momento. stimolato dalla tensione italo-francese degli scorsi giorni, o.gni modo per un riavvicinamento colla Francia, per il noto fine immediato, che ho segnalato più volte, e cioè per la speranza dell'anticipata evacuazione renana • (t. s. 9311/779, Berlino, 15 dic., ore 20,50). (2) -Cfr. n. 654.
660

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2773/1571/879. Parigi, 7 dicembre 1927, ore 18,45 (per. ore 20,35).

Odierno Corriere degli Italiani in due articoli, mostra vive preoccupazioni che firma modus vivendi, chiarimento relazioni Italia e Francia hanno prodotto tra gli antifascisti in Francia. Si invoca senno, onore, fierezza della Francia: [si] ricorda ai francesi che fascismo significa pericolo di guerra e frende] impossibile cordiale riavvicinamento itala-francese: si conclude ammonendo Francia che fascismo passerà e Italia resta. Due articoli forniscono anche prova manifesta dell'interesse degli antifascisti creare divergenze itala-francesi e del loro interesse di mantenerle.

661

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA

T. GAB. 1699/447. Roma, 7 dicembre 1927. ore 24.

Suo telegramma riservatissimo n. 541 (1).

Secondo quanto V. S. riferisce, il signor Michalacopoulos, pur non avendo

alcuna intenzione di prendere l'iniziativa di un patto politico colla Jugoslavia,

si disporrebbe, in sostanza, fin d'ora ad arrendersi ad eventuali pressioni di

Belgrado, anche se si dovesse trattare, non di un semplice patto di reciproca

sicurezza fra i due paesi, ma di un vero e proprio accordo difensivo greco-serbo

nei Balcani.

Richiamo l'attenzione di V. S. sopra questo punto: un patto difensivo del

genere non potrebbe, evidentemente, aver di mira che l'Albania, e quindi

l'Italia e la Bulgaria. È chiaro l'interesse del Governo jugoslavo di compro

(l 1 Cfr. n. G30.

mettere, nel primo caso, l'attuale cordialità delle relazioni fra Grecia ed Italia, che è indiscutibilmente, la più efficace remora alla sua politica di asservimento della Grecia ai suoi fini balcanici. È altresì chiaro l'interesse del Governo di Belgrado di poter presentare un fronte greco-jugoslavo per fiaccare ogni resistenza bulgara, e per favorire in Bulgaria un rivolgimento interno che porti al potere a Sofia i partiti che sono fautori di uno stretto riavvicinamento serbobulgaro nel quadro di un'azione politica panslava.

Non solo, invece, non è chiaro, ma sembra addirittura inconcepibile che la Grecia possa prestarsi ad un giuoco le cui conseguenze non possono apparire per lei che esiziali.

Un riavvicinamento serbo-bulgaro, prodottosi nelle circostanze accennate, avrebbe, per ovvie ragioni, per la Jugoslavia, un valore ed una portata molto maggiore di un'intesa colla Grecia. Ragionevolmente, quindi, la Jugoslavia dovrebbe tendere a consolidarlo con concessioni alla Bulgaria, che non potrebbero essere pagate che nella nuova Grecia. La Grecia farebbe, quindi, completamente le spese di tale risultato che Belgrado si attende da un patto di difesa grecojugoslavo.

Nei riguardi albanesi, la questione sembra, se possibile, anche più assurda. In nessuna capitale, come ad Atene, si avrebbe dovuto avere la immediata e precisa percezione dei vantaggi che, colla conclusione dell'alleanza coll'Albania, corollario della politica di equilibrio e di rafforzamento dei vari elementi nazionali che noi perseguiamo nei Balcani, l'Italia ha inteso, sopratutto nel momento attuale, di arrecare alla Grecia. Stimo perfino inutile spiegare come e perchè dalla nostra politica in Albania la Grecia tragga una sicurezza nei riguardi delle sue relazioni colla Jugoslavia, che appare inconcepibile essa possa volontariamente pregiudicare con un patto difensivo con Belgrado, che ponendola in contrasto coll'Albania, la porrebbe in contrasto irremissibilmente anche coll'Italia.

Questo è quanto occorre che la S. V. tenga presente per avvalersene, con azione discreta ma efficace, allo scopo di chiarire la reale situazione delle cose nei riguardi greco-italiani, sopratutto se, a parte ogni assicurazione di fonte governativa ellenica, l'effettivo stato di opinione pubblica formatosi costà dovesse corrispondere alle notizie telegrafate alla stampa bulgara da Atene, notizie che ad ogni buon fine le comunico con telegramma a parte.

662

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA

T. GAB. 1691. Roma, 8 dicembre 1927, ore 18.

Rispondo suo telegramma riferente colloquio con Briand (1). Prendo atto del primo modesto passo innanzi fatto da Briand coll'accettare una discussione sullo statuto degli italiani di Tunisia. Ma ci sono sul tappeto non meno impor

tanti questioni. Dic·a a Briand che io attendo Beaumarchais per fargli una esposizione completa del punto di vista italiano. Mio eventuale incontro con Briand non può aver luogo che per consacrare un accordo già avvenuto non per iniziare discussioni.

(l) Cfr. n. 659.

663

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA

(Ed. in VEDOVATO, p. 47)

T. GAB. 1707. Roma, 9 dicembre 1927, ore 10.

(Per Colonie). Il R. ministro ad Addis Abeba ha telegrafato in data 6 corrente quanto segue:

(come nel telegramma di collezione n. 2762/323 da Addis Abeba) (1).

Ho risposto :

(Per tutti). Segreto. Decifri ella stessa.

Mi ha molto sorpreso notizia comunicatami da V. S. con telegramma n. 323 che cioè Ras Tafari abbia sondato tramite codesta legazione francese Governo della Repubblica circa nostra convenzione per zona Assab. Tale passo Governo etiopico non può essere considerato che come atto poco amichevole verso di noi e [da cui] sembra si possa dedurre che Ras Tafari piuttosto che conchiudere e firmare accordo con noi per zona Assab voglia influire con offerte italiane su Governo francese per ottenere qualche facilitazione a vantaggio Etiopia nel porto di Gibuti. Sembra quindi opportuno che V. S. faccia chiaramente comprendere Ras Tafari sorpresa Governo italiano per suo atteggiamento e che dilazione da parte sua alla firma della convenzione non trova presso di noi spiegazioni plausibili. Attendo essere informato al più presto risultato suo colloquio.

664

IL DELEGATO ALLA SOCIETA DELLE NAZIONI, SCIALOJA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2787/30. Ginevm, 9 dicembre 1927, ore 19,36 (per. ore 20,50).

Briand, col quale mi sono espresso nel senso del telegramma di V. E.

n. 1691 (2), mi ha detto che conveniva nella opportunità che il complesso delle questioni interessanti i rapporti italo-francesi, che già Briand aveva con me riconosciuto essere numerose e complicate, venga prima esaminato in conversazioni a Roma col nuovo ambasciatore di Francia. A tal fine egli intende fare affrettare l'arrivo a Roma del signor De Beaumarchais.

(l) -Cfr. n. 655. (2) -Cfr. n. 662.
665

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI AD ATENE, ARLOTTA, E A DURAZZO, SOLA (l)

T. GAB. 1718. Roma, 10 dicembre 1927, ore 24.

(Per Atene). Ho telegrafato a Durazzo quanto segue:

(Per tutti). Il Times in una sua recente nota circa atteggiamento della Grecia di fronte trattato di alleanza itala-albanese accenna come quello che preoccupa Atene è che Governo albanese possa trarne incoraggiamento a trascurare suoi obblighi verso minoranze greche dell'Albania meridionale, creando così ragioni di attrito e disposizioni ostili fra i due paesi. Per chi conosce profondo e tenace interesse che opinione pubblica ellenica porta alla difesa etnica delle collettività greche all'estero, questione prospettata dal Times appare in tutta la sua speciale serietà. Nel presente momento trattamento minoranze greche in Albania è una delle armi di cui principalmente si giova Belgrado per premere sulla Grecia allo scopo indurla schierarsi dalla parte jugoslava. È quindi interesse nostro, e per conseguenza e sopratutto dell'Albania, di fare ogni sforzo per neutralizzare tale manovra, calmare preoccupazioni elleniche, evitare ogni possibile turbamento delle relazioni greco-albanesi che a noi giova, per ovvie ragioni, siano nel momento attuale, ottime.

Prego V. S. riprendere in esame questione e svolgere opportuna opera persuasiva presso Ahmed Zogu, cui non potrà sfuggire come i nostri consigli siano precipuamente dettati da un chiaro e bene inteso interesse per lui e per la situazione albanese.

Delle disposizioni che, in linea di massima, Zogu le manifestasse nel senso che è desiderabile, mi riserverei valermi opportunamente presso il Governo di Atene, favorendo possibilmente un'intesa di dettaglio fra i due Governi per l'argomento di cui si tratta.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. s. 2810/360. Sofia, 11 dicembre 1927, ore 15 (per. ore 17,30).

Decifri ella stessa.

Questo ministro affari esteri mi aveva comunicato testo secondo articolo Novosti di Zagabria su presunta conferenza Rilo, quando mi è giunto telegramma di V. E. 6985/404 ufficio stampa (2), e quando avevo spedito mio telegramma Gabinetto 9137/358 (3). Nesic, che sperava avere liquidato questione con sua lettera diretta redazione Novosti, rimasto apparentemente seccatissimo di questa insistenza nella menzogna nonchè della impertinenza del giornale di

Zagabria. Se mi è dato esprimere mio parere, riterrei non dover dare soverchio peso a questo che non è che uno dei tanti episodi antitaliani in cui mentalità serba si rivela impastata di folle orgoglio, rancore, sospetto e dispettosa impotenza. Comunque prendendo argomento da questo incidente del Novosti, credo opportuno precisare alcuni punti: l") Io non ho mai visto, neanche in fotografia i capi del comitato macedone Protogheroff, Mihailoff e Pop-Khristoff. 2") Novosti non potrebbe eventualmente sostenere mia partecipazione alla asserita conferenza Rilo in altra epoca che quella in cui vi sono andato con diplomatici francesi e mogli, nonchè con addetto militare greco perchè: a) io non mi sono mai mosso da Sofia tranne i due giorni della gita a Rilo con le predette persone, il che è facilmente controllabile; b) Novosti 8 novembre precisa che conferenza macedone cui io avrei preso parte sarebbe avvenuta tre giorni prima cioè proprio il 5 novembre, giorno in cui fui Rilo con predetti stranieri, senza mai distaccarmi un solo istante da essi. 3°) Sui miei rapporti con nota persona nulla assolutamente, è mai qui trapelato; se così non fosse serbi si sarebbero con gioia impadroniti dell'argomento. Invece impressionati dalla campagna della stampa italiana (dopo uccisione generale Kovacevich) favorevole tesi irresponsabilità Bulgaria e lumeggiante terrorismo serbo in Macedonia, serbi hanno brancolato nel buio lanciando ballons d'essai quali visita Roma Protogheroff, ricevuto con onori da V. E. e mia partecipazione alla mai avvenuta conferenza Rilo presie

duta dallo stesso Protogheroff.

Segue col numero successivo.

(l) -A Durazzo il telegramma venne inviato per filo con il n. 17181758. Ad Atene il telegramma venne inviato per corriere. (2) -Dell'8 dicembre, col quale veniva ritrasmessa la notizia del Novosti • circa riunioni rappresentanti governo bulgaro e Comitato per l'ORMI, ad alcuna delle quali riunioni avrebbe assistito Ministro Piacentini •. (3) -T. 9137/358 del 9 dicembre, ore 14, per. ore 15, che non si pubblica.
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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2813/361. Sofia, 11 dicembre 1927, ore 19,30 (per. ore 24).

Decifri ella stessa.

Il presente telegramma fa seguito a quello col numero precedente.

Dopo miei telegrammi Gabinetto segreti n. 2272/242 e 2273/243 dell'8 ottobre scorso (1), in cui esponevo mio parere su errata tattica attentati, parere confermato da telegramma di V. E. segreto per me solo, n. 1580/378 (2) contenente in argomento più complete e precise istruzioni, non ho avuto con nota persona altri contatti che visita con Alberti e Parini svoltasi sulle generiche e che garantisco qui assolutamente ignorata da tutti. Anche le istruzioni di cui predetto telegramma segreto n. 378 non ho potuto che parzialmente e genericamente attuarle, sia per la delicatezza del momento imponente ogni riserva, sia per la momentanea assenza di una persona che è la più sicuramente indicata allo scopo. Farò il necessario non appena circostanze me lo permetteranno.

4o) Invenzione Rilo, sequestro lettere diacono Dimitroff, indubbia intercet

tazione mie lettere private da Parigi e da Roma, e incidente due suore bulgare,

latrici cartoline illustrate per •more italiane, mostrano (secondo generale convinzione di circoli politici bulgari e diplomatici al corrente della cosa) ansietà e rancore dei serbi per la graduale affermazione della politica italiana in Bulgaria, contrastante vittoriosamente terreno ai propositi e alle speranze Belgrado, dande le volgari conseguenze di cercare di colpire con ogni mezzo coloro che eseguiscono tale politica per ordine e sulle istruzioni di V. E., nella strana ingenuità forse di eliminare gli ostacoli politici togliendo di mezzo qualche persona. Anzi tale convinzione è fortemente avvalorata da quanto segue: il capo di questa polizia criminale mi ha informato che, dopo circa due settimane di informazioni meritanti conferma, avrebbe raggiunto prova sicura che serbi hanno deciso attentato alla vita di questo addetto militare e mia. Capo della polizia annunziandomi misure di sicurezza ha consigliato me e colonnello Caleffi usare prudenza essendo assassinii per strada abituali.

Continua col numero successivo.

(l) -Cfr. nn. 461, 462. (2) -Cfr. n. 607.
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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2809/362. Sofia, 11 dicembre 1927, ore 18,30 (pe1·. ore 19,45)

Decifri ella stessa.

Seguito al numero precedente.

Liapceff mi ha stamane confermato la cosa aggiungendo particolari secondo

lui assai significativi della prossima partenza da Sofia, definitiva o per lo meno per lungo tempo, di questo console jugoslavo Georgevic, losca figura, scaltrissimo, espertissimo organizzatore spionaggio serbo in Bulgaria, attivissimo trait d'union tra i serbi, gli agrari bulgari fuorusciti in Serbia, e bulgari agrari in Bulgaria, nonchè abile organizzatore, privo di ogni scrupolo, di attentati in territorio bulgaro di bande di bulgari agrari fuorusciti provenienti dalla Serbia, allo scopo perpetrare assalti brigantaggio in Bulgaria con conseguenti accuse di debolezza contro stato bulgaro in genere e governo Liapceff in specie, e con inevitabile turbamento delle popolazioni. Tempestiva partenza da Sofia dovrebbe costituire per Georgevic (secondo Liapceff) un alibi pel caso degli attentati sopra accennati. A compire quadro qui brevemente tracciato, resta questione matrimonio re Boris con principessa Giovanna che, come ho già riferito a V. E. è ritenuto sicuro da questa opinione pubblica. Legazione di Serbia sostenuta su questo punto da legazioni francese e specialmente inglese (ambedue apertamente ostilissime) mostra continua, viva preoccupazione al riguardo ed è presumibile che la mentalità astiosa e poliziesca di Belgrado, non esiterebbe di fronte a qualsiasi atto, che, a suo parere, potesse complicare la situazione, gettando allarme, sfi· ducia e discredito contro questo paese, la sua stabile politica e la sua organizzazione statale. V. E. può contare su me e su tutto personale di questa legazione per una condotta ferma prudente in qualsiasi circostanza.

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IL MINISTRO A SOFIA, PIACENTINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

·r. GAB. S. 2807/364. Sofia, 11 dicembre 1927, ore 19 (per. ore 20,20).

Ho ricevuto lettera autografa S. E. Grandi (l) alle cui istruzioni mi atterrò fedelmente. Informo V. E. intanto che ultimi giorni re Boris è apparso ai suoi intimi piuttosto sfiduciato. Liapceff sempre più desideroso conclusione matrimonio mi ha confermato profondo sentimento del sovrano per S.A.R. principessa Giovanna, e si è mostrato ottimista escludendo recisamente possibilità influenza sul re opinione ostile ministro di Francia e ministro di Inghilterra. Quest'ultimo parlando con persone private che sono in rapporti con re Boris, ha apertamente detto loro che con questo matrimonio il re farebbe • le malheur de son pays •.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 9246/458. Mosca, 12 dicembre 1927, ore 19,16 (per. ore 21,50).

Telespresso di V. E. 262522 del 2 dicembre scorso concernente Ahmed Sceriff.

Viaggio Litvinoff a Ginevra, da quanto posso giudicare qui in base scarse notizie qui pervenute, non è stato proficuo per la Russia. La Germania si è infatti accorta di essere andata oltre nei suoi impegni con i societs, Inghilterra infatti accorta di essere andata oltre nei suoi impegni con i soviets, Inghilterra teme contegno apparentemente conciliante sulla cui sincera e reale portata occorre riservare giudizio.

In tale stato di cose U.R.S.S. ha interesse non accrescere numero suoi nemici. Ritengo quindi che nostre rimostranze energiche per inizio pratiche fra console soviet Gedda ed il senusso avrebbero probabilità far riflettere questo Governo. Se fossero poi accompagnate da dichiarazioni che noi vigiliamo attentamente attività politica soviet a noi ostile, ovunque essa sia svolta, per decidere conseguente eventuale diversa nostra linea di condotta verso la Russia, indurrebbero Cicerin consigliare moderazione Terza Internazionale, supposto che questa ultima appoggi anche Fan Noli e cerchi crearci imbarazzi in Albania.

Timore rottura con l'Italia potrà però se non arrestare almeno moderare propaganda bolscevica ostile all'Italia nelle nostre colonie e in Albania, tuttavia prima di parlare in tal senso attendo conoscere se V. E. approvi mio modo di vedere.

(l) Non rinvenuta. Ma cfr. serie VII, VI, n. 31, di prossima pubblicazione.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2818/1588/889. Parigi, 12 dicembre 1927, ore 20,15 (per. ore 23,30).

Corriere degli Italiani di ieri ha pubblicato frase seguente: " È necessario un uomo muoia perchè la patria sia salva •. La ho ieri mattina stessa segnalata presidente del consiglio ed al signor Berthelot e stamane alla direzione generale pubblica sicurezza. Poincaré mi ha fatto telefonare poco fa che consiglio dei ministri di domani si occuperà della faccenda. Domani telegraferò esito.

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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2820/954. Belgrado, 12 dicembre 1927, ore 24 (per. ore 3,30 del13).

Mio telegramma n. 943 (1).

Nel colloquio avuto questa mattina col signor Marinkovic egli mi ha fatto presente che, in base all'articolo quattro del patto di amicizia italo-jugoslavo del 27 gennaio 1924, la durata del patto stesso era di cinque anni e poteva essere denunziato o rinnovato un anno prima della sua scadenza. Mi ha pregato quindi di fare sapere a V. E. che egli non intende assolutamente di denunziare il patto di Roma, ma trova, d'altro canto, che non è possibile procedere ad una rinnovazione pura e semplice di esso.

E ciò per la ragione che ad esaminare i rapporti odierni fra i due paesi si deve concludere che il patto stesso non ha avuto quella efficacia che i suoi stipulatori si attendevano.

Mi ha pregato quindi di chiedere a V. E. di fargli conoscere (tenendo presente il breve termine che ci separa dalla scadenza del patto) quali siano gli intendimenti di V. E. al riguardo. Ho preso atto di questa dichiarazione ed ho assicurato Marinkovic che l'avrei fatta subito conoscere a V. E.

Al momento di prendere commiato Marinkovic ha insistito perchè dicessi ben chiaro a V. E. che egli, da parte sua, non intende assolutamente denunziare il patto di Roma e che suo vivo desiderio sarebbe al contrario di renderlo più intimo ed efficace.

43 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

(l) T. gab. 2748/943 del 5 dicembre, il quale però si riferisce ad altro argomento.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE COLONIE, FEDERZONI

TELESPR. RR. 263899/678. Roma, 12 dicemb1·e 1927.

Ho letto con particolare interesse il rapporto n. 14312 del 22 ottobre (l) di S. E. il Governatore dell'Eritrea, relativamente agli sviluppi che l'azione della Chiesa Cattolica potrebbe assumere non solo in Eritrea, ma anche in Etiopia, con particolare riguardo all'idea, che il Vaticano gradirebbe realizzare, di istituire all'Asmara un grande Seminario, che potesse accogliere tutti gli allievi indigeni di una zona comprendente la Somalia italiana, inglese, francese, l'Eritrea e l'Etiopia.

Concordo pienamente nelle considerazioni di S. E. il Governatore e ritengo quindi che l'attivazione di una tale iniziativa meriti, sotto ogni punto di vista, l'appoggio del R. Governo.

Prego V. E. di voler pertanto comunicare a S. E. Gasparini, che quando la Santa Sede riterrà di prospettare al R. Governo la progettata idea, questa sarà accolta con quel favore che, per i risultati che ci ripromettiamo, essa merita.

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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. STRETTAMENTE PERSONALE. Ginevra, 12 dicembre 1927.

Dopo il pranzo da me offerto sabato sera a Sir Austen Chamberlain, ed

al quale partecipavano pure Sir Ronald Graham, S. E. Scialoja nonchè vari

membri delle delegazioni italiana e inglese, ho avuto con lui una lunga con

versazione sui rapporti itala-inglesi, in relazione ai recenti avvenimenti inter

nazionali.

Tale conversazione è stata poi completata da altri due colloqui, avuti ieri,

per oltre due ore, con Sir Ronald Graham e col Sig. Selby, capo di Gabinetto

del Ministro degli Esteri britannico. Tutti e due mi hanno ripetuto in gran

parte quanto Sir Austen aveva detto la sera precedente, mostrando di essere

a conoscenza e di condividere il pensiero del loro capo.

Date le mie ottime relazioni personali con le tre persone suddette, e la mia

attuale posizione, la conversazione ha assunto un carattere di particolare fran

chezza, che ha permesso agli inglesi di espormi senza veli il loro pensiero, ed

a me, servendomi di vari argomenti, in parte già adoperati nel mio colloquio

col Drummond (vedi i miei telegr. n. 101-103 del 3 dicembre) (2) di spiegare

la realtà della situazione, realtà ancora non compresa dai miei interlocutori

che, nei loro giudizi, mostravano 'ii preoccuparsi dei sintomi, senza tener conto

delle cause di essi.

Mi consenta V. E., anche se io debba ripetere cose note e già sorpassate o confutate, di raggruppare i principali argomenti, toccati in queste conversazioni, e di esporli, anche per indicare dove è più tenace l'incomprensione inglese della nostra politica verso la Francia, la Jugoslavia e l'Albania.

I) Sir Austen mi ha ancora espresso i.l suo rincrescimento per il fatto che il Rakich sia stato ricevuto da V. E. una sola volta, mentre il Chamberlain sperava che dalle conversazioni, seguite, fra V. E. ed il rappresentante jugoslavo, dovesse nascere una rapida chiarificazione nei rapporti fra i due paesi.

II) Pur avenc:io criticato il trattato franco-jugoslavo, il Chamberlain mi ha detto di trovare quello italo-:1\banese assai più pericoloso, concludendo:

• On a senti l'odeur de la poudre •.

III) Il Chamberlain non comprende come V. E. non abbia dimostrato all'opinione pubblica di prendere in considerazione i due discorsi fatti dal Marinkovic e dal Briand. Egli attflndeva, da parte di V. E., una risposta in Parlamento, che avrebbe potuto affrettare la détente nei rapporti dell'Italia con la Francia e la Jugoslavia. V. E. avrebbe potuto cosi trovar modo di dare una nuova prova al mondo del suo desiderio di pace, di cui egli, del resto, non dubitava menomamente. Da parte dell'Italia, invece, non vi è stata altra risposta pubblica all'infuori degli articoli sarcastici di quasi tutta la stampa italiana e

" perfino del Foglio d'01·dini (l) e del Popolo d'Italia (2), il giornale del fratello di Mussolini » •

IV) Il Chamberlaih teme che sia scemata l'amichevole fiducia dimostratagli da V. E. Mi è stato fatto osservare che l'azione di Sir Austen è stata meglio compresa dai Governi di Belgrado e di Parigi, che si sarebbero lasciati indurre dai suoi consigli a fare, ad est:"mpio, le note dichiarazioni in Parlamento; mentre gli amichevoli suggerimenti dati ~ Roma non sarebbero quasi mai ascoltati.

V) Pur non esitando a riconoscere l'equità dei fini eh~ la politica di V. E. intende perseguire, il Chamberlain crede che il metodo, spesso seguito da V. E. nei rapporti con la Francia, la Jugoslavia e l'Albania, e l'indirizzo della stampa italiana, non siano sempre i più indicati per raggiungere la meta, in quanto creano talvolta una pericolosa eccitazione nell'opinione pubblica mondiale. Sarebbe opportuno tener presente nei negoziati internazionali il fatto che nella maggior parte degli Stati v1ge ancora il vecchio regime parlamentare, del quale i rispettivi governi non possono astrarre.

Sir Austen ritiene che V. E. poco o nulla faccia per agevolare la sua azione

di fiancheggiamento della politica italiana nel suo parlamento. Egli troverebbe

spesso delle opposizioni anche nelle file dei conservatori dovute all'incompren

sione di alcuni principi e metodi fascisti.

VI) Dopo gli insuccessi che egli crede di aver avuto a Roma ed i mediocri successi a Parigi ed in Jugoslavia, il Chamberlain non ritiene di poter prendere altre iniziative e pensa essere più opportuno che le Potenze trattino direttamente.

* * *

Ho ribattuto punto per punto tutte le critiche, facendo constatare la malafede jugoslava dimostrata nella politica verso l'Italia in questi due ultimi anni (vedi mio colloquio con Markovic, telegr. n. 106 Gab. del 7 dicembre 1927) (1).

Ho fatto comprendere al Chamberlain che l'unico modo per gli Jugoslavi di dar prova del loro desiderio di tener fede al patto d'amicizia con l'Italia era non già di dilungarsi in conversazioni più o meno frequenti con V. E., ma bens.ì nel dimostrare con atti positivi e tangibili questa loro volontà, ratificando gli accordi di Nettuno e facendo cessare la violenta propaganda contro l'Italia nell'esercito, nelle scuole e nella stampa.

Ho spiegato al Chamberlain come i trattati fatti dall'Italia con l'Albania fossero la conseguenza del pericolo che correva l'indipendenza albanese in seguito alla politica jugoslava avversa all'Italia. Ero sicuro che se egli fosse stato alla direzione della politica estera italiana e dovendo evitare il riprodursi in Adriatico della stessa situazione per cui era stato versato tanto sangue, avrebbe preso le medesime e forse maggiori precauzioni per impedire da parte di terze potenze, la violazione dell'indipendenza albanese, e la conseguente menomazione della libertà dell'Adriatico.

Se V. E. non ha creduto opportuno rispondere ai discorsi del Marinkovic e del Briand, ciò non dev'essere considerato nel senso che V. E. abbia voluto lasciarli cadere nel vuoto. Non era concepibile che l'E. V. non apprezzasse le profferte di amicizia da parte loro, ma poteva aver ragione di dubitare delle intenzioni effettive di quei due Ministri, che nel momento attuale forse miravano specialmente ad attenuare con dolci parole l'effetto prodotto dal recente Trattato di alleanza, evidentemente diretto contro l'Italia. Quanto al Briand egli aveva fatto già da vari mesi, proposte di chiarificazione, rimaste senza seguito.

Ho tenuto a far ben capire ai miei interlocutori, e spero di esservi riuscito, come la situazione che si viene creando al di là dell'Adriatico sia il riflesso della falsa e cieca politica del Quai d'Orsay, nei riguardi dell'Italia.

Il ritenere di pot~r modificare tale situazione con semplici conversazioni tra Roma e Belgrado e con ibridi accordi quale quello itala-albano-jugoslavo proposto dal Chamberlain era una ingenua illusione. Del resto, essendosi egli stesso, nel corso della conversazione, reso conto che forse l'Italia (potenza garante secondo gli accordi di Locarno) aveva avuto ragione di non partecipare al patto franco-jugoslavo, ero sicuro che, riflettendo meglio, egli si sarebbe anche convinto della inconsistenza del suddetto progetto di accordo fra l'Italia, la Jugoslavia e l'Albania.

Ho aggiunto che il male doveva essere curato nelle sue origini e non nelle sue manifestazioni. Per conseguire tale scopo, la sola via utile era quella di indurre il Quai d'Orsay a rivedere la sua politica verso l'Italia, sostituendo alla diffidenza (spiegabile forse nell'anteguerra), una politica di collaborazione e di amicizia. È appunto tale diffidenza, di cui il Berthelot è il principale esponente, che spinge la Francia a cercare nei Balcani, ed altrove, dei contrappesi più o

meno sicuri ad un'Italia nemica, creando nell'eccitabile mentalità di alcuni popoli balcanici prevenzioni contro di noi, e dando ad un popolo megalomane di 12 milioni d'abitanti la possibilità di armare un esercito di l milione di uomini. L'esperienza della guerra, la forza e la compattezza della nuova Italia rinnovata dal Fascismo, il pericolo della risurrezione di una Germania rafforzata dalla grande riserva russa, ora sua seguace, dovrebbero far riflettere meglio i governanti francesi. Certamente allora troverebbero una maggiore convenienza di intendersi e collaborare amichevolmente coi 42 milioni d'Italiani, anzichè disperdere energie e ricchezze per trovare appoggi, forse aleatori, in paesi di discutibile unità nazionale.

Era mia ferma convinzione che la pace europea poggiava oggi come ieri sul costante accordo tra Londra, Parigi e Roma; il che non doveva significare necessario disaccordo con Berlino. Spettava all'Inghilterra di decidere se assistere, indifferente, all'azione del Quai d'Orsay, disgregatrice di tale trinomio, oppure se non le convenisse, in previsione delle conseguenze che colpirebbero anche gli interessi inglesi, d'intervenire presso il Governo francese, ed indurlo a percorrere un cammino più sicuro e più proficuo.

A tale proposito, il Sig. Selby mi chiese quale, secondo me, poteva essere la miglior via da seguire per arrivare ad un'intesa concreta fra l'Italia e la Francia. Risposi che ignoravo quali fossero le intenzioni di V. E. ma, alle insistenze del mio interlocutore, dovetti pur dirgli quanto personalmente mi sembrava potesse essere una logica linea di condotta.

I) Essere indispensabile, per facilitare i negoziati, cominciare con una specie di tregua di stampa, per parecchi mesi, fra le due nazioni, ottenendo così, specialmente in Francia, un ambiente più sereno.

II) Iniziare subito un'azione da parte di Parigi su Belgrado, diretta a smontare gradatamente l'animosità jugoslava fra l'Italia e la Francia, certamente non diretta contro Belgrado [sic]. Si eviterebbero così reazioni inconsulte, assai probabili se la notizia giungesse improvvisa alla primitiva mentalità jugoslava, che la potrebbe interpretare come un pericoloso abbandono da parte degli antichi alleati.

III) Elaborazione di un patto di amicizia e di conciliazione tra Italia e Francia.

IV) Regolamento dei più importanti punti di dissenso nella politica italofrancese. Fare in modo che la firma e la ratifica del patto di amicizia e degli altri accordi siano contemporanee, onde evitare spiacevoli sorprese, come avvenne nei rapporti con la Jugoslavia (mancata ratifica degli accordi di Nettuno).

V) Incontro dei due Ministri degli Affari Esteri al momento della firma degli accordi predetti.

Al Selby che condivideva la praticità di tale schema, tornai ancora una volta a ripetere di tenere presente che si trattava di un'idea assolutamente personale.

Lo scopo prefissomi in questi colloqui è stato principalmente quello di far penetrare nella mente dei miei interlocutori la necessità di dirigere la loro azione piuttosto su Parigi che su Belgrado. Credo, da impressioni dirette ed indirette, che il mio sforzo non sia stato inutile, e che esso non sia stato estraneo alla riunione tra Briand, Chamberlain e Sir Ronald Graham, alla colazione di ieri.

Concludendo, per quanto il Chamberlain, tanto nei vari interessanti colloqui con S. E. Scialoja, come in quello avuto con me, abbia manifestato del rammarico per la situazione attuale, pure ritengo che la sincera amicizia del Ministro Britannico per V. E. sia sempre viva. Sarebbe però opportuno che

V. E. trovasse modo di fare un gesto che potesse essere pubblicamente utile al Chamberlain nella sua politica parlamentare e che facesse diradare le nuvole che la rabbuiano.

A conferma della mia impressione ho constatato con piacere che Sir Austen non manca mai, ogni qual volta se ne presenti l'occasione, di dire una frase gentile e di ammirazione per V. E. Gli fa eco Lady Chamberlain, che mi ha detto, in via confidenziale, di aver intenzione di recarsi a Roma nel marzo prossimo per organizzare, con l'aiuto personale di V. E., una esposizione di pittori italiani a Londra. Naturalmente ho creduto opportuno, sperando di interpretare il pensiero di V. E., di incoraggiarla nella sua intenzione.

(l) -Cfr. n. 482. (2) -Se ne pubblica una parte (cfr. n. 646). (l) -II Foglio d'Ordini aveva pubblicato due note, una il 17 novembre sulle relazioni itala-francesi, una il 29 novembre sul trattato itala-albanese. (2) -Cfr. H Popolo d'Italia del 4 dicembra, articolo di fondo a firma a. m. «Italia-Francia •.

(l) T. gab. per corriere r. 2812/106, che non si pubblica.

675

IL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 9397/3125. Budapest, 13 dicembre 1927 (per. il 18).

A telegramma n. 6649 in data 26 novembre u. s. col quale mi si comunica un telegramma in data 22 stesso mese della R. legazione in Belgrado (1).

Dopo quanto riferii a parecchie riprese e ancora ultimamente nel mio telegramma per corriere n. 3045 del 1° c. m. e 2971 del 22 u. s. credo superfluo insistere sul fatto che questo Governo " non ha assolutamente intenzione alcuna di addivenire ad un accordo politico colla Jugoslavia , come spontaneamente del resto mi confermò nuovamente il conte Bethlen stasera stessa alla R. legazione.

676

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

(Ed. in VEDOVATO, pp. 47-48)

T. GAB. S. RR. 2854/333. Addis Abeba, 14 dicembre 1927, ore 15 (per. ore 22,35).

Telegramma di V. E. gabinetto n. 1707/277 (2).

Non credo potere avere un colloquio col ras Tafari prima fine settimana a causa della cerimonia anniversario morte Menelik, ma non mancherò appena possibile, di esprimermi chiaramente con lui nel senso indicato da V. E. Deve. tuttavia far rilevare che secondo informazioni, di cui al mio telegramma gabinetto n. 323 (3), ras Tafari non si sarebbe rivolto al mio collega di Francia, ma

al signor • Lagarde •, suo confidente e consigliere. Inoltre ras Tafari non ha mai firmato, da che è al Governo una convenzione come la nostra e nemmeno Governo etiopico è entrato in negoziati analoghi, da quando ha concluso convenzione per la ferrovia Gibuti-Addis Abeba. Data perCiò mentalità abissina per cui fattore tempo non ha valore ed atmosfera sospetti, intrighi e paure, ciò che è, e sembra semplice per noi, assume per loro un aspetto complicato. Trattasi forse solo dilazionare perchè sono sicuro che in sostanza sentimenti amichevoli del ras Tafari verso noi e di cui ci ha dato molteplici tangibili prove in quest'anno ... (l) non sono cambiati. Prego farmi conoscere di che somma posso disporre per le regalie abituali in questo paese. Finora ho fatto promesse, ma forse è giunto il momento dare qualche precisazione. Naturalmente distribuzione non avverrebbe che a cose finite.

(l) -Cfr. n. 587. (2) -Cfr. n. 663. (3) -Cfr. n. 655.
677

IL MINISTRO AD ATENE, ARLOTTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2846/563. Atene, 14 dicembre 1927, ore 23 (pe1·. ore 2,45 deL 15).

Mio telegramma n. 556 (2).

Segretario generale di questo ministero degli affari esteri mi ha mostrato telegramma giunto stamane da Ginevra, col quale Michalacopoulos annunzia sua odierna partenza per Roma dove conta rimanere tre giorni.

Tanto Lagoudakis quanto gli altri funzionari del ministero degli affari esteri coi quali ho parlato, mi hanno manifestato assai viva soddisfazione per questa visita ed il primo mi ha detto che da essa si spera una sempre più chiara dimostrazione della esistenza di comuni vedute e direttive politiche tra i nostri due paesi. Per quanto concerne l'argomento di cui al telegramma di V. E.

n. 447 (3), Lagoudakis mi ha dichiarato formalmente che non gli risulta esservi alcun passo in corso per la conclusione di un accordo politico col regno S.H.S. e si è espresso nel senso più reciso contrario alla eventuale conclusione di una alleanza sia pure soltanto difensiva colla Serbia.

678

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2872/1597. Parigi, 14 dicembre 1927 (per. il18).

Miei telegrammi n. 1588/889 (4) e 1592/891 (5). Accludo il testo del comunicato (6) dato da questo ministero dell'interno all'agenzia Havas circa la decisione adottata dal consiglio dei ministri di ieri,

eseguita con decreto ministeriale di stamane, colla quale viene interdetta la circolazione, la messa in vendita e la distribuzione del Corriere degli Italiani. Il comunicato espone i motivi che hanno determinato e giustificato il prov

vedimento. Aggiungo da parte mia questi speciali particolari a illustrazione di quanto è stato decretato.

Appena lessi la frase stampata dal numero dell'll corrente, segnalai subito la cosa, con mie lettere personali, al presidente del consiglio, al signor Berthelot (il signor Briand era a Ginevra). Il giorno seguente -lunedì -la feci segnalare dal cavalier Sabbatini alla direzione generale della polizia. La semplice segnalazione era sufficiente a creare il dilemma: o vien preso un provvedimento spontaneo ma adeguato, o verrà il reclamo diplomatico: ma lasciava aperta completamente la via alla prima soluzione, la facilitava e dava modo di toccare il polso della situazione.

Il provvedimento è dunque stato spontaneamente adottato, sul solo fatto della segnalazione. Il presidente Poincaré tenne a farmi subito telefonare la sua decisione di portare la cosa alla decisione del consiglio dei ministri; ciò che lasciava prevedere la sua proposta della misura poi adottata; il signor Berthelot nel comunicarmi la decisione del consiglio dei ministri, ha tenuto a telefonarmi che il Quai d'Orsay aveva decisamente rilevato l'intollerabile atteggiamento del Corriere degli Italiani.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -T. gab. 2828/556 del 12 dicembre, che non si pubblica. (3) -Cfr. n. 661. (4) -Cfr. n. 671. (5) -T. gab. 2832!1592/891 del 13 dicembre. che non si pubblica. (6) -Non si pubblica.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 905/1685. Belgrado, 14 dicemb1·e 1927.

Ho l'onore di cui acclusa inviare copia di una relazione (l) che in data 12 corrente mi ha indirizzato il signor Barilli, corrispondente del Lavoro d'Italia, attualmente a Belgrado.

Tale relazione tratta due argomenti:

l) Processo di Skopljie contro gli studenti macedoni. Il Barilli è stato l'unico giornalista italiano che abbia assistito all'importante processo, e le sue impressioni sono quindi preziose.

In complesso si può dire che il processo di Skopljie è stato un colossale errore della polizia SHS, che lo ha inscenato, e che esso ha servito ammirabilmente la causa macedone, essendo risultato in modo irrefutabile quali siano i sistemi di polizia che il Governo SHS adopera in Macedonia.

La stessa opinione pubblica serba è rimasta impressionata dalle ferme e concordi dichiarazioni degli imputati, i quali sono apparsi come veri martiri dell'idea nazionale macedone.

Difatti si vocifera che alcuni circoli dell'opposizione e perfino dello stesso partito democratico attualmente al potere si preoccupano delle ripercussioni che il processo avrà sia all'interno che all'estero, e si propongono di adoperarsi

in Parlamento e nel paese al fine di mitigare il regime poliziesco attualmente vigente in Macedonia. Sono però persuaso che i tentativi del genere riusciranno vani, poichè i potentissimi circoli militari con alla testa S. M. il Re Alessandro sono ben decisi a proseguire rapidamente e violentemente l'opera di snazionalizzazione della Macedonia.

Unisco, per opportuna conoscenza, la traduzione del discorso (l) che al processo pronunciò l'on. Pavlich [sic], deputato del blocco croato di Zagabria.

2) Dichiarazioni dell'on. Pavlich al Barilli circa il malcontento dei croati e la crescente simpatia di questi per l'Italia. Tali dichiarazioni sono di un'importanza eccezionale, poichè vengono a confermare come sia relativamente facile condurre avanti l'opera iniziata per creare correnti favorevoli all'Italia in Croazia. E sì che i mezzi finora da noi usati si riducono a qualche manifestazione artistica!!

V. E. potrà meglio di me giudicare nel suo giusto valore quanto sia opportuno continuare in tale opera, soprattutto affrettando la risoluzione dei due problemi, che chiamerò base, e cioè: l'acquisto di un importante organo di stampa e la fondazione di un istituto bancario.

È vero che la città di Zagabria rappresenta un'esigua minoranza di fronte ~lla massa del popolo croato. Ma essa rappresenta la parte eletta sia dal lato intellettuale, che morale e finanziario. La campagna croata segue ancora Stefano Radich, che si impose a suo tempo colla lotta contro il centralismo serbo e che è in continuo declinare per la sua incerta condotta politica e per essere anche fisicamente molto depresso.

A non lunga scadenza si aprirà la successione di Radich e questa dovrebbe, se le cose procedono secondo il loro corso naturale, essere raccolta dagli uomini del blocco croato di Zagabria, il quale ha pertanto bisogno di essere sostenuto con tutte le forze, al fine di poter resistere alla guerra che Belgrado farà loro per consegnare a mani ligie alla causa serba la massa dei contadini croati.

Questo del Barilli costituisce il primo contatto diretto fra uno dei capi croati e un italiano, il quale aveva semplice veste giornalistica. Occorrerà studiare il modo di intensificare tali contatti, e di rendersi conto fin da ora quali possano essere gli aiuti effettivi da portare alla causa croata.

Sarò grato a V. E. se vorrà farmi conoscere quali siano le Sue direttive al riguardo.

ALLEGATO.

BARILLI A BODRERO

12 dicembre 1927.

Naturalmente il Grubic, ex Prefetto di polizia a Skopljie, disse cose atroci sui sistemi polizieschi, a lui ben noti, ma la difesa più efficace, ampia e logica, fu quella dell'on. Pavelich. Tale difesa, che sarà certo conosciuta da codesta Legazione, fu ascoltata con vivo interesse da tutti i presenti anche dagli uomini della legge e dell'accusa, benchè fosse loro impossibile dissimulare del tutto rabbia e disappunto.

IL PUBBLICO MINISTERO: parlò poco, brevemente e rapidissimamente con frasi di effetto pirotecnico, già sicuro fin d'allora dell'esito del processo.

IL TRIBUNALE: composto di uomini ben già istruiti, alla loro volta, sul da farsi, sicchè poterono imporre, prima dell'inizio dei dibattimenti le loro istruzioni e volontà agli avvocati della difesa, del resto ben felici di accoglierle. Ma l'elemento più importante del mio viaggio è costituito dal colloquio avuto con l'on. Pavelich, del gruppo federalista croato di Zagabria. Egli stesso mi si venne a presentare. Mi disse di essere arrivato all'improvviso per aver ricevuto un telegramma dei padri degli imputati che lo scongiuravano di venire; evidentemente costoro non si fidavano degli avvocati imposti loro in precedenza. L'arrivo del Pavelich fu causa di grande disappunto pel Tribunale e specie pel suo presidente che, sino al giorno prima violento e tirannico, si fece d'un tratto più mansueto e quieto. Il che significa che il Pavelich incute timore. E questo fatto è di per sè abbastanza eloquente per aver comunque bisogno di altri commenti. Il Pavelich mi chiese un colloquio (insistette molto per averlo perchè io fingevo indifferenza) e così ci trovammo insieme a un ristorante per l'ora della colazione. Mi fece dichiarazioni di indubbio enorme interesse. Ma anzitutto mi disse il processo tender solo a dimostrare l'inesistenza della questione macedone; esser quindi state esercitate pressioni di ogni genere (torture, ecc.) sugli imputati per indirizzare in tal senso le loro dichiarazioni, ed essere gli avvocati tutti ammaestrati dal presidente del Tribunale. Mi disse: Per dimostrare al mondo che qui tutto va bene si compiono delitti e torture d'ogni sorta, mentre, così facendo, si va anche contro gli stessi interessi dello Stato, perchè la questione macedone esiste ed è vivissima e più che mai grave. " Del resto, aggiunse, esiste anche la questione croata , . Mi consegnò il testo autografo del suo discorso, con una breve introduzione, testo che ho consegnato al Prof. Pfleger, per la traduzione.

IL'on. Pavelich mi dichiarò che il suo gruppo, cui si è alleato il gruppo di Trumbich, ha firmato un accordo per cui tutti i cittadini elettori di Zagabria sono d'accordo su questo punto, pure messo per iscritto, • Via da Belgrado •. Egli disse essere grande l'odio che cova in Croazia contro i serbi dominatori, e asserì che molta brace sta accesa sotto le apparenti ceneri. A proposito del processo di Skopljie e dei sistemi usati dai serbi in Croazia mi dichiarò che neppure l'Austria li aveva usati!

Disse la necessità per gli occidentali e cattolici e civili croati di separarsi assolutamente dai balcanici, incivili e selvaggi serbi. E, soggiunse, giorno certo verrà anche per questo.

Mi dichiarò non essere vero che in Croazia e specie a Zagabria ci sia odio contro l'Italia; è il Governo centrale che, per far vedere all'estero che non solo i serbi ma anche i croati odiano l'Italia, inspira le direzioni dei giornali di Zagabria a articoli contro di noi. E trova terreno favorevole in quanto i giornalisti di Zagabria sono in mano della massoneria e quindi lottano contro i regimi d'Italia e d'Ungheria avversi alle Massonerie varie.

Mi assicurò che il successo del "Fiore sotto gli occhi • di F. Martini, fu, sì, successo artistico, ma ebbe anche diverso valore per le dimostrazioni del pubblico, che così, appunto, intese dargli carattere di reazione da parte di Croati intellettuali, ossia reazione italofila e antiserba di conseguenza. Su questo punto il Pavelich insiste assai perchè mi disse, e a me pure pare così, che la cosa rappresenta un sintomo di primo ordine da non trascurarsi. Tanto più va tenuto in giusto conto, quanto più si pensi che fu spontaneo e in magnifico accordo naturale, se pur tacito. Del resto la Polizia questo ben intese perchè cercò subito, a qualche giorno di distanza, di inscenare una dimostrazioncella, abortita, antitaliana che, naturalmente, lasciò libera di svolgersi.

A questo proposito il Pavelich, che è uomo di grande intelligenza, cultura e fermezza, mi dichiarò che un elemento antitaliano in Zagabria non esiste, e che la polizia, per servirsene contro di noi, dispone di qualche elemento torbido e di qualche studente di Dalmazia, naturalmente, per ragioni locali, antitaliano. A questo proposito soggiunse che, sempre per ragioni locali, gli unici veri antitaliani si trovano in Dalmazia. lVIi disse essere augurabile e desiderabile l'intensificarsi di rapporti culturali, artistici e intellettuali (attraverso libri, giornali, conferenze e teatri), tra Italia e Croazia, dato che per ora altro non è possibile fare, e anche questo fatto con cautela e indifferenza per non suscitare diffidenze nei sospettosissimi serbi.

Naturalmente tutto ciò ha carattere assai riservato, giacchè è facile comprendere quali sarebbero per Pavelich le conseguenze se i serbi venissero a conoscenza delle dichiarazioni fattemi.

(l) L"allegato comprende solo una parte della relazione.

(l) Non si pubblica.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ALDROVANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. RR. 2260/1171. Be1·Uno, 14 dicembre 1927.

Comunico ad ogni buon fine a V. E., in via riservatissima, un rapporto di questo Addetto per la Stampa, relativo ad un colloquio da lui recentemente avuto con il noto Adolfo Hitler (1).

ALLEGATO.

ANTINORI AD ALDROVANDI

Berlino, 12 dicembre 1927.

Ho l'onore di riferire che Adolfo Hitler, trovandosi di passaggio a Berlino per alcune ore, mi ha fatto pregare di visitarlo desiderando di riprendere la conversazione avuta con me ai primi di Maggio di quest'anno (2).

Il colloquio ha avuto luogo in casa della Signora Bechstein, proprietaria della Ditta fabbricante di pianoforti dello stesso nome.

Hitler ha fatto le solite considerazioni generali sulla politica estera della Germania. Questa secondo lui è completamente venduta alla Francia da Stresemann, che è l'esponente delle correnti massoniche, ebraiche e socialiste e come tale odia l'Italia del Fascismo e di lVIussolini.

È poi passato agli interessi comuni che avrebbero l'Italia e la Germania, le quali hanno due campi assolutamente diversi per l'espansione che è loro necessaria per vivere e pertanto non hanno su questo punto contrasti di nessun genere. D'altra parte i due paesi sono egualmente minacciati dal sistema di politica estera della Francia che mira a eostituire una catena di Stati vassalli dal Mare Baltico all'Egeo. Di passaggio mi ha aggiunto che, secondo le sue informazioni, Vienna sta orientandosi sempre più verso l'influenza francese, attraverso le solite correnti ebraico massoniche, le quali acquisterebbero il dominio assoluto nel giorno in cui si realizzasse il progetto di -fare di Vienna la sede della Società delle Nazioni.

Secondo Hitler, un anello importantissimo di quella catena e che sarebbe interesse comune della Germania e dell'Italia di spezzare è precisamente la Cecoslovacchia, come queUo Stato che preme nel fianco della Germania ed al tempo stesso, colla sua posizione verso l'Ungheria è in condizioni ad ogni momento di paralizzare qualsiasi mossa di questa verso la Jugoslavia.

Hitler aggiunse che la Cecoslovacchia, per la sua composizione di varie

nazionalità in contrast·o, è forse il più debole Stato di quel sistema, o meglio

avrebbe potuto esserlo senza il tradimento della Germania ufficiale che ha abban-donato completamente i 4 milioni di tedeschi della Boemia, mentre se in loro favore avesse svolto la propaganda che fa per tener viva la questione dell'Alto Adige e persino quella dei tedeschi dell'Ungheria, avrebbe potuto creare imbarazzi quasi insormontabili per lo Stato cecoslovacco, dato il rapporto di forze delle nazionalità in seno ad esso e le possibilità di alleanza cogli Slovacchi: € chiaro che questi fattori non possono entrare in giuoco nella lotta per l'Alto Adige, dove al massimo duecentomila tedeschi si trovano di fronte ad un blocco compatto di 42 milioni d'italiani.

Tale abbandono da parte della Germania ha però avuto, sempre secondo Hitler, l'effetto di un enorme sviluppo delle correnti radicali nel nazionalismo tedesco della Boemia. Mi ha citato i progressi che vi fa il movimento nazionalsocialista, che è parallelo al suo, pure essendo autonomo nella direzione, e mi ha esposto le possibilità che esso ha di creare sempre maggiori imbarazzi al Governo di Praga, sia con vie legali-parlamentari, sia in unione agli slovacchi, sia anche con il fomentare la propaganda comunista, che secondo lui è molto forte in Cecoslovacchia, in seno all'Esercito, agli impiegati etc. etc.

Da questo è passato a dimostrare l'interesse che, per le ragioni esposte disopra, avrebbe l'Italia a prendere il posto abbandonato dalla Germania, aiutando sia in Cecoslovacchia, sia altrove quelle correnti opposizionali che lavorano sia pure per cause e fini differenti, contro la realizzazione degli obiettivi francesi. A tale proposito ha aggiunto la frase, che può essere interpretata in vario modo: " Un milione speso bene in tempo di pace, può fare risparmiare dei miliardi in tempo di guerra!... •. Ha anche detto che qualora in Italia si prendesse in considerazione la sua proposta di collaborazione, si rallegrerebbe molto di mettere in contatto il sottoscritto o qualsiasi altra persona designata coi capi del movimento, in Cecoslovacchia.

Sulla sua azione in Germania mi ha detto di essere molto soddisfatto e di aspettare per l'anno prossimo gravi crisi in Germania, le quali non resteranno senza effetto ljlUl movimento delle associazioni nazionali di combattimento. Hitler prevede che in seno ad esse si accelererà il processo di separazione fra gli elementi attivistici e quelli piccolo-borghesi, ed è certo che i primi avranno la prevalenza, andando poi a schierarsi sotto le sue bandiere.

Hitler era di ritorno dalla Westfalia, dove afferma che il suo movimento fa grandi progressi. Fra l'altro mi ha detto di avere parlato in un'assemblea di oltre ottocento industriali, tra i quali non pochi iscritti al Partito Popolare, ai quali ha mostrato chiaramente il tradimento di Stresemann che si vende alla Francia, mentre fa una politica ostile ad ogni paese nel quale la politica abbia fini veramente nazionali e non serva la Massoneria ed il Capitalismo internazionale.

(l) -Annotazione marginale fatta al ministero: " Caro Pittalis. Hitler ha ragione. Ma non vedo perchè ci dovremmo prestare al giuoco tedesco (Anschluss Boemia e Alsazia Lorena). Certo il cosidetto problema dell'Alto Alige diverrebbP allora una inezia"· (2) -Non si è trovata documentazione sull'incontro di maggio.
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IL MINISTRO A DURAZZO, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2855/750. Durazzo, 15 dicembre 1927, ore 14,20 (per. ore 16,40).

Telegramma di V. E. 761 (1).

Rilevo che giornali italiani hanno già pubblicato notizie abbastanza diffuse e precise circa il tentato assassinio del senatore Scefket bey Verlazzi. A complemento tali notizie ritengo dovrei trasmettere a V. E. qualche impressione sui moventi dell'attentato.

Ma vi sono cose che è difficile dire, sia pure in cifra. Salta agli occhi però che, allo svilupparsi di un determinato programma si opponevano due volontà: Zena bey e Scefket bey Verlazzi. Il loro destino era quindi segnato. La maestria ha consistito nel dirigere la vendetta di sangue, fatale conseguenza del primo delitto, sulla seconda vittima designata. Un solo arresto è stato compiuto finora ed è quello del servo di Zena bey. Scefket bey Verlazzi si lagna che tale arresto è avvenuto tardivamente e che l'inchiesta contro l'indiziato prosegue svogliata. Jussuf bey, Zena bey, Scefket bey Verlazzi, la lista comincia a diventare un poco lunga. Almeno così la pensano gli altri bey, i quali non riescono più a capire se le loro spalle sono guardate o no. Un panico irrefrenabile li ha assaliti. Gemil Dino quello che in un precedente telegramma era classificato « spavaldo come è » era nei giorni scorsi in preda ad un pietoso collasso di nervi. Balbettava e tremava. Ogni sera andava a dormire in una stanza diversa dell'albergo. Si è imbarcato sabato scorso senza sapere bene dove dirigersi. Forse a Taormina, forse a Cannes, ma non a Roma. Quando tornerà in sè farà una puntata a Ginevra.

Ilias bey Vrioni, colto da allucinazioni alcooliche, grida la notte al soccorso, lanciandosi nei corridoi con due pistole in pugno, con la camicia sulle ginocchia. Ha scoperto che le ratifiche del trattato di alleanza non sono state ancora scambiate e si è profferto di farlo di persona a Roma. Partirà forse sabato o domenica. Fugge anche lui. Scefket bey Verlazzi è ancora il più dignitoso. Osa uscire a piedi preceduto da due giannizzeri armati e seguito da altri che procedono nella vasta deserta piazza in fila indiana. Questa è la vita oggi a Tirana.

(l) T. gab. 1732/761 del 13 dicembre, che non si pubblica.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 9309/516. Costantinopoli, 15 dicembre 1927, ore 21,30 (per. ore l del 16).

Da fonte sicura mi risulta che in Tewfik Russdi bey permane cattiva impressione prodotta dal trattato franco-jugoslavo; secondo lui pericolo gravido di conseguenze serie. Egli ha fatto esprimere questa sua opinione a influenti ~e:rlsonaggi francesi. Egli continua ad essere in aperto dissenso con politica jugoslava e con quella francese, malgrado che, seguendo una linea generale adottata dal Quai d'Orsay, dopo firma del trattato con Marinkovich, siasi assunto verso Turchia un atteggiamento eccezionalmente conciliante (coupons, frontiera siriana). Tewfik Russdi bey non nasconde che considera necessaria alleanza italoalbanese e se ne è felicitato con Ahmed Zogu.

Per quanto concerne Bulgaria egli ritiene più che mai necessario aiutarla a rafforzarsi per salvarla da sommovimento interno e dalle mene della Piccola Intesa. Italia e Turchia devono, secondo lui, sostenere partito macedone per dar modo Bulgaria resistere al programma enunciato ufficialmente dalla Jugoslavia, tendente a comprendere nei suoi confini tutti gli slavi balcanici.

683.

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, GASPARINI, AL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA

L. P. Massaua, 16 dicembre 1927.

Due righe soltanto per inviarle i miei cordialissimi auguri insieme colla preghiera di volersene rendere interprete, con ogni omaggio presso la Contessa.

L'anno nuovo si apre per la nostra azione in Mar Rosso sotto favorevoli auspici, resta a voi di fissare il limite delle realizzazioni (1).

684.

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2867/896. Londm, 17 dicemb1·e 1927, ore 20,45 (per. ore 1 del18).

Da persona di solito bene informata, mi viene riferito che nelle conversazioni di Ginevra sui rapporti italo-francesi, Chamberlain e Briand si sarebbero messi d'accordo per sollecitare quanto più è possibile sistemazione questione Tangeri. Francia avrebbe già fatto pervenire nuove proposte alla Spagna, che sarebbero considerate favorevolmente a Madrid. Chamberlain avrebbe da parte sua detto chiaramente a Quifiones che il Governo britannico tiene assolutamente a che si arrivi presto ad un risultato pratico. Raggiunta una intesa tra Francia e Spagna verrebbe subito convocata conferenza a quattro alla quale Chamberlain e Briand si proporrebbero partecipare personalmente per rendere possibile anche partecipazione personale di V. E. Così in un convegno non espressamente convocato per discussione rapporti italo-francesi questi rapporti avrebbero agio di essere esaminati e discussi tra V. E. e Briand. Per sormontare difficoltà di un viaggio di V. E. all'estero, convegno avrebbe luogo anche in mare, durante le vacanze di Pasqua. Riferisco quanto precede per pura notizia senza alcuna garanzia di verità. Stesso informatore mi ha detto avere saputo che Stresemann a

Ginevra avrebbe fatto ogni sforzo per associarsi alle conversazioni di Chamber

lain e Briand sul problema franco-italiano, ma che i suoi sforzi non avrebbero

avuto successo alcuno.

685.

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2868/897. Londra, 17 dicembre 1927, ore 20,45 (pe1·. ore 2 del 18).

Corre voce nei circoli giornalistici che Ahmed Zogu intenderebbe prodamarsi re. Questa voce desta qualche preoccupazione perchè si dice che Ahmed Zogu vorrebbe proclamarsi non re di Albania ma re degli albanesi, il che susciterebbe reazione e complicazioni in Jugoslavia in Grecia e altrove.

(l) Per la risposta di Guariglia, cfr. serie VII. VI, n. 81, di prossima pubblicazione.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, E AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO (l)

T. GAB. 1768. Roma, 19 dicembre 1927, o1·e 18.

(Per Londra, Parigi, Berlino). Il R. ministro a Belgrado ha telegrafato quanto segue: « come nel telegramma da Belgrado di collezione n. 2820/954 Gab. » (2). Ho risposto:

(Per Belgrado). Riservatissimo. Suo telegramma n. 954.

(Per tutti). È ovvia la constatazione fatta dal signor Marinkovic che il patto di amicizia itala-jugoslavo non ha avuto quell'efficacia che i suoi stipulatori si attendevano. Ma egli avrebbe dovuto altresì riconoscere che la condizione essenziale di quel patto, presupposta dai suoi stipulatori, era una definitiva, amichevole liquidazione delle numerose ragioni di contrasto fra i due paesi, che penosamente si era riusciti a sistemare .con speciali accordi di carattere tecnico, i quali costituivano se non formalmente, certo sostanzialmente, e le basi del patto e le condizioni future della possibilità di una sua pratica e reale applicazione. Invece, mentre da parte nostra si era già fatto quanto ci incombeva per giungere lealmente alla liquidazione delle questioni pendenti, a tutti è noto che il Governo jugoslavo, cogli accordi di Nettuno, ha lasciato in sospeso una lunga serie di questioni importanti che, malgrado i precisi impegni verso di noi assunti, rimangono tuttora insolute a danno di quegli interessi italiani in Adriatico, che avrebbero dovuto costituire il più naturale e propizio punto di appoggio della collaborazione itala-jugoslava preveduta dal patto di Roma. In tale stato di cose, era logico che il patto rimanesse, come è effettivamente rimasto, inoperante e tale, quindi, che, malgrado i quattro anni trascorsi dalla sua stipulazione, non ha occasionato alcun dato d'esperienza che consenta un apprezzamento conclusivo, nè circa le possibilità passate, nè circa quelle future della sua effi~acia.

Allo stato attuale delle cose, la stabilizzazione convenzionale delle relazioni politiche itala-jugoslave, raggiunta con tanta fatica, può rassomigliarsi ad un edificio di cui è rimasta in piedi la sola facciata, costituita dal patto di amicizia, mentre tutto il resto è crollato. Di ciò non è certo al Governo italiano, tuttora creditore della Jugoslavia, che si può attribuire la responsabilità.

È in questi precisi termini che V. E. deve esprimersi col signor Marinkovic, poichè se pure è stato possibile che, malgrado la chiarezza di una tale situazione, si siano artificiosamente accumulati nell'opinione pubblica internazionale, così erronei apprezzamenti circa lo stato dei rapporti itala-jugoslavi, occorre almeno che non vi siano equivoci nelle discussioni fra i due Governi.

Ciò premesso e chiarito, dica pure a Marinkovich che ho apprezzato l'iniziativa che egli ha preso nei riguardi della futura sorte del patto di amicizia e

delle intenzioni che ha manifestato. Anche io sono del parere che il rinnovamento puro e semplice del patto di amicizia non rappresenterebbe nell'attuale momento alcuna seria utilità, sopratutto perchè tengo conto della condizione di cose che ho sopra delineato e della quale le opinioni pubbliche dei due paesi risentono, in forma e con ragioni diverse, il vivo contraccolpo. E, d'altra parte, un tale rinnovamento non sarebbe nemmeno possibile se il Governo jugoslavo non dimostrasse praticamente di volere fare onore ai suoi impegni e di possedere la forza per imporre al paese, in un'atmosfera ben diversa da quella presente la realizzazione di quelle premesse che sono la condizione essenziale e la ragion d'essere del patto. Perciò se il signor Marinkovic ha realmente intenzione di procedere alla ricostruzione dell'edificio, io sono disposto a fargli credito mantenendo ancora per qualche tempo in piedi la facciata. A tale scopo si potrebbe studiare la possibilità di prorogare, mediante un semplice scambio di note, il termine previsto all'art. 4 del patto fino al 27 luglio 1928. Nel frattempo, qualora l'esame che il signor Marinkovic si è offerto di compiere con

V. E. delle questioni pendenti, avesse dato favorevoli risultati che offrissero un'iniziale ed effettiva ragion d'essere e qualche pratico contenuto agli impegni di amicizia e di collaborazione contemplati nel patto, si potrebbe procedere, colla ponderazione necessaria e colla preparazione indispensabile degli animi -che, a giudicare almeno dalla stampa jugoslava, non sembrano costà solidarizzare nelle intenzioni col signor Marinkovic -all'esame di una conveniente rinnovazione di impegni di così rilevante importanza, se realizzati, per l'avvenire dei due paesi.

Questa proposta mi sembra la più indicata nelle presenti circostanze. Attenderò ora di conoscere il pensiero del signor Marinkovic.

(l) -A Londra, Parigi e Berlino il telegramma venne inviato per corriere. A Belgrado venne inviato per filo col n. 1768/735. (2) -Cfr. n. 672.
687

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2877/899. Londra, 19 dicemb1·e 1927, ore 20,30 (per. ore l del 20).

Sono stato oggi ricevuto da Chamberlain per la prima volta dopo il suo ritorno da Ginevra. Dopo avermi parlato dei soddisfacenti lavori dell'ultima sessione del consiglio, mi ha detto che già arrivando a Ginevra aveva avuto impressione di una détente nei rapporti franco-italiani, di cui ha poi avuto conferma nelle conversazioni Briand Scialoja e Graham. Da quest'ultimo ha ricevuto oggi un rapporto circa udienza (l) da lui avuta con V. E. nel quale dice che, avendo trovato la situazione molto migliorata al suo ritorno a Roma, non aveva neanche creduto necessario di riferire a V. E. tutto quanto Chamberlain lo aveva incaricato di dire. Chamberlain mi ha poi confermato idea, che pare sia dovuta a Briand, di un convegno a quattro tra V. E., Chamberlain, Briand e Primo de Rivera, per la questione di Tangeri (mio telegramma n. 896) (2) spie

gandomi come questo convegno avrebbe soprattutto scopo di incontrare V. E., che tanto lui, Chamberlaìn, quanto Brìand sono spiacenti di non potere avere più frequenti occasioni di incontrare. La conversazione che sì è svolta nei termini più cordiali ed amichevoli, mi ha confermato nell'impressione che siano svanite le esagerate preoccupazioni, che tensione dei rapporti italo-francesi ed italojugoslavì e la politica estera dell'Italia avevano destato in lui, un mese fa.

(l) -Su questa udienza non è stata rinvenuta documentazione. (2) -Cfr. n. 684.
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IL MINISTRO A BUCAREST, DURAZZO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2878/456. Bucarest, 19 dicembre 1927, ore 23 (per. ore 4,10 del 20).

Telegramma V. E. 1683/430 (l) e seguito telegramma dì questa legazione

n. 418 (2).

Dal capo servizio informazioni di uno stato amico ho avuto seguenti notizie circa negoziati di ordine militare in corso fra stato Maggiore polacco e romeno, coll'avvertenza che tali negoziati vengono seguiti da vicino così dallo stato maggiore francese, del quale generale Sosnkowski sarebbe stato diretto portavoce, come da quello jugoslavo. Ai quesiti e proposte capi della missione militare polacca, stato maggiore romeno, dopo consultazioni con questo presidente del consiglio e col ministro affari esteri, avrebbe preparata seguente risposta:

l) In principio Romania declina di mescolarsi in un eventuale conflitto italo-jugoslavo.

2) Se a tale conflitto dovessero o vi fosse fondato motivo che partecipassero Ungheria e Bulgaria, Romania si impegnerebbe mobilitare sei divisioni (circa 120 mila uomini) per coprire frontiera ungaro-jugoslava tra Drava e Tibisco.

3) Se Francia partecipasse al conflitto tratterebbesi di conflagrazione di carattere più generale e in questo caso Romania riserverebbesi libertà di decisioni circa sua partecipazione.

Su questo ultimo punto sarebbe prevalsa, dopo viva discussione, tesi dì Titulesco contro quella del capo di ,stato maggiore romeno, il quale opinava che Romania dovrebbe senz'altro schierarsi a lato della Francia.

In vista impegni Romania garantire parte della frontiera ungaro-jugoslava, Polonia impegnerebbesi a rinforzare occorrendo con sue forze equivalenti, protezione frontiera romena verso la Russia. In recenti conversazioni militari polaccoromene, sarebbe pure stato constatato che occorre ormai rinunziare ad assegnamento fatto nelle precedenti riunioni militari della Piccola Intesa su Salonicco come una delle basi di rifornimenti e trasporti in caso di conflitto, in cui stati

H ~ Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

della Piccola Intesa fossero travolti. Salonicco dovrebbe essere sostituito da Danzica, soprattutto per trasporti militari, armamenti e vettovagliamenti pro

venienti dalla Francia.

Capo informazioni dello stato amico mi ha detto aver avuto notizie che precedono da fonte sicura e controllata.

(l) -T. gab. 1683/430 del 6 dicembre, con cui veniva ritrasmesso il tel. da Belgrado 2726 del 3 dicembre (cfr. n. 649). (2) -T. gab. 2598/418 del 25 novembre, che non si pubblica.
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IL DIRETTORE GENERALE PER L'EUROPA E LEVANTE, GUARIGLIA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI

T. P. 22519/371 (1). Roma, 20 dicembre 1927, ore 15.

Tuo telegramma 519 (2).

Dovendosi assolutamente escludere cessione pura e semplice al Governo turco degli isolotti di Castelrosso senza nemmeno quella parvenza di corrispettivo che avrebbe potuto consistere nell'impegno scritto di regolare soddisfacentemente relazioni economiche fra Dodecanneso ed Anatolia, non rimane che scegliere fra corte Aja od arbitrato. Riceverai un telegramma di S. E. il capo del Governo che ti impartisce istruzioni notificare Governo turco decisione R. Governo ricorrere all'Aja. Tale decisione è stata oltretutto determinata dalla convenienza, visto interesse relativamente scarso della questione, di dimostrare all'opinione pubblica internazionale che Italia si serve organi normali giustizia internazionale. Ricorso all'Aja presenterebbe anche vantaggio lunghezza procedura e quello di avere in questo momento Anzilotti come presidente corte. Ciò malgrado non vi siano da noi troppe illusioni circa esito vertenza. Ad ogni modo non vedo come arbitrato meglio che procedura corte Aja varrebbe evitare polemiche nella stampa e nell'opinione pubblica, e mi sembra che queste potrebbero verificarsi egualmente nell'uno e nell'altro caso. Ma convengo con te nell'opportunità di far di tutto per prevenirle e perciò sono autorizzato a dirti che, facendo la comunicazione ad Angora, tu dovrai aggiungere che Governo italiano intende fermamente che questa vertenza non turbi menomamente i buoni rapporti itala turchi e si svolga al di fuori di ogni discussione e speculazione politica. Speciali istruzioni in questo senso verranno date a suo tempo alla nostra stampa se il Governo turco si impegnerà a fare altrettanto. Aggiungo infine che nel caso tu, dopo aver conferito col Governo di Angora, considerassi assolutamente consigliabile la via dell'arbitrato come meglio accetta costì od anche per la possibilità che i quesiti da sottoporre di comune accordo con la Turchia all'arbitro fossero formulati in modo da far decidere questione non (dico non) soltanto in base a criteri giuridici ma tenendo conto delle necessità locali (ciò che a noi converrebbe), potrai telegrafare ufficialmente tale suggerimento a questo Ministero che sottoporrà nuovamente questione a S. E. il capo del Governo. In tal modo potremmo dimostrare meglio al Governo turco nostro desiderio mantenere e coltivare buoni rapporti.

(l) -Il telegramma non è compreso nei registri dell'Ufficio Cifra. (2) -Non rinvenuto.
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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. S. 2895/340. Addis Abeba, 20 dicernb1·e 1927, ore 13,45 (per. ore 21).

Telegramma di V. E. n. 1747/280 Gab. (1).

Il Dottore Martin ha espresso nella intervista di Porto Said un suo antico concetto che già manifestò (secondo quanto mi ha detto mio collega inglese) all'epoca accordo anglo-italiano, di cui fu un violento oppositore. Non è il caso di dare eccessiva importanza alle sue dichiarazioni, perchè il Martin mentre ha molta influenza per la parte scolastica sociale, ne ha ben poca politicamente. Inoltre è molto vecchio, si dice che parla troppo e le accoglienze che gli prepara Ras Tafari non sembrano cominciare ad essere eccessivamente calorose. Circa trattative lago Tzana mi è risultato da fonte abissina essere avvenuto vivace colloquio fra Ras Tafari e questo ministro d'Inghilterra che me lo ha confermato ieri, dicendo di avere accusato Ras Tafari di slealtà. So che Ras Tafari gli ha risposto sullo stesso tono. Mio collega d'Inghilterra mi ha confermato in sostanza quanto ho detto nel mio telegramma n. 312 (2) nel trasmettere e commentare ultima nota inglese a questo Governo. Governo inglese con necessarie garanzie ... (3) non sarebbe alieno ammettere che la costruzione sbarramento sia effettuata dal Governo etiopico. In vista di questa possibilità e del fatto che questo Governo dovrà necessariamente rivolgersi a società straniere alcune delle quali hanno già· fatto delle offerte, mi domando se non sarebbe opportuno di fare partecipare a questa gara anche qualche importante ditta italiana specialista in questo genere di costruzioni, come ad esempio Mancini in Egitto.

Mi permetto anche chiedere a V. E. se ... (3), o tempo necessario nostro

intervento in questa delicata questione, come mediatori, riserva basata sul

l'accordo concluso da S. E. Gasparini col Governo Sudan per le acque del

Gash, sarebbe gradito a V. E. e considerato utile ai nostri interessi.

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IL MlNISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2896/976. Belgmdo, 21 dicernb1·e 1927, ore 22,20 (per. ore 0,10 del 22).

Telegramma di V. E. n. 1768/735 del 20 corrente (4). Ho fatto oggi al signor Marinkovic le dichiarazioni di cui al telegramma di V. E. suddetto nei termini precisi da V. E. indicatimi. Il signor Marinkovic

ha ascoltato con molta attenzione tutta la comunicazione dell'E.V. e nulla ha obiettato circa gli argomenti esposti nei riguardi delle ragioni che determinano la responsabilità della Jugoslavia nella mancata efficacia del patto di Roma. Egli si è mostrato anzi visibilmente sollevato e soddisfatto della risposta dell'E. V. e mi ha pregato di esprimerle i ringraziamenti per l'accoglienza che ella ha riservato all'iniziativa da lui presa. Ha soggiunto che egli condivide pienamente le considerazioni e le intenzioni che V. E. gli ha fatto presenti. Con tale animo il signor Marinkovic riconferma all'E. V. la proposta già fatta di esaminare insieme con me e subito il complesso delle questioni pendenti fra i due paesi, secondo quanto ebbi l'onore di comunicare all'E. V. Il signor Marinkovic si dichiara pronto a prorogare, mediante un esplicito scambio di note, il termine previsto all'art. 4 del patto fino al luglio 1928, come V. E. propone. A tale riguardo mi permetto sottoporre all'E. V. il mio personale avviso che convenga rendere pubblico tale scambio di note. Per quanto riguarda la formula da adottare per tali note e le modalità dello scambio sarò grato all'E. V. se vorrà farmi conoscere opportune istruzioni al riguardo.

(l) -Del 15 dicembre: dichiarazioni del dottor Wargneh Martin, favorevole ad affidare alla finanza americana i lavori del Tzana. Sul progetto americano cfr. Foreign Relations of the United States, 1927, II, pp. 599-610; ibid., 1928, Il, pp. 786-799. (2) -Non rinvenuto. (3) -Gruppi indecifrati. (4) -Cfr. n. 686.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ALDROVANDI, A LONDRA, CHIARAMONTE BORDONARO, A PARIGI, MANZONI, AL MINISTRO A BUDAPEST, DURINI DI MONZA, E AL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE

T. GAB. PER CORRIERE R. 1778. Roma, 21 dicembre 1927.

Per opportuna e riservata conoscenza della S. V. (E. V.) riproduco per sommi capi conversazione da me avuta il giorno 12 corr. col conte Bethlen a Venezia.

Bethlen ha iniziato colloquio dicendomi come da tempo suoi amici influenti del mondo politico tedesco -preoccupati della politica francofila e di freddo riserbo verso l'Italia seguita da Stresemann e nello stesso tempo convinti della necessità urgente di un'intesa fra Italia e la Germania -lo avessero interessato, nella sua qualità di palese e leale amico nostro a • fare qualcosa • per avviare un ravvicinamento sostanziale e duraturo, non solo fra i Governi, ma anche fra i popoli tedesco e italiano.

Egli si era finora sempre schermito dichiarando che non era affar suo di immischiarsi in queste faccende, ma d'altro canto egli non può nascondere che questa situazione itala-tedesca lo preoccupa un poco. Egli tiene a riconfermare i suoi sentimenti di sincera amicizia per l'Italia e la sua ferma opinione che sia assoluto interesse del suo paese intendersi con l'Italia, appoggiarsi all'Italia. Ma non può altrimenti dimenticare quello che la Germania può ma sopratutto potrà essere in futuro per l'Ungheria. L'Ungheria non può trascurare la Germania. Bethlen pensa quindi alla possibilità di un futuro blocco itala-germanicoungherese, costellazione politica che risponderebbe pienamente all'interesse dei tre popoli. Nessuna divergenza concreta, secondo Bethlen, separa noi dalla Germania e viceversa. Perchè Roma e Berlino non possono intendersi?

Ha proseguito dicendo che vi sono, è vero, due questioni che dividono attualmente Germania e Italia: l'Anschluss e l'Alto Adige. Ma esse possono, secondo Bethlen, essere superate. L'Anschluss non è problema che possa pesare definitivamente, in modo irrimediabile, fra i due paesi. Il punto grave della questione è l'Alto Adige data l'irritazione della Germania per la politica del Governo italiano in Alto Adige.

Bethlen ha avuto a Ginevra dei colloqui con Stresemann ed ha tenuto ad informarmi di quello che il ministro tedesco gli ha detto. Stresemann ha negato anzitutto di essere in relazioni meno che cordiali ed amichevoli con l'Italia. Soltanto egli deve tener conto nella sua politica di intesa con la Francia di un elemento importante e cioè i cattivi rapporti esistenti tra Italia e Francia. Ciò lo costringe ad una necessaria prudenza che non menoma tuttavia la sua sincera amicizia per l'Italia. Per esempio, egli aveva l'intenzione ed il desiderio di recarsi a Roma, ma il timore che possibili festeggiamenti o fastosi ricevimenti potessero insospettire la Francia lo costrinse a cercare un pretesto per rimandare il viaggio ad altro momento.

Ho interrotto Bethlen per rettificare che Stresemann non era stato mai invitato; che Stresemann sapeva benissimo che il suo soggiorno a Roma sarebbe trascorso in forma strettamente privata, che a nessuno era mai passato per la mente di festeggiarlo; che, come non avevamo dato importanza alla sua venuta, così non demmo nessuna importanza al suo pentimento dell'ultima ora.

Bethlen ha continuato dicendomi che aveva fatto osservare a Stresemann come la sua tattica gli sembrasse errata e che se egli ha come cardine della sua politica uno stretto ravvicinamento con la Francia, niente potrebbe meglio essergli utile a questo scopo che mostrare ai francesi la volontà di avvicinarsi di più a Roma.

Stresemann ha soggiunto che la colpa dell'attuale stato di cose è tutta dell'Italia, la quale, con la sua politica di persecuzione in Alto Adige, ha creato un abisso tra i due popoli.

Infine mostrandosi convinto delle argomentazioni di Bethlen che gli ha fatto presente tutti i vantaggi che sarebbero derivati da un'intesa italo-tedesca, preparatoria di un'intesa italo-germanico-ungherese, Stresemann ha accettato i seguenti punti:

Avere nel prossimo mese di marzo a Ginevra un incontro con me preparatorio di un futuro incontro Mussolini-Stresemann. Nell'incontro preparatorio di Ginevra, Stresemann è disposto al seguente scambio di dichiarazioni, che potrebbero poi essere perfezionate in seguito, per esempio nell'incontro Mussolini-Stresemann:

a) Il Governo del Reich si impegna fin d'ora, nel caso che l'unione fra l'Austria e la Germania si verifichi, a garantire all'Italia l'attuale frontiera del Brennero;

b) Il Governo d'Italia si impegna, in cambio di tale dichiarazione, a trattare con maggiore benevolenza le popolazioni tedesche dell'Alto Adige. Stresemann ha assunto personalmente impegno di farsi autorizzare al rilascio di tali dichiarazioni dal presidente Hindenburg e dal consiglio dei ministri del

Reich. Con questo, Stresemann ritiene di fare quanto è nelle sue forze per andare incontro ad un'intesa con l'Italia. Ho ringraziato Bethlen per quanto egli mi ha detto ed ho tenuto subito ad esprimergli in modo preciso il mio pensiero.

Gli ho fatto osservare anzitutto che Stresemann, secondo la mia impressione, impressione che le parole di Bethlen hanno riconfermato, non è per la sua mentalità social-democratica, non sarà mai un amico dell'Italia. È perfettamente vero che i rapporti italo-tedeschi sono normali, ossia freddi, se non addirittura glaciali. Il trattato di arbitrato fra Italia e Germania non ha alcun che modificato. Ma lo scambio delle dichiarazioni (così come sono state proposte da Stresemann) non è possibile in modo assoluto per queste evidenti ragioni:

a) perchè l'Italia non può ammettere non dico l'Anschluss, ma neppure l'ipotesi dell'Anschluss. Tanto meno fare dipendere da questa ipotesi una • dichiarazione di garanzia del Brennero » da parte della Germania, garanzia che l'Italia non ha mai chiesto, mai pensato di chiedere e che non chiederà mai. All'epoca delle trattative di Locarno, vi fu qualcuno che pensò di estendere la garanzia del Reno anche al Brennero. S. E. Mussolini rifiutò. Noi pensiamo e penseremo sempre che le frontiere si garantiscono non con pezzi di carta, bensì con dei soldati e con dei cannoni. Le frontiere che i nostri eserciti hanno conquistato, i nostri eserciti difenderanno. Ecco l'unica seria garanzia che l'Italia intende dare alle sue frontiere;

b) perchè il Governo fascista non defletterà di un millimetro nella sua politica dell'Alto Adige per nessuna ragione. Si tratta di 180 mila allogeni la cui massima parte sono gente di razza italiana tedeschizzata nei tre ultimi quarti di secolo. Di questi 180 mila, 50 mila sono giovanetti e bambini, i quali sono italiani ormai nella lingua, nel nome e nel cuore. Fra pochi anni non esisterf/, nei fatti un problema di minoranze tedesche in Italia. L'irredentismo tedesco nell'Alto Adige è un problema del tutto artificioso, che è voluto e mantenuto in uno stato di continua sopraeccitazione dal signor Stresemann. Perchè il signor Stresemann si serve dell'irredentismo alto atesino come di un rubinetto da aprire a sua piacimento, ogni qualvolta le classi responsabili della politica germanica si preparano a domandargli conto della sua inspiegabile politica francofila. È assai meno difficile allora al signor Stresemann, far tacere gli oppositori e rappresentare ad essi la sua politica come l'unica politica possibile per la Germania dato che un abisso incolmabile separa la razza tedesca da quella italiana: la persecuzione dell'Italia contro i fratelli del Tirolo del Sud!... È su questo terreno, falso nelle premesse che il signor Stresemann raccoglie l'esitante approvazione alla sua politica assurda, da parte dei pangermanisti e nazionalisti, antifrancesi nel fondo, ma pur tuttavia non insensibili a qualunque problema, soprattutto sentimentale che tocchi la tradizione e la razza germanica. Come si spiegherebbe altrimenti l'esaltazione tedesca per i 180 mila allogeni dell'Alto Adige ed il misurato, discreto interessamento del popolo tedesco al problema • storico , più attuale che mai per la Germania, cioè l'Alsazia?

Finchè la Germania non si deciderà e si rassegnerà a considerare l'Alto Adige, come l'Italia si è rassegnata a considerare due delle sue provincie più belle, Nizza e Savoia, non credo che un'intesa sostanziale sia possibile tra i due popoli. L'Italia Io ha fatto in nome dell'alleanza franco-italiana poco più di

mezzo secolo fa. Alla Germania tocca oggi di vedere quello che le convenga di fare. Spetta non a noi, bensì ai tedeschi di scegliere quale delle due strade preferiscano. Per il popolo italiano è indifferente l'una o l'altra.

Si è quindi venuti a parlare degli affari in corso itala-ungheresi. Abbiamo ambedue facilmente constatato che tutto cammina bene. Ho domandato a Bethlen se aveva letto un recente articolo sul giornale di Belgrado Politika, in cui si dà per certa la sua caduta, la venuta di un Governo a base democratica col quale sarebbe stata possibile una concreta intesa ungaro-serba. Ho richiamato anche la sua attenzione sopra il discorso Marinkovic alla Scupcina circa i rapporti ungaro-serbi, gli articoli dell'ex ministro ungherese Graz, le interviste del ministro serbo Markovic e le dichiarazioni di Nincich. Tutto ciò non aveva fatto buona impressione in Italia.

Il conte Bethlen mi ha pregato di dichiarare a S. E. Mussolini che le voci di una intesa concreta ungaro-jugoslava erano e sono infondate. C'è stato qualche tempo fa un progetto per un trattato di arbitrato. Oggi questo progetto è interamente sepolto. Le conversazioni in corso non riguardano che accordi commerciali in dipendenza dell'accordo itala-ungherese di Fiume, ed altre questioni secondarie di minor conto.

Dal colloquio col conte Bethlen ho potuto trarre l'impressione che egli sembra un buon amico dell'Italia e fa indubbiamente dell'amicizia italiana uno dei caposaldi della sua politica. Egli fa altresì una politica di amicizia e di stretto contatto con la Germania, le sorti della quale egli sente legate alle sorti dell'Ungheria. Bethlen diffida però di Stresemann, della sua politica d'intesa con la Francia che viene ad essere per conseguenza politica di benevola neutralità nelle questioni riguardanti la Piccola Intesa.

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IL VICESEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, PAULUCCI DE' CALBOLI BARONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. PER CORRIERE 2959/111. Ginevra, 21 dicembre 1927 (per. il 28).

Nel mio ultimo viaggio a Roma ebbi l'onore di riferire a V. E. ed a

S. E. Grandi sul disegno di trasferire il segretariato della S. d. N. da Ginevra a Vienna, e di ottenere l'approvazione a questa idea.

A Ginevra trovai il delegato permanente austriaco barone Pfliigl scoraggiato dalle prime difficoltà incontrate per le indiscrezioni della stampa americana. Gli ho detto quale, a mio avviso, sarebbe stata la miglior via per raggiungere lo scopo: una campagna di stampa avrebbe dovuto seguire e non precedere una prudente e vasta azione diplomatica. Quando gli feci intravedere che V. E. avrebbe considerato con favore il progetto, al suo scoraggiamento subentrò un rinnovato entusiasmo d'azione.

Tuttavia, per quanto io l'avessi prevenuto che sarebbe stato più facile ottenere l'adesione del Governo britannico che quella di Drummond, il signor Pfliigl volle vedere Drummond e fargli la questione sulla procedura migliore di portare la proposta dinanzi al consiglio e all'assemblea.

Drummond rispose che l'iniziativa avrebbe dovuto partire da un Governo, che la decisione del consiglio avrebbe dovuto essere presa all'unanimità, dopo aver consultato l'assemblea, e gli fece vedere la difficoltà del trasferimento a Vienna anche dell'ufficio internazionale del lavoro, dato l'articolo 392 del trattato di Versaglia.

D'altra parte mi risulta che Drummond non è favorevole al trasferimento del segretariato in una capitale fors'anche perchè teme la presenza di un corpo diplomatico che inevitabilmente verrebbe ad interferire negli affari del segretariato.

Dissi tuttavia al Pfliigl che l'opposizione di Drummond, per quanto gravissima, non rappresentava ostacolo insormontabile se il Governo inglese si fosse convinto dei vantaggi del trasferimento a Vienna sopratutto nell'interesse superiore dello statu quo europeo.

Informo infine V. E. che nel corso di private conversazioni si mostrarono meco favorevoli alla sede di Vienna alcuni membri della delegazione francese, tra i quali Clauzel; il presidente della commissione di controllo della Società delle Nazioni signor Osuski, ministro di Cecoslovacchia a Parigi; il ministro degli esteri di Polonia, signor Zaleski; il ministro degli esteri di Bulgaria, signor Buroff: ed il ministro degli esteri di Ungheria, signor Walko.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BERNA, PIGNATTI

T. GAB. 1801/305. Roma, 23 dicembre 1927, ore 24.

Secondo informazioni noto rinnegato alto-atesino Reut-Nikolussi sta facendo un giro di conferenze nella Svizzera tedesca. Faccia sapere -se notizie sono vere -che questa attività svizzera del Reut-Nikolussi non è gradita al Governo italiano.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, ORSINI BARONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. 2935/535. Pera, 24 dicembre 1927, ore 21 (per. ore 2,50 del25).

Ambasciatore di Germania giunto da Angora mi conferma che colà si segue con vivissima attenzione politica Gabinetto Atene, giuoco diplomatico che sta svolgendosi tra Belgrado e Roma le cui poste sono, da una parte, Dodecanneso, dall'altra interessi italiani.

Ad aumentare quella attenzione che può dirsi oggi preoccupazione giungono articoli stampa greca sulla politica di Michalacopoulos. I giornali pubblicano articoli che fanno apparire probabile conclusione di un accordo di arbi

traggio e sicurezza mentre, per quanto riguarda Dodecanneso, lasciano capire che l'Italia, per amicizia verso la Grecia sarebbe disposta promettere restituzione di quelle isole alla Grecia, quando venissero a cessare ragioni militari che oggi rendono, per l'Italia, necessario possesso delle medesime. Nadolny mi diceva che questo momento è del tutto favorevole Italia in Angora, e mi domandava perchè non se ne traesse profitto. Avendo chiesto • Quale •? egli rispondeva, con il legare la Turchia alla nostra politica nei Balcani e nel Mediterraneo.

Gli ho detto che cordiali rapporti nostri attuali con Governo Angora facilitano sviluppo di una politica che ha per scopo azione comune nei Balcani; quanto a legarci con accordo ritenevo che, per il momento, Angora stessa non lo desiderasse. Egli ha risposto che, se l'Italia offrisse alla Turchia accordo come quello che lega questa alla Russia, Gazi ed lsmet Pascià sarebbero più che contenti d'accettare proposta. Gli ho osservato (ben sapendo che la mia parola sarebbe giunta prima o poi ad Angora) che oggi un tale accordo, come quello di Parigi sarebbe da parte turca malamente adoperato, per il sospetto che ancora in alcuni circoli si nutre verso l'Italia, quindi sarebbe produttivo per Angora, ma non altrettanto per l'Italia. Può darsi che nello sviluppo della situazione balcanica si presentino casi nei quali convenga, all'una e all'altra parte, dare all'odierna ... (l) concordanza di azione determinata da naturali fini comuni, un carattere possibilmente più definito, ma conviene che il Governo Angora si convinca fin da ora che per essere considerati amici, bisogna sapere tener conto anche degli interessi dell'una e dell'altra parte e risolvere questioni che essi sollevano. Nadolny osservava a sua volta trovarsi egli stesso di fronte Angora in una situazione simile alla mia nel senso cioè che, per seguire fini politica generale, Germania deve fare astrazione dalle questioni particolari gravissime pendenti tra il Reich e la Turchia che nonostante paziente sforzo e larga condiscendenza non arriva a risolvere. Concludeva che ora politica del Governo turco è: l) fiduciosa verso Francia; 2) nettamente anti-jugoslava; 3) contraria ad un patto balcanico che, se realizzato, relegherebbe Turchia in Asia. Bisognava tener presente sempre la parte che Cicerin e Governo dei Soviets hanno nella condotta, nelle decisioni di Angora, nonostante le frizioni ed una nota di freddezza intervenuta nei rapporti reciproci.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2932/344. Addis Abeba, 25 dicemb1·e 1927, ore 2 (per. ore 20).

Decifri Ella stessa. Telegramma di V. E. n. 1772/283 (2). Ho avuto oggi un primo colloquio con ras Tafari. Gli ho esposto nel modo più fermo e più chiaro tutti gli argomenti in favore di una sollecita conclusione

nostra convenzione e gli ho dato partecipazione della sorpresa di V. E. per la notizia di cui al mio telegramma n. 323 (l).

Ras Tafari ha smentito categoricamente di avere messo al corrente dei nostri negoziati il Governo francese (forse, come ho riferito, può essersi rivolto al signor Lagarde per avere informazioni sul regime delle zone franche senza altro precisare). Poi mi ha ripetuto che non ha alcuna intenzione di modificare sua decisione già comunicataci di firmare convenzione. Se così fosse me lo avrebbe già detto.

Egli ha aggiunto confidenzialmente essere alquanto preoccupato malumore Inghilterra (miei telegrammi 340 (2) e 343) (3) per questione Lago Tzana e di non potere non tener conto che noi abbiamo firmato accordo itala-inglese, pur avendo dimostrato di avere fatto il possibile per dimenticarlo.

Ho nuovamente insistito esaminando questione dal lato internazionale e dimostrandogli che la conclusione di un accordo con una grande potenza, come l'Italia, non può che rafforzare posizione internazionale dell'Etiopia.

Ras Tafari è sembrato rimanere colpito dalla discussione e mi ha detto che doveva riflettere su quanto gli avevo esposto e mi ha convocato per martedì prossimo.

È mia impressione che ras Tafari forse teme che, una volta firmata convenzione noi si possa, se le trattative per lo Tzana prendessero una piega sfavorevole, intervenire in appoggio pretese britanniche.

V. E. con telegramma per posta n. 241001/45 (4) del 9 agosto ha prospettato possibilità nostra azione mediatrice per lo Tzana. In compenso, se di ciò fossi autorizzato farne parte a ras Tafari, la situazione nei riguardi nostri potrebbe essere completamente chiarita.

Ho motivo di ritenere che una soluzione sulle basi da me indicate nel mio telegramma n. 340 potrebbe forse riuscire accetta alle due parti. Ad ogni modo posso assicurare che il Governo etiopico non cederà alle primitive richieste britanniche, se non davanti alla forza e che mentre è disposto, come è suo obbligo, a cedere le acque non intende lasciare la costruzione dello sbarramento ed il controllo delle acque nelle mani degli inglesi.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Del 19 dicembre, che non si pubblica.
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IL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. GAB. RR. 2958/990. Belgrado, 27 dicembre 1927, ore 23,30 (pe1·. ore 8 del 28).

Mio telegramma per corriere 9223/1718 del 22 corrente (5). Il deputato Wuilder del gruppo Pribicevic, seguendo l'atteggiamento assunto da suo capo e dal partito liberale ha pubblicato una serie di articoli nei quali

difende l'idea della formazione di un raggruppamento parlamentare " d'oltre Sava • a base anti-serba e attacca i metodi di sfruttamento e di corruzione usati dai serbi a danno delle altre popolazioni ex austriache. L'opinione pubblica serba si mostra assai contrariata e la stampa locale ha cominciato a prendere violenta posizione contro tali attacchi. Il giornale Politika nell'articolo editoriale odierno rileva come la Serbia con gravissimo danno dei suoi figli formò il nuovo regno

S. H. S., e rinfaccia ai generali croati ex austriaci che guidarono le loro armate contro i serbi di godere ·ora laute pensioni; accenna a rivelazioni e conclude affermando che la Sciumadia saprà far rispettare e indicare a ognuno il suo posto.

Questa polemica riaccende i pm profondi e gelosi rancori e risentimenti che covavano sempre sotto le ceneri dell'apparente unione delle tre stirpi dello stato S. H. S. Essa assumerà certamente proporzioni più vaste qualora giungesse, come pare, a rivelazioni sulla passata attività anti-serba di alte personalità politiche e militari ex austriache.

Poichè tale polemica interna S. H. S. presenta, nei riguardi nostri, un indubbio vantaggio, sembrami opportuno segnalare subito convenienza che nostra stampa si mantenga completamente estranea ad essa poichè un qualche interess~ al riguardo, da parte della nostra opinione pubblica, potrebbe troncarla e giovare al giuoco serbo col pretesto consueto di un diversivo esterno comune contro le difficoltà e gli attriti interni.

(l) -Cfr. n. 655. (2) -Cfr. n. 690. (3) -T. gab. 2912/343 del 21 dicembre, che non si pubblica. (4) -Cfr. n. 346. (5) -T. 9618/9223/1713, per. il 26, che non si pubblica: situazione interna jugoslava.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MANZONI

T. GAB. 1824/1089. Roma, 29 dicembre 1927, ore 15.

La Voix Antifasciste non è che il Corriere degli Italiani peggiorato, perchè può essere letto anche dai francesi. Per il momento mi limito a questa constatazione.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, CERRUTI

T. 7446/366. Roma, 30 dicembre 1927, ore 20.

Telegrammi V. E. nn. 458 (l) e 482 (2).

Contatti di agenti bolscevichi a Gedda con Ahmed Sceriff non preoccupano eccessivamente R. Governo essendo ora molto limitata possibilità azione ed influenza ex-Senusso nelle nostre colonie. Tali intrighi però confermano che

bolscevichi non hanno nessun riguardo eccitare ovunque possibile, passioni e rivolte anche di persone di scarso seguito pur di creare difficoltà qualsiasi stati occidentali. V. E. vorrà chiaramente far comprendere costì che noi siamo a conoscenza di una tale attività a nostro danno e chiedere esplicitamente che siano dati ordini perchè essa abbia al più presto a cessare.

(l) -Cfr. n. 670. (2) -T. 9653/482 del 28 dicembre, ore 13, per. ore 18,35, col quale Cerruti sollecitava l'autorizzazione a fare a Mosca il passo progettato.
700

NOTA VERBALE DEL MINISTERO DEGLI ESTERI PER L'AMBASCIATA INGLESE A ROMA

Roma, 30 dicembre 1927.

Il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di accusare ricevuta della Nota Verbale (l) n. 443 in data 12 corrente, dell'Ambasciata di S. M. Britannica, e prende nota dell'informazione in essa contenuta circa il quantitativo di armi ordinato dal Dott. Martin in America per conto del Governo Etiopico, che sarebbe pronto per la spedizione.

Il R. Governo condivide pienamente il parere espresso dal Governo di

S. M. Britannica sui gravi inconvenienti che potrebbero sorgere da una eccessiva importazione di armi in Abissinia, specie se proveniente da Paesi che non hanno alcuna ragione di !imitarla, non avendo interessi immediati da salvaguardare e popolazoni confinanti da proteggere. È evidente che l'opera di civilizzazione che la Gran Bretagna e l'Italia hanno sempre perseguito e perseguono nell'Africa Orientale potrebbe essere gravemente ostacolata da un rifornimento continuo ed ingente di materiale bellico per popolazioni al di fuori di ogni controllo imposto dalla civiltà. Nè l'attuale Governo centrale abissino, che pure sembra animato dalla buona intenzione di fare quanto possibile per sviluppare il paese e mantenere gli impegni assunti, può essere considerato sufficientemente forte e capace di impedire in paesi lontani, ove quasi nulla è la sua autorità, quei torbidi interni o quegli incidenti di frontiera provocati dall'abbondanza delle armi e munizioni, e che potrebbero riuscire di pregiudizio agli interessi superiori della Gran Bretagna e dell'Italia.

Il R. Governo pertanto non può non associarsi al passo che il Governo di

S. M. Britannica ha creduto di dover fare a Parigi, ma non può nascondere la sua scarsa fiducia in un esito favorevole del medesimo, dati i precedenti della questione.

Il R. Governo ritiene opportuno ricordare che esso ha sempre sostenuto che la garanzia dell'armonico sviluppo dello Stato abissino, e quindi la trasformazione, necessariamente lenta, del suo organismo di governo e il controllo dei suoi mezzi bellici dovesse, riguardandole direttamente, essere assunto, dalle tre grandi Potenze che hanno con tale Stato territori confinanti, e sono interessate particolarmente alla pace in quella parte dell'Africa. Tale punto di vista che anche nell'interesse generale, avrebbe dovuto trovare una pratica applicazione quando si discusse a Ginevra del regolamento della esportazione delle armi nei

vari paesi, non trovò sufficiente appoggio in quella conferenza da parte delle

altre Potenze e si dovette così finire per togliere i vincoli stabiliti sulle zone

abissine. Ma mentre il Governo italiano ed il Governo britannico rendendosi

perfettamente conto delle gravi conseguenze che avrebbe potuto avere una tale

decisione (la quale apriva fatalmente un largo varco al commercio delle armi

in tutto il territorio africano) si sforzarono subito dopo di riprendere lo studio

della questione col Governo francese per indurlo a stabilire di comune accordo

mediante intese particolari delle misure precauzionali, l'azione italo-britannica

a Parigi non ha ottenuto finora alcun risultato, urtandosi a difficoltà ed ostacoli

che lascerebbero supporre il Governo francese non condivida le giuste preoccu

pazioni dei Governi di Londra e di Roma.

Allo stato attuale delle cose e fin quando un accordo non sarà raggiunto fra le tre Potenze sull'argomento, nè la Gran Bretagna nè l'Italia potranno logicamente assumersi da sole l'ingrato obbligo di vietare od ostacolare l'importazione delle armi in Abissinia, lasciando che questa sia liberamente effettuata dalla Francia o da altri Stati non interessati. È quindi indispensabile che il Governo francese, chiaramente e pienamente aderisca alla tesi dei Governi britannico ed italiano, per trovare una equa soluzione di così importante problema ed il R. Governo è sempre in attesa al riguardo di conoscere la definitiva risposta francese circa la conferenza a tre da tenersi a Parigi, proposta così opportunamente fatta dal Governo di S. M. Britannica.

(l) Non si pubblica.

701

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, GRANDI, AL MINISTRO DELLE FINANZE, VOLPI

TELESPR. 267464/5614. Roma, 30 dicembre 1927.

Segnalo all'attenzione di V. E. l'unito rapporto in data 12 dicembre u. s. del R. Ambasciatore a Costantinopoli (1), il quale, dopo aver riferito sullo sviluppo dell'azione di penetrazione economica tedesca in Turchia, ed accennato allo stato attuale della penetrazione italiana, ha fatto presente che da parte dei nostri capitalisti e dei nostri industriali occorrerebbe un maggiore interessamento a quanto si presenta in tale Paese.

• -Questo nostro patrimonio nel Levante va custodito e va sviluppato. Quindi a ragione V. -E. richiama l'attenzione della R. Ambasciata sulla concorrenza che più da vicino lo minaccia. Ma l'attenzione nostra che mai non ha mancato, non può esser fine a se stessa, come risulterebbe, se rimanesse isolata e non fosse seguita da un'azione sia del Governo, d'incitamento, di facilitazioni finanziarie etc. sia da parte dei gruppi capitalisti e industriali nazionali.

L'appoggio governativo per il momento è limitato dalle condizioni del nostro bilancio statale, e dall'azione per la rìvalutazione della nostra lira. Ma io ritengo che anche tenendo conto di questi gravi impedimenti, pure il Governo molto potrebbe fare per attivare la nostra penetrazione qui, sia favorendo la immissione di capitali nordamericani nelle industrie italiane qui impiantate o da impiantarsi, sia dando la propria garanzia, come fanno il Governo francese e quello germanico, sulle cambiali delle Banche: Agricola, d'Affari, che il Governo turco, oramai per sistema, dà in pagamento rateale dei grandi lavori, costruzioni, forniture d'armi, etc...

Da parte dei nostri capitalisti, dei nO&tri industriali occorrerebbe un maggiore interessamento a quanto segue, a quanto si presenta in questo paese. Oggi più che in passato manca a noi la schiera dei giovani pionieri dell'attività economica italiana, che sfidando l'incomodità, la noja del vivere in queste località, in queste misere città, si contentino di minime retribu

S. E. Orsini ha lamentato che molto di rado vanno colà personaggi italiani di fiducia presso i nostri circoli interessati, e per posizione e per conoscenze tecniche, capaci di imporre il proprio prestigio ai turchi e di prendere con autorità, di fronte ai concorrenti esteri, la difesa e la guida di interessi particolari

o di gruppi italiani.

In proposito il R. Ambasciatore ha rilevato che da mesi, su preghiera ed invito di Ismet Pascià, Presidente del Consiglio Turco, al Senatore Conti, egli insiste presso la Banca Commerciale, perchè mandi ad Angora un suo uomo di fiducia per partecipare alla vita finanziaria di quella capitale in pieno sviluppo. Lo stesso, S. E. Orsini ha fatto presso la " Montecatini » : ma in entrambi i casi con risultato negativo.

Prego l'E. V. di voler personalmente insistere presso i dirigenti della Banca Commerciale e della Montecatini nel senso desiderato dal R. Ambasciatore, e rimango in attesa di cortesi comunicazioni dell'E. V. in proposito.

(l) Allude al rapp. 7961/1491 del quale sì pubblica solo la parte finale:

702

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, BODRERO

T. GAB. 1839/761. Rorna, 31 dicembre 1927, ore 23,30.

Suo telegramma 976 (1).

Col mio telegramma Gabinetto n. 1682 (2) avevo già autorizzato V. E. a dar seguito alla proposta del signor Marinkovich per un pronto esame, in vista di una sollecita risoluzione, delle questioni in sofferenza col Governo di Belgrado che le ho indicato nel telegramma stesso.

Stimerei quindi opportuno che se effettivamente il signor Marinkovich è sinceramente disposto in tal senso tale esame venisse senz'altro, subito e concretamente, iniziato in questo mese che ancora ci separa dalla data di cui all'art. 4 del patto di amicizia. Ciò per dare un giustificato motivo alla proroga progettata del detto termine.

zioni al prinCIPIO, ma che sentano la soddisfazione di poter collaborare ad un edificio, che per il nostro paese è di grande utilità e di presidio per l'avvenire. Di rado, molto di rado, vengono poi qui personaggi italiani di fiducia presso i nostri circoli interessati, e per posizione e per conoscenze tecniche, capaci di imporre il proprio prestigio al turco e di prendere con autorità, di fronte ai concorrenti esteri, la difesa e la guida di interessi particolari o di gruppi italiani. Da mesi io insisto su preghiera e invito di Ismet Pascià al Senatore Conti, presso la Banca Commerciale Italiana, perchè mandi ad Angora un suo uomo di fiducia per partecipare alla vita finanziaria di quella capitale in pieno sviluppo. Lo stesso ho fatto presso la Montecatini; con risultato negativo.

Non sono da questo scoraggiato, e continuerò nella mia opera di osservato;re e di animatore, ma temo che per l'avvenire sia per risultare esatto quello che mi diceva un profondo conoscitore dell'attività economica italiana in Levante: che cioè l'Italia ritrarrà sempre maggior vantaggio dalìo sviluppo delle linee di comunicazione marittime e aeree, dall'aumento degli scambi commerciali che non da una penetrazione industriale •.

Qualora ciò avvenisse, le formalità di proroga potrebbero venire ridotte alla più semplice espressione ed in tale ordine di idee si potrebbe eventualmente anche prescindere dallo scambio di note per limitarsi ad un protocollo, da redigersi, approssimativamente, nei seguenti termini:

• Il Governo di S. M. il re d'Italia ed il Governo di S. M. il re dei S. C. S. in vista dell'imminenza del termine contemplato all'art. 4 del patto di amicizia e di cordiale collaborazione fra il regno d'Italia ed il regno dei S. C. S. firmato a Roma il 27 gennaio 1924, hanno deciso di comune accordo di prorogare il sopraddetto termine al 28 luglio 1928 "·

Prego V. E. riferirmi ulteriore sviluppo sue conversazioni con Marinkovich a questo riguardo (1).

(t. 63/10).

(l) -Cfr. n. 691. (2) -Cfr. n. 656.

(l) Bodrero riferì il 4 gennaio 1928 sulle buone disposizioni manifestate da Marinkovié

<
APPENDICI

45 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1° marzo 1927)

AFGANISTAN

Kabul -CECCHI Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROTINI Ambrogio, segretario; PENNACCHIO Luigi, interprete.

ALBANIA

Durazzo -ALorsr barone Pompeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); SoLA Ugo, segretario, reggente la legazione; CoRTESE Paolo, addetto; WIEL Ferdinando, addetto; PARIANI Alberto, colonnello, addetto militare; DANISCA Pietro, interprete.

ARGENTINA

Buenos Ayres -MARTIN FRANKLIN conte Alberto, ambasciatore; GAZZERA Giuseppe, consigliere; DE ANGELIS Giulio, capitano di fregata, addetto navale.

AUSTRIA

Vienna -AuRrTI Giacinto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MELI LUPI DI SORAGNA, marchese Antonio, segretario; GUGLIELMINETTI Giuseppe, segretario; BALDONI DI MONTALTO Corrado, segretario; VECCHIARELLI Carlo, colonnello, addetto militare; Dr NoLA Carlo, addetto commerciale.

BELGIO

Bruxelles-NEGROTTO CAMBIASO Lazzaro, ambasciatore; CHIARAMONTE BORDONARO Gabriele, consigliere; NASI Guglielmo, tenente colonnello, addetto militare (residente a Parigi); CAMPIONI Inigo, capitano di vascello, addetto navale (residente a Parigi).

BOLIVIA

La Paz -CAFIERO Ugo, incaricato d'affari.

BRASILE

Rio de Janeiro -ATTOLrco Bernardo, ambasciatore; FRANSONI Francesco, segretario.

BULGARIA

Sofia -PIACENTINI Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoNCALLI Guido, dei conti di Montorio, segretario; CAPECE GALEOTA Giuseppe, duca della Regina, segretario; CALEFFI Camillo, colonnello, addetto militare e aeronautico; MARONI Paolo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Costantinopoli).

CECOSLOVACCHIA

Praga -PREZIOSI Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CARISSIMO Agostino, segretario; BENEDETTI Gian Paolo, reggente la delegazione commerciale; PENNAROLI Marco, maggiore, addetto militare.

CILE

Santiago -GARBASSO Paolo, ambasciatore; KocH Ottaviano Armando, segretario; DE ANGELIS Giulio, capitano di fregata, addetto navale (residente a Buenos Ayres).

CINA

Pechino -VARÈ Daniele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAGISTRATI Massimo, addetto; Ros Giuseppe, console interprete; Dr RENZO Marco, interprete; MENGARINI Paolo, tenente di vascello, addetto navale.

COLOMBIA

Bogotà -MEDICI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TELESIO dei duchi di Toritto Giuseppe, segretario.

COSTARICA

s. José -TosTI DI VALMINUTA conte Mauro, incaricato d'affari (con residenza alternata fra S. José e Panama).

CUBA

Avana -VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

DANIMARCA

Copenaghen -VIOLA DI CAMPALTO conte Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CITTADINI Pier Adolfo, segretario; QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma); FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Berlino); Luzi Renato, addetto commerciale.

DANZICA

Danzica -MARIANI Alessandro, console generale.

EGITTO

Cairo -PATERNÒ DI MANCHI DI BILICI marchese Gaetano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ToNI Piero, segretario; DI MICELI Vitale Guido, interprete.

EQUATORE

Quito-N. N.

ETIOPIA

'l'allinn (Reval) -VIGANOTTI GIUSTI conte Gianfranco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

ETIOPIA

Addis Abeba -CoRA Giuliano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PoRTA Mario, segretario; CoRTESE Luigi, segretario; CERULLI Enrico, consigliere coloniale.

FINLANDIA

Helsingfors -PAGLIANO conte Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma).

FRANCIA

Parigi -MANZONI conte Gaetano, ambasciatore; BoscARELLI Raffaele, consigliere; Rocco Guido, consigliere; CoRTINI Claudio, segretario; PICCIO Pier Ruggero, generale, addetto aeronautico; NAsi Guglielmo, colonnello, addetto militare; CAMPIONI Inigo, capitano di fregata, addetto navale; CaLETTI Silvio, consigliere per l'emigrazione; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale.

GERMANIA

Berlino -ALDROVANDI MARESCOTTI Luigi, conte di Viano, ambasciatore; DE LIETO Casimiro, consigliere; BERTELÈ Tommaso, segretario; GARBACCIO Livio, segretario; PANSA Mario, segretario; Rossi Camillo, colonnello, addetto militare; FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aeronautico; MaNICO Umberto, capitano di fregata, addetto navale; RICCIARDI Adelchi, consigliere commerciale.

GIAPPONE

Tokio -DELLA ToRRE DI LAVAGNA conte Giulio, ambasciatore; WEILL ScHOTT Leone, segretario; VANZINI Filippo, capitano di fregata, addetto militare, navale ed aeronautico.

GRAN BRETAGNA

Londra -CHIARAMONTE BoRDONARO Antonio, ambasciatore; RoASENDA DI RoASENDA Vittorio, segretario; CROLLA Guido, segretario; PRUNAS Renato, segretario; STRANEO Carlo Alberto, segretario; CoPPI Americo, tenente colonnello, addetto militare; RAINERI-BISCIA conte Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale; GuiDoNI Alessandro, generale, addetto aeronautico; CECCATO Giovanni Battista, consigliere commerciale.

GRECIA

Atene -ARLOTTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE ANGELIS Mariano, segretario; DI STEFANO Mario, segretario; PERRONE DI SAN MARTINO Fernando, colonnello, addetto militare; CoRAGGIO Carlo Alberto, capitano di fregata, addetto navale ed aeronautico; DE SANTO Demetrio, interprete.

GUATEMALA

Guatemala -MACARIO Nicola, incaricato d'affari.

HAITI

VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

HEGIAZ

Gedda-N. N.

HONDURAS

MACARIO Nicola, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

LETTONIA

Riga -STRANIERI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

LIBERIA

Monrovia-CAssEL Nathaniel H. B., console.

LIECHTENSTEIN

BIANCHI Vittorio, console generale (residente a Zurigo).

LITUANIA

Kaunas -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossi Camillo, colonnello, addetto militare (residente a Berlino).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -MoNZANI Riccardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MAROCCO

Tangeri -BASTIANINI Giuseppe, agente diplomatico.

MESOPOTAMIA (Irak)

Bagdad -AGOSTINI Bruno, console.

MESSICO

Messico -MACCHIORO VxvALBA Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MONACO (Principato)

Monaco -BIONDELLI Giuseppe, console.

NICARAGUA

MAcARIO Nicola, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

NORVEGIA

Oslo -SENNI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DI GIURA Giovanni, segretario; QUENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale (residente a Stoccolma); FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Berlino).

PAESI BASSI

L'Aja -BARBARO conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ScADUTO Gioacchino, segretario; FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Berlino); MONICO Umberto, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino).

PALESTINA

Gerusalemme -PEDRAZZI Orazio, console generale.

PANAMA

Panama -TosTI DI VALMINUTA conte Mauro, incaricato d'affari (con residenza alternata fra S. José e Panama).

PARAGUAY

Assunzione -DANEO Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERSIA

Teheran -DE FAcENDis Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRANCHETTI Lamberto, segretario.

PERU'

Lima -BEVERINI Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

POLONIA

Varsavia -MAJONI Giovanni Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAPUPPO Giuseppe, consigliere; MENZINGER DI PREUSSENTHAL Enrico, segretario; RoATTA Mario, colonnello, addetto militare; CoRVI Antonio Menotti, addetto commerciale.

PORTOGALLO

Lisbona -GALLI Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARSENGO Maurizio, colonnello, addetto militare (residente a Madrid); ZAPELLONI Federico, maggiore, addetto aeronautico (residente a Madrid).

REPUBBLICA DOMINICANA

VIVALDI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente all'Avana).

ROMANIA

Bucarest -DuRAZZO marchese Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LEQUIO Francesco, segretario; DELLA PoRTA Francesco, segretario; MERCALLI Luigi, colonnello, addetto militare; LuPI Ernesto, capitano di fregata, addetto navale.

SALVADOR MACARIO Nicola, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

SAN MARINO San Marino -GoRI Giuseppe, console.

SERBI CROATI E SLOVENI (Regno dei)

Belgrado -BoDRERO Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PETRUCCI Luigi, segretario; SCAMMACCA Michele, segretario; VISCONTI PRASCA Sebastiano, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; LuPI Ernesto, capitano di fregata, addetto navale (residente a Bucarest).

SIAM

Bangkok -DE Rossi Girolamo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Bovo Goffredo, console onorario, interprete.

SIRIA

Damasco -SPERANZA Vincenzo, console interprete.

SPAGNA

Madrid -MEDICI, dei marchesi del Vascello, Giuseppe, ambasciatore; BELLARDI Rrccr Alberto, segretario; MALASPINA, dei marchesi di Carbonara e di Volpedo, Falchetto, segretario; MARSENGO Maurizio, colonnello, addetto militare; ZAPELLONI Federico, maggiore, addetto aeronautico; MARIANI Erminio, addetto commerciale.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -DE MARTINO Giacomo, ambasciatore; MARCHETTI, dei conti di San Martino e Muriaglio, Alberto, segretario; MAscrA Luciano, segretario; VrTETTI Leonardo, segretario; VILLA Augusto, generale, addetto militare; LAIS Alberto, capitano di fregata, addetto navale; ScARONI Silvio, capitano, addetto aeronautico; ANGELONE Romolo, addetto commerciale.

SVEZIA

Stoccolma -CoLONNA, dei principi, don Ascanio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossr LoNGHI, dei marchesi, Alberto, segretario; FIER Giulio, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Berlino); QuENTIN Francesco, capitano di fregata, addetto navale.

SVIZZERA

Berna -PrGNATTI MoRANO DI CusTOZA conte Bonifacio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoDICA, dei baroni di S. Giovanni, Giovanni, consigliere; CASSINIS Angiolo, segretario; PENTIMALLI Natale, tenente colonnello, addetto militare; Prccro Pier Ruggero, generale, addetto aeronautico (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli -ORSINI BARONI Luca, ambasciatore; TALIANI Francesco Maria, consigliere; SILENZI Renato, segretario; BoNARELLI, dei conti, Vittorio Emanuele, segretario; RuLLI Guglielmo, segretario; Muzr FALCONI, dei baroni, Filippo, addetto; CAPIZZI Manlio, maggiore, addetto militare; MARONI Paolo, capitano di fregata, addetto navale.

UNGHERIA

Budapest -DuRINI DI MoNZA conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALLIEVI Antonio, segretario; DE AsTrs Giovanni, segretario; Dr NoLA Carlo, addetto commerciale (residente a Vienna).

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETTISTE

Mosca -CERRUTI Vittorio, ambasciatore; NEGRI, dei conti, Vittorio, consigliere; QuARONI Pietro, segretario; CoPPINI Maurilio, addetto; BERGERA Carlo, colonnello, addetto militare; CuGIA Francesco, capitano di fregata, addetto navale e aeronautico.

URUGUAY

Montevideo -BERNARDI Temistocle Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

VENEZUELA

Caracas -CAVICCHIONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al lo marzo 1927)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO MussoLINI S. E. Benito, Capo del Governo, deputato al Parlamento.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO GRANDI S. E. Dino, deputato al Parlamento.

GABINETTO DEL MINISTRO

Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti colla stampa e le Agenzie telegrafiche -Relazioni del Ministro col Parlamento e col Corpo Diplomatico -Udienze -Tribuna diplomatica

CAPO DI GABINETTO

PAuLucci DE' CALBOLI BARONE marchese Giacomo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

SEGRETARI DEL MINISTRO

MAMELI Francesco Giorgio, 2° segretario di legazione; Bossi Carlo, console di la classe; 0TTAVIANI Luigi, 3° segretario di legazione; GHIGI Pellegrino, vice segretario di legazione.

UFFICIO STAMPA

Rivista della stampa estera e della stampa italiana nei riguardi della politica estera -Informazioni a giornali ed agenzie italiane ed estere -Traduzioni

Capo ufficio: CAPAsso ToRRE Giovanni, conte delle Pàstene, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: CicCONARDI Vincenzo, 1° segretario di legazione; CAFFARELLI, dei duchi, Filippo, lo segretario di legazione; MANGANELLA Diego, volontario diplomatico consolare; CIPPICO, dei conti, Tristram Alvise, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO TRATTATI E SOCIETA DELLE NAZIONI

Lavori preparatori delle sessioni dell'Assemblea e del Consiglio della Società delle Nazioni per tutto ciò che concerne l'opera dei delegati italiani: cooperazione e assistenza loro occorrenti -Coordinazione, a questo fine, del lavoro delle varie Amministrazioni del Regno -Collegamento fra gli organi della Società, le Amministrazioni del Regno e i Regi delegati all'Assemblea ed al Consiglio -Ordinamento e custodia degli atti e documenti relativi alla Società -Congressi conferenze e convenzioni collettive in attinenza coi compiti della Società delle Nazioni Raccolta e pubblicazione delle convenzioni internazionali -Atti relativi alla loro efficacia: ratifiche, adesioni, denuncie, leggi e decreti di esecuzione -Questioni dipendenti dall'applicazione dei trattati di pace in quanto abbiano carattere d'interesse pubblico

Capo ufficio: BIANCHERI CHIAPPORI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari:

BuTI Gino, consigliere di legazione di 2a classe; VINCI GIGLIUCCI conte

Luigi Orazio, consigliere di legazione di 2a classe; PERRONE DI S. MARTINO

Ettore, 3o segretario di legazione; ZAMBONI Guelfo, addetto di legazione;

BERTANZI Paolo, console generale di 2a classe; RoMANO Guido, vice console

di la classe; MIGONE Bartolomeo, vice console di la classe; NoNIS Alberto,

vice console di 2a classe; BoRGA Guido, addetto consolare; STRIGARI Vittorio,

volontario diplomatico consolare; ScoLA CAMERINI Giovanni Evangelista,

volontario diplomatico consolare.

UFFICIO COORDINAMENTO ECONOMICO

Segreteria della Commissione Interministeriale per l'azione economica alL'estero -Collegamento in materia economico-commerciale fra le Direzioni Generali Europa e Levante ed Africa, America, Asia ed Australia ed i Ministeri tecnici competenti

Capo ufficio: CIANCARELLI Bonifacio Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari:

CASTELLANO Vittorio, volontario diplomatico consolare; FERRETTI Raffaele,

volontario diplomatico consolare.

DIREZIONE GENERALE AFFARI GENERALI

Direttore generale: LoJACONo Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

Segretario: GmsTINIANI, dei marchesi, Raimondo, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO COORDINAMENTO GENERALE

Raccolta, coordinamento e valorizzazione sistematica di tutti gli elementi tratti dal carteggio delle Regie Rappresentanze all'estero e da ogni altra fonte -Studi e preparazione di carattere politico ed economico

Capo ufficio: DE Rossi DEL LION NERO Pier Filippo, consigliere di legazione di l a classe.

Segretari:

CuTURI Antonio, addetto di legazione; NATALI Umberto, console di 2a classe; TALIANI Pio, vice console di la classe; ToRELLA Raimondo, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO STORICO E DIPLOMATICO

Raccolta e compilazione di materiale storico sopra questioni di politica estera d'interesse pratico contemporaneo a complemento e illustrazione dei documenti ufficiali -Raccolta, custodia e aggiornamento di collezioni cartografiche e studi geografici -Diario storico del Ministero Classificazione e diramazione degli atti diplomatici -Diramazione di essi per telegrafo o per corriere -Libri verdi

Capo ufficio: SAVONA Giuseppe, consigliere di legazione di la classe.

UFFICIO ARCHIVIO E CORRISPONDENZA

Organizzazione e sorveglianza degli archivi -Registrazione e sunto della corrispondenza in arrivo e in partenza -Controllo del carteggio degli Uffici in relazione alla corrispondenza in arrivo -Archivi correnti e archivi in deposito -Spedizione della corrispondenza -Servizio dei corrieri

Capo ufficio: DE Rossi DEL LION NERO Pier Filippo, consigliere di legazione di la classe, reggente.

UFFICIO CIFRA

Corrispondenza telegrafica e ordinaria in cifra -Compilazione e distribuzione dei cifrari

Capo ufficio: FosSATI Oreste.

Segretari: CANNICCI Achille Angelo, console di 2a classe; TuRCATO Ugo Guglielmo, vice console di 2a classe.

ARCHIVIO STORICO

Conservazione delle collezioni manoscritte del Ministero e dei Regi uffici all'estero -Conservazione degli originati degli atti internazionali -Conservazione delle carte riservate degli archivi del Ministero e dei Regi uffici att'estero -Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali per incarico det Ministero -Inventari e schedari

Direttore: FossATI Oreste.

UFFICIO CONTENZIOSO E LEGISLAZIONE

Studi sulle questioni aventi carattere giuridico e risoluzione di quesiti sulla legislazione, attinenti a pratiche del Ministero.

Capo ufficio: N. N.

UFFICIO PUBBLICAZIONI E RACCOLTE AMMINISTRATIVE

Raccolta dei decreti organici -Coordinamento di leggi e regolamenti Testi unici -Raccolta dette circolari e degli ordini di servizio -Bollettini vari -Annuario diplomatico

Capo ufficio: ToscANI Angelo, console generale di la classe.

BIBLIOTECA

Conservazione ed incremento delle pubblicazioni; proposte per acquisto di Libri e periodici -Scambio di pubblicazioni con altri Ministeri ed istituti italiani ed esteri -Raccolta sistematica della legislazione straniera per ciò che può concernere le relazioni internazionali e l'amministrazione degli affari esteri -Forniture di pubblicazioni ufficiali a corredo di Regi uffici diplomatici e consolari -Cataloghi e schedari

Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

TIPOGRAFIA RISERVATA

Stampa e rilegatura degli atti riservati delle Conferenze internazionali -Trattati, convenzioni, protocolli e accordi stipulati datt'Italia -Cifrari -Annuario diplomatico e dette scuole italiane aH'estero -Atti del consiglio del Contenzioso diplomatico -Bollettini: amministrativo e del personale -Pubblicazioni ufficiali del ministero -Libri verdi, questionari, atti e documenti diplomatici riservati

Direttore: BERNI Fedele.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE, DEL CERIMONIALE E DEGLI AFFARI AMMINISTRATIVI

Direttore generale: SANDI C CHI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

UFFICIO DEL PERSONALE

Capo ufficio: DE STEFANI Pietro, consigliere di legazione di 2a classe.

Segretari:

CANTONI MARCA, dei conti, Antonio, 1° segretario di legazione; GEISSER CELESIA DI VEGLIASCO, Andrea, 1° segretario di legazione; FoRMICHELLA Giovanni, vice console di 2a classe; DEL BALZO, dei duchi di Presenzano, Giulio, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo -Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai Regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di Capi di Stato, Principi e autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere Libretti e richieste ferroviarie per il personale

Capo ufficio: CAVRIANI, dei marchesi, Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari:

TALAMO ATENOLFI Giuseppe, marchese di Castelnuovo, 2° segretario di legazione; Bocci Giunio, console di la classe; CAPOMAZZA Benedetto, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO AMMINISTRATIVO

Capo ufficio: RINVERSI Romolo, capo divisione dei commissari consolari.

UFFICIO LEGALIZZAZIONI E PASSAPORTI

Legalizzazione di atti -Corrispondenza e contabilità relativa -Passaporti diplomatici ed ordinari -Visti consolari per l'entrata di stranieri nel Regno -Accordi internazionali sul regime dei visti

Capo ufficio: CosTA SANSEVERINO Francesco, principe di Sant'Agata, 2o segretario di legazione, reggente.

Segretari:

MoscA Bernardo, vice segretario di legazione; SPINELLI Pier Pasquale, volontario diplomatico consolare.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI D'EUROPA E LEVANTE

Direttore generale: GuARIGLIA Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

Belgio-Francia-Germania-Gran Bretagna-Lussemburgo-Monaco Olanda -Portogallo -Spagna -Svizzera

Capo ufficio: PITTALIS Francesco, console di la classe. Segretari: DE PAOLIS Pietro, vice console di la classe; RoBERTI, dei conti, Guerino, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO II

Danimarca -Norvegia -Polonia -Stati Baltici -Svezia -Unione delle Repubbliche Socialiste Soviettiste

Capo ufficio: BovA Renato, 3o segretario di legazione, reggente. Segretario: DANEO Silvio, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO III Austria -Cecoslovacchia -Romania -Ungheria

Capo ufficio: DE MARSANICH Alberto, console generale di 2a classe. Segretari: AMBROSETTI Gino, addetto consolare; SACERDOTI, dei conti di Carrobio, Renzo, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO III J.

Regno dei Serbi, Croati e Sloveni

Capo ufficio: UMILTÀ Carlo, console generale di 2a classe. Segretari: CosMELLI Giuseppe, 3° segretario di legazione; D'AcuNzo Benedetto, addetto consolare.

UFFICIO IV

Albania -Bulgaria -Grecia

Capo ufficio: INDELLI Mario, consigliere di legazione di 2a classe. Segretari: AssERETo Tommaso, l<> segretario di legazione; PEREGo Carlo Alberto, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO V

Africa Mediterranea -Assir -Hegiaz -Etiopia -Mesopotamia -Palestina -Siria -Transgiordania -Turchia -Yemen -Affari concernenti la colonia Eritrea, la Somalia e il Benadir

Capo ufficio: Tuozzr Alberto, console di la classe.

UFFICIO VI

Affari privati nei suddetti Paesi (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani

Capo ufficio: SILVESTRI Ugo, console generale di la classe. Segretario : CoNTI Mario, volontario diplomatico consolare.

DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COMMERCIALI E PRIVATI DI AFRICA, AMERICA, ASIA E AUSTRALIA

Direttore generale: ARONE, dei baroni di Valentino, Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

America del Nord ed Australia

Capo ufficio: PASETTI Vittorio, 2<> segretario di legazione, reggente. Segretari: RICCIO Luigi, addetto consolare; MELLINI PaNcE DE LEoN Alberto, volontario diplomatico consolare.

UFFICIO II

America Latina

Capo ufficio: GUAZZONI DI PASSALACQUA conte Pietro Alfredo, l<> segretario di legazione, reggente. Segretario : SoARDI Carlo Andrea, volontario diplomatico consolare.

46 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. V

UFFICIO III

Asia ed Africa (salvo le regioni attribuite alla Direzione generale Europea e Levante)

Capo ufficio: PERVAN Edoardo, console di l a classe.

Segretario : DIANA, dei marchesi, Pasquale, 1° segretario di legazione.

UFFICIO IV

Affari privati in America del Nord e in Australia (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: MARIANI Luigi, 2° segretario di legazione, reggente.

Segretario : SPALAZZI Giorgio, addetto consolare.

UFFICIO V

Affari privati in America latina, Asia e Africa non medite1-ranea (Rogatorie -Estradizioni -Atti giudiziari -Atti di stato civile -Pensionati -Ricerche nell'interesse di cittadini italiani -Successioni di cittadini italiani)

Capo ufficio: ARMAO Ermanno, console di la classe.

Segretari: DE CiuTIIS DI SANTA PATRIZIA Filippo, vice console di la classe; NARDI Luigi, vice console di la classe; SAFFI conte Giorgio, volontario diplomatico consolare.

DIREZIONE GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO

Direttore generale: TRABALZA Ciro, direttore generale del ministero della pubblica istruzione.

UFFICIO DIRETTIVO

Capo ufficio: SARTORI Francesco, console generale di la classe.

Segretario :

TORTORA BRAYDA Camillo, conte di Policastro, lo segretario di legazione.

RAGIONERIA CENTRALE

Direttore capo: FANO Alberto.

COMMISSARIATO GENERALE DELL'EMIGRAZIONE

Commissario generale: DE MICHELIS Giuseppe, ambasciatore.

Vice Commissario generale: PoMPEI Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a ,classe.

Segretario : RANDACCIO Ignazio, console generale di l a classe.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: MussoLINI S. E. Benito, Ministro degli Affari Esteri.

Vice Presidente: SciALOJA S. E. Vittorio, Senatore del Regno, Ministro di Stato, Professore di diritto nella Regia Università di Roma.

Consiglieri: BARONE Domenico, Consigliere di Stato -BARZILAI Salvatore, Senatore del Regno -BoNIN Longare S. E. conte Lelio, Ministro di Stato, Ambasciatore, Senatore del Regno -CAVAGLIERI Arrigo, Professore di diritto nella Regia Università di Napoli -CAVAZZONI Stefano, Deputato al Parlamento -CoNTARINI S. E. Salvatore, Ministro di Stato, Ambasciatore, Senatore del Regno, Consigliere di Stato -CusANI CoNFALONIERI S. E. marchese Girolamo, Ambasciatore -D'AGoSTINO S. E. marchese Ernesto, Presidente di sezione del Consiglio di Stato -D'AMELIO S. E. Mariano, Senatore del Regno, Presidente della Corte di Cassazione -DE MICHELIS S. E. Giuseppe, Ambasciatore -DIENA Giulio, Professore di diritto nella Regia Università di Pavia -FEDOZZI Prospero, Professore di diritto nella Regia Università di Genova -GEMMA Scipione, Professore di diritto nella Regia Università di Bologna -IMPERIALI DI FRANCAVILLA S. E. Guglielmo, Ambasciatore, Senatore del Regno -LANZA DI ScALEA S. E. principe Pietro, Ministro di Stato, Deputato al Parlamento -PAULUCCI DE' CALBOLI S. E. marchese Raniero, Ambasciatore, Senatore del Regno -PERLA S. E. conte Raffaele, Presidente del Consiglio di Stato, Senatore del Regno -PILOTTI Massimo, Consigliere di Cassazione -RoLANDI Ricci S. E. Vittorio, Senatore del Regno, Ambasciatore onorario -RoMANO Santi, Professore di diritto nella Regia Università di Milano -SALANDRA S. E. Antonio, Deputato al Parlamento, Professore di diritto nella R. Università di Roma -SALVAGO RAGGI S. E. marchese Giuseppe, Ambasciatore, Senatore del Regno -SoLMI Arrigo, Deputato al Parlamento, Professore di diritto nella R. Università di Pavia -VALVASSORI PERONI Angelo, Senatore del Regno.

Segretario generale: GIANNINI Amedeo, Consigliere di Stato, Inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di la classe.

Segretario aggiunto: N. N.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al l o marzo 1927)

Afganistan: Aziz KHAN Sirdar Ala Abdul, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KAsiM KHAN Mohammed, 1° segretario; Aziz KHAN A. Hamid, segretario onorario.

Albania: DINo Gemil, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DERVISHI Ferid, 1° segretario; KARAZI Hamid, 2° segretario.

Argentina: PEREZ Fernando, ambasciatore; LEGUIZAMON PoNDAL Honorio, consi· gliere; VIALE PAz Manuel A., 1° segretario; AsTENGo Oscar Oneto, 2° segre· tario; ToNAZZI Juan N., maggiore, addetto militare; FABLET Julian, capitano di vascello, addetto navale; BREBBIA Carlo, addetto commerciale onorario.

Austria: EGGER MoLLWALD Lothar, von, inviato straordinario e ministro pleni· potenziario; FREUDENTHAL Karl, 1° segretario; JoRDA Iwo, consigliere aulico; ATTEMS Maximilian, 2° segretario.

Belgio: FAILLE DE LEVERGHEM Georges, conte de la, ambasciatore; LECLERCQ Louis, consigliere; ScHOUTHEETE DE TERVARENT G., de, 1° segretario.

Bolivia: N. N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RocA Napoleone, lo segretario; RoMERo OvANDO Alberto, colonnello, addetto militare.

Brasile: TEFFÈ Oscar, de, ambasciatore; FoNSECA HERMES Joao Saveriano junior, da, lo segretario; GUIMARAES BASTOS Arthur, dos, 2o segretario; CARVALHO DE MoRAEs Joao, 2° segretario; REGO BARRos SebastHio, do, tenente colonnello, addetto militare; OLIVEIRA SAMPAIO Mario, de, capitano di corvetta, addetto navale; CAMPos Deoclecio, de, addetto commerciale; SPARANO Luiz, addetto.

Bulgaria: RADEV Georgy P., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STOILOV Stoil C., consigliere; SAMARDJEV Alexandre, 1° segretario; DAPHINOV Dimitri M., segretario.

Cecoslovacchia: MASTNY Vojtech, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CERMAK Milos, consigliere; KADNER Otakar, segretario; KuNES Vaclav, tenente colonnello, addetto militare; KUNDRAT Miroslav, addetto commerciale.

· Cile: VILLEGAS Enrique, ambasciatore; LABRA CARVAJAL Armando, consigliere; SAAVEDRA Jorge, segretario; MARIN MuJICA Armando, tenente colonnello, addetto militare; TRoNcoso PALACIOS Guglielmo, capitano di corvetta, addetto navale; INIGUEZ Pedro, consigliere commerciale onorario.

Cina: CHu Chao-Hsin, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SHu Tonshy, l" segretario; TcHou Yin, 2° segretario; KIN Chumpé T., 3° segretario; CHANG Chia-Yung, addetto.

Colombia: HERRERA Luciano, incaricato d'affari ad interim.

Cuba: ARMENTEROS Y CARDENAS Carlos, de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FoRCADE Y JoRRIN Alfonso, consigliere; AGRAMONTE Ignazio, de, addetto; FERRER Y ARIAS Raimondo, capitano, addetto militare.

Danimarca: ScAVENIUS Harald, de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PouLSEN Herman, segretario; BASSE A. F., segretario onorario.

Egitto: SADIK Henein pascià, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KAMEL Mourad bey, 2° segretario; MouKTAR RASMY Hassan, 3° segretario; RAHIN Mohamed Kamil Abdul, addetto.

Equatore: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuARDERAS Francisco, 1° segretario, incaricato d'affari ad interim; BuRBANo Guillermo, maggiore, addetto militare; EsTRADA Victor Emilio, addetto commerciale (assente).

Estonia: JuRGENSON Alexander, incaricato d'affari ad interim.

Finlandia: THESLEFF Rolf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HARKNOEN Halvar, segretario onorario; HYNNINEN Emilio, addetto.

Francia: BESNARD René, ambasciatore; RoGER Jean, consigliere; DAMPIERRE Robert, visconte de, 1° segretario; GuERIN Hubert, 2° segretario; PICCIONI Marcel, 3° segretario; BEAUVERGER Edmond, barone de, addetto; LANGLOIS Louis, tenente colonnello, addetto militare; DEBENEY Victor, capitano, addetto militare aggiunto; VIGOURoux D'ARVIEU Henri, barone de, capitano di fregata, addetto navale; LAROSIÈRE Robert, de, tenente di vascello, addetto navale aggiunto; BoNNEFON-CRAPONNE, addetto commerciale; SANGUINETTI J., addetto commerciale aggiunto.

Germania: NEURATH Kostantin, barone von, ambasciatore; PRITTWITZ UND GAFFRON, Friedrich, von, consigliere; N6LDEKE Wilhelm, lo segretario; MEY Siegfried, 2o segretario; BuLow Adolf, von, 3° segretario; FREUDENBERG Adolf, segretario; STROHEKER Heinrich, consigliere di commercio.

Giappone: MATSUDA Michikazu, ambasciatore; MoRI Yasusaburo, consigliere; CHIBA Shinichi, 3o segretario; OKUBO Toshitaka, addetto; lNNOUYE Seiichi, segretario interprete; !IDA Sadakata, tenente colonnello, addetto militare;

KASUYA Soichi, capitano di fregata, addetto navale.

Gran Bretagna: GRAHAM Ronald William, sir, ambasciatore; WINGFIELD Charles, consigliere; DoNALDSON RAWLINS Evelyn Charles, consigliere per gli affari commerciali; SEYMOUR H. J., 1o segretario; HoWARD Douglas Frederick, 2o segretario; CARPENTER H. C. A., segretario per gli affari commerciali; MAc CLURE William Kidston, addetto per la stampa con rango di 1° segretario onorario; BLAKER W. F., colonnello, addetto militare; BuRKE Charles Dominick, capitano, addetto navale; FLETCHER I. N., comandante, addetto aeronautico; CREEK Herbert Dugdale, addetto onorario; SAUNDERS W. E. P., capitano, addetto onorario; DuNCAN Colin, capitano, addetto onorario.

Grecia: MAVROUDIS Nicolas, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPSALIS Dimitri, 1° segretario.

Guatemala: RECINOS Adriano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); FIGUEROA Francisco A., incaricato d'affari; DE SIERRA-VALLE Alfredo, l o segretario.

Haiti: LAFONTANT Georges T., incaricato d'affari ad interim.

Hegiaz: . ....

Lettonia: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BERENDS Karlis, segretario, incaricato d'affari ad interim.

Lituania: CARNECKis Valdemaras, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STANEIKA Adalberto, 1° segretario.

Messico: PUIG CASAURANC Carlos, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AcosTA Alfonso, 1° segretario; BADILLO Miguel, maggiore, addetto militare; PRIETO Salvador, addetto commerciale; BALLESTERos Juan, addetto.

Monaco: MALEVILLE Henri, conte de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia: lRGENS Johannes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VANGENSTEN Ove C. L., lo segretario.

Paesi Bassi: VREDEMBURCKE Jonker C., van, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HooRN I. G., van, consigliere; RIJN J. J., van, addetto commerciale; ScHUYLENBURG Jonkheer R., van, addetto.

Panama: BRIN Juan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PATTERSON Guillermo junior, segretario.

Paraguay: ..... .

Persia: ABOLGHACEM Amid, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NouRY Movafaghos Saltaneh, 1° segretario; MEDHAT Mohsen Khan, segretario; PoLIAKOFF Lazzaro, barone de, addetto commerciale onorario.

Perù: CrsNERos Y RAYGADA Germàn, incaricato d'affari; OYAGUE Y SoYER Adolfo, 2o segretario (assente); ARAMBURU Gonzalo N., de, 2° segretario (assente), Ruiz BRAVO Manuel A., tenente colonnello, addetto militare (assente); GoYcocHEA, Julio V., capitano di fregata, addetto navale; LANATA CounY Luis, addetto onorario; SoYER Y CAVERO, Salvador, addetto onorario.

Polonia: KNOLL Roman, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ScHWARZBURG-GUNTHER, Ladislav, de, ,consigliere; ToMASZEWSKI Georgy, consigliere; CZALUPCZYNSKI Miecislav, 1° segretario; SIEMIRADZKI Lev Ladislav, segretario; MIKULSKI Boleslav, consigliere commerciale; MATUSZEWSKI Ignazio, colonnello, addetto militare; MICIELSKI Stanislas, addetto; MrcHALOWSKI Giuseppe, conte, addetto onorario.

Portogallo: TRINIDADE CoELHO Enrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AvELLAR TELLES Gastao, de, 2° segretario; SrLVA Valentin, da, 2° segretario; FONSECA ARAUJO W,aldemar, da, addetto.

Repubblica Dominicana: N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi); FRANco Tulio Franco, incaricato d'affari ad interim.

Romania: LAHOVARY Alexandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BossY Raoul, 1° segretario; VLADESCO N. M., 2° segretario; SKELETTI Michele, colonnello, addetto militare, navale e aeronautico; BossY Robert, capitano, addetto militare aggiunto; PoRN Eugenio, addetto commerciale, capo del servizio stampa.

Salvador: GUERRERO J. Gustavo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Serbi, Croati e Sloveni (Regno dei): RAKié Milan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JovANovxé Milan, consigliere; MILANOVIé Vladimir, 2° segretario; YAKOVLJEVIé Vojislav, 2° segretario; TASSié Dragoljoub, generale, addetto militare; BRAKié Stanko M., maggiore, addetto militare aggiunto.

Siam: SARBAKICH PRIJA Phya, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAHIDDHA NUKARA Luang, 2o segretario; MAITRIRAKS Luang Saman, 3° segretario.

Spagna: Mu.Noz Y MENZANO Cipriano, conte de la Viiiaza, ambasciatore; GARCIA CoNDE Pedro, consigliere; GALLOSTRA Y CoELHO DE PoRTUGAL José, segretario; CRESPI DE VALLAUNZA Y CAVERO, Mariano, barone de Callosa de Ensarria, addetto; SANCHEZ MAZAS Rafael, addetto per i rapporti culturali ed economici; GANDARA Y PLAZAOLA, José, marchese de la Gandara, addetto onorario; SERT José Maria, addetto onorario (assente); CARRAsco Manuel, addetto onorario, YEBES, conte de, addetto onorario; MARTINEZ DE CAMPOS Y SERRANO Carlos, conte de Llovera, maggiore, addetto militare.

Stati Uniti d'America: PRATHER FLETCHER Henry, ambasciatore; RoBBINS Warren D., consigliere; MARTIN John F., 1° segretario; TITTMANN Harold H., 2o segretario; CROCKER Edward Savage, 3° segretario; Tono Forde Anderson, capitano di vascello, addetto navale; GAWN James Orville, addetto navale aggiunto (residente a Londra); Wooo Ralph F., luogotenente comandante, addetto navale aggiunto (residente a Londra); ATKINS Arthur K., comandante, addetto navale aggiunto (residente a Londra); BEARDALL John R.,

addetto navale aggiunto (residente a Londra); RICHARDSON Robert C. junior, maggiore, addetto militare; ScANLON Martin F., addetto militare aggiunto per l'aviazione; SHIPP William E., maggiore, addetto militare aggiunto; MAC LEAN Henry C., addetto commerciale; OsBORNE A. A., addetto commerciale aggiunto.

Svezia: BEcK FRns Augustino, barone, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BILT Care!, barone de, consigliere onorario; PousETTE Sven Harald, lo segretario.

Svizzera: WAGNIÈRE Georges, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SoNNENBERG Theoring, de, consigliere; VIELI Pierre, segretario; BAVIER Charles-Edouard, de, segretario.

Turchia: SuAn bey, ambasciatore; AALI bey, consigliere; AGHEACH Mustafà bey, lo segretario; PERTEW Munir bey, 2° segretario; RIFAAT bey, tenente colonnello, addetto militare, navale e aeronautico; HussErN Mustafà bey, comandante, addetto militare aggiunto; RucHDI Nazif bey, addetto militare aggiunto.

Ungheria: HoRY Andras, de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HEDRY Istvàn, de, consigliere; Vi:iRNLE Ianos, 1° segretario; ScHrNDLER Constantin, lo segretario; SEMSEY Andras, conte de, 2° segretario.

Unione delle Repubbliche Socialiste Soviettiste: KAMENEV Lev B., ambasciatore; GLEBOV-AvrLov, Nicolae, consigliere; RuBININ Evghenij, 1° segretario; KARTASCEEV-CHEIFETZ, Isaac, 2° segretario; SoLOVIEV Ivan, 3° segretario; PEvsNER Samuel, addetto stampa; JANSON Kiril, addetto militare; DossER Zinovio, rappresentante commerciale; RuBINSTEIN Lev, rappresentante commerciale aggiunto.

Uruguay: PoNs Diego, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRuNWALDT CuESTAS Federico, 1° segretario; PozZILLI Arturo, addetto; RAMAsso J osé, addetto commerciale.

Venezuela: ZUMETA Cesar, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS BRICENO J. M., lo segretario; CENTENO VALLENILLA Pedro, addetto.